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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 208 di giovedì 20 settembre 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
La seduta comincia alle 9,35.
ANTONIO MAZZOCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Bimbi, Cordoni e Mattarella sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006 (Doc. VIII, n. 3); Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2007 (Doc. VIII, n. 4) (ore 9,37).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione congiunta dei documenti: Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006 e Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2007.
Ricordo che nella seduta di ieri il deputato questore ha espresso i pareri sugli ordini del giorno, con l'eccezione dell'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/ Doc. VIII, n. 4/108.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,39).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 10.
La seduta, sospesa alle 9,40, è ripresa alle 10,05.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
Sull'ordine dei lavori.
MARIO PEPE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, oggi ricorre una data storica per il nostro Paese, troppo spesso dimenticata: quel 20 settembre 1870, infatti, fu importante non solo per lo Stato italiano, ma anche per la Chiesa cattolica, che, liberata dai «lacciuoli» del potere temporale, poté diventare il centro della cristianità. Signor Presidente,Pag. 2invito la Camera a rivalutare questa data, in un momento importante in cui stanno risorgendo gli Stati-chiesa nel mondo. Pertanto, chiedo alla Camera di riconoscere importanza a questa ricorrenza.
Si riprende la discussione (ore 10,07).
(Ripresa esame degli ordini del giorno - Doc. VIII, n. 4)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - Doc. VIII, n. 4, sezione 1).
Avverto che l'ordine del giorno Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/101 è stato ritirato dal presentatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Carta. Ne ha facoltà.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, il mio intervento verterà sul complesso degli ordini del giorno. Ho ascoltato e ho letto la relazione dei questori sul bilancio interno, che ho trovato esaustiva sia nelle proposizioni sia nelle risoluzioni finali. Non ho apposto la mia firma, signor Presidente, su alcun ordine del giorno e intendo astenermi su tutti gli strumenti di indirizzo presentati per una motivazione politica, e non perché voglia sindacare il merito delle numerose proposte che sono state avanzate, molte delle quali condivido.
Ritengo, signor Presidente, che la dignità di questa Camera vada, per una volta, salvaguardata, e non mi sembra che le modalità con cui si tende a salvaguardarla siano le più idonee. In questo momento, in cui il Parlamento è preso «sotto schiaffo», si vuole indulgere a forme di populismo, avanzando delle proposte che credono di sanare il problema dei costi della politica.
Ritengo che il malessere che esiste nel Paese - ed è molto grande - non si combatta in questo modo. Credo, signor Presidente, che la politica abbia il dovere morale e politico di dare risposte alle esigenze della collettività...
PRESIDENTE. La prego, prosegua. Capita a tutti di parlare in queste condizioni.
GIORGIO CARTA. Lo capisco, signor Presidente, ma il brusio dà fastidio...
PRESIDENTE. La prego, prosegua il suo intervento.
GIORGIO CARTA. Non pretendo maggiore attenzione degli altri, signor Presidente, ma di essere messo in grado di parlare e di argomentare.
Come dicevo, il Paese dimostra una certa insofferenza alla politica, che viene tradotta, ultimamente, in manifestazioni che superano la normale protesta. Il Paese è stanco, perché la politica non risponde ai suoi bisogni: non risponde alle esigenze di sicurezza, di equità sociale, di riforme che riguardano il sistema istituzionale e, pertanto, si protesta. La protesta si manifesta in diverse forme. Esiste, signor Presidente, il giornalismo di inchiesta (e ben venga), esiste il giornalismo che orienta, esistono le grandi firme, ma esistono anche i «pennivendoli», che ogni giorno imbrattano i giornali con forme destruenti le istituzioni. Esistono gli intellettuali, esistono gli artisti, che recepiscono con molta sensibilità certe richieste che vengono dal Paese, ma esistono anche i guitti.
Il Parlamento, mentre deve ascoltare gli uni, non può indulgere verso gli altri, e non credo che salvi la propria dignità andando a rincorrere e assumendo atteggiamenti da «segretari dell'opinione corrente». I «segretari dell'opinione corrente» ci sono sempre stati, in tutti i tempi, ma non hanno certo dato risposte adeguate.
Il poeta Ovidio, dicendo all'amico Bullazio «Neptunum procul e terra spectare furentem», lo invitava a guardare dal di sopra, con distacco, al sicuro della terra ferma, il mare tumultuoso delle passioni umane. Questo la politica non se lo può permettere, deve dare risposte adeguate, andando alla radice del problema.
A me dispiace - e lo dico con rammarico - di aver letto, negli ordini del giorno, tante richieste demagogiche e improponibili;Pag. 3credo che, con saggezza, i questori e l'Ufficio di Presidenza abbiano fatto e facciano bene a prendere nella dovuta considerazione solo quelle proposte che, veramente, portano alla ristrutturazione della politica.
PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.
GIORGIO CARTA. Concludo, signor Presidente. Non mi sento di appartenere ad una casta. Credo di aver lavorato una vita: a 32 anni avevo una laurea e tre specializzazioni che mi hanno dato l'indipendenza di giudizio, che voglio continuare a mantenere in questo Parlamento. Non mi sento una casta...
PRESIDENTE. Deve concludere, la prego.
GIORGIO CARTA. Concludo, signor Presidente. Al massimo, per tanti motivi, mi posso sentire casto, e non puro, ma non certo appartenente ad una casta.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, intervengo per un brevissimo richiamo al Regolamento, ai sensi dell'articolo 41, in merito alle previsioni regolamentari concernenti l'ordine delle sedute garantito dal Presidente.
Ieri, mentre parlava il collega Leone, ho fatto, come è uso nell'attività parlamentare, alcuni commenti politici «fuori microfono» all'intervento del collega stesso, vicepresidente del gruppo di Forza Italia. Il collega Leone, ad un certo punto, ha affermato: «se gli tappate la bocca posso continuare a parlare». È, quindi, intervenuto il Presidente, dicendo: «per favore, scusate...», e poi Leone ha ripreso a parlare.
Non è accaduto niente di grave, niente di eccezionale, onorevole Presidente, tuttavia ritengo che quando un oratore - chiunque egli sia - pronuncia parole sconvenienti e offensive della dignità di un deputato, la Presidenza debba prestare una maggiore attenzione (non voglio dire che vi sia stata volontarietà, evidentemente nella concitazione del momento può essere sfuggito). La dignità del Parlamento, infatti, va difesa anche con un modo di parlare, in questa sede, che rispetti la dignità umana e le funzioni del parlamentare.
Potrei dire che ho difficoltà a parlare con l'onorevole Leone perché, a mio parere, chi ha votato a favore dell'indulto, specialmente se è di destra, è persona che dovrebbe recitare il mea culpa di fronte alle migliaia di delinquenti che escono dalle carceri, grazie anche a quel voto dell'onorevole Leone, di Forza Italia!
In conclusione, signor Presidente, politicamente si può dire di tutto, ma non si può offendere: chi mostra i muscoli con arroganza vuol dire che è debole, fortemente debole.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Campa n. 9/Doc. VIII, n. 4/1, Pisicchio n. 9/Doc. VIII, n. 4/2 e Bianco n. 9/Doc. VIII, n. 4/3, accolti come raccomandazione dal Collegio dei questori.
Prendo altresì atto che il deputato Borghesi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/7
(Nuova formulazione), accolto come raccomandazione in un'ulteriore riformulazione, che accetta.
ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Mi scusi, signor Presidente, ma l'ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/7 (Nuova formulazione) è stato accettato, se ulteriormente riformulato, non accolto come raccomandazione.
PRESIDENTE. È così, la ringrazio, è stato accettato, se riformulato.Pag. 4
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Franco Russo n. 9/Doc. VIII, n. 4/8, accolto come raccomandazione nei termini indicati dal Collegio dei questori.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Franco Russo n. 9/Doc. VIII, n. 4/11, accettato nei termini indicati dal Collegio dei questori.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Franco Russo n. 9/Doc. VIII, n. 4/12 e Franco Russo n. 9/Doc. VIII, n. 4/13, accolti come raccomandazione nei termini indicati dal Collegio dei questori.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Franco Russo n. 9/Doc. VIII, n. 4/14, accettato, se riformulato, accettano la riformulazione proposta e non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Franco Russo n. 9/Doc. VIII, n. 4/15, Franco Russo n. 9/Doc. VIII, n. 4/16, Garavaglia n. 9/Doc. VIII, n. 4/17
(Nuova formulazione) e Garavaglia n. 9/Doc. VIII, n. 4/18, accettati nei termini indicati dal Collegio dei questori.
Prendo atto che il deputato Iannuzzi accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/19, formulato dal Collegio dei questori.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Oliva n. 9/Doc. VIII, n. 4/20, accettato dal Collegio dei questori, e D'Elia n. 9/Doc. VIII, n. 4/21, accettato nei termini indicati dal Collegio dei questori.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Crosetto n. 9/Doc. VIII, n. 4/23, accettato se riformulato, accettano la riformulazione proposta dal Collegio dei questori e non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Crosetto n. 9/Doc. VIII, n. 4/26 (Nuova formulazione), formulato dal Collegio dei questori in quanto già attuato per le parti di competenza.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Crosetto n. 9/Doc. VIII, n. 4/28, accolto come raccomandazione nei termini indicati dal Collegio dei questori, non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Crosetto n. 9/Doc. VIII, n. 4/29, accettato se riformulato, accettano la riformulazione proposta dal Collegio dei questori e non insistono per la votazione.
Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Crosetto n. 9/Doc. VIII, n. 4/31, accettato nei termini indicati dal Collegio dei questori, non insistono per la votazione.
Chiedo ai presentatori dell'ordine del giorno Poretti n. 9/Doc. VIII, n. 4/32, se accettano la riformulazione proposta.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, chiedo di parlare brevemente, anche perché i tempi sono contingentati. Mi auguro una particolare attenzione non soltanto da parte delle parlamentari donne ma anche da parte degli uomini. Questo è l'anno delle pari opportunità, e ciò significa fornire l'opportunità anche alle donne che lavorano di poter avere dei figli.
La Camera dei deputati è l'unica istituzione in Europa che non prevede alcun luogo per i bambini, né un asilo nido né altro. L'ordine del giorno in esame - che trae spunto da un appello consegnato al Presidente della Camera e firmato da oltre 130 parlamentari - impegna l'Ufficio di Presidenza a reperire i locali adeguati per far partire il progetto di asilo nido. Ribadisco che in questo momento di antipolitica e di critica ai privilegi si tratterebbe di un progetto senza oneri per la Camera dei deputati, in quanto il servizio sarebbe a pagamento. Cito l'esempio di palazzo Medici Riccardi, sede della provincia di Firenze, museo e sede della prefettura, che è molto più piccolo di questo palazzo (fra l'altro, la Camera dei deputati ha palazzi disseminati in tutta Roma). Ebbene, palazzo Medici Riccardi riesce a far partire il progetto dell'asilo nido senza oneri per la provincia, completamente finanziato dalle rette degli utenti del servizio; si èPag. 5riusciti a trovare lo spazio in un unico palazzo.
È ridicolo trovarci qui a dibattere - dopo anni e anni in cui, in teoria, sono stati tutti d'accordo sul fatto che la Camera debba dotarsi dell'asilo nido - e discutere della riformulazione dell'ordine del giorno in discussione, con il quale si chiede di cogliere l'anno delle pari opportunità e di far partire il progetto. La riformulazione proposta dai questori è relativa, invece, a uno studio di fattibilità, per far sapere, alla fine di novembre, se il progetto è o meno realizzabile: tutto è possibile, se si vuole farlo.
Il Presidente della Camera, Bertinotti, e la Vicepresidente Meloni avevano affermato di voler far partire tale progetto: la risposta c'è già, ora bisogna semplicemente indicare quali debbano essere i locali.
Non accetto pertanto la riformulazione proposta dai Questori; al massimo, se dite che non vi sono i tempi tecnici per avviare il progetto alla fine del 2007, si potrebbe eliminare tale scadenza e sostituirla con l'inciso: «nel tempo più breve possibile». Vorrei, però, che un atto della Camera precisasse che vi è una volontà ed una decisione politica in tal senso, impegnando in tal modo l'istituzione Camera dei deputati.
PRESIDENTE. Se ho capito bene, la proposta della deputata Poretti è quella di sostituire alla data indicata nella prima formulazione dell'ordine del giorno la formula: «nel tempo più breve possibile». I questori hanno qualcosa da aggiungere in proposito? Prego, questore Galante.
SEVERINO GALANTE, Questore. Signor Presidente, siamo d'accordo. Come l'onorevole Poretti sa, l'obiezione non è al progetto, ma ad una scadenza tassativa fissata per la fine di novembre. È evidente che per quella data nessuna soluzione può essere effettivamente adottata. Pertanto, se la riformulazione è nel senso testé illustrato (potrebbe anche essere: «entro tempi ragionevoli») non vi è alcuna opposizione ad accettare l'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Deputata Poretti, accetta la riformulazione così proposta?
DONATELLA PORETTI. Sì signor Presidente, accetto la riformulazione.
TITTI DE SIMONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente con l'ordine del giorno Poretti n. 9/ Doc. VIII, n. 4/32 è stato affrontato un tema anche all'attenzione del Comitato pari opportunità della Camera, e non solo da questa legislatura, per dovere di cronaca; anche nella precedente è stato avviato infatti uno studio, un percorso in ordine a tale problematica. All'interno della Camera, fra le dipendenti, le lavoratrici, sono stati svolti veri e propri sondaggi ed inchieste per valutare l'importanza e il gradimento di tale progetto. Vi è un percorso lungo - vorrei ricordarlo all'onorevole Poretti - che sta andando avanti e che è all'attenzione anche dell'attuale Comitato pari opportunità, volto a creare, all'interno della Camera - vorrei specificarlo - un servizio rivolto innanzitutto alle dipendenti della Camera e, quindi, non solo ed esclusivamente alle parlamentari. Tale studio - ripeto - è all'attenzione del Comitato pari opportunità e dei questori. Ritengo necessario dare impulso allo sviluppo di questo progetto e so che vi sono (ne abbiamo già parlato anche con l'onorevole Poretti) difficoltà semplicemente di carattere logistico nella determinazione dello spazio, del luogo in cui realizzarlo, anche a fronte delle norme di sicurezza che penso sia necessario rispettare nell'interesse di tutti. C'è un'indagine in corso per determinare lo spazio migliore dove collocare eventualmente una struttura di questo tipo nelle forme che poi valuteremo. Penso che, dal momento che lo studio si sta facendo, porre una scadenza rigida possa mettere chiaramente in difficoltà i questori e chi nell'amministrazione sta lavorando in questi termini.
Penso che l'indicazione che i questori hanno dato tenga conto dell'importanzaPag. 6del progetto che vogliamo portare avanti e, poiché sappiamo che vi sono delle difficoltà, vorrei approfittare dell'occasione per fare un invito ai questori. È stato affermato in aula che è allo studio la possibilità di acquisire un immobile di proprietà del demanio dove trasferire alcuni uffici della Camera. Vorrei anche che si tenesse conto della possibilità di studiare una collocazione della struttura nido all'interno di questo immobile del demanio oggetto di acquisizione da parte della Camera dei deputati.
Penso che nel prosieguo del lavoro, tra Ufficio di Presidenza, Comitato pari opportunità e parlamentari che vorranno contribuire, nelle prossime settimane potremo focalizzare la nostra attenzione anche su tale possibilità.
ANNA TERESA FORMISANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANNA TERESA FORMISANO. Signor Presidente, prendo la parola per sottoscrivere l'ordine del giorno in esame, ma anche per svolgere alcune considerazioni, rivolgendomi alle colleghe.
Capisco i tempi della politica; capisco purtroppo i tempi burocratici, ma stiamo parlando di fatto di un asilo nido aziendale, nei confronti del quale esiste una legge nazionale (esiste anche in questa regione una legge regionale). Abbiamo notizia di asili nido aziendali realizzati in vari Ministeri: non ravviso questa grande difficoltà nel realizzare uno o più asili nido - mi permetto di suggerirlo - per le tanti dipendenti della Camera dei Deputati; infatti, non parliamo di asili nido - lo voglio chiarire - per le deputate: sicuramente il discorso vale per motivi di età molto più per le dipendenti. Allora mi permetto di chiedere il sostegno di tutta la Camera sull'ordine del giorno in esame, stabilendo che, entro il 2008, tali strutture verranno realizzate; non parliamo del più breve tempo possibile, che in politichese significa: «non so quando avverrà»: chiedo una data certa, e credo che la data del 2008 - parliamo di un anno - possa essere prevista nell'ordine del giorno, dimostrando con ciò l'intenzione concreta di avviare e realizzare questo tipo di strutture. Parlare, infatti, di pari opportunità per le donne che lavorano e poi perdersi nei meandri della burocrazia per trovare una struttura idonea ad accogliere il primo asilo nido della Camera dei Deputati mi sembra veramente risibile! Tutto quello che si vuole si può realizzare in tempi certi; chiedo, quindi, alle colleghe di eliminare l'espressione: «entro il 2007», sostituendola con una dicitura che preveda, se siamo d'accordo, l'avvio delle procedure per la realizzazione entro il 2008. Se non siamo capaci nemmeno di stabilire questo tempo certo per la realizzazione di tale struttura, che non mi sembra sicuramente impossibile, allora credo che continueremo a fare solo chiacchiere sulle pari opportunità.
SANDRA CIOFFI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SANDRA CIOFFI. Signor Presidente, credo che proprio in questo momento di grande incertezza sull'immagine della politica il Parlamento debba dare un segnale forte, ponendo attenzione ad un problema così rilevante come quello degli asili nido. Le procedure lunghe non devono costituire un problema da tenere in considerazione, proprio perché dobbiamo dare il senso che questo Parlamento è attento ad un problema che non è solo delle deputate, ma di tutto il personale della Camera. Sappiamo - mi ha preceduto l'onorevole Formisano - che in tutte le aziende ed in tutte le istituzioni si sta affrontando il problema dell'inserimento di asili nido. Quindi, come affermato anche dall'onorevole Poretti, tenuto conto che è l'anno delle pari opportunità, chiedo che sia posta una vera e forte attenzione in tal senso, che ci si incontri su questo tema per evitare le lungaggini delle procedure burocratiche. Bisogna dare finalmente il senso che questo Parlamento è attento a un problema rilevante, che veramente nonPag. 7aiuta le donne, e non solo le donne, a conciliare i tempi della vita con i tempi di lavoro. Chiedo quindi anch'io che venga al più presto realizzato - non chiacchiere, ma realtà e concretezza - l'asilo nido alla Camera dei Deputati.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, prendo la parola affinché non siano solo le donne a parlare su questo argomento ma anche colleghi deputati.
Ringrazio la collega Poretti, sottoscrivo anche io l'ordine del giorno in esame, ma dissento dalla collega Formisano che, di fronte alla proposta dei questori di inserire la data 30 novembre del 2007, propone invece la data: «entro il 2008». Ciò mi pare che sia un arretramento rispetto a quanto i questori hanno detto; suggerisco quindi alla collega Poretti di mantenere la data molto ravvicinata fissata dai questori. Voteremo a favore dell'ordine del giorno, se verrà posto in votazione, e comunque lo sottoscrivo (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei solo un chiarimento, perché alla luce dell'intervento del collega Boato confesso che ho le idee confuse. Avevo capito che la collega Poretti avesse indicato una data. La riformulazione che era stata in qualche modo proposta e accettata non stabiliva una data, ma indicava nel «tempo più breve possibile». Pertanto, si tratterebbe di un arretramento rispetto alla proposta della collega Poretti, ma spetta a lei valutare. Tuttavia, vorrei sapere cosa porremo in votazione.
PRESIDENTE. Naturalmente, ne avrà contezza. La deputata Poretti aveva avanzato la proposta di sostituire la formulazione: «entro il 2007» con l'espressione: «nel tempo più breve possibile». Avevo chiesto ai questori se tale formulazione poteva essere accolta e così mi era sembrato, ma chiedo conferma al deputato questore Galante se in tal modo vada intesa.
SEVERINO GALANTE, Questore. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Chiedo nuovamente, dopo questo breve dibattito, alla deputata Peretti se ritiene di insistere.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, mi sembra che dopo il dibattito che si è sviluppato forse potremmo anche porre in votazione l'ordine del giorno...
PRESIDENTE. Lei ha avanzato una proposta di riformulazione. Poniamo in votazione la proposta che lei ha avanzato?
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, preferisco che sia posta in votazione la prima formulazione dell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Lei ha avanzato una proposta ed il questore le ha risposto.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, nel frattempo si è svolto un dibattito parlamentare che ha sollecitato alcune modifiche.
PRESIDENTE. Pertanto, lei ritira la sua proposta?
DONATELLA PORETTI. Sì, signor Presidente, chiedo di votare l'ordine del giorno nella sua prima formulazione.
SEVERINO GALANTE, Questore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SEVERINO GALANTE, Questore. Signor Presidente, intervengo per effettuare un richiamo alla serietà. Piacerebbe anchePag. 8a me vivere in un mondo in cui vale il verso dantesco: «vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare». Ma non è così. Realisticamente possiamo fissare una data, ad esempio tra un mese, ma non sarà possibile materialmente realizzare tale risultato. Invito, da questo punto di vista, ad accogliere la formulazione proposta, che rappresenta un impegno del Collegio dei questori, e credo dell'intero Ufficio di Presidenza, ad agire per realizzarlo in tempi ragionevoli, cioè che siano praticamente percorribili. Poi, si può votare qualsiasi altra cosa.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che di fronte a chi ci ascolta e al Paese sia bene che vi sia chiarezza. Innanzitutto, stiamo discutendo di una questione che si pone all'interno delle norme generali che vigono nella Repubblica e quindi discutere di un asilo nido, per quanto riguarda le dipendenti e le parlamentari e i dipendenti e i parlamentari, per entrambi, significa dare un servizio che è dovuto per legge.
In secondo luogo, per dovere nei confronti del Paese, occorre comunicare chiaramente il fatto che non stiamo costruendo un servizio ad uso e consumo dei parlamentari da aggiungere ad altri servizi che invece dobbiamo abolire, in termini di costi della politica. Stiamo discutendo di un progetto da realizzare, che necessita di tempi per la progettazione e di compatibilità in termini delle spese richieste e anche di verifica dei costi che deve sopportare sia la struttura, sia la dotazione e anche chi può usufruire del servizio e stabilire l'entità delle spese che dovranno gravare su chi utilizza il servizio. Poiché tutto ciò non si fa in un giorno, penso che si possa trovare un'intesa; credo che anche i questori possano farlo, senza procedere al voto e dividerci su una questione su cui tutta l'Assemblea è d'accordo, in modo tale che sia chiaro che stiamo progettando non in tempi brevi o ragionevoli, ma nei tempi necessari perché vi sia un progetto realizzabile ed economicamente sopportabile.
PRESIDENTE. Tutti abbiamo chiaro di cosa stiamo discutendo. La proposta originaria dell'ordine del giorno Poretti n. 9/Doc. VIII, n. 4/32 risultava del seguente tenore: «impegna l'Ufficio di Presidenza a dare seguito alla proposta dei parlamentari, in particolare al fine di reperire i locali adeguati per far partire il progetto di realizzazione dell'asilo nido entro la fine del 2007».
La riformulazione del dispositivo, che ne condizionava l'accettazione, dell'ordine del giorno Poretti n. 9/Doc. VIII, n. 4/32 proposta dal Collegio dei questori era nei termini seguenti: «rassegnare, entro il 30 novembre 2007, le proprie valutazioni sulla complessiva fattibilità del progetto». La deputata Donatella Poretti, come avete sentito, aveva avanzato la richiesta, al contrario, di sostituire la scadenza «2007» con l'espressione: «nei tempi più brevi possibili». In questo senso i questori avevano accolto la riformulazione. Prima di dare la parola ad altre deputate e deputati che lo hanno chiesto, la deputata Poretti ha chiesto di parlare e vorrei sapere la sua opinione su questo punto.
Ha facoltà di parlare, deputata Poretti.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, credo che possiamo trovare un accordo in questi termini. Propongo di riformulare il dispositivo del suddetto ordine del giorno, introducendo la previsione: «entro i più brevi termini possibili e comunque entro il 2008», che è tutto il margine possibile di azione. Fissiamo un limite, una scadenza che, però, sia fattibile per operare.
PRESIDENTE. I questori?
SEVERINO GALANTE, Questore. Signor Presidente, sarebbe preferibile se la formulazione riprendesse ciò che aveva chiesto la collega e cioè: «avviare le procedure entro il 2008», perché non siamoPag. 9sicuri di riuscire a farcela e non perché manchi la volontà. Torno ad insistere su questo punto.
PRESIDENTE. Prendo atto che la deputata Poretti accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/32.
Prendo atto che l'onorevole Mazzocchi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/36, accolto come raccomandazione nei termini indicati dal Questore.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Quartiani n. 9/Doc. VIII, n. 4/37, accolto come raccomandazione nei termini indicati dal Questore.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Volontè n. 9/Doc. VIII, n. 4/38 accettato, limitatamente al primo capoverso, nei termini indicati dal questore (il secondo capoverso non è stato accettato).
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Barbieri n. 9/Doc. VIII, n. 4/39, accolto come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Stucchi n. 9/Doc. VIII, n. 4/41 accettato dal Collegio dei questori.
Prendo atto che l'onorevole Caparini accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/42, accolto, se riformulato, come raccomandazione, e non insiste per la votazione.
Prendo atto che gli ordini del giorno Pettinari n. 9/Doc. VIII, n. 4/43 e n. 9/Doc. VIII, n. 4/44 sono stati ritirati dai presentatori.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Nucara n. 9/Doc. VIII, n. 4/45.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, poiché non si tratta di una misura che comporta spese, ma di un disegno che, se e quando avverrà, farà risparmiare addirittura qualcosa al bilancio della Camera dei deputati, vorrei chiedere ai deputati questori di modificare il parere precedentemente espresso ed accogliere il mio ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/45 come raccomandazione.
Chiedo pertanto cortesemente ai deputati questori di rivedere il parere, se possibile.
GABRIELE ALBONETTI, Questore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GABRIELE ALBONETTI, Questore. Signor Presidente, abbiamo formulato l'invito al ritiro dell'ordine del giorno Nucara n. 9/Doc. VIII, n. 4/45, come su altri che affrontano lo stesso argomento, perché riteniamo opportuno affrontare la tematica del personale nei termini in cui ha riferito in sede di replica il collega Colucci.
Per farlo, data la delicatezza delle questioni, abbiamo bisogno di porre fine ad una storia che viene da lontano, di graduatorie che sono in piedi da molti anni, di chiudere quelle vicende ed aprire una nuova riflessione sulla riorganizzazione della «macchina Camera», sia in termini di outsourcing, sia in termini di implementazione, laddove c'è bisogno, di nuove figure professionali.
Pertanto, comprendiamo il senso dell'ordine del giorno, ma riteniamo che accoglierlo sarebbe in contraddizione con quanto dichiarato dal collega Colucci nella seduta di ieri in sede di replica.
PRESIDENTE. Deputato Nucara, accede all'invito al ritiro?
FRANCESCO NUCARA. Sentite le dichiarazioni del questore, considerato che il problema sarà affrontato in un quadro più generale, accedo all'invito al ritiro e non insisto per la votazione del mio ordine del giorno n.9/Doc. VIII n. 4/45.
PRESIDENTE. Prendo atto che il deputato Buemi accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/46.Pag. 10
Deputato Buemi, accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/47?
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, tale ordine del giorno tendeva a porre una questione che ho annunciato anche nel mio intervento in fase di discussione generale. La questione è inerente ad una non razionale utilizzazione delle risorse e degli spazi che abbiamo a disposizione. Accedo dunque all'invito al ritiro, ma la questione della razionalizzazione degli spazi è seria, perché altrimenti spendiamo una mole ingente di risorse, senza ottenere gli obiettivi di efficienza e di produttività: intervenire è necessario anche per poter svolgere il nostro lavoro.
PRESIDENTE. Deputato Buemi, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/48 proposta dal Collegio dei questori?
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, accetto la riformulazione, con una precisazione. I servizi alle persone che non sono direttamente pertinenti all'attività legislativa debbono essere messi a disposizione dei deputati, dei funzionari e dei dipendenti a costo zero per la Camera. Infatti, francamente, se la Camera contribuisce alla barbieria o alla ristorazione o ad altri servizi a domanda facoltativa, contraddice la linea di intervento che stiamo portando avanti nelle istituzioni e nel Paese, cercando di eliminare quelle sacche di privilegio sussistenti qui come altrove. Quindi, la messa a disposizione di servizi a prezzo di mercato, ma con l'integrazione della Camera, mantiene una contraddizione. Si mettono a disposizione i servizi a domanda a prezzo di mercato, senza partecipazione della risorsa pubblica: altrimenti, non capisco quale sia l'intervento di razionalizzazione operato.
PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Buemi n. 9/Doc. VIII, n. 4/49 è stato accettato dal Collegio dei questori.
Prendo atto, altresì, che l'onorevole Buemi accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/50.
Deputato Buemi, accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/51 formulato dal Collegio dei questori?
ENRICO BUEMI. Anche in questo caso non si tratta di fare le barricate, ma ci dobbiamo intendere. Il trattamento che deve essere riservato ai deputati - se non vogliamo mantenere privilegi, né introdurre discriminazioni - deve fare riferimento all'applicazione comune nel nostro Paese del trattamento per i manager, i direttori, eccetera. Tutto ciò affinché si capisca che, anche da questo punto di vista, il trattamento economico dei deputati non è certamente al vertice dei trattamenti. Ciò deve essere chiaro.
PRESIDENTE. Prendo atto che il deputato Buemi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/52, accolto come raccomandazione; prendo altresì atto che il deputato Buemi non insiste per la votazione del suo ordine del giorno 9/Doc. VIII, n. 4/53, accolto come raccomandazione nei termini indicati dal questore.
Prendo atto che il deputato D'Elia non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/54, accolto come raccomandazione.
Ricordo che gli ordini del giorno D'Elia nn. 9/Doc. VIII, n. 4/55, 9/Doc. VIII, n. 4/56 e 9/Doc. VIII, n. 4/57 sono stati accettati nei termini indicati dal Collegio dei questori.
Prendo atto che il deputato D'Elia accetta le rispettive riformulazioni proposte e non insiste per la votazione dei suoi ordini del giorno nn. 9/Doc. VIII, n. 4/58, accolto, e 9/Doc. VIII, n. 4/59, accolto come raccomandazione dal Collegio dei questori.
Ricordo che l'ordine del giorno D'Elia n. 9/Doc. VIII, n. 4/60 è stato accettato nei termini indicati dal questore.
Prendo atto che il deputato D'Elia non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/61, accoltoPag. 11come raccomandazione nei termini indicati dal questore.
Prendo atto che il deputato D'Elia accede all'invito al ritiro dei suoi ordini del giorno nn. 9/Doc. VIII, n. 4/62 e 9/Doc. VIII, n. 4/63, formulato dal Collegio dei questori. Prendo atto che il deputato D'Elia accetta la riformulazione proposta dal Collegio dei questori del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/64 e non insiste per la votazione dei suoi ordini del giorno nn. 9/Doc. VIII, n. 4/64 e 9/Doc. VIII, n. 4/65, accolto nei termini indicati con riferimento all'ordine del giorno D'Elia n. 9/Doc. VIII, n. 4/64; prendo altresì atto che il deputato D'Elia accetta la riformulazione proposta dal Collegio dei questori e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/66, accolto come raccomandazione.
Deputato D'Elia, accede all'invito al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/69?
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, invito i colleghi questori a prestare attenzione soprattutto alla proposta che farò di riformulazione per evitare un voto su questo ordine del giorno che tratta della nota materia delle missioni autorizzate dal Presidente della Camera.
Si tratta di affermare lo spirito, ma anche la lettera del Regolamento contro abusi conclamati e anche reiterati riguardo a questo istituto. L'articolo 46, comma 2, del Regolamento dispone chiaramente che possono essere considerati in missione «i deputati che sono impegnati per incarico avuto dalla Camera, fuori della sua sede». Vorrei che i colleghi questori e i colleghi parlamentari prestassero attenzione anche al passo molto chiaro della circolare del 21 febbraio 1996 del Presidente della Camera laddove dispone che «le richieste di missione devono essere determinate nella loro durata e adeguatamente motivate».
Ebbene, noi sappiamo che le missioni ora sono spesso autorizzate sulla base di una semplice dichiarazione, insindacabile, che il deputato che chiede di essere collocato in missione invia al Presidente, nella quale scrive di essere autorizzato per impegni istituzionali. Vale a dire, dicendo semplicemente «impegni istituzionali» si richiama soltanto l'articolo del Regolamento, ma non si applica quanto la circolare del 1996 ha stabilito: le missioni devono essere determinate nel tempo, ripeto, e adeguatamente motivate.
Giungo alle conclusioni: colleghi questori, proporrei, per non arrivare a un voto, una riformulazione in base al quale si impegna l'Ufficio di Presidenza e il Collegio dei questori, per le rispettive competenze, a prendere le opportune iniziative affinché sia data applicazione rigorosa alla circolare del Presidente della Camera del 21 febbraio 1996 che dispone che «le richieste di missione devono essere determinate nella loro durata ed adeguatamente motivate». Aggiungerei che si preveda che le richieste di autorizzazione contengano almeno l'indicazione specifica, l'oggetto insomma, dell'impegno istituzionale per il quale si chiede di essere collocati in missione.
Propongo, colleghi questori, questa riformulazione che non fa altro che richiamare una circolare del Presidente della Camera che prescrive che le missioni debbano essere motivate, mentre nei fatti ciò non avviene. Pertanto, non è necessario rimandare la questione alla Giunta per il Regolamento; si tratta di dare applicazione al Regolamento secondo quanto già disposto nella circolare del Presidente della Camera.
PRESIDENTE. L'opinione dei questori?
GABRIELE ALBONETTI. Questore. L'ordine del giorno in esame è stato oggetto di discussione per il parere in Ufficio di Presidenza, come l'onorevole D'Elia sa perché ne fa parte. Pertanto, un mutamento del parere avrebbe bisogno di un'apposita discussione.
Potrei interloquire con l'onorevole D'Elia chiarendo che, naturalmente, noi ci impegniamo affinché il problema venga riaffrontato in Ufficio di Presidenza, per quanto riguarda l'applicazione di quella norma e le eventuali inadempienze rispettoPag. 12a quella applicazione e, se necessario, considerando anche un'eventuale revisione della stessa per essere più pregnanti.
Chiederei, però, in cambio all'onorevole D'Elia di consentirci di varcare questo Rubicone delineato dall'ordine del giorno in esame senza metterlo ai voti, perché l'impegno sussiste, a meno che il presentatore non accetti una riformulazione che vada nella direzione da me testé illustrata, nel senso di impegnare l'Ufficio di Presidenza a riesaminare le norme e le questioni connesse.
PRESIDENTE. Deputato D'Elia, accetta la riformulazione proposta dal Collegio dei questori del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/69?
SERGIO D'ELIA. Si, signor Presidente. Se ho capito bene, il collega Albonetti propone di impegnare l'Ufficio di Presidenza a riesaminare la questione nei termini della circolare del Presidente della Camera affinché essa sia rigorosamente applicata; dunque, accetto la riformulazione proposta in questi termini e non insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/69.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/72, accolto come raccomandazione nei termini indicati dal questore.
Prendo atto che i presentatori ritirano l'ordine del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/73.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/74, accolto nei termini indicati dal questore.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro degli ordini del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/75 e Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/76.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/77, accolto come raccomandazione.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro degli ordini del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/78 e Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/79.
Ricordo che l'ordine del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/80 è stato accettato.
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/81, accolto nei termini indicati dal questore.
Ricordo che gli ordini del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/82, n. 9/Doc. VIII, n. 4/83, n. 9/Doc. VIII, n. 4/85 e n. 9/Doc. VIII, n. 4/86 sono stati accettati dal Collegio dei questori.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro degli ordini del giorno Capotosti n. 9/Doc. VIII, n. 4/87.
Prendo atto che il presentatore ritira l'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/91.
Ricordo che l'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/92 è stato accettato.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/93, accolto come raccomandazione.
Ricordo che vi è un invito al ritiro dell'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/94.
Ricordo, altresì che gli ordini del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/95 e n. 9/Doc. VIII, n. 4/96 sono inammissibili.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/97.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/98
(Nuova formulazione), accolto nei termini indicati dal questore.
Ricordo che l'ordine del giorno Mario Pepe n. 9/Doc. VIII, n. 4/99 è stato dichiarato inammissibile; ricordo altresì che l'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/100 è stato accettato dalPag. 13Collegio dei questori e che, inoltre, l'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/101 è stato ritirato.
Prendo atto che il deputato Gregorio Fontana accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/102.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, con riferimento a un precedente ordine del giorno a prima firma del collega Gianfranco Conte, lei ha ricordato che vi era un invito al ritiro, ma io, avevo chiesto che venisse posto in votazione. Forse, non mi ha sentito...
PRESIDENTE. Non l'ho sentita, mi scusi. Mi può dire il numero dell'ordine del giorno, per cortesia?
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, non lo ricordo.
PRESIDENTE. Gli uffici mi rappresentano che l'atto in questione dovrebbe essere l'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/94, relativo all'eliminazione del ristorante per i deputati e alla previsione di buoni pasto sostitutivi. È quello?
ANTONIO LEONE. Il Collegio dei questori ha formulato un invito al ritiro?
PRESIDENTE. Sì.
ANTONIO LEONE. L'invito al ritiro non è accolto; insisto dunque per la votazione dell'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/94.
PRESIDENTE. Prendo dunque atto che l'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/94, attinente all'eliminazione del ristorante per i deputati e alla previsione di buoni pasto sostitutivi, non è accettato dal Collegio dei questori. La materia era parzialmente contenuta nell'ordine del giorno Volontè n. 9/Doc. VIII, n. 4/38 e da ciò è conseguito l'invito al ritiro che, non essendo stato accettato, ha dato ora luogo al parere contrario del Collegio dei questori.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/94, non accettato...
ROBERTO SALERNO. Chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Revoco l'indizione della votazione. Prego, deputato Salerno, ha facoltà di parlare.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, intervengo solo per una considerazione molto breve e semplice: cerchiamo di essere più seri, e mi rivolgo anche ai colleghi!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gianfranco Conte n. 9/Doc. VIII, n. 4/94, non accettato dal Collegio dei questori.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 411
Astenuti 33
Maggioranza 206
Hanno votato sì 88
Hanno votato no 323).
