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Allegato B
Seduta n. 49 del 9/10/2006
TESTO AGGIORNATO ALL'11 OTTOBRE 2006
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
il nuovo Governo, all'indomani del suo insediamento, ha in più occasioni manifestato la propria contrarietà alla realizzazione del ponte sullo stretto di Messina;
la grande opera, infatti, non è ritenuta prioritaria dall'attuale Governo, secondo il quale occorre piuttosto mettere in campo un programma straordinario per la realizzazione di infrastrutture nel Mezzogiorno;
con tale atteggiamento il Governo ha inteso invertire una linea di tendenza politica e mettere così la parola fine ad anni di sperperi in nome di un progetto faraonico, come quello appunto del ponte sullo stretto, secondo i firmatari del presente atto, frutto di una dissennata propaganda mediatica ordita dal precedente Governo Berlusconi e di scelte governative imposte ai cittadini italiani che prevedono in tutta Italia la realizzazione, senza alcuna seria analisi degli impatti ambientali e del calcolo costi/benefici per la comunità, di oltre 250 interventi, sfruttando quei meccanismi antidemocratici di semplificazione ed accelerazione delle procedure previste dalla cosiddetta «legge obiettivo»;
è volontà del Governo Prodi che i fondi economici necessari all'opera siano dirottati su altre opere di maggior rilievo per il bene comune, tra cui, ad esempio, il completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, o che, come ha precisato l'attuale Ministro dei trasporti, le risorse umane e finanziarie destinate alla realizzazione ponte vadano convertite per la realizzazione di infrastrutture utili nell'area, cioè in Calabria ed in Sicilia, in particolare per l'ammodernamento e potenziamento delle reti ferroviarie ed autostradali siciliane;
di fronte a due regioni, la Calabria e la Sicilia, piegate dalla carenza di infrastrutture, il centrodestra si è ostinato per ben cinque anni ad impegnarsi su di un progetto-simbolo, la cui realizzazione avrebbe arrecato solo danni all'ambiente, oltre che all'economia del Paese. La realizzazione del ponte, infatti, avrebbe distratto risorse a quelle infrastrutture di cui la Sicilia e la Calabria necessitano per incrementare la produttività economica delle imprese, soprattutto quelle del turismo;
altro motivo per frenare l'avvio di un'assurda opera dalla sola valenza simbolica di struttura dall'alto profilo ingegneristico sono i dubbi e le incertezze tecniche legate alla fattibilità dell'opera, che allo stato attuale permangono tra gli esperti. Infatti, oltre all'esito negativo delle valutazioni di impatto sociale e ambientale, bastano gli appelli e le relazioni dei numerosi esperti che intendono difendere la ricchezza paesaggistica, ambientale e naturalistica del mare e delle terre tra Calabria e Sicilia da interventi il cui impatto sarebbe irreversibile, per capire l'insensatezza di un'opera che si vuole costruire in una zona ad elevato rischio sismico e dai precari equilibri urbanistici e territoriali;
ammonterebbe a circa 100 giorni l'anno il periodo in cui, per motivi climatici o di manutenzione, il ponte dovrebbe rimanere chiuso;
inoltre, sempre per quanto riguarda gli aspetti geomorfologici, il ponte, che insisterà su un territorio ad alto rischio sismico, sarà in grado di oscillare di 24 metri a causa dei venti che soffiano in quel sito, tanto più in un'epoca di variazioni climatiche notevoli, quale è quella attuale, nella quale ogni giorno si potrebbero superare limiti impensabili nei fenomeni attinenti alla sfera climatica;
anche la posizione dell'Unione europea è stata oggetto di mistificazione.
