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Allegato B
Seduta n. 79 del 29/11/2006
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SALUTE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
XII Commissione:
DI VIRGILIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il problema dell'anoressia si rivela sempre più attuale, e la recente morte di una giovane modella ha riacceso un forte dibattito sull'argomento;
il 5 per cento degli adolescenti italiani, circa 100 mila ragazzi tra i 15 e i 18 anni, ha un rapporto conflittuale con il cibo che può sfociare in vere e proprie patologie, quali l'anoressia, la bulimia e l'obesità;
l'anoressia è un disturbo di natura psichica che, benché molto noto, colpisce migliaia di persone, soprattutto giovanissimi maschi e femmine, e si amplifica a causa di falsi modelli contrabbandati dalla società. Le cause possono essere varie: un lutto, una perdita affettiva, la mancanza di un genitore, un abuso sessuale, un maltrattamento, un aborto, eccetera;
il decreto del Ministero della Salute n. 329 del 1999 riconosce l'anoressia come malattia cronica e invalidante ed inserisce la procedura diagnostica e terapeutica nei Livelli Essenziali di Assistenza;
la dimensione del problema non è legato esclusivamente al mondo della moda ma, essendo di natura psichica, rappresenta un disagio sociale attraverso cui un soggetto lancia una richiesta di aiuto non verbalizzata che può creare all'interno della famiglia un grave e doloroso disorientamento che spesso alimenta un circuito emotivo fatto di paure, rabbia, preoccupazioni, senso di colpa e solitudine. Di conseguenza questa problematica rende improrogabile il ricorso ad iniziative basate su campagne informative su una capillare educazione sanitaria e alimentare nelle scuole di ogni ordine e grado -:
che cosa il Ministro della salute intenda fare per fronteggiare in modo efficace e rapido questa drammatica emergenza che colpisce migliaia di giovanissimi, maschi e femmine.
(5-00436)
BIANCHI e ZANOTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
recenti fonti di stampa riportano la notizia - emersa in seno ai lavori del Seminario «Farmaci e donne» promosso da Farmindustria e dalla Società Italiana di farmacologia, tenutosi lo scorso 13 ottobre - di una sostanziale discriminazione, a danno delle donne, nella sperimentazione farmacologica ed in base alla quale la maggior parte dei medicinali sono prodotti sulla base di studi condotti su animali o su persone di sesso maschile;
tale esclusione potrebbe inficiare la validità scientifica dei risultati delle verifiche posta la mancata valutazione, in sede di sperimentazione, delle peculiarità biologiche ed ormonali delle donne;
dalla esclusione potrebbe derivare, altresì, una percentuale di rischio di effetti collaterali nelle donne più alta che negli uomini;
la mancata valutazione delle reazioni dell'universo femminile ai test clinici potrebbe comportare, in definitiva, una carenza sulla qualità e sull'efficacia delle cure di cui i farmaci da testare sono destinati -:
quali iniziative intenda intraprendere al fine di accertare ed, eventualmente, porre termine a questa forma di carenza nelle metodiche di sperimentazione dei farmaci.
