Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Allegato B
Seduta n. 88 del 19/12/2006
TESTO AGGIORNATO AL 6 FEBBRAIO 2007
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzioni in Commissione:
La III Commissione,
premesso che:
la stabilizzazione dei Balcani occidentali costituisce un obiettivo di primaria importanza per la comunità internazionale, attivamente impegnata nell'area sia sul piano militare che civile per il mantenimento della pace e della sicurezza;
la drammatica esperienza dei conflitti degli anni Novanta conferisce carattere prioritario alla presenza, negli ordinamenti degli Stati dei Balcani occidentali, di sistemi di garanzie per la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali degli individui e delle minoranze, in conformità con quanto sancito dalla Carta delle Nazioni Unite, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del Consiglio d'Europa e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, adottata dal Consiglio europeo di Nizza del 2000;
l'Unione europea guarda con favore al consolidamento democratico ed economico della regione, essenziale per realizzare l'obiettivo dell'integrazione dei Balcani occidentali in Europa ed una prospettiva durevole di stabilità, prosperità e sicurezza per tutta l'area;
nella fase attuale il negoziato sul futuro status del Kosovo, sottoposto all'amministrazione internazionale, secondo quanto stabilito dalla risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite n. 1244 (1999) del 10 giugno 1999, appare condizionante per la realizzazione dei citati obiettivi;
il 10 novembre scorso l'Inviato speciale delle Nazioni Unite per il processo sul futuro status del Kosovo, Martii Athissari, ha fissato ad una data successiva alle elezioni politiche in Serbia, previste per il prossimo 21 gennaio 2007, la presentazione alle parti coinvolte dal negoziato e ai Paesi del Gruppo di Contatto del documento recante le proposte per la definizione dello status;
il negoziato che farà seguito alla presentazione della proposta da parte dell'Inviato speciale delle Nazioni Unite potrebbe concludersi con l'adozione di una nuova risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, volta a definire il nuovo status del Kosovo e sancire il consenso della comunità internazionale su di esso;
il processo costituente in corso nella Repubblica di Serbia, culminato con la promulgazione della nuova Carta costituzionale, approvata con referendum lo scorso 29 ottobre, è parte di una delicata fase di riassetto politico-istituzionale di tale Paese, la cui evoluzione appare determinante per il suo riavvicinamento all'Unione europea, dopo l'interruzione del negoziato per la stipula dell'Accordo di Associazione e Stabilizzazione, avvenuta il 3 maggio 2006, per la valutazione negativa da parte delle istituzioni europee circa la collaborazione di Belgrado con il Tribunale Penale Internazionale per l'Ex-Yugoslavia,
impegna il Governo:
a porre in essere ogni iniziativa utile a far sì che la prospettiva della integrazione nell'Unione europea, confermata nel 2003 dal Consiglio europeo di Salonicco, resti in modo molto chiaro nell'orizzonte dei Balcani occidentali sulla base del consolidamento in tale area della democrazia e dello stato di diritto;
a promuovere la ripresa del negoziato tra l'Unione europea e la Serbia finalizzato alla conclusione dell'Accordo di Associazione e Stabilizzazione. A tal proposito sarebbe auspicabile un segnale di apertura da parte dell'Unione europea che potrebbe procedere nella definizione del quadro negoziale sottoponendo la sola entrata in vigore dell'Accordo alla condizione della piena collaborazione da parte di Belgrado con il Tribunale Penale Internazionale per l'Ex-Yugoslavia;
a mantenere un impegno analogo affinché la Repubblica di Serbia possa accedere al più presto alla Partnership for Peace con la Nato;
ad impegnarsi perché le scelte relative al futuro status del Kosovo avvengano in un contesto pacifico e su basi di condivisione;
a sostenere l'impegno della comunità internazionale, in particolare dell'Unione europea, per la pace e la stabilità nei Balcani occidentali, anche prevedendo il mantenimento della presenza internazionale, civile e militare, nell'area, in particolare, nella fase di definizione e di implementazione degli accordi sul futuro status del Kosovo;
ad assumere ogni iniziativa utile a far sì che il futuro status del Kosovo garantisca la piena attuazione dei principi dello stato di diritto, il rispetto di standard europei di tutela dei diritti delle minoranze presenti sul territorio kosovaro, con particolare riferimento alla protezione dei siti di interesse religioso e culturale, alla piena libertà di movimento, alla partecipazione effettiva alla vita civile e politica, ricorrendo a tal fine ad una forma di governo basata su un accentuato decentramento amministrativo;
a sostenere il rilancio dell'economia del Kosovo;
a sostenere ogni sforzo, da parte delle autorità dei Paesi dell'intera regione balcanica, a contrastare la diffusione nell'area del crimine organizzato transnazionale.
