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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 147 di giovedì 19 aprile 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
La seduta comincia alle 9,05.
RINO PISCITELLO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Sull'ordine dei lavori (ore 9,13).
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intervengo per chiederle di intervenire presso il Governo affinché renda un'informativa urgente, dopo quanto è accaduto in Anatolia ieri.
Si tratta di un fatto doppiamente grave: infatti, da un lato vi è stata una violazione della libertà di stampa e di comunicazione, mentre dall'altro si è verificato l'ennesimo eccidio nei confronti dei cristiani, avvenuto in un paese che chiede di entrare nell'Unione europea e riguardo al quale l'Italia, diversamente dagli ultimi anni, sembra non avere alcuna posizione chiara. Anzi - purtroppo -, essa sembrerebbe assumere una posizione favorevole non sulla prosecuzione dei rapporti di partenariati, ma addirittura sull'ingresso in Europa.
Chiedo, quindi, che il Governo venga al più presto, per il fatto in sé, nonché per la gravità della persecuzione anticristiana: ricordo, infatti, che un anno fa morì don Santoro, mentre ieri abbiamo assistito alla morte di altri tre cristiani.
Ciò anche per comprendere, dal momento che non vi sono state circostanze favorevoli allo svolgimento di una discussione prima della Dichiarazione di Berlino, quale sia la posizione italiana in vista del processo concernente il paese turco. Grazie.
PRESIDENTE. La ringrazio: segnalerò immediatamente al Governo l'ordine delle questioni che lei ha posto, affinché si possa dare una risposta.
ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, intervengo sullo stesso argomento segnalato dal collega Volontè, aggiungendo un'ulteriore considerazione. I fatti accaduti sono gravissimi e minano i rapporti con uno Stato che si è candidato ad entrare nella patria delle libertà, vale a dire l'Europa, ma che dimostra un'intolleranza senza pari per un Paese che afferma di essere democratico e tollerante.
Noi ci associamo alla richiesta, avanzata dal collega Volontè, di far intervenire il Governo alla Camera per riferire su tale vicenda, chiedendo anche a lei, signor Presidente, di impegnarsi ufficialmente in tal senso, anche se so che lo ha già fatto in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.
Ritengo giusto che il Parlamento dia indicazioni al Governo in ordine alla questione turca. Come sa, Presidente, il nostro gruppo ha presentato una mozione in tal senso ed auspico che l'esame di tale documento venga calendarizzato nel mese di maggio, proprio affinché il Parlamento fornisca indirizzi all'Esecutivo circa l'opportunità o meno di affrontare un negoziato con un paese assolutamente intollerante,Pag. 2il quale non può entrare in Europa in queste condizioni. Infatti, un centro che distribuisce materiale religioso non è stato tutelato né dai servizi segreti turchi, né dalla Polizia di quel paese.
Vorrei osservare che in tutte le parti del mondo possono verificarsi gesti di intolleranza - come è sempre accaduto in Turchia - nei confronti di cittadini che professano la fede cristiana; tuttavia, il fatto che non venga tutelato e messo sotto protezione un posto così a rischio (come si usa dire, «sensibile») dimostra il clima culturale esistente in un paese che vorrebbe aderire all'Unione europea. La ringrazio, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Grazie a lei. Riconfermo quanto già detto circa la sollecitazione che verrà operata nei confronti del Governo affinché vengano affrontate tali questioni.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, anch'io intervengo per associarmi a quanto già detto. Lo faccio senza particolari motivazioni, ma credo che la gravità di quanto accaduto meriti attenzione ed esiga che il Governo, appena possibile, venga a riferire in Assemblea. La ringrazio.
PRESIDENTE. Grazie a lei. Faremo senz'altro pervenire al Governo queste sollecitazioni.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Bimbi, Brugger, Castagnetti, Donadi, Duilio, Giovanardi, Landolfi, Lucà, Mattarella, Mura, Realacci, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,16).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del regolamento.
Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Di Virgilio ed altri; Castellani ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero (A.C. 780-1891-A) (ore 9,17).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge d'iniziativa dei deputati Di Virgilio ed altri; Castellani ed altri: Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero.
Ricordo che nella seduta del 12 marzo si è conclusa la discussione generale.
(Esame degli articoli - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.
Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (vedi l'allegato A - A.C. 780 sezioni 1 e 2).
Avverto che è in distribuzione la nuova stampa del fascicolo degli emendamenti n. 4.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e dell'unico emendamento ad esso riferito presentato dalla Commissione (vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 3).
Nessuno chiedendo di parlare, chiedo al Governo di esprimere il parere sull'emendamento 1.100 della Commissione.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Presidente, chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 1.100.
PRESIDENTE. Relatore Di Virgilio, mi scuso ma avevo dato per scontato che il parere della Commissione fosse favorevole.
Prego, sottosegretario Gaglione.
ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Governo accetta l'emendamento 1.100 della Commissione.
PRESIDENTE. Poiché non sono pervenute richieste di votazione nominale mediante procedimento elettronico, procederemo al voto per alzata di mano.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'emendamento 1.100 della Commissione, accettato dal Governo.
(È approvato).
Pongo in votazione l'articolo 1, nel testo emendato.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 4).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione raccomanda l'approvazione del suo emendamento 2.100, mentre formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'emendamento Montani 2.10.
PRESIDENTE. Il Governo?
ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Governo accetta l'emendamento 2.100 della Commissione, mentre, per il restante emendamento, concorda con il parere espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.100 della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, immagino che il clima di questa mattina inviti tutti noi alla distrazione... Avevo chiesto la parola sull'emendamento Montani 2.10, anche per dire che non riteniamo di ritirare l'emendamento, nonostante l'invito formulato dalla Commissione.
Crediamo, infatti, che sia importante garantire sostanzialmente il rispetto di una norma dello Stato, relativa alle linee guida stabilite con un accordo Stato-regioni il 27 febbraio 2003, che disciplini i criteri fondamentali per l'utilizzo dei defibrillatori, per l'accesso ai corsi di formazione e per il rilascio dell'autorizzazione all'utilizzo dei defibrillatori stessi.
Noi riteniamo che un richiamo generico all'articolo 1 sia rischioso e ci preoccupa, perché continuiamo a pensare che vada rispettato il principio della facoltà delle regioni di provvedere alla disciplinaPag. 4dei corsi di formazione conformemente ai criteri sanciti dalla norma cui ho fatto riferimento.
Pensiamo, infatti, che un richiamo generico alla formazione degli stessi non vada nella direzione di una qualificazione degli operatori, anche se siamo consapevoli del fatto che stiamo parlando di strumenti semiautomatici per i quali, c'è stato più volte assicurato, non esistono dei veri e propri problemi di applicazione per quanto riguarda specifiche doti del soggetto che effettua l'intervento, tanto è vero che stiamo discutendo del fatto che questo intervento possa essere svolto anche da personale non propriamente appartenente alla struttura medico-sanitaria in senso stretto, ma ne venga esteso il principio.
Ciò nonostante, per quanto riguarda gli interventi nei confronti di patologie gravi di un certo tipo, pensiamo che vada quanto meno tutelata la professionalità minima dei soggetti che si accingono ad effettuare l'intervento. Quindi, riteniamo che un riferimento di questo tipo vada nella direzione di rendere più vincolante e restrittivo il meccanismo che assegna la possibilità di effettuare l'intervento d'urgenza: di conseguenza, manteniamo l'emendamento e chiediamo che venga votato.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Vorrei fare una precisazione. Il riferimento alle linee guida sembra superfluo perché è contenuto nel testo addirittura due volte: in primo luogo, all'articolo 1, comma 2, quando si parla dell'accordo sancito in sede di Conferenza Stato-regioni, in cui si fa espresso riferimento alle linee guida; in secondo luogo, abbiamo inserito il riferimento alle linee guide internazionali, non solo nazionali, in coda al comma 2 dell'articolo 1.
Per tali motivi, il riferimento alle linee guida ci sembra superfluo, perché - ripeto - è già espresso chiaramente nel provvedimento. Quindi, non c'è alcun pericolo che le regioni possano legiferare differentemente l'una dall'altra e ci sono le garanzie per i cittadini. Per questo, invito il collega a ritirare l'emendamento.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'emendamento 2.100 della Commissione, accettato dal Governo.
(È approvato).
Pongo in votazione l'emendamento Montani 2.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(È respinto).
Pongo in votazione l'articolo 2, nel testo emendato.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 3 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 5).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Montani 3.10, così come richiesto anche dalla V Commissione (Bilancio).
La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Ulivi 3.1 e Montani 3.11.
PRESIDENTE. Il Governo?
ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario su tutti gli emendamenti presentati.
Pag. 5
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Montani 3.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, intervengo per illustrare l'emendamento Montani 3.10. Noi chiediamo semplicemente il formale rilascio di una certificazione che attesti il superamento di una prova quanto meno pratica e teorica, al fine di valutare se i candidati che si sono proposti per svolgere questo tipo di funzioni siano preparati in merito, ad esempio, al riconoscimento di un arresto cardiocircolatorio piuttosto che alla messa in atto di metodi di rianimazione.
Noi continuiamo a pensare che vada assolutamente privilegiato un minimo di formazione, pur nella consapevolezza che stiamo parlando di strumenti semiautomatici, che in sé hanno la capacità di svolgere dal punto vista tecnico una ricognizione abbastanza precisa dell'intervento. Noi continuiamo a pensare che, quando si interviene su un essere umano in un momento delicato, come può essere quello di un arresto cardiocircolatorio, il soggetto che si appresta ad effettuare qualsiasi tipo di intervento sia quanto meno in grado di individuare a grandi linee la patologia di cui stiamo discutendo.
Quindi, insistiamo per la votazione di questo emendamento, perché riteniamo che vada nella direzione di un miglioramento del servizio e della qualificazione del personale che può effettuare tale servizio.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'emendamento Montani 3.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.
(È respinto).
Passiamo all'emendamento Ulivi 3.1.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
CARLA CASTELLANI. Signor Presidente, ritiriamo questo emendamento con l'auspicio che, durante l'esame di questo provvedimento al Senato, si rifletta sulla sua finalità che riprende la filosofia dell'emendamento precedente.
La finalità di questo testo unificato è quella di formare dei volontari - e sottolineo ancora: volontari - affinché siano in grado di affrontare una situazione di emergenza nella maniera più efficace ed efficiente possibile. L'ipotesi che la formazione di questi soggetti abbia una scadenza temporale molto diluita nel tempo potrebbe far sì che la stessa non sia efficace e completa. Quindi, ritiriamo l'emendamento Ulivi 3.1 con l'auspicio che al Senato si possa riflettere maggiormente sulla filosofia di questo emendamento.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo all'emendamento Montani 3.11.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
GIOVANNI FAVA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, riteniamo che in questo provvedimento non sia disciplinato in modo adeguato il meccanismo di responsabilità degli operatori, in modo particolare quelli che non sono medici, in ambiente extraospedaliero.
Conformemente all'accordo del 27 marzo 2003 che ho citato in precedenza si ritiene necessario escludere che l'operatore possa essere ritenuto responsabile della corretta indicazione di somministrazione dello shock elettrico. Stiamo parlando di soggetti che non fanno parte del personale medico e che potrebbero essere ritenuti responsabili (stiamo entrando nel campo di applicazione del meccanismo del danno e del sistema risarcitorio anche in materia assicurativa) dell'utilizzo del defibrillatore. Infatti, il meccanismo è automatico,Pag. 6funziona da sé ed è in grado di effettuare automaticamente la ricognizione.
Chiediamo che la responsabilità dell'operatore si limiti al semplice utilizzo in sicurezza dello strumento. In altri termini, deve essere garantito che lo strumento sia perfettamente funzionante ed efficiente ed abbia la giusta carica e le giuste tarature: dal nostro punto di vista questi sono gli unici aspetti che assumono rilievo ai fini della responsabilità ascrivibile ad un soggetto che non fa parte del corpo sanitario e che opera in questo campo. È una questione, a nostro avviso, importante.
Pertanto, non accedo all'invito al ritiro dell'emendamento Montani 3.11 e chiedo che lo stesso venga posto in votazione perché attiene alla sfera della responsabilità oggettiva e soggettiva di colui che si accinge a svolgere una prestazione. Riteniamo che, nell'ambito di questo provvedimento, tale responsabilità non sia specificata in modo esauriente e inequivocabile.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Signor Presidente, vorrei esplicitare la filosofia di questo provvedimento che si interessa delle migliaia di morti, soprattutto di giovani, che avvengono ogni anno al di fuori degli ospedali.
Per quanto riguarda il problema della responsabilità, assumiamo un provvedimento di tale rilevanza sociale perché la tecnologia moderna ha messo a disposizione apparecchi che praticamente funzionano autonomamente, senza richiedere al soccorritore non medico né infermiere la capacità di effettuare la diagnosi, che è svolta dall'apparecchio. Quindi, l'apparecchio dà indicazioni sonore e uditive sulle modalità e sui tempi di utilizzazione.
Inoltre, l'articolo 1 del provvedimento stabilisce che la formazione deve avvenire secondo le linee guida degli accordi Stato-regione.
L'accordo vigente concluso in sede di Conferenza Stato-regioni nel 2003, come i successivi che saranno eventualmente stipulati, disciplina chiaramente questo aspetto alla lettera b)1. Quindi, a nostro avviso, il problema, pure correttamente posto dal collega, non sussiste.
Ribadiamo, pertanto, l'invito a ritirare l'emendamento Montani 3.11.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'emendamento Montani 3.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(È respinto).
Pongo in votazione l'articolo 3.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 4 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4
(vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 6), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 4.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 5 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 7).
Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Rusconi 5.12, Montani 5.10 e Margiotta 5.11.
PRESIDENTE. Il Governo?
Pag. 7ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'emendamento Rusconi 5.12 è stato ritirato dai presentatori.
Passiamo alla votazione dell'emendamento Montani 5.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor Presidente, sinteticamente ed in conformità allo spirito del dibattito e degli impegni presi, riteniamo che le limitate risorse disponibili di fatto per i presidi in parola debbano essere impiegate focalizzando gli sforzi sugli ambienti extraospedalieri caratterizzati da un livello di rischio decisamente più significativo.
Poiché le strutture meno strategiche dal punto di vista dei flussi della popolazione sono, ad esempio, quelle scolastiche, considerati l'età media degli studenti e l'indice di rischio significativamente più basso, riteniamo che debba essere operata una differenziazione e che l'attenzione debba essere concentrata, in questa fase, sul finanziamento dell'acquisto di tali strumenti, privilegiando le sedi in cui la presenza o la probabilità che tali patologie possano essere riscontrate è più elevata.
Manteniamo quindi l'emendamento Montani 5.10 e chiediamo all'Assemblea di esprimere su di esso un voto favorevole.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Rapidamente, desidero informare i colleghi dell'Assemblea che, avendo analizzato a fondo in Commissione, anche procedendo ad audizioni, il fenomeno delle morti improvvise, abbiamo accertato che esse colpiscono soggetti anche molto giovani, ad esempio - come è dato spesso leggere sui giornali - durante una partita di calcio o una maratona. Si tratta, dunque, di soggetti prevalentemente giovani i quali sono esposti a rischio senza saperlo.
Pertanto, ci sembra onestamente che, escludendo i campi di calcio a livello dilettantistico o le grandi strutture sociosanitarie, universitarie e scolastiche, non si verrebbe incontro alle esigenze della popolazione. Muoiono circa sessantamila persone l'anno, ma, intervenendo in maniera capillare, ne potremmo salvare almeno la metà, pur comprendendo le difficoltà determinate dal fatto che le risorse economiche non sono adeguate.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'emendamento Montani 5.10, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(È respinto).