(5-00437)
MONTANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2034 del codice civile configura come illecito civile il danno individuale che sia imputabile a comportamenti colposi attinenti alle modalità di attuazione del trattamento, indipendentemente dalla ricorrenza di un danno patrimoniale specifico;
appellandosi a tale articolo del codice civile, molti soggetti, danneggiati da vaccinazioni, trasfusioni o emoderivati infetti, hanno attivato procedure giudiziarie contro lo Stato;
nella passata legislatura, molto è stato fatto al fine di portare a rapido compimento tali contenziosi giudiziari;
in particolare, si ricorda il decreto-legge 23 aprile 2003 n. 89, con il quale è stata autorizzata la spesa di novantotto
milioni e cinquecentomila euro per il 2003 e di centonovantotto milioni sia per il 2004 che per il 2005 per il risarcimento dei soggetti emotrasfusi danneggiati da emoderivati infetti;
la definizione dei criteri per la stipulazione delle transazioni con i suddetti soggetti è stata rimessa ad un decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze;
in attuazione del decreto-legge n. 89 del 2003, con decreto ministeriale 3 novembre 2003 è stato riconosciuto il risarcimento per 714 soggetti emofiliaci;
dal risarcimento di cui sopra, tuttavia, è stato escluso un gruppo di soggetti emotrasfusi, che originariamente erano stati inclusi nella lista dei 747 soggetti redatta il 13 marzo 2002 dalla Commissione Cursi cui era stato delegato il compito di compiere una ricognizione dei ricorsi pendenti;
nel settembre 2005 è stata istituita una nuova commissione interministeriale per risolvere il contenzioso con gli esclusi dalla prima transazione disposta con decreto ministeriale del 13 marzo 2002; anche in questo caso, tuttavia, il risarcimento è stato riconosciuto solo a 102 soggetti emofiliaci, non ricompresi nei 747 soggetti originariamente individuati dalla Commissione Cursi, che peraltro non presentavano ricorsi giudiziari pendenti;
nel frattempo, i ricorsi pendenti dei soggetti emotrasfusi esclusi dalle transazioni autorizzate dal Ministero della salute sono stati appellati in Cassazione dall'Avvocatura di Stato;
per far valere il loro diritto ad un congruo risarcimento, i pazienti esclusi dalle suddette transazioni sono costretti a sostenere spese legali di non indifferente portata, cui spesso è difficile far fronte -:
quali iniziative politiche e normative il Ministro interrogato intenda avviare al fine di garantire ai soggetti emotrasfusi esclusi dalle prime transazioni autorizzate dal Ministero a favore dei pazienti danneggiati da vaccinazioni, trasfusioni ed emoderivati infetti il legittimo risarcimento dell'ingiusto danno subito.
(5-00438)
CARUSO, DIOGUARDI e SMERIGLIO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Ritalin è un farmaco a base di metilfenidato da molti anni utilizzato in pediatria per la cura di bambini con disturbi dell'attenzione con o senza iperattività (Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ADHD); secondo numerose casistiche ufficiali i bambini e gli adolescenti trattati con Ritalin hanno in genere capacità intellettive superiori alla media, sono dotati di spiccata creatività e abilità motoria, sono capaci di fare più cose contemporaneamente;
tuttavia tali qualità, unite alla vivacità manifestata dal bambino, sono spesso ritenute pregiudizievoli per il rendimento scolastico, semplicisticamente interpretate come sintomi di ipercineticità e irrequietezza e, di conseguenza, oggetto di terapia farmacologica;
secondo il dottor F. Baughman (cfr. l'articolo «Making Sense of Ritalin», di John Peanen, Rider's Digest gennaio 2000, pagina 158), sono fra i 6 e i 7 milioni solo negli Stati Uniti i bambini trattati con il Ritalin, e le diagnosi di ADHD sono in aumento in tutto il mondo occidentale (si parla di un raddoppio del numero di diagnosi ogni 3/4 anni negli USA e ogni anno in Inghilterra); addirittura tale disturbo viene oggi spesso diagnosticato a partire dal primo anno di vita, e alcuni medici giungono a prescrivere il Ritalin a bambini ancora lattanti;