(7-00096) «Ranieri, Forlani, De Zulueta».
La IX Commissione,
premesso che:
l'incidente ferroviario verificatosi il 13 dicembre 2006 lungo la linea del Brennero, nel quale hanno perso la vita due macchinisti, ha riproposto con forza la questione della sicurezza ferroviaria;
il tema è all'attenzione del Governo che, nell'ambito del disegno di legge finanziaria 2007, ha destinato 45 milioni di euro per i prossimi tre anni ai fini della realizzazione di interventi volti all'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza, sia dell'infrastruttura ferroviaria sia installati a bordo dei treni;
l'approccio al tema della sicurezza del trasporto ferroviario non può essere tuttavia limitato alla sola previsione di stanziamenti di risorse economiche, ma deve investire anche aspetti di natura istituzionale e organizzativa;
proprio in occasione delle comunicazioni che il Governo ha reso presso la IX Commissione in ordine al predetto incidente ferroviario, è emerso che l'attuale assetto che vede in capo al gestore dell'infrastruttura la responsabilità delle attività operative relative alla sicurezza, ivi compreso il rilascio dei certificati di sicurezza alle imprese ferroviarie, e in capo al Ministero dei trasporti lo svolgimento delle attività di vigilanza e di investigazione, non è compatibile con la disciplina comunitaria;
l'Italia non si è ancora infatti conformata alle disposizioni recate dalla direttiva 2004/49/CE, relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie, nonostante il termine di recepimento del 30 aprile 2006 sia ormai decorso;
in proposito, la legge 25 gennaio 2006, n. 29 (Legge comunitaria 2005) ha delegato il Governo ad adottare, entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, e quindi entro il mese di agosto 2007, il decreto legislativo per il recepimento della predetta direttiva;
l'articolo 16 della direttiva 2004/49/CE dispone che ciascuno Stato membro istituisca un'autorità preposta alla sicurezza, che deve essere indipendente, sul piano organizzativo, giuridico e decisionale, da qualsiasi impresa ferroviaria e dal gestore dell'infrastruttura;
tra i compiti che devono essere attribuiti alla predetta autorità, sono ricompresi:
a) il rilascio alle imprese ferroviarie del certificato di sicurezza, necessario, ai sensi dell'articolo 10 della direttiva, per avere accesso all'infrastruttura ferroviaria;
b) il rilascio al gestore dell'infrastruttura dell'autorizzazione di sicurezza, necessaria, ai sensi dell'articolo 11 della direttiva, per poter gestire e far funzionare un'infrastruttura ferroviaria;
c) il controllo che i gestori dell'infrastruttura e le imprese ferroviarie operino nel rispetto dei certificati e delle autorizzazioni di sicurezza rilasciati e, comunque, conformemente ai requisiti del diritto comunitario o nazionale;
d) la verifica della idonea immatricolazione del materiale rotabile e dell'aggiornamento delle informazioni in materia di sicurezza contenute nel registro nazionale, istituito a norma delle direttive 96/48/CE e 2001/16/CE;
l'articolo 17 della direttiva 2004/49/CE dispone inoltre che l'autorità preposta alla sicurezza ha la facoltà di condurre le ispezioni e le indagini necessarie per l'assolvimento dei propri compiti e può accedere a tutta la documentazione pertinente, ai locali, agli impianti e alle attrezzature del gestore dell'infrastruttura e delle imprese ferroviarie;
quanto al versante della sinistrosità ferroviaria, l'articolo 21 della direttiva dispone che ciascuno Stato membro provveda affinché le indagini sui gravi incidenti e sugli inconvenienti che, in condizioni leggermente diverse, avrebbero potuto determinare incidenti gravi, siano svolte da un organismo permanente, sulla base della immediata segnalazione da parte delle imprese ferroviarie, dei gestori dell'infrastruttura e, se del caso, dell'autorità preposta alla sicurezza;
a tale struttura deve essere assicurata l'indipendenza dalle imprese ferroviarie, dal gestore dell'infrastruttura, dall'autorità preposta alla sicurezza, dagli enti di regolamentazione delle ferrovie e da qualsiasi altro soggetto i cui interessi possano entrare in conflitto con i compiti ad essa assegnati;