Infatti, la stessa Unione europea, circa il carattere di priorità, dell'opera l'ha menzionata soltanto al 17o posto tra le infrastrutture da realizzare per lo sviluppo del Meridione;
non sono certamente da sottovalutare le reiterate segnalazioni che la Direzione nazionale antimafia, gli organi investigativi e lo stesso ministero dell'interno hanno più volte avanzato in merito al grande interesse della 'ndrangheta e delle organizzazioni mafiose siciliane per l'enorme «affare» rappresentato dal ponte sullo stretto di Messina. Il ponte sullo stretto di Messina, infatti, rientra tra gli interessi delle tradizionali organizzazioni mafiose, in considerazione dei notevoli flussi economici attivati, al punto da poter ipotizzare forme di intesa tra «cosa nostra» e 'ndrangheta;
a tal fine è stato stipulato un protocollo tra il comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere e la società Stretto di Messina spa, che ha affidato alla Direzione nazionale antimafia un ruolo centrale nella complessa attività di controllo sulla realizzazione dell'opera, accordo che punta a monitorare, ai fini della prevenzione delle infiltrazioni mafiose, anche il sistema della provvista finanziaria dell'opera e a stabilire procedure utili alla «tracciabilità» dei relativi flussi finanziari che intercorrono tra tutti i soggetti che parteciperanno alla realizzazione del ponte, progetto che punta a cogliere in anticipo le eventuali anomalie dei flussi finanziari, favorendo, contemporaneamente, l'avvio di mirate e penetranti attività di indagine;
la società Stretto di Messina spa ed Impregilo, il 29 marzo 2006, in piena campagna elettorale, hanno firmato il contratto per l'affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva del ponte del valore di 3,9 miliardi di euro;
con tale contratto viene confermato che saranno le risorse pubbliche a rendere possibile la realizzazione dell'opera e che il rischio di gestione dei capitali privati verrà garantito da un onerosissimo canone pagato dalle Ferrovie dello Stato e da un intervento finale da parte dello Stato. Infatti, il vero motivo per cui la realizzazione e gestione del progetto non è affidata a soggetti privati sta proprio nella difficile affidabilità delle stime dei costi dell'opera, soprattutto dei flussi. L'esperienza dell'Eurotunnel ha fatto scuola: le stime sbagliate e le sovrastimate previsioni di traffico hanno prodotto per il tunnel sotto la Manica un debito di 9 miliardi di euro ed una gestione catastrofica, tanto da far dichiarare al direttore generale, Richard Schirrefs, l'8 febbraio 2006: «Se l'avessimo saputo, non l'avremmo costruito»;
inoltre, vi è la diffidenza degli istituti di credito che si fonda sull'analisi dei pochissimi dati messi a disposizione dalla Stretto di Messina spa, le cui cifre principali sono le previsioni di crescita del prodotto interno lordo meridionale e le previsioni sui flussi di traffico;
quanto a queste ultime, lo studio degli advisor, nominati dal ministero dei lavori pubblici nel 2000 per valutare il progetto, evidenzia come il ponte avrà una forte sottoutilizzazione stradale perché «non attrae in misura significativa nuovo traffico a media e lunga distanza, né lo sottrae al mare e all'aereo». Lo stesso studio, inoltre, sottolinea come «le tendenze di traffico esistenti non verranno significativamente modificate dalla disponibilità del ponte come itinerario alternativo: è questa la principale ragione per cui l'utilizzo del ponte rimane modesta»;
Trenitalia, per far transitare attraverso lo stretto i suoi vettori, dovrebbe sborsare ogni anno circa 100 milioni di euro a titolo di pedaggio, che, uniti ai circa 38 milioni di euro per mancato servizio reso a mezzo dei suoi traghetti che operano attualmente nella tratta Villa San Giovanni-Messina, fanno un totale di 138 milioni di euro di perdita per la società;
nella sola Sicilia, dei circa 4150 chilometri di binari che costituiscono la rete ferroviaria, solo 150 sono a doppio binario, oltre la metà dei quali non è elettrificata;