Pongo in votazione l'emendamento Margiotta 5.11, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(È respinto).
Pongo in votazione l'articolo 5.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 6 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6
(vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 8), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 6.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 7 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7
(vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 9), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 7.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 8 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8
(vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 10), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 8.
(È approvato).
(Esame dell'articolo 9 - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9
(vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 11), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 9.
(È approvato).
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (vedi l'allegato A - A.C. 780 sezione 12).
Qual è il parere del Governo?
ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Il Governo accetta l'ordine del giorno Baiamonte n. 9/780/1 e accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Mario Pepe n. 9/780/2, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: sostituire, al terz'ultimo rigo, le parole da «diritto ad usufruire» fino alla fine della parte dispositiva con le seguenti: «diritto ad usufruire di congedo retribuito durante la durata dei corsi di aggiornamento».
PRESIDENTE. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Baiamonte n. 9/780/1.
Prendo altresì atto che il presentatore dell'ordine del giorno Mario Pepe n. 9/780/2 accetta la riformulazione proposta dal Governo e non insiste per la votazione.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Costato l'assenza del deputato Rocco Pignataro, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto; si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baiamonte. Ne ha facoltà.
GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, il gruppo di Forza Italia voterà a favore di questo provvedimento.
Si tratta, infatti, di un intervento legislativo fondamentale per salvare la vita di tante persone; è, altresì, misura legislativa atta a coprire un vuoto normativo per quanto riguarda l'assistenza ai cittadini italiani. Come ha già precisato il relatore, infatti, ogni anno si registrano, nel nostro paese, circa 60 mila morti - quindi, circa un abitante su mille - proprio per decessi improvvisi e per la mancanza di tempestivo soccorso. Quest'ultima notazione si basa sulla circostanza che, per evitare danni cerebrali o per scongiurare addirittura il rischio di morte è necessario intervenire entro cinque o sei minuti dall'evento ovvero dal coma sopraggiunto.
Proprio questi apparecchi, come precisava anche il relatore, oggi hanno raggiunto una perfezione tale da dare una certa notevole tranquillità; infatti, dati clinici hanno dimostrato un'alta specificità di questi apparecchi nel 93 per cento dei casi ed un'alta sensibilità diagnostica nel 98 per cento dei casi.
Qual'è la peculiare caratteristica dei defibrillatori? Ebbene, il defibrillatore automatico esterno si adopera collegando gli elettrodi al paziente e accendendo l'apparecchio; dopo pochi secondi, addirittura l'apparecchio automaticamente tracciaPag. 9l'analisi del ritmo cardiaco ed eroga in automatico lo shock elettrico ovvero la stimolazione.
Questi defibrillatori, infatti, bloccano la fibrillazione ventricolare e il cuore praticamente non funziona e non manda in circolo il sangue. La conseguenza è il coma. Con i defibrillatori semiautomatici, invece, l'erogazione dello shock elettrico avviene dopo la conferma dell'operatore, informato dalla macchina della presenza di un'aritmia defibrillabile.
Praticamente, non è necessario eseguire un elettrocardiogramma, perché decide tutto la macchina con la sua organizzazione, ossia con il cervello elettronico e, quindi, l'operatore, guidato proprio dell'apparecchio, non deve fare altro che toccare i pulsanti per azionarlo.
Nella legge prevediamo anche lo svolgimento di corsi di addestramento da parte di strutture sociosanitarie e che le università, senz'altro senza fini di lucro, devono addestrare questo personale, che oltretutto viene inserito in un elenco per ottenere la certificazione - c'è un articolo proprio predisposto per questo - che autorizza gli operatori, che seguono un breve corso di poche lezioni, ad utilizzare questi apparecchi.
Quali sono i dati fondamentali? Questi mezzi, come diceva anche il relatore, devono essere collocati in tutte quelle strutture, pubbliche e private, che, ovviamente in momenti particolarmente affollati o particolarmente gravi, necessitano del ricorso a tali macchinari per soccorrere chi, purtroppo, entra in coma.
Tale aspetto è fondamentale, Presidente, ed il motivo per cui ho presentato l'ordine del giorno Baiamonte n. 9/780/1, accettato dal Governo, sta nel fatto che nel disegno di legge mancava una precisazione. Infatti, nelle dotazioni di questi macchinari erano incluse le ambulanze del 118, ma - era una piccola pecca, se così possiamo definirla - escluse le ambulanze private. Addirittura, il testo unificato della proposta di legge prevede che sia in dotazione di tutti gli studi medici, sia del Servizio sanitario nazionale sia di quelli privati, in maniera da soccorrere gli ammalati che, in determinate circostanze, ovviamente, potrebbero subire delle conseguenze gravi, come abbiamo precedentemente detto.
Ribadisco, quindi, il voto favorevole del gruppo di Forza Italia su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Poretti. Ne ha facoltà.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, ci tengo a dire che se questa legge ci fa compiere un passo in avanti dal punto di vista della cultura del pronto soccorso in situazioni di emergenza, questa può essere una delle motivazioni per votare a favore.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Deputata Poretti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Astore. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE ASTORE. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Deputato Astore, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lucchese. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, nell'annunciare il voto favorevole dell'UDC, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto.
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PRESIDENTE. Deputato Lucchese, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Campa. Ne ha facoltà.
CESARE CAMPA. Signor Presidente, intervengo a titolo personale per esprimere soddisfazione per questa legge, ma soprattutto per sottolineare che in Assemblea stamattina il numero legale è stato garantito solo grazie alla presenza delle opposizioni, attese le assenze nei banchi della maggioranza. E non solo: si è anche proceduto con il voto per alzata di mano. Vorrei che tali osservazioni restassero agli atti, per ricordare a coloro che ci accusano sempre di ostruzionismo che siamo presenti quando le leggi sono positive, per dare sempre il nostro contributo.
PRESIDENTE. Lei sa che, poiché le votazioni si sono svolte per alzata di mano, non si è potuta constatare la sussistenza del numero legale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Ulivi. Ne ha facoltà.
ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non intendo ripetere quanto già detto in sede di discussione sulle linee generali. Intervengo però molto volentieri per la dichiarazione di voto finale sul testo unificato in esame in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici, trattandosi di una problematica, vale a dire quella delle morti per arresto cardiaco e della rianimazione cardiopolmonare, da sempre all'attenzione del mio partito.
Ricordo che la prima proposta di legge in materia, divenuta poi la legge n. 120 del 2001, fu presentata dall'allora senatore Antonino Monteleone, che effettuò vari studi sulla possibilità di delegificare in tema di defibrillazione, essendo all'epoca un terreno del tutto vergine, benché da anni gli addetti ai lavori chiedessero una regolamentazione che permettesse l'uso di questi dispositivi medici anche da parte di personale non medico. Tali richieste si basavano su osservazioni e studi, già ampiamente documentati alla fine degli anni Novanta, sulla semplicità di intervento tramite defibrillatore semiautomatico.
Ricordo inoltre che l'Italia, grazie a quella legge, è stata la prima nazione europea ad avere una normativa in merito, cosa non facile perché, come è noto, il cosiddetto atto medico - in cui rientra ovviamente anche la rianimazione cardiopolmonare e la defibrillazione - è sempre stato considerato un muro oltre il quale chi non aveva una laurea in medicina non poteva avventurarsi. L'Italia invece, da questo punto di vista, è sempre stata all'avanguardia. Infatti, le ricerche e le sperimentazioni di maggior interesse sull'utilizzazione ed il posizionamento dei defibrillatori, dopo le esperienze ormai decennali di Rochester negli Stati Uniti, sono state quelle poste in atto a Piacenza, città nella quale la cardiologia locale si è unita alle forze dell'ordine e ad altre organizzazioni che operavano sul territorio per realizzare una rete volta a salvare vite umane.
La sperimentazione ebbe grande successo, nel senso che si potevano salvare numerose vite umane con il solo intervento di personale non medico adeguatamente addestrato. A questo proposito vorrei ribadire il concetto della frequenza del cosiddetto refreshing, vale a dire della frequenza dei corsi di aggiornamento sull'utilizzo delle tecniche di rianimazione cardiopolmonare e di defibrillazione.
La mia insistenza nel presentare emendamenti volti a portare a dodici mesi l'intervallo di tempo tra un corso e l'altro nasceva unicamente dalle discussioni con gli addetti ai lavori, i quali, grazie ad una ormai notevole esperienza, sono in grado di affermare che, soprattutto per personale per così dire profano - carabinieri, poliziotti, vigili urbani e quant'altro -, è necessario che non passi più di un anno tra un corso all'altro, soprattutto considerando che tali attrezzature non si usano tutti i giorni e che la frequenza degli interventi veri e propri non è assolutamente prevedibile, nel senso che può anche passare un anno senza che la persona in oggetto utilizzi il defibrillatore.Pag. 11
Ringrazio infine l'onorevole Carla Castellani, che con la sua proposta di legge integrativa di quella presentata dall'onorevole Di Virgilio ha permesso una regolamentazione più puntuale, grazie anche alla sua esperienza di anestesista rianimatore. Ovviamente, il mio ringraziamento va anche all'onorevole Di Virgilio, che è stato promotore della prima proposta di legge in materia.
Preannuncio quindi il voto favorevole di Alleanza Nazionale sul provvedimento in esame, che integra la disciplina contenuta nella preesistente legge n. 120 del 2001.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, il nostro gruppo è convintamente favorevole al testo unificato in esame. I colleghi che mi hanno preceduto hanno parlato di 60 mila morti l'anno per arresto cardiaco. Con questo provvedimento riusciremo a salvare qualche centinaio di vite umane, distribuendo queste apparecchiature in luoghi e strutture come scuole, campi sportivi, farmacie, mezzi pubblici, laddove più frequentemente avvengono casi di arresti cardiaci.
È chiaro che è necessario che il personale sia addestrato e costantemente aggiornato perché - non voglio essere il corvo o il falso profeta - dal cattivo utilizzo di tali strumentazioni possono derivare incidenti, anche mortali, pertanto bisogna stare molto attenti. Ecco perché la certificazione e l'aggiornamento, ancorché di dodici o diciotto mesi - come noi abbiamo proposto -, appaiono indispensabili.
Si tratta di una legge necessaria, anche se, a nostro avviso, tardivamente adottata. Infatti, il solo sapere che qualche centinaio di persone possono continuare a vivere grazie a questa legge ci fa capire che stiamo svolgendo il nostro dovere.
Permettetemi soltanto una battuta finale: questo provvedimento non rianimerà i congressi che si apriranno oggi e domani. Il defibrillatore non farà proprio nulla per i congressi dei DS e della Margherita: è proprio un presidio sanitario inutilizzabile (Commenti del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Di Girolamo. Ne ha facoltà.
LEOPOLDO DI GIROLAMO. Signor Presidente, vorrei solo annunciare il voto favorevole del gruppo L'Ulivo sul testo in esame.
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Deputato Di Girolamo, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Pellegrino. Ne ha facoltà.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, intervengo soltanto per esprimere il voto favorevole del gruppo dei Verdi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fava. Ne ha facoltà.
GIOVANNI FAVA. Signor presidente, intervengo solo per preannunciare che il gruppo Lega Nord esprimerà un voto favorevole sul provvedimento in esame, pur mantenendo le riserve che abbiamo esplicitato nelle nostre proposte emendative.
Per venire incontro alle esigenze congressuali che interessano buona parte dell'Assemblea, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Onorevole Fava, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Pag. 12(Correzioni di forma - A.C. 780-1892-A)
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO DI VIRGILIO, Relatore. Signor Presidente, ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel testo unificato delle proposte di legge A.C 780-1892-A, propongo le seguenti correzioni di forma:
all'articolo 4, comma 1, le parole: «allo svolgimento dei corsi» devono intendersi sostituite dalle seguenti parole: «all'insegnamento dei corsi».
Approfitto per ringraziare tutta la Commissione, che ha lavorato in una maniera encomiabile insieme al presidente Lucà e ai colleghi, i quali forse non si sono resi conto, ma credo di sì, che stiamo parlando di un provvedimento dall'alto significato morale e sociale perché mirante a prevenire la morte di decine di migliaia di persone, prevalentemente giovani, nel nostro Paese.
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, le correzioni di forma proposte dal relatore si intendono approvate.
(Così rimane stabilito).
(Coordinamento formale - A.C. 780-1891-A)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 780-1892-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge n. 780-1892-A, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Nuove norme in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici e automatici in ambiente extraospedaliero) (780-1891-A):
(Presenti 385
Votanti 382
Astenuti 3
Maggioranza 192
Hanno votato sì 381
Hanno votato no 1).
Prendo atto che i deputati Delfino e Volontè non sono riusciti a votare, che i deputati Costantini, Cesini, Lovelli, Lumia e Belisario non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere voto favorevole e che la deputata Poretti si è erroneamente astenuta mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
Seguito della discussione delle mozioni Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142 sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale (ore 9,55).
PRESIDENTE L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142 sulla realizzazione di opere relative al piano irriguo nazionale (vedi l'allegato A - Mozioni sezione 1).Pag. 13
Ricordo che nella seduta dell'11 aprile si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni.
(Parere del Governo)
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.
STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, nel corso della discussione sulle linee generali che si è svolta sulle mozioni in esame ho avuto l'opportunità di esprimere un giudizio generale. In questa fase, rivolgendomi ai singoli presentatori delle stesse, dichiaro il parere favorevole del Governo.
Tuttavia ritengo - ma non so se vi sono le condizioni per farlo e non voglio rinviare la discussione - che sarebbe forse stato meglio accorpare le mozioni in un unico testo; non vi sono infatti contraddizioni tra le mozioni Delfino ed altri n. 1-00061, Leone ed altri n. 1-00140, Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci n. 1-00142
(Nuova formulazione).
Non voglio comunque creare problemi; esprimo, pertanto, parere favorevole su tutte e quattro le mozioni presentate, anche se avrei preferito, ripeto, un testo comune, ma capisco le esigenze dell'Assemblea e non voglio intralciarne i lavori.
(Dichiarazioni di voto)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Delfino. Ne ha facoltà.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ho ascoltato l'intervento del sottosegretario e l'auspicio di una mozione unica. Vorrei, comunque, ricordare che in Commissione è stata votata unanimemente una risoluzione. Tuttavia, se è vero che tali mozioni presentano un indirizzo largamente unitario, vi sono alcune specificità.
Tenuto conto che il sottosegretario ha espresso un parere favorevole su tutte le mozioni, dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'UDC sulle medesime. Come mi pare abbia già espresso nella replica nella seduta di mercoledì scorso il sottosegretario Boco, sottolineo che questa è stata l'occasione, in una sede così alta e prestigiosa, per far presente al paese, a tutte le forze politiche, a tutti i cittadini il valore e l'attenzione che il Parlamento ed il Governo danno alla risorsa acqua.
Pertanto, nel confermare il testo della mozione, auspico che il Governo nei prossimi mesi ottemperi in modo puntuale a tutti gli impegni e alle sollecitazioni contenuti nella nostra e nelle altre mozioni.
Ribadisco quindi l'espressione del voto favorevole sulla mozione presentata dal gruppo UDC e su tutte le altre mozioni in discussione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo di Forza Italia su tutte le mozioni presentate.