una sollecita predisposizione, da parte del Governo, dello schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2004/49/CE, sul quale dovrà essere acquisito il parere delle competenti commissioni parlamentari, appare pertanto doverosa, attesa l'esigenza di procedere, con tempestività, all'adeguamento dell'assetto istituzionale in materia di sicurezza ferroviaria del nostro paese agli standard europei,
impegna il Governo
ad adottare, in tempi molto ravvicinati, lo schema di decreto legislativo per il recepimento della direttiva 2004/49/CE, relativa alla sicurezza delle ferrovie comunitarie, tenuto conto che la tempestiva istituzione, anche nel nostro paese, dell'autorità nazionale preposta alla sicurezza ferroviaria e dell'organismo permanente per le indagini sugli incidenti ferroviari può certamente contribuire ad aumentare il livello di sicurezza del trasporto ferroviario.
(7-00094) «Meta, Beltrandi, Barbi, Rotondo».
La XIII Commissione,
premesso che:
la Commissione europea ha trasmesso una nota al Governo italiano con la quale si chiede se vi sia l'intenzione di procedere all'abrogazione del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204, «Disposizioni urgenti per l'etichettatura di alcuni prodotti agroalimentari, nonché in materia di agricoltura e pesca», prospettando, in caso di risposta contraria, la possibilità di formalizzare nei confronti dell'Italia un procedimento di infrazione relativo alla citata legge;
gli articoli 1 e 1-bis del decreto-legge n. 157 del 2004, nel testo risultante dalle modifiche apportate dalla legge di conversione, prevedono, in generale, l'indicazione obbligatoria, nell'etichettatura dei prodotti alimentari, del luogo di origine o provenienza e impongono regole specifiche relative all'utilizzo delle denominazioni di vendita «latte fresco pastorizzato» e «passata di pomodoro», affidando a un decreto interministeriale la definizione delle modalità e requisiti per l'introduzione obbligatoria della dicitura del luogo di origine o provenienza relativamente a questi ultimi prodotti;
l'articolo 1-ter del citato decreto-legge, aggiunto dalla legge di conversione, prevede, con riferimento specifico agli oli di oliva vergini e extravergini, l'obbligo di riportare nell'etichettatura l'indicazione del luogo di coltivazione e di molitura delle olive, demandando anche in questo caso a un decreto interministeriale la determinazione delle modalità di attuazione della disposizione;
la Commissione europea ritiene che le disposizioni sopra richiamate non siano compatibili con l'ordinamento comunitario in quanto indurrebbero i consumatori a preferire i prodotti nazionali; ritiene altresì che esse siano contrarie alla previsione di cui all'articolo 3, paragrafo 1, punto 8, della direttiva 2000/13/CE, secondo la quale il luogo di origine o di provenienza di un prodotto alimentare deve essere obbligatoriamente apposto sull'etichetta solo se il consumatore potrebbe essere indotto in errore circa l'origine o la provenienza del prodotto;
le argomentazioni della Commissione europea non paiono in alcun modo condivisibili, in quanto le disposizioni del decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004, non mirano a creare una condizione di preferenza per i prodotti nazionali, ma a garantire la corretta e trasparente informazione dei consumatori e a prevenire fenomeni di contraffazione;
tali disposizioni rispondono pertanto pienamente alle finalità della politica dei consumatori dell'Unione europea, che è volta a stabilire prescrizioni di base in materia di salute e sicurezza e a tutelare gli interessi economici del pubblico al fine di assicurare un elevato livello di protezione e soddisfare le aspettative dei cittadini in tutta l'Unione;
nel medesimo senso, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, stabilisce che qualsiasi regolamentazione relativa all'etichettatura dei prodotti alimentari deve essere fondata anzitutto sulla necessità d'informare e tutelare i consumatori;