Prendo atto che il deputato Gregorio Fontana accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/103,Pag. 14mentre ricordo che l'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/104 è stato accettato dal Collegio.
Prendo atto che il deputato Gregorio Fontana accetta la riformulazione proposta e non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/105, accolto nei termini indicati dal Collegio dei questori, mentre ricordo che l'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/106
(Nuova formulazione) è stato accettato dal Collegio.
Prendo atto che il deputato Gregorio Fontana non insiste per la votazione del suo l'ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/107, accolto come raccomandazione nei termini indicati dal Collegio dei questori.
Con riferimento all'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/108 chiedo al deputato questore Galante di voler dare conto all'Assemblea del parere dell'Ufficio di Presidenza sull'ordine del giorno, nel testo riformulato dal presentatore nella seduta di ieri, che recita: «a ridurre nella massima misura compatibile con il rispetto dei parametri fissati dall'articolo 15, comma 3, del Regolamento, i contributi e la dotazione destinati ai gruppi di minore consistenza numerica, rimanendo inteso che i conseguenti risparmi verranno restituiti al Ministero dell'economia e delle finanze».
SEVERINO GALANTE, Questore. Signor Presidente, secondo il mandato conferito dall'Ufficio di Presidenza nella serata di ieri comunico che il parere sull'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/108 nella nuova formulazione è il seguente: invito al ritiro; altrimenti, il parere è contrario.
PRESIDENTE. Sta bene.
Deputato Gregorio Fontana, accede all'invito al ritiro?
GREGORIO FONTANA. Non accedo all'invito al ritiro e insisto per la votazione. La disponibilità che abbiamo avuto ieri, anche da parte sua, alla riformulazione mi pare che sia servita a poco (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, ieri, intervenendo sull'ordine del giorno in esame e non essendo stata ritenuta ammissibile la formulazione originaria, avevo inteso che questa riformulazione intendesse annullare e azzerare il patto scellerato - scellerato dal mio punto di vista, perché faceva lievitare i costi della Camera ad inizio di legislatura - con il quale, a fronte delle deroghe per la costituzione di gruppi con un numero di deputati inferiore a venti, in realtà, i partiti con più di venti deputati hanno acquisito somme ulteriori e aggiuntive come ha documentato e dichiarato ieri l'onorevole Stucchi. Quindi, presa visione della riformulazione, così come era ritenuta ammissibile, che prevede semplicemente un ordine del giorno (Commenti del deputato Crema)...
PRESIDENTE. Per favore, sia davvero consentito di svolgere l'intervento e di ascoltare. Ricordo che siamo in una fase ormai conclusiva.
ANTONIO BORGHESI. Si tratta di un ordine del giorno, dicevo, che prevede una riformulazione che, in realtà, colpirebbe solo i gruppi con meno di venti deputati. Quindi, ritengo di dover modificare - personalmente, ma penso che anche il gruppo che rappresento sia dello stesso avviso - la mia indicazione di voto di ieri, per cui esprimerò un voto, ma penso che lo esprimeremo tutti, contrario su tale ordine del giorno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, con la stessa coerenza con la quale votai contro l'aumento del numero dei gruppi perché violava - non si tratta di una deroga - il nostro Regolamento,Pag. 15esprimerò un voto contrario sull'ordine del giorno in esame, in quanto non ha alcun appiglio regolamentare.
PRESIDENTE. Deputato Buontempo, la prego di concludere: il tempo a sua disposizione è esaurito.
TEODORO BUONTEMPO. La ringrazio, Presidente, per avermi avvertito. Annuncio, pertanto, il mio voto contrario, anche perché il testo riformulato contiene una soluzione più grave rispetto a quella originaria. Non si possono punire i gruppi con un minor numero di deputati, senza stabilire alcun parametro!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, il testo dell'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/108, così come riformulato, introduce due criteri assolutamente inconciliabili con il Regolamento della Camera. Il primo è quello dei gruppi definiti «di minore consistenza»: non si capisce quali siano e quale sia il confine tra i gruppi di minore e quelli di maggiore consistenza. Il secondo concetto è talmente vago che non può essere afferrato, perché si parla di contributi e di dotazioni da mettere in rapporto con la consistenza dei gruppi, ma non si sa di quali contributi e di quali dotazioni si parli.
Per questo motivo, ritengo che l'Assemblea debba votare contro l'ordine del giorno in discussione, come, certamente, faremo noi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, a me risulta che non vi sia nessuna riformulazione: non essendo stato accolto l'invito al ritiro formulato dall'Ufficio di Presidenza, si vota il testo originario dell'ordine del giorno dell'onorevole Gregorio Fontana, come riportato nel fascicolo, naturalmente modificato.
PRESIDENTE. Deputato Stucchi, il testo originario è stato dichiarato inammissibile. La riformulazione ha passato il vaglio di ammissibilità e, pertanto, si vota su quest'ultima.
GREGORIO FONTANA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GREGORIO FONTANA. Signor Presidente, prendo atto del parere contrario dell'Ufficio di Presidenza: credo che le quattro ore trascorse ieri a discutere sull'ordine del giorno a mia prima firma siano servite poco a convincere chi, probabilmente, sentendosi oggetto di questi tagli, è stato portato a difendersi, a mio parere in maniera sbagliata, in quella sede (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Ognuno si deve assumere le proprie responsabilità, esprimendosi sull'ordine del giorno in esame, che cerca di rimediare agli effetti economici della decisione che il 18 maggio 2006 - lo ricordo a tutti - è stata presa con un voto senza precedenti dall'Ufficio di Presidenza della Camera, che aveva autorizzato la costituzione, in deroga a quanto previsto dal Regolamento, di cinque gruppi parlamentari, poi diventati sei. Tutto il centrodestra, allora, si è opposto con tutti i mezzi a questa decisione e a questa forzatura, sia nell'Ufficio di Presidenza, sia in sede politica.
Considerato che parliamo di bilancio, però, chiariamo quali sono gli effetti pratici di quella decisione. Nel capitolo 135, sui «Contributi ai gruppi parlamentari», è prevista una spesa di più di 4 milioni di euro per tutta la legislatura, con tanto di aggravi relativi al contributo unico per i gruppi parlamentari, al contributo per il personale di segreteria e a quello per il personale dipendente, senza contare che, per tutti i nuovi gruppi presenti in ParlamentoPag. 16sono necessari ben sei segretari di Presidenza, ai quali spettano indennità di ufficio, spese di rappresentanza e personale di segreteria: si tratta di risorse per quasi 8 milioni di euro in tutta la legislatura.
Se dovessimo calcolare anche i costi relativi ai locali, alle attrezzature e per l'autoparco derivanti dalla costituzione di questi nuovi gruppi, arriveremmo a stimare un maggior onere per l'amministrazione di più di 15 milioni di euro per l'intera legislatura.
Questi sì, ritengo siano costi ingiustificati della politica! Ecco perché, quando si parla di questo argomento, a volte si generalizza troppo: si parla forse anche troppo dell'aereo di Mastella utilizzato per andare a vedere il Gran Premio di Monza, ma non si parla abbastanza delle decisioni politiche che determinano i nuovi costi e i nuovi sprechi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia), quali la proliferazione dei Ministri, dei sottosegretari e, come in questo caso, dei gruppi parlamentari: tutte scelte di diretta responsabilità di questa maggioranza.
Comunque, in questa sede, visto che la decisione era già stata presa l'anno scorso, non abbiamo mai messo in discussione la possibilità per i gruppi costituiti in deroga di essere opportunamente rappresentati in questo Parlamento, bensì abbiamo chiesto che le spese derivanti dalla loro costituzione in gruppo parlamentare, ai sensi della deroga approvata dall'Ufficio di Presidenza, fossero ridotte e che avessero un impatto minore sul bilancio della Camera e, quindi, sulle tasche dei cittadini.
Evidentemente, qualcuno ha una visione un po' strana della democrazia parlamentare e della rappresentanza se pensa che il fatto di non avere qualche segretaria in più o l'auto blu possa minare la rappresentanza dei gruppi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
È giusto, quindi, che ognuno, come dicevo prima, si prenda le proprie responsabilità. Per queste ragioni, insieme ai colleghi dell'opposizione abbiamo presentato e sosteniamo questo ordine del giorno. Da giorni, signor Presidente, assistiamo a numerosissime dichiarazioni dei leader del centrosinistra, dall'onorevole Fassino all'onorevole Di Pietro, e anche ad apprezzabili sue dichiarazioni, signor Presidente, che promettono rigore per quanto riguarda l'argomento dei costi della politica. Questo ordine del giorno costituisce l'occasione per passare dalle parole ai fatti. Votando quest'ordine del giorno, riusciremmo ad evitare ai contribuenti un aggravio di più di 15 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Gregorio Fontana n. 9/Doc. VIII, n. 4/108
(Nuova formulazione), non accettato dal Collegio dei questori.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia - Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 455
Astenuti 11
Maggioranza 228
Hanno votato si 202
Hanno votato no 253).
Prendo atto che la deputata Santelli ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole e che il deputato Ronchi ha segnalato che non è riuscito a votare.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto - Doc. VIII, nn. 3 e 4)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sul conto consuntivo e sul progetto di bilancio.Pag. 17
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ronconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, questo è il tempo dell'antipolitica, dell'attacco alle istituzioni, figlio della debolezza della politica e di un Governo che ha deluso ed illuso i cittadini e che non riesce ad offrire risposte coerenti e soddisfacenti.
PRESIDENTE. Mi scusi un momento, per favore. Inviterei l'Assemblea, anche in questo passaggio parlamentare, a consentire lo svolgimento ordinato dei lavori.
Prego, deputato Ronconi.
MAURIZIO RONCONI. L'UDC non fa parte, però, del coro dell'antipolitica, perché la memoria storica di un partito come il nostro, dalle radici profonde, ci insegna che, quando la politica perde credibilità e autorevolezza, viene sostituita da gruppi di potere, da potenti lobby più preoccupate dei propri benefici che non del bene comune. Io attendo un attimo...
PRESIDENTE. Inviterei i colleghi che lasciano l'aula a farlo in modo da consentire la prosecuzione del dibattito e, soprattutto, a chi parla di poter svolgere il suo intervento e a chi vuole di ascoltare, come sarebbe necessario.
MAURIZIO RONCONI. Al di là di come la pensa l'UDC sull'antipolitica, dispiace, d'altra parte, che al coro dei facili censori si siano accodati anche alcuni gruppi politici, che scioccamente immaginano di guadagnare qualche credibilità declinando oggi il qualunquismo, forse anche per mascherare che sono stati gli stessi che hanno permesso, come dicevamo pochi minuti fa, il superamento del Regolamento della Camera e la proliferazione dei gruppi parlamentari, con una vera e propria esplosione esponenziale dei costi per servizi personali e contributi.
Questa decisione è ancora più grave, perché è dettata esclusivamente da convenienze politiche per sostenere un Governo malfermo e non certo per migliorare la produzione della politica.
A mio avviso, signor Presidente, colleghi, i parlamentari in Italia non sono «superpagati», almeno, non quelli che svolgono con diligenza il loro lavoro, che sono presenti in aula e nelle Commissioni, che garantiscono una presenza costante nel proprio collegio, raccogliendo esigenze e attese della gente, svolgendo un ruolo di rappresentanza.
D'altra parte, vi è da distinguere tra questi parlamentari e quelli che, invece, considerano il ruolo di parlamentare solo come un corollario per le loro principali attività private e che sono dunque beneficiari di altri ben maggiori guadagni.
Su tale aspetto incideremmo volentieri, perché non è più immaginabile sovrapporre attività parlamentari a tempo pieno, che comportano l'abbandono della propria professione, con attività svolte solo part-time. Ora perfino il segretario di un partito in estinzione, come i DS, propone il congelamento degli emolumenti dei parlamentari, peraltro definiti da una legge non approvata oggi ma alcune legislature addietro. Signor Presidente, non vi è nulla da eccepire rispetto a tale decisione, ma esiste una preoccupazione per una deliberazione che contrasta con le attuali disposizioni di legge e che, quindi, risulta probabilmente illegittima, oltre a presentare profili di dubbia costituzionalità, determinando una nuova differenziazione di trattamento tra deputati e senatori.
Bando alle demagogie! Congeliamo pure gli emolumenti dei parlamentari, ma congeliamo, allora, anche quelli dei magistrati, perché se troppo alta è la retribuzione di un parlamentare, evidentemente lo è anche quella dei magistrati, così come quella dei direttori generali, degli alti funzionari dello Stato e ancor più quella degli amministratori di società statali o parastatali, dei dirigenti della RAI e delle consociate della RAI, quella dei giudici costituzionali e dei membri del CSM; si rivedano i costi di tutti i palazzi della politica, non soltanto quelli di Montecitorio o di palazzo Madama.Pag. 18
Colleghi, la politica deve riguadagnare una propria autorevolezza e respingere al mittente le prediche a gettoni di comici che fanno politica a 50 mila, 60 mila, 70 mila euro a serata, guadagnando in due serate quanto un parlamentare nel corso di un intero anno. Respingiamo le prediche penose di parlamentari e di gruppi che razzolano male, molto male, magari con strani passaggi di proprietà di immobili di politici che diventano fruibili a pagamento da parte dei partiti e con altre amenità simili [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
È il segno dei tempi che il bilancio della Camera abbia interessato nella sua trattazione solo i trattamenti dei parlamentari, sorvolando invece su grandi temi come quelli della diminuzione del numero dei parlamentari e del bicameralismo perfetto. Tali questioni in verità a me pare continuino ad essere trattate con grande superficialità, con un irrefrenabile istinto demagogico, non riflettendo invece sul fatto che il combinato della fine del bicameralismo perfetto e della contestuale diminuzione dei parlamentari potrebbe rappresentare un formidabile incentivo all'attività di lobby che potrebbero così divenire determinanti nella produzione legislativa. Tutto ciò non sarebbe certo un servizio per il Paese e neppure per i più deboli.
Pur nell'autonomia delle Camere, è giunto il momento di fare chiarezza su una questione di assoluta delicatezza. La nostra Carta costituzionale pone su un identico piano deputati e senatori ed è ormai improcrastinabile rendere omogeneo, in tutto e per tutto, il trattamento economico e i servizi offerti ai parlamentari. Purtroppo, ciò non avviene neppure in questo bilancio, in cui ancora riscontriamo un trattamento diverso tra deputati e senatori che causa in questo modo una questione di rilevanza costituzionale.
Il rischio vero è quello di una progressiva proletarizzazione della politica, in cui il ruolo di parlamentare sarà riconosciuto solo per un avanzamento nella scala sociale ma certo non per il dedicarsi a tempo pieno all'attività legislativa e a quella della rappresentanza dei cittadini, almeno per alcune categorie di lavoratori, quali i liberi professionisti, gli imprenditori e i lavoratori autonomi.
Quando viene meno la libertà di fare politica, si determina un grave vulnus alla democrazia.
Sarebbe stato molto meglio esercitare una lungimirante prudenza, invece di abbandonarsi ad un qualunquismo che non serve a nessuno e che rischia di provocare danni irreparabili.
Tuttavia, i costi della politica debbono, ma con serietà, essere affrontati. La gestione degli affitti dei palazzi, il trattamento dei dipendenti, la selezione dei dipendenti, le consulenze e la moltiplicazione impropria dei gruppi sono tutte voci sulle quali si sarebbe potuto incidere per abbassare sensibilmente e credibilmente il costo della politica in modo molto più significativo rispetto a quello che si è riusciti a fare.
L'UDC voterà a favore di questo bilancio, ma con molte perplessità. Si tratta di un bilancio che deve coltivare la speranza che le contraddizioni, le strumentalizzazioni e la mancanza di volontà vengano superate, per garantire nel prossimo futuro una maggiore fruibilità della Camera dei deputati e, soprattutto, per motivi di assoluta agibilità al lavoro dei legislatori [(Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Deputata De Simone, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mazzocchi. Ne ha facoltà.
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ANTONIO MAZZOCCHI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli questori, attenendosi anche a quanto ieri il capogruppo, onorevole La Russa, ha sottolineato, il gruppo di Alleanza Nazionale si asterrà da questa votazione, soprattutto perché non è stato - se me lo consentite - ben recepito quanto, anche questa mattina, in maniera particolare e qualificante, l'onorevole Gregorio Fontana ha sottolineato.
Attraverso il bilancio in esame volevamo che la Camera desse una risposta politica a quanto l'opinione pubblica si attende. Anche l'intervento dell'amico che mi ha preceduto lo ha sottolineato: l'opinione pubblica si attende da parte nostra una risposta politica.
Non vi è dubbio, signor Presidente, che sarà necessario quanto prima rivedere l'articolo 14 del Regolamento. Non vogliamo entrare nel merito dell'aspetto normativo, perché forse sotto tale aspetto si può discutere e si può anche non essere d'accordo, però non vi è dubbio che dobbiamo arrivare quanto prima alla modifica dell'articolo 14, così come alla modifica del comma 6 dell'articolo 5 del Regolamento. Mi riferisco al fatto che è veramente scandaloso che in una Camera dei deputati vi siano diciotto segretari di Presidenza!
Come esistono tre questori e quattro vicepresidenti che rappresentano tutta la Camera dei deputati, possono esistere benissimo otto segretari Presidenza, di cui cinque alla maggioranza e tre all'opposizione, che rappresentano tutta la Camera dei deputati.
Dispiace che non sia presente il collega Colucci, al quale mi legano amicizia e stima, perché quando egli afferma che il bilancio non è un atto della maggioranza ma di tutta la Camera, dovrebbe ricordare che tutto ciò avviene quando si rispettano tre principi fondanti: l'equità, l'equilibrio e la trasparenza amministrativa. Non ritengo che nel bilancio all'esame dell'Assemblea siano rispettati questi tre principi.
Assistiamo ad un'ingiustificata polemica nei confronti dei costi della politica, anzi, più che nei confronti dei costi della politica, nei confronti dei parlamentari. Ringrazio, per il nobile intervento svolto ieri, l'amico Gerardo Bianco, il quale ha giustamente sottolineato che se andassimo dietro qualche istrione, significherebbe veramente cedere, da parte di tutti noi, al nostro compito e significherebbe, altresì, un cedimento della politica alla piazza.
Quando la politica cede alla piazza non siamo certamente sulla via della democrazia. Vengo ai motivi della nostra astensione nella votazione sul bilancio. Si tratta anche di questioni tecniche. Mi riferisco in particolare - l'ho sottolineato spesso nell'Ufficio di Presidenza - agli strumenti di autocontrollo interno e a quanto prevede l'articolo 68 del regolamento di amministrazione e contabilità, che, in tema di accesso agli atti amministrativi della Camera, sancisce, com'è noto, la facoltà di ciascun membro dell'Ufficio di Presidenza di prendere visione di tutti gli atti amministrativi, oltre alla facoltà attribuita a qualsiasi deputato in carica di accedere a tutte le delibere del Collegio dei questori, ai contratti, all'albo dei fornitori e degli appaltatori della Camera. Lo ricordo ancora una volta, dopo essermi soffermato sul punto nell'Ufficio di Presidenza, perché ritengo utile rammentare a tutti i colleghi - i quali spesso non leggono il bilancio, ma poi vengono in aula a sostenere dure critiche o, meglio, difese - che possono accedere agli atti della Camera e agli atti del bilancio.
Un primo rilievo, sul quale Alleanza Nazionale continuerà in sede di Ufficio di Presidenza a verificare se il Collegio dei questori porterà a compimento quanto richiesto, riguarda la mancata applicazione dell'articolo 4 del Regolamento di amministrazione e contabilità. Infatti, al bilancio che viene presentato non risulta annessa alcuna tabella, per quanto tassativamente prevista, in cui le spese vengano ripartite secondo un'analisi funzionale, così come - consentitemi, signori questori - avviene in tutte le amministrazioni, in cui si adotta il sistema di contabilità analitica. Questa è l'unica amministrazione nella quale il regolamento di amministrazione e contabilità, all'articolo 14,Pag. 20comma 2, prevede non da oggi l'obbligo di articolare il sistema contabile nella contabilità generale e nella contabilità analitica, senza che ciò venga fatto; ripeto, prevede l'obbligo della contabilità analitica. Su questo tema saremo vigili: vogliamo assolutamente che ci sia un bilancio la cui lettura sia accessibile a tutti, ma soprattutto possa essere compreso da tutti i deputati.
Un ulteriore ordine di problemi riguarda la prassi contrattualistica della Camera. In particolare, vi è un'impressionante frequenza di contratti a tempo indeterminato stipulati con contraenti selezionati con affidamento diretto anche per importi molto rilevanti: abbiamo, cioè, contratti a tempo indeterminato anche per importi molto rilevanti, pur essendo vietato.
Infine, mi consenta un'osservazione l'onorevole Colucci, che si è soffermato sul settore informatico. Il collegamento wireless dell'aula esige che, dopo una limitata fase di sperimentazione, si faccia ora sul serio. Analoghe considerazioni valgono anche per il progetto del portale dedicato ai deputati, che consenta a ciascuno di essi di presentare anche dall'esterno della sede della Camera proposte di legge, emendamenti, iniziative di sindacato ispettivo, oltre che di interagire informaticamente con gli uffici della Camera, per le incombenze più strettamente amministrative connesse allo status di parlamentare.
Concludo con un cenno ai risparmi che potrebbero derivare dal ricorso estensivo al software cosiddetto open source. Invito al riguardo le competenti strutture e il Collegio dei questori a non accontentarsi di semplici slogan: indagate sotto la superficie, considerando che spesso, per non dire sempre, l'open source ad un calo di costi iniziali fa seguire una vera esplosione di costi nelle fasi successive. In ogni caso preannuncio, come ho già fatto presente nell'Ufficio di Presidenza, una vigilanza particolarmente attenta a questo versante.
A questi dubbi, perplessità e motivazioni politiche che il gruppo di Alleanza Nazionale aveva già espresso nell'Ufficio di Presidenza e che attraverso il suo presidente, Ignazio La Russa, aveva ripetuto in Assemblea, ci aspettavamo una risposta politica, non tanto normativa, da parte di questa Camera. Non l'abbiamo avuta. Per questi motivi, responsabilmente, il gruppo di Alleanza nazionale si asterrà.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, questo nostro dibattito, che precede l'approvazione del progetto di bilancio della Camera, avviene in un clima di sospetto nei confronti della classe politica e dei suoi privilegi, veri o presunti.
È in atto nel Paese un'ondata populistica e qualunquistica, che deve essere contrastata apertamente, con vigore e senza alcuna esitazione. Osservo che vi sono troppi esponenti politici, che, per «lisciare il pelo» a movimenti di contestazione, si candidano a primi della classe, invocando per deputati e senatori una vita austera e stipendi più bassi, per poi comportarsi in modo completamente opposto nella propria vita privata.
Non bisogna, tuttavia, confondere le critiche che vengono dal mondo dell'informazione con i sussulti scomposti, che si generano all'interno della società. È necessario saper distinguere le critiche, che vengono avanzate e documentate nel libro di Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo o le campagne giornalistiche dell'Espresso dai movimenti «alla Grillo». A queste spinte e controspinte, che si sprigionano dalla nostra società, non può essere data come risposta una nuova chiusura e l'arroccamento, ma neppure una rincorsa, piuttosto artificiale, ai richiami del momento.
Occorrono soluzioni strutturali, per rendere meno costosa e più efficiente la Camera. Noi deputati non possiamo essere soddisfatti di come funziona la Camera dei deputati: non lo possiamo essere né dal punto di vista istituzionale, né da quello della gestione finanziaria. Questo stato di cose non è colpa degli attuali questori, ma deriva da un'eredità del passato prossimo e di quello remoto. Non sono, quindi,Pag. 21sufficienti alcuni ritocchi, ma è necessaria una vera e propria svolta, che prenda ad esempio le grandi democrazie occidentali.
Noi sappiamo, onorevoli colleghi, dove bisognerebbe mettere mano e le segnalazioni che sono state fornite nel dibattito e nell'opinione pubblica ce lo hanno, in qualche modo, ricordato. Occorre distinguere le attività connesse alla funzione legislativa - il «core business» della Camera dei deputati, che è necessariamente oneroso - da quelle che si riferiscono ai servizi, che devono essere a costo zero per i deputati). È necessario unificare e rendere trasparenti le retribuzioni e le indennità dei parlamentari. Occorre eliminare qualsiasi benefit per gli ex deputati: si tratta di un'anomalia che deve essere assolutamente cancellata. Occorre superare la situazione, assai onerosa, degli affitti dei locali della Camera, con l'acquisizione di proprietà e con l'uso del demanio pubblico.
La Camera ha personale di alta qualità e di alta competenza, ma non possiamo non vedere che vi sono anomalie che vanno superate e un'asimmetria molto forte tra il personale esecutivo a quello qualificato o altamente qualificato.
Queste sono le direttrici in cui occorre muoversi. Interroghiamoci su ciò, onorevoli colleghi, perché la critica che viene avanzata ai deputati, come casta, non si riferisce ai loro poteri, ma ai loro privilegi e questo già rappresenta un segnale di crisi della nostra democrazia. Onorevoli colleghi, in questo modo si può difendere meglio la dignità delle nostre assemblee elettive. I partiti non sono carrozzoni clientelari e corporativi, ma strumenti - per quanto imperfetti e pieni di difetti - della vita di qualsiasi democrazia liberale. La stampa, con la sua informazione e la sua critica, è essenziale: senza una libera stampa non c'è libertà e non ci può essere democrazia.
La Camera svolge, però, un ruolo diverso da quello dei mass media. Troppo spesso le assemblee elettive e lo stesso Governo considerano le leggi e gli atti che hanno forza di legge come prodotti mediatici. Giornali e telegiornali sono destinati a vivere l'evento del momento, mentre le leggi devono o dovrebbero durare a lungo. Questa tendenza a fare riforme per un giorno, per una settimana, per un anno, per una legislatura non corrisponde ad un Paese, che dev'essere rettamente governato e diventare come tutte le altre democrazie europee.
Occorre quindi - come ho già detto tante volte in quest'aula - sulle grandi riforme, ma anche sul funzionamento della Camera, un patto repubblicano, che, pur nel rispetto delle distinzioni tra maggioranza e opposizione consenta di varare riforme che durino almeno per una generazione.
Le nostre istituzioni, a cominciare da quelle rappresentative, devono essere case di vetro. Nulla dev'essere nascosto all'opinione pubblica e ai cittadini. Il principio della trasparenza è il più forte antidoto ai movimenti populisti, che vogliono contrapporre i vizi delle classi dirigenti alle virtù di tutti cittadini.
Infine, mi sia permesso - a conclusione di queste mie considerazioni ed augurando un buon lavoro ai questori - di rivolgermi al Presidente della Camera. Signor Presidente, ci troviamo in una situazione di grande tensione e di grande crisi. Tutti noi difenderemo la dignità di quest'aula parlamentare. So che lei è intervenuto, sempre, nei confronti di coloro, che in qualche modo volevano offendere il prestigio del Parlamento. Confido, signor Presidente, che lei continuerà in quest'opera, che è essenziale per la difesa non dei deputati, ma delle nostre istituzioni democratiche. Annunzio, quindi, il voto favorevole sul progetto di bilancio della Camera (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole del nostro gruppo sul progetto di bilancio presentato dal Collegio dei questori, intendo innanzitutto rivolgere loro il più sentitoPag. 22ringraziamento per il lavoro svolto e per le idee, anche nuove, che sono state sottoposte al dibattito di quest'Assemblea.
Ritengo che sia giusto - tale, almeno, è l'auspicio che rivolgo loro - che vi sia un intervento pubblico per chiarire, anche attraverso i giornali e la televisione, come stanno realmente le cose, qual è il costo della Camera dei deputati, qual è il costo dei parlamentari; che, ad esempio, paragonandolo a quello dei deputati francesi e tedeschi, il divario non sia assolutamente sensibile, soprattutto se, nel paragone, viene considerato anche il diverso servizio che in questi Paesi viene offerto ai parlamentari. Occorre un intervento, quindi, per chiarire come stanno le cose e distinguere il costo della Camera dei deputati da quella della politica (che è problema ben più complesso, perché riguarda un insieme di istituzioni che agiscono e interagiscono nel nostro Paese), individuando in un passaggio storico - cioè, nella fine dei partiti pesanti - l'inizio di un maggior appesantimento delle istituzioni, perché un tempo, come si sa, sindaci, vice sindaci, assessori comunali, provinciali e regionali spesso gravavano sulle finanze dei partiti e non su quelle delle istituzioni.
Finita la fase dei partiti pesanti, questo costo è stato scaricato sulle istituzioni. Sono state introdotte nuove norme, che hanno aumentato gli stipendi degli amministratori locali. Bisogna chiarire che lo stipendio dei consiglieri regionali è deliberato da ciascuna regione e a volte, in alcuni consigli regionali, addirittura capita di trovarsi di fronte a stipendi più alti di quanto non siano quelli dei deputati della Camera. Francamente, anche questa è un'anomalia da discutere. Per tali ragioni ritengo che, quando si parla di costi della politica, sarebbe opportuno mettere in atto un tavolo comune, che impegni il sistema delle autonomie, le regioni, la Camera e il Senato in uno sforzo congiunto.
Infine, anche noi certamente dobbiamo intervenire, per quel che si può - come, d'altronde, hanno fatto i questori - per rimodulare determinati costi e annullare alcuni privilegi. Non stupisca il fatto che recentemente i questori hanno avanzato una proposta per rimodulare le nuove pensioni, portandole ad un tetto massimo del 60 per cento rispetto a quelle attuali, per abolire il rimborso dei viaggi all'estero e per sopprimere alcuni servizi all'interno della Camera dei deputati.
Detto ciò, arrivo al centro del problema, che è stato per così dire il cuore di questo dibattito. Si tratta dell'attacco che viene mosso alla politica e ai partiti nel corso di queste ultime settimane. Consiglio a tutti di non scendere mai sul terreno proposto da coloro che ci considerano un bersaglio: è, per così dire, fare il gioco di coloro che ci attaccano, accettare come terreno d'azione quello che ci viene proposto.
Inoltre sconsiglio francamente a tutti i partiti e agli esponenti politici di fare a gara per diventare il più puro. Infatti, questa fase mi ricorda quella che ho vissuto in quest'aula tra il 1992 e il 1994 quando, a fronte dell'attacco della magistratura, alcuni partiti ed esponenti politici hanno fatto a gara per diventare i più puri, i «vergini» e gli «intonsi», rispetto alla vicenda della corruzione.
Vedete, è paradossale perché la storia, successivamente, si ripete. Quella rincorsa non servì a niente, se non a consegnare al patibolo e al cambiamento radicale dei partiti e della politica italiana un'intera classe dirigente. Tuttavia, oggi è proprio la politica, cambiata allora, che viene sottoposta a sua volta a processo e messa sul banco degli imputati. Inoltre, è paradossale e contraddittorio che uno dei massimi esponenti che allora condusse l'attacco al sistema dei partiti e produsse, attraverso il referendum di Segni, il cambiamento epocale della nostra democrazia - mi riferisco all'onorevole Di Pietro - si trovi alleato con colui, che vuole sottoporre a processo proprio il sistema che egli stesso ha contribuito ad edificare. C'è un'anomalia nell'anomalia, cioè la circostanza che, per la prima volta, non si fa distinzione tra partiti di Governo e di opposizione, contrariamente alla fase del 1992-1994. La ragione di ciò è molto semplice: non c'è nessun partito presente in quest'aula che non sia stato al Governo nel corso degliPag. 23ultimi cinque anni, non c'è nessuna forza politica che possa vantarsi della rendita dell'opposizione e di una situazione di «verginità».
PRESIDENTE. Deve assolutamente concludere, per favore.
MAURO DEL BUE. Ritengo che, come in molti casi in Italia, così si rischi di passare dalla tragedia alla farsa. Credo che non possiamo permettercelo. Per questa ragione, dobbiamo rilanciare la politica - non già scendere su questo terreno - creando ammortizzatori sociali per i giovani e introducendo una riforma istituzionale ed elettorale che il Paese attende.
PRESIDENTE. Deve concludere.
MAURO DEL BUE. Mi consenta una battuta.
PRESIDENTE. Lei ha superato ampiamente il tempo a sua disposizione, quindi la prego di concludere.
MAURO DEL BUE. La battuta è questa: è paradossale che alcuni gruppi subordinino il proprio voto all'accoglimento di una proposta...
PRESIDENTE. Non mi faccia insistere la prego; sta parlando da parecchio tempo oltre quello concessogli.
MAURO DEL BUE. ...che è quella di abolire alcuni gruppi parlamentari, altrimenti il voto sul bilancio è contrario (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito socialista Nuovo PSI)....
PRESIDENTE. Grazie. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà, per un minuto.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente credo che si stia assistendo ad una farsa. Sono stati presentati ordini del giorno tra chi la sparava più grossa mentre il vero costo della politica, anche in termini di democrazia, è rappresentato dal fatto che i deputati non vengono più eletti dai cittadini, ma nominati dalle oligarchie dei partiti, con gli stessi bilanci dei partiti che vengono votati, approvati senza una vera partecipazione degli iscritti, con gli statuti che vengono violati costantemente. Dobbiamo riconoscere, in primo luogo, con molto senso di responsabilità, che a servizio della Camera vi sono professionisti di altissima qualità e dobbiamo fare modo di evitare che la critica generica alla politica possa colpire anche il personale, i funzionari della Camera...
PRESIDENTE. Deputato Buontempo, concluda.
TEODORO BUONTEMPO. Concludo, Presidente... che invece vengono elogiati per la loro capacità. Dunque «sì» ai tagli della politica, «sì» ai risparmi: diamo più servizi e meno soldi ai parlamentari.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, questori, colleghi e colleghe, nel mio intervento di ieri ho segnalato un paradosso: ascoltiamo continuamente interventi, in cui si dice di tutto di più e di male nei confronti di Beppe Grillo per esorcizzarlo, ma se esaminiamo quanto avvenuto in sede di discussione di questi giorni, se confrontiamo la discussione dello scorso anno con quella di quest'anno, ci troviamo di fronte al fatto che, in realtà, tutti vanno a toccare i punti portati all'attenzione dall'opinione pubblica dal libro «La casta», nonché dalla manifestazione di Beppe Grillo. Assistiamo addirittura ad una corsa un po' demagogica nella presentazione di ordini del giorno, che permettano di appuntarsi una medaglietta con cui fregiarsi all'esterno perché in tal modo si è intervenuti sui costi della politica.
Tra l'altro qualcuno è intervenuto a sproposito, parlando di tutt'altro rispettoPag. 24al bilancio della Camera, evocando le problematiche dei Ministri (che certamente esistono) o quelle relative agli aerei di Stato, dimenticandosi che nel 2005 - l'«era di Berlusconi» - le ore di volo degli aerei di Stato sono state esattamente il doppio di quelle registrate quest'anno con il Governo Prodi.
Vorrei però soffermarmi sulle problematiche e sul contenuto del bilancio della Camera per dire che lo scorso anno intervenni, preannunziando il voto favorevole, felice del fatto che i colleghi questori e l'Ufficio di Presidenza avessero accolto un mio ordine del giorno, che prevedeva una riduzione del costo della Camera per il futuro pari a quanto stava facendo il Governo.
Ciò mi portava ad immaginare che il bilancio di quest'anno avrebbe visto una riduzione delle somme indicate nel totale del titolo I e II delle spese (spese correnti e in conto capitale). In effetti se esaminiamo i totali citati li troviamo aumentati rispetto allo scorso anno nella previsione per il 2008 e per il 2009. Allora, non dobbiamo lamentarci se domani i giornali diranno che, in realtà, il costo del funzionamento della Camera è ulteriormente aumentato. Apprezzo lo sforzo dei colleghi questori nel dire che hanno limitato tale crescita, che non sono andati al di là, che sono rimasti al di sotto dei tassi di crescita possibili, ma dobbiamo avere maggiore coraggio, dobbiamo fare di più.
Avevamo chiesto addirittura che si operasse un assestamento nel corso di quest'anno, con un nostro ordine del giorno che poi è stato modificato; solo gli interventi che in modo apprezzabile i questori stanno ponendo in essere porteranno ad una riduzione del costo di funzionamento della Camera nel prossimo anno. Perché allora non dirlo subito ai cittadini? Perché non documentare immediatamente il fatto che sono in corso interventi, che permetteranno quantomeno una razionalizzazione dei costi?
Credo che si tratti di un dato importante, ma non basta. Non basta l'intervento dell'Ufficio di Presidenza sulle cosiddette pensioni, che com'è noto pensioni non sono, perché, come riconosciuto anche da una sentenza della Corte costituzionale, è improprio parlare di pensioni per i parlamentari. Va riconosciuto l'intervento che l'Ufficio di Presidenza ha compiuto, ma è troppo poco. Dobbiamo avere il coraggio di rispondere a queste manifestazioni dell'opinione pubblica e a questa presenza forte sui mezzi di informazione della protesta nei confronti della politica! Dobbiamo avere il coraggio intanto di far sì che questo assegno sia sottoposto alla legge e non ad una semplice delibera dell'Ufficio di Presidenza, che può cambiare in qualunque momento! E non si dica che ciò lede l'autonomia dell'organo costituzionale, perché sta a noi decidere di essere sottoposti alla legge anche per quanto riguarda questo assegno. E poi, lo si applichi a tutti, anche agli ex parlamentari, perché non ci può essere alcun diritto acquisito, posto che non è una pensione vera e che i contributi che paghiamo per questa supposta pensione in cinque anni sono recuperati (considerato che a 65 anni nella media della popolazione ci arrivano tutti) in poco meno di due anni. È improprio parlare di pensione con riferimento ai cittadini, che vanno in pensione dopo quarant'anni e per i quali vi è un parametro che li lega ai contributi veramente versati!
Pertanto, si abbia il coraggio di intervenire anche con misure immediate! Scopro che questi ex parlamentari godono addirittura di benefit, come viaggi sui treni o in aereo o sulle autostrade gratis, con l'aggiunta forfettaria, come recitava un ordine del giorno che ne chiedeva l'abolizione, di milleduecentocinquanta euro, non si sa bene a che titolo. Si abbia il coraggio almeno di intervenire su cose minimali, perché quello che i cittadini vogliono è un segno del cambiamento!