Le argomentazioni sono state già svolte ed approfondite in sede di discussione sulle linee generali delle stesse. Tra l'altro, come ricordato, sia la parte motiva sia quella dispositiva delle mozioni ricalcano le stesse argomentazioni che sono state svolte relativamente ad una risoluzione approvata nella seduta congiunta delle Commissioni agricoltura e ambiente.
E allora perché riproporre le quattro mozioni in quest'aula? Perché siamo convinti dell'importanza dell'argomento, che riguarda proprio il problema della gestione della risorsa acqua. Occorre infatti considerare in maniera attenta e preoccupata, ma con una volontà positiva e risolutiva, una serie di emergenze che in questo momento attanagliano il nostro paese, dalle Alpi al canale di Sicilia. Questa attenzione poteva e doveva estrinsecarsi, a nostro avviso, in un voto che esprimesse una volontà forte; ed è questoPag. 14il motivo per cui il nostro e gli altri gruppi parlamentari hanno voluto sottoporre all'attenzione dell'Assemblea l'intera questione.
Sono dunque convinto che con questa volontà forte - e ringrazio il Governo per il parere favorevole espresso sulle quattro mozioni presentate - oggi ribadiremo una serie di impegni che, assunti dal Governo, daranno soluzioni positive al problema. Ciò probabilmente non è sufficiente: vi sono anche altre iniziative parlamentari, in particolare provvedimenti che riguardano l'istituzione di una autorità unica, una agenzia, per la gestione delle risorse idriche. Di questo tema ci occuperemo nel prosieguo dei lavori; intanto, ci sembra opportuno iniziare a percorrere questa strada, che viene oggi segnata da un voto sicuramente favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mellano. Ne ha facoltà.
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Boco, il clima non porta forse a ragionamenti particolarmente compiuti e corretti: sono onestamente stupito del parere favorevole che il sottosegretario ha espresso anche sulla mozione n. 1-00061, a prima firma dell'onorevole Delfino. Alcuni giorni fa ho ringraziato il collega Delfino per aver costretto il Parlamento ad affrontare una discussione che è già stata svolta nelle Commissioni ambiente ed agricoltura, in cui si è licenziato un testo unitario, condiviso, ampio ed obiettivamente più corretto di quello che il collega Delfino aveva presentato il 26 novembre, prima della legge finanziaria.
La mozione dell'UDC aveva senso prima della legge finanziaria. Essa impegna infatti il Governo ad adottare iniziative già intraprese con tale legge: gli oltre 1.030 milioni di euro per il piano irriguo nazionale sono già stati sbloccati. Inoltre, onorevole Delfino, sottosegretario Boco, la mozione dell'UDC contiene un passaggio che - onorevoli colleghi del centrosinistra - non è condivisibile: si tratta di un passaggio in cui si dà maggior rilievo non tanto alle necessarie iniziative, anche strutturali, di ammodernamento del nostro sistema irriguo nazionale, ma agli invasi. In materia di invasi, si è discusso ampiamente in Commissione ambiente e in Commissione agricoltura, pervenendo ad una formulazione che mi soddisfa maggiormente rispetto a quella presente nella mozione Delfino n. 1-00061, che individua come indicazione prioritaria gli invasi.
Chiederei dunque al collega Delfino di ritirare la sua mozione, che è superata dalla legge finanziaria, e che non può essere condivisa né sarà condivisa da La Rosa nel Pugno, perché le altre mozioni - sia quella presentata dai colleghi del gruppo di Forza Italia, sia quelle del centrosinistra, ma soprattutto la formulazione risultante dal lavoro delle Commissioni ambiente ed agricoltura - sono più complete, più corrette, ed onestamente più adeguate alla stagione che stiamo vivendo. La legge finanziaria ha infatti già sbloccato i finanziamenti: la risposta deve essere più complessiva, e non può limitarsi agli invasi ed alla cementificazione delle nostre montagne. Facciamo davvero attenzione a come votiamo: la mozione Delfino n. 1-00061 non è condivisibile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Misuraca. Ne ha facoltà.
FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, il collega Marinello ha già espresso il parere sulle mozioni a nome del gruppo di Forza Italia. Prendo la parola, signor sottosegretario - e la ringrazio della sua attenzione -, rivolgendomi all'Assemblea. Purtroppo, mi scuserà il collega Giachetti, i congressi dei DS e della Margherita stanno facendo passare inosservato un tema estremamente importante, e che interessa tutti. Su di esso si discute ormai da parecchio tempo in sede di Commissione agricoltura ed anche di Commissione ambiente, come prima ben ricordava il collega Mellano. In proposito esiste la sensibilità di tutti i colleghi ad affrontare il problema. Far passare inosservato il votoPag. 15di oggi mi sembrerebbe ingiusto non solo per gli utenti, ma anche per un mondo, come quello dell'agricoltura, che va dal Po fino al Mezzogiorno e quindi anche alla Sicilia e che ha bisogno di risposte.
Il problema non riguarda l'attuazione del piano irriguo. Oggi il Parlamento impegna il Governo nel suo complesso, perché non si tratta di una questione che riguarda soltanto il Ministero delle politiche agricole, ma anche quelli dell'ambiente, dell'economia e delle finanze e delle infrastrutture.
Il Parlamento deve sapere che se vogliamo risolvere il problema delle acque è necessario maggior coordinamento. Esso certamente non sarà risolto dalla Conferenza nazionale sull'acqua, convocata giustamente dal ministro De Castro. Si tratterà di una passerella dove si diranno tante parole. Tuttavia, il problema deve essere affrontato sul serio, in modo particolare nel Mezzogiorno. Proprio ieri in sede di Commissione agricoltura abbiamo avviato un'indagine conoscitiva su questi temi. Il Parlamento impegnerà il Governo in modo ben preciso a risolvere il problema.
Signor sottosegretario, lei ha detto bene e pertanto mi appello al suo buon senso. È vero che forse si sarebbe dovuto ricercare maggiore coordinamento e votare un'unica mozione. Tuttavia, è vero anche che sul problema dell'acqua il Parlamento si divide e che purtroppo esistono numerose posizioni. In proposito invito il collega Mellano ad esprimere voto favorevole su tutte le mozioni, nonostante talune disfunzioni da noi riscontrate. Una di esse è stata firmata dei parlamentari di tutti i gruppi, ovvero la mozione Realacci ed altri 1-00142. Il gruppo di Forza Italia ha presentato una propria mozione, così come quelli dell'UDC e dell'Ulivo.
Signor sottosegretario, mi rivolgo a lei piuttosto che al Presidente, affinché il Governo si impegni a dare attuazione alle mozioni in modo che non rimangano esclusivamente carta da conservare nei meandri del ministero. Ribadisco pertanto, così come fatto dal collega Marinello, il voto favorevole del gruppo di Forza Italia sulle quattro mozioni in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Baratella. Ne ha facoltà.
FABIO BARATELLA. Signor Presidente, noi abbiamo presentato una mozione con la quale cerchiamo, così come tutti, di dare risposta ad un vero e proprio stato di emergenza, già esistente. Le stazioni di rilevamento lungo il Po segnalano tale emergenza e già in questa stagione siamo in presenza di una secca assai preoccupante. Le mozioni sono credibili e, pur nutrendo alcune perplessità, intendiamo votarle tutte perché è il momento di dimostrare unità di intenti.
Riteniamo anche che sia l'occasione per valorizzare e trovare sintonia tra Parlamento, società civile, imprese ed organizzazioni ambientali che chiedono di trovare soluzione a questa emergenza. Una volta tanto si constata positivamente l'esistenza di tale sintonia e pertanto il mio gruppo esprimerà voto favorevole su tutte le mozioni presentate, ringraziando il Governo per la sua sensibilità e chiedendogli di sintetizzare - anche in momenti successivi visto che le occasioni non mancheranno - in maniera adeguata le diverse volontà dichiarate ed espresse (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Cacciari. Ne ha facoltà.
PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, vorrei soltanto annunciare che il mio gruppo esprimerà voto favorevole sulle mozioni Zucchi ed altri n. 1-00141 e Realacci ed altri n. 1-00142
(Nuova formulazione), pur manifestando un minimo dispiacere. Infatti, eravamo convinti che si potesse presentare un documento di indirizzo unitario delle mozioni elaborate dalla Commissione agricoltura (la prima) e dalla Commissione ambiente (la seconda). Ciò non è stato possibile; tuttavia esprimeremoPag. 16voto favorevole sulle mozioni suddette, ricordando che già da un anno stiamo svolgendo un lavoro comune presso le Commissioni competenti.
La Commissione ambiente, già l'anno scorso, ha effettuato una missione sul bacino del Po. Essendo, quest'anno, la situazione di emergenza idrica ancora più grave di quella registrata l'anno precedente, si impone un urgente intervento governativo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Martinello. Ne ha facoltà.
LEONARDO MARTINELLO. Signor Presidente, oltre a quanto ha già espresso il collega Delfino appartenente al mio gruppo, la gravità del problema riguardante soprattutto i fiumi Po e Adige merita ulteriori precisazioni. Le mozioni vanno nella direzione di sbloccare i finanziamenti del piano nazionale irriguo. Si tratta di un importante obiettivo. Ricordo che abbiamo la disponibilità di fondi, che ancora non sono utilizzati, stanziati dal precedente Governo e dall'ultima finanziaria. È indispensabile attuare queste direttive, altrimenti, la problematica emergerà drammaticamente soprattutto durante l'estate, nel momento della raccolta dei prodotti agricoli. La mia preoccupazione è rivolta al mondo agricolo, che si vede un reddito fortemente diminuito e le aziende del settore colpite da una vera e propria calamità.
Come ho indicato nella mozione presentata, è necessario creare anche per esse - ritengo che questo sia un impegno che il Governo possa prendersi - un fondo di compensazione del reddito agricolo. Altrimenti, grandi sarebbero i problemi non solamente per gli imprenditori agricoli, ma anche per le tante famiglie appartenenti al mondo rurale. Sollecito, quindi, l'impegno del Governo e del sottosegretario competente, ad aumentare gli stanziamenti previsti al fine di attuare il programma delle opere pubbliche. Ricordo a tutti i colleghi che il cuneo salino sta aumentando progressivamente, determinando, nel contempo, la diminuzione dell'acqua nel mondo agricolo e nelle abitazioni civili.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto per il deputato Giuseppe Fini. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FINI. Signor Presidente, come hanno evidenziato i colleghi, è evidente la gravità dell'emergenza idrica e la necessità di razionalizzare gli interventi dal Settentrione al Meridione. Qualche anno fa, il Meridione soffriva la siccità, mentre il Settentrione, soprattutto la zona del Polesine, dalla quale io provengo, aveva il problema opposto, ovvero di sollevare l'acqua in eccesso. Si tratta di una zona mediamente tra i due metri e mezzo e i quattro metri e mezzo sotto il livello medio del mare, perché colpita dalle alluvioni e nella quale sono stati realizzati molti lavori. È un territorio, ad oggi, sicuro dalle piene del Po, dell'Adige e di altri fiumi. Purtroppo, però, mancano le acque per l'irrigazione e quindi per l'agricoltura. Nella mozioni non è stato citato e ritengo opportuno che rimanga agli atti, che si effettuano degli scavi di sabbia per uso edile, che vengono svolti molto spesso più a monte che a valle. Il cuneo salino sta raggiungendo Ferrara e Ponte Lagoscuro e, l'altro giorno, veniva denunciato meno 37 centimetri sotto il livello di guardia. A prestissimo, tutta l'acqua, dall'Adriatico fino a Ferrara, non sarà più utilizzabile. Quest'acqua per noi è fondamentale, non solo per fini agricoli, ma anche perché abbiamo moltissime prese di acqua per l'acquedotto e per la potalizzazione, soprattutto nell'imminenza del periodo estivo, dove forte è il turismo.
Per quanto riguarda il parco del delta del Po la delegazione polesana e ferrarese, che è stata ricevuta dal ministro, ancora ieri era di fronte a Montecitorio per offrire una testimonianza in favore dell'ambiente, del rispetto della natura e del turismo: questo benedetto parco si trova a non poter dare ai propri turisti neanche l'acqua da bere o per lavarsi.
Quindi, il problema è veramente grave. Il Governo, in Commissione agricoltura, haPag. 17dimostrato grande attenzione e sensibilità; tuttavia, mi auguro che queste mozioni siano votate da tutta l'Assemblea per i motivi che hanno ricordato i colleghi e per quanto ha aggiunto il sottoscritto, e soprattutto spero che con esse non si vadano a riempire gli scaffali perché quella che il Polesine vive è una situazione di enorme criticità.
Mi appello alla sensibilità e all'attenzione di tutti ma anche ad un dovere che abbiamo nei confronti delle comunità del Polesine e del ferrarese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. Anche noi di Alleanza Nazionale vorremmo esprimere il nostro voto favorevole, rilevando come si tratti di un problema che, certamente, riguarda una grande emergenza in Italia. Non è da oggi che in Italia si parla di acqua e della necessità di approvvigionare le nostre campagne. Tuttavia dobbiamo parlare di acqua anche come risorsa, come bene - un bene insostituibile - per il quale, in effetti, poco o niente si fa.
Quando parliamo di acqua, riferendoci soltanto alla società o ai problemi di carattere atmosferico, forse, siamo un po' troppo prudenti o, comunque, non tanto precisi perché l'acqua non è soltanto legata a fenomeni atmosferici bensì anche all'esistenza del sottosuolo. Spesso, l'acqua viene a mancare per la fatiscenza delle strutture, dei nostri acquedotti. Abbiamo una delle più grandi realtà europee - l'acquedotto pugliese - per cui, se di una conferenza internazionale si vuole parlare, al fine di discutere ed affrontare le problematiche riguardanti l'acqua, sarebbe opportuno svolgere un'analisi approfondita su tutto il territorio nazionale, invitando a quella conferenza non solo i soliti personaggi interessati solo alle passerelle, solo ad apparire senza nulla concludere. Vi è la necessità di chiamare al tavolo della discussione persone che sappiano, che siano capaci, competenti, tecnici in grado di offrire suggerimenti e pareri per facilitare una soluzione di un così grande problema. Noi voteremo pertanto a favore nella speranza che tutto ciò accada quanto prima in Italia.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
(Votazioni)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Delfino ed altri n. 1-00061, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 387
Astenuti 6
Maggioranza 194
Hanno votato sì 344
Hanno votato no 43).
Prendo atto che la deputata Cesini non è riuscita a votare ed avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Leone ed altri n. 1-00140, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 393
Votanti 386
Astenuti 7
Maggioranza 194
Hanno votato sì 350
Hanno votato no 36).Pag. 18
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Zucchi ed altri n. 1-00141, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 398
Votanti 395
Astenuti 3
Maggioranza 198
Hanno votato sì 394
Hanno votato no 1).
Prendo atto che i deputati Ruvolo, Romano, Brigandì, Alessandri e Grillini non sono riusciti a votare. Prendo atto altresì che i deputati Lovelli e Lumia non sono riusciti a votare ed avrebbero voluto esprimere un voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Realacci ed altri n. 1-00142
(Nuova formulazione), accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 404
Votanti 399
Astenuti 5
Maggioranza 200
Hanno votato sì 399).
Prendo atto che i deputati Dato, Brigandì, Alessandri e Grillini non sono riusciti a votare.
Sull'ordine dei lavori (10,25).