ma l'efficacia del Ritalin nella «cura» di queste «patologie» si è dimostrata già da molti anni fallimentare; in una ricerca del 1971 (Mendelson W., Johnson N., Stewart M.A., «Hyperactive children as teenagers: A follow-up study», Journal, of Nervous Mental Disorders, vol. 153, 1971), ad esempio, si sono analizzati
83 bambini a 2-5 anni di distanza dalla diagnosi di ADD o ADHD, e il 92 per cento di essi era stato trattato con Ritalin;
ecco i risultati:
60 per cento dei bambini erano ancora iperattivi e studiavano poco (la ragione per la quale veniva loro somministrato il Ritalin), ma in più erano diventati ribelli;
59 per cento avevano avuto guai con la polizia; 23 per cento erano stati portati ad una caserma di polizia una o più volte;
58 per cento erano stati bocciati almeno una volta;
57 per cento avevano difficoltà di lettura;
44 per cento avevano difficoltà con l'aritmetica;
78 per cento trovavano difficile restare seduti a studiare;
59 per cento erano considerati dalla scuola ragazzi con problemi disciplinari;
52 per cento erano distruttivi;
34 per cento avevano minacciato di uccidere i loro genitori;
15 per cento avevano parlato di suicidio o l'avevano tentato;
il boom dell'ADHD risale comunque agli anni Novanta; nel novembre 1999 la Us Drug Enforcement Administration (Dea) avvertì che dal 1990 al 1995 l'uso del Ritalin si era sestuplicato; nel 1995 un organismo dell'Oms (Organizzazione mondiale della sanità), l'International Narcotics Control Board (inbc), deplorò che «negli Usa dal 10 al 12 per cento dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni sono stati diagnosticati come ammalati di ADHD e curati con Ritalin»; la tendenza è proseguita anche dopo il 1995. Negli Usa si smercia circa il 90 per cento del Ritalin venduto nel mondo dalla Novartis, il colosso farmaceutico svizzero nato nel 1997 dalla fusione tra Sandoz e Ciba-Geigy: su 40 milioni di alunni iscritti nelle scuole Usa almeno 4 milioni prendono stimolanti e la prescrizione di stimolanti per bambini compresi tra i 2 e i 4 anni si è triplicata, nonostante il foglietto d'accompagnamento del farmaco dica che il Ritalin è controindicato sotto i 6 anni; uno studio, infine, pubblicato dal Canadian Journal of Psychiatry (ottobre 1999) indagava su 192 bambini diagnosticati ADHD. 98 di loro ricevevano un trattamento di Ritalin, e tra loro il 9 per cento aveva evidenziato sintomi psicotici che sono poi spariti appena il trattamento è cessato;
nessuno degli altri 94 bambini (che non erano stati medicalizzati) aveva mostrato invece sintomi psicotici;
l'aspetto più enigmatico dell'ADHD è che, come riporta lo stesso foglietto illustrativo del farmaco, «un'adeguata eziologia di questa sindrome è sconosciuta e non esiste un'analisi clinica in grado di diagnosticarla»;
una formulazione «diplomatica» per dire che non è stato appurato, in sede scientifica, se quest'insieme di sintomi, classificati come ADHD, sia effettivamente rilevante sotto il profilo patologico o no, e per quali motivi;
già nel 1998, del resto, una commissione di esperti statunitensi ha trovato che il metodo corrente per diagnosticare l'ADHD si è rivelato elusivo, cioè «non conclusivo»;
essendo il metilfenidato uno stimolante centrale, il Ritalin è inserito nella fascia dei cosiddetti farmaci d'abuso ed è incluso nella Tabella 1 degli stupefacenti;
in effetti il Ritalin era utilizzato come una droga a tutti gli effetti già negli anni sessanta da alcune comunità di hippies; Tom Wolfe, nel suo articolo «Il cervello senz'anima» del 1996, così ne parla: «A volte li vedevi completamente immersi in un delirio totale da Ritalin. Non un gesto, non un'occhiata: potevano sedere assorti in qualsiasi cosa - un tombino, le rughe del palmo delle proprie mani - per un