Non dimentichiamo anche questo: permettetemi di dire che i «fannulloni» non sono solo fuori da quest'aula, non sono solo tra i dipendenti della scuola o quelli statali; chi, con un minimo di occhio critico, si aggira per le stanze di questo palazzo si può rendere conto che ci sono tante persone che non fanno nulla. Bisogna,Pag. 25pertanto, avere il coraggio di intervenire, perché esistono dei criteri per stabilire se si procede bene o male. Tali criteri derivano da una regoletta, che gli americani chiamano benchmarking e che vuol dire confronto. Per quanto riguarda il costo medio per un parlamentare, sappiamo tutti che è di un milione e 500 mila euro in Italia, contro 257 mila in Spagna, la metà in Francia e Germania. Qualcuno ha affermato che i servizi sono diversi: come si fa a misurare i servizi? Allora, andiamo a verificare il costo per i cittadini della Camera bassa, con la quale ci confrontiamo, negli altri Paesi: in Italia è di sedici euro a cittadino, contro due in Spagna, circa quattro euro nel Regno Unito, otto in Francia, cioè la metà rispetto a noi. Vuol dire dunque che comunque, complessivamente, sul piano dell'efficienza non ci siamo. Si guardi allora a ciò che fanno gli altri e si decida di intervenire!
In conclusione, ciò che voglio dire è che credo alla volontà dei colleghi questori e dell'Ufficio di Presidenza di intervenire.
Facciamolo con più coraggio. L'Italia dei Valori esprimerà un voto favorevole, anche perché l'Ufficio di Presidenza ha accettato il nostro ordine del giorno che prevede due elementi. Il primo sostiene che non ha molto senso svolgere una discussione sul bilancio interno della Camera nel mese di settembre per l'anno corrente. È evidente che dobbiamo anticiparlo. Chiediamo che, entro fine anno, l'Ufficio di Presidenza licenzi il nuovo bilancio di previsione per il 2008, perché, se interveniamo in modo rapido, ha anche significato cercare di modificare determinate condizioni o situazioni contenute nel bilancio. Ma soprattutto vorrei evidenziare, sono certo, la seconda parte del nostro ordine del giorno che prevede di ridurre di almeno il 10 per cento le spese non insopprimibili. Ciò dovrebbe complessivamente portare, con gli interventi di razionalizzazione in atto, a far sì che, per l'anno prossimo, il bilancio complessivo, somma di spese correnti e in conto capitale, non sia ancora in aumento, come è avvenuto per quest'anno e negli anni successivi.
Per tali motivi, l'Italia dei Valori voterà a favore del conto consuntivo e del bilancio preventivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signori questori, colleghi deputati, il gruppo dei Verdi voterà a favore del bilancio interno della Camera predisposto dai questori. Per ragioni di brevità, signor Presidente, mi richiamo integralmente all'intervento che ho già svolto, a nome dei Verdi, martedì scorso nel dibattito sulle linee generali. In questa occasione, tuttavia, voglio ringraziare nuovamente il Collegio dei questori e in particolare il questore anziano Albonetti che ancora sta seguendo, giustamente, le dichiarazioni di voto, nonché l'amministrazione della Camera per il prezioso lavoro svolto al fine di predisporre il bilancio, in una linea di maggiore efficienza, di miglior funzionamento e di graduale e progressivo contenimento delle spese da parte della Camera dei deputati.
In tale occasione, quest'anno, abbiamo avuto il singolare fenomeno di un'enorme proliferazione di ordini del giorno (credo di ricordare che non vi siano precedenti): 108 ordini del giorno presentati in relazione al bilancio interno della Camera. Si tratta della sintomatologia di un disagio e anche di un disorientamento politico, a mio parere che caratterizza l'attuale fase storica. Obiettivamente, alcuni ordini del giorno erano effettivamente finalizzati ad un migliore funzionamento della Camera sotto il profilo politico, istituzionale e amministrativo e ad un equilibrato contenimento delle spese. In generale, mi auguro che la logica che ha caratterizzato il lavoro dei questori e dell'amministrazione della Camera per questo ramo del Parlamento venga applicata anche all'altro ramo del Parlamento, il Senato della Repubblica, e a tutti i diversi organi costituzionaliPag. 26e di rilevanza costituzionale, dal Quirinale in giù.
Altri ordini del giorno, onorevoli colleghi, sembravano scritti soltanto per assecondare un clima politico improntato a demagogia, populismo e auto-delegittimazione dell'istituzione parlamentare e della nostra stessa funzione di parlamentari. Non abbiamo condiviso tali ordini del giorno e abbiamo assistito con una certa pena, voglio anche dire, con un po' di commisurazione, a questa fiera della demagogia che in alcuni casi si è rappresentata anche in quest'aula. In modo particolare, abbiamo ritenuto, da parte nostra di tutto il centrosinistra, ma anche di buona parte del centrodestra o una parte del centrodestra, totalmente inaccettabile l'ordine del giorno n. 9/Doc. VIII, n. 4/108 del collega Gregorio Fontana di Forza Italia, che era palesemente in totale contrasto con la Costituzione e con il Regolamento della Camera e che, a nostro sommesso parere, signor Presidente, non solo era palesemente inammissibile, come lei ha del resto detto - giustamente - nella sua formulazione originaria, ma avrebbe dovuto essere dichiarato inammissibile anche nella nuova e strumentale formulazione, che non aveva alcuna possibilità di compatibilità costituzionale e regolamentare.
Del resto, va detto in modo esplicito, che l'onorevole Fontana si è semplicemente dimenticato nel suo comizio - o meglio - nel suo intervento finale, di ricordare che l'attuale legislatura è iniziata con una delibera dell'Ufficio di Presidenza del 16 maggio con cui, prima del suo allargamento (con le deroghe), sono stati aumentati in modo assai consistente tutti i contributi per i gruppi maggiori, al di sopra dei 20 deputati.
Questo Fontana si è semplicemente dimenticato di dirlo e di ricordarlo in quest'aula, nella sua foga di ridurre i costi della politica, non propri, ma degli altri, non del «partito del gruppo di Berlusconi» - che risorse finanziarie, forse, di qualche dimensione c'è l'ha - ma dei gruppi parlamentari minori, evidentemente scaricando su questi le problematiche che, in questo momento, lo turbano.
L'onorevole Fontana pretendeva, con il suo ordine del giorno, di violare totalmente sia l'articolo 14, comma 2, del Regolamento, sia quell'articolo 15, comma 3, dello stesso Regolamento che lei, signor Presidente, ha giustamente e ripetutamente richiamato come unico punto di riferimento sotto questo profilo.
Quindi, se contenimento delle spese vi deve essere - e noi siamo assolutamente favorevoli se si ritiene di farlo - questo deve riguardare, indistintamente, tutti i gruppi parlamentari, a cominciare da quello dell'onorevole Fontana se tanto si è impegnato in questo senso.
Il centrodestra dimentica che la prioritaria responsabilità della frammentazione politica va attribuita alla perversa e sciagurata legge elettorale imposta, con un colpo di mano unilaterale, dallo stesso centrodestra alla fine della scorsa legislatura.
Del resto, questo colpo di mano non gli è bastato per vincere le elezioni, obiettivo a cui quella sciagurata legge elettorale era finalizzata.
LUCA VOLONTÈ. Perché ti sei candidato? Non dovevi candidarti!
MARCO BOATO. Lo ripeto, quella infame legge elettorale ha totalmente espropriato i cittadini elettori di qualunque possibilità di incidere sulla selezione della classe politica e della propria rappresentanza ed ha reintrodotto quella logica proporzionale che ha prodotto la conseguente frammentazione - che oggi si lamenta -, cancellando quel sistema prevalentemente uninominale e maggioritario che aveva garantito la governabilità per ben tre legislature di seguito, in conseguenza del grande referendum popolare del 18 aprile 1993 che, con un colpo di mano, il centrodestra ha cancellato.
Il centrodestra deve, dunque, attribuire a se stesso la responsabilità della frammentazione e della tendenziale ingovernabilità del sistema politico e istituzionale.
È del resto gravissimo che, per la prima volta nella storia del Parlamento, per unaPag. 27polemica così strumentale, che tende a nascondere le proprie responsabilità, una gran parte del centrodestra si accinga a non votare il bilancio interno della Camera, che non riguarda la maggioranza politica pro tempore, ma l'insieme dell'istituzione parlamentare e tutti i suoi componenti.
Questo, a nostro parere, è assai grave che avvenga. Noi Verdi voteremo a favore del bilancio e continueremo a batterci per continuare il percorso di contenimento dei costi della politica, di riforma istituzionale, di riforma costituzionale e per il radicale cambiamento dell'attuale perversa legge elettorale imposta dal centrodestra.
In conclusione, signor Presidente, ringrazio lei e i colleghi questori per l'attenzione e confermo il voto favorevole dei Verdi sul bilancio interno della Camera (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, intervengo con molto piacere su questo argomento perché qualche «sassolino» nelle scarpe è da tempo che vorrei toglierlo. Dopo magari 45 anni di attività di professione o di altro impiego nella società, bisogna varcare questa soglia ed entrare in Parlamento per essere automaticamente etichettato come ladro, imbroglione, truffatore, grand viveur delle folli notti romane e di una dolce vita che non c'è più. Tale definizione è la più qualunquista che si possa usare, senza tener conto del passato, dell'esperienza, della professionalità e dell'onorabilità di ognuno di noi, a qualsiasi gruppo politico, maggioranza o minoranza, egli appartenga (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia).
Non mi sento il dipendente di alcuno, di alcun ex comico che non fa più ridere - non so se faceva ridere qualcuno nel passato -, ma mi sento l'amministratore delegato dell'azienda Italia, la più grande azienda che, in questo Paese, svolge o dovrebbe svolgere il compito più alto e più nobile: amministrare il bene comune dei cittadini che ci hanno dato il loro consenso.
Se la definizione di «amministratore dell'azienda Italia» è calzante, dobbiamo guardare anche nel privato e nel pubblico quale sia la sorte di un amministratore delegato ingaggiato per produrre utili, efficienza e risultati. È su tale tema che richiamerei la nostra discussione; si parla di costi come se, eliminato qualche capitolo di spesa - che pure va eliminato, «tagliato» o armonizzato - si risolvessero i problemi di questa nostra grande azienda, di questo Paese che tutti quanti noi amiamo. Il problema più in generale è che dobbiamo recuperare tale efficienza, non tanto l'essere considerati ladri di uno stipendio, che chissà chi ci elargisce ogni mese. Piuttosto, dobbiamo essere persone in grado di guadagnare con il lavoro e l'impegno quel compenso, che ci viene riconosciuto e che non ritengo scandaloso. Non lo ritengo tale, perché comparato ad alcuni compensi di alcuni amministratori pubblici e privati, che pur brillano nei risultati, è notevolmente inferiore.
Fatta tale precisazione, signor Presidente, direi che forse è anche venuto il momento di coinvolgere i cittadini in questa nostra attività. Non propongo giornate con titoli complicati, ma una semplice «giornata a Montecitorio» in compagnia di ogni singolo deputato che voglia invitare il cittadino a rendersi conto di quali sono il lavoro, i ritmi e le tensioni che qui si subiscono quotidianamente. In alcune situazioni, non vi è nemmeno il tempo di consumare un pasto e poi si fa strumentale demagogia sul fatto che al ristorante della Camera lavorano ottanta camerieri. Sfido qualsiasi ristorante a far mangiare duecento deputati in quindici minuti! Ecco perché tale attacco ci sembra strumentale.
Abbiamo, inoltre, letto che questa «casta» è sorda alle esigenze del cittadino. Proporrei di quantificare il valore di tale casta. Stabiliamo, fatti i dovuti conteggi, quanto porta a casa - pagate le imposte - uno come me, che ha regolarmente a contratto i propri collaboratori, chePag. 28spende dignitosamente e onestamente i rimborsi spesa. Così facendo, stabiliremmo la soglia di reddito oltre la quale si entra a far parte della casta. Ditemi qual è la contribuzione che debbo offrire per il bene del mio Paese e al servizio del bene comune e contribuisco, ma con me debbono contribuire anche coloro i quali superano quel reddito per concessione pubblica, perché magari sono manager con compensi di una certa rilevanza. Diversamente, è comodo stare dall'altra parte e avere compensi tripli, quadrupli, quintupli o decupli rispetto ai nostri ed essere considerati dei galantuomini.
LUCA VOLONTÈ. Bravo!
DANTE D'ELPIDIO. Quindi, se ci debbono essere impegno e sacrificio per il bene del Paese, che siano di tutti!
Vorrei, inoltre, aggiungere che in occasione del dibattito sul provvedimento che ci apprestiamo ad approvare (e, a nome del gruppo Popolari-Udeur, annuncio il voto favorevole anche sul progetto di bilancio della Camera), la demagogia è stata grande. Si è, infatti, voluto sempre ed in ogni caso ricorrere alla famosa pratica di far pulizia cominciando dall'orto del vicino, perché non si è voluto prendere in seria considerazione l'abbattimento dei costi della struttura politica, che è anche pesante, importante ed imponente.
Si vuole molto più demagogicamente far solo riferimento ai costi della politica. Se, infatti, avessimo voluto parlare di strutture, qui alla Camera c'è la Fondazione Camera dei deputati, che costa circa 400 mila euro l'anno. Avremmo potuto prendere in considerazione l'utilità della permanenza di tale istituzione e quali impegni e compiti assolva oppure se essa potesse in un momento del genere in cui siamo tutti chiamati a fare un sacrificio, registrare una battuta di arresto. Queste considerazioni sono valide anche nel caso delle Commissione di indagine sugli errori in campo sanitario: qualcuno ne rivendica la presidenza e mi riferisco a qualche rappresentante di partiti politici importanti dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
Allora, se veramente vogliamo diminuire i costi delle strutture, facciamo lavorare le Commissioni già istituite, le quali potrebbero occuparsi anche di tali temi!
Ormai, signor Presidente, la moda tra questi «cacciatori di grilli» consiste quasi in una gara a chi la «spara più grossa» e le proposte demagogiche «privilegiano», rispetto a tante altre, come dicevo dianzi, i costi della politica e non quelli delle strutture.
Intravedo un disegno che a me spiace, quello di diminuire il peso dei piccoli partiti cercando di ottenere un bipartitismo «coatto», che altri inseguono con il referendum. Il problema dei costi della politica non è determinato dai piccoli partiti e voglio sottolineare, non perché senta di appartenere ad un piccolo partito, che sono le idee che fanno grandi gli uomini che poi fanno i partiti! Mi pongo invece un problema: se qualche pseudo grande partito non riesce ad essere tale nei numeri nemmeno per decreto, per legge o per referendum e milioni di cittadini, per fortuna, si affidano alla rappresentanza dei piccoli partiti, dobbiamo riconoscere che il problema non è nostro, ma è di chi non riesce ad essere grande pur volendolo essere a tutti i costi, anche per - lo ripeto - decreto-legge, per legge o per referendum. Non è questa la via che noi privilegiamo.
Signor Presidente, stiamo già cercando di compiere questo sacrificio di asciugare i costi intervenendo qui alla Camera, dentro casa nostra, perché la migliore testimonianza è l'esempio. Il modo di partire è giusto. Poi, certamente questo lavoro dovrà proseguire anche al di fuori, altrimenti correremmo il rischio di attirarci addosso le colpe e le responsabilità di un malessere diffuso, che non investe solo questi luoghi e gli uomini che qui esercitano la rappresentanza dei cittadini che li hanno eletti; dobbiamo pertanto mettere mano a tutti gli altri ambiti nei quali si decide e si fa politica, dove magari si sperpera denaro senza che l'organismo centrale, che poi è chiamato a rispondere del bilancio complessivo dello Stato, possaPag. 29assumere una decisione, frenando la spesa o esercitando un controllo che consenta ad esso di normalizzare la spesa.
PRESIDENTE. Deputato D'Elpidio, la invito a concludere.
DANTE D'ELPIDIO. Concludo, Presidente. Ribadiamo il nostro voto favorevole sul progetto di bilancio e auspichiamo che il nostro esempio sia la migliore testimonianza per tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur e di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Leone. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente, è innegabile che attorno a questo provvedimento ci siano state una serie di boutade da tutte le parti politiche, che hanno creato in questa tornata un interesse maggiore rispetto a quanto è avvenuto negli anni precedenti. Ciò è accaduto forse perché ci siamo fatti prendere la mano, compresi noi naturalmente, dal clima politico che si respira. Ciò è avvenuto giustamente o ingiustamente, ma in ogni caso siamo stati costretti a portare in quest'Assemblea, all'interno di questo provvedimento, tutta una serie di tensioni e di movimenti che, come dice qualcuno, ci «azzeccano» o forse, molte volte, non ci «azzeccano».
Però la strumentalizzazione non deve condurre a «scannarci» all'interno di quest'Assemblea su alcuni argomenti di riflessione. Dico questo perché qualche collega, su punti specifici, si è piccato alcune proposte, addirittura tacciandole di mancanza di serietà, quando esse possono essere provocatorie, ma di avere anche un substrato reale e veritiero, così com'è accaduto per la proposta di soppressione del servizio ristorante. Scusate, mi domando perché ci si è piccati di quella proposta quando tutti sappiamo che il ristorante costa alla Camera, per ogni pasto, una somma esosissima? La conoscete benissimo, non sono io a dover far conoscere le somme, tra l'altro spese per i pasti non solo dei deputati, ma anche dei giornalisti.
Sapete benissimo che altrove vi è un'organizzazione diversa, legata anche ai buoni pasto e ad altri tipi di movimentazione del sistema della ristorazione. Allora, perché scandalizzarsi per una proposta del genere? In questo contesto - torno a ripetere - non la si deve ritenere non seria, ma valutarla; la si può condividere o meno, la si può «bocciare» o approvare, ma, con tutto ciò che sta accadendo, non si può reputare che una proposta sia meno seria rispetto ad un'altra (ad esempio, rispetto a quella relativa all'asilo nido o a tante altre avanzate). Non ho mai pensato di sostenere che la proposta di creare l'asilo nido non sia seria! Posso non condividerla...
LUCA VOLONTÈ. Non «arrabbiarti» con il collega Boato, poverino!
ANTONIO LEONE. No, con l'onorevole Boato devo chiarire un'altra questione.
Infatti, considerato che poi alla fine solo per apparire, si viene a fare i professori all'interno di quest'Assemblea, voglio ricordare al collega Boato - visto che il collega Volontè mi ha incitato - che é vero che il collega Fontana ha dimenticato che i gruppi maggiori, all'inizio dell'attuale legislatura, con la delibera del 16 maggio dell'Ufficio di Presidenza, hanno ricevuto un aumento di contribuzione; ma perché il collega Boato, in maniera scientifica, ha dimenticato di affermare che quell'aumento si è reso necessario perché per due gruppi - quello dei Democratici di Sinistra e quello della Margherita - la somma non raggiungeva il totale, nel momento in cui si dovevano fondere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)? Perché, collega, prenderci per i fondelli tra di noi?
Dunque, il collega Boato si astenga dallo svolgere considerazioni che gli si ritorcono contro, nel tentativo di rimanere a galla sempre e comunque in qualsiasi situazione! Lo stesso ragionamento vale con riferimento a quanto ha affermato in merito all'astensione, dopo le dichiarazioniPag. 30di voto del collega Mazzocchi di Alleanza Nazionale - ossia che in quest'Assemblea non è mai accaduta una cosa del genere - perché non posso non ricordare al collega Boato che negli anni 1993, 1995, 1999 e 2000 vi sono state da 160 a 240 astensioni per volta da 38 a 64 voti contrari espressi da gruppi che oggi fanno parte della sua maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia) E allora smettiamola di ricorrere a tali personalizzazioni legate agli interessi personali!
È innegabile, ed è sotto gli occhi di tutti, che anche i conti dei due rami del Parlamento non sono esenti da pecche e che vanno comunque ridimensionati, rimessi in sesto e ridisegnati con l'obiettivo di una razionalizzazione. Pertanto, non ci si deve piccare del fatto che il gruppo di Forza Italia richiede una razionalizzazione della spesa per quanto riguarda il personale della Camera, che ringrazio, in quanto eccellentissimo e di alta professionalità; ma non si può contemporaneamente e contraddittoriamente sostenere che c'è bisogno di professionalità e di contenere la spesa e che, nel contempo - so che l'ha voluto il questore Galante - occorre stabilizzare i precari! Si tratta di contrarietà e contraddittorietà! La razionalizzazione deve essere considerata in un'ottica più generale e, in questa sede, non devono trovare spazio le aspirazioni politiche di un gruppo o di un questore appartenente a un gruppo piuttosto che a un altro.
Con ciò voglio affermare che, se si consente alla politica di entrare in questa discussione, occorre dire tutte le cose come stanno; se, invece, non la si deve fare entrare, è necessario approvare il provvedimento in esame in maniera tecnica, asettica e apolitica per far sì che, alla fine, emerga un bilancio che sia di risparmio, ma che, contemporaneamente, dia soddisfazione alle esigenze dei parlamentari, rappresentate dall'efficienza della struttura.
Non posso che ringraziare l'opera del Collegio dei questori, che si è trovato tra l'incudine e il martello nel momento in cui sono state presentate richieste e aspirazioni legittime.
Mi domando perché il collega Gregorio Fontana è stato invitato dallo stesso Presidente della Camera ad una riformulazione di un suo l'ordine del giorno - che tutti auspicavano venisse ritirato - con la quale si potessero accogliere, anche se parzialmente, le aspettative circa una questione politica, che noi abbiamo posto all'attenzione della Camera sin dall'inizio della costituzione dei gruppi parlamentari in deroga al previsto numero di venti componenti ai sensi dell'articolo 14 del Regolamento.
Mi domando, inoltre, per quale motivo si sia posto questo ordine del giorno in un calderone, che si riferisce solamente ad una volontà, che viene dall'esterno, di apparire all'esterno. È una battaglia che stiamo conducendo fin dal momento della costituzione di quei gruppi e che abbiamo continuato coerentemente, in quanto quella costituzione di gruppi, che noi abbiamo osteggiato, oggi ci risulta aver prodotto, oltre ad una «nefandezza politica», anche un costo aggiuntivo. Due più due fa quattro, quindi non avremmo potuto sottrarci dal sottoporre all'attenzione della Camera e dell'opinione pubblica quanto è accaduto con quella delibera e le conseguenze che ne sono scaturite.
Abbiamo sentito tutta una serie di dichiarazioni, principalmente da parte di chi evidentemente non riesce a trovare ancora un ruolo. Mi riferisco al «disoccupato» Fassino, che punta il dito contro gli stipendi dei parlamentari e che scrive al Presidente della Camera di non applicare l'aumento, così come previsto per legge. Il Presidente della Camera ha risposto che ha già agito in tale modo e non lo ha applicato. Tuttavia, il Presidente della Camera non potrebbe non applicare l'aumento, perché è previsto da una legge, che va rispettata.
Chiediamo il rispetto di quella legge. Questa è demagogia (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)! In un momento in cui il Senato non si cura di tale aspetto ed effettua l'aumento,Pag. 31così come previsto per legge, noi ci sottoponiamo e rispondiamo al blog di Tizio, Caio e Sempronio, in quanto siamo stati capaci di bloccare l'aumento automatico previsto per legge.
Mi chiedo di cosa stiamo discutendo? Ci delegittimiamo da soli (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)! Mi riferisco al problema a cui accennava il collega D'Elpidio, di cui ho apprezzato l'intervento, per la verità. Tutto ciò fa sì che, purtroppo, il gruppo di Forza Italia si asterrà sul provvedimento in esame e lo farà legittimamente. Quando si parla, infatti, di produttività e del rapporto tra il costo del Parlamento e la produttività...
Scusate, ma devo sottolineare che, è vero, noi non produciamo, ma sapete il perché? Perché noi ostacoliamo la produttività, poiché quante più leggi fate, più rovinate il Paese: questo è il problema (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
Quindi, ben venga la non produttività in una situazione politica come questa. Tuttavia, non bisogna farne una bandiera da questo punto di vista, da parte di chi oggi è sbandato, perché tutti i personaggi che ha «creato» in quella sinistra oggi gli si ritorcono contro.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANTONIO LEONE. Concludo, signor Presidente. Purtroppo sta accadendo ciò. Vi siete coccolati tutta una serie di personaggi, che oggi vi stanno «sparando» contro. Teneteveli (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, esprimo il pieno consenso e il convinto apprezzamento del gruppo dell'Ulivo per il lavoro del Collegio dei questori. La relazione e la replica consentono di capire quanto sia stato fatto per razionalizzare e rendere più efficiente l'attività della Camera dei deputati, per restituire verità e trasparenza al trattamento economico e alle competenze dei singoli parlamentari, così come al costo del Parlamento italiano rispetto ad altri Parlamenti europei.
Forse varrebbe la pena di dare pubblicità a questi documenti, per stabilire un termine di paragone realistico rispetto ad altri dossier annunciati dalla stampa. Tuttavia, la discussione odierna - come affermava molto bene il questore Albonetti nella sua relazione - deve servire anche per effettuare alcune considerazioni utili a restituire dignità e autorevolezza all'istituzione di cui facciamo parte, alla democrazia parlamentare e al nostro lavoro di singoli deputati.
Max Weber (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)) nel 1918, in un tempo ben più drammatico di questi nostri giorni, diceva: «Si può odiare o amare l'istituzione parlamentare, abolirla non si può. La si può soltanto rendere politicamente impotente».
Credo che il rischio vero, che stiamo correndo, sia proprio di essere politicamente impotenti, in quanto incapaci di reagire agli attacchi della retorica populista.
È chiaro che, se c'è la febbre, non serve maledirla, ma occorre capire da cosa sia causata e cercare di trovare la cura. Non possiamo consentire alla febbre di essere la medicina! Uno dei virus della modernità è la riduzione dell'individuo a massa: si diventa massa quando si accetta automaticamente e senza critiche un linguaggio dettato da altri. Onorevoli colleghi, può il Parlamento essere ridotto a massa? Può la retorica populista diventare il nostro linguaggio? Può la demagogia impadronirsi del Parlamento? Davvero questo Parlamento non ha la capacità, la dignità e l'orgoglio di una propria risposta alla crisi delle istituzioni e alla difficoltà della politica? Credo sia dovere e responsabilità del Parlamento fornire una risposta, partendo da un dato per me incontestabile,Pag. 32che è la ragione vera delle difficoltà in cui ci imbattiamo: non pensiamo che la politica sia il problema e la società civile la soluzione!
Aldo Moro ha sempre combattuto l'illusione di una società civile buona, contrapposta ad una società politica cattiva. Una democrazia compiuta esige e presuppone insieme una cittadinanza compiuta: bisogna coniugare diritti e senso del dovere e il nostro dovere è fornire risposte ai cittadini.
La democrazia italiana, dopo il crollo delle grandi contrapposizioni ideologiche, ha bisogno di una nuova legittimazione, che si guadagna per la capacità di costruire benessere, dignità e senso di appartenenza dei cittadini, non per la sola capacità di opporsi l'uno all'altro. Risposte concrete, diritti e doveri di cittadinanza: questa deve essere la risposta del Parlamento, non opache e compiacenti scimmiottature della retorica populista! Se è nostro dovere intervenire - come stiamo facendo - per eliminare dalle prerogative del parlamentare tutto ciò che è ingiusto e incomprensibile, sia chiaro che tutto ciò può avvenire senza far venire meno il rispetto dell'articolo 69 della Costituzione, perché l'indennità parlamentare non è stata pensata come il compenso, il soldo per il mestiere di politico, ma come condizione di libertà, a salvaguardia dell'autonomia politica del mandato parlamentare: stiamo attenti, perciò, a cedere alla bassa e pericolosa demagogia di questi momenti (Applausi del deputato Zaccaria)!
Caro collega Leone, a proposito di questioni altrettanto importanti, anche se un po' più frivole, se si ritiene che il costo del ristorante sia esorbitante, se ne proponga l'abolizione e la chiusura, non l'introduzione dei ticket per poter stipulare convenzioni con qualche ristoratore amico fuori del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)! Questa è serietà: il resto non ci deve appartenere.
Non dobbiamo dimenticare (questa è la cosa più importante), come chiaramente sostenuto dal questore Albonetti nella sua relazione, che i costi della politica sono in diretto rapporto con le libertà politiche: la democrazia, cari colleghi, non è il regime spontaneo e naturale della convivenza umana, ma una conquista della civiltà che non ha prezzo. Altra cosa sono i costi dell'efficienza delle istituzioni della democrazia e di questo dobbiamo seriamente occuparci.
Cari colleghi, dobbiamo essere consapevoli che i parlamenti restano, oltre che un simbolo, una condizione della democrazia nel nostro emisfero politico-culturale, sicché la loro evoluzione, quale che sia la direzione che essa prenderà sotto il profilo funzionale, rappresenta una delle sfide più rilevanti alla trasformazione della politica democratica e alla sua comprensione. Colleghi, se la sfida è questa, davvero pensate che il problema sia qualche gruppo parlamentare in più e qualche milione di euro in più? O, piuttosto, la vera sfida è la riforma costituzionale del Parlamento, attuabile riducendo consistentemente il numero dei parlamentari, superando il modello di bicameralismo perfetto, semplificando e rendendo più snello ed efficace il procedimento legislativo, rivedendo il rapporto Parlamento-Governo nel procedimento di formazione dei decreti-legge e dei decreti legislativi, ripensando alla funzionalità dei lavori parlamentari, disegnando un nuovo e diverso rapporto fra Commissioni ed aula?
Questa sfida è depositata in Commissione affari costituzionali. Questi sono i costi veri della politica: sta al Parlamento decidere se giocarla o no. Lo stesso dicasi per la sfida della nuova legge elettorale, che, in una società «a coriandoli», polverizzata e individualista, costituisce lo strumento per superare la crisi dei processi di rappresentanza degli interessi, dei bisogni, delle identità e delle appartenenze. Questo la gente chiede al Parlamento: risposte vere a problemi veri.
La logica puramente oppositiva tra schieramenti, che rifiuta la ricerca, anche se difficile, di risposte concrete, è forse il male più grande della nostra democrazia ed è la ragione della sfiducia e dell'ostilità verso il mondo della politica.
Per questo, non è un bel segnale, anche se legittimo, la vostra astensione sul bilancioPag. 33della Camera, perché, anziché assumere la fatica di una responsabilità comune in difesa del Parlamento o meglio delle forme della democrazia rappresentativa, scegliete una logica oppositiva fine a se stessa, sempre improduttiva, ma oggi anche pericolosa.
Aldo Moro sosteneva che la politica è un fatto di consapevolezza, di fiducia nel proprio compito, ma ci debbono essere più in fondo una ragione, un fondamento ideale, una finalità umana per i quali ci si costituisce in potere e il potere si esercita.
Ecco, forse si è smarrita questa ragione morale, quella che Berlinguer definiva il pensiero lungo della questione morale, a fondamento degli impegni per il nostro tempo. Per ritrovarla, cari colleghi, ci deve essere in noi maggiore fiducia nel nostro compito, maggiore consapevolezza delle responsabilità che ci spettano, maggiore coraggio e orgoglio nell'essere e fare i parlamentari, perché - lo sappiamo e chi se non noi deve testimoniarlo? - non c'è democrazia senza istituzioni rappresentative e non c'è democrazia senza Parlamento, che è l'unico luogo dove la sovranità popolare non è mito, ma principio ispiratore di un sistema bilanciato di poteri.
Restituire dignità alla rappresentanza e all'impegno civile della rappresentanza è il nostro compito. Assolviamolo con serietà e responsabilità, senza il timore dell'impopolarità, perché la difesa del Parlamento e della democrazia non ha prezzo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, sarò brevissimo. Rimandiamo, per quanto riguarda le valutazioni sul bilancio della Camera, a quanto già affermato in discussione generale e negli interventi sugli ordini del giorno. Condividiamo parecchie argomentazioni svolte dai colleghi Leone e Mazzocchi poc'anzi e anche noi ci asterremo su questo documento. Non si tratta, peraltro, di una bocciatura dell'operato del Collegio dei questori. Ci mancherebbe altro! È, però, una scelta precisa che dà un segnale. In questo momento, riteniamo che - naturalmente non è nemmeno presa in considerazione la possibilità di un voto contrario - l'astensione possa costituire un segnale importante.
Non aggiungo altro, ma faccio riferimento, come dicevo prima, a quanto già discusso ampiamente, sia in aula sia all'interno dell'Ufficio di Presidenza. Confermo, quindi, il voto di astensione del gruppo Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Foti. Ne ha facoltà.
TOMMASO FOTI. Signor Presidente, mentre confermo l'astensione del gruppo Alleanza Nazionale sul bilancio della Camera, voglio precisare che, nel corso della nostra discussione, nessuno dei nostri parlamentari intervenuti ha voluto conculcare il diritto di alcuno e tanto meno dei gruppi parlamentari che si sono costituiti. Come le è noto, signor Presidente, la decisione della costituzione di cinque gruppi parlamentari, che non avevano i requisiti di cui all'articolo 14, comma 2, del vigente Regolamento, è dipesa, in questa legislatura, da una sua personale scelta e da un suo personale voto, risultato decisivo.
A tal fine, le ho inviato una nota nella quale chiedo che la Giunta per il Regolamento possa esaminare una proposta di modifica, che il gruppo Alleanza Nazionale chiede, nel senso di prevedere che il voto dell'Ufficio di Presidenza debba avere il quorum dei due terzi per decidere la costituzione di questi gruppi parlamentari.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sul conto consuntivo e sul progetto di bilancio.
(Votazioni - Doc. VIII, nn. 3 e 4)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul Doc. VIII,Pag. 34n. 3, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006» (Doc. VIII, n. 3):
Presenti 450
Votanti 292
Astenuti 158
Maggioranza 147
Hanno votato si 289
Hanno votato no 3.
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Prendo atto che il deputato Drago ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto esprimere favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul Doc. VIII, n. 4, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2007» (Doc. VIII, n. 4):
Presenti 459
Votanti 286
Astenuti 173
Maggioranza 144
Hanno votato sì 284
Hanno votato no 2
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Sull'ordine dei lavori (ore 12,35).
PRESIDENTE. Considerato l'andamento complessivo dei nostri lavori per questa settimana, che ha visto protrarsi il dibattito sino a questa mattina sul Conto consuntivo della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2006 e sul Progetto di bilancio della Camera dei deputati per l'anno finanziario 2007, dopo un'ulteriore riunione dell'Ufficio di Presidenza e secondo quanto rappresentato dai gruppi parlamentari, avverto che il seguito dell'esame del disegno di legge sulla modernizzazione, efficienza delle amministrazioni pubbliche e riduzione degli oneri burocratici per i cittadini e per le imprese avrà luogo la prossima settimana dopo gli altri argomenti previsti dal calendario.
Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.
PRESIDENTE. Comunico che il deputato Riccardo Minardo, con lettera pervenuta in data odierna, si è dimesso dal gruppo parlamentare Forza Italia e ha aderito al gruppo parlamentare Misto, cui risulta pertanto iscritto.
Per un richiamo al Regolamento.
TEODORO BUONTEMPO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, l'articolo 24 del Regolamento stabilisce le modalità di organizzazione dei tempi degli interventi in aula dei singoli gruppi e dei parlamentari e, allorché si riferisce al gruppo Misto, afferma che il tempo attribuitogli è ripartito tra le componenti politiche in esso costituite avendo riguardo alla loro consistenza numerica.
Dalla lettura del testo si evince che, stabilito il tempo complessivo per il gruppo Misto e stabilita la ripartizione tra le componenti politiche secondo la loro consistenza numerica, a nessuna di queste può essere tolto neanche un secondo di quanto aspetta loro. Io, però, sostengo anche che il Regolamento non vieti che all'interno del gruppo Misto, fermo restando l'utilizzo dei tempi stabiliti e fermo restando il tempo massimo, qualora vi sia un accordo, una componente possa rinunciarePag. 35al suo tempo a favore di un'altra componente. Ritengo che ciò possa avvenire anche per analogia con quanto avviene con gli altri gruppi, laddove se ad un determinato gruppo vengono concessi dieci minuti di intervento, questo può essere svolto da un parlamentare, da due o da tre, salvo che non sia un argomento per il quale la Presidenza o il Regolamento abbiano stabilito che possa parlare solo un deputato per gruppo.
È consuetudine della Camera che, stabiliti i tempi per ogni singolo gruppo, al suo interno sia possibile decidere chi e quanti possano prendere la parola su un provvedimento legislativo o su una risoluzione o quant'altro, fermo restando il tempo personale.
Qualora la Presidenza avesse dubbi o interpretasse in maniera diversa rispetto alla mia ipotesi, invito la stessa a rimettere la questione alla Giunta per il Regolamento, affinché tragga una risposta possibile, che è semplicemente la seguente: definito il tempo massimo di tutti i gruppi, definito il tempo minimo e massimo della componente politica del gruppo Misto, all'interno del gruppo Misto il tempo concesso, che non va violato, può essere ripartito anche in maniera diversa.
PRESIDENTE. Come il deputato Buontempo stesso ha ricordato, il Regolamento è assai chiaro e recita, all'articolo 24, comma 7, che il tempo attribuito al gruppo Misto è ripartito tra le componenti politiche in esso costituite, avendo riguardo alla loro consistenza numerica. Anche l'interpretazione della stessa disposizione è univoca; tuttavia la sollecitazione rivolta può essere accolta, nel senso di chiedere alla Giunta per il Regolamento un ulteriore approfondimento.
Sull'ordine dei lavori e per la risposta a strumenti del sindacato ispettivo.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo anche oggi per ricordarle - come è già stato mio costume negli ultimi mesi e considerato che certamente non mi faccio intimorire dalle parole del Ministro Amato e dalle sue assenze - di invitare il Governo e il Ministro dell'interno a venire in Assemblea per fornirci il quadro di una situazione ancora più preciso di quanto non abbia fatto nelle battute estemporanee di ieri, durante il question time.
Tra l'altro l'incontro con i sindaci, di cui abbiamo avuto notizia, è andato come dicono i giornali, ovverosia non positivamente per i cittadini e neanche per la sicurezza del Paese.
Intendo fare per l'ennesima volta un altro sollecito, affinché il Ministro della salute, anch'essa - non si capisce perché - intimorita da alcuni strumenti di sindacato ispettivo degli ultimi mesi, possa essere presente per rispondere alle nostre interpellanza e interrogazione sui casi che hanno riguardato - a nostro parere - il sospetto di infanticidio e di disapplicazione della legge n. 194 del 1978. Mi riferisco al caso dell'ospedale San Camillo di Roma, dell'ospedale Careggi e, nelle ultime settimane, dell'ospedale San Paolo di Milano, sul quale, tra l'altro, è stata aperta un'indagine.