alla luce di quanto premesso, non si capisce come e perché la società Stretto di Messina spa continui a spendere ed a sprecare denaro pubblico, affidando incarichi per consulenze e pubblicizzazioni, con avvisi sui media locali e nazionali, sottraendolo ad investimenti assai più urgenti nel Meridione d'Italia. La stessa società, concessionaria del ministero dell'economia e delle finanze, ha sborsato, infatti, tra il 2002 ed il 2005, ben quattro milioni e mezzo di euro per emolumenti e gettoni di presenza degli amministratori e tre milioni di euro volatilizzatisi per cadeaux, pubblicità e libri di propaganda. Inoltre, nei quattro anni di sogno ingegneristico, i dipendenti, dai 29 impiegati e 7 dirigenti del 2002, sono passati agli 85 di oggi, il cui salario medio è arrivato a sfiorare i 5000 euro al mese;
si pone, dunque, il problema, stante la decisione del Governo di accantonare sine die la realizzazione del ponte sullo stretto, di quale destino toccherà alla società Stretto di Messina spa, controllata da Fintecna, Rete ferroviaria italiana, Anas, regione Calabria e Regione siciliana, i cui bilanci nel futuro prossimo continuerebbero inevitabilmente a lievitare con seria compromissione per le casse dello Stato;
il Governo, recentemente interrogato in Parlamento sul ponte, ha risposto che la sua realizzazione non rappresenta una priorità per l'attività di questa legislatura, tanto più in considerazione dell'ammontare delle risorse in bilancio che ha ereditato dalla precedente amministrazione di centrodestra, e che la società Stretto di Messina spa sta perseguendo con l'Ati (il contraente generale che ha come capogruppo Impregilo) le intese volte a ridefinire le prestazioni oggetto dell'affidamento senza oneri per lo Stato;
impegna il Governo:
ad attivarsi affinché continuino le intese volte alla riconversione della società Stretto di Messina spa per finalità di riqualificazione dell'area interessata al vecchio progetto, anche sfruttando, attraverso adeguate sinergie, le strutture presenti in quella società per porle al servizio di opere pubbliche veramente prioritarie per l'area dello stretto;
ad attivarsi perché siano realizzate concretamente e tempestivamente tutte quelle opere essenziali per la Calabria e per la Sicilia capaci di dare un reale impulso economico all'intera area e di migliorare le infrastrutture esistenti.
(1-00039)
«Diliberto, Sgobio, Licandro, Ferdinando Benito Pignataro, Soffritti, Bellillo, Cancrini, Cesini, Crapolicchio, De Angelis, Galante, Napoletano, Pagliarini, Tranfaglia, Vacca, Venier, Francescato, Bonelli, Balducci, Boato, Cassola, De Zulueta, Fundarò, Lion, Pellegrino, Poletti, Camillo Piazza, Trepiccione, Zanella».
La Camera,
premesso che:
il progetto per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina è affidato, in base alla legislazione vigente, alla società Stretto di Messina spa, cui la legge n. 1158 del 1971, come modificata nel corso della XIV legislatura, ha affidato i compiti di progettazione, realizzazione e gestione di tale sistema di collegamento stabile tra la Sicilia e la penisola italiana;
il meccanismo di controllo della predetta società e le modalità di finanziamento dell'opera prevedono il coinvolgimento operativo e azionario di Fintecna, Rete ferroviaria italiana, Anas, Regione siciliana e regione Calabria;
il progetto relativo al ponte sullo stretto, pur essendo stato inserito, nella XIV legislatura, tra le infrastrutture strategiche previste dalla cosiddetta «legge obiettivo» (legge 21 dicembre 2001, n. 443), non è stato, tuttavia, adeguatamente strutturato nell'ambito delle priorità definite dalle istituzioni europee, in quanto è stato considerato l'unico vero
intervento infrastrutturale da promuovere nell'ambito del cosiddetto «asse verticale Berlino-Palermo», che, invece, prevede la realizzazione di un ampio e generale sistema integrato dei sistemi viari, ferroviari e marittimi;
in questo ambito risulta essenziale che le risorse disponibili, anziché per la realizzazione di un'unica opera - peraltro di dubbia utilità e fattibilità - che rischia di erodere un'enorme mole di finanziamenti, possano essere utilizzate anche per la realizzazione e il completamento di un sistema di collegamenti viari nelle regioni interessate (Sicilia e Calabria), dando priorità - ad esempio - all'ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e al miglioramento della rete stradale e autostradale siciliana, oltre che investendo sul potenziamento dei collegamenti ferroviari;