GIORGIO LA MALFA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, intervengo per richiamare l'attenzione dell'aula su una questione che è già stata sollevata ieri da altri colleghi, in particolare dal collega Vito, capogruppo di Forza Italia. Il quotidiano Il Tempo ha pubblicato ieri il testo di una circolare ministeriale, emanata dal Presidente del Consiglio, onorevole Prodi, e indirizzata ai ministri, inerente l'esercizio dell'attività legislativa e i suoi limiti, a cui il Governo intende attenersi. Questa circolare solleva molti interrogativi, signor Presidente, onorevoli colleghi, perché in essa si indica la necessità di limitare al massimo la produzione legislativa.
Ora, questo è un indirizzo che tutti i Governi negli ultimi anni hanno perseguito e, quindi, non vi sarebbe necessità di una circolare per indicare l'esigenza obiettiva di ridurre la quantità della legislazione e di utilizzare, ove possibile, le leggi delega e via elencando.
Naturalmente, la ragione per la quale questa circolare sorprende - e bene hanno fatto il quotidiano Il Tempo a pubblicarla e i colleghi, a cui mi associo, a chiedere un intervento del Governo - consiste nel fatto che questa richiesta del Presidente del Consiglio, questa circolare può voler dire soltanto due cose: o che il suo Governo e i suoi ministri si rifiutano di aderire ad una linea di buonsenso oppure - e sarebbe molto più preoccupante - che si teme il confronto con il Parlamento. È questa la ragione per la quale la sollecitiamo, signor Presidente, a chiedere al Governo di riferire in modo chiaro e netto sul significato e le ragioni che hanno indotto ad emanare questa circolare (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori e Forza Italia).
PRESIDENTE. Sottoporrò naturalmente al Governo la sua richiesta. Vorrei tuttavia ricordare che la determinazione degli indirizzi di politica legislativa dell'Esecutivo, che include la scelta degli strumenti normativi ritenuta più idonea,Pag. 19attiene ad aspetti che rientrano nella sua autonomia e nella sua auto-organizzazione interna.
È evidente che qualsiasi determinazione del Governo in ordine all'uso di strumenti normativi non può in alcun modo alterare il rapporto tra le fonti e, dunque, la necessità di utilizzare lo strumento legislativo per modificare, se del caso, disposizioni di tale rango. Il Governo, tuttavia, il 28 novembre scorso, nell'ambito del Comitato per la legislazione, per il tramite del ministro Chiti, ha enunciato gli indirizzi in materia di produzione normativa, anche con riferimento alla normazione secondaria. Tuttavia, come ho detto, sottoporrò la sua richiesta al Governo.
Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una mia interrogazione a risposta scritta, la n. 4-02377, presentata nella seduta n. 101 del 31 gennaio 2007 al ministro di giustizia Mastella.
L'interrogazione verteva su un argomento fondamentale, cioè sulla paventata revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Essa aveva come antefatto una visita istituzionale del ministro Mastella in Sicilia, in particolare in provincia di Agrigento, che più che altro si è rivelata un tour propagandistico. Prendendo spunto da quella sua visita, presentai una puntuale interrogazione, chiedendo una serie di risposte. Il Governo finora non ha fornito alcuna risposta alla mia interrogazione nonostante la situazione presenti particolare urgenza in quanto pare che il Ministero stia provvedendo ad una revisione delle circoscrizioni, che comporterà la soppressione di una serie di uffici periferici, tra cui quelli dei giudici di pace ubicati in zone di montagna, in zone periferiche, della provincia di Agrigento.
Signor Presidente, sottopongo alla sua attenzione tale problematica affinché lei solleciti il Governo a fornire urgentemente una risposta al mio atto di sindacato ispettivo.
Con questo mio intervento stigmatizzo questa sorta di atteggiamento, oggi assai in voga, tenuto da autorevoli membri dell'attuale Governo di percorrere in lungo e in largo il paese, dando rassicurazioni e ricorrendo a facili promesse che, però, alla fine, non sono mantenute; anzi, si fa l'esatto contrario di quanto promesso. Ciò evidentemente non fa bene né al paese né alle istituzioni.
In conclusione, signor Presidente, ripeto, una sollecita risposta del Governo alla mia interrogazione potrà sicuramente contribuire a fare chiarezza sulla questione.
PRESIDENTE. Deputato Marinello, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo all'interrogazione da lei richiamata.
Discussione della proposta di legge costituzionale: Boato ed altri; D'Elia ed altri; Mascia ed altri, Piscitello: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte (Approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera dei deputati e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato) (A.C. 193-523-1175-1231-B) (ore 10,29).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge costituzionale di iniziativa dei deputati Boato ed altri, D'Elia ed altri, Mascia ed altri, Piscitello, già approvata, in un testo unificato, in prima deliberazione, dalla Camera e approvata, senza modificazioni, in prima deliberazione, dal Senato: Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte.Pag. 20
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione sulle linee generali è pubblicato in calce nel resoconto stenografico della seduta del 18 aprile.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 193-523-1175-1231-B)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Boato, ha facoltà di svolgere la relazione.
MARCO BOATO, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, per la prima volta, da tre legislature a questa parte, giungiamo finalmente alla seconda deliberazione, così come previsto dall'articolo 138 della Costituzione in materia di revisioni costituzionali, su questa importante proposta di legge costituzionale riferita all'articolo 27 e destinata ad abolire definitivamente qualunque riferimento alla pena di morte nella nostra Carta costituzionale.
Come è noto, il quarto comma dell'articolo 27 della Costituzione stabilisce, leggo testualmente: «Non è ammessa la pena di morte,» - ma fanno eccezione - «i casi previsti dalle leggi militari di guerra». La proposta di legge al nostro esame, in seconda deliberazione, prevede appunto di sopprimere le parole: « se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra».
Quello al nostro esame è un testo unificato che deriva da quattro proposte di legge identiche che sono state presentate alla Camera dei deputati. La prima, a mia prima firma, la seconda, a prima firma del collega D'Elia, la terza, a prima firma della collega Mascia e, infine, la quarta, a firma del collega Piscitello (quest'ultimo collega, lo ricordo, fin dalla XIII legislatura ha assunto iniziative legislative in questa materia). Queste quattro proposte di legge, come detto, sono identiche e sono state sottoscritte complessivamente da decine di deputati appartenenti a diversi gruppi parlamentari.
La prima deliberazione da parte della Camera dei deputati su questa proposta di legge risale al il 10 ottobre 2006; la prima deliberazione, sull'identico testo, si è svolta al Senato il 7 marzo 2007. Ci troviamo, pertanto, nelle condizioni di poter effettuare la seconda deliberazione essendo trascorsi dalla prima deliberazione, avvenuta, come detto, il 10 ottobre 2006, i tre mesi previsti dall'articolo 138 della Costituzione.
Una volta che la Camera dei deputati avrà effettuato la seconda e definitiva deliberazione, dal 7 giugno (vale a dire, quando anche al Senato della Repubblica saranno trascorsi i tre mesi previsti dall'articolo 138 della Costituzione) sarà possibile pervenire, con il voto anche dell'altro ramo del Parlamento, alla definitiva approvazione della riforma costituzionale in esame in questa legislatura.
È, quindi, del tutto realistico prevedere, finalmente, l'esito positivo e definitivo di tale revisione costituzionale, dopo il tentativo compiuto nel corso di tre legislature (le due precedenti e quella attualmente in corso).
Rammento che, in Italia, l'ultima esecuzione capitale - è bene ricordarlo, per memoria storica, visto che siamo all'ultimo capitolo di questa vicenda - era avvenuta, a Torino, il 4 marzo 1947 (quindi, prima dell'entrata in vigore, il 1ogennaio 1948, della Costituzione repubblicana).
Già con la legge n. 589 del 13 ottobre 1994, come abbiamo ricordato in occasione del primo dibattito in questa sede, era stata abolita la pena di morte nel codice penale militare di guerra, dove era ancora presente fino a quell'anno, nonché in qualunque altra legge militare. Debbo dare atto che, all'epoca, l'iniziativa legislativa fu intrapresa dall'allora collega ErsiliaPag. 21Salvato; anche in tal caso, tuttavia, quel provvedimento fu condiviso pressoché all'unanimità dal Parlamento.
L'Italia si è sempre battuta, del resto, affinché anche nei tribunali penali internazionali (pensiamo a quello per l'ex Jugoslavia, a quello per il Ruanda ed al Tribunale penale internazionale) non venisse comunque mai prevista, anche di fronte ai crimini più orrendi, la pena di morte. Ricordo, peraltro, che lo Statuto del Tribunale penale internazionale è stato approvato proprio qui a Roma, presso la sede della FAO.
Del resto, è nella migliore tradizione storica ed istituzionale del nostro Paese il rifiuto della pena di morte. Oltre all'insegnamento di Cesare Beccaria, più volte evocato in quest'aula, ricordo che, già nel 1889, il codice Zanardelli escludeva la pena di morte.
Purtroppo, la pena capitale era stata reintrodotta nel codice penale del 1930; fu tuttavia soppressa con il decreto legislativo luogotenenziale 10 agosto 1944, n. 244. Fu - ahimè - reintrodotta nuovamente con il decreto legislativo luogotenenziale n. 234 del 10 maggio 1945, ma poi seguì l'approvazione e l'entrata in vigore della Costituzione repubblicana. L'immediata attuazione del già citato articolo 27 della stessa è avvenuta attraverso il decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 21, il quale abolì la pena di morte prevista dalle leggi speciali diverse da quelle militari di guerra.
Come abbiamo visto, infatti, nelle leggi militari di guerra la pena capitale è rimasta in vigore fino al 1994. Ciò perché, come ho già ricordato, si è dovuta attendere la XII legislatura, con l'approvazione della legge n. 589 del 13 ottobre 1994, per avere la definitiva abolizione della pena di morte anche dal codice penale militare di guerra e dalle leggi militari di guerra.
Ricordo il ruolo svolto, nella XIII legislatura - ne sono testimone diretto e, in parte, anche coprotagonista, assieme ad altri colleghi -, dal collega Piscitello, dal relatore Maccanico e dalla presidente della Commissione affari costituzionali, Rosa Russo Jervolino. Rammento, altresì, che nella XIV legislatura fui io stesso il presentatore, nonché il relatore, della proposta di legge in materia.
Dalla XIII legislatura, quindi, si è più volte tentato di intraprendere il percorso della definitiva revisione costituzionale dell'articolo 27 della nostra Carta. Purtroppo, come già detto, sia nella XIII, sia nella scorsa legislatura (vale a dire, la XIV), la relativa proposta di legge di revisione costituzionale veniva approvata, pressoché all'unanimità, alla Camera dei deputati, ma successivamente non proseguiva il suo iter al Senato della Repubblica.
Per fortuna, in questa legislatura l'andamento è stato diverso. Come ho ricordato all'inizio, questa volta il comportamento del Senato è stato assolutamente positivo, e di ciò voglio dare atto pubblicamente, non solo a tutti i senatori e a tutti i gruppi del Senato, ma in particolare alla I Commissione Affari costituzionali del Senato e al suo presidente Enzo Bianco; così come bisogna dare atto della tempestività con cui, sia in prima lettura che ora in seconda deliberazione, la Commissione affari costituzionali della Camera, presieduta dal presidente Violante, ma con il consenso - lo ripeto ancora una volta - di tutti i gruppi parlamentari, ha affrontato in modo condiviso e unanime l'esame di questa proposta di legge costituzionale.
L'approvazione definitiva della riforma dell'articolo 27 della Costituzione porterà l'Italia ad un più alto livello sotto il profilo internazionale e la farà diventare finalmente un Paese totalmente abrogazionista non solo di fatto, come già è oggi, non solo nell'ordinamento legislativo ordinario, come è già oggi, ma finalmente anche sotto il profilo costituzionale.
Questa riforma costituzionale è anche, signor Presidente, colleghi, il miglior viatico per il Governo nel momento in cui è impegnato sotto il profilo internazionale a presentare e a far approvare dall'Assemblea generale dell'ONU una risoluzione per la moratoria universale sulla pena di morte, battaglia che è stata condivisa unanimemente in quest'aula e che è ancora inPag. 22atto sul piano politico, anche quello esterno a questa aula: voglio qui ricordare la testimonianza e l'impegno di Marco Pannella.
Voglio anche ricordare da ultimo che tale riforma costituzionale si colloca pienamente nel solco di una pluriennale attività di indirizzo e di iniziativa contro la pena di morte sia da parte del Parlamento europeo e dell'Unione europea, di cui non si può entrare a far parte oggi senza abolire la pena di morte nell'ordinamento interno di ciascuno Stato, sia da parte del Consiglio d'Europa e dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa stesso.
Per quanto riguarda l'Unione europea è importante ricordare il percorso che va dal Trattato di Amsterdam alla Carta dei diritti fondamentali di Nizza, carta che, come tutti sanno, è poi ricompresa nel Trattato costituzionale europeo, firmato e ratificato dall'Italia, ma non ancora entrato in vigore per le note difficoltà emerse in Francia e in Olanda.
Innumerevoli sono i documenti approvati dalla Commissione europea, dal Parlamento europeo, dal Consiglio d'Europa, dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. A tale riguardo, voglio ricordare che, mentre il Protocollo n. 6, aggiunto alla Convenzione europea per la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, adottato nel 1983, entrato in vigore nel 1985 e comunque ratificato dall'Italia soltanto nel 1989, ha introdotto, all'articolo 1, il principio dell'abolizione della pena di morte, mantenendo però alcune eccezioni nel caso delle leggi militari di guerra; successivamente, l'attività del Consiglio d'Europa e della sua Assemblea parlamentare si è enormemente rafforzata in questa direzione.
Fra i moltissimi documenti ricordo la raccomandazione n. 1246 del 1994, la risoluzione n. 1044 sempre del 1994, la risoluzione n. 1097 del 1996, la raccomandazione n. 1302 del 1996, la risoluzione n. 1187 del 1999, la risoluzione n. 1253 del 2001, e via elencando: sono documenti dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa di straordinaria importanza e con i quali, in particolare, l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha, tra l'altro, reso l'immediata moratoria e l'abolizione della pena di morte quali condizioni preliminari per poter aderire al Consiglio d'Europa.
Uno dei contributi più significativi e ulteriori del Consiglio è rappresentato dall'approvazione del Protocollo n. 13, allegato alla già citata Convenzione europea dei diritti dell'uomo, che è un ulteriore e definitivo passo in avanti rispetto al già ricordato Protocollo n. 6.
Infatti, il Protocollo n. 13 aggiuntivo, allegato alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo, si propone l'abolizione totale e indiscriminata della pena di morte, senza più nemmeno le pur limitate eccezioni contemplate, come ho già detto, nel Protocollo n. 6.
Il Protocollo n. 13 è stato adottato definitivamente dal Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 21 febbraio 2002 ed è stato aperto alla firma il 3 maggio 2002. Approvare definitivamente la revisione costituzionale dell'articolo 27, oggi al nostro esame in seconda deliberazione, sarà quindi condizione necessaria per poter finalmente, anche da parte dell'Italia, ratificare il Protocollo n. 13 allegato alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (ripeto, tale Protocollo prevede che non ci possa essere nessuna eccezione rispetto al principio generale e assoluto di abolizione della pena di morte).
Per concludere, signor Presidente, signor rappresentante del Governo e colleghi, la decisione che il Parlamento italiano si accinge a prendere, a partire da questa seconda deliberazione, per la definitiva eliminazione di qualunque riferimento alla pena di morte nella Costituzione italiana sarà - sono sicuro - di aiuto, di sostegno e di indirizzo al Governo anche per sviluppare la massima iniziativa per la moratoria universale della pena di morte da parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali.Pag. 23Signor Presidente, rinuncio al mio intervento e mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare il deputato Allam. Ne ha facoltà.