Francamente non si capisce quale timore si abbia a venire nell'aula parlamentare e a rispondere ad alcune vicende su cui si rilasciano interviste pubbliche sui quotidiani nazionali, privando il Parlamento di un confronto che la democrazia - lo abbiamo sentito poco fa dal deputato Bressa - richiederebbe come regola fondamentale.
PRESIDENTE. Come nelle precedenti occasioni, onorevole Volontè, per i suoi solleciti ci faremo parte diligente presso il Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 12,40, è ripresa alle 15.
Pag. 36PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Aprea, Bimbi, Bonelli, Brugger, Cirino Pomicino, Donadi, Fabris, Galante, Mattarella, Morrone, Pagliarini, Stucchi, Villetti, Violante ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative volte a monitorare la gestione dell'istituto dell'affido temporaneo da parte delle amministrazioni comunali - n. 2-00726)
PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00726, concernente iniziative volte a monitorare la gestione dell'istituto dell'affido temporaneo da parte delle amministrazioni comunali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
GIANLUCA PINI. Signor Presidente, signor Ministro, purtroppo oggi ci troviamo - lo dico senza retorica - di fronte ad un caso veramente odioso di pedofilia avvenuto nel comune di Forlì. Non vogliamo assolutamente scendere nei dettagli per non alimentare quel clima di voyerismo che c'è nel Paese quando accadono questi odiosissimi fatti. Però, il nostro ruolo ci impone di riflettere sui meccanismi dell'affido che vengono demandati ai comuni.
Ricostruiamo i fatti che sono citati in premessa. Il 1o settembre scorso i carabinieri del nucleo operativo provinciale di Forlì hanno proceduto all'arresto di un giovane, trentacinquenne, single, accusato di reati pedofilia.
Il reato sarebbe stato compiuto nei confronti di un bambino piccolissimo, di cinque anni, tra l'altro con una situazione familiare abbastanza difficile. Qualcuno si dovrebbe chiedere cosa ci facesse un bambino con una situazione familiare difficile in mano ad un single di trentacinque anni, che era già stato segnalato alle autorità competenti come molestatore di un altro ragazzo maggiorenne e disabile.
È normale porsi quella domanda e fare un'analisi su come vengono stabilite, nello specifico, nel comune di Forlì, le procedure per il rilascio sia degli affidi temporanei, sia degli affidi permanenti.
Dalle indagini è risultato che questa persona non solo è riuscita ad ottenere l'affido temporaneo del bambino compilando un semplicissimo questionario, senza che nessuno, psicologi o psichiatri, abbia tracciato un profilo di questa persona che chiedeva l'affido. Ciò che è veramente sconvolgente è che nel questionario compilato da questo pedofilo - perché di tale soggetto si tratta - questi abbia indicato chiaramente che voleva dei bambini piccoli e che voleva, anche se in affido temporaneo, tenerli la notte. A nessuno sono scattati i campanelli di allarme? Nessuno si è preso la briga di verificare se questa persona era obiettivamente in grado di badare ad un bambino e quali fossero le sue reali intenzioni. È gravissimo perché il meccanismo di affido che abbiamo verificato nel comune di Forlì è veramente dilettantesco.
Il problema è che non stiamo giocando, ma stiamo parlando di minori che spesso, se vengono dati in affido, hanno situazioni familiari molto difficili.
Lei sa benissimo, signor Ministro, che la legge che regola gli affidi ha un obiettivo ben chiaro: il diritto del minore ad una famiglia (lo sottolineo: una famiglia, non un single).Pag. 37
A questo proposito si potrebbe aprire un dibattito molto più ampio, ma lo evitiamo e cerchiamo di focalizzare l'intervento sull'episodio specifico che si è verificato nel comune di Forlì.
L'obiettivo di questa legge non è far sentire felici, per qualche ora, single o persone frustrati - che magari abusano di minori, come purtroppo è successo - bensì (lo leggo direttamente dal dispositivo della legge) riuscire a realizzare un compiuto recupero nella famiglia di origine, cioè superare le difficoltà che incontrano i minori che vengono dati in affido.
Invece, nel comune di Forlì accade che la sussidiarietà verticale troppo spinta ha creato una gestione molto allegra. Non ci sono più specialisti o medici che, prima di affidare i soggetti minori (o persone che, pur non essendo minori d'età, sono affette da disabilità psichica) alle famiglie o alle persone, ne tracciano un profilo psicologico. Si affidano - molto all'acqua di rose - ad una serie di associazioni di volontariato, che ricevono denaro dallo Stato per svolgere tale servizio, demandando loro la valutazione.
A lungo andare la questione si è incancrenita. All'inizio venivano tracciati tali profili psicologici (skill). Successivamente ciò non è più accaduto e ci si è accontentati semplicemente di ascoltare i responsabili di queste associazioni per sapere se le persone che avevano inoltrato richiesta fossero meritevoli o meno, eludendo tutte quelle garanzie a tutela dei minori, che devono essere assolutamente ripristinate, per lo meno nel comune di Forlì.
Signor Ministro, cerco di essere breve perché non userò tutto il tempo a disposizione in quanto non ci troviamo qui per fare retorica, bensì per cercare di capire quali possano essere le soluzioni immediate che il suo Ministero può mettere in campo. Pertanto, le chiediamo, innanzitutto, se sia a conoscenza di questo episodio - ma immagino di sì, considerato che è stato riportato anche dalle cronache nazionali - e quali provvedimenti intenda adottare per monitorare la gestione dell'istituto dell'affido temporaneo da parte delle amministrazioni comunali al fine di evidenziare tempestivamente distorsioni e anomalie e garantire, conseguentemente, il diligente rispetto delle leggi vigenti.
PRESIDENTE. Il Ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere.
ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Pini per l'interpellanza urgente che ha presentato, la quale certamente ci porta a riflettere insieme su un episodio molto increscioso - purtroppo, non l'unico, non il primo e che si spera sempre sia l'ultimo - che, tuttavia, ritengo richieda una puntualizzazione anche dei fatti riportati dalla stessa interpellanza.
Si tratta di precisazioni che, ovviamente, provengono da approfondimenti che ho dovuto svolgere e che, insieme a me, sono state svolte dai miei uffici, trattandosi di una materia nella quale il mio dipartimento non svolge una funzione diretta e specifica e rispetto alla quale, in realtà, la vera responsabilità è quella di un ente locale, il comune di Forlì.
La precisazione che vorrei fare, riguardo ai fatti che lei stesso ha appena descritto, consiste nel fatto che non ci troviamo di fronte ad un vero e proprio caso di affido familiare tradizionalmente inteso, bensì di fronte ad un affido cosiddetto estivo, inserito all'interno di un programma per minori del comune di Forlì (peraltro, monitorato anche attraverso l'intervento dell'azienda sanitaria locale) per l'affidamento estivo dei bambini con situazioni familiari difficili, ma non solo.
Come lei saprà, la procedura dell'affido familiare strettamente intesa è molto più rigorosa e richiede non soltanto il parere favorevole della famiglia del bambino, ma anche l'intervento del giudice tutelare o, in mancanza della volontà della famiglia, un procedimento più complesso sempre e comunque di competenza del tribunale dei minori.
L'istituto dell'affido familiare è volto al reinserimento nella famiglia di origine del bambino del quale la famiglia affidatariaPag. 38per un periodo si assume, sotto la vigilanza e il controllo dei servizi sociali per l'infanzia, l'educazione, la cura e la tutela, spesso anche attraverso il rapporto con la famiglia di origine.
Si tratta di un istituto molto importante, soprattutto per la generosità delle famiglie affidatarie, che è richiesta e che comporta, trattandosi di un istituto che, al contrario dell'adozione, non crea mai veri e propri rapporti di parentela e di filiazione.
Le nuove politiche per i minori, anche in relazione alle scelte giustamente fatte nei confronti delle istituzioni, hanno portato in questi anni a trovare nella rete delle famiglie affidatarie e delle loro associazioni un punto di riferimento fondamentale importantissimo per l'infanzia in difficoltà.
Siamo di fronte a un caso che non rientra in una tipologia prevista dalla legislazione nazionale, ma da un programma di servizi sociali da parte dell'ente locale. Come lei saprà, è stata aperta un'inchiesta amministrativa proprio al fine di verificare perché non si fosse a conoscenza dell'affidabilità della persona alla quale il bambino veniva assegnato, ancorché per un periodo breve. Se non se ne era a conoscenza, si tratta - come giustamente lei ha sottolineato - di un aspetto sicuramente non positivo, tanto più se, magari, qualche elemento, seppure noto, non è stato tenuto in considerazione da parte degli uffici del progetto per l'infanzia. Evidentemente la questione si profila di una serietà che non può essere sottaciuta.
Che cosa fare di fronte a una situazione del genere? Innanzitutto è chiaro che ci troviamo di fronte ad un'autonomia e ad un'ipotesi che lei ha chiamato di sussidiarietà verticale, mentre si tratta di politiche sociali per l'infanzia che il livello nazionale si limita a finanziare, peraltro all'interno del fondo sociale, non essendo stata rifinanziata in maniera specifica la legge 28 agosto 1997, n. 285.
È prevista una programmazione di carattere regionale e ci sono naturalmente richieste esplicite riguardo alla qualità dei programmi e all'affidabilità delle figure professionali che devono seguire tali programmi, nonché alle caratteristiche delle persone alle quali viene affidata la tutela dei minori.
Il Ministero ha riorganizzato recentemente, insieme al Ministero della solidarietà sociale, l'osservatorio delle politiche per l'infanzia, che si insedierà nelle prossime settimane e che, tra l'altro, ha il compito, insieme al centro di documentazione dell'istituto degli innocenti, di monitorare tutte le politiche per l'infanzia e le politiche per l'adolescenza nel nostro Paese, mettendo ovviamente in evidenza le buone pratiche, ma anche non sottacendo il verificarsi di casi come quello del quale, purtroppo, ci stiamo interessando in questa sede.
Allo stesso modo è funzionante e in via di ristrutturazione l'osservatorio contro la pedofilia e l'abuso nei confronti di qualunque minore con l'istituzione di una banca dati che viene considerata una buona pratica segnalata anche a livello internazionale dal Consiglio d'Europa.
Credo che da questo punto di vista il nostro Paese, anche grazie all'azione svolta dalla nostra Polizia postale, abbia dato prova non solo di nessun tipo di cedimento, ma anche di importanti risultati ottenuti in questi ultimi mesi e in questi ultimi anni.
È chiaro che ci troviamo di fronte a programmi degli enti locali che vanno assolutamente monitorati e nei confronti dei quali, probabilmente, sarà necessario, anche in sede di Conferenza Stato-regioni, stabilire dei criteri di qualità e di accreditamento delle associazioni di volontariato e delle figure professionali coinvolte nell'attuazione di questi programmi.
Mi auguro che nelle prossime ore la Conferenza unificata vari una sperimentazione per il rilancio dei consultori, che consideriamo, da questo punto di vista, anche la sede nella quale realizzare una formazione per gli operatori, soprattutto dell'infanzia, dimenticata in questi ultimi anni.
Dopodiché è evidente che la responsabilità non può che essere in capo allePag. 39singole amministrazioni locali per i programmi locali. Confido sulla sua cultura autonomista e federalista per condividere con me questo elemento, evidentemente. Credo che dobbiamo dotarci di tutti gli strumenti che diano garanzia e sicurezza e valutino la qualità dei programmi, ma la gestione degli stessi non può che essere di competenza degli enti locali.
Per quanto riguarda l'affido, anche in relazione alle mie competenze sulle adozioni, stiamo predisponendo dei programmi per la valutazione e il monitoraggio dei risultati e delle buone relazioni genitoriali e familiari sia degli affidi che delle adozioni, perché riteniamo che, mentre siamo dotati di legislazione e di programmi che ci consentono di intervenire per una valutazione preventiva, sicuramente dobbiamo ancora compiere molta strada per un serio monitoraggio dei risultati ottenuti nella vita e nella crescita dei bambini e dei ragazzi, sia di quelli che hanno la possibilità di usufruire di programmi di affidamento, sia di quelli oggetto di vera e propria adozione.
PRESIDENTE. L'onorevole Pini ha facoltà di replicare.
GIANLUCA PINI. Signor Ministro, partiamo da quella che lei ha citato come la nostra innata cultura federalista. Indubbiamente, per noi questa autonomia decisionale, anche e soprattutto nel campo dei servizi sociali, se ben gestiti, è un faro per noi.
Però, proprio perché abbiamo ben chiari i crismi di un sistema federale, sappiamo che ci sono anche strumenti, come l'intervento dello Stato federale, da utilizzare qualora le autonomie non rispondano ai criteri principali e ai principi fondamentali del foedus, l'unione di un Paese.
Non sono soddisfatto totalmente, ma parzialmente. Devo dire che posso cogliere qualcosa di positivo nella sua replica: in primis, il fatto che lei abbia sempre citato la famiglia. Questo era un buon inizio, dal mio punto di vista, per una risposta, che però non è arrivata.
L'applicazione della normativa nazionale, con tutto ciò che determina a livello di autonomie locali, secondo il titolo della legge, prevede: «Diritto del minore ad una famiglia». Che si tratti di affido temporaneo o definitivo, bisogna sempre affidare una persona estranea (un bambino, un minore) ad una famiglia.
Non ci è mai stato chiarito - nutriamo in proposito dubbi e sospetti - il perché, nonostante tutta una serie di famiglie, nel comune di Forlì, fossero in attesa di avere in affido, anche solo temporaneamente, per qualche ora al giorno, minori con disabilità, queste siano state scavalcate deliberatamente (e poi le dirò perché «deliberatamente») e il minore sia stato affidato ad un single. Capiamo che vengono esercitate pressioni da parte della politica, da parte dell'estrema sinistra; pressioni che in qualche modo vogliono equiparare non solo le coppie di fatto, ma addirittura i single alla famiglia, il che non può essere. Sappiamo benissimo - e non lo diciamo solo noi della Lega, ma lo sostengono tutti gli studi in materia - che, quando manca la figura materna in un nucleo familiare, poi diventa molto difficile crescere un bambino o una bambina.
Mi richiamo dunque al primo passaggio della mia replica. Mi sarei aspettato perlomeno che lei avesse dichiarato di voler verificare la situazione, anche senza poter né commissariare l'ente né operare chissà quali interventi sul comune di Forlì. Lei si è invece limitato a chiarire che è in corso un'indagine amministrativa. Forse, però, nessuno le ha riferito che l'indagine amministrativa è un'iniziativa del comune che verifica cosa ha fatto il comune stesso. È il controllore che controlla se stesso: mi sembra onestamente un po' una presa in giro! Una presa in giro soprattutto dopo le «giravolte» politiche del sindaco di Forlì: prima, tirata in ballo sulla effettiva efficienza dei servizi sociali, il sindaco li ha difesi a spada tratta senza nemmeno conoscerli; poi però, l'assessore e il dirigente competente, due giorni dopo, l'hanno smentita, perché davanti ad un pubblico ministero hanno riconosciuto di essere andati oltre la legge. Quando un entePag. 40locale, quando persone di massima responsabilità all'interno di esso, come l'assessore e un dirigente, riconoscono di essere andati oltre la legge, mi aspetterei, da parte del suo Ministero, perlomeno - visto che la legge-quadro ha carattere nazionale - un intervento, un'ispezione, un qualsiasi atto che dia un segnale. Ministro, non sono qui per fare polemica: siamo qui per cercare in qualche modo di trasmettere - a quelle famiglie che aspettano l'affido anche solo temporaneo dei bambini e a quelle altre che hanno bambini con problemi e che sono costrette a darli in affido - un segnale di chiarezza, di tutela dei minori, di tutela della serietà e della legalità in questo Paese.
Se il sindaco di un comune, dopo aver subito (non dico «provocato», ma «subito») un caso così «pesante» all'interno della propria amministrazione, non trova di meglio da fare che difendere per partito preso i servizi sociali dimostrando di non conoscerli e sa solo promettere di attivare una commissione comunale per controllare gli interventi del comune in materia di affido, ciò rappresenta una «presa per i fondelli»! Anche nei confronti del suo Ministero! Anche nei confronti della legislazione nazionale! È questo che non mi può assolutamente far dire che la sua risposta mi trova soddisfatto.
Mi auguro sinceramente che, con un qualsiasi atto legislativo o anche con una semplice circolare, lei voglia chiarire, alla luce di un fatto così grave, che la massima priorità nell'affido di minori o di giovani che comunque soffrono di disabilità o di situazioni di disagio debba essere attribuita alle famiglie, che i single sono solo ed esclusivamente l'ultima possibilità qualora non vi siano più famiglie disponibili ad accettare gli affidi. Altrimenti, si degenera nel malcostume delle segnalazioni fatte dagli amici degli amici, cioè da queste associazioni di volontariato che fanno il bello e il cattivo tempo ricevendo soldi pubblici e determinando questi risultati. Di più: sarebbe bene, da parte del suo Ministero, che sia fornito un altro chiarimento; qualsiasi tipo di affido, anche quelli temporanei, dovrebbe obbligatoriamente comportare una valutazione da parte di uno psicologo che tracci un profilo dei richiedenti. In tal modo potremmo evitare sicuramente che casi così odiosi si ripetano in futuro.
(Interventi in favore dei vigili del fuoco di Monza - n. 2-00652)
PRESIDENTE. L'onorevole Grimoldi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00652, concernente interventi in favore dei vigili del fuoco di Monza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, intervengo assai brevemente. Lo scorso 15 giugno, nella città di Monza, è scoppiato un gravissimo incendio che è costato la vita ad un cittadino monzese. Inoltre, nonostante non siano contemplati nell'interpellanza presentata, il sottosegretario che risponde sa bene che fatti analoghi sono accaduti anche alla fine di agosto con un altro incendio assai grave, costato la vita anch'esso ad un cittadino monzese.
In occasione di questi due fatti di cronaca nera, è venuta alla ribalta la situazione dei vigili del fuoco e dei mezzi ad essi forniti nella città di Monza. Ebbene: il parco mezzi ed il materiale a disposizione sono vecchi ed obsoleti, e sono soggetti a continui interventi, al punto che, nei due avvenimenti ricordati, i vigili del fuoco di Monza hanno dovuto attendere i rinforzi dalla città di Milano perché non avevano sufficienti mezzi per intervenire.
Nel dettaglio, i mezzi dei pompieri di Monza sono: un'autobotte vecchia di vent'anni; un'autopompa vecchia di ventiquattro; un conofiamma vecchio di ventotto. Credo che vi siano Paesi africani che hanno, per i propri vigili del fuoco, dotazioni più moderne ed efficienti.
Monza è la terza città della Lombardia. A breve, essa diventerà provincia: la terza provincia per PIL e dunque per tasse pagate allo Stato centrale; la provincia nella quale si svolge il Gran Premio d'ItaliaPag. 41(e, se permettete, è interesse di tutto il Paese che, quando si svolge il Gran Premio, vi siano vigili del fuoco preparati e messi nelle condizioni di poter intervenire con efficienza in caso di necessità). Eppure, Monza, con i suoi quasi 140 mila abitanti, vede un organico di soli 52 vigili del fuoco.
È sufficiente prendere il dettaglio dell'organico dei vigili del fuoco nei vari distaccamenti del nostro Paese - il sottosegretario lo conosce meglio di me - per riscontrare che ciò costituisce un'anomalia. Si possono fare molti esempi: Brindisi, Taranto, Cagliari, Oristano, Caltanissetta, Enna, Ragusa. Si tratta di realtà che hanno 180 mila, 129 mila, 92 mila abitanti, e che hanno organici dei vigili del fuoco di 262, 315, 166, 142 o 150 unità. È dunque evidente che la realtà di Monza, nonostante contribuisca alle casse dello stato a livello fiscale in modo particolarmente oneroso, non viene assolutamente ripagata in termini di sicurezza, almeno per quanto riguarda il comparto dei vigili del fuoco (ma, essendo monzese, aggiungo: anche per gli altri comparti).
Fra l'altro, occorre ricordare, in proposito, una graduatoria un po' particolare. Il Ministero dell'interno, infatti, ha classificato la realtà di Monza come S1 quanto a priorità per i distaccamenti dei vigili del fuoco: la classificazione S1 è la più bassa in assoluto. Ebbene, non riesco a capire come sia possibile che la terza città della Lombardia, presto provincia e sede del Gran Premio d'Italia, sia classificata all'ultimo posto in graduatoria per la fornitura di uomini e mezzi nel comparto dei vigili del fuoco.
In conclusione, vorrei aggiungere che se la risposta è collegata al fatto che sta per essere fornita un'autopompa usata - non ho ancora scoperto da quante decine di anni - devo dire che ne sono felice perché fra poco e niente è meglio poco; ma spero vi sia qualcosa di più.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Ettore Rosato, ha facoltà di rispondere.
ETTORE ROSATO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Grimoldi per la sua interpellanza. In proposito, spero che egli non accuserà questo Governo di aver logorato tutte le autopompe in questo primo anno: com'è evidente, i mezzi che abbiamo oggi sono - ahimè! - quelli che abbiamo trovato.
Intanto, considero importante la presente interpellanza, dal momento che rileva una situazione di cui, oggettivamente, l'attuale Parlamento si è fatto carico istituendo la provincia di Monza, il che cambierà radicalmente l'assetto delle unità dei vigili del fuoco a causa del nuovo, istituendo comando provinciale di Monza. Si passerà ad almeno ottantaquattro unità - ad oggi, l'organico minimo di un comando provinciale dei vigili fuoco -, salvo operare, in quella fase, una valutazione per calibrare, in maniera adeguata, il numero di unità necessario per il comando medesimo.
Debbo dire che proveniamo da una situazione molto difficile nell'ambito del Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Si registra una carenza di organico palesemente acclarata, le cui manifestazioni si misurano, quotidianamente, in tutti i comandi italiani, e quindi anche nel distaccamento di Monza, derivante da una mancata copertura, negli anni, del turn over.
Rammento, a titolo di dato storico, che la legge finanziaria per il 2006 ha previsto, in tutta Italia, cinquanta assunzioni nei vigili del fuoco, di cui venticinque finalizzate a sopperire alle esigenze di un aeroporto.
È chiaro, quindi, che veniamo da una situazione drammatica degli organici, cui si aggiungono i circa 2.500 pensionamenti previsti per il triennio 2007-2009.
La legge finanziaria per il 2007 ha cercato di porre rimedio a tale stato, compiendo sicuramente un'inversione di tendenza importante, che si è realizzata con le prime seicento assunzioni di vigili del fuoco. Questi hanno cominciato il corso il 19 luglio e nel mese di dicembre arriveranno nei comandi; si tratta di seicento assunzioni che non risolvono certo ilPag. 42problema, ma che - se confrontate con le cinquanta dell'anno precedente - danno un segnale chiaro dell'attenzione che abbiamo posto alla questione.
Soprattutto, è di particolare importanza la procedura - ormai avviata - di stabilizzazione del personale precario, il cui decreto è già stato pubblicato. Sono già disponibili nei comandi i moduli delle domande, e molti ragazzi, che già oggi lavorano nei comandi italiani come discontinui (fornendo, quindi, un servizio importante a supporto dell'organico permanente), stanno già presentando la relativa domanda.
Si tratta di una procedura che intendiamo concludere, sicuramente, entro il mese di novembre, confidando nelle prime assunzioni fin dal 2007.
Ciò, naturalmente, è indispensabile. Se vogliamo rinforzare gli organici, infatti, o scegliamo la strada - che, francamente, non ho mai condiviso, né attuato - del rinforzo virtuale degli organici, e quindi della decretazione di classificazioni superiori ai comandi, senza poi mandare gli uomini (situazione che, ahimé, ho trovato in essere quando mi sono insediato, come posso dimostrare con numerosi fatti, senza alcuna vena polemica); oppure, come stiamo cercando di fare, dobbiamo procedere con le assunzioni, per poi effettivamente mandare i rinforzi dove servono.
Sono convinto che la provincia di Monza sia una di quelle nuove province che rispondono ad una logica anche sotto il profilo del soccorso.
Vorrei ricordare che oggi vi lavorano cinquantatrè unità, le quali si dedicano unicamente al soccorso. È vero che i mezzi a disposizione sono solo un'autoscala, due autopompe serbatoio, un'autopompa pompa, un autofurgone polisoccorso, fuoristrada e mezzi per eventuali interventi fluviali (si aggiungono ad essi anche due nuove autopompe assegnate l'8 giugno scorso, che consentono un rinnovo parziale del vetusto parco mezzi presente in Italia, e non solo a Monza).
I mezzi del vigili del fuoco sono spesso costosi, e rispetto ad essi stiamo riprendendo gli investimenti, con l'obiettivo di rilanciare mezzi adeguati alle moderne esigenze.
Aggiungo, però, che intorno a Monza vi sono in Brianza sette distaccamenti (Desio, Seregno, Lissone, Carate Brianza, Vimercate, Bovisio Masciago) che nel 2006 hanno assicurato, nel complesso, l'espletamento di circa 5 mila interventi di soccorso.
Nel caso in questione che lei, onorevole, richiamava (del 15 giugno scorso), oltre ai mezzi del distaccamento di Monza, accorsi in forze con professionalità, sono intervenuti anche quelli di alcuni distaccamenti vicini e un carro soccorsi in dotazione alla sede di Milano.
Proprio su questo vorrei fornire un dato tecnico, privo - le assicuro - di qualsiasi altra finalità. Il soccorso è costruito su un sistema di questo tipo: in qualsiasi parte del territorio italiano, quando c'è un'emergenza di un livello superiore, automaticamente scattano i soccorsi che sono nel territorio limitrofo, perché è impossibile pensare ad un sistema in cui i soccorsi siano tutti concentrati dappertutto. Ciò non sarebbe economicamente sostenibile e poi sarebbe, onestamente, impossibile da gestire e da concepire.
Pertanto, è vero che occorre potenziare il soccorso; la trasformazione del distaccamento di Monza a comando provinciale garantirà un tale obiettivo.
Vi sono stati mezzi più recenti assegnati all'area di Milano, ma si è seguita unicamente la logica di rispondere ad esigenze del soccorso: sono stati infatti assegnati all'area di Gorgonzola e Legnano che, per la loro lontananza rispetto alle altre aree, avevano bisogno di mezzi che non potevano intervenire rapidamente provenendo dal comando provinciale di Milano o dagli altri comandi che li avevano.
Voglio aggiungere ancora un elemento di carattere generale che riguarda la Lombardia. Martedì prossimo, proseguendo un lavoro che da lungo tempo stiamo facendo con l'assessore Ponzoni, incontrerò nuovamente l'assessore per la definizione diPag. 43una convenzione importante che regola i rapporti tra regione e Ministero dell'interno, in particolare, sugli incidenti a rischio rilevante e sugli impianti ad alto rischio.
Accanto a questo stiamo predisponendo una convenzione, che noi ormai abbiamo già stipulato con molte delle regioni italiane, in base alla quale si stabilirà che la regione dovrà investire risorse nei vigili del fuoco. Su ciò la regione ha manifestato grande disponibilità e sono sicuro che ciò condurrà ad esiti concreti ed importanti. Si consentirà così di investire risorse per il potenziamento dei mezzi dei vigili del fuoco nella logica che tale Corpo non si occupa soltanto del soccorso tecnico urgente sul territorio nazionale (che è di per sé una competenza statale), ma anche delle funzioni di protezione civile (competenza attribuita dalla legge alle regioni) nell'ambito delle quali i vigili del fuoco rappresentano la spina dorsale del sistema.
Quindi tale dispiego comune delle risorse da parte della regione e dello Stato può portare a risultati importanti.
Termino il mio intervento con un riferimento al Gran premio di Monza, a cui non ho partecipato, ma che seguo sempre con grande piacere, solo per assicurarle che i vigili del fuoco non partecipano ai gran premi se non come spettatori perché, in questo caso, il controllo viene affidato a società private che gestiscono il servizio.
Credo, quindi, che sarebbe importante per noi riuscire ad entrare anche in quell'ambito. Ci sono molte manifestazioni a cui i vigili del fuoco partecipano con la loro professionalità e sono certo che farebbero un'ottima figura anche al Gran Premio di Monza, come ha fatto la Ferrari l'ultima volta.
PRESIDENTE. L'onorevole Grimoldi ha facoltà di replicare.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario e sono contento di sapere che non è venuto in aereo anche lui, visti i suoi colleghi...
Il fatto che società private garantiscono la sicurezza all'interno del circuito (parto da questo aspetto) è parzialmente vero perché si tratta dell'interno del circuito, ma il sottosegretario sa meglio di me che, con 250 mila persone di pubblico che affollano il parco di Monza e le aree limitrofe, non si può liquidare la questione dicendo che, all'interno del circuito stesso, della gestione è titolare qualcun altro, e non i vigili del fuoco di Monza.
Detto questo, inizio la mia replica dall'ultima considerazione svolta in merito alla convenzione con la regione Lombardia. Mi trova sicuramente favorevole e si tratta sicuramente di una buona notizia, ma in base a questa mi permetto di precisare un dettaglio cui il sottosegretario ha fatto riferimento, che ritengo sia giusto ricordare (e ricordarcelo): sicuramente, nel nostro Paese, il parco mezzi, nello specifico dei vigili del fuoco, è vetusto.
Nel Paese vi sono, tuttavia, realtà nelle quali il parco mezzi è assolutamente all'avanguardia e viene rinnovato abbastanza spesso, come per esempio nel caso del Trentino. In quella realtà, forse a causa dell'autonomia o del federalismo fiscale, vi sono comunque delle risorse che consentono di sostituire i mezzi con una frequenza assolutamente superiore rispetto al resto del Paese.
L'altra considerazione è che, in generale, sono abbastanza soddisfatto per la sua risposta. Non ho capito (magari poi ne parleremo anche di persona) come nel dettaglio tale benedetta classificazione S1, che riguarda Monza, verrà modificata. Mi interesserebbe sapere se, in vista dell'istituzione della provincia, si passerà ad una classificazione S3, S5 o S6, ovvero se vi sarà un reale approfondimento. Infatti, non vi sono né ragioni tecniche, né politiche che possano spiegare il fatto che Monza oggi si collochi all'ultimo posto della graduatoria per la fornitura di uomini e mezzi al comparto dei Vigili del fuoco.
Un ulteriore dettaglio, di carattere più squisitamente economico, è che le nostre associazioni imprenditoriali locali hanno calcolato che, per la sola città di Monza, l'aumento della pressione fiscale in seguito all'ultima legge finanziaria varata dal GovernoPag. 44Prodi sarà di circa 45 milioni di euro per i cittadini monzesi. Pagare una tale cifra in più, per avere due mezzi usati, di chissà quante decine di anni... Insomma, signor sottosegretario, sono contento, però mi sembra che, come al solito, a fronte di quello che paghiamo in più, non vi sia un'adeguata corrispondenza in termini di ritorno dei servizi. Ripeto che, comunque, sono abbastanza soddisfatto per la sua risposta.
Anche sul tema dei distaccamenti intorno alla città di Monza, lei ha affermato una verità; però, mi permetto di precisare che tanti di questi distaccamenti riguardano i volontari, pertanto si tratta di un discorso a parte. Non si può affermare che, siccome nella nostra realtà vi sono tanti bravi ragazzi che amano fare i volontari nei vigili del fuoco, possiamo disimpegnare quelli di professione. Ciò non giustifica assolutamente la mancanza di attenzione da parte dello Stato e del Governo, che non fornisce, come nelle altre aree del Paese, pari disponibilità di mezzi e uomini per i nostri Vigili del fuoco, al di là del fatto che abbiamo la fortuna di avere tanti volontari e di ciò siamo particolarmente contenti...
(Vicenda relativa al regime carcerario e alla rimessione in libertà di Massimo Sparti - n. 2-00695)
PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Meloni n. 2-00695, concernente la vicenda relativa al regime carcerario e alla rimessione in libertà di Massimo Sparti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), che ha testé sottoscritto.
ENZO RAISI. Signor Presidente, come immagino probabilmente il sottosegretario saprà, nel processo per la strage di Bologna - un processo indiziario (lei è un uomo di legge, quindi sa cosa voglia dire quando uso tale termine) - ebbero un ruolo chiave due collaboratori di giustizia. Il primo è quel «sant'uomo» di Izzo, lo stupratore del Circeo, poi criminale condannato anche di recente per aver ucciso madre e figlia in un momento di libertà concessogli grazie ad un regime carcerario benevolo. A Izzo fu riconosciuto, proprio durante il processo di Bologna, lo status di collaboratore di giustizia dall'allora Pubblico Ministero Mancuso, oggi assessore nella giunta Cofferati.
L'altro testimone chiave era tale Massimo Sparti. Costui era un piccolo criminale con diverse pendenze con la giustizia e, trovandosi in carcere, rilasciò alcune dichiarazioni importanti, che in qualche modo furono macigni per la sentenza finale contro Mambro e Fioravanti, benché in sede di processo fu smentito dalla stessa moglie e - se non erro - dal suocero.
Sparti era destinato a morire. Infatti, nel 1982 gli venne diagnosticato un tumore al pancreas allo stato terminale con metastasi. Non sono un medico, ma vi è qualcosa di strano: il signor Sparti morì nel letto di casa sua nel 2002. Credo che sia un caso clinico eccezionale.
In una trasmissione televisiva della RAI condotta da Giovanni Minoli, La Storia siamo noi, e nel programma condotto da Toni Capuozzo, Terra, è stato dato spazio alle testimonianze del figlio di Sparti, grazie alle quali, nei mesi scorsi, si è appreso che suo padre, sul letto di morte, ammise di aver mentito perché gli furono garantite alcune condizioni, che poi non fu in grado di spiegare in cosa consistessero perché qualche giorno dopo morì. Tuttavia, un dato è certo: lo Sparti, che sarebbe dovuto morire in poco tempo, in quanto già nel 1982 gli era stato diagnosticato un tumore al pancreas allo stato terminale, beneficiò di una serie di agevolazioni giudiziarie; riuscì a ottenere la libertà condizionale, a uscire dal carcere grazie alla testimonianza-chiave resa nel processo e a sopravvivere, non si sa bene come, fino al 2002.
Nell'interpellanza da noi presentata ricostruiamo l'excursus (quindi non sto qui a ripeterlo perché sicuramente lei, signor sottosegretario, lo avrà letto o, almeno, spero lo abbiano letto gli uffici che le hanno preparato la risposta) di tutti i certificati medici, che nel corso del tempoPag. 45furono prodotti e che attestarono che lo Sparti aveva effettivamente il tumore al pancreas allo stadio terminale.
Successivamente, alla fine degli anni Novanta, la sua cartella clinica bruciò in un incendio. Con riferimento a tale episodio, accadde che tra i tanti incendi che scoppiano nei policlinici, venne bruciata proprio quella cartella clinica...! Insomma, vi sono tutta una serie di vicende che ci fanno capire che anche lo Sparti, dopo Izzo, sicuramente ha ricevuto qualche favore dalla nostra giustizia grazie alla sua collaborazione.
Nell'interpellanza chiediamo di avere dei chiarimenti ufficiali da parte del Ministero della giustizia su quali tipi di provvedimenti di libertà siano stati emessi a suo favore e con quali motivazioni, in modo tale che rimangano agli atti e che, finalmente, riusciamo a conoscere la vera storia di Sparti, un grande collaboratore della giustizia, miracolato da Dio e dalla giustizia stessa! Tali provvedimenti gli accordarono tutta una serie di agevolazioni di carattere giudiziario, che lo portarono a dover scontare pochi giorni di prigione rispetto a quelli che avrebbe dovuto scontare, e a morire tranquillamente nel suo letto di casa.
Immagino che lei abbia letto il testo dell'interpellanza, pertanto non le ripeto le domande in esso formulate, alle quali spero sia in grado di fornirci risposte chiarificatrici perché è chiaro che, anche sulla base della sue risposte, la nostra denuncia non si fermerà a questo punto.
Del resto, chi mi conosce sa che sono molto interessato a questa vicenda anche perché sono di Bologna e si tratta di un tema sul quale ho lavorato anche in Commissione Mitrokhin. Inoltre, ho presentato alcuni esposti relativamente a delle omissioni d'indagini, evidenziate anche da parte di realtà estere, che hanno segnalato che quel giorno a Bologna vi era la presenza di terroristi di altri Paesi (ma su questo non si è mai indagato!).
È certo, però, che occorre fare chiarezza, ad esempio sulla trasparenza con cui la nostra giustizia ha portato avanti il processo di Bologna. Ricordo un episodio su tutti e concludo: durante il processo di Bologna, un avvocato delle parti civili denunciò il fatto che queste ultime s'incontrarono con i PM del processo (uno dei quali era il pubblico ministero Mancuso, che oggi ricopre la carica di assessore della giunta della mia città) nella sede dell'allora Partito Comunista italiano. Questo fu un fatto clamoroso però in questa Italia, dove di fronte a certi scandali della magistratura ci si volta sempre dall'altra parte, non accadde nulla e morì nel dimenticatoio. Si trattò, però, di un chiaro segnale del fatto che quel processo abbia subito dei forti condizionamenti politici e, man mano che si vanno a verificare le testimonianze-chiave, scopriamo fatti che sono veramente da fantascienza! Oggi le raccontiamo in questa sede parlamentare, però credo che il percorso clinico di questo super teste sia stupefacente e che sia veramente incredibile che qualcuno possa ancora credere alla sua attendibilità! Eppure, quel super teste è stato sufficiente per chiudere, con sentenza definitiva della Corte di cassazione, un processo sulla strage più efferata compiuta nel nostro Paese, sulla quale ancora io, e credo anche tanti cittadini, nutro molti dubbi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, come necessaria premessa ai quesiti posti dagli onorevoli interpellanti, si precisa che già nella XIII legislatura l'allora Ministro di grazia e giustizia Flick, nel rispondere all'interrogazione n. 4-07879 dell'onorevole Storace, ebbe modo di fornire una puntuale ricostruzione delle circostanze di fatto menzionate anche nell'interpellanza urgente oggi in discussione. Si tratta di circostanze che costituiscono, indubbiamente, la premessa logica ai quesiti posti, che hanno formato oggetto di alcuni provvedimenti giurisdizionali assunti in relazione alla vicenda riguardante Massimo Sparti.Pag. 46
Appare utile, pertanto, ricordare ciò che in occasione della precedente risposta si è posto in evidenza, ossia che l'autorità giudiziaria ha esaminato lo specifico argomento menzionato espressamente nell'interrogazione dell'onorevole Storace - ma sotteso anche all'interpellanza di oggi e ripreso nell'illustrazione della stessa - secondo cui Massimo Sparti avrebbe, o potrebbe avere, calunniato Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, dichiarando falsamente che Fioravanti, due giorni dopo la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980, gli aveva richiesto con minacce di procurare documenti falsi per sé e per la Mambro, per sottrarsi alle ricerche dell'autorità, dato che essi si trovavano alla stazione ferroviaria di Bologna al momento dell'esplosione.