tempo indefinito, saltando un pasto dopo l'altro, fino all'insonnia più incoercibile ... puro nirvana da metilfenidato»;
il Ritalin è al centro da anni di un fiorente mercato nero, essendo considerato una «smart drug», una sostanza cioè usata per sovrastimolare il cervello durante periodi di studio intenso, superlavoro o per mantenere alta la soglia dell'attenzione ed ormai è diventato la droga più diffusa fra gli adolescenti degli Stati Uniti;
il metilfenidato come effetto a breve termine aumenta le prestazioni di qualsiasi persona, tanto da essere bandito dal Comitato Olimpico Internazionale; a lungo termine invece presenta tutta una serie di effetti nocivi e di complicazioni;
come si leggeva fino a pochi mesi fa sul sito del Ministero della salute: «la sua commercializzazione venne sospesa in Italia nel 1989, su iniziativa dell'azienda che allora lo produceva. Visto il ruolo del metilfenidato nel trattamento dello ADHD, l'elevata incidenza di questa manifestazione in età pre-adolescenziale e l'assenza dal mercato nazionale di farmaci alternativi, la Commissione Unica del Farmaco e il Dipartimento del Farmaco del Ministero della salute, in un incontro, hanno invitato Novartis, attuale titolare del Ritalin, a presentare richiesta per la registrazione del farmaco e la sua commercializzazione in Italia. In data 18 ottobre 2000 la Novartis ha comunicato al Dipartimento Valutazione Medicinali e Farmacovigilanza la disponibilità per una rapida registrazione e commercializzazione del farmaco»;
nel mese di ottobre 2006 l'autorevole «Science and Technology Committee», una Commissione britannica composta da esperti che ha come missione quella di consigliare il governo su tutto ciò che riguarda le questioni scientifiche di interesse nazionale inserisce nella classifica delle venti sostanze psicoattive più dannose - a fianco dell'LSD e prima dell'Ecstasy - anche il metilfenidato, cioè il principio base del Ritalin -:
se non ritenga che la ricommercializzazione in Italia di un farmaco come il Ritalin, a proposito del quale esiste una vastissima letteratura scientifica sui suoi effetti collaterali e sulla sua sostanziale inefficacia, sia immotivata e anzi dannosa per la salute dei bambini e degli adolescenti del nostro paese.
(5-00439)
ROCCO PIGNATARO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
attraverso recenti sondaggi, realizzati nel nostro Paese da autorevoli enti specializzati, si sta evidenziando un preoccupante e crescente livello di disinformazione giovanile di fronte alla minaccia - tuttora costante - di contagio da virus HIV (AIDS);
in particolare, queste indagini effettuate su ragazzi e ragazze di età inferiore ai trenta anni riportano che più del 20 per cento degli intervistati è convinto che sia disponibile un vaccino contro la AIDS in grado di debellare il virus in termini risolutivi ed assoluti;
ancor più preoccupante è il dato secondo il quale un altro 20 per cento degli intervistati dichiara di non essere adeguatamente informato circa le modalità attraverso le quali avviene il contagio nonché delle precauzioni da porre in essere per evitarlo;
atteso che la minaccia del virus, malgrado i passi avanti della scienza medica, rimane, tuttora, un dramma per milioni di persone, sia a livello mondiale che nazionale;
una corretta informazione e prevenzione è allo stato attuale, il miglior strumento di cui siamo in grado di disporre per arrestare il dilagare di questo virus -:
quali provvedimenti, l'onorevole Ministro interrogato intenda porre in essere al fine di aumentare la sensibilizzazione sul problema esposto, soprattutto tra i giovanissimi, anche con campagne informative che aumentino il livello di conoscenza dei metodi di prevenzione della
malattia e sui comportamenti considerati ad alto rischio di contagio.