al riguardo, il Governo ha già chiarito - in occasione della risposta da parte del Vicepresidente del Consiglio dei ministri Rutelli, in data 20 settembre 2006, ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea sull'argomento - che «il ponte non rappresenta una priorità per l'attività di questa legislatura, cosa che emerge in modo ancora più clamoroso se si considera il bilancio delle risorse che ereditiamo dalla passata legislatura»;
in questo contesto la realizzazione del ponte - a prescindere dall'opportunità di una sua futura realizzazione - slitta decisamente dietro ad altre indispensabili priorità infrastrutturali per il Mezzogiorno;
occorre prendere atto che il Governo ha già adottato iniziative concrete per utilizzare le risorse finanziarie, prima destinate al ponte sullo stretto di Messina, per la realizzazione di opere infrastrutturali nella Sicilia e nella Calabria;
appare evidente che la strategia del Governo muove opportunamente verso la realizzazione prioritaria delle opere considerate urgenti e improrogabili, risultando non prioritaria - almeno in questa fase - la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina;
impegna il Governo:
a proseguire lungo la strada intrapresa, in relazione al collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia e la Calabria, con gli interventi previsti all'interno della manovra finanziaria per il 2007;
a dare carattere di assoluta priorità agli investimenti infrastrutturali più urgenti da realizzare in ambito stradale e ferroviario nelle regioni Calabria e Sicilia, con specifica attenzione al completamento dei lavori per l'ammodernamento della autostrada Salerno-Reggio Calabria e alle opere cosiddette «complementari» nella Regione Sicilia, nonché agli interventi di tutela ambientale e difesa del suolo nelle regioni medesime.
(1-00040)
«Franceschini, Sereni, Bressa, Mariani, Barbi, Burtone, Cardinale, Crisafulli, Dato, Latteri, Lomaglio, Lumia, Mattarella, Piscitello, Piro, Rotondo, Samperi, Violante, Amendola, Bianchi, Intrieri, Laganà Fortugno, Laratta, Oliverio, Giachetti, Quartiani, Bandoli, Benvenuto, Bocci, Chianale, Fasciani, Frigato, Galeazzi, Gentili, Iannuzzi, Longhi, Marantelli, Margiotta, Pedulli, Realacci, Albonetti, Attili, Boffa, Carbonella, Carra, Fiano, Lovelli, Lusetti, Giorgio Merlo, Meta, Papini, Velo, Zunino».
Risoluzione in Commissione:
La XI Commissione,
premesso che:
il precariato nelle pubbliche amministrazioni, così come definite dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ha ormai raggiunto
dimensioni inaccettabili, e in assenza di radicali interventi correttivi, è destinato a aumentare ulteriormente, con gravissimo danno sia per i diritti di decine di migliaia di lavoratori precari, sia per la stessa funzionalità della macchina pubblica;
secondo gli ultimi dati disponibili della Ragioneria generale dello Stato, nel 2004 il numero dei lavoratori precari nella pubblica amministrazione, escluso il comparto scuola, ammontava ad oltre 164 mila unità, cifra sicuramente approssimata per difetto poiché si riferisce ad unità annue che non corrispondono alla quantità effettiva dei lavoratori precari, e oltre 101 mila contratti di collaborazione coordinata e continuativa, mentre secondo i dati del Ministero dell'istruzione nell'anno scolastico 2005-2006 i precari nel comparto scuola erano oltre 114 mila;
gli indiscriminati tagli agli organici del personale ed il blocco, totale o parziale, del turn over portati avanti dal Governo nella passata legislatura, hanno determinato una crescita esponenziale del fenomeno e, contestualmente un forte invecchiamento e la mancata acquisizione di nuove competenze e professionalità;
il ricorso massiccio al lavoro precario risponde ad una logica di risparmio meramente contabile e di breve periodo, stante il diverso grado di produttività del lavoro precario rispetto al lavoro stabile;
occorre invertire questa tendenza puntando decisamente al superamento del precariato e alla stabilità degli organici quale premessa per il recupero di efficienza ed efficacia dell'azione della pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e del sistema delle imprese;