Secondo tale argomento la calunnia di Sparti sarebbe stata premiata favorendolo con la formazione di un falso reperto, rilasciato dai sanitari legati alla massoneria, attestante una sua grave infermità incompatibile con il carcere, consentendogli così di ottenere la libertà provvisoria.
Come ricordato in occasione della risposta alla precedente interrogazione parlamentare, dalle informazioni acquisite risulta che la procura della Repubblica di Bologna nel richiedere l'archiviazione del procedimento contro lo Sparti, indagato per calunnia in danno del Fioravanti Valerio e Mambro Francesca, nel provvedimento del 27 febbraio 1997, ha dettagliatamente ricostruito i fatti e le vicende citati (in particolare nei punti da n. 24 a 77 della richiesta di archiviazione, integralmente recepita dal pubblico ministero).
In particolare, la predetta autorità giudiziaria ha accertato che la diagnosi formulata nel certificato del Centro clinico penitenziario di Pisa del 13 febbraio 1982, cui si fa riferimento nell'interpellanza, era effettivamente sbagliata, ma che non vi fu alcuna dolosa falsificazione di diagnosi. L'errore valutativo emerse allorché lo Sparti, subito dopo essere stato posto in libertà provvisoria il 3 marzo 1982, fu ricoverato in ospedale a Roma il 6 marzo 1982, trattenuto per esami quasi un mese e, al termine degli stessi, sottoposto ad una pesante operazione chirurgica esplorativa che consentì di escludere la natura neoplastica delle formazioni createsi sul pancreas. L'autorità giudiziaria ha ritenuto che, proprio per l'importanza dell'intervento chirurgico, lo stesso Sparti non vi si sarebbe certo sottoposto se fosse stato consapevole della falsità della diagnosi.
Per quanto concerne gli asseriti legami massonici, cui si è fatto cenno nell'interpellanza, gli accertamenti condotti dall'autorità giudiziaria li hanno esclusi, sia per il radiologo professore Michelassi che stilò il referto iniziale, sia per gli altri sanitari delle strutture pubbliche di Pisa. Il GIP ha potuto, invece, risalire, attraverso argomenti valutativi, alla ragione dei sospetti formulati dal dottor Ceraudo, già direttore del Centro clinico giudiziario di Pisa, nei confronti dei suoi colleghi, ricollegandoli ad un possibile risentimento dello stesso Ceraudo che riteneva gli stessi coinvolti, in qualche modo, nel suo allontanamento dall'incarico.
Nella motivazione del decreto di archiviazione si legge anche che «lo Sparti rese l'unica testimonianza favorevole a Fioravanti e Mambro (il 5 maggio 1982, due mesi dopo la sua liberazione), sostenendo che la richiesta minacciosa di falsi documenti da parte del Fioravanti stesso era avvenuta nel settembre 1980 e non il 4 agosto, come aveva più volte dichiarato mentre era ancora detenuto e come ebbe poi a ribadire in seguito. Sembrerebbe, cioè» scrive il magistrato «che la sua scarcerazione fosse stata favorita nel modo indicato solo per consentire una sua rettifica testimoniale in favore e non in danno dei due terroristi. ». Il GIP ha perciò concluso che «manca qualsiasi elemento indiziario che consenta di ritenere calunniose le dichiarazioni rese da Massimo Sparti nel processo della strage del 2 agosto 1980 (...), dichiarazioni d'altronde sottoposte a vaglio critico ripetuto da parte dei vari giudici che si sono occupati della vicenda nei vari gradi di giudizio, compreso quello in sede di rinvio».
Per quanto riguarda, poi, gli specifici quesiti posti dagli interpellanti, si comunicaPag. 47che Massimo Sparti è stato detenuto presso la casa di reclusione di Orvieto dal 13 aprile 1981 al 7 dicembre 1981; dal 23 agosto 1981 al 21 settembre 1981 e dal 7 dicembre 1981 al 3 marzo 1982 è stato ristretto presso la casa circondariale di Pisa. Come sopra riportato, il 3 marzo 1982 lo Sparti è stato dimesso dall'istituto penitenziario di Pisa, a seguito di provvedimento di scarcerazione n. 6696/81 A.P.M. n. 1291 della procura della Repubblica di Roma dello stesso 3 marzo, per libertà provvisoria concessa dalla XII sezione istruttoria del Tribunale di Roma, per incompatibilità del detenuto con il regime carcerario.
Lo Sparti è stato, poi, ristretto dal 18 luglio 1987 all'8 luglio 1989 nella casa circondariale di Velletri, per espiazione della pena di quattro anni e otto mesi inflitta dalla corte di assise di appello di Roma con sentenza del 19 aprile 1986, resa esecutiva il 9 aprile 1987, per associazione sovversiva, costituzione e organizzazione di banda armata, rapina, detenzione e porto illegale di armi da guerra, esplosivo ed altro.
Successivamente, lo Sparti è stato condannato dal tribunale di Roma, con sentenza del 29 marzo 1988, irrevocabile dal 1o luglio 1988, per ricettazione continuata in concorso e per falsità materiale, alla pena complessiva di due anni di reclusione e a una multa di due milioni di lire. Lo Sparti è stato, inoltre, arrestato il 27 maggio 1992 per violazione della legge sulle armi; convalidatogli l'arresto, gli è stata applicata dal tribunale di Roma, in data 28 maggio 1992, la misura della custodia cautelare in carcere. Il 2 giugno 1992 la seconda sezione del tribunale di Roma, a seguito di giudizio abbreviato, ha condannato lo Sparti ad otto mesi di reclusione e ad una multa di 300 mila lire, revocando contestualmente la misura della custodia cautelare e ordinando la sua rimessione in libertà. Il tribunale, testualmente, nel motivare il provvedimento in questione, ha ritenuto di revocare la misura cautelare disposta, non persistendo le esigenze di cui all'articolo 274 del codice di procedura penale, «considerato il comportamento processuale ed extraprocessuale avuto dall'imputato che indicò ai carabinieri il luogo ove deteneva l'arma, attese le risultanze del certificato penale attestanti che gli ultimi fatti criminosi risalgono a circa dieci anni or sono, nonché la mancanza di carichi pendenti». Tale sentenza è stata confermata dalla corte di appello nel 1994 e la Cassazione, il 25 novembre 1994, ha rigettato il ricorso.
In sede esecutiva, visto che gli interpellanti chiedono ulteriori notizie, nei confronti dello Sparti sono stati emessi tre provvedimenti di cumulo di pene.
Il primo, emesso dalla procura generale della Repubblica di Bologna il 21 settembre 1995, cumulando le pene inflitte con le decisioni del 19 aprile 1986, del 29 marzo 1988, del 18 gennaio 1989 e del 6 ottobre 1992, ha determinato la pena detentiva da scontare in anni due, mesi due e giorni sette di reclusione. Con ordinanza della corte d'appello di Bologna, in data 19 dicembre 1995, sono stati condonati anni due di reclusione, per effetto del decreto del Presidente della Repubblica del 22 dicembre 1990, n. 394, di concessione di indulto. Con ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Bologna del 28 maggio 1998 è stato disposto l'affidamento in prova al servizio sociale.
Il secondo provvedimento di cumulo è stato adottato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Roma in data 6 novembre 1998, in relazione alle pene inflitte con le decisioni del 19 aprile 1986, del 29 marzo 1988, del 18 gennaio 1989, del 6 ottobre 1992 e del 19 gennaio 1994. In questo caso, la pena detentiva da scontare è stata determinata in anni due e giorni ventidue di reclusione.
Il terzo provvedimento, emesso dalla procura della Repubblica di Roma il 22 maggio 1999, comprendente anche la condanna inflitta il 2 giugno 1992 dal tribunale di Roma, unificando le pene concorrenti, ha determinato la pena residua da espiare in mesi nove e giorni venticinque di reclusione. La procura di Roma ha precisato che detta pena è stata espiata dal 10 luglio 2000 al 4 maggio 2001 in regimePag. 48di affidamento in prova al servizio sociale, misura alternativa alla detenzione disposta con ordinanza del 17 marzo 2000 del tribunale di sorveglianza di Roma.
Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha fatto infine presente che dopo l'ultimo periodo di detenzione per l'applicazione della misura cautelare della custodia in carcere, risalente, come sopra riferito, all'anno 1992, dalla procedura Sidet non risulta che lo Sparti sia stato ristretto in un istituto penitenziario.
Infine, nei confronti dello Sparti sono stati emessi, nel tempo, i seguenti provvedimenti di riduzione della pena, da parte del tribunale di sorveglianza di Roma: ordinanza di liberazione anticipata del 21 giugno 1988, che ha ridotto la pena inflitta di giorni centotrentacinque; ordinanza in materia di semilibertà del 28 dicembre 1988, che ha ridotto la pena inflitta di giorni quarantacinque; ordinanza del 17 marzo 2000, che ha deliberato l'affidamento in prova al servizio sociale per tutto il periodo della pena da scontare, pari a mesi nove e giorni venticinque; ordinanza del 21 novembre 2002 di esito positivo della misura della messa in prova.
PRESIDENTE. L'onorevole Raisi ha facoltà di replicare.
ENZO RAISI. Signor Presidente, non solo non sono soddisfatto, ma devo dire che sono indignato, ovviamente non con il sottosegretario, che in questo caso svolge una funzione, per così dire, notarile, ma con gli uffici del Ministero della giustizia che, ogni volta che preparano questo tipo di risposte, soprattutto in ordine alla strage di Bologna, dimostrano che in questo Dicastero ci sono muri di gomma eccezionali.
Nella risposta mi si cita una precedente interrogazione presentata dall'onorevole Storace - devo dire anche con cattivo gusto, se vogliamo, visto quello che è accaduto recentemente - riferendo, tra l'altro, anche su questioni mai poste: si è parlato, ad esempio, di massoneria, di medium. Nella nostra interpellanza urgente non si parla di nulla di tutto ciò, ma si pone all'attenzione del Governo che in due trasmissioni televisive, che hanno trattato della questione Sparti, sono emersi elementi di novità, tra cui anche la testimonianza clamorosa del figlio dello Sparti, il quale ha spiegato come si è giunti a quel certificato falso con il quale si è decretata la famosa diagnosi del tumore al pancreas per il padre. Vi è stato - lo ricordo - un percorso attraverso il quale si è arrivati a ciò: allo Sparti sono state fatte ingerire alcune cose in carcere e vi è stata una sostituzione dei certificati. Vi è, inoltre, una testimonianza televisiva di persone che hanno dichiarato questo.
Nella risposta fornita dal sottosegretario si è ripreso ciò che la procura di Bologna, chiaramente parte in causa, disse all'epoca, senza tener conto di quegli elementi di novità che oggi abbiamo citato nell'interpellanza in esame. A cosa serve, quindi, presentare interpellanze urgenti evidenziando detti elementi di novità, quando vengono fornite risposte già date in anni precedenti? Questo è accaduto anche per altre questioni, come, ad esempio, per il caso Thomas Kram.
Ci si riferisce sempre alla procura di Bologna, la quale ha il proposito di tenere tutto immutato perché non ha intenzione di riaprire questo processo o comunque certi filoni di questo processo, indi per cui si ripropongono esattamente le stesse precedenti risposte.
È evidente, quindi, che siamo di fronte ad uno scandalo: lei, signor sottosegretario, ha enumerato le sentenze di condanna inflitte e quanto quest'uomo sia rimasto in carcere; di qui il percorso privilegiato, rispetto a quello che lo stesso ha commesso nel corso della sua vita, goduto da questo supertestimone insieme a quel sant'uomo di Izzo (i due supertestimoni che hanno garantito la conclusione di quel processo).
Lei mi ha confermato, grazie alle dubbie scelte compiute in parte dalla procura e dal tribunale di Bologna, nonché dalla procura di Roma, la concessione di percorsi privilegiati al signor Sparti: questi è stato agevolato sia nelle libertà condizionali che gli sono state concesse, sia conPag. 49l'assistenza ai servizi sociali e così via. Di fatto, questo signore rispetto ai gravi crimini che ha commesso nella sua vita poco o nulla ha scontato nelle patrie galere, salvo qualche periodo di detenzione (a fronte di queste scelte sfacciate, ci sono comunque dei termini di legge da dover rispettare).
Quello che è certo è che la vicenda di Sparti è scandalosa per la giustizia del nostro Paese. È una vicenda, lo ripeto in questa sede, scandalosa! Si tratta di un altro di quei buchi neri della storia del nostro Paese. È incredibile la storia di questo malato terminale di tumore al pancreas le cui cartelle vengono bruciate stranamente, per il modo in cui viene agevolato nella sua vita. Malgrado tutto ciò, lo Sparti è stato un testimone chiave di uno dei processi più importanti di questo Paese.
Siamo di fronte, lo ricordo, a due trasmissioni televisive importanti (una andata in onda su una rete pubblica e l'altra trasmessa da Canale 5), condotte da persone sicuramente al di sopra di ogni sospetto come Minoli e Capuozzo, non riconducibili a questa o quella parte politica ma grandi professionisti che hanno fatto dell'inchiesta una della peculiarità del loro lavoro professionale. Nonostante ciò cala il silenzio. Qui mi si risponde dando la stessa risposta fornita ad un'interrogazione presentata dal mio collega Storace nel 1997, come dire che nel frattempo non è accaduto nulla, cioè siamo sempre fermi alla sentenza definitiva. In questo Paese anche il giorno in cui verrà qualcuno ad affermare di aver messo lui la bomba alla stazione di Bologna, gli si risponderà che non è successo nulla. Nulla è cambiato e nulla cambierà mai!
Credo che questa sia una pagina nera della giustizia del nostro Paese. Noi continueremo a fare la nostra parte denunciando tali gravi atti compiuti anche nel corso dei processi che si sono svolti a vari livelli sulla strage di Bologna. Non ci fermeremo e per tali motivi ci dichiariamo insoddisfatti della risposta. Mi dispiace per il sottosegretario che, ripeto, non ha colpa avendo solamente letto ciò che è stato predisposto dagli uffici del Dicastero. Probabilmente, se in quegli uffici qualcuno cominciasse a svolgere un lavoro un po' più serio anche in ordine alle risposte da dare agli atti di sindacato ispettivo, forse vi sarebbe qualche dubbio in più rispetto a quelli che sono gli elementi di novità e ci verrebbero risparmiate risposte anche un po' stucchevoli: quando si risponde ad una interpellanza urgente facendo riferimento a contenuti che non sono i nostri, ciò mi sembra quanto meno un po' bizzarro.
(Mancanza di una rappresentanza diplomatica italiana in Moldavia e disagi per i cittadini moldavi nel raggiungere l'Italia n. 2-00722)
PRESIDENTE. L'onorevole Venier ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00722, concernente la mancanza di una rappresentanza diplomatica italiana in Moldavia e disagi per i cittadini moldavi per raggiungere l'Italia (Vedi l'allegato A - Interpellanza urgenti sezione 4).
IACOPO VENIER. Signor Presidente, signor sottosegretario, intendiamo tornare su una questione che rimane irrisolta e che abbiamo già sottolineato con un'altra interpellanza a cui ha dato risposta la sua collega Sentinelli.
Si tratta di un problema serio, che riguarda la rappresentanza diplomatica italiana nella Repubblica di Moldova, che non esiste, e la cui mancanza provoca continui disagi, ma soprattutto vessazioni per i cittadini moldovi e per i cittadini italiani, e impedisce uno sviluppo positivo delle relazioni - che crescono - commerciali, economiche e culturali con il nostro Paese.
La situazione è andata aggravandosi pesantemente con l'ingresso della Romania nell'Unione europea in quanto i cittadini moldovi, che prima potevano accedere in Italia attraverso un canale di visti reperibili in Romania, oggi non lo possono fare. Ciò crea una situazione di gravissima preoccupazione, perché ovviamente, essendoPag. 50impedito sostanzialmente il canale ufficiale, regolare e giusto, per l'ingresso nel nostro Paese, si moltiplicano i casi e le segnalazioni di percorsi alternativi, irregolari e illegali, su cui spesso speculano le organizzazioni criminali.
Dopo che abbiamo presentato quella prima interpellanza urgente abbiamo avuto dei contatti con le molte associazioni di lavoratori moldovi che operano e lavorano seriamente in Italia e che ci segnalano una situazione di crescente difficoltà. L'ultima segnalazione proviene da un cittadino italiano. Voglio leggerla, signor sottosegretario, affinché si capisca di che parliamo. Questa persona scrive che si è sposata con una cittadina moldova e data questa situazione non è possibile ottenere in nessun modo il ricongiungimento familiare perché l'ambasciata rumena, ad oggi, non riconosce i documenti rilasciati dalle rappresentanze diplomatiche italiane. Questa situazione provoca ai soggetti interessati un costo enorme per rappresentare la propria posizione. L'ambasciata rumena, che dovrebbe realizzare, anche per noi, questo tipo di lavoro, non lo esegue e addirittura non riconosce i documenti ufficiali rilasciati dalle ambasciate italiane.
Per tale ragione, pur comprendendo le difficoltà finanziarie in cui ci muoviamo - abbiamo di fronte a noi una difficile discussione sulla prossima legge di bilancio - non è più procrastinabile una ridefinizione della rete consolare italiana, che è costruita su una proiezione tutta basata sulla nostra emigrazione e non sulle esigenze che riguardano i flussi immigratori. Allora, anche di fronte alle speculazioni politiche che molti in questo Paese fanno sul tema dell'emigrazione anche con la falsa discussione sui temi della sicurezza e sulla falsa equivalenza tra immigrazione e criminalità, noi dobbiamo dare risposte strutturali.
La prima di esse è la possibilità, per i cittadini di questi Paesi, che intendono regolarmente e in modo dignitoso avere accesso al mercato del lavoro italiano, di ottenere tale accesso attraverso relazioni con le autorità italiane, nella garanzia di percorsi non vessatori. In altre parole, avere la possibilità di accedere a percorsi legali di ingresso nel nostro Paese, cosa che per i cittadini moldovi è oggi sostanzialmente impossibile, data questa situazione. In sede europea non funziona l'Accordo esistente perché manca la nostra rappresentanza diplomatica in quel Paese.
Credo, quindi, necessario un impegno del Governo affinché la situazione si risolva nell'unico vero modo, cioè quello di realizzare una nostra rappresentanza diplomatica a Chisinau, capitale della Repubblica di Moldova.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevole Venier, le difficoltà cui i cittadini moldovi vanno incontro per la richiesta dei visti della nostra ambasciata a Bucarest sono note al Governo e sono state anche oggetto dei lavori delle consultazioni italo-moldove svoltesi a Roma il 14 giugno scorso.
Per risolvere queste difficoltà e per venire incontro all'esigenza di dare adeguato rilievo, sul piano delle strutture amministrative e diplomatico-consolari, all'importanza che la Repubblica di Moldova riveste per il nostro Paese, sono state individuate due possibili soluzioni a breve termine e una, più risolutiva, a medio termine.
Quelle di breve termine comprendono la partecipazione al common application center attivo a Chisinau, e di cui fanno parte, oltre all'Ungheria, l'Austria e la Slovenia, e la conclusione di un accordo di rappresentanza con l'Ungheria per il rilascio dei visti Schengen. Il common application center, di cui l'Italia ha chiesto di far parte, consentirebbe di risolvere in modo parziale il problema del rilascio dei visti brevi, cioè quelli di Schengen, ai cittadini moldovi. Bisogna però essere consapevoli del fatto che questa struttura, con la sua capacità di ricezione di un massimo di 10 mila richieste all'anno, non sarebbePag. 51in grado di assorbire l'intera richiesta di visti per l'Italia.
La seconda soluzione ponte è la stipula di un'intesa bilaterale con l'Ungheria per attribuire a Budapest la rappresentanza dell'Italia a Chisinau per il rilascio dei visti. Questa soluzione potrà avere piena attuazione soltanto quando l'Ungheria comincerà ad applicare in toto il Trattato di Schengen, cioè a partire dal prossimo gennaio 2008. Queste due soluzioni ponte, una volta a regime, faranno sì che i cittadini moldovi potranno procedere alla richiesta di visti Schengen per l'Italia senza doversi recare all'ambasciata italiana a Bucarest.
In attesa della loro attuazione, l'ambasciata a Bucarest resta competente al rilascio dei visti, sia nazionali sia Schengen, per i cittadini moldovi. Facciamo presente a questo proposito che la rappresentanza rilascia i visti in tempi assai contenuti ovverosia in giornata o al massimo entro i due giorni successivi alla richiesta.
Il Governo sta comunque pensando ad una soluzione di insieme, che consenta non solo di risolvere in via definitiva e per tutte le tipologie di richieste il problema della concessione di visti ai cittadini moldovi ma che dia anche adeguato risalto alla importanza che noi attribuiamo alle relazioni bilaterali con quel Paese. In quest'ottica il Governo ha inserito tra le proprie priorità l'apertura di un'ambasciata a Chisinau. L'apertura si realizzerà nel contesto della ristrutturazione della rete diplomatico-consolare e degli istituti di cultura disposta dalla legge finanziaria 2007. Un piano che mira a coniugare l'esigenza di razionalizzare le risorse disponibili con l'obiettivo di mantenere inalterato il livello di rappresentanza esterna delle strutture preesistenti e del servizio reso all'utenza.
In questo quadro normativo, l'amministrazione ha individuato un articolato piano di interventi sulla rete finalizzato al contenimento della spesa e al recupero di risorse, sia umane che finanziarie, necessarie a potenziare la rete, in considerazione del mutato contesto geopolitico, tramite l'istituzione di nuove sedi ovvero l'elevazione di strutture già esistenti.
La prima fase della ristrutturazione - da attuare entro la fine di quest'anno - comprende i seguenti interventi che, per quanto concerne il settore consolare, hanno già ricevuto il parere favorevole del comitato di presidenza del Consiglio generale degli italiani all'estero. A decorrere dal 1o ottobre 2007 avvieremo l'accorpamento della rappresentanza permanente presso la Conferenza del disarmo a Ginevra nella rappresentanza permanente presso le organizzazioni internazionali in quella sede presenti.
A decorrere dal 1o novembre 2007 verrà soppresso il consolato ad Atene e il consolato a Il Cairo e verrà effettuato un accorpamento presso le ambasciate in quelle città come cancellerie consolari. Verrà soppresso il consolato generale a Lipsia con contestuale attribuzione delle competenze territoriali alla cancelleria consolare dell'ambasciata a Berlino. Verrà soppresso, infine, il consolato di Bastia, attribuendo la relativa competenza territoriale sulla Corsica al consolato generale a Marsiglia. Le cancellerie consolari ad Atene e Il Cairo opereranno negli edifici che ora ospitano i consolati; a Bastia, in Corsica, sarà creato uno sportello permanente per assicurare una presenza in loco e per fornire servizi consolari con un collegamento telematico con Marsiglia; a Lipsia verrà poi istituito un ufficio consolare onorario.
A decorrere dal 1o gennaio 2008, verrà istituito un consolato generale a Mosca, con contestuale soppressione di una cancelleria consolare dell'ambasciata. Nel corso del 2008 è poi prevista l'istituzione dell'ambasciata a Chisinau, unitamente ad altre misure attualmente allo studio.
Nel frattempo, al fine di avere una presenza istituzionale in Moldova e per l'assistenza ai nostri connazionali, è stato istituito un consolato onorario a Chisinau, dipendente dall'ambasciata d'Italia a Bucarest. L'esigenza manifestata dall'onorevole Venier, di rafforzare la presenza istituzionale italiana in Moldova, vede,Pag. 52quindi, il Governo non solo concorde ma già attivo nella individuazione, in tempi rapidi, di risposte quanto più possibilmente soddisfacenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Venier ha facoltà di replicare.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, non posso che dichiararmi soddisfatto dell'impegno formalizzato relativo all'apertura dell'ambasciata a Chisinau nel corso del 2008. È quello che avremmo voluto ed è quello che serve per risolvere una situazione sempre più insostenibile. Le soluzioni ponte, alle quali aveva già accennato la Viceministro Sentinelli, nel dicembre dello scorso anno, non sono efficaci.
È necessario ricorrere ad una soluzione strutturale e l'unica credibile è l'apertura di una ambasciata. Noi la sosterremo e verificheremo che questo impegno, così annunciato, divenga realtà perché - per le considerazioni che ho svolto poc'anzi, per lo sviluppo delle relazioni bilaterali con la Repubblica di Moldova e per la sicurezza e la dignità dei lavoratori moldavi che vogliono recarsi nel nostro paese - non è più possibile consentire la situazione attuale in cui versa una parte della popolazione così bisognosa, al punto di scegliere la via dell'emigrazione per contribuire allo sviluppo del nostro Paese. Occorre un'azione e un impegno di evidente serietà, spesso necessario per la tenuta dello stesso tessuto sociale italiano.
Ringrazio il Governo per tale risposta e sono sicuro che l'impegno preso verrà attuato all'interno delle previsioni relative all'anno 2008.
(Interventi in relazione alla situazione del sistema universitario italiano - n. 2-00729)
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00729, concernente interventi in relazione alla situazione del sistema universitario italiano (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, non esporrò compiutamente l'interpellanza urgente che ho presentato, la quale, tra l'altro, riteniamo sia molto corposa e puntuale nei propri contenuti. D'altronde la presenza del Ministro Mussi ci dà pienamente ragione non solo sulla bontà, in senso lato, di tale interpellanza (o comunque delle questioni in essa contenute) ma, soprattutto, della cogenza della problematica. Le questioni che abbiamo rilevato sono state rappresentate in maniera molto puntuale e pertanto, rimando il mio intervento alla replica e attendo le risposte del Ministro.
PRESIDENTE. Il Ministro dell'università e della ricerca, Fabio Mussi, ha facoltà di rispondere.
FABIO MUSSI, Ministro dell'università e della ricerca. Signor Presidente, non ho voluto mancare l'occasione! L'università italiana è la più antica del mondo, è un'istituzione di grande rango e il contributo della scienza e della cultura italiana al sapere universale è enorme. Inoltre, nel mondo moderno, università e ricerca rappresentano, sempre più, la chiave del futuro per tutti paesi. Vorrei dichiarare, preliminarmente, che accolgo e accoglierò con favore tutte le convergenze politiche e parlamentari orientate alla soluzione dei problemi, perché è in gioco - non costituisce retorica dirlo, in questo caso - realmente un interesse nazionale prioritario.
Ho letto attentamente l'interpellanza dell'onorevole Marinello e degli altri che l'hanno sottoscritta; non sono sicuro di essere il legittimo destinatario di tutti punti dell'interpellanza, ma proverò a non sottrarmi a nessuno di essi. Ne ho individuati undici rilevanti.
Il primo riguarda il clima di sospetto e di sfiducia che si dice si va diffondendo anche nei media relativamente all'università. Fra le molte citazioni possibili si menziona un titolo del giornale Il Manifesto (gli amici de Il Manifesto saranno contenti di questa citazione anche se se ne potevano trovare infinite altre) e nel vostroPag. 53testo, onorevole Marinello, si parla di «quotidiani scandali». Questo non è l'anno in cui avvengono gli scandali, ma quello in cui cominciano a svelarsi, in cui c'è una reazione.
Ho provato a porre al centro del Governo e del sistema la questione morale, la questione della legalità e della trasparenza. In questi mesi - cosa che non mi sarei neanche immaginato all'inizio - ho dovuto continuamente coinvolgere magistratura, forze di polizia e alla fine anche l'alto commissariato anticorruzione ed ho incoraggiato molti, a partire dai rettori, a prendere decisamente l'iniziativa; se alcuni episodi di corruzione sono venuti fuori si deve anche all'iniziativa, quest'anno, di alcuni rettori ad esempio quelli di Catanzaro e di Bari.
Mi ero permesso qualche giorno fa di citare il motto evangelico «o portet ut scandala eveniant»; padre Giordano Muraro - importante teologo - su Famiglia cristiana mi ha ricordato il seguito dello scritto evangelico: «guai però a coloro per i quali gli scandali avvengono» e sono del tutto d'accordo con lui. Occorre entrare, frusta in mano, per cacciare i mercanti dal tempio; mettere fuori dall'università corrotti e corruttori è diventato un imperativo morale e politico, altrimenti il sistema non si governa.
Il secondo punto della vostra interpellanza, onorevole Marinello, alla lettera b) considera l'«infausta logica dei concorsi universitari». Come si sa, le regole concorsuali sono state continuamente mutate negli anni, con un processo di riforma praticamente ininterrotto e sono state provate infinite combinazioni. Vorrei dire che non è vero che è tutta spazzatura; nell'università italiana esiste qualità ed eccellenza, come dimostrano tanti successi dei nostri laureati, tuttavia c'è anche una quota insopportabile e all'apparenza irriducibile di clientelismi, di cordate di potere, di nepotismo che deprimono il principio cardine di qualunque sistema di alta formazione: il principio del merito.
Da uomo di sinistra si faccia dire, onorevole Marinello - e ho l'impressione che qui possiamo trovare importanti convergenze - che si vede bene come mediocrità si accompagni facilmente con abusi e disuguaglianze e merito si accompagni, al contrario, bene con trasparenza e rispetto del principio di uguaglianza.
La Costituzione parla di valutazione comparativa per l'accesso a posti pubblici e, dato che il posto di insegnante all'università è un posto pubblico, sono necessarie valutazioni comparative. Allora bisogna lavorare - come stiamo facendo - a criteri nuovi che riducano i fattori d'arbitrio ed a incentrare tutto il sistema intorno alla valutazione.
È molto più importante un meccanismo valutativo dei risultati che premi i miglioramenti e i buoni risultati e punisca i peggioramenti e i cattivi risultati piuttosto che puntare ad un controllo delle procedure sempre più di dettaglio.
È valutando a valle e risalendo a monte per orientare le risorse che forse si può trovare la chiave della soluzione.
Sono sorpreso per il paragrafo successivo, alla lettera c) dell'interpellanza dove si scrive «casta» di valutatori «anonimi». Immagino ci si riferisca al regolamento, che aspetta di ricevere il parere definitivo del Consiglio di Stato, per il piano straordinario di assunzione dei ricercatori. Voglio ricordare ancora che nell'ultima legge finanziaria sono state allocate poste di bilancio di 20 milioni per il 2007, 40 per il 2008, 80 per il 2009, più altri 37 milioni, che ho trovato nel bilancio del Ministero e destinato a questo, per i ricercatori degli enti di ricerca.
Si tratta di un piano volto a riaprire ai giovani l'accesso alla docenza universitaria, visto che uno dei problemi, segnalato anche in sede internazionale, è quello dell'invecchiamento del corpo docente. Noi abbiamo il corpo docente più vecchio del mondo: l'età media degli ordinari sfiora i sessanta anni, ma anche tutte le altre figure, ormai, sono state sottoposte ad un progressivo invecchiamento.
Nel regolamento c'è una novità nella selezione, perché quest'ultima è attribuita in prima battuta a referees anonimi su liste, come si dice, a domanda, nazionali e internazionali, i quali valutando il curriculumPag. 54dei candidati ne portano all'esame delle commissioni di ateneo il quarto con la valutazione più alta. È il sistema della peer review, la rivista tra pari, e dei referees, che è un sistema di largo uso in Europa e nel mondo, che corrisponde a standard internazionali evoluti.
Tra l'altro, molti docenti e ricercatori italiani fanno i valutatori per altri Paesi e mandano le loro anonime valutazioni per stimare i curricula dei candidati all'assunzione nelle università francesi, tedesche, inglesi, americane ed altre.
Si dice, sempre in questa parte dell'interpellanza, che non siamo un Paese coloniale. Ora, questo scatto di orgoglio nazionale in questo punto mi pare, lo dico sommessamente, fuori luogo, proprio perché l'Italia è impegnata, insieme a tutti gli altri Paesi dell'Unione europea, a costruire quello che si chiama lo spazio europeo della formazione superiore della ricerca. Questo diventa un unico spazio, in cui si armonizzano i sistemi e in cui si muovono liberamente, ben oltre i criteri di Schengen, i ricercatori e i docenti universitari.
Non ho capito bene quanto scritto nella lettera d), dove si fa riferimento a «annunciate modificazioni dello stato giuridico del personale docente dell'università». Su ciò, pubblico e privato, non ho fatto niente di particolare, salvo una volta, mi pare, notare che molti atenei privati, che sono pienamente inseriti nel sistema della formazione superiore, lavorano con una certa abbondanza di insegnanti pubblici, i cui stipendi sono prevalentemente a carico dello Stato. Siamo il Paese in cui spesso teorie liberiste nascondono pratiche stataliste.
Si arriva poi alla lettera e), da cui la nostra discussione origina: lo scandalo dei test. I test, i concorsi di ammissione a test derivano dall'esistenza di corsi a numero chiuso.
Voglio fornire un dato che non è noto, che è «fresco fresco». Il primo anno di applicazione del numero programmato, dei corsi a numero chiuso è stato, sulla base della legge del 1999, il 2000-2001. Nel 2000-2001, ultimo anno del Governo di centrosinistra, i corsi a numero chiuso erano - a parte quelli che sono statuiti da accordi europei, a cui verrò subito - 183. L'anno scorso - ultimo anno di gestione del precedente Governo, ma non sono qui a scaricare responsabilità - i corsi erano 998: in cinque anni vi è stato un incremento di oltre il 500 per cento. Sono state lasciate le briglie sciolte sul collo di questo cavallo, che ha corso, corso molto. Quest'anno - 2006-2007 - i corsi a numero chiuso sono stati 922, cioè 76 in meno. Il primo anno in cui la curva si interrompe e scende è questo. Credo che derivi anche dalla lettera - si tratta di una procedura, come si dice, di moral suasion - che in aprile ho mandato ai rettori per dire: «Cari amici, non esagerate». L'effetto è che si è fermata la corsa all'aumento dei corsi a numero chiuso, anzi vi è stato quasi il 10 per cento di riduzione.
Sono contrario al numero chiuso. Però c'è un doppio problema. In primo luogo, abbiamo vincoli europei per quanto riguarda cinque profili: medicina, odontoiatria, veterinaria, architettura e ingegneria civile, anche se bisogna riguardare bene i numeri, perché alcuni non mi paiono congrui. Per esempio, il fatto che in Italia, dove le cure dentistiche hanno i costi che conosciamo, dove evidentemente c'è così scarsa concorrenza, il numero di ottocento per tutti i candidati a odontoiatria sembra più volto a difendere una categoria, che non effettivamente a rispondere ad una domanda di cura dei cittadini. In primo luogo, dunque, vi sono i vincoli europei: nelle materie da essi regolati non possiamo fare quello che ci pare, e lo si capisce anche per certe categorie, perché è del tutto evidente che per diventare medico sono necessari i malati, i posti letto, cioè si ha bisogno di una parte pratica che richiede possibilità concrete, luoghi, occasioni; non si può studiare sui libri a casa e basta.
In secondo luogo, la legge impone alle università dei requisiti minimi per aprire un corso: ci vuole un certo numero di insegnanti e ci vogliono certi spazi. È del tutto evidente che con quattro docenti e una stanza di quaranta metri quadri èPag. 55difficile fornire un adeguato livello per un corso rivolto a duemila, tremila, quattromila, cinquemila studenti. Bisogna, quindi, progressivamente curare la «doppia curva»: quella a scendere dei corsi a numero chiuso e quella a salire delle risorse, che mettiamo a disposizione delle università per corrispondere alla domanda crescente di formazione.
Vi sono poi i sistemi di selezione e la questione del test. Prima vediamo la patologia, le truffe che sono state svelate. A Catanzaro è stato il rettore a informarmi che erano sparite la sera prima delle buste; quindi si è fatta la prova senza sapere esattamente chi conoscesse già in anticipo i risultati ed essa è stata poi ripetuta. A Bari è stato il rettore che, avendo avuto segnalazioni che descrivevano per filo e per punto il «sistema», si è rivolto alla Guardia di finanza, effettuato che ha un'eccellente operazione. Qualunque sia il sistema, la truffa non si giustifica in nessun modo, va colpita duramente. Questa truffa deriva da altre cose: per esempio un certo «familismo amorale», per cui si ritiene che per il pargolo si possa fare tutto, e da parte loro, come si è visto dalle interviste sulla stampa, molti pargoli ritengono che abbiano fatto bene i genitori a dare un «aiutino», magari pagando per avere in tempo reale i risultati dei test.
Si deve poi dire che, fra coloro che sono stati segnalati dalla magistratura a Bari per aver comperato le risposta ai test ho constatato che la grande maggioranza sono figli di medici. In merito si riscontrano un po' i caratteri fossili della società italiana: i medici che pretendono che i figli facciano i medici, i dentisti che i figli facciano i dentisti e poi tutti sono scandalizzati se sono magari gli operai a volere che i propri figli facciano i medici.
I test sono un metodo di larga diffusione internazionale. Ne abbiamo verificati i limiti, tanto è vero che il 27 luglio io ed il collega Fioroni abbiamo firmato un decreto - che è oggi all'attenzione delle Camere - nel quale si afferma che le prossime prove dovrebbero svolgersi su 105 punti, dei quali 80 determinati dal test e 25 in base ai risultati medi degli ultimi tre anni di scuola superiore e a quello di maturità, in modo da far pesare anche il curriculum scolastico precedente. È l'occasione per una discussione più aperta sui sistemi di selezione. Su di essa mi dichiaro totalmente aperto: credo che tutte le buone idee che dovessero venire possano essere raccolte.
Al settimo punto si parla degli errori compiuti da chi ha compilato il test. Tali errori sono deprecabili: 2 su 80 è una percentuale insopportabile. Pure, anche se la percentuale è alta, vi sono molti precedenti, anche nell'ambito di concorsi pubblici, non solo per l'università ma anche in altri settori dello Stato. Nell'università, in particolare per medicina, vi sono stati errori nel 2000 e nel 2005, così anche per altri concorsi; ed errori vi sono stati persino negli elaborati per gli esami di maturità. In proposito, ho richiesto un giudizio preciso all'Avvocatura generale dello Stato, che lo ha fornito a tempi di record. L'Avvocatura afferma che, in base a tutti i precedenti, non vi è fondamento giuridico per sostenere che, dal momento che alcuni quiz presentavano risposte sbagliate, andrebbe annullata l'intera prova: quest'ultima è comunque valida sul numero dei quiz giusti, poiché ciò rispetta comunque la par condicio. Non solo si tratta di un parere molto autorevole, ma vi sono anche moltissimi precedenti di comportamenti analoghi.