(5-00440)
LUCCHESE, CAPITANIO SANTOLINI e VOLONTÈ. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
orinai da circa un anno è invalso in alcune Aziende Sanitarie, in diverso regioni italiane, l'uso di effettuare l'interruzione di gravidanza con il metodo farmacologico;
uno dei farmaci necessari (il mifepristone) non è distribuito in Italia, e l'altro (il misoprostol) è commercializzato come anti ulcera, ed esplicitamente controindicato in caso di gravidanza;
non esiste, né ovviamente può esistere, un protocollo unico per l'IVG farmacologica formulato dall'ente apposito di garanzia, l'Aifa;
la somministrazione dei due farmaci avviene con modalità ed esiti difformi non solo da regione a regione, ma all'interno delle singole regioni;
l'obbligo di praticare l'IVG all'interno delle strutture pubbliche viene nei fatti molto spesso disatteso e l'effettiva espulsione dell'embrione avviene nella maggioranza dei casi fuori dalle strutture sanitarie;
la situazione è particolarmente grave e confusa in Toscana, dove nella Asl di Empoli le IVG, dal 25 novembre 2005 al 20 marzo 2006, sono state fatte in regime di day hospital; a Siena l'ospedale universitario ha approvato un protocollo operativo che prevede per le pazienti fin dal primo giorno, dopo l'assunzione del mifepristone, «l'invio a domicilio con la prescrizione di eventuale terapia del dolore»; a Pontedera la quasi totalità delle pazienti chiede e ottiene le dimissioni volontarie dopo la somministrazione del mifepristone;
sempre in Toscana, in alcuni casi le percentuali di fallimento del metodo chimico, con conseguente ricorso, dopo l'asssunzione dei farmaci abortivi, all'IVG chirurgica, sono notevolmente superiori a quella prevista dalle linee guida stilate dal gruppo di lavoro del Consiglio Sanitario Regionale (fra il 2 e il 5 per cento), in particolare nel presidio ospedaliero di Empoli (circa il 15 per cento) e in quello di Siena (circa il 39 per cento) -:
le ragioni di un così differenziato ricorso, da parte dei vari presidi ospedalieri coinvolti, all'IVG chirurgica successivamente alla somministrazione della RU486 e come si possa configurare un'assunzione di piena responsabilità medico-legale da parte degli operatori sanitari nel caso di un farmaco, il misoprostol (Cytotec) esplicitamente controindicato in gravidanza nelle indicazioni fornite dal foglietto illustrativo; e chi si assuma la responsabilità dell'uso off-label di tale farmaco, in mancanza di un protocollo autorizzato.
(5-00441)
Interrogazione a risposta scritta:
REALACCI. - Al Ministro della salute, al Ministro della pubblica istruzione, al Ministro per i diritti e le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il carcinoma polmonare è una neoplasia la cui incidenza e mortalità sono in aumento in tutto il mondo e, nel corso dell'ultimo decennio, questa neoplasia è diventata uno dei principali problemi sociosanitari dei paesi industrializzati e segue in modo diretto l'epidemia del fumo di tabacco. Le stime più recenti sull'incidenza nel mondo, parlano di circa un milione di nuovi casi/anno, con tassi per 100.000 abitanti che variano molto da un'area geografica all'altra, in rapporto alle variazioni temporali del consumo di tabacco;
nei paesi occidentali, il carcinoma polmonare è la prima causa di morte per tumore maligno negli uomini di età superiore ai 35 anni e la terza nelle donne fra 35 e 70 anni. In entrambi i sessi l'incidenza maggiore si osserva nella fascia di
età compresa tra i 35 e i 70 anni, con picco tra i 55 e i 65. Negli stati membri dell'Unione Europea, il tumore polmonare rappresenta negli uomini il 21 per cento di tutti i casi di neoplasia e il 29 per cento di tutte le morti per cancro; nelle donne tali percentuali sono rispettivamente dell'8 e del 4 per cento. Purtroppo, una valutazione delle tendenze della mortalità per cancro del polmone in Europa, indica un aumento atteso del 10-15 per cento ogni 5 anni per il sesso maschile e del 15-30 per cento per quello femminile;