KHALED FOUAD ALLAM. Signor Presidente, da tanto tempo sostengo che nel mondo estremamente conflittuale nel quale noi viviamo è probabilmente necessario fondare o rifondare una grammatica delle relazioni internazionali. Probabilmente, uno degli elementi fondanti di questa necessaria, per non dire urgente, grammatica delle relazioni internazionali si basa, a mio avviso, sulla grande questione della pena di morte. Ciò non solo perché tale problematica segna, comunque, un confine fra una prospettiva e l'altra, ma perché, in realtà, la questione della pena di morte e del suo superamento nella legislazione di alcuni paesi potrebbe determinare la costruzione di uno standard giuridico, ma anche filosofico, che potrebbe permettere, in un certo senso, di segnare un passo avanti delle nostre società.
Mi rendo perfettamente conto che tutto questo non pone soltanto un problema di filosofia politica nell'accettazione della moratoria universale per l'abolizione della pena di morte, ma, ovviamente, consente di rivolgere uno sguardo analitico su paesi che la prevedono nella loro legislazione. Io provengo da una cultura di un mondo, i paesi arabi, in cui vige la pena di morte, ma, nel sollevare questa grande questione e nel relazionarsi con difficoltà con i paesi in cui è ancora presente, non dimentichiamo che anche nella politica e nel diritto c'è una specie di virtù pedagogica. Tale virtù pedagogica, che sarebbe in grado di aiutare alcuni paesi a superare questa frontiera, potrebbe permettere - lo ribadisco nuovamente - la fondamentale odierna necessità di rifondare la grammatica delle relazioni internazionali. Infatti, definire, costruire e far accettare, giuridicamente parlando, in un contesto certamente molto complicato, la moratoria universale della pena di morte, significherebbe in un certo senso definire un consenso sovranazionale sul quale precisare realmente cosa possono essere i diritti dell'uomo in una società plurale, in una società culturalmente diversa, ma legata essenzialmente a punti cardinali che non possono essere oltrepassati.
In realtà, noi parliamo spesso di universalismo, ma quest'ultimo non è qualcosa di astratto e si ha bisogno di definirne i contenuti.
Fra questi contenuti estremamente variegati mi sembra evidente che il superamento della pena di morte sia un elemento fondante di questa drammatica relazione internazionale, anche ai fini della definizione di un futuro consenso politico rispetto a tale questione.
L'altra questione che mi sembra evidente è la necessità di sollevare e definire dei nuovi archetipi di ordine filosofico e politico, ma anche ovviamente definire una metodologia e, soprattutto, una strategia politica. Credo che, da questo punto di vista, l'Italia vada in questo senso e, al riguardo, vorrei ricordare il lavoro e la sensibilità dimostrata dall'onorevole Pannella. In realtà, il fatto di aver sollevato tale questione anche in tempi in cui la stessa non era in discussione ed averla ribadita dopo la vicenda di Saddam Hussein significa in un certo senso che la pena di morte rappresenta un po' uno specchio di questa nostra umanità: ci dice dove vogliamo andare e in che senso potremo definire una visione positiva nella quale giuridicamente e politicamente il consenso della società mondiale potrebbe essere definito.
La pena di morte, al di là delle differenze e delle strategie necessarie per costruire questo consenso e farlo accettare in sede di Nazioni Unite, mi sembra essere una delle più grandi questioni dal punto di vista del diritto internazionale e dell'affermazione dei diritti dell'uomo, della loro fondatezza in quanto diritti universali.
Perciò, si tratta di un incoraggiamento e soprattutto di una battaglia da portare avanti affinché, attraverso la moratoria della pena di morte, possa essere definitoPag. 24uno standard veramente universale nel pieno consenso della società internazionale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, sono molto contento che in questa occasione sia lei a presiedere l'Assemblea: mi rivolgerò anche a lei, signor Presidente Bertinotti, nel corso di questa discussione sulle linee generali concernente un provvedimento di riforma della nostra Costituzione, volto a cancellare un ultimo retaggio di un passato ormai assolutamente espunto dalla coscienza civile e giuridica del nostro Paese: mi riferisco all'abolizione di qualsiasi riferimento alla pena di morte ancora presente nella nostra Costituzione.
Con questa riforma ci liberiamo di un anacronismo, ma ritengo che si debba discutere anche dell'attualità della pena di morte nel mondo. Nel 1994 l'abbiamo cancellata dal nostro ordinamento militare e con la nuova Costituzione, dopo il fascismo, è stata cancellata anche dai codici penali. Pertanto, possiamo a tutti gli effetti considerarci un Paese totalmente abolizionista. Tuttavia, ciò non ci deve soddisfare, se sappiamo che vicino a noi nel mondo - in un mondo sempre più prossimo alla globalizzazione - vi sono ancora paesi in cui la pena di morte viene praticata ed in cui ogni anno migliaia di condannati a morte vengono giustiziati spesso nel silenzio e nell'indifferenza generale. Si tratta, infatti, di condannati che non hanno neanche la dignità di persona, in quanto sono uccisi in paesi illiberali e totalitari. Il 99 per cento delle esecuzioni avviene in questi paesi e i condannati sono dimenticati e innominati.
Quindi, occorre porre fine alla pena di morte: non siamo dei fondamentalisti in nulla e, quindi, neanche nell'abolizionismo. Porre fine alla pena di morte significa moratoria delle esecuzioni capitali.
Nel 1994 l'abbiamo cancellata dai codici militari e proprio nello stesso anno l'Italia ha deciso di proiettare a livello internazionale la sua posizione abolizionista.
Fu proprio nel 1994 che il Governo Berlusconi, allora in carica, decise di presentare alle Nazioni Unite una proposta di risoluzione per una moratoria delle esecuzioni, la quale fu respinta per soli otto voti, a causa del fatto che quattro paesi europei, iperdemocratici e abolizionisti totali, ritennero opportuno in quella circostanza non votare una risoluzione in materia, trattandosi - a loro avviso - di una soluzione poco efficace rispetto alla prospettiva di un'abolizione generalizzata e perpetua.
Perdemmo, ma fu una grande vittoria dell'Italia, che ebbe il merito di smuovere le acque e di sollevare la questione in sede di Nazione Unite: per la prima volta, il termine «moratoria» entrò nell'agenda delle Nazioni Unite e nel vocabolario della lotta - non fondamentalista, ma pragmatica - per l'abolizione della pena di morte.
Quello della moratoria è, come dimostra l'esperienza, lo strumento più funzionale ad ottenere l'abolizione della pena di morte, senza passi indietro.
Tutti i paesi che hanno deciso di abolire la pena di morte sono passati infatti attraverso moratorie (ad esempio, i paesi dell'ex Unione Sovietica o il Sudafrica): solo un discorso politico e pragmatico, in definitiva, può portarci ad abolirla.
Tornando a tempi più recenti, perdemmo dunque per otto voti nel 1994. Si è poi ripetutamente assistito, in questi anni, ad un fatto che è, a parer mio, di una gravità inaudita.
Più volte si è infatti tentato di riportare la questione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla base di delibere del Parlamento italiano e del Parlamento europeo, oltre che di altri organismi internazionali, come il Consiglio d'Europa, finalizzate, appunto, ad impegnare il Governo italiano e quelli dell'Unione europea a procedere alla presentazione di una risoluzione all'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Nel 1999 la risoluzione venne effettivamente presentata, ma poi, come ci ha ricordato in questi giorni l'autorevole ambasciatore italiano all'ONU Francesco Paolo Fulci, giunse da Bruxelles, dopo chePag. 25la risoluzione medesima, già depositata - era pronta per essere sottoposta a votazione - l'ordine da parte dei ministri degli esteri dell'Unione europea (in quel momento - lo ricordo - era in carica il Governo D'Alema ed il ministro degli esteri era Dini) di sospendere qualsiasi iniziativa e di ritirare la risoluzione già presentata.
Il motivo ufficiale - ma l'ambasciatore Fulci ha precisato che si trattava probabilmente di un pretesto - consistette nel fatto che si temeva di andare incontro ad una sconfitta.
In realtà, l'ambasciatore Fulci aveva personalmente provveduto a contattare un centinaio di ambasciatori rappresentanti di vari paesi del mondo, i quali avevano assicurato il loro sostegno alla risoluzione.
Quindi, la risoluzione fu ritirata perché ci fu la paura di vincere, non di perdere questa battaglia!
Ciò avrebbe messo evidentemente in difficoltà paesi molto importanti e potenti, in particolare il paese politicamente ed economicamente più potente del mondo, ossia gli Stati Uniti, nonché la Cina. Questa fu la ragione.
Si è così arrivati al 2003, quando il Governo Berlusconi, che si era impegnato davanti al Parlamento europeo e al Parlamento italiano a presentare la risoluzione all'ONU, dovette affrontare durissime polemiche, anche in sede parlamentare, dal momento che non ottemperò all'impegno preso.
Ebbene, nel luglio scorso, la Camera dei deputati ha approvato, all'unanimità, una mozione che impegna il Governo a portare la risoluzione in questa Assemblea generale, in 'consultazione' con i partner europei, ma - come è stato chiaramente precisato, oltre che nel testo della mozione, anche nel dibattito parlamentare di luglio scorso - senza vincolarsi al consenso unanime dei paesi membri dell'Unione europea. Tale era il dispositivo della mozione approvata; l'Assemblea generale è iniziata a settembre scorso, ma il Governo italiano non ha presentato la risoluzione allora, tant'è che - e giungiamo così anche a quanto ha riguardato il suo ruolo, Presidente Bertinotti - in ottobre, ad un mese dall'apertura dei lavori dell'Assemblea generale, il Governo non aveva proceduto nel senso nel quale si era impegnato dinanzi al Parlamento. Abbiamo nuovamente presentato un atto di indirizzo, una risoluzione, in sede di Commissione affari esteri della Camera; il Governo, in quella sede, a fronte di un dispositivo «netto», che chiedeva al Governo stesso di dare tempestiva e piena attuazione al dispositivo della mozione di luglio, ci ha invece proposto uno stravolgimento del testo chiedendoci di soprassedere su quell'impegno perché il Governo aveva deciso di procedere altrimenti. Vale a dire, aveva deciso di intervenire non attraverso la presentazione di una risoluzione nella riunione in corso dell'Assemblea generale, ma attraverso la presentazione di un documento di nessun valore ufficiale, formale, politico e istituzionale: una dichiarazione di principi e di intenti contro la pena di morte. Ebbene, il Governo fu battuto all'unanimità in Commissione ed il sottosegretario Vernetti uscì da quella riunione rilasciando alle agenzie di stampa una dichiarazione in ordine al fatto che, certo, esistono i Parlamenti, con i loro giusti appelli, con i loro stimoli e con loro sollecitazioni. Ma come, Presidente Bertinotti, un atto di indirizzo approvato da un organismo parlamentare, dall'Assemblea dapprima e quindi dalla Commissione, può essere considerato come un appello, uno stimolo rispetto al quale, poi, il Governo può decidere cosa fare? Lei intervenne allora, Presidente Bertinotti, per sostenere che il Parlamento non è una organizzazione non governativa, non rivolge appelli né procura stimoli, ma adotta precisi atti di indirizzo ai quali il Governo si deve «semplicemente» e «letteralmente» attendere.
Ma sono passati ancora cinque o sei mesi, Presidente! Siamo giunti al 18 aprile e non esiste ancora traccia, non dico di una risoluzione già presentata in sede di Assemblea generale - come chiedeva la Camera - ma neanche di un testo qualsiasi del Governo. Ebbene, il 2 gennaio scorso, a seguito di un'iniziativa durissimaPag. 26di Marco Pannella (otto giorni di sciopero della fame e della sete), una nota ufficiale di Palazzo Chigi, che riporto testualmente, ha dichiarato che il Presidente del Consiglio ed il Governo tutto si impegnavano ad «avviare le procedure formali perché questa Assemblea generale delle Nazioni Unite metta all'ordine del giorno la questione della moratoria universale sulla pena di morte».
Ma ciò, ancora ad oggi, non è avvenuto. Il 1o febbraio, il Parlamento europeo ha ribadito - peraltro, in maniera forse anche irrituale - la propria posizione. Non solo ha approvato una risoluzione che chiede la presentazione della moratoria, impegnando in tal senso i paesi membri dell'Unione, ma ha addirittura dichiarato che questi ultimi devono sostenere l'iniziativa del Governo italiano. Quindi, vi è un'iniziativa del Governo italiano che viene riconosciuto leader in questa campagna per la moratoria; ma, ad oggi, il Governo non ha ancora agito in tal senso. Due sono gli argomenti che sono stati addotti a questo riguardo: da un lato, si sostiene di non avere certezza del risultato, come dichiarò Paolo Fulci già nel 2003. Voglio solo ricordare, a tale proposito, che quando, nel 1994, perdemmo per otto voti, vi erano, rispetto ad oggi, ben 45 paesi in più che facevano parte del blocco degli Stati praticanti la pena di morte e mantenitori di tale istituto; e perdemmo per otto voti! Anche ora si continua ad osservare che non vi è certezza di vittoria; ma questa è una battaglia vinta in partenza. Una battaglia che, se si perde, la si perde perché si decide di non condurla fino in fondo.
Si sostiene che occorre il consenso europeo; ebbene, ieri, in sede di Commissioni affari esteri riunite di Camera e Senato, è stato audito il Segretario generale delle Nazioni unite il quale anche al Governo italiano, oltre che al Parlamento, ha manifestato il suo sostegno. Si è rivolto non all'Unione europea ma al Governo italiano invitandolo a procedere in Assemblea generale ed a cercare quel consenso che non ha in Europa - ed è uno scandalo dell'Europa dei diritti umani! - in sede di Assemblea generale delle Nazioni unite. Ha manifestato, in tal senso, al Governo italiano tutto il suo sostegno, quindi il sostegno del Segretario generale delle Nazioni unite.
Ebbene, questa è la situazione; ritengo, Presidente Bertinotti, che noi dobbiamo a questo punto esigere una corretta condotta del Governo. È un problema che riguarda la sovranità, il primato e la dignità del Parlamento, che non rivolge appelli ma adotta precisi atti di indirizzo rispetto ai quali il Governo si ritiene, invece, libero di decidere.
Il Governo, Presidente Bertinotti, va richiamato al rispetto dei deliberati del Parlamento, ma anche dei suoi stessi impegni. Mi riferisco alla nota ufficiale di Palazzo Chigi del 2 gennaio scorso.
Su questo obiettivo, personalmente da tre giorni e Marco Pannella dal 21 marzo, insieme ad altri compagni, militanti abolizionisti radicali quali Valter Vecellio, Guido Biancardi, Claudia Sterzi, Lucio Bertè, abbiamo intrapreso uno sciopero della fame ad oltranza. Ciò non significa che durerà fino all'ottenimento del risultato o dell'obiettivo, positivo o meno, del voto: l'obiettivo è che il Governo corrisponda pienamente agli impegni assunti davanti al Parlamento e proceda alla presentazione di una risoluzione in sede di Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Non è un ricatto. La nostra debolezza, che acquisiamo di giorno in giorno con il nostro sciopero della fame, per il principio dei vasi comunicanti, può divenire forza del Governo.
C'è stata una marcia il giorno di Pasqua a Roma, alla quale lei, Presidente, ha trasmesso un autorevole e convinto messaggio, come ha fatto anche il Presidente della Repubblica, cui hanno aderito anche 17 ministri di questo Governo.