All'ottavo punto si fa riferimento - ma in merito interpreto - allo scandalo della vendita degli esami. In particolare, credo vi possano essere un'allusione ed un riferimento alle lauree facili in convenzione. Si tratta di un fenomeno molto diffuso, che ho trovato al mio insediamento, in base al quale chi è dipendente di un'amministrazione, magari di un ministero, o chi è membro di un ordine professionale (in un'università ho persino visto parlare degli iscritti ad un sindacato), ottiene magari 120, 125 o 115 punti su un totale di 180. Si tratta di una sorta di compravendita: l'università ne guadagna perché aumenta il numero dei suoi studenti e dunque partecipa alla ripartizione di una fettaPag. 56maggiore del Fondo di finanziamento ordinario; chi ottiene le lauree facili, invece, torna sul proprio posto di lavoro e chiede l'avanzamento di qualifica, giungendo così a sedere con la stessa qualifica di chi ha invece faticato - eccome! - per avere il suo titolo.
Quella di laureare l'esperienza è un pratica presente in tutto il mondo: tutte le università riconoscono, sulla base dell'esperienza, la possibilità di ottenere un certo numero di crediti. Nell'ambito di cui stiamo trattando, però, si era fuori da qualunque ragionevole misura. Ho così chiuso i rubinetti: oggi la legge prevede che all'esperienza non si possano attribuire più di 60 crediti e che tali crediti vadano non alla categoria, ma alla persona cui si riconosce di aver appreso una lingua, di aver scritto libri, di aver partecipato a stage, insomma di avere un'esperienza che merita. Si tratta, dunque, al massimo di 60 crediti e di crediti alla persona e non alla categoria. Avendo comunque avuto da un'inchiesta giornalistica l'informazione che qualcuno continua a fare il furbo, ho messo il tutto nelle mani della magistratura.
Al nono punto si fa riferimento ad atenei non statali, direttamente nati dalla iniziativa di centri di preparazione di esami universitari e collegati, con contratti di franchising, con scuole private.
Può darsi che vi sia qualche università telematica che ha creato questo circuito chiuso. Subito dopo però, al punto dieci, si fa riferimento all'importante contributo fornito dalle università telematiche. Al riguardo voglio essere chiaro: se una università telematica è valida, è una buona università: non è che il carattere telematico la declassi ipso facto (se è valida, ripeto, è una buona università). Abbiamo avuto un'alluvione di università telematiche: come le cateratte per i crediti facili e le lauree in convenzione si aprono con la legge finanziaria del 2001, così l'alluvione delle università tematiche si è aperta in questi anni. Il boom si è registrato negli ultimi anni con un altro Governo (spiace doverlo ricordare): ne abbiamo dodici, ma non vi è alcun paese in Europa che abbia dodici università telematiche. Quando mi sono insediato al Ministero ne ho fermate altre cinque i cui provvedimenti istitutivi erano in fase di registrazione presso la Corte dei conti (lo ripeto erano altre cinque: se non le avessi bloccate sarebbero state diciassette); ed ho fermato anche situazioni che sono un po' curiose. Ho trovato, per esempio, un corso telematico per infermieri: posso immaginare che si possa imparare a misurare la pressione stando davanti ad un computer, ma mi è difficile capire come si impari a praticare un'iniezione stando di fronte ad un computer, pertanto tali corsi sono stati sospesi ed annullati. Per avere università telematiche buone bisogna disporre più stringenti requisiti per garantire la qualità delle stesse università telematiche.
Infine, condivido il punto undici, relativo alle lezioni private a pagamento agli studenti della propria facoltà: si tratta di un sistema «casa e bottega», che deve essere fermato in quanto non è né etico né legittimo, impedendo il verificarsi di abusi. Nell'immediato vi è un provvedimento d'urgenza, che arriverà all'esame delle Camere. Avanzo un'ipotesi - che è anche una proposta - che non ho discusso con il resto del Governo (ne sottolineo, quindi, il carattere di ipotesi), ossia che si possano introdurre d'urgenza alcune norme di ulteriore e più forte garanzia come, ad esempio, l'istituzione di un corpo di ispettori, del quale attualmente il Ministero non dispone, per arrivare sul fatto tempestivamente e non quando i buoi sono scappati, nonché la previsione di norme severe nei confronti di chi tenta di avanzare con le truffe, disponendo, ad esempio, che gli studenti coinvolti in truffe vengano esclusi per cinque anni dall'università italiana.
Credo che sia un dovere del Governo e del Parlamento separare il sano dal malato ed il pulito dal marcio e restituire fiducia all'opinione pubblica nei confronti dell'università e prestigio e reputazione all'università stessa: il bene più prezioso di cui dispone l'università è, infatti, la reputazione. Se si incrinasse questa, si verificherebbe una perdita irrimediabile: abbiamoPag. 57quindi il dovere di restituire reputazione, compiendo gli atti giusti allo scopo. Per tale obiettivo mi dichiaro pronto a lavorare in Parlamento con tutte le forze politiche e con tutti i gruppi parlamentari.
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, non mi dichiaro soddisfatto, anche se devo riconoscere, nell'appassionato intervento del Ministro Mussi, una serie di spunti meritevoli di un approfondimento (che tenterò di svolgere nel mio intervento), fermo restando che cogliamo in maniera assolutamente positiva la disponibilità, manifestata dal Ministro, perché siamo fermamente convinti che l'università italiana, proprio per l'antichità, il prestigio, la nobiltà e i grandi risultati che la stessa ha raggiunto, non soltanto nel nostro Paese e per il nostro Paese, ma anche nell'interesse - non abbiamo paura delle parole altisonanti - più universale, sia un'istituzione che deve essere difesa, un sistema di tutti e a cui tutti teniamo.
Vede, signor Ministro, lei giustamente ha svolto una difesa dell'università, evidentemente non soltanto per dovere di ruolo. Anche noi siamo fondamentalmente convinti che tale istituzione vada assolutamente difesa, ma non possiamo sottacere che negli ultimi decenni (non è un fatto che ascriviamo a questo Governo o a quello precedente, ma è un vezzo che denunziamo da parecchio tempo) il sistema universitario italiano è diventato sempre più autoreferenziale.
Ciò che abbiamo scritto, al di là dei fatti momentanei dovuti alle recenti notizie di cronaca, sono aspetti che vengono periodicamente denunziati da decenni e che costituiscono la punta di un iceberg. Si tratta di un sistema pensato e sviluppato negli ultimi decenni più per alimentare se stesso che per alimentare il desiderio e la necessità di scienza, di cultura, di innovazione e di ricerca del nostro Paese. Il sistema universitario, come dicevamo, è diventato sempre più autoreferenziale ed è per questo che vi sono le dinamiche feudali, gli scandali dei concorsi, le caste dei valutatori anonimi (ritorniamo su questo problema, signor Ministro). Mi dispiace che lei non abbia assolutamente colto il significato della nostra osservazione. Siamo proprio convinti che in questo sistema vi sia del marcio e che il sistema stesso vada scrupolosamente attenzionato e modificato.
Siamo convinti che i metodi ricordati hanno, di fatto, contribuito ad aggravare il sistema, a creare situazioni di nepotismo, che si sono ripetutamente verificate dalle Alpi al canale di Sicilia, e che, alla fine, hanno contribuito a dequalificare, non soltanto dal punto di vista del prestigio - è già importante, ma non è tutto - ma soprattutto dal punto di vista dei risultati, l'università italiana nel suo complesso.
Siamo anche convinti che un'università - ma questo discorso potremmo anche estenderlo alla scuola o ai sistemi di formazione, più in generale - che non abbia a cuore, tra le proprie mission, formare nuove forze per il lavoro, l'innovazione e lo sviluppo del Paese, ma che abbia come mission (non ovviamente dichiarata, ma di fatto) auto-alimentare il sistema, auto-incrementarlo con la proliferazione senza fine di cattedre e di corsi di laurea (che molto spesso, di fatto, producono lauree che non danno alcun accesso al mondo del lavoro) non serva al Paese. Siamo dunque convinti che un sistema così pensato, che si è continuato e si continua a perpetrare, faccia male al Paese (soprattutto alle giovani generazioni) e serva solo ad alimentare un sistema di potere, a perpetuare l'interesse di una vera e propria casta alla proliferazione di un sistema che, nella sua autoreferenzialità, vuole continuare a perpetuarsi.
Siamo anche soddisfatti della parte del suo intervento, signor Ministro, in cui parla di principio del merito. In Italia, una certa cultura ha coccolato le lobby universitarie, nella convinzione che tali lobby non andassero governate, né controllate, ma appunto coccolate, perché in determinati momenti erano assolutamente funzionaliPag. 58a disegni politici estranei all'università, alla ricerca e all'innovazione del Paese ma finalizzati a interessi di altra natura, talvolta «di bottega». Siamo convinti che nel mea culpa che tutta la politica deve fare, vi sia una grande parte politica - che oggi, per certi versi, è anche al Governo del Paese - che dovrebbe recitare anch'essa un mea culpa, a mio avviso con qualche momento di maggiore sincerità. Infatti, non si può coccolare una determinata casta quando quest'ultima serve a sottoscrivere appelli che nulla hanno a che vedere con il mondo dell'università e della ricerca scientifica. Non è possibile coccolare una casta quando serve a rimpolpare la folla dei girotondi e dei girotondini e poi non tenere presente che quella stessa casta nel tempo ha creato la serie di guasti che già abbiamo denunziato. Proseguendo oltre, siamo convinti che ciò che abbiamo definito «florido mercato dei test di ammissione» sia un fenomeno tutto italiano - o prevalentemente italiano - che, probabilmente, riteniamo in assoluta buona fede non ascrivibile al Governo in carica, che tuttavia aveva il compito di una migliore e maggiore sorveglianza. Sarà un caso, ma i due più gravi scandali nelle ammissioni alla facoltà di medicina si sono verificati in due anni precisi: nel 2000, quando alla guida del Paese c'era il centrosinistra e, ora, nel 2007. Evidentemente, sarà un caso, sarete anche sfortunati, non voglio assolutamente pensare alla malafede, sarà anche una casualità, però - mi scusi la battuta, che serve a riportare un po' di ironia nel nostro intervento - evidentemente anche la fortuna e la sfortuna fanno parte del gioco della vita.
Per tornare ai nostri ragionamenti, siamo convinti che vi siano implicite responsabilità in alcune strutture del Ministero, mi riferisco evidentemente non all'apparato politico, ma all'apparato burocratico. Vi sono, inoltre, fenomeni da riconsiderare nella società, la Cineca, che contribuisce alla gestione del sistema. Lei, signor Ministro, ha giustamente fornito, in un certo qual modo, la risposta alla parte dell'interpellanza nella quale abbiamo puntato il dito sui consulenti. È assolutamente deprecabile che dei consulenti commettano errori, e riteniamo che prove di tal genere debbano essere soggette a più verifiche preventive.
Siamo, tuttavia, convinti che qualche altra ulteriore leggerezza sia stata commessa. Signor Ministro, quando giustamente parla di Catanzaro e correttamente sostiene che in tale sede il quiz è stato annullato, essendo state riscontrate alcune buste aperte, in un certo qual modo sostiene, di fatto - e le diamo ragione - che probabilmente attraverso le suddette buste aperte sono stati commessi illeciti. Pertanto, è presumibile che uno, dieci, cento, molti o pochi studenti - o aspiranti tali - abbiano compiuto illeciti e, quindi, si è resa necessaria la ripetizione delle prove. Nell'epoca delle comunicazioni, nell'epoca dell'informatica e della telefonia mobile, che imperversa in ogni dove, chi impedisce di pensare che, attraverso le ricordate buste aperte a Catanzaro, in altri atenei d'Italia siano stati compiuti illeciti grazie alle schede provenienti dall'università calabrese? Ciò, evidentemente, rappresenta un'ipotesi, ma è credibile e verosimile. Quindi, di fatto, ciò rappresenta un vulnus per l'intera operazione.
Dunque, a mio avviso, la responsabilità politica che lei oggi detiene doveva spingerla a porsi, almeno, la domanda e a fornire una risposta all'interrogativo che le sto rivolgendo. Tra l'altro, se la memoria non m'inganna...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. ... nel passato, allorquando in un altro ateneo si verificò un'ipotesi di questo genere, gli esami vennero annullati in tutta Italia.
Signor Presidente, mi avvio alla conclusione, sto cercando di recuperare i tempi dell'illustrazione.
PRESIDENTE. No, purtroppo lei ha già superato il tempo a sua disposizione, quindi deve concludere.
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GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Concludo velocemente, Presidente. Non ci riteniamo soddisfatti della riposta del Ministro sulle questioni che abbiamo sollevato.
Inoltre, per quanto riguarda i fenomeni da noi denunziati dei «diplomifici» e delle università a loro collegate, crediamo che vada fatta chiarezza nell'interesse della cultura italiana e delle future generazioni e che i fenomeni speculativi vadano intercettati, ma non possiamo ritenere che si debba fare di tutta l'erba un fascio!
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Nel decreto ministeriale del 17 aprile 2003 sono previsti controlli ispettivi di qualità per le università telematiche; allora, signor Ministro, sia consequenziale, li attivi subito, così che si possa separare il grano dal miglio.
(Piano industriale Alitalia e sue conseguenze negative sull'economia del nord Italia - n. 2-00700)
PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00700, concernente il piano industriale Alitalia e sue conseguenze negative sull'economia del nord Italia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, credo che i dati e i contenuti della mia interpellanza, riguardando il piano industriale di Alitalia e la scelta di tagliare delle rotte su Malpensa, siano noti a tutti; tra l'altro, la Camera ne ha discusso proprio all'inizio di questa settimana. Pertanto, ascolterò con attenzione il Governo e mi riservo di replicare per dichiararmi soddisfatto o meno, dopo l'intervento del sottosegretario.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.
RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, credo sia opportuno soffermarsi, innanzitutto, sulle motivazioni che hanno indotto la società a predisporre un nuovo piano industriale, ritenendo che tale adempimento non fosse ulteriormente procrastinabile. Fino allo scorso mese di giugno, infatti, considerata la procedura di vendita in corso da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, l'azienda non aveva ritenuto di effettuare la revisione del precedente piano industriale e aveva rinviato ogni ulteriore valutazione al riguardo a data successiva all'acquisizione di tutti gli elementi necessari.
In seguito, preso atto del mancato esito della procedura di privatizzazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, la società, già prima del rinnovo del vertice aziendale, aveva ritenuto ormai non più procrastinabile l'impostazione di un nuovo documento programmatico, che definisse tempestivamente le più opportune iniziative idonee a contenere l'emorragia patrimoniale e finanziaria che continua a indebolire l'azienda e che, inoltre, assicurasse l'imprescindibile mantenimento dei presupposti di continuità aziendale, il cui venir meno determinerebbe una rapida accelerazione nella già grave situazione finanziaria di Alitalia.
Nell'impostazione delle linee guida del nuovo piano industriale, l'azienda, e in particolare il nuovo management, ha comunque sempre evidenziato come lo stesso s'incardini nel più volte confermato intendimento del Governo di cedere il controllo di Alitalia, risultando, quindi, come lo ha definito la società, un piano di transizione e sopravvivenza, in attesa che si realizzi l'ingresso del nuovo azionista di controllo.
Prima di esporre alcune considerazioni in merito ai contenuti del piano di Alitalia, ritengo sia comunque necessario qualche cenno ai diversi ruoli che rivestono la società e il Ministero azionista.
Alitalia è una società quotata e, in quanto tale, è soggetta a obblighi informativi e di comportamento vigilati dalla Consob, quali l'informativa periodica (relazioni trimestrali, semestrali e bilancioPag. 60certificato), l'informativa continua (comunicati al mercato per eventi price sensitive) e le regole di governo societario e di organizzazione (amministratori o dipendenti, sistemi di controllo interno).
Se, quindi, il Ministero, nel rispetto delle regole di mercato, deve necessariamente limitarsi all'esercizio dei diritti connessi alla partecipazione detenuta - sebbene la stessa sia di maggioranza relativa - da parte loro, gli amministratori di Alitalia devono operare per il perseguimento degli interessi, non del socio pubblico di riferimento, ma esclusivamente della società e, quindi, di tutti gli azionisti. Sono quindi tenuti, con responsabilità diretta e personale, a rispettare i principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale e a perseguire unicamente finalità economiche, di sana e corretta gestione e, ove possibile, di creazione di valore per gli azionisti.
Tengo a rilevare in questa sede che il Ministero non esercita attività di direzione e coordinamento né su Alitalia, né sulle altre società controllate e, in quanto soggetto pubblico, è tenuto al rispetto degli obblighi derivanti dalla normativa nazionale e comunitaria (ad esempio, in tema di trasparenza e non discriminazione per quanto attiene alle procedure di dismissione di partecipazioni e in tema di aiuti di Stato relativamente al sostegno finanziario che intende assicurare alle società partecipate).
Queste poche precisazioni sono essenziali per chiarire in modo puntuale quanto l'intervento del Ministero, ma, con esso, dell'intero Governo, in tema di partecipazioni pubbliche, specie se quotate, debba necessariamente ed obbligatoriamente mantenersi sempre in una logica di pieno e totale rispetto del mercato e di scelte gestionali che competono agli amministratori scelti dagli azionisti; amministratori che con il loro operato devono rispondere agli stessi azionisti, e non a uno solo (anche se di maggioranza).
Tornando, quindi, ai contenuti del piano industriale di Alitalia, rilevo che gli obiettivi di fondo che lo stesso intende perseguire, sino senz'altro condivisibili. Tali obiettivi possono così essere riassunti: modificare e ridimensionare l'assetto di business della compagnia nel periodo transitorio, in modo da renderlo più sostenibile da un punto di vista economico e in un contesto di migliore efficienza operativa; preservare il valore del brand Alitalia attraverso la ridefinizione della missione industriale e di un profilo competitivo distintivo; realizzare un miglior posizionamento industriale in grado di favorire l'ingresso di soggetti terzi in possesso di competenze specifiche e risorse finanziarie da destinare allo sviluppo della compagnia.
È, inoltre, confermata l'esigenza di un consistente apporto di risorse finanziarie, mediante aumento di capitale.
In tale visione complessiva, quindi, il piano appare del tutto coerente sia con l'esigenza di definire le più opportune iniziative, da avviare nel più breve tempo possibile, per preservare il valore dell'azienda e rallentare il trend di perdite e di erosione delle liquidità, sia con il percorso di privatizzazione confermato dal Governo per la tempestiva individuazione di soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisire il controllo della società.
Le finalità sottese sono, infatti, quelle di perseguire prioritariamente condizioni di sostenibilità e continuità dell'attività aziendale nel breve-medio periodo, con le sole risorse disponibili e gli interventi attuabili con immediatezza per realizzare un modello aziendale più efficiente e flessibile, in un contesto di relazione industriale orientato al massimo sforzo comune di management e lavoratori; tutto questo in attesa di decisioni in ordine al futuro assetto proprietario della compagnia e al conseguente assetto industriale definitivo.
Come la società lo ha correttamente definito, il piano industriale è un «piano di sopravvivenza e transizione», caratterizzato - come ricordavo precedentemente - dall'esigenza improcrastinabile e prioritaria di contenimento delle perdite e dell'assorbimento di cassa, nella consapevolezza che, nel contesto di criticità attuale,Pag. 61l'alternativa rispetto a questo piano di sopravvivenza/transizione è rappresentata da scelte irreversibili e di ben maggiore impatto sui complessivi assetti industriali, sociali ed in termini di ricadute sul territorio.
Le azioni previste derivano, pertanto, da scelte obbligate, dettate da aspetti di carattere tecnico-economico dell'azienda sulle quali tutti, ritengo, possiamo convenire: il trend di perdite accumulate e prospettiche nell'attuale assetto e la sua insostenibilità; l'impossibilità, per la compagnia nell'attuale stato, sotto il profilo competitivo ed economico, di alimentare in modo efficiente e produttivo due hub; la conseguente indifferibile esigenza di ridimensionamento del posizionamento della società e di modifica del suo assetto industriale, attraverso interventi sulla rete, sulla qualità del prodotto, sui costi operativi e sull'organizzazione dell'azienda.
Naturalmente, alla luce della confermata volontà del Ministero dell'economia e delle finanze di procedere in tempi brevissimi alla dismissione della partecipazione di controllo nella compagnia e alla connessa volontà dell'azienda di individuare i soggetti industriali e finanziari disponibili ad acquisirne il controllo, il piano potrà e dovrà essere oggetto di modifiche e affinamenti in relazione alle scelte di tipo industriale che l'acquirente del controllo del capitale di Alitalia intenderà effettuare, ferma restando, ripeto, l'irrinunciabile esigenza per il Governo che le stesse scelte siano in grado di perseguire i requisiti di interesse generale che risultano irrinunciabili per lo Stato. Del resto, va sottolineato come il piano, ad eccezione di alcune prime e propedeutiche azioni, si avvierà sostanzialmente dalla prossima summer season, ovvero a partire dall'aprile 2008.
Vorrei, infine, sottolineare in questa sede l'impegno del Governo volto a garantire il mercato del trasporto aereo attraverso una sua corretta regolamentazione.
A testimonianza di ciò, si rammenta che tale impegno si è concretizzato nella presentazione di un disegno di legge delega, in discussione presso il Senato della Repubblica, che tra l'altro prevede il piano nazionale degli aeroporti, mirato a garantire un ordinato e coordinato sviluppo del sistema aeroportuale nazionale, nel rispetto delle reciproche competenze istituzionali dello Stato e degli enti territoriali.
Pertanto, in tale contesto non si può ribadire che l'aeroporto di Malpensa costituisca un asset, un'opportunità essenziale del Paese per lo sviluppo del settore in questione, con benefici per il settore economico-imprenditoriale e per gli utenti.
Sulla base del ruolo specifico e sostanziale dello scalo all'interno del sistema aeroportuale nazionale, come previsto dall'impianto complessivo della riforma e del piano nazionale, l'impegno da attuare sarà quello di sostenere la crescita di Malpensa con risorse corrispondenti al traffico, alle strategie e alle priorità stabilite in un'ottica nazionale per ciascun aeroporto.
PRESIDENTE. L'onorevole Lupi ha facoltà di replicare.
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, credo che anche lei, avendo ascoltato, come me, la risposta del Governo e conoscendo di cosa stiamo parlando, capisca che non posso dichiararmi soddisfatto per quanto affermato dal sottosegretario.
È evidente a tutti la genericità della risposta e, purtroppo (entrerò, quindi, nel merito di alcune osservazioni svolte dal Governo), anche un'impostazione sbagliata dell'azione del Governo in quest'anno e mezzo, in ordine alla risoluzione dei problemi di Alitalia. Affermo questo perché il sottosegretario, nel rispondere all'interpellanza, ha sottolineato giustamente innanzitutto che un'azienda deve agire nell'interesse non solo del socio di maggioranza, ma dell'integralità dei suoi soci, che cioè deve perseguire l'interesse dell'azienda.
Per le poche cose che conosciamo - purtroppo neanche adesso siamo riusciti a conoscere nel dettaglio i contenuti di questo piano industriale - la scelta che è stata compiuta fino ad oggi e che adesso viene portata a termine con il piano industriale (dettato ovviamente, e in maniera moltoPag. 62chiara, come ha affermato il Governo, dalla necessità di sopravvivenza di quest'azienda) va contro l'interesse della società e degli azionisti.
Chiedo al Governo, al Presidente, ai colleghi in aula e a chi ci ascolta: andare contro il mercato, per un'azienda, significa tutelare gli interessi dell'azienda e degli azionisti oppure no? Un'azienda sta sul mercato, vende i propri servizi al mercato e risponde alla domanda del mercato; altrimenti fa un altro mestiere: o fa assistenza o fa altro. Si tratta di un'azienda di trasporto, che dovrebbe essere l'azienda di trasporto nazionale. Non per fare una concorrenza o una guerra «tra poveri» (tra Malpensa e Fiumicino; tra il nord, il centro e il sud del Paese), ma è noto a tutti che il mercato, quello più redditizio, quello più favorevole (è su questo che dovrebbe riflettere l'azionista di maggioranza: oggi il Governo in carica, ieri il Governo precedente), quello buono, quello vero, quello della domanda, quello ricco e che fa fare profitti, è situato in una parte del Paese, non contro un'altra parte.
È paradossale, se guardiamo alle previsioni dei dati di trasporto di passeggeri del 2007 - e per questo affermo che non c'è guerra tra Fiumicino e Malpensa - che in entrambi gli aeroporti cresca il numero di passeggeri: non è un caso che, mentre i dati di Fiumicino sono in crescita del 5 per cento rispetto a quelli del 2006 (che erano altrettanto in crescita), i dati di Malpensa registrino una crescita dell'11 per cento. Com'è pensabile che, in una situazione florida di mercato, un'azienda di trasporto, leader in Italia, abbia perdite, sia «alla sopravvivenza» (nel senso che dovrebbe aver già chiuso, purtroppo, da alcuni anni) e oggi discutiamo della sua sorte? Com'è pensabile ciò?
Vi è un mercato ricco, vi è una domanda, ma l'azienda è in perdita. A fronte di ciò, la scelta del consiglio di amministrazione di Alitalia (purtroppo, come ho appena appreso, condivisa da questo Governo) è di tagliare ciò che, invece, produce reddito. Non si sceglie di tagliare le inefficienze, di individuare gli sprechi né di capire perché quest'azienda continui a subire perdite nonostante il mercato ci sia, ma di tagliare ciò che è più comodo, ciò che è «meno soggetto alla politicizzazione», ciò che è meno soggetto ad influenze non di politica industriale, non di scelte imprenditoriali e di strategie, ma determinate da altri fattori, quelli che si direbbero esterni al mercato, ma che lo condizionano, come la sindacalizzazione, la politicizzazione dell'azienda, la rendita politica, l'impopolarità di alcune scelte.
Altrimenti, la prima scelta che l'azienda Alitalia avrebbe dovuto fare da anni era - a fronte di un protocollo di intesa e di un accordo commerciale siglati dal Governo precedente a quello Berlusconi, in particolare dal Ministro Bersani, che individuava come scelta strategica l'hub di Malpensa, anche a fronte di condizioni commerciali vantaggiose per Alitalia stessa - di non continuare, per esempio, a mandare in trasferta i propri piloti, che da sei anni partono puntualmente con un aereo da Roma per andare a Malpensa e da Malpensa raggiungono i diversi scali. Lo sappiamo tutti che c'è un aereo che trasporta i piloti e il personale di Alitalia.
Qualsiasi azienda, di qualsiasi genere o settore, avrebbe inviato una lettera ai propri dipendenti dicendo: «Dal giorno x, la tua sede di lavoro è là: se ci vuoi andare bene, se non ci vuoi andare male, vai via, vai da un'altra parte!». Così si sarebbero ridotti tutti costi delle trasferte.
Quanto è costata all'azienda Alitalia e ai soci Alitalia, quindi allo Stato questa scelta dettata dalla paura di andare verso il mercato? Quanto è costata?
Allora, noi affermiamo che quanto è stato deciso oggi con questo piano industriale è stata la scelta più semplice che si potesse fare, ma quella meno coraggiosa, più sbagliata. Si è scelto, cioè, non di andare verso il mercato e chiedere all'azienda di individuare le inefficienze, ma di fare ciò che avrebbe reso politicamente più agevole l'attesa del nuovo compratore.
Qui veniamo al secondo punto. Mi perdoni, sottosegretario, mi rivolgo al Governo. Grazie a Dio non è passato tanto tempo da quando il Presidente del ConsiglioPag. 63Prodi e il sottosegretario Enrico Letta proclamarono urbi et orbi alla nazione che finalmente, con la gara per vendere Alitalia, si apprestava la più grande operazione di privatizzazione della storia del Paese. È però la storia degli «undici» piccoli indiani. Prima i soggetti che partecipavano alla gara erano undici. Allora, Prodi - me lo ricordo ancora - parlò su tutte le agenzie di grande modello industriale. Egli disse: «Finalmente si fa una privatizzazione rivolta al mercato; tutti sono interessati». In seguito, i partecipanti divennero otto, poi quattro, poi tre, poi uno, poi, alla fine, nessuno.
Quanti mesi abbiamo perso a causa di questa scelta? Quanto sono costati allo Stato, azionista di maggioranza, e ai risparmiatori questi otto mesi senza scelte, senza criterio?
Forse ciò ha consentito al Presidente del Consiglio Prodi di sopravvivere per altri otto mesi, ma adesso la realtà è quella che abbiamo tutti di fronte. La domanda che pongo a lei e al Governo è la seguente: ora che si dovrà procedere ad una trattativa privata e alla vendita diretta, quale sarà il criterio di scelta del piano industriale, del socio? Ancora una volta quello politico, della rendita politica, della sindacalizzazione dell'azienda o quello invece dell'interesse degli azionisti e del mercato? Infatti, è il mercato che determina la vita di un'azienda e che risponde in maniera più efficiente alle esigenze dei cittadini.
Se è vero, come è vero, che nell'area di Malpensa ci sono 1.986 mila imprese contro 509 mila imprese nell'area di Fiumicino, che i passeggeri in transito a Fiumicino sono il 26 per cento, mentre quelli di Malpensa sono il 34 per cento, che il 62 per cento dei biglietti della business class sono emessi al Nord, a Malpensa, e che 52,6 milioni di passeggeri sono al nord di questo Paese, di che cosa stiamo parlando?
La vocazione di Fiumicino è certamente importante, tant'è che la scelta che si fece allora era di avere due hub: ritenevamo, infatti, che si dovesse andare a prendere il mercato, quello attivo, «non turistico», che è importante, ovviamente nel nord, e che si dovesse tenere Fiumicino per il mercato turistico e del centro-sud del Paese.
Non contestiamo questa scelta, ma l'inefficienza con cui è stata gestita l'azienda e l'incapacità di reimpostarla con coraggio per aggredire il mercato.
Sentiamo oggi che vi sono proposte di imprese e di aziende interessate ad investire su Malpensa e per favorire tale esito si spendono il presidente Formigoni e il sindaco Moratti. Ma vi sarà un motivo per cui queste imprese sono interessate ad investire su Malpensa? Il Governo, invece, come scelta ottimale per il Paese sostiene di condividere il piano industriale di sopravvivenza predisposto dal consiglio di amministrazione di Alitalia. Ma allora mi chiedo se non sarebbe meglio portare i libri in tribunale piuttosto che sopravvivere. È necessario, con coraggio, rimettere in discussione tutto!
Apprendiamo, inoltre, dagli organi di stampa che, nonostante questa scelta, Alitalia non venderebbe i propri slot, secondo la logica: non ci vado io, allora non ci va nessuno.
Noi ci scaldiamo su tali temi perché non si tratta di una questione di centrodestra o di centrosinistra ma di discutere su un settore strategico e fondamentale per un Paese che sostiene di essere il sesto o settimo paese industriale al mondo. Si tratta di capire sia le motivazioni di quanto è successo sia quale politica industriale si intende adottare e dove si vuole andare. Però, se la concezione di questo Governo è di confondere la politica industriale con il politichese, con la rendita politica, con la scelta dell'inefficienza, allora non ci siamo!
Ci «vendono» l'amministratore unico della RAI come la scelta migliore: dopo che avete occupato tutti i posti della RAI è giusto mettere un amministratore unico nominato ovviamente dal vostro Governo il quale, guarda caso, risponderà sempre alle stesse logiche! Cacciate Petroni dal consiglio di amministrazione della RAI perché sostenete che non è stato indipendente e subito dopo il Ministero dell'economiaPag. 64e delle finanze designa un rappresentante che non è indipendente perché ha votato alle primarie dell'Ulivo ed è noto per essere un uomo strettamente connesso politicamente con il Presidente del Consiglio. La stessa cosa voi la state facendo con l'Alitalia. Questa è la questione di fondo!
In conclusione, ritengo che per una volta dovremmo mettere da parte - ma onestamente devo dire che nutro poche speranze che ciò avvenga - impostazioni di questo tipo e cercare insieme una soluzione. Il Governo non può rinunciare alla propria responsabilità proprio perché ricopre il ruolo di azionista di maggioranza e, come tale, spetta ad esso, come avviene nelle società anche quotate in Borsa, il dovere di dare gli indirizzi che debbono essere attuati dagli amministratori.
Siamo ancora in tempo per verificare, non facendoci una guerra tra poveri, se nell'ambito del confronto tra Governo, istituzioni, soggetti imprenditoriali interessati (Alitalia e Sea) e le regioni del nord, si possa fare una scelta con la quale fare l'interesse vero del Paese e non quello della sopravvivenza politica del Governo ((Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
(Rinvio interpellanza urgente Garagnani - n. 2-00678)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Garagnani n. 2-00678 è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative per incrementare la sicurezza del traffico su due ruote - n. 2-00723)
PRESIDENTE. L'onorevole Romano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00723, concernente iniziative per incrementare la sicurezza del traffico su due ruote (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, voglio illustrare l'interpellanza urgente di cui sono primo firmatario perché mi sembra giusto che chi ci sta guardando o ascoltando sappia che in questo Paese sulle due ruote muoiono almeno cinque persone al giorno. È un dato eclatante, gravissimo, che emerge da un'indagine sull'analisi del rischio delle due ruote condotta dalla consulta nazionale per la sicurezza del CNEL. In questa indagine risulta che nel triennio 2003-2005 si sono registrate nel nostro Paese ben 4.384 morti.
Non so se vi sia una guerra in atto nel mondo che ad oggi abbia provocato 4.334 morti in un triennio. È un dato che non emerge, che non viene pubblicizzato e che non viene denunciato, ma è gravissimo perché riguarda delle vite umane, e spessissimo delle giovani vite.
L'Italia era al terzo posto in questo triste podio nel 1994. Dal 2003 è saldamente in testa a tale classifica, con una percentuale del 26 per cento per la quota di morti a carico delle due ruote a motore. Muoversi su scooter e motociclette nel nostro Paese significa rischiare oltre il 7 per cento in più rispetto a qualsiasi altro mezzo di locomozione, e, se non bastassero i costi in termini di vite umane, i costi economici sostenuti dal nostro Paese a tale riguardo superano i 30 milioni di euro. Inoltre, il 90 per cento di questi decessi avviene in ambito urbano, non in autostrada o sulle strade di collegamento: in altre parole, il 90 per cento di queste morti avviene laddove la velocità, per forza di cose, non può che essere ridotta.
Allora vi è qualcosa che non va, perché ai 4.334 morti del triennio 2003-2005 si aggiungono i 261.944 feriti, mettendo in crisi anche il nostro sistema sanitario soprattutto nei mesi estivi, durante i quali, sulle strade delle nostre città, si svolge una vera e propria mattanza, senza che tutto ciò faccia gridare allo scandalo e senza che su tale situazione il Governo intervenga con mano ferma.
La pavidità che il Governo dimostra nell'affrontare un tema importante come quello della sicurezza nel nostro Paese haPag. 65un suo pieno risvolto anche quando si parla di sicurezza stradale, ovverosia quando si parla di tutelare il bene prezioso della vita umana.
Noi chiediamo di conoscere quali interventi il Governo ha intrapreso o intende intraprendere affinché si limitino nel nostro Paese le morti per incidenti stradali, in particolare, quelli che coinvolgono mezzi a due ruote a motore.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.
RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, l'incidentalità stradale nel nostro Paese è caratterizzata da forti divari territoriali, modali e per tipologia di utenza. Sino ad oggi le componenti della mobilità che esercitano maggior peso sul totale delle vittime sono gli autoveicoli (con il 56,2 per cento del costo sociale nazionale), i motocicli (con il 15,6 per cento) e i ciclomotori (con 11,4 per cento). Le ulteriori due componenti deboli della mobilità, i ciclisti e i pedoni, rappresentano rispettivamente il 4,1 e il 7,5 per cento del costo sociale complessivo.
Vi è, altresì, da notare che il bilancio complessivo della mobilità su due ruote a motore, motocicli e ciclomotori ha registrato negli ultimi anni un sensibile aumento dell'incidentalità e della mortalità, anche in controtendenza rispetto ai trend generali. Proprio per fare fronte a questo momento, che dimostra il venir meno della dovuta attenzione ai criteri generali di sicurezza stradale, il Governo e, in particolare, il Ministero dei trasporti hanno già avviato una serie di iniziative concrete al fine di implementare soluzioni specifiche.
Tra queste si ricorda che lo scorso mese di marzo il Consiglio dei Ministri ha approvato il documento intitolato «Atto di indirizzo per il Governo della sicurezza stradale», quale strumento pianificatorio per il contenimento generale del fenomeno. In particolare, per quanto riguarda la mobilità motociclistica, nel documento è prevista una misura specifica dal titolo: «Messa in sicurezza della mobilità su due ruote a motore». Tale misura prevede un impegno deciso a migliorare la sicurezza dei conducenti dei veicoli a due ruote a motore, con il contributo dei principali soggetti pubblici e privati a vario titolo coinvolti nella problematica.
Nel concreto, nell'ultimo incontro della consulta nazionale per la sicurezza stradale, si è attivato un apposito tavolo tecnico con i rappresentanti delle amministrazioni regionali e locali per predisporre un idoneo e condiviso piano di azione.
Le principali linee di intervento sulle quali il gruppo di studio lavorerà e presenterà le proposte sono le seguenti: in primo luogo, indagini dirette e rilevazioni relative alla mobilità su due ruote a motore e ai fattori di rischio da parte di organismi specializzati; in secondo luogo, studi sulle principali cause di rischio; in terzo luogo, il monitoraggio degli interventi e dell'evoluzione della sicurezza; in quarto luogo, la definizione e il progressivo affinamento di una strategia specifica di messa in sicurezza della mobilità su due ruote a motore; in quinto luogo, la promozione di processi di alta formazione per rafforzare i motori di analisi e studio; in sesto luogo, l'elaborazione di proposte di modifica del codice della strada specifiche per la sicurezza dei motociclisti e ciclomotoristi.
PRESIDENTE. L'onorevole Romano ha facoltà di replicare.
FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, non posso dichiararmi soddisfatto della risposta fornita dal rappresentante del Governo, anzi sono sconcertato.