negli Stati Uniti il tumore polmonare rappresenta la prima causa di morte per tumore maligno nella donna (superamento della mortalità per carcinoma mammario dal 1987); l'andamento dell'incidenza è, attualmente, esponenziale e parallelo a quanto rilevato nel sesso maschile, ma, rispetto a questo, ritardato nel tempo di circa 20 anni; esattamente il periodo necessario affinché la donna iniziasse l'abitudine al fumo come l'uomo. Dati recenti, che riguardano in particolare alcune zone degli Stati Uniti, parrebbero indicare che la tendenza al continuo incremento si stia arrestando;
per motivi culturali e sociali, l'abitudine al fumo, nella popolazione femminile europea, italiana in particolare, è iniziata in ritardo rispetto agli Stati Uniti; tuttavia, dai dati epidemiologici riportati sopra, risulta chiaro che, anche in Europa, in assenza di campagne informative, educative e di prevenzione efficaci, nel prossimo futuro assisteremo al realizzarsi dello stesso evento;
alcuni studi sembrano suggerire una maggiore suscettibilità della donna ai cancerogeni derivanti dalla combustione della sigaretta. Da tali studi è possibile evincere che le donne con tumore del polmone, rispetto agli uomini con la stessa neoplasia hanno: fumato meno (31 versus 52 pacchetti/anno), frequentemente mai fumato, sono più giovani, e tendono a sviluppare un adenocarcinoma. Questi studi dimostrano che, a parità di abitudine al fumo, la donna ha un rischio di sviluppare un tumore del polmone che è da 1,2 a 1,7 volte maggiore rispetto all'uomo. Il problema del tumore del polmone nella donna è una attualità, e poco è possibile dedurre dal passato dove questa neoplasia era di scarsissimo rilievo epidemiologico e clinico;
esistono tuttavia, fra i due sessi, differenze biologiche, ormonali, genetiche che possono essere alla base di una diversa suscettibilità a sviluppare tumori del polmone;
le differenze biologiche consistono in un diverso metabolismo della nicotina nella donna rispetto all'uomo oltre ad una serie di complesse interazioni fra cancerogeni del tabacco e fattori biologici, genetici ed ormonali che possono, verosimilmente, spiegare le differenze nel rischio di sviluppare un tumore del polmone che esistono fra uomo e donna. Tuttavia, la natura precisa di queste interazioni è, tutt'ora, oggetto di studi in corso;
è opinione universalmente condivisa che porre la donna al centro di campagne di informazione e prevenzione primaria rappresenti il mezzo più efficace per il futuro controllo di questa neoplasia nel nostro continente. La donna affronta con maggiore consapevolezza «i problemi di salute»: i programmi di prevenzione, screening e diagnosi precoce che hanno visto la centralità della donna hanno, frequentemente, esitato in successi. La donna, inoltre, ha un rapporto peculiare con l'altra fascia a rischio: i giovani. Dati epidemiologici dimostrano che l'abitudine al fumo dei genitori condiziona fortemente il comportamento dei figli: tuttavia, il comportamento della madre sembra essere un fattore critico: sono più numerosi i figli fumatori di sole madri fumatrici (31,3 per cento) che non di padri fumatori (22 per cento). Questa influenza è più forte in caso di figlie femmine che aumentano del 15 per cento se a fumare è la madre rispetto al padre;
partendo da questi presupposti, è stata costituita un'associazione AIDA, nata per iniziativa di un gruppo di professioniste,
che da tempo affrontano le problematiche inerenti la patologia polmonare neoplastica nel sesso femminile, e che hanno ritenuto importante concretizzare le proprie idee in una associazione che possa servire da mezzo per divulgarle e renderle note nel nostro paese. In particolare, recentemente AIDA, ha organizzato un convegno per sottolineare come sia fondamentale, nel settore della prevenzione primaria, la programmazione di campagne informative ed educative dirette alla popolazione femminile e con una specifica enfasi nei confronti dei giovani;
l'educazione nelle scuole, inoltre, può rappresentare un importante passo per la prevenzione della malattia, che vede nell'abitudine al fumo uno dei principali fattori di rischio -:
quali iniziative intendano mettere in campo sul fronte dell'informazione, dell'educazione, della prevenzione e della ricerca rispetto a questa grave patologia, ponendo la donna al centro dell'attenzione per il ruolo che essa svolge nella società e nella famiglia.
(4-01759)