Noi mettiamo a disposizione la mobilitazione popolare e dell'opinione pubblica, dando corpo alle idee e agli obiettivi che ci convincono e che uniscono noi e il Parlamento in una straordinaria convergenza di maggioranza ed opposizione. NonPag. 27è consueto che ci sia convergenza in questo Parlamento, ma l'abbiamo ottenuta su questo obiettivo.
Quindi, non c'è nessun ricatto, ma trasferiamo la forza della non violenza a chi di questa può dotarsi per procedere, a sua volta più forte, sul nostro obiettivo, che sono convinto, signor Presidente, lei condivida in pieno.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Ho ascoltato con molto interesse l'intervento del collega D'Elia. Non ripeterò alcune delle sue valutazioni estremamente interessanti e le critiche all'azione di Governo, che non è rispettoso della volontà del Parlamento.
Ha ragione D'Elia quando afferma che quelli espressi da quest'Assemblea e dalle Commissioni parlamentari non sono indirizzi, non sono suggerimenti, ma atti precisi di indirizzo cui il Governo si dovrebbe attenere e che dovrebbe rispettare, soprattutto su questioni così delicate e importanti.
Infatti, quando si parla di pena di morte, si tocca uno degli argomenti che vengono dibattuti anche all'interno dell'opinione pubblica solo quando accadono determinati eventi o delitti efferati, ma che, per chi fa politica e lavora all'interno di quest'aula, devono essere tenuti in considerazione quotidianamente.
Argomenti così delicati devono essere affrontati con la massima attenzione. Un Governo che non è sensibile a tali questioni o che ha paura di giocare una partita a livello internazionale, perché la ritiene persa in partenza, non fa fare una bella figura al nostro paese.
Allora, forse - perdonate la mia provocazione - bisognerebbe avere la forza di cambiare Governo e trovare qualcuno che abbia in sé questa forza - dalle mie parti utilizzerebbero un'espressione più volgare, ma in quest'aula forse non è opportuno riportarla - e che possa impegnarsi nelle istituzioni internazionali per ottenere un risultato auspicato da tutti.
Però una cosa è auspicare a parole, un'altra cosa è passare ai fatti: c'è una differenza fondamentale.
Detto questo, e per evitare di ripetere le considerazioni svolte dall'onorevole D'Elia ma anche da altri colleghi - ringrazio l'onorevole Boato per la relazione che ha svolto non solo oggi ma anche in sede di prima deliberazione -, riconfermo il giudizio favorevole del gruppo della Lega Nord Padania sulla proposta di legge costituzionale in esame.
Non è la prima volta che affrontiamo l'argomento, l'abbiamo già fatto qualche mese fa sempre in questa legislatura, mentre nella precedente si lavorò attorno a questo tema ad opera del collega Fontanini. Manteniamo da tempo la stessa linea, che è ispirata dai valori di riferimento del nostro movimento: il bene supremo della vita che deve essere tutelato ad ogni costo. È una battaglia di civiltà, una battaglia di tutela della nostra cultura, una battaglia a difesa delle nostre radici comunitarie. Si tratta di una partita che deve essere giocata anche accettando di «scontrarsi» con paesi amici, con paesi che dialogano continuamente con noi.
Il provvedimento in esame è anche un forte monito a tutti coloro che, in determinati paesi, sono abituati a considerare quella del «boia» una professione ordinaria, come fosse un operaio o un impiegato. Si tratta di un monito anche per quei governi, mi consenta signor rappresentante del Governo, che accettano di trattare con i tagliatori di gole, con coloro che su questioni fondamentali, come la pena di morte, non stanno molto a discutere o a farsi problemi: quando devono giustiziare delle persone dopo aver fatto un processo sommario - spesso non lo fanno nemmeno -: non hanno il minimo scrupolo a procedere in quella direzione.
È il momento giusto per riflettere e per invitare gli altri a fare altrettanto. Svolgeremo il nostro ruolo, non oggi ma con l'approvazione definitiva che sicuramente vi sarà al Senato; come paese ci porremo in una condizione che ci permetterà di essere tra i leader a livello mondiale su tale questione. Potremo essere, se mi consentitePag. 28di usare questo termine, degli «apostoli», persone che si impegnano per convincere gli altri referenti istituzionali e diversi paesi del mondo sulla necessità di seguire questa strada. Potremo quindi essere presi come esempio, ma dobbiamo agire con convinzione. Questa Assemblea ha dimostrato tale convinzione. Mi auguro che anche il Governo faccia la sua parte e segua questa linea, perché non credo che nel paese vi sia una difformità di vedute rispetto alla posizione assunta dalla Camera e dalle Commissioni parlamentari. Credo invece che vi sia un distacco tra quello che desidera il paese, il cittadino comune, e quello che sta facendo il Governo. Lo testimonia l'unanimità di quest'Assemblea sul provvedimento in esame.
Non voglio fare polemiche politiche cui l'argomento non vi si deve prestare, quindi invito al Governo a cogliere lo spirito della proposta di legge costituzionale in esame e a fare tutto il possibile per addivenire ad una soluzione definitiva e positiva, che riguardi non solamente il nostro paese - a questo possiamo pensare da soli - ma tutto il mondo, tutti i popoli, tutti i cittadini di questo pianeta.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, credo, avendo ascoltato gli ultimi due interventi, che non dobbiamo perdere il senso vero e profondo della discussione che stiamo svolgendo e del voto che esprimeremo sulla proposta di legge costituzionale in esame relativa alla soppressione del riferimento alla pena di morte contenuto in un inciso dell'articolo 27 della Carta costituzionale.
Lo dico, onorevole D'Elia, perché noi, come gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, abbiamo appoggiato con convinzione, come lei sa, la risoluzione che impegnava il Governo a presentare in sede di Assemblea generale dell'ONU una proposta di risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali.
Devo anche aggiungere che il fatto di concentrarci soltanto sulle inadempienze del Governo (sulle quali svolgerò in seguito alcune considerazioni) e di impegnarci affinché queste inadempienze vengano superate non deve cancellare il dato di fondo della discussione odierna.
Finalmente, dopo tre legislature - come ha ricordato il collega Boato - siamo giunti alla seconda lettura della proposta di legge costituzionale in esame e, poiché siamo ancora al primo anno della XV legislatura, esiste la possibilità reale che questo provvedimento veda la luce e che, pertanto, si cancelli l'ultima traccia della pena di morte contenuta nella nostra Carta costituzionale (nell'ordinamento era già sparita), un peccato, una sforbiciata, che ledeva la bellezza dei principi contenuti nella nostra Costituzione del 1948.
Vorrei preliminarmente fare il punto del dibattito svoltosi in ordine all'abolizione della pena di morte. Siamo giunti alla seconda lettura e se riuscissimo ad approvare la proposta di legge con la maggioranza dei due terzi, sia alla Camera sia al Senato, questa diventerebbe immediatamente legge dello Stato, senza necessità di attendere i tre mesi e senza ricorrere al referendum, che credo comunque nessuno in Italia richiederebbe.
Se le due Camere riuscissero, ripeto, ad approvare il testo con la maggioranza dei due terzi dei loro componenti, si darebbe un segnale molto importante al paese e forse anche al Governo di una volontà politica ferma e forte, non limitata soltanto alla richiesta della soppressione dell'inciso dell'articolo 27 che prevede la pena di morte, ma estesa ad un impegno politico più generale - contenuto già nella risoluzione a cui faceva riferimento l'onorevole D'Elia -, in modo che il nostro Esecutivo si impegni a presentare la proposta di risoluzione nell'Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Ritengo che un voto favorevole (mi auguro con la maggioranza dei due terzi delle due Camere) renderà onore alla tradizione della nostra cultura e civiltà giuridica, poiché - come ha ricordato più volte l'onorevole Boato - il primo codice penale d'Italia (che dobbiamo a quel liberalePag. 29illuminato di Zanardelli) non contemplava la pena di morte. Essa fu reintrodotta durante il fascismo e poi nuovamente abolita durante la Resistenza e successivamente, grazie alla nuova cultura costituzionalista di difesa dei diritti della persona, pur permanendo nella Costituzione il richiamo al codice militare di guerra.
Ci inseriamo in una lunga onda della nostra cultura e civiltà giuridica e per questo dicevo all'inizio che non dobbiamo segnare un neo nella discussione odierna, perché il dato fondamentale è costituito appunto da questa abolizione, che avviene sulla scia di impegni di organismi internazionali e di organismi europei (non solo quelli dell'Unione europea, ma anche del Consiglio d'Europa) che in numerose risoluzioni si erano impegnati a sollecitare l'abolizione della pena di morte.
Vorrei ricordare che il Parlamento europeo, altro organismo altamente rappresentativo, il 5 luglio del 2001 ha approvato una risoluzione - è questo il punto su cui voglio richiamare l'attenzione dell'Assemblea - in cui si richiamava il dato drammatico dell'esistenza della pena capitale anche per i minori di diciotto anni e per i ritardati mentali. La radicale brutalità della pena di morte, infatti, non conosce confini, e colpisce anche minori e ritardati mentali. A tale brutalità dobbiamo porre fine.
In Italia, per fortuna, anche nell'ambito militare, la pena di morte non è più applicata da molti decenni. Ma l'abrogazione di cui oggi si discute significa che è ormai stato maturato un impegno da parte delle istituzioni italiane, e del Parlamento innanzitutto, perché la pena di morte venga abolita su scala internazionale. Per queste ragioni ho fatto riferimento - come anche il collega Boato - alle risoluzioni degli organismi internazionali sul tema.
Ho molto apprezzato in proposito, questa mattina, un riferimento assai significativo fatto dal deputato Allam: nell'ampia discussione che si svolge in questo periodo sul cosiddetto conflitto di civiltà, infatti, è particolarmente importante che si lavori insieme in un confronto fra le diverse radici culturali, al fine di individuare i nuclei fondamentali dei diritti universali. L'Europa non si erge, dunque, a giudice e censore delle civiltà degli altri paesi, ma vuol ricercare un confronto. Da ciò deriva l'importanza della discussione in sede ONU, e su tale aspetto concordo con il collega D'Elia. È in tale sede, infatti, che si può far maturare un consenso che coinvolga non solo i paesi europei (anzi, alcuni di essi sono piuttosto restii a manifestare tale consenso), ma l'intera comunità mondiale. Ciò al fine di raggiungere non solo la moratoria, ma, attraverso essa, anche l'apprezzamento di uno dei diritti fondamentali, quello alla preservazione della vita umana, che è messo in discussione anche da parte di chi esercita il potere e la violenza legittima - come scriveva Weber -, ossia lo Stato.
Per questi motivi, sono convinto che affermare il diritto universale al rispetto della vita umana sia importante; e farlo in sede ONU significa non voler imporre un punto di vista maturato nell'Occidente - tanto più che nello stesso Occidente, come insegna il caso degli Stati Uniti, la pena di morte è ancora utilizzata (così come lo è anche in Oriente, come insegna il caso della Cina). Si va così al di là degli scontri di civiltà e degli orientamenti religiosi. Del resto, come dicevo, vi è da un lato un Governo di tipo tradizionalista cristiano, quale quello degli Stati Uniti d'America, e dall'altro un Governo che dichiara di ispirarsi ai valori del materialismo, che praticano entrambi la pena di morte. Siamo dunque di fronte alla forte affermazione di un primo diritto universale che attraversa l'insieme dell'umanità; e la sede per ribadire tale affermazione è proprio l'ONU.
La seconda considerazione - e mi avvio a concludere - è la seguente: ho letto con la dovuta attenzione gli atti del Senato e vi ho riscontrato una affermazione che mi ha leggermente inquietato. Voglio comunicare tale affermazione all'Assemblea, perché essa motiva un convincimento laico nella costruzione dell'argomentazione a favore dell'abolizione della pena di morte. Al Senato è stato affermato che dovremmoPag. 30essere a favore dell'abolizione della pena capitale perché lo Stato deve mostrare una propria superiorità morale rispetto a chi si macchia del crimine dell'assassinio di un'altra persona. Devo dire che non sono d'accordo con l'affermazione di questo primato morale dello Stato.
Vorrei motivare il mio disaccordo in proposito ricordando un grande pensatore reazionario, ovvero il padre di tutte le concezioni autoritarie dello Stato: naturalmente sto facendo riferimento al grande Hobbes. Egli nel suo Leviatano costruisce razionalmente il rapporto tra cittadino ed autorità statale (sto ricordando concetti molto semplici) nonché il patto di soggezione del cittadino allo Stato. Tuttavia, Hobbes afferma anche che, nel momento in cui la pretesa punitiva dello Stato si estende fino alla messa in discussione della sicurezza fisica del cittadino, il patto di soggezione - 1'unico ad essere da lui previsto - viene a cadere. Quindi, anche questo teorico reazionario, esaltatore della potenza dello Stato, comprese perfettamente senza ricorrere ad ideali cristiani o morali (per questo avevo menzionato il carattere della laicità) che lo Stato nasce per dare sicurezza ai cittadini e non per metterla in crisi. Non vi è bisogno di ricorrere ad un preteso primato morale dello Stato sul singolo per affermare la necessità laica di cancellare la pena di morte, così come per fortuna hanno fatto per primi gli Stati occidentali nel corso dei secoli.
Ho ricordato tali concetti perché credo che non dobbiamo avere un'idea etica dello Stato, bensì affermare una visione laica e, per quanto mi riguarda, anche la costruzione laica dei valori universali della persona umana. Se non percorriamo la strada (mi si consenta questa via traversa) di costruire con la ragione laica i valori universali della persona, rischiamo di inoltrarci ancora una volta in una discussione nella quale l'Italia è stata già coinvolta, relativa a cosa sia e dove inizi la vita umana. Penso invece che dobbiamo sforzarci di difendere la dignità della persona - e quindi in questo caso di essere contrari alla pena di morte - mantenendo un approccio profondamente laico. Il riferimento ad Hobbes indica una strada che rende possibile raggiungere alti valori morali a livello sociale e civile senza percorrere strade religiose. Non vuole essere un'accusa, ma oggi molto spesso le spinte religiose si traducono in affermazioni fondamentaliste, settarie e di parte, piuttosto che invitare alla tolleranza reciproca.
Signor Presidente, in conclusione ritengo che la sollecitazione posta in essere dall'onorevole D'Elia in relazione alla moratoria sia particolarmente importante, così come considero importante e significativo l'appello a lei rivolto dallo stesso collega, a cui mi associo. Non intendo sindacare le argomentazioni addotte dal senatore Vernetti e dunque lungi da me l'intenzione di considerarlo la pietra dello scandalo. Tuttavia, dico solo che il Governo nella sua collegialità è stato impegnato ad attuare una risoluzione del Parlamento. Trattandosi di un atto di indirizzo, al Governo non è data facoltà di scegliere, perché non si tratta di un'opzione. Al contrario, il Governo ha l'obbligo di dare attuazione all'atto di indirizzo approvato dal Parlamento con cui si chiede di presentare una proposta di risoluzione in sede ONU. Non si tratta di una dichiarazione di principio unilaterale, bensì di uno strumento che impegni le Nazioni Unite a dare attuazione alla moratoria. Si tratta di un punto particolarmente importante che tuttavia non cancella l'atto interno, ovvero il provvedimento di legge in oggetto su cui stiamo discutendo. Al contrario, questi due momenti possono rafforzarsi reciprocamente.