Faccio notare che, sebbene nella nostra interpellanza urgente si sia posto in rilevo un tema emergenziale per il Paese, il Governo si limita a rispondere che nel marzo scorso è stato approvato un documento di indirizzo, che si pensa di poter contenere il fenomeno, che si pensa a un progetto di messa in sicurezza, che è stato istituito un apposito tavolo tecnico perPag. 66studiare, per analizzare, per indagare, per monitorare, per individuare quale alta formazione possa essere impartita. In sostanza, non è stato indicato nessun provvedimento concreto, tangibile, immediato, efficace per potere fermare questa mattanza, ma sono stati enunciati soltanto parole e propositi nemmeno buoni, perché non sono tradotti in fatti concreti! Mi dispiace, signor sottosegretario, ma attendevo una risposta che indicasse quali provvedimenti urgenti questo Governo avesse adottato al fine di limitare queste innumerevoli morti, in ordine al traffico caotico, principale causa delle morti, da applicarsi di concerto con gli enti locali e con le regioni. Quali provvedimenti di indirizzo sono stati adottati in ordine alle strade, che sono in pessimo stato e che non consentono una tranquilla e serena viabilità? Quali interventi in ordine ai servizi di trasporto insufficienti ed inefficienti?
Signor sottosegretario, si tratta anche di un problema di mancanza di controlli che questo Stato dovrebbe effettuare, in maniera sempre più cogente nei confronti di chi viola il codice della strada. A tale riguardo abbiamo notato che negli ultimi tempi - forse anche perché è cambiato il Governo - le contravvenzioni legate alla cosiddetta patente a punti e, in generale, i controlli sulle strade sono diminuiti di gran lunga rispetto a due anni fa. Ciò significa che non c'è la dovuta attenzione al problema, così tutti i nodi vengono al pettine!
Ci saremmo aspettati non soltanto una risposta in termini di provvedimenti concernenti sia i controlli, sia l'assunzione di un impegno concreto per rendere la sicurezza stradale nel nostro Paese un bene primario.
Personalmente, ritengo che bisogna intervenire con interventi legislativi e con provvedimenti del Governo, che mettano i cittadini in condizione di vivere meglio. In primo luogo, occorre tutelare la loro vita con un piano di sicurezza serio, soprattutto per chi ogni giorno sceglie di andare in motocicletta. Gli italiani vanno in moto non perché amano avere il sole in faccia o essere accarezzati dalla brezza, ma perché è il modo migliore per potersi recare puntualmente sul posto di lavoro o a sbrigare le proprie faccende, dato che nel nostro Paese il sistema dei trasporti non consente loro di programmare la propria giornata. Conseguentemente, mi sarei aspettato dal Governo una risposta che fornisse un'indicazione forte e chiara dei provvedimenti che si intendono adottare. Invece, non posso che dichiarami insoddisfatto.
Questa battaglia - che intendo portare avanti - non si può concludere con la semplice presentazione di atti di sindacato ispettivo. Preannuncio, pertanto, che su tale tematica presenteremo un disegno di legge organico, indicando in esso i provvedimenti che riteniamo siano utili ed efficaci per potere limitare la mattanza giornaliera che avviene nelle strade delle nostra città.
(Misure a favore delle imprese della provincia di Ancona danneggiate dalle eccezionali precipitazioni del 16 settembre 2006 - n. 2-00664)
PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00664, concernente misure a favore delle imprese della provincia di Ancona danneggiate dalle eccezionali precipitazioni del 16 settembre 2006 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, quello oggetto della mia interpellanza urgente è un tipico caso di miopia della pubblica amministrazione, dello Stato e dei suoi poteri locali, nei confronti dell'imprenditoria, quindi del bene comune. La vicenda, purtroppo, è legata a eventi imprevedibili che accadono, anche se, a volte, l'imprevedibilità potrebbe essere prevista.
Il 16 settembre 2006, in un'area abbastanza circoscritta della provincia di Ancona, compresa tra Osimo, Castelfidardo e Camerano si è verificata un'eccezionale precipitazione temporalesca, mai avvenutaPag. 67prima. Poiché, ovviamente, il sistema di contenimento idraulico risultò insufficiente, si ingenerò una vera e propria alluvione, per cui tutti i primi piani delle aziende situate in quell'area industriale si allagarono. Per fortuna si trattava di una giornata di sabato, quindi la maggior parte delle maestranze non erano presenti e quelle che lo erano si salvarono salendo ai piani superiori e, nel caso di edifici aventi un solo piano, salendo sul tetto.
Sebbene l'evento meteorologico si sia svolto in poche ore, l'acqua raggiunse in alcuni punti addirittura due metri di altezza, molto più di una persona. La zona industriale colpita era circoscritta; in quell'area, i lavoratori dipendenti o che in qualche modo prestano servizio come esterni nelle varie aziende, sono circa duemila. I danni, alla fine, ammonteranno a circa 200 milioni di euro.
In quel momento gli enti locali, tutti i partiti e i movimenti politici (sia di centrodestra, sia di centrosinistra) si sono seduti attorno ad un tavolo al fine di mettere a punto misure per cercare di far fronte ad un problema, che sicuramente apparteneva a tutti. L'imprenditoria e la stessa prefettura, più volte coinvolta, decisero così di attuare una serie di interventi per far fronte a quella situazione.
In sede di legge finanziaria, all'epoca in discussione, venne inserito un emendamento - sottoscritto da tutti i parlamentari delle Marche appartenenti a tutti i partiti, sia di centrodestra, sia di centrosinistra, con il quale vennero stanziati - attraverso un meccanismo di contributi statali per un importo di un milione e mezzo di euro all'anno per mutui quindicennali - circa 55 milioni di euro netti di contributi. Tale somma rapportata ai 200 milioni di euro di danni subiti dalle aziende, rappresentavano una parte significativa e costituivano il volano che avrebbe permesso all'economia di riprendersi.
Però, in una vicenda, che in fondo vede tutti uniti nel male, succede che si inceppa il meccanismo di erogazione, quindi dalla vicenda meteorologica con gli effetti catastrofici del 16 settembre 2006 arriviamo alla data attuale senza che le aziende abbiano ricevuto ancora una lira (nell'ultima telefonata che ho fatto prima di prendere la parola ho verificato con le aziende, che me lo hanno confermato).
In quel momento, con le aziende distrutte, quindi tutti i materiali, le merci dei magazzini andate perdute, i capannoni inutilizzabili per alcuni mesi, ovviamente la produzione si è bloccata e si sono persi i clienti; quote di mercato già conquistate in una competizione difficile qual è oggi quella globale vengono perse. In tutto ciò accade che un'azienda, anche importante, la Ferro Adriatica, ha portato i libri in tribunale: i soldi teoricamente ci sono, ma i tempi per ricevere i contributi sono lenti e via di seguito. Un'altra impresa di distribuzione alimentare - la Dea market - ha chiuso; era un'azienda che aveva due stabilimenti, ma ne ha chiuso uno; alcuni dipendenti sono andati in pensione e altri sono stati messi in cassa integrazione.
Ci sono altre quattro o cinque aziende che attualmente sopravvivono nella speranza che questi fondi arrivino; hanno firmato cambiali alle banche, che in un primo momento si sono mostrate disponibili, poi hanno affermato di non essere istituti di beneficenza, quindi, dal momento in cui si è constatata la mancanza di una ripresa della riproduzione sufficiente a garantire gli affidamenti, sono arrivate al contenzioso per cercare di recuperare le somme erogate.
In una situazione in cui oggettivamente si poteva affermare che lo Stato attraverso le sue articolazioni aveva agito bene, le aziende non hanno ancora ricevuto una lira per far fronte ad alcune esigenze.
C'è stata anche una difficoltà: sembrava che i fondi dovessero essere erogati in tre annualità, ma alla fine si era trovato il modo per darli tutti in un'unica soluzione per cercare appunto di garantire la ripresa delle attività delle aziende e, pur trattandosi di parte del risarcimento, questo era importante.
Adesso mi è stato riferito che è stata data autorizzazione da parte della Protezione civile (che si era arrogata l'incarico o comunque il Consiglio dei Ministri avevaPag. 68conferito ad essa l'incarico di definire anche la quantificazione dei danni, le perizie giurate e tutto il resto) nel senso che avrebbe espletato gli ultimi atti delegando la regione Marche all'erogazione dei fondi, ma (non si capisce bene dove si sia inceppato il meccanismo) la regione Marche non sta dando una lira e lo Stato ha perso tanto tempo.
Ci sono stati dei tempi morti alla Ragioneria generale dello Stato, che in un primo tempo ha fatto presente che non si poteva fare, poi ha cambiato idea e finalmente è stato dato il benestare, però esisteva un cavillo giuridico.
Di fronte a ciò è evidente che un cittadino qualsiasi, soprattutto un imprenditore che ha un capitale di rischio, perde la fiducia e non è un caso che alcune aziende della zona si siano trasferite altrove, mentre altre pensano di delocalizzarsi nei paesi dell'est europeo dove sicuramente ci sono altre difficoltà, ma esistono condizioni più favorevoli (tutti sanno che il costo del lavoro è molto più basso). Tutto ciò significa un impoverimento forte del territorio.
In questo momento - e concludo, Presidente - quella zona industriale, a parte il caso di alcuni che avevano risorse finanziarie proprie e quindi hanno fatto fronte alle difficoltà, si sta desertificando: ci sono stabilimenti e capannoni abbandonati che non sono stati neanche riparati. Alcuni - come ho detto - sono andati altrove e occorrerà anche pensare ad una sorta di legge obiettivo con sgravi fiscali, e contributivi per rilanciare la zona. Vi lavoravano, infatti, duemila persone mentre oggi tra delocalizzazione in zone limitrofe e scelte di chiusura o di fallimento (ho citato due aziende, ma sono anche stati chiusi negozi, esercizi minori come i bar e tutti quelli di servizio alla zona industriale) esiste un danno forte.
Quella zona del territorio, brillante, vivace, una delle zone produttive importanti della provincia di Ancona, sta diventando invece un ambito nel quale si sta creando disoccupazione; si sono infatti persi beni e alcune quote di mercato sono ormai irrecuperabili. Ciascuno può fare le proprie considerazioni su ciò che avviene quando, come è avvenuto almeno in qualche caso, non si produce per quasi un anno, dal settembre dell'anno scorso.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, com'è noto l'articolo 1, comma 1014 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la legge finanziaria 2007, ha autorizzato la corresponsione di un contributo quindicennale pari a 1,5 milioni di euro a decorrere da ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, da erogare in base alle modalità e ai criteri determinati con successivo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per l'attuazione degli interventi a sostegno delle popolazioni dei comuni delle Marche colpiti dagli eventi alluvionali del 2006.
In attuazione del predetto disposto normativo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 9 febbraio ultimo scorso, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 83 del 10 aprile 2007, sono state assegnate le risorse finanziare sopra citate al presidente della regione Marche, commissario delegato per gli eventi alluvionali che hanno colpito il territorio regionale nei giorni tra il 14 e 17 settembre 2006, con la contestuale individuazione delle modalità e dei criteri per la concessione delle stesse, nonché i singoli ambiti di intervento per i quali è autorizzato l'utilizzo delle risorse in parola.
Successivamente, con il decreto interministeriale n. 2512 del 23 maggio 2007, è stata autorizzata, a seguito delle opportune verifiche di legge sull'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto della pubblica amministrazione, l'attualizzazione tra l'altro del contributo quindicennale di 1,5 milioni di euro, assegnato alla regione Marche per l'anno 2007 dal già citato articolo 1, comma 1014 della legge finanziaria 2007,Pag. 69mediante operazioni finanziarie con oneri di ammortamento per capitale ed interessi posti a carico del bilancio dello Stato, che la regione interessata è autorizzata a perfezionare, anche con il coordinamento del Dipartimento della protezione civile, e che garantiranno un ricavo netto di circa 16 milioni di euro.
In proposito, l'articolo 3 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3602 del 9 luglio 2007 ha disposto che tali operazioni finanziarie - cito testualmente - «dovranno essere perfezionate previa verifica e raffronto, anche con il coordinamento del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tra una pluralità di offerte da parte dei potenziali soggetti finanziatori, al fine di individuare le migliori condizioni finanziarie espresse dal mercato per operazioni a tasso fisso, con oneri di ammortamento per capitale ed interessi posti a carico del bilancio dello Stato».
Inoltre, il medesimo articolo ha previsto che le rate di ammortamento vengano rimborsate direttamente dal Dipartimento della protezione civile mediante rate semestrali posticipate, comprensive di capitale ed interessi, calcolati a partire dal giorno successivo alla data di erogazione, sulla base di apposita richiesta di pagamento delle rate che l'istituto finanziatore farà pervenire al Dipartimento almeno quarantacinque giorni prima della relativa scadenza, specificando le modalità di accredito.
Attualmente, sono in via di completamento le procedure di cui al citato decreto del 23 maggio 2007 per la stipula dei relativi contratti di mutuo, per quanto riguarda le risorse stanziate per l'anno 2007.
Ciò premesso, la regione Marche, con nota del 7 giugno 2007, ha rilevato come l'autorizzazione all'attualizzazione soltanto del contributo quindicennale previsto a decorrere dall'anno 2007 renderebbe disponibile un importo insufficiente ad una effettiva ed immediata ripresa delle attività produttive gravemente danneggiate dagli eventi alluvionali del settembre 2006, nonché a coprire le spese sostenute dai comuni nella fase della prima emergenza per la messa in sicurezza delle infrastrutture pubbliche.
In considerazione delle esigenze sopra rappresentate ed a seguito di apposita richiesta da parte della regione Marche, che ha evidenziato l'insufficienza delle risorse finanziarie ricavate dall'attualizzazione del contributo quindicennale, il Dipartimento della protezione civile ha provveduto a predisporre una norma al fine di consentire l'utilizzo di ulteriori risorse, indispensabili alla ripresa delle attività produttive danneggiate dagli eventi alluvionali del settembre 2006.
Infatti, con l'articolo 4 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3603 del 30 luglio 2007, il commissario delegato - presidente della regione Marche - è stato autorizzato ad utilizzare, nel limite massimo del 25 per cento, le risorse stanziate dall'ordinanza n. 3548 del 2006, per far fronte agli oneri derivanti dall'accesso al credito presso l'istituto finanziatore.
Detto istituto, individuato tramite gara ad invito alle migliori condizioni di mercato, anticiperà le risorse finanziarie corrispondenti a quanto ricavato dall'attualizzazione dei limiti di impegno relativi agli anni 2008 e 2009 previsti dal comma 1014 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006.
Il presidente della regione Marche, a sua volta, provvederà alla restituzione di tali contributi con le risorse finanziarie derivanti dalla predetta attualizzazione dei limiti di impegno relativi agli anni 2008 e 2009 e, contestualmente, sarà autorizzato ad utilizzare parte delle risorse, per il pagamento dei relativi interessi, con gli stanziamenti previsti nell'ordinanza n. 3548 del 2006.
La somma complessiva sarà dunque accreditata direttamente sulla contabilità speciale intestata al commissario delegato, in modo da garantire una celere ed immediata disponibilità della medesima.
PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di replicare.
Pag. 70
CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, ovviamente sono insoddisfatto, non tanto della risposta, perché essa è una ricostruzione, attraverso la citazione di tutti i vari commi, ordinanze e decisioni, della vicenda in esame.
Innanzi tutto vengo ad apprendere che i presunti 55 milioni di euro, su 200 milioni di danni quantificati, diventano un po' di meno cioè 48, trattandosi di 16 milioni per ognuna delle tre annualità. Non so se ciò avvenga per eventuali interessi nell'anticipazione ulteriore dei tre anni tutti contestualmente nell'anno in corso. Però la regione Marche alla data attuale (oggi siamo a giovedì 20 settembre) non ha ricevuto una lira. Il 16 settembre 2006 si verificarono l'alluvione e il danneggiamento: oggi, 20 settembre 2007, si spera in questa erogazione che tarda ad arrivare. È un esempio di inefficienza di pubblica amministrazione, in una vicenda in cui tutti i decisori hanno fatto la loro parte. Voglio chiamare così le forze politiche, la legge finanziaria che è stata pubblicata i primi giorni dell'anno in corso ed è diventata legge ufficiale dello Stato e la burocrazia necessaria per riuscire a determinare l'erogazione. Non è possibile accettare una vicenda del genere. Faccio il medico: quando il paziente non lo soccorri e non lo curi nei tempi contestuali al momento dell'emergenza, o si è salvato da solo o ci ha lasciato la pelle. La stessa cosa vale per l'azienda: un conto è l'assistenza post terremoto, post alluvione della popolazione civile, che pur soffre; per un'azienda, se non si interviene nei tempi dovuti, ci sono le istanze di fallimento ed essa comunque perde mercato. Non ci possono essere dei tempi della vita ordinaria, normale e dei tempi della «vita» dello Stato. Questa è la distanza esistente tra di noi (diciamo noi, voglio usare il pronome plurale) e tutte le persone che sono fuori, che si sentono estranee, non rappresentate, non tutelate e protette dalla pubblica amministrazione.
Lo sottolineo: sono insoddisfatto del fatto che a tutt'oggi la risposta consiste nel dire che sono stati effettuati mille passaggi, ma le imprese non sono state effettivamente aiutate. Dea Market e Ferro Adriatica sono già fuori gioco, sono chiuse; i negozi, i piccoli esercizi che servivano quell'area sono fuori gioco, sono chiusi; ci sono poi le imprese che stanno aspettando un aiuto come si aspetta l'ossigeno, perché tra poco le banche stesse non le sosterranno e le lasceranno affogare. Non sono affogati con l'alluvione del 16 settembre - la vita è salva - ma affogano da un punto di vista sociale ed economico in questi giorni. La mia è quindi un'insoddisfazione forte.
(Gestione commissariale dell'emergenza rifiuti in Sicilia - n. 2-00698)
PRESIDENTE. L'onorevole Lomaglio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00698, concernente la gestione commissariale dell'emergenza rifiuti in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza poiché, rispetto a quando l'ho presentata, la situazione della gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia è ulteriormente peggiorata.
Ci troviamo di fronte all'evidente fallimento del piano regionale dei rifiuti così come esso è stato voluto e predisposto dal presidente Cuffaro nella sua veste di Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Sicilia. Già dal 1999, la Regione Sicilia, con ordinanza del 31 maggio, era stata commissariata, a fronte delle esigenze di predisporre ed adottare un piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate, e anche per la realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla situazione di emergenza, che è ufficialmente cessata il 30 giugno 2006. In realtà, però, ci troviamo di fronte ad una condizione sempre più grave: il sistema degli ATO in Sicilia è crollato; vi sono ATO in procinto di dover portare i libri in tribunale; un po' ovunque nelle province siciliane, poi, vi sono scioperi degli operatori ecologici e del personale dellePag. 71aziende che lavorano nel ciclo della gestione dei rifiuti. I cittadini si sono così trovati, da Palermo a Catania e alle province di Enna, di Caltanissetta e di Trapani, con mega-bollette della TARSU a fronte di un servizio che peggiora sempre più.
Nel frattempo, è evidente che non esiste un piano credibile di discariche né per la realizzazione di impianti intermedi per la produzione di compost da frazione organica e per il recupero di inerti. Lo stesso può dirsi per gli impianti di preparazione di carta, plastica, vetro, metalli ferrosi, che sono inesistenti un po' ovunque negli ambiti territoriali ottimali. Tutto ciò, nonostante i poteri straordinari che al Presidente della Regione Sicilia - quindi, in questi ultimi anni, al presidente Cuffaro - erano stati affidati dalla Presidenza del Consiglio.
In realtà, secondo noi, non si è lavorato per costruire un ciclo integrato dei rifiuti. Tutti gli interpellanti evidenziano infatti che, nella sostanza, si è lavorato soltanto per la costruzione dei famosi quattro termovalorizzatori, che in verità sono inceneritori, poiché, stante la ridotta quantità di raccolta differenziata effettuata, essi in realtà bruciano il rifiuto tal quale. In proposito, la Corte dei Conti nella sua relazione stralcio (che, a nostro avviso, ha evidenziato le carenze del piano regionale dei rifiuti ed i risultati estremamente ridotti raggiunti nel periodo del commissariamento) afferma: «L'attività del commissario delegato si è incentrata nella predisposizione delle convenzioni aventi ad oggetto la chiusura del ciclo dei rifiuti, con esito ancor oggi del tutto insoddisfacente. L'avviso pubblico per la stipula di convenzioni riguardanti il sistema di gestione integrato per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata (...) è stato pubblicato in data 9 agosto 2002, imponendo, peraltro, un termine assai breve di 80 giorni (...) per la presentazione della proposta di partecipazione alla gara, sul presupposto dell'urgenza». «Il bando si rivolgeva ad operatori industriali che si impegnassero, a far tempo dal 31 marzo 2004, a trattare in appositi impianti la frazione residuale dei rifiuti e ad utilizzarla in impianti di termovalorizzazione con recupero di energia da realizzarsi in siti idonei (ovvero in impianti industriali propri o di cui essi avessero la disponibilità gestionale) esistenti nel territorio della regione».
«Noi giudichiamo errata la procedura adottata. A prescindere da ogni valutazione di legittimità riguardante i termini e soprattutto l'anomala procedura che, per importi superiori alla soglia comunitaria, non ha previsto una gara conforme alle direttive europee in materia di appalti pubblici, si rileva che tale modo di procedere ha, di fatto, favorito coloro che, per la loro presenza sul luogo, erano a conoscenza della situazione fattuale prima della pubblicazione dei bandi e chi era già in possesso di impianti e studi di fattibilità tecnico-economico-finanziaria».
Questa situazione è stata - ripeto - evidenziata con molta forza dalla Corte dei conti, ma è stata ripresa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, che ha dichiarato inadempiente lo Stato italiano, infliggendo allo stesso una sanzione pecuniaria con la seguente motivazione: «dato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la protezione civile, ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia - ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni della regione siciliana, e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi». «La Repubblica italiana» - ha statuito la Corte di giustizia delle Comunità europee - «è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi articoli 11, 15 e 17».
Quindi, non solo la Corte dei conti, ma anche l'Alta Corte di giustizia europea sottolineano quest'inadempienza che abbiamo, in maniera circostanziata, citatoPag. 72nell'interpellanza urgente da noi presentata. Ma non si tratta soltanto di irregolarità o del mancato raggiungimento di obiettivi da parte del commissario delegato, circostanze queste ultime che inducono a sostenere che il periodo del commissariamento non ha prodotto gli effetti attesi (così come il piano regionale dei rifiuti è, di gran lunga, al di sotto degli obiettivi e dei risultati sperati). Siamo di fronte, piuttosto, al fatto che il piano di gestione predisposto dalla regione siciliana prevedeva di promuovere e attuare le aggregazioni di comuni in ambiti territoriali ottimali. È successo, invece, che le società d'ambito costituite sono state dapprima venticinque entro il 2002 e sono poi diventate ventisette, mentre dopo otto anni di gestione commissariale si deve constatare che la raccolta differenziata, che nel 2000 era pari all'1,9 per cento della produzione complessiva di rifiuti in Sicilia, ha ottenuto un incremento risibile, attestandosi nel dicembre del 2005 al 5,5 per cento della produzione. Nello stesso periodo, la quantità di rifiuti smaltiti in discarica è passata da una percentuale del 93,7 per cento nell'anno 2000 al 90,7 per cento del 2005 (non vi è stata quindi una consistente riduzione dei rifiuti), confermando così il fallimento delle politiche volte a ridurre la quantità dei rifiuti prodotti e il loro conferimento in discarica.
Voglio sottolineare che, in questi giorni, ciò che sta accadendo in varie province della Sicilia (come denunciato da consigli comunali, organizzazioni sindacali, associazioni dei consumatori e da Assindustria Sicilia) evidenzia la gravissima situazione di caos gestionale ed incertezza normativa in cui versano gli ATO siciliani. Afflitte, nella quasi totalità dei casi, da gravissime situazioni deficitarie, le società d'ambito non sono più in grado di garantire il regolare espletamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed il pagamento puntuale delle spettanze dovute al personale, sempre più spesso costretto allo sciopero e all'interruzione del servizio. Le associazioni delle imprese del settore hanno calcolato in circa 500 milioni di euro l'ammontare dei crediti vantati dalle aziende, ormai da molti mesi, nei confronti delle società d'ambito. I movimenti rappresentativi dei consumatori hanno inoltre fatto rilevare come in Sicilia, a fronte del generalizzato peggioramento della qualità del servizio prestato, i cittadini utenti abbiano ricevuto bollette per il pagamento della Tarsu e della TIA con considerevoli aumenti, in molti casi superiori al 200 per cento.
Quindi, si registra una situazione di fallimento grave che ci fa preoccupare. In questo senso, chiediamo al Governo, ed al rappresentante del Governo, una valutazione su quanto sta accadendo, tanto sulle denunce della Corte dei conti e sulla sentenza dell'Alta Corte di giustizia europea, quanto su una condizione ormai alle soglie dell'emergenza. Quindi, la vigilanza che noi riteniamo debba spettare al Governo - in maniera particolare, alla Protezione civile ed alla Presidenza del Consiglio - deve anche tradursi in una vigilanza su una «bomba» ambientale e sociale che rischia di esplodere e può portare a risultati gravissimi, anche sul fronte del pericolo di inquinamento della criminalità mafiosa che, specialmente nel settore del ciclo dei rifiuti, è presente in Sicilia, come emerso anche negli ultimi giorni con attentati alle aziende che gestiscono i rifiuti (la magistratura ha dimostrato che ormai la presenza delle cosche è particolarmente attiva nel tentativo di controllo della gestione del ciclo dei rifiuti).
Per questa ragione gli interpellanti chiedono al Governo quali iniziative intenda assumere e quale sia la valutazione sulla condizione attuale del ciclo dei rifiuti in Sicilia e delle iniziative che devono essere intraprese per evitare che l'emergenza diventi conclamata.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente,Pag. 73in primo luogo si fa presente che al Dipartimento della protezione civile non risulta sia stato annullato alcun decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante la dichiarazione o la proroga dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti e delle bonifiche nel territorio della regione siciliana, attesa la sua insindacabilità in quanto atto di indirizzo politico. I successivi decreti di proroga, deliberati dal Consiglio dei Ministri, sono stati adottati a seguito di valutazioni istruttorie e del persistere delle condizioni, rappresentate dalla stessa regione siciliana, per cui era stato dichiarato lo stato di emergenza. Peraltro, le ultime due proroghe, effettuate con decreti del 23 dicembre 2004 e del 29 dicembre 2005, sono state concesse con limitazione degli ambiti derogatori alla sola materia ambientale, al fine di consentire la prosecuzione, fino al 31 maggio 2006, delle iniziative di carattere emergenziale ancora necessarie per il definitivo adeguamento degli impianti alla normativa ambientale vigente, nel rispetto di tutte le altre normative di settore.
Per quanto riguarda le valutazioni espresse dalla Corte dei conti nella relazione concernente la gestione dell'emergenza rifiuti in diverse regioni italiane da parte dei commissari delegati, il Dipartimento della protezione civile ha provveduto a trasmettere alla Corte stessa le proprie osservazioni, corredate dalla relativa documentazione, e ad effettuare alcune precisazioni. In particolare, l'ordinanza n. 3537 del 28 luglio 2006, successiva alla scadenza dello stato di emergenza, avvenuta il 31 maggio, non è derogatoria dell'ordinamento vigente, ex articolo 5, comma 3, della legge n. 225 del 1992, adottata in considerazione, pur nell'assenza delle condizioni richieste dalla citata legge per un'ulteriore proroga, del permanere, comunque, di una diffusa situazione di criticità nell'ambito della gestione dei rifiuti. Infatti, la citata ordinanza è finalizzata esclusivamente a facilitare il definitivo rientro nell'ordinario senza soluzione di continuità rispetto alle azioni intraprese in regime straordinario, autorizzando il commissario delegato ad attuare e a completare tutte le iniziative già programmate in regime ordinario e, ove ne ricorressero i presupposti, tramite le procedure d'urgenza e consentendo allo stesso un più rapido ed efficace espletamento di tutti quegli adempimenti connessi alla chiusura della gestione commissariale disposti dalla legislazione a regime.
In riferimento al piano regionale dei rifiuti la dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani, pericolosi, non pericolosi ed inerti, in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, è stata richiesta dall'allora presidente della regione siciliana al fine di superare il contesto critico relativo allo smaltimento dei rifiuti e, in particolare, al fine di attuare gli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, relativi alla predisposizione e all'aggiornamento del piano regionale dei rifiuti, cui la regione non aveva ancora ottemperato. Come risulta dalle premesse dell'ordinanza n. 2983 del 1999, l'unico piano vigente alla data di emanazione dell'ordinanza stessa risaliva al mese di marzo 1989 ed era basato esclusivamente sullo smaltimento dei rifiuti in discarica. Solo poche discariche previste precedentemente erano state realizzate, mentre gli impianti al momento in esercizio, non risultando adeguati ai requisiti tecnici del tempo, non garantivano un corretto esercizio.
In merito al giudizio critico espresso dalla Corte dei conti sullo stato di attuazione del citato piano regionale, definito pressoché modesto, l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, cui sono state trasferite le competenze che erano del commissario delegato nel corso dello stato d'emergenza, ha fatto presente che, con ordinanza commissariale n. 1166 del 18 dicembre 2002, è stato adottato il piano regionale che prevede la realizzazione dei sistemi integrati per la gestione dei rifiuti, da attuarsi in ambiti territoriali ottimali, basato essenzialmente sulla riduzione e sul riuso, recupero e riciclaggio dei materiali e sulla lavorazione della frazione residuale delle due componenti secco-umido, sulla termoPag. 74valorizzazione della frazione secca, con recupero di energia, sulla stabilizzazione della frazione umida e utilizzazione preferenziale della stessa per recuperi ambientali, nonché sullo smaltimento in discarica dei residui finali innocuizzati, vale a dire i rifiuti ultimi non utilizzabili.
Nell'ambito dell'attuazione del piano, il commissario delegato ha provveduto a promuovere ed attuare le aggregazioni di comuni e province per ambiti territoriali ottimali (i cosiddetti ATO), portando così alla costituzione di venticinque società d'ambito, divenute successivamente ventisette per soddisfare le richieste provenienti da alcuni territori con particolari peculiarità, come le isole Eolie o le alte Madonie. Gli ATO hanno il compito di attuare la gestione integrata dei rifiuti nei comuni che li costituiscono e di impostare ed avviare a realizzazione un sistema integrato basato sulla termovalorizzazione per il recupero energetico del rifiuto, in particolare della frazione residuale del rifiuto stesso. A valle della raccolta differenziata, vengono selezionate la frazione umida, da stabilizzare per l'impiego preferenziale in recuperi ambientali e ricoprimento discariche, e la frazione secca, da conferire al termovalorizzatore per il recupero energetico, mentre i sovvalli (cioè le frazioni non utilizzabili), le ceneri mimetizzate e le scorie della combustione sono conferiti alla discarica. Infine, la Commissione europea, nel maggio 2003, ha ritenuto il piano in argomento conforme «alle esigenze delle rilevanti direttive europee» ed ha invitato il presidente della regione siciliana «ad impiegare tutti i mezzi necessari per una sua messa in opera efficace».
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, come illustrato dall'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, essa costituisce il centro della pianificazione di settore e la sua organizzazione è funzionale alla complessiva gestione integrata dei rifiuti, articolandosi principalmente su quattro azioni: riduzione, riutilizzo, recupero e riciclaggio. In proposito, il piano non fissa limiti massimi alle possibili percentuali di raccolta differenziata, ma indica le linee operative sulla base delle quali si propone di raggiungere almeno il 35 per cento della raccolta differenziata, con la più ampia possibilità conferita alla società di ambito, di perseguire percentuali superiori, dando rilevanza alla raccolta monomateriale o multimateriale leggera, in grado di garantire la maggiore purezza del materiale e, quindi, un migliore recupero.
Anche se la percentuale della raccolta differenziata non ha ottenuto un incremento soddisfacente, tale aumento rappresenta un progressivo, seppur lento, miglioramento che ha determinato la nascita di un sistema industriale al servizio del riciclaggio, che in un futuro prossimo potrà contribuire alla riduzione dei costi di gestione dei rifiuti. Peraltro, solo dall'inizio del corrente anno, le associazioni ambientaliste si sono attivate per la promozione concreta della raccolta differenziata e dal 2006 il Conai (Consorzio nazionale imballaggi costituito al fine di raggiungere, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio stabiliti dalla normativa comunitaria e nazionale e di garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata) ha annunciato lo stanziamento di un importo di circa 6 milioni di euro per l'Italia meridionale e la disponibilità a sottoscrivere convenzioni specifiche per dare un maggiore impulso alla promozione della raccolta differenziata in Sicilia.
In merito alla situazione finanziaria deficitaria delle società d'ambito, al fine di fronteggiare la carenza di liquidità, il legislatore regionale ha previsto, con l'articolo 21, comma 17, della legge regionale n. 19 del 2005, l'istituzione di un Fondo di rotazione in favore delle stesse società d'ambito, destinato a garantire la copertura delle spese inerenti la gestione integrata dei rifiuti nei casi di temporanee difficoltà finanziarie.
Inoltre, la stessa legge stabilisce che i comuni soci delle società d'Ambito hanno l'obbligo di prevedere nel proprio bilancio un capitolo per intervenire sussidiariamente rispetto alla propria società di apPag. 75partenenza, dotandolo di adeguata capacità finanziaria. Relativamente, invece, alla riduzione degli ATO dagli attuali 27 a un massimo di 14, operata con l'articolo 45 della legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2, l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque ha evidenziato che sono state svolte apposite riunioni con le province, i comuni, l'Unione delle province siciliane, l'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani), le organizzazioni sindacali, i rappresentanti delle società d'ambito, le organizzazioni degli operatori economici del settore e il Forum del partenariato, comprensivo delle associazioni ambientaliste, e che è stata formulata una proposta sulle modalità di riduzione e sulle nuove possibili aggregazioni. Detta proposta è stata inoltrata, così come è previsto dalla suddetta legge regionale, al presidente della regione per il prosieguo dell'istruttoria finalizzata all'emissione del provvedimento da parte del presidente stesso.
In ordine alle iniziative realizzate per l'attuazione del piano regionale dei rifiuti e necessarie alla gestione integrata degli stessi negli ATO, l'ordinanza n. 3190 del 2 marzo 2002, predisposta esclusivamente dal Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l'articolo 5 ha soppresso e sostituito l'articolo 4 della citata ordinanza n. 2983 e ha autorizzato il commissario delegato a stipulare apposite convenzioni con cui gli operatori industriali interessati si impegnano, cito testualmente: «(...) a trattare in appositi impianti la frazione residuale dei rifiuti e a utilizzarla in impianti di termovalorizzazione con recupero di energia da realizzarsi in siti idonei ovvero in propri impianti industriali (...)», individuandoli in base a procedure di evidenza pubblica, in deroga alla normativa europea in materia di contratti e procedure di gara comunitaria. A seguito della soppressione di quest'ultima deroga alla normativa europea, la modifica, intervenuta con l'ordinanza n. 3334 del 2004, è stata espressamente richiesta dalla regione siciliana e, quindi, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, dell'ordinanza n. 2983 del 1999, così come sostituito dall'articolo 5 dell'ordinanza n. 3190 del 2002, il commissario delegato, presidente della regione siciliana, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha provveduto a pubblicare un avviso per la stipula delle predette convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata prodotta nei comuni della regione siciliana.
Le procedure di selezione sono state individuate con l'avviso pubblico approvato con l'ordinanza commissariale n. 670 dell'8 agosto 2002 e pubblicate nella Gazzetta ufficiale della regione siciliana, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, in un giornale a tiratura nazionale (Il Sole 24 ore) e in uno a tiratura regionale (Il Giornale di Sicilia). Tale avviso conteneva l'invito a presentare proposte documentate di progetti sviluppati sulla base di linee guida allegate allo stesso avviso pubblico, al fine di procedere a una selezione tra quanti erano disposti ad impegnarsi a utilizzare i rifiuti residuali, in funzione delle migliori condizioni economiche e di protezione ambientale. All'esito dell'esame della documentazione trasmessa, sono state prese in considerazione le proposte avanzate da quattro raggruppamenti che coprono l'intero territorio regionale e sono stati individuati quattro sistemi impiantistici, costituiti da stazioni di trasferenza, impianti di pretrattamento, termovalorizzatore e discarica per sovvalli.
Il sistema prevede che la frazione residuale, a valle della raccolta differenziata, venga conferita dalle società d'ambito alle stazioni di trasferenza dove viene presa in carico dall'operatore industriale che provvede a trasportarla negli impianti di pretrattamento. In tali impianti vengono divisi i metalli e la frazione organica, che una volta stabilizzata è utilizzata per l'impiego preferenziale in recuperi ambientali o nel ricoprimento delle discariche, mentre la frazione secca del rifiuto urbano, al netto della raccolta differenziata risultante da tale operazione di selezione, è portata a combustione nei termovalorizzatori.Pag. 76
Secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 4 dell'ordinanza n. 3334 del 2004, i quattro progetti per i quattro sistemi integrati sono stati notificati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la necessaria valutazione di impatto ambientale, ottenendo in data 10 giugno 2004 parere favorevole.
Successivamente sono state convocate le conferenze di servizi e approvati i quattro sistemi relativi alle proposte avanzate dalla società Sicil Power, con termovalorizzatore previsto nel comune di Paternò, dalla società Tifeo Energia Ambiente, con termovalorizzatore previsto nel comune di Augusta, dalla società Palermo Energia Ambiente, con termovalorizzatore previsto nel comune di Palermo, e, infine, dalla società Palatani Energia Ambiente, con termovalorizzatore previsto nella zona ASI (Area sviluppo industriale) di Casteltermini.
Quanto alle affermazioni contenute nella relazione della Corte dei conti e relative alla presunta stipula delle convenzioni effettuata a prescindere dall'acquisizione dell'informativa antimafia e alla presenza di una società, tra quelle riunite in associazione temporanea di imprese, aggiudicataria di due dei quattro sistemi integrati, infiltrata dalla criminalità mafiosa, gli uffici rappresentano che la società Altecoen, all'interno della quale, a seguito di un'inchiesta avviata dal Dipartimento distrettuale antimafia, è stata rinvenuta la preoccupante presenza di infiltrazioni mafiose, ha partecipato alla selezione finalizzata alla stipula di convenzioni per l'utilizzo della frazione residuale dei rifiuti a valle della raccolta differenziata, ai fini del recupero energetico, in due ATI (Associazioni temporanee d'impresa) che, successivamente, hanno costituito le società consortili denominate Sicil Power Scpa e Tifeo energia ambiente Scpa, di cui fanno parte diverse altre società.