alcune considerazioni specifiche merita la commercializzazione dell'olio di oliva, disciplinata dal regolamento (CE) n. 1019/2002 della Commissione, del 13 giugno 2002;
nelle premesse del regolamento si fa riferimento alle peculiari qualità proprie dell'olio di oliva e alle relative conseguenze commerciali; in tal senso si chiarisce che a motivo degli usi agricoli o delle pratiche locali di estrazione o di taglio, gli oli di oliva vergini direttamente commercializzabili possono presentare qualità e sapore notevolmente diversi tra loro a seconda dell'origine geografica e si evidenzia la necessità di pervenire ad un regime obbligatorio di designazione dell'origine; in proposito, si rileva altresì che «bisogna tenere conto del fatto che le olive utilizzate, come pure le pratiche e le tecniche di estrazione, incidono sulla qualità e sul sapore dell'olio» e, di conseguenza, si segnala che se il luogo di raccolta delle olive è diverso da quello di estrazione dell'olio, è opportuno che tale informazione sia indicata sugli imballaggi o sulle relative etichette per non indurre in errore il consumatore e non perturbare il mercato dell'olio d'oliva;
in attesa della realizzazione di un regime obbligatorio di designazione dell'origine per le categorie di oli d'oliva in
questione, occorre adottare iniziative minime di rango nazionale che vadano in quella direzione;
alla luce di queste considerazioni risultano assolutamente valide e compatibili con il diritto comunitario le disposizioni di cui all'articolo 1-ter del decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204, relative all'obbligo, per gli oli di oliva vergini e extravergini, di riportare nell'etichetta l'indicazione del luogo di coltivazione e di molitura delle olive, in modo da evidenziare e valorizzare, con un preciso riferimento al territorio, l'origine del prodotto; occorre anzi dare piena attuazione a tale previsione;
è infatti del tutto evidente che in ragione delle particolari condizioni agronomiche e territoriali del sistema olivicolo ed oleario italiano, i costi che sono necessari per ottenere un olio d'oliva autenticamente nazionale, realizzato con olive raccolte in ambito regionale e spesso su territori difficili, con tecniche che puntano soprattutto alla qualità e alla genuinità, utilizzando varietà selezionate e manodopera qualificata, possono risultare superiori a quelli necessari per il semplice taglio ed imbottigliamento di oli ottenuti in Paesi terzi a condizioni molto meno costose;
più in generale occorre introdurre idonei strumenti per garantire il processo di tracciabilità dell'olio d'oliva commercializzato in Italia e potenziare la lotta alle contraffazioni,
impegna il Governo:
1) a mantenere le disposizioni recate dal decreto-legge 24 giugno 2004, n. 157, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2004, n. 204, relative all'obbligo di indicare, nell'etichettatura dei prodotti alimentari, il luogo di origine o provenienza;
2) a difendere, rispetto ai rilievi avanzati dalla Commissione europea, la validità e la compatibilità con l'ordinamento comunitario delle disposizioni recate dal decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004, anche affrontando, nel caso in cui sia avviata una procedura di infrazione, il giudizio della Corte di Giustizia;
3) per quanto concerne in modo specifico l'olio di oliva vergine e extravergine, a dare piena attuazione all'obbligo di indicare in etichetta il luogo di coltivazione e molitura delle olive, come previsto dall'articolo 1-ter del decreto-legge n. 157 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 204 del 2004;
4) ad adottare ulteriori iniziative per assicurare la rintracciabilità dell'origine degli oli di oliva e per potenziare gli strumenti di contrasto alle contraffazioni a danno dei consumatori.
(7-00095)
«Lion, Buonfiglio, Zucchi, Fundarò, Servodio, Baratella, Bellanova, Brandolini, Vincenzo De Luca, Fiorio, Fogliardi, Franci, Maderloni, Oliverio, Pertoldi, Rotondo, Sereni, Soro, D'Ulizia».