Vorrei ringraziare il relatore Boato e l'onorevole D'Elia (quindi la cultura radicale) che in questi anni si sono impegnati con convinzione in questa battaglia nel corso delle ultime legislature, insieme ad altre parti politiche e culturali come la nostra. Pertanto, nel ribadire i ringraziamenti al relatore e la solerzia con cui il Senato ha approvato il provvedimento in oggetto, esprimo l'augurio che esso sia approvato dalla Camera a maggioranza di oltre i due terzi dei suoi componenti, in maniera che il Senato faccia altrettanto,Pag. 31concretizzando finalmente il disegno portato avanti da molti anni che si propone di cancellare l'inciso dell'articolo 27 della nostra Carta costituzionale.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Santelli. Ne ha facoltà.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, do per scontato che ci sarà il voto dei due terzi della Camera dei deputati sul provvedimento al nostro esame, coerentemente con le dichiarazioni già espresse sulla materia negli anni precedenti e, soprattutto, nel corso del suo primo passaggio alla Camera.
Intendo, quindi, approfondire quale sia il significato politico che vogliamo dare alla proposta di legge costituzionale al nostro esame. Il collega Russo ha esortato a non aprire una polemica con il Governo in relazione alla risoluzione dell'ONU, perché essa potrebbe togliere valore a quanto stiamo facendo nell'ambito del diritto interno. Ritengo che, quando si modifica la Costituzione, non si può soltanto effettuare un'operazione di restyling o di lifting, semplicemente eliminando alcune sue disposizioni, ma occorre fare qualcosa di più. Dando per scontato che alcuni principi sono profondamente insiti nella nostra cultura, avrebbe un significato estremamente riduttivo limitarsi ad eliminare un residuato storico, un errore del passato, e adeguare la Carta costituzionale ai valori odierni.
Se il Parlamento, con estremo impegno e velocità - cosa che, purtroppo, non accade spesso - dimostra una volontà politica reale, anche nei tempi, di effettuare alcune scelte, è chiaro che esse, oltre che guardare al passato, hanno un risvolto deciso verso il futuro. Questo è un impegno politico, che non può non intrecciarsi al problema, già ampiamente discusso in aula, relativo alle modalità con le quali il nostro paese si muoverà nell'ambito dell'ONU, relativamente alla pena di morte.
La scelta non attiene alla presentazione o meno della risoluzione o all'eventuale impegno dell'Italia in sede ONU; il problema attiene al metodo. Cosa facciamo? L'Italia va a fare una battaglia per la moratoria della pena di morte che assuma un significato simbolico e politico anche nel nostro paese, oppure attendiamo che si raggiunga un accordo in tal senso in sede europea? Questo è l'interrogativo che si è posto il Parlamento, dialogando con il Governo, al fine di trovare una soluzione. La scelta del Parlamento è stata la prima. Al di là di quanto si decide in sede europea, questa è una battaglia che riteniamo possa assumere un carattere simbolico nel nostro paese. Non siamo quindi disponibili a rimanere in uno stadio intermedio, ma, al contrario, riteniamo che la presentazione della risoluzione da parte dell'Italia costringa anche l'Europa ad un atteggiamento meno dilatorio.
Questo è l'impegno che ha assunto il Governo nei confronti del Parlamento. Ricordo le parole del sottosegretario Vernetti, in questa sede, che concordava con il Parlamento. Si aspettavano, anche per un corretto rapporto dialettico tra Parlamento e Governo, dei passi successivi.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 11,32)
JOLE SANTELLI. È particolarmente significativa la contingenza temporale, in cui cade questa discussione. Stranamente, mentre il Segretario generale dell'ONU affermava su tutti i telegiornali, in Italia, che avrebbe appoggiato la posizione del nostro paese nell'ambito delle Nazioni Unite, il Vice Presidente del Consiglio e ministro degli esteri, dagli stessi teleschermi, affermava che questa era la nostra battaglia, precisando tuttavia che non saremmo andati all'ONU se prima non avessimo raggiunto un'intesa con i partner europei.
Allora, scusatemi: siamo da capo a dodici. La scelta è reale. Mi auguro che la votazione che effettueremo nei prossimi giorni raggiunga la soglia di consenso già ottenuta nelle precedenti, offrendo un'ulteriore indicazione chiara. Questo Parlamento dice al Governo: ora e subito, ora e senza attese! Cosa succederà dopo? Lo vedremo.Pag. 32
Una battaglia - se ci si crede - la si combatte per combatterla e non soltanto se si sa che si vincerà in tempi brevi e senza impegno. Ritengo che, al di là delle difficoltà di cui tutti ci rendiamo conto, per cui un Governo europeo si trova di fronte ad altri partner in Europa, questo Parlamento debba chiedere all'Esecutivo un impegno diverso che quest'ultimo deve rispettare.
Il Governo deve fare ciò nel rispetto del dialogo tra Parlamento e Governo, ma, soprattutto, perché su alcuni temi (abbiamo sentito in quest'aula affermare che storicamente l'Italia ha una tradizione da vantare in questo senso e non a caso è stato richiamato anche Beccaria), si può fare qualche passo in avanti rispetto ad altri: questi non sono argomenti dove bisogna prima concertare tutto e poi assumere una posizione comune in quanto Europa.
Vi sono temi per i quali ritengo faccia onore al Governo italiano assumere una posizione precisa da portare nelle sedi internazionali, sperando di vincere al più presto una battaglia come questa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Forlani. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO FORLANI. Signor Presidente, saluto con soddisfazione questa fase dei lavori che ci consente di approvare una proposta di legge costituzionale di grandissimo valore, che segna, forse, nella nostra civiltà giuridica, un distacco, nell'auspicio di tutti, definitivo dato dalla sanzione solenne e formale di un istituto giuridico antico - che ripudiamo - incompatibile con la concezione dei diritti umani che caratterizza ormai gran parte della civiltà occidentale e mondiale. È il ripudio di un istituto inumano, degradante e barbaro che era, in larga misura, già maturato nella cultura dei padri costituenti agli esordi di questa nostra Repubblica.
Infatti, la nostra Costituzione già vietava la pena di morte e, fin dall'immediato dopoguerra, in virtù di questo nuovo orientamento, nessuna esecuzione è stata mai più praticata nel nostro Paese, essendo scomparsa dal nostro codice penale.
Forse, in Italia, il ripudio aveva radici anche più antiche. Se non ricordo male, storicamente, la pena di morte era già stata abrogata - almeno per quanto riguardava i periodi di pace - prima dell'avvento del regime fascista ed era stata successivamente ripristinata. Poi ci fu questo taglio netto, chiaro ed il relativo distacco in sede di redazione e approvazione della Costituzione repubblicana e democratica.
Era rimasto questo retaggio, riguardante le leggi militari per i periodi di guerra, che era stato già eliminato da una legge ordinaria del 1994; restava da abrogare questa sanzione di carattere ormai meramente formale, prevista in Costituzione, ovvero questa possibilità accordata alle leggi di guerra di applicare la pena di morte. Si tratta di un passaggio formale di grande importanza, perché, cancellando anche questa teorica possibilità prevista in Costituzione, noi poniamo gli stessi principi fondamentali del nostro ordinamento in una posizione di contrasto formale rispetto a questo istituto. Soltanto una nuova legge costituzionale - e ci auguriamo che questo non avvenga nel nostro Paese - potrebbe ora reinserire tale previsione.
Questo rende più lontano e remoto dal nostro ordinamento questa possibilità e segna la contrarietà, ad oggi, dei principi fondamentali del nostro ordinamento rispetto a questo istituto.
Se questo è l'epilogo, l'approdo naturale di un processo di ripudio che, nei fatti, nella cultura, nelle tradizioni, nella coscienza del nostro Paese si è ormai consolidato, il medesimo atteggiamento nei confronti di questa barbara pratica, volta sanzionare reati gravi (o anche meno gravi, in alcuni paesi), non può dirsi invece assolutamente scontato nello scenario mondiale. La pena di morte è ancora molto diffusa nel mondo e grandi paesi ancora la praticano, alcuni di dimensioni molto rilevanti. Pensiamo alla Repubblica popolare cinese, pensiamo a diversi paesi asiatici e africani, pensiamo agli Stati UnitiPag. 33d'America, una grande potenza democratica, forse storicamente la prima grande democrazia nel mondo, che ancora, almeno nell'ambito di alcuni degli Stati federati, non riesce a trovare forme diverse per sanzionare le più gravi violazioni dei propri ordinamenti penali.
Sappiamo anche che, se gli stessi consolidamenti culturali, le stesse tendenze di ripudio di certi istituti, di certi retaggi del passato, non vengono fortemente formalizzati negli ordinamenti positivi, essi non daranno mai luogo a comportamenti irreversibili. Le culture, gli atteggiamenti della coscienza civile, gli umori dell'opinione pubblica si modificano nel corso del tempo, si modificano sulla base dell'evoluzione storica.
Nonostante fossero trascorsi oltre trenta anni dall'adozione della nostra Costituzione - che con l'articolo 27 prendeva nettamente le distanze dalla pena di morte, facendo salvi solo i casi previsti dalle leggi militari di guerra -, negli anni Settanta proprio in questa sede è stata evocata da alcune parti politiche, in occasione del rapimento di Moro, la reintroduzione della pena di morte; si trattava di un momento in cui erano minate le fondamenta e le basi dello Stato e in cui si temevano gravi conseguenze per la tenuta democratica. Ancora oggi, di fronte ai più barbari delitti, che ciclicamente le cronache ci propinano, si manifestano umori, istinti e tendenze che lasciano nuovamente affiorare questa possibilità.
Con gli attentati dell'11 settembre, nel mondo intero, sotto la minaccia terroristica di una possibile eversione mondiale, si sono visti riaffiorare istinti diretti a riconsiderare forme di civiltà giuridica, di garanzia dei diritti umani e di tutela che ritenevamo scontato fossero ormai assorbite dall'Occidente in modo irreversibile. La pena di morte è stata praticata in anni non lontani nella nostra Europa occidentale, così evoluta e all'avanguardia nella tutela dei diritti umani. Oggi ci sembra impossibile che solo 25-30 anni fa la pena di morte in Francia, Spagna e in Gran Bretagna rappresentasse ancora un'eventualità possibile e un fenomeno ricorrente. Le evoluzioni storiche, del costume, della mentalità e le concezioni hanno sempre una loro relatività e devono essere sempre accompagnate da forti prese di posizione del legislatore per assumere un carattere vincolante e per consolidare, in modo auspicabilmente irreversibile, certi principi e certe conquiste di civiltà.
Ritengo che l'approvazione definitiva di questa proposta di legge costituzionale, che cancella l'ultimo retaggio, l'ultima traccia, l'ultima possibilità, anche teorica, di applicare nel nostro Paese tale istituto, possa costituire il congedo finale dalla pena di morte nei nostri ordinamenti e rappresentare un monito nei confronti degli altri soggetti statuali che non hanno ancora maturato questo distacco definitivo.
La proposta di legge al nostro esame - mi rivolgo all'onorevole D'Elia e agli altri colleghi che hanno in questi mesi e in questi anni spinto fortemente nelle sedi internazionali una proposta di moratoria mondiale delle esecuzioni capitali - rappresenta un momento di coerenza e di stimolo rispetto a questa battaglia. L'Italia vuole essere protagonista, soggetto trainante di questo processo che deve portare alla cancellazione di questo istituto sul piano mondiale. Lo abbiamo fatto quando sono state istituite certe corti penali internazionali sui crimini di guerra - come quella sulla ex Iugoslavia e il Ruanda - ed anche successivamente, in sede di Trattato di Roma, con l'istituzione della Corte penale internazionale. Si tratta di nuove forme giurisdizionali internazionali che tendono a scoraggiare la commissione di crimini di guerra e contro l'umanità. La pena di morte non può essere prevista, inflitta ed applicata neanche per i crimini più gravi, quali quelli di genocidio.
Su questa scia continueremo a muoverci affinché in sede mondiale si proceda all'abrogazione - con una moratoria prima e quindi con un'abrogazione definitiva - da parte dei singoli Stati, auspicabilmente di tutti gli Stati, della pena di morte.
Si tratta di una battaglia che, però, deve in qualche modo smuovere le coscienzePag. 34dei singoli Governi, di ciascun Parlamento e delle pubbliche opinioni; alcuni di questi sono già approdati a tali concezioni, mentre altri sono molto più indietro.
Mi riferisco, insomma, ad un processo di maturazione della coscienza mondiale, che abbia successivamente riflessi sugli ordinamenti, rispetto al quale l'Italia vuole essere in prima linea. Il nostro Paese deve agire con l'Europa o anche senza tutta l'Europa, come è stato da noi ribadito, nella competente Commissione della Camera, quando è stato posto il problema della difficoltà di giungere ad un consenso unanime dei paesi aderenti all'Unione europea in ordine alla proposta di una risoluzione, da adottare in sede di Assemblea generale delle Nazioni Unite, per una moratoria delle esecuzioni capitali nel mondo.
Dobbiamo condurre tale battaglia con l'Europa, con gli alleati e con i paesi che abbiano ordinamenti maggiormente affini al nostro, ma dovremmo predisporci a farlo anche senza di loro, poiché si tratta di una battaglia di principio sull'inviolabilità della vita umana, contro la barbarie e contro quelle pene inumane e degradanti già ripudiate, sessant'anni fa, dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
Vorrei sottolineare, quindi, che quello odierno costituisce un passaggio che dimostra, anche dinanzi agli occhi dei nostri alleati, dei nostri partner internazionali e delle grandi organizzazioni che rappresentano la comunità internazionale, la coerenza e la fermezza dell'Italia, sotto il profilo giuridico, in ordine a questo punto (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 193-523-1175-1231-B)
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Boato.
MARCO BOATO, Relatore. Signora Presidente, signor rappresentante del Governo e colleghi, di fronte ad una condivisione unanime del provvedimento in esame, forse una replica non sarebbe neppure necessaria; tuttavia, sia pure molto brevemente, desidero onorare questo dibattito, nonché tutti i colleghi che, intervenendo, hanno affrontato questioni di grandissima rilevanza.
Quindi, desidero ringraziare in primo luogo i colleghi Khaled Fouad Allam, Sergio D'Elia, Giacomo Stucchi, Franco Russo, Jole Santelli ed Alessandro Forlani per i loro interventi. Ringrazio anche il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, il quale ha presieduto per larga parte questo dibattito.
Saluto altresì lei, Presidente Giorgia Meloni, che sta presiedendo la fase conclusiva dell'esame del provvedimento, nonché il sottosegretario di Stato, Stefano Boco, il quale, pur non essendo istituzionalmente deputato a tale materia, ha comunque rappresentato il Governo nel corso dell'intero dibattito. L'Esecutivo è tuttavia rappresentato nella sua collegialità, e mi fa piacere, comunque, che sia egli a farlo in questa occasione.
Vorrei svolgere molto brevemente due ulteriori considerazioni. Credo che abbia fatto bene il collega Fouad Allam - anche grazie al suo impegno politico e civile, nonché alla sua matrice culturale - a sottolineare, sul piano della «grammatica delle relazioni internazionali» (come egli ha detto), il valore e la virtù quasi «pedagogica» della politica del diritto. Egli, in rapporto a questa importante revisione costituzionale, ha infatti evidenziato il valore dei diritti dell'uomo, nell'ambito di una società plurale, con riferimento a certi Stati.
Il collega Allam ha citato alcuni paesi arabi, ma sappiamo, ovviamente, che il discorso vale da una parte per la Cina e, dall'altra, anche per gli Stati Uniti d'America, poiché si tratta di nazioni che mantengono e praticano ancora, purtroppo, la pena di morte.