In proposito il commissario delegato ha provveduto a richiedere alle prefetture di Catania, Palermo ed Enna, competenti per territorio, le informazioni antimafia sia per le società consortili, sia per le singole società che le costituiscono.
La prefettura di Catania ha comunicato che per la società Sicil Power «(...) non emergono, alla data odierna, elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa»; la prefettura di Palermo ha comunicato per la società Tifeo che «(...) non si hanno elementi utili a dimostrare la sussistenza di infiltrazioni mafiose o tentativi di condizionamento nelle scelte o negli indirizzi della società e delle persone interessate (...)»; la prefettura di Enna ha comunicato per la ditta Altecoen che «(...) non sussistono cause di divieto, sospensione e decadenza né, secondo le informazioni fornite dagli organi di polizia, risulta che siano emersi elementi atti a comprovare, allo stato, tentativi di infiltrazione mafiosa (...)». In ogni caso, l'Altecoen ha ceduto le proprie quote rispettivamente a Elettroambiente Spa, Panelli Impianti Tecnologici Spa, Daneco Spa e D.B. Group Spa e non è più presente nelle due società consortili Tifeo e Sicil Power.
Per quanto riguarda la vicenda che ha avuto come esito la revoca dei contratti di lavoro di due funzionari, il dottor Gioacchino Genchi e il dottore Alessandro Pellerito, la stessa Agenzia regionale comunica che, nell'ambito dei dipartimenti regionali, gli incarichi dirigenziali sono affidati dal dirigente generale del dipartimento e non dalla giunta di governo: nel caso in questione, essendo stato nominato un nuovo dirigente generale, questi, nel momento in cui sono scaduti i precedenti incarichi, ha provveduto ad effettuare un normale avvicendamento nella direzione dei servizi.
Con specifico riferimento alla procedura di infrazione comunitaria avviata nei confronti del Commissariato per l'emergenza nel settore dei rifiuti e delle bonifiche della regione Sicilia, culminata nella sentenza della Corte di giustizia europea del 18 luglio 2007, che ha condannato la Repubblica italiana per inadempimento, ex articolo 226, Trattato CEE, si rappresenta che l'inadempimento riguarda la procedura di affidamento dello smaltimento di rifiuti mediante termovalorizzazione in Sicilia e, in particolare, consiste nella mancata pubblicazione del bando di garaPag. 77poiché il commissario delegato si è limitato a pubblicare un mero avviso nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.
L'avviso conteneva tutti gli elementi necessari per la partecipazione alla procedura selettiva e hanno partecipato oltre trenta operatori riuniti in sette sezioni temporanee di impresa, circostanza che, in considerazione della tipologia del servizio, è da ritenersi senza dubbio una partecipazione sufficientemente ampia.
È utile, altresì, evidenziare che la mancata applicazione dell'articolo 15 della direttiva del Consiglio 92/50/CEE del 18 giugno 1992, relativa appunto alle forme di pubblicità del bando di gara da osservare, deriva dalla differente qualificazione giuridica del rapporto che è stata data dal commissario delegato rispetto alla Commissione europea. Infatti, secondo il commissario, confortato anche dalla giurisprudenza nazionale, si tratterebbe di una concessione di servizi, mentre, secondo la Commissione europea, si tratterebbe di un appalto di servizi, atteso che la remunerazione per i servizi deriva solo dagli importi versati da terzi per l'utilizzo dei servizi stessi, forma di pagamento che determina assunzione del rischio della gestione. Tale assunto è stato contestato anche in diritto dal commissario, le cui osservazioni, peraltro, non sono state recepite dalla Commissione.
Per quanto riguarda, infine, il riconoscimento, da parte della Corte di giustizia europea, della violazione del diritto comunitario da parte dello Stato italiano - che non si è ancora tradotto in una sentenza che preveda il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità - il Governo sta valutando i provvedimenti da adottare per assicurare la tempestiva esecuzione della predetta sentenza. In ogni caso, il Governo continuerà a svolgere la sua attività di vigilanza su tutta questa complessa e difficile materia.
PRESIDENTE. L'onorevole Lomaglio ha facoltà di replicare.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Naccarato per la puntualissima ricostruzione; non sono d'accordo, però, con quanto affermato e mi dichiaro profondamente insoddisfatto per la risposta del Governo: al di là della ricostruzione attenta - che denota anche la volontà del Governo, poi dichiarata dal sottosegretario Naccarato, di seguire e di continuare a seguire questa complessa vicenda - credo che non si traggano le conseguenze di ciò che è emerso. Siamo ormai a nove anni dal primo commissariamento del 1999 e, nonostante tutto, sono stati raggiunti risultati assolutamente insoddisfacenti sul piano della raccolta differenziata (le cifre sono state già riferite) e sul piano dell'integrazione del ciclo dei rifiuti: siamo in una condizione che la Corte di giustizia delle comunità europee ha denunciato, anche con riferimento alla trasparenza delle procedure adottate, ad esempio, in merito alle convenzioni.
Ritengo che la risposta dell'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, menzionata nell'intervento del sottosegretario, non sia accettabile, in maniera particolare per il tentativo di spiegare la posizione dell'Alta Corte, distinguendo concessione di servizi e appalto di servizi. Ricordo che si tratta certamente di un appalto di servizi, considerata, appunto, la complessità - peraltro citata - delle opere e degli interventi richiesti ai raggruppamenti di imprese. Mi impressiona, però - e per questo ringrazio il sottosegretario Naccarato -, la valutazione del Governo sulla criticità che la situazione siciliana conserva e che, peraltro, mi pare abbia portato il Governo a non revocare l'incarico attribuito al presidente della regione, il quale, se ho ben compreso, è ancora commissario delegato per l'emergenza rifiuti, ai sensi delle ordinanze che sono state citate. Per tali ragioni ritengo che la vigilanza, a fronte di una situazione che gli interpellanti hanno denunciato e che inquieta e preoccupa una gran parte delle comunità siciliane, dovrebbe portare il Governo a un'azione di verifica.
Annuncio al rappresentante del Governo che la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attivitàPag. 78illecite ad esso connesse, nei prossimi giorni, sarà in Sicilia, proprio per verificare lo stato di attuazione del piano regionale dei rifiuti: credo che, da questo rapporto tra Governo e organismi parlamentari, debba nascere anche un approfondimento della condizione reale del ciclo dei rifiuti.
Credo che sarebbe davvero drammatico se non si facesse di tutto per evitare che fenomeni gravissimi (come quello che ha portato in Campania non soltanto all'emergenza, lo ripeto, di carattere ambientale, ma anche al verificarsi di un «inquinamento» che riguarda infiltrazioni mafiose e affaristiche, che sono oggetto di indagine giudiziaria, anche a carico dei più alti vertici della regione Campania) possano interessare anche la regione siciliana.
In questo senso, mi sento non solo di sollecitare il Governo, ma di porre l'attenzione proprio sulla vigilanza, che deve continuare e che può trovare forme ispettive, proprio per quanto è stato oggi detto dal sottosegretario Naccarato.
Invito, quindi, ad attivare queste forme ispettive e di controllo, riservandomi, insieme agli altri interpellanti, ulteriori momenti per cercare di sollecitare il Governo, anche perché vengano affrontate concretamente alcune questioni.
Ritengo inaccettabile che i cittadini di Caltanissetta debbano subire aumenti del costo del servizio, perché l'incapacità del commissario delegato ha portato a non realizzare le discariche nell'ATO CL1 della regione siciliana. Pertanto, i rifiuti, con un «turismo» del tutto inappropriato, devono fare duecento chilometri per essere conferiti nella discarica di Motta Sant'Anastasia, in provincia di Catania. Questo è inaccettabile e chiedo che il Governo intervenga.
(Gestione delle politiche forestali con particolare riferimento alla prevenzione e alla lotta agli incendi boschivi - n. 2-00711)
PRESIDENTE. L'onorevole Lomaglio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00711, concernente la gestione delle politiche forestali con particolare riferimento alla prevenzione e alla lotta agli incendi boschivi (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, rinuncio ad illustrare la mia interpellanza e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere. Prenda esempio dal proponente, che ha rinunciato a illustrare l'interpellanza, per dare un contributo all'economia dei nostri lavori!
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, l'ho notato e cercherò anch'io di adeguarmi.
L'attuale riferimento normativo, fondamentale in materia di incendi boschivi, è costituito dalla legge quadro del 21 novembre 2000, n. 353, che è stata emanata con il preciso intento di definire e riordinare le competenze dei vari enti preposti, per riorganizzare la precedente, incompleta e frammentaria produzione normativa e per dare attuazione al processo di decentramento, già avviato dal decreto legislativo n. 112 del 1998, i cui articoli 107 e 108 definiscono le funzioni e i compiti amministrativi dello Stato e delle regioni in materia di protezione civile.
Ed è nel rispetto di questa innovativa concezione, dunque, che nel 2000 è stata adottata una legge quadro permeata da uno spirito regionalista che affida, inequivocabilmente, alle regioni l'attività di previsione e prevenzione dei rischi di incendi boschivi, nonché la lotta attiva che comprende le attività di ricognizione, sorveglianza, avvistamento, allarme e spegnimento con mezzi da terra e aerei.
La stessa legge attribuisce al Dipartimento della protezione civile la realizzazione di un unico e coordinato intervento aereo statale, disponendo che lo stesso assicuri, attraverso il Centro operativo aereoPag. 79unificato (COAU), il concorso aereo alla lotta attiva operata dalle regioni, con la propria flotta e con i propri velivoli resi disponibili da altre amministrazioni dello Stato, quali le Forze armate, il Corpo forestale e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, che rappresentano alcune tra le strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile, ai sensi dell'articolo 11 della legge n. 225 del 1992.
In considerazione dell'origine dolosa della maggioranza degli incendi boschivi innescati sul territorio nazionale, la legge quadro, introducendo una serie di divieti, prescrizioni e sanzioni, non ha solo inasprito le misure previste dalla normativa precedente, ma ha inserito anche una serie di vincoli tali da impedire un diverso utilizzo delle zone boscate e dei pascoli percorsi dal fuoco.
Infatti modificando il codice penale ha introdotto l'articolo 423-bis nel titolo VI «Dei delitti contro l'incolumità pubblica» prevedendo nella fattispecie criminosa autonoma anche il reato di incendio boschivo.
Inoltre, il legislatore ha potuto dare un particolare rilievo ai divieti ed alle sanzioni proprio perché la predetta legge, con l'articolo 2, ha introdotto un nuovo concetto di incendio boschivo, fenomeno che possiede i caratteri distintivi della suscettività, possibilità o potenzialità a espandersi su aree boscate, cespugliate, erborate o a bassa macchia, sui vicini terreni coltivati, incolti e a pascolo, determinando un parametro universale e applicabile sull'intero territorio nazionale.
Il combinato disposto dei due articoli ha consentito di potenziare gli strumenti a disposizione della polizia giudiziaria per contrastare i reati commessi e di raggiungere positivi risultati. Il reato di incendio boschivo è infatti un reato di pericolo contro l'incolumità delle popolazioni e contro il patrimonio forestale nazionale. Tutte le azioni finalizzate ad elevare le relative pene dovrebbero aumentare l'effetto deterrente nei confronti degli incendiari e dei piromani e sono da considerarsi utili misure di contenimento del fenomeno. In particolare, il Corpo forestale dello Stato, dal 2000 ad oggi, ha segnalato all'autorità giudiziaria 2.815 persone di cui 106 poste in arresto in flagranza di reato per incendio boschivo doloso e soggette a custodia cautelare. Inoltre, nel corso del 2007, ha collaborato con la regione Sicilia all'esecuzione dei rilievi delle aree percorse dal fuoco.
Si segnala comunque che la normativa attualmente in vigore sancisce, indipendentemente dalla tipologia del reato contestato, che il giudice possa subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato ovvero se il condannato non si oppone alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna (articolo 165 del codice penale).
Nel contesto emergenziale derivante dai gravissimi incendi boschivi, il Governo ha adottato una serie di provvedimenti aventi carattere di urgenza; prima fra tutti la «Dichiarazione dello stato di emergenza nei territori delle regioni dell'Italia centro meridionale» del 27 luglio scorso, ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225, del 24 febbraio 1992. Successivamente, in data 28 agosto 2007, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha emanato l'ordinanza di protezione civile n. 3606 recante «Disposizioni urgenti per fronteggiare lo stato di emergenza in atto nei territori delle regioni Lazio, Campania, Puglia, Calabria e della regione Sicilia in relazione agli eventi calamitosi determinati dalla diffusione di incendi e dai fenomeni di combustione».
Detta ordinanza ha disposto che il commissario delegato, tra le competenze attribuitegli, ponga in essere, per il tramite dei soggetti attuatori, ogni azione propulsiva affinché i sindaci dei comuni interessati assicurino il rispetto delle norme finalizzate alla riduzione dei rischi di incendio e i soggetti attuatori stessi, entro un dato termine, trasmettano al commissario delegato l'elenco dei comuni inadempienti rispetto al disposto dell'articolo 10, comma 2,Pag. 80della legge n. 353 del 2000, agendo in un caso diverso, previa diffida, in via sostitutiva.
Il commissario delegato, inoltre, ha predisposto due decreti commissariali: il primo è relativo all'individuazione di contesti provinciali interessati dal fenomeno degli incendi boschivi, alla nomina di soggetti attuatori ed alla previsione dei compiti ad essi connessi; il secondo contiene gli indirizzi e le modalità per l'attuazione degli interventi relativi all'istituzione, ai sensi dell'articolo 10, comma 2, della legge n. 353 del 2000, da parte dei comuni interessati dagli incendi, del catasto delle aree percorse dal fuoco.
Ai prefetti e ai presidenti delle regioni interessate è attribuito il compito di segnalare al predetto commissario l'elenco dei comuni inadempienti, ivi compresa la possibilità di sostituirsi ad essi in caso di inerzia. La puntuale definizione del catasto delle aree incendiate potrà nello spirito della legge costituire un valido deterrente all'azione dolosa che il più delle volte costituisce la causa dell'incendio in quanto pone dei vincoli all'utilizzo delle aree stesse.
Peraltro, alla luce delle criticità emerse nella gestione della campagna anti-incendi boschivi il Ministero dell'interno, con circolare del 22 agosto scorso, ha sollecitato a livello nazionale l'attività di coordinamento dei prefetti nei confronti dei comuni al fine di garantire una maggiore efficacia all'intero sistema di prevenzione, tramite la realizzazione del catasto delle aree percorse dal fuoco. Pertanto, a seguito dei rilevanti episodi accaduti questa estate, non solo nella regione siciliana, ma anche in altre regioni italiane, in particolare in quelle del centro-sud colpite da calamitosi eventi che, a causa del loro carattere doloso in molti casi, hanno creato lutti, nonché danni materiali elevatissimi, risulta chiaro che il Governo, nell'ambito delle rispettive competenze con le regioni, sicuramente valuterà ogni iniziativa, anche parlamentare, affinché si possa in massima parte prevenire tali fatti e farà di tutto in tempi brevi per il potenziamento dei controlli al fine di rendere effettiva l'applicazione dei vincoli.
PRESIDENTE. L'onorevole Lomaglio ha facoltà di replicare.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, non solo mi dichiaro soddisfatto della risposta, ma credo anche che il Governo si sia attivato in una condizione difficilissima per intervenire, anche rispetto al profondo allarme che si è creato in alcune regioni del Paese. Voglio sottolineare che non è purtroppo un caso che le regioni con la più alta superficie percorsa dal fuoco siano due del meridione, la Sicilia e la Calabria; tra l'altro la Sicilia è una regione in cui gli incendi hanno evidenziato che vi è un utilizzo inadeguato delle ingenti risorse umane e materiali interessate, a vario titolo, in attività forestali. Nel contempo, purtroppo, la Protezione civile in Sicilia ha dimostrato inadeguatezze assolutamente inaccettabili.
Credo che il commissario designato dalla Presidenza del Consiglio abbia tutti i poteri e l'effettiva possibilità di indurre le regioni ed i comuni a svolgere fino in fondo i compiti che sono stati fissati anche dall'ordinanza n. 3606 del 2007, che noi condividiamo perché può portare ad una gestione effettiva delle politiche forestali, orientandole verso criteri di efficienza nella prevenzione e nella lotta agli incendi boschivi. In questo senso, certamente la realizzazione del catasto delle aree percorse dal fuoco è un obiettivo che il Governo si è posto e vuole realizzare. Credo che bisogna essere vigili e, in tal senso, bisogna attivarsi insieme ai prefetti con un ruolo combinato che coinvolga la Protezione civile e il Ministero dell'interno, proprio per i compiti che si sono affidati anche ai prefetti, nel verificare i comuni che non solo non realizzano il catasto delle aree percorse dal fuoco, ma che non realizzano (come purtroppo capita in centinaia di comuni siciliani) nemmeno i piani di protezione civile, ovverosia quelli che possono evitare di trovarsi di fronte a situazioni drammatiche come quelle chePag. 81hanno riguardato molte province siciliane nei mesi estivi.
Non ho nulla da aggiungere, se non il fatto che nei prossimi mesi, ovviamente anche per quanto affermato oggi dal sottosegretario Naccarato, ci attendiamo iniziative, anche innovative, dal punto di vista legislativo da parte del Governo per migliorare l'efficacia sia della prevenzione degli incendi sia della tutela del territorio, nonché per aumentare le possibilità di repressione dei criminali che continuano ad attentare al nostro patrimonio boschivo e purtroppo anche alla vita di molti cittadini innocenti, come è accaduto durante l'estate.
(Orientamenti del Governo in merito all'eventuale impugnazione presso la Corte costituzionale della legge finanziaria della regione Sardegna per l'anno 2007 - n. 2-00675)
PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00675, concernente orientamenti del Governo in merito all'eventuale impugnazione presso la Corte costituzionale della legge finanziaria della regione Sardegna per l'anno 2007 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 11).
MAURO PILI. Signor Presidente, illustrerò soltanto per brevi cenni l'interpellanza anche perché il sottosegretario la conosce bene, essendo stata reiterata in Assemblea per ben tre volte.
Sicuramente oggi la risposta del Governo sarà compiuta per una parte, quella relativa alle nuove tasse, che il Governo ha voluto impugnare con decisione del Consiglio dei ministri. Ma continua ad esserci una parte dell'interpellanza, la seconda, ancora inevasa e che attende dal Governo una risposta puntuale.
Mi riferisco ad operazioni economico-finanziarie - poi nella fase di replica sarò più esplicito - che non hanno niente a che vedere con le leggi dello Stato e con la legittimità costituzionale della norma che impone il rispetto del principio di veridicità del bilancio. Il Governo ha sottaciuto tale illegittimità, con grave lesione di un diritto costituzionale non soltanto della regione Sardegna ma, credo, di tutti quei cittadini che negli anni futuri potrebbero chiedere allo Stato una risposta rispetto a bilanci che presenteranno una mancanza sostanziale di risorse finanziarie in quanto anticipate con l'utilizzo negli esercizi attuali. È evidente che un tale modo di amministrare non è legittimo.
La Corte dei Conti - altro elemento che si aggiunge rispetto alle precedenti interpellanze - si è sostituita al Consiglio dei Ministri e ha «impugnato» il bilancio 2006, non parificandolo. Inoltre, ha dichiarato l'attuazione da quel punto di vista, assolutamente illegittima sul piano costituzionale, rimandando la parificazione stessa del bilancio della regione autonoma della Sardegna alla Corte costituzionale.
Il 25 settembre prossimo - il sottosegretario probabilmente lo annuncerà - la Corte costituzionale sarà chiamata ad un primo giudizio. Ancora non è chiaro se riunirà i due ricorsi del Consiglio dei Ministri e, per giunta, quello della stessa Corte dei conti. Credo che sia importante conoscere la risposta del Governo su questi due elementi, perché la Sardegna rischia davvero di essere nell'anarchia finanziaria per mano di chi gestisce le finanze pubbliche, nel peggior modo, privatistico e anzi distorsivo delle più elementari regole finanziarie e costituzionali che hanno, fino ad oggi, condizionato un andamento corretto della finanza pubblica.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari e le autonomie locali, Pietro Colonnella, ha facoltà di rispondere.
PIETRO COLONNELLA, Sottosegretario di Stato per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, come affermava l'onorevole Pili, siamo alla terza risposta a questa interpellanza, ma ci sono in ogni caso alcuni elementi di novità che cercherò di illustrare nel modo più puntuale possibile, sia pur in breve.Pag. 82
La regione Sardegna, con l'approvazione della legge n. 2 del 2007, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della regione» ha previsto, tra l'altro, prescrizioni in materia contabile nonché in materia tributaria, modificando alcune norme della precedente legge regionale n. 4 del 2006, già oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte Costituzionale con delibera del Consiglio dei Ministri del 7 luglio 2006.
Il Governo - è questa la novità rispetto alle risposte precedenti - nella riunione del Consiglio dei Ministri del 27 luglio ultimo scorso ha deliberato l'impugnazione della legge di cui sopra, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, rilevando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 1, 2 e 3 (che sostituiscono gli articoli 2, 3 e 4 della legge regionale n. 4 del 2006), rispettivamente istitutivi dell'imposta regionale sulle plusvalenze delle seconde case ad uso turistico e dell'imposta regionale sulle seconde case ad uso turistico, nonché dell'articolo 4, che istituisce l'imposta regionale sullo scalo turistico degli aeromobili e delle unità da diporto.
Ciò che si è inteso porre in evidenza con tale impugnazione è la violazione dell'articolo 3 della Costituzione, che impedisce trattamenti diseguali a fronte di situazioni soggettive sostanzialmente equivalenti.
Le disposizioni regionali, peraltro, duplicando una forma di prelievo già esistente nell'ordinamento tributario, contrastano con il divieto della doppia imposizione, che costituisce un principio informatore dell'intero sistema tributario riconducibile al dettato costituzionale del rispetto della capacità contributiva, di cui all'articolo 53 della Costituzione repubblicana.
Così facendo le norme menzionate contrastano con gli articoli 3 e 8 dello Statuto speciale regionale e con la normativa comunitaria di cui agli articoli 12, 23 e 56 del Trattato dell'Unione europea.
Tutto ciò premesso, in questo quadro, il Governo e la regione Sardegna hanno convenuto, in ogni caso, di lavorare insieme per il superamento dei rilievi, attraverso una correzione del testo che, fra l'altro, possa meglio specificare la finalità ambientale e turistica dei tributi contestati.
In riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 2 della legge regionale della Sardegna 29 maggio 2007, n. 2, si fa presente che tale articolo è il frutto di un impegno preciso presso la regione nei confronti del Governo in sede di esame di legittimità costituzionale della legge regionale della Sardegna 28 dicembre 2006, n. 21, recante «Autorizzazione all'esercizio provvisorio del bilancio della regione per l'anno 2007 e disposizioni per la chiusura dell'esercizio 2006».
L'articolo 2, comma 7, della legge regionale n. 21 del 2006 prevedeva, infatti, che lo stanziamento iscritto al capitolo 12106-01 del bilancio regionale per l'anno 2006 costituisse accertamento di entrata a valere su parte del gettito delle compartecipazioni tributarie che sarebbero spettate alla regione per gli anni 2013, 2014 e 2015.
Al riguardo, il Ministero dell'economia e delle finanze ha rilevato che la disposizione di cui sopra, accertando entrate a valere sul gettito futuro, si pone in contrasto con i principi di contabilità dello Stato (articolo 222 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 287) e in particolare con quelli di annualità, veridicità e trasparenza del bilancio, vincolando, di fatto, la gestione per effetto degli elementi di rigidità introdotti nei bilanci futuri.
La norma in esame, inoltre, così come formulata, sarebbe in contraddizione con l'articolo 36, comma 1, della stessa legge regionale della regione Sardegna 2 agosto 2006, n. 11 (recante norme in materia di programmazione, di bilancio e di contabilità), che, nel fissare i principi generali in materia di contabilità, dispone che «l'entrata è accertata solo quando è appurata la ragione del credito, l'identità del debitore e l'ammontare del credito che viene a scadenza entro l'esercizio finanziario».
In virtù del principio di leale collaborazione che deve informare tutti i livelli di governo e nel tentativo di ridurre il contenziosoPag. 83davanti alla Corte costituzionale, attraverso accordi tra le regioni e le amministrazioni statali di volta in volta coinvolte nell'esame della legislazione regionale per eliminare l'incostituzionalità della norma considerata, il dipartimento ha convocato una riunione tra l'amministrazione regionale e i rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, al fine di tentare una soluzione.
Dalla riunione è scaturita la possibilità di addivenire ad un superamento delle censure effettuate attraverso un impegno della regione a modificare le disposizioni contestate, precisando da una parte, con una norma di interpretazione, la portata eccezionale di tali norme e rimodulando, dall'altra, quanto previsto dall'articolo 17 della legge regionale 5 maggio 1983, n. 11, che consente di stanziare, solo in casi urgenti e qualora la regione ne ravvisi la necessità, somme che verranno assegnate dallo Stato negli anni futuri.
Per tali ragioni, quindi, l'articolo 2 della legge regionale della Sardegna n. 21 del 2006, esaminato dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 27 febbraio 2007, non era stato impugnato.
Con l'articolo 2 della legge regionale n. 2 del 2007 il legislatore regionale ha dato esecuzione all'impegno di cui sopra attuando il principio di leale collaborazione, peraltro promosso dalla Presidenza del Consiglio attraverso l'istituzione di un apposito tavolo tecnico.
L'ufficio legislativo del Ministero dell'economia e delle finanze, in sede di esame di legittimità costituzionale della legge citata, pur contestando le ulteriori norme che poi sono state oggetto di impugnazione dinanzi alla Corte costituzionale, ha preso atto invece che l'articolo 2, riproducendo fedelmente l'impegno preso dal presidente della Sardegna, Soru, non doveva essere pertanto oggetto di censura governativa.
PRESIDENTE. L'onorevole Pili ha facoltà di replicare.
MAURO PILI. Signor Presidente, prendo atto delle comunicazioni che il sottosegretario ha dato riguardo alla prima parte dell'interpellanza, ma quelle sulla motivazione che ha portato all'impugnazione del Consiglio dei Ministri della parte relativa alle nuove tasse erano notizie ormai conosciute.
Nella comunicazione del sottosegretario sorge il sospetto che nell'esame della vertenza finanziaria della Sardegna sia intervenuto un metodo che il Consiglio dei Ministri, e in particolar modo palazzo Chigi, hanno reiterato più volte e cioè quello di tentare di mettere al di sopra dell'interesse generale e del diritto l'interesse di parte, di partito e particolare.
Dico ciò perché quando il sottosegretario afferma - come ha affermato poc'anzi - che bisogna lavorare per correggere il testo e che la regione si sarebbe impegnata affinché le tasse fossero orientate sulla politica ambientale, stiamo parlando di qualcosa che non ha niente a che fare con le argomentazioni puntuali che invece sono contenute nel dispositivo di impugnazione da parte del Governo. Quindi non vi sono scusanti, seconde vie, né possibilità di equilibrismi politici, che appartengono davvero al mercanteggiamento e non al diritto, né all'applicazione delle norme costituzionali, statali e regionali.
Quindi, signor sottosegretario, il mio invito è alla maggiore puntualità nelle risposte fornite perché stiamo parlando di atti amministrativi, di atti legislativi che hanno una valenza che prescinde, appunto, dalle interpretazioni di parte che molto spesso vengono date.
Vengo al tema, dichiarandomi totalmente insoddisfatto. Prendo atto del reiterato silenzio di complicità del Governo in quella manovra spericolata della finanza pubblica messa in campo in Sardegna. Non lo dice il sottoscritto né i trenta interpellanti, ma la Corte dei conti.
La Corte dei conti richiama il Governo all'obbligo di impugnare davanti alla Corte costituzionale quella norma che utilizza tremila miliardi delle vecchie lire imputandoli ai bilanci futuri del 2013-2014-2015 - rendendo l'Italia simile ad un Paese sudamericano che autorizza l'utilizzoPag. 84di entrate future, sicuramente non censibili e non verificabili - e che non è conforme alle norme costituzionali di questo Paese.
Quando il Governo si rende complice di questa partita è perché, politicamente, vuole coprire un'azione che punta a utilizzare denaro che non esiste soltanto per mercificare la politica, per mettersi nella posizione di condizionare, attraverso promesse finanziarie, partite che poi non si potranno concretizzare. Si tratta di operazioni economico-finanziarie, onorevole sottosegretario, capaci di fare impallidire quelle operazioni spericolate che si sono verificate, tempo addietro, nelle Borse italiane - cito per tutte la bolla dell'information technology e dell'Internet provider - quando si dichiarava che ci sarebbero stati grossi introiti nell'investire in quei titoli e poi invece i piccoli risparmiatori hanno perso praticamente tutto.
Oggi, sul bilancio della regione, ipotizzando entrate future, si spendono 3 mila miliardi delle vecchie lire senza avere alcuna documentazione certa su possibili entrate. Anzi, dicendo che quelle risorse finanziarie, quei 500 milioni per il triennio successivo, dovranno essere sottratte ai bilanci futuri.
Lei, signor sottosegretario, nella sua risposta ha puntualmente richiamato ciò che il Ministero dell'economia e delle finanze vi ha trasmesso, dicendo che vi era una violazione di legge costituzionale e statale, di veridicità e di rispondenza del bilancio della regione sarda alle norme statali, alle regole fondamentali della finanza pubblica. Avete invece tentato - l'ha fatto il suo Ministro, che non abbiamo ancora avuto il piacere di conoscere, su questa materia, nelle parole e nella presenza in quest'aula -, per le ragioni che esponevo in apertura del mio intervento (politiche, di parte, partigiane), di mettere un velo davvero pietoso e impietoso su questa vicenda.
Voglio cogliere l'occasione per richiamare quanto la Corte dei conti ha scritto, dichiarando il bluff totale della finanziaria dello Stato, e ciò che uno degli aspiranti alla guida del Partito democratico in Italia, insieme all'aspirante guida del Partito democratico in Sardegna, hanno congegnato. Questi ultimi dicevano: voi avrete la restituzione di 500 milioni di euro. La Corte dei conti afferma che emerge chiaramente dalla norma - e mi riferisco al comma 835 dell'articolo 1 della legge finanziaria - che nulla è dovuto e certamente non lo è la somma di tutti gli importi annuali, pari a 500 milioni di euro, iscritti dall'amministrazione regionale nei propri documenti contabili. La Corte dei conti dice, esaminando il bilancio dello Stato, che non vi è nessuna cifra stanziata che possa far raggiungere i suddetti 500 milioni. La Corte dei conti, quindi, vi sta dicendo che avete autorizzato doppiamente un bluff economico finanziario, perché da una parte non date loro i soldi nemmeno negli anni futuri e dall'altra li autorizzate a spendere quei denari che non arriveranno mai.
Avete compiuto davvero un atto illegittimo sul piano costituzionale, ma da veri spericolati della finanza pubblica. Altro che finanza creativa: questa è una finanza distruttiva, per oggi e per domani! Ma la Corte dei conti aggiunge in maniera puntuale che non si tratta di un'operazione straordinaria. Leggo testualmente il parere della Corte dei conti, che risponde a ciò che lei ha poc'anzi dichiarato, signor sottosegretario: «La stessa viene già ripetuta nel 2007». Qual è la straordinarietà del provvedimento, se è stata dichiarata nel 2006 e poi reiterata nel 2007?
La Corte dei conti aggiunge: «La straordinarietà dichiarata dalla legge non è sufficiente per affermare la conformità della legge regionale n. 21 del 2006, articolo 2, comma 7, al parametro costituzionale degli articoli 81 e 117». La Corte lo afferma in base ad una sentenza della Corte costituzionale, la n. 54 del 1983, che esplicita che l'iscrizione in bilancio di somme future non è consentita dalle norme. Leggo sempre il parere della Corte dei conti, che ha vietato, bloccato, negato la parificazione - unico caso che conosciamo in Italia - del bilancio regionale. E aggiunge: «Né può giustificarsi quale operazione straordinaria, proprio perché tanto straordinaria non è, perché già laPag. 85manovra viene ripetuta, come detto, con riferimento ad entrate del 2010». Mi pare che il bilancio dello Stato non possa oggi decidere e disciplinare le entrate del 2010, né della regione Sardegna, né, tanto meno, quelle dello stesso Stato. Aggiunge il presidente della Corte dei conti: «Tra l'altro, una volta ammesso di poter assumere questo orientamento, non sembra oziosa la domanda che riguarda a quale esercizio ci si possa spingere in futuro per anticipare entrate di competenza dell'esercizio corrente». E se la regione Sardegna avesse messo il 2050 per recuperare le predette somme, quale sarebbe stato l'elemento discrezionale, tecnico, utilizzato per valutare tale apporto?
La realtà, onorevole sottosegretario, è che avete commesso una illegittimità di fondo, una copertura politico-partitica nei confronti della regione Sardegna, mettendo in disgrazia le finanze della stessa regione sarda, e di quei molti giovani che probabilmente nel 2010, 2011, 2012, 2013, 2014 e 2015 - tante sono le annualità coinvolte in questa partita - troveranno i bilanci della regione privi delle ricordate risorse perché qualcuno le ha volute anticipare, sottraendole magari alle politiche sociali, magari alle politiche dell'occupazione, magari agli investimenti necessari per creare politiche di sviluppo nella regione, soltanto con la smania di utilizzare denaro a mani basse per qualche funzione preelettorale. È evidente che questo non è accettabile, e credo che la norma che è stata richiamata, della diversità e mancanza di equità di trattamento tra le popolazioni europee, riguardi in Sardegna soprattutto una categoria di persone, i figli della Sardegna che in Sardegna non sono potuti rimanere: mi riferisco agli emigrati, onorevole sottosegretario. La tassazione imposta è una tassazione che allontana, che sradica i nostri emigrati dalla nostra terra.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MAURO PILI. Credo che sia assolutamente indispensabile che il Governo si impegni affinché le suddette norme vengano impugnate e cancellate dallo scenario legislativo nazionale e regionale, per il bene della Sardegna e dei sardi.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Pedrizzi n. 2-00687)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Pedrizzi n. 2-00687 è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sull'ordine dei lavori (ore 19,09).
PRESIDENTE. Avverto che il presidente della Commissione finanze, acquisito l'unanime avviso dell'ufficio di presidenza della Commissione medesima, ha trasmesso alla Presidenza una lettera con la quale comunica l'impossibilità di concludere l'esame in sede referente dell'atto Camera n. 2303, di cui il calendario prevede la discussione generale nella seduta di lunedì prossimo. Analoga lettera è stata trasmessa alla Presidenza dal presidente della Commissione lavoro con riferimento all'atto Camera n. 71. Tali discussioni, pertanto, non avranno luogo.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 24 settembre 2007, alle 17:
Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2007-2008 ed in materia di concorsi per ricercatori universitari (3025-A).Pag. 86
- Relatori: Sasso, per la VII Commissione e Motta, per l'XI Commissione.
La seduta termina alle 19,10.
DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO TITTI DE SIMONE SUI DOC. VIII, NN. 3 e 4.
TITTI DE SIMONE. Nell'annunciare il voto favorevole del gruppo PRC-SE rinnovo le considerazioni richiamate nel corso della discussione dal collega Franco Russo.
Segnalo la positiva azione di razionalizzazione dei costi e delle spese avviata in questa legislatura, sia per quanto attiene ai servizi, sia per quanto riguarda l'indennità e i vitalizi.
Sottolineo la scelta di intraprendere una drastica riduzione dei costi derivati dall'affitto degli immobili, destinati agli uffici, a partire da Palazzo Marini, che è stata oggetto dell'ordine del giorno che abbiamo presentato.
Per quanto attiene al progetto asilo nido nell'ambito di una scelta di rigore, rinnovo l'impegno del Comitato pari opportunità, che presiedo, a sostenere questo progetto e per giungere ad una soluzione in tempi brevi che tenga conto innanzitutto della peculiare condizione di flessibilità di orario delle dipendenti della Camera e di una apertura al territorio comunale.
A tal proposito, desidero richiamare l'impegno a sviluppare una proposta che (come spiegato nell'ordine del giorno n. 2/19 approvato nella seduta del 28 settembre 2006) sviluppi le necessarie iniziative volte all'analisi dell'orario di lavoro e della distribuzione dei carichi di lavoro in adeguate soluzioni organizzative.
In questa discussione noto con rammarico che il tema dei costi della politica è stato posto in termini spesso demagogici da parte dell'opposizione.
Fermo restando la necessità di cancellare con assoluto rigore privilegi, sprechi e costi elevati della politica, è necessario compiere scelte strutturali che vadano in questa direzione, senza inseguire contenuti populisti, ma affrontando in modo organico i «vizi» delle classi dirigenti.
La critica nei confronti della politica che si è sviluppata nel Paese non è tutta antipolitica o anti-istituzioni, ed indica un problema reale e grave che riguarda lo status dei politici e la loro diffusa caccia alle rendite. Questa critica chiede partecipazione e democrazia, la rottura di una separatezza fra la politica e la società, la cancellazione di ingiustizie.
È su questo aspetto che noi intendiamo intervenire senza mediazioni, chiamando in causa i poteri forti che spesso fanno da megafono all'antipolitica con l'obiettivo di indebolire le istituzioni, delegando alla governance e al rapporto privilegiato con il potere esecutivo, la capacità propria di Governo del paese. Distinguere i costi della politica dai costi della democrazia è importante per contrastare populismo e demagogia e per restituire alla politica la fiducia dei cittadini, la partecipazione dei soggetti sociali, la domanda di trasformazione sociale.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 4 | ||||||||||
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Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Doc.VIII, n.4 - odg 9/94 | 444 | 411 | 33 | 206 | 88 | 323 | 63 | Resp. |
2 | Nom. | odg 9/Doc.VIII, n.4/108 | 466 | 455 | 11 | 228 | 202 | 253 | 61 | Resp. |
3 | Nom. | Doc. VIII, n. 3 - voto | 450 | 292 | 158 | 147 | 289 | 3 | 60 | Appr. |
4 | Nom. | Doc. VIII, n. 4 - voto | 459 | 286 | 173 | 144 | 284 | 2 | 60 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.