peraltro, i dati macro economici sembrano evidenziare che il numero dei pubblici dipendenti italiani è del tutto in linea con la media della U.E. ed in qualche caso significativamente inferiore a quello di importanti Stati membri come Gran Bretagna o Francia (dato ripreso dal «Patto per il lavoro pubblico»);
nel corso dell'audizione del Ministro della funzione pubblica del 2 agosto è emersa la volontà di avviare un confronto con le organizzazioni di lavoratori per l'avvio di un tavolo tecnico sullo specifico tema del precariato e allo stesso tempo di comprendere, in tempi brevi, l'effettiva entità del fenomeno e individuare le forme contrattuali utilizzate, i settori di impiego, il livello delle competenze, gli anni di esperienza attraverso l'azione degli uffici del dipartimento della funzione pubblica impegnati a delineare una reale radiografia del mondo del precariato presente nell'amministrazione. Così come è emerso nel corso dell'audizione del Ministro del lavoro (27 giugno) il più complessivo obiettivo del Governo per un contrasto alla precarizzazione, in tutte le sue forme, favorendo «percorsi di stabilizzazione che possano consentire un passaggio dalla flessibilità alla stabilizzazione del lavoro»;
molti servizi costituiti in questi anni, per esempio i centri per l'impiego, finanziati dal Fondo Sociale Europeo, si troveranno nell'impossibilità di proseguire il proprio lavoro venendo meno il canale di finanziamento degli stessi;
il precariato nella pubblica amministrazione è un universo composito che racchiude diverse formule di impiego, percorsi diversificati e molteplici livelli di qualificazione: alcuni lavoratori hanno fatto concorsi per essere selezionati, certuni vengono assunti per chiamate nominative, altri in base a chiamate per anzianità di collocamento;
nella costruzione di un progetto di stabilizzazione è necessario tener conto degli oneri per le amministrazioni interessate e dei necessari tempi tecnici per l'inserimento stabilizzato di detti lavoratori, in funzione delle esigenze organizzative e dei processi di eventuale sostituzione del personale e, pertanto, l'obiettivo dovrà necessariamente essere raggiunto in alcuni anni attraverso un percorso che porti nella direzione prefissata, stante anche la disponibilità delle organizzazioni sindacali a negoziare, in sede di rinnovo contrattuale,
possibili forme di solidarietà volte alla stabilizzazione dei lavoratori precari (si veda in proposito il «Patto per il lavoro pubblico», sottoscritto dalle confederazioni CGIL, CISL e UIL della funzione pubblica, del 24 luglio 2006);
a fronte di analoghi fenomeni, altri paesi hanno avviato per tempo programmi di stabilizzazione con appositi provvedimenti come ad esempio la legge n. 2 del 2001 della Francia, relativa al riassorbimento del lavoro precario e alla modernizzazione del reclutamento nel settore pubblico, con soluzioni che forse in parte possono essere riproposte nel nostro ordinamento,
impegna il Governo:
a fornire al Parlamento, in tempi quanto più celeri, i dati relativi all'entità del fenomeno della precarietà nella P.A. elaborati dal Dipartimento della funzione pubblica, disaggregati in ragione delle diverse figure contrattuali praticate, nonché gli esiti del tavolo tecnico avviato con le parti sociali;
porre termine al ricorso a tali forme contrattuali, se non in casi assolutamente straordinari e circoscritti;
predisporre un piano pluriennale per la stabilizzazione complessiva, con la previsione di apposite forme di sostegno degli enti locali (in particolare i piccoli comuni);
ad attivarsi per prevedere procedure di assunzione diretta per quelle figure contrattuali che abbiano già superato procedure selettive con bandi pubblici;
ad adottare iniziative volte a prevedere forme di riconoscimento dei periodi di lavoro prestato, in ragione della anzianità maturata, con qualsiasi forma contrattuale, da far valere in occasione di procedure selettive, ad esclusione delle figure apicali di nomina politica;
avviare una severa verifica, anche con procedimento a campione, circa la reale rispondenza tra le concrete forme di utilizzazione di detti lavoratori e la natura giuridica dei contratti applicati.
(7-00058)
«Cordoni, Delbono, Motta, Rocchi, Pagliarini, Bellanova, Di Salvo, Lenzi».