Credo abbia fatto bene anche il collega Franco Russo, nell'ambito della pluralitàPag. 35delle culture e delle ispirazioni, perfino religiose - segnalo, infatti, che chi vi parla è un credente, anche se è pienamente «laico» sul terreno politico -, a ricordare, proprio in riferimento all'abolizione definitiva e totale, in qualunque ipotesi (anche astratta), della pena capitale, il valore della laicità rispetto ai diritti umani universali.
Questa è anche l'ispirazione della nostra Carta costituzionale, poiché ci stiamo accingendo a deliberare una modifica al quarto comma dell'articolo 27 della stessa. Infatti, stiamo per abolire definitivamente, dal testo di tale articolo, quell'eccezione al principio generale - vale a dire, che non è ammessa la pena di morte - che contempla la pena capitale nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.
Tuttavia, la scelta che il Parlamento della XV legislatura finalmente compie, si inserisce pienamente nel solco dell'articolo 2 della nostra Carta costituzionale, che afferma solennemente: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo (...)».
Del resto - non l'ho ricordato nella relazione introduttiva, ma mi fa piacere farlo ora sotto il profilo storico - il primo Stato al mondo che abolì la pena di morte nel proprio ordinamento fu il Granducato di Toscana: siamo in epoca preunitaria, abbiamo ricordato poi il codice Zanardelli, ma il primo Stato al mondo fu il Granducato di Toscana.
Mi colpì da ragazzo una notiziola che lessi sui giornali subito dopo il Concilio ecumenico Vaticano II, forse eravamo nel '66 ma forse mi sbaglio: lo Stato della Città del Vaticano ha abolito la pena di morte. Sia pure come norma tralatizia, come si dice giuridicamente, non più applicata da epoca immemorabile, nello Stato della Città del Vaticano fino a dopo il Concilio Vaticano II esisteva ancora formalmente la pena di morte, che poi venne abolita definitivamente. Ciò in riferimento alle riflessioni svolte dal collega Franco Russo sulla questione della laicità.
Da ultimo, vorrei dire che mentre condivido le preoccupazioni, le esigenze e le istanze che il collega Sergio D'Elia ha qui manifestato perché le ho già espresse sia nella fase della prima lettura durante il dibattito svolto, sia a maggior ragione oggi nella relazione introduttiva, condivido altresì l'appunto che il collega Franco Russo, da una parte, e la collega Iole Santelli, dall'altra, hanno fatto a non sottovalutare l'importanza di questa revisione costituzionale e di questa deliberazione.
Ci sarà pure un motivo se noi arriviamo ad approvarla, credo ormai definitivamente, soltanto nella XV legislatura! Ci sarà pure un motivo se per due legislature un voto unanime, o quasi, della Camera non trovò riscontro adeguato e analogo da parte dell'altro ramo del Parlamento! Ci sarà pure un motivo se, come correttamente e intelligentemente il collega Alessandro Forlani poco fa ha ricordato, meno di trent'anni fa nel Regno Unito la pena di morte veniva ancora eseguita, così come nella Francia pre-Mitterrand essa si eseguiva oltretutto con la ghigliottina e fu Mitterrand stesso insieme al ministro Badinter ad adottare uno dei primi atti della sua Presidenza - siamo quindi negli anni '80, non secoli fa -, abolendo definitivamente la pena di morte anche in Francia! Ci sarà pure un motivo se - e ringrazio il collega Forlani che lo ha ricordato - in occasione del sequestro, prima dell'assassinio, di Aldo Moro nel dibattito politico italiano, non da parte di qualche estremista di destra ma da parte di Ugo La Malfa, che era un leader autorevolissimo del partito repubblicano, si chiese la reintroduzione della pena di morte: allora il baluardo - voglio ricordarlo perché a volte viene misconosciuto - fu il socialdemocratico Giuseppe Saragat, che disse al suo carissimo amico interlocutore Ugo La Malfa: «No! La pena di morte mai!».
Ecco, questo avveniva nella nostra Italia e Alessandro Forlani ha ricordato che, anche dopo l'11 settembre del 2001 vi sono state pulsioni internazionali di tipo emergenziale che andavano in una direzione regressiva. A tale proposito, devo però dire che il Parlamento europeo, il Consiglio d'Europa, la Commissione europea, il Consiglio europeo e tutti gli organismi delPag. 36nostro continente, non solo dell'Unione europea ma anche del Consiglio d'Europa, che è assai più largo, si sono sempre opposti a logiche di carattere emergenziale.
Dico con amicizia al collega Sergio D'Elia che nel condividere - ma mi pare che in quest'aula tutti lo abbiano dichiarato, e io l'ho fatto fin dalla relazione introduttiva - l'impegno e il riferimento anche critico rispetto all'azione che il Governo italiano deve compiere, se non altro perché vi è un atto unanime del Parlamento che glielo chiede, per la presentazione all'Assemblea dell'ONU di una risoluzione per la moratoria universale della pena di morte, ritengo sia un grave errore politico, e anche concettuale e culturale, anche rispetto alla storia del nostro paese e a quella europea, sottovalutare la decisione che prenderemo in quest'aula fra qualche giorno, quella di deliberare la definitiva espunsione di qualunque ipotesi, anche soltanto nel quadro delle leggi penali militari di guerra, della pena di morte dalla Costituzione repubblicana.
Rinnovo il ringraziamento a tutti i colleghi che sono intervenuti, al Presidente, alla Presidente di turno in questo momento e al rappresentante del Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
STEFANO BOCO, Sottosegretario di Stato per le politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, ringrazio tutti i colleghi anche per l'importanza delle loro riflessioni, la ricchezza e la varietà delle opinioni espresse. Non mi dilungherò, ma cercherò di essere preciso su due aspetti che sono emersi nella discussione. Lo ha ricordato l'amico e collega Boato: il mio dicastero non ha competenze specifiche in materia, ma la rappresentanza di Governo che ho in questo momento non pone una differenza di dicastero.
Il primo aspetto che considero importante è che questa discussione, che si è snodata per diverse legislature, per la prima volta è stata affrontata in meno di un anno - lo ricordava il collega Franco Russo - con una velocità che ci fa capire che questa volta ce la faremo, ovviamente lo dico senza fare gli scongiuri, non ho questa attitudine.
Credo che un paese si misuri dalla civiltà che le proprie aule parlamentari, su atti come questi, possono e devono rappresentare, e se questa volta - siamo alla terza lettura - imprimessimo un'accelerazione con il voto che fra pochi giorni verrà espresso, dimostreremmo che stiamo compiendo un atto molto più importante di espungere da un articolo una piccola parte, anche se, nella sua sacralità, si tratta di un atto costituzionale; dimostreremmo che la sensibilità e la cultura del Paese sono cresciuti sotto questo punto di vista.
C'è una sacralità in quello che, come atto parlamentare, come legge costituzionale, state facendo, stiamo facendo e stiamo costruendo come parlamentari di questo paese. C'è tristezza nel percepire che la comunicazione a volte è distratta: senza mancare di rispetto ad essa, tante volte concentriamo le nostre comunicazioni e i nostri interessi su cose sicuramente importanti e indispensabili, ma non percepiamo che atti come questi descrivono le fondamenta non di maggioranza e di opposizione, ma di un «fare» politico. Vedo dei ragazzi nelle tribune: sono onorato e fiero di vederli dentro le aule del Parlamento e della Camera dei deputati; sono doppiamente onorato di condividere con loro quest'aula in questo momento su un atto che, ripeto, rappresenta molto più di quanto non sia nello specifico.
Voglio essere preciso su un altro punto che è stato oggetto della discussione. Condivido moltissimo, e non aggiungo nulla, la relazione dell'onorevole Boato, che come relatore ha toccato tutti i punti. Lo ringrazio per il lavoro svolto, e, se me lo permettete, non solo per quello attuale, ma anche per gli anni che ha dedicato anche a questo tema. Tuttavia, credo che su un punto sollevato dal collega D'Elia ci debba essere chiarezza, senza pensare chePag. 37le due parti di questo lavoro siano poi, per così dire compromesse, o che l'una sottovaluti l'altra.
I Governi, il nostro Governo nel nostro ordinamento repubblicano attua e non interpreta le scelte del Parlamento. Lo dico non per polemica alcuna, ma senza ombra di smentite. Quindi, invito tutti a percepire la centralità di quello che stiamo facendo e a staccarla da una visione che dobbiamo portare avanti perché, per quanto mi riguarda, da parlamentare, da cittadino italiano, da uomo di Governo, questo iter è una straordinaria opportunità, questo iter racconta tante storie, tante battaglie di donne e uomini impegnati nel nostro paese per la crescita civile.
Tuttavia, vi è anche una battaglia diversa dal nostro intervento costituzionale alla quale non possiamo mancare.
Ho rivissuto ora per ora le vicende che il collega D'Elia ha ricordato e ben rappresentato, che hanno visto protagonista lo straordinario ambasciatore Fulci, con il quale bisticciavo moltissimo: era uno straordinario ambasciatore.
Credo che vi siano reali condizioni per una vittoria. Pertanto, dico, senza alcuna vis polemica, che quel passaggio - che non c'entra niente con la straordinaria battaglia che stiamo conducendo - non lo voglio nemmeno considerare come combinato disposto. Non abbiamo bisogno di mettere insieme la pagina così bella che il Parlamento sta costruendo con una pagina diversa, che deve essere altrettanto bella, relativa alla crescita delle istituzioni internazionali.
È una battaglia che dobbiamo condurre nell'interesse della vita e della civiltà giuridica in sede di Nazioni Unite. Vi sono tante storie dietro ciascuno di noi e dietro coloro che hanno portato avanti queste battaglie. È vero che il mondo è fatto di «senza nome», di persone sconosciute che non hanno la possibilità di interfacciarsi con la civiltà di questo nostro paese. Ricordo che ventotto anni fa mi capitò di intercedere per la vita di uno di questi «senza nome» nelle terre d'Africa; in ventotto anni mi è capitato molte volte. Non c'entra niente, ma credo che dobbiamo sentire che quella per la moratoria non è solo una battaglia di principio, bensì un grande passaggio che è atteso e che qualcuno deve porre sulle proprie spalle. Se lo aspettano non solo persone confinate fuori dal diritto, come accade in tanti paesi, ma anche tanti paesi delle Nazioni Unite che hanno bisogno di questo locomotore. Sarebbe stato bellissimo questo locomotore europeo!
Non metto limiti né alla fiducia né alla speranza. Di sicuro, l'Italia è in grado di essere il locomotore di questo passaggio. Tutto ciò rientra in quel fatto che, a nome del Governo, non considero discutibile, perché lo definisce la Costituzione: il Governo attua e non interpreta. Vi è una primizia del Parlamento e sono assunte delle decisioni.
Signor Presidente, concludo e mi scuso con lei: prego tutti noi di non perdere l'occasione di percepire la sacralità dell'atto e del voto (che sarà solo il terzo) che ci accingiamo ad esprimere in questo passaggio legislativo. Vi è ancora una macchia nella nostra Costituzione, vi è ancora un passaggio che dobbiamo concludere, per donarlo ai nostri cittadini e ai figli dell'oggi e del domani.
Credo che questo atto, quando verrà compiuto, sarà inserito nelle pagine più importanti che il Parlamento abbia mai scritto negli ultimi anni. Spero che questo atto giunga il prima possibile (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno, Verdi e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Boco.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 14,30 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 12,05, è ripresa alle 14,30.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Brugger, Donadi, Forgione, Lucà, Reina, Stucchi ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Condizioni tariffarie per l'approvvigionamento di energia elettrica a favore delle imprese del Sulcis Iglesiente - n. 2-00466)
PRESIDENTE. L'onorevole Mereu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00466 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ANTONIO MEREU. Signor Presidente, è già la terza volta che trattiamo il problema in quest'aula con il Governo, e non possiamo che essere ancora oggi preoccupati, nonostante due mesi fa lo stesso viceministro D'Antoni ci avesse tranquillizzato e ci avesse fatto ben sperare per il futuro. Come ho già ricordato altre volte, quello delle tariffe elettriche agevolate per il territorio del Sulcis Iglesiente è un problema importantissimo e reale. Tutte le forze politiche ne sono ormai convinte ed anche il Governo precedente, il Governo Berlusconi, aveva adottato un apposito provvedimento fin dal 2005. In tale provvedimento erano contenute, negli articoli 11, 12, 13 e 14, tutte quelle disposizioni volte ad approntare una soluzione per il nostro territorio. Vorrei ricordare che il viceministro nell'ultima occasione si esprimeva in senso positivo e in particolare ricordava che il Governo si stava muovendo in conformità alle disposizioni contenute nella legge n. 80 del 2005. Ciò vuol dire che si richiamava e dava continuità alla politica promossa dal Governo di centrodestra.
Il viceministro aveva anche comunicato che il ministro Bersani, personalmente, aveva incontrato il commissario Kroes e che il Governo in carica aveva tra l'altro ricevuto una lettera da parte della Commissione europea nella quale si comunicava che la Sardegna, in effetti, versava in una situazione di chiara difficoltà, per cui questi aiuti potevano essere riconosciuti. E quindi, avendo ricevuto questa risposta dalla Commissione europea, riteneva che il provvedimento sarebbe andato in porto nel breve tempo e di aver pertanto risposto positivamente alla mia interpellanza.
Vorrei ricordare che sino ad allora, purtroppo, non è successo assolutamente nulla e che - cosa non di poco conto - in quei territori, dove sono siti i nostri stabilimenti, fino a ieri abbiamo avuto, ad esempio a Portoscuso, un sindaco di sinistra; così come nel territorio in cui si trova la miniera per la quale aspettiamo di avere finalmente risposte positive per la produzione del carbone, vi è un sindaco di sinistra; i sindaci dei territori di Carbonia-Iglesias, che sono interessati direttamente allo sviluppo del nostro territorio, sono anch'essi sindaci di sinistra; così come di sinistra sono la nuova provincia del Sulcis Iglesiente, la regione sarda, ed anche questo Governo.
Credo quindi che rispetto ad una situazione così consolidata non possa essere neanche sostenuta dall'attuale Governo l'esistenza di differenze comportamentali. Tuttavia, nel frattempo, si sono purtroppo registrate anche delle novità negative, perché non solo non si è realizzato quanto il viceministro D'Antoni ci aveva detto, ma recentemente c'è stata una marcia del lavoro che ha visto soprattutto impegnato un partito di Governo come Rifondazione Comunista, che reclamava quello che noi oggi stiamo chiedendo con questa interpellanza.Pag. 39
A Cagliari è stato organizzato un convegno da Legambiente, patrocinato anche dal ministro Pecoraro Scanio, in cui si gridava allo scandalo perché la Sardegna, per poter risolvere i suoi problemi, voleva di fatto ripartire con una miniera di carbone, per la quale ci stiamo battendo.
Alla fine è da poco che il consorzio industriale si deve attivare per adeguare le strutture a quelle che saranno - noi speriamo e continuiamo a sperarlo ed a chiederlo - le soluzioni del caso; quindi, deve adeguare le proprie strutture affinché in quel porto possano approdare navi che scarichino carbone anche dall'estero, giacché così è previsto. Il ministro Pecoraro Scanio ha dichiarato che non si può eseguire alcun lavoro nel porto se prima non viene bloccato tutto ciò che può costituire inquinamento dalla terra verso il mare, installando praticamente delle dighe a cinquanta metri di profondità. Assistiamo cioè ad una involuzione del problema, e quindi siamo preoccupati ed imbarazzati.
Capisco bene che D'Antoni possa anche ricordare che ci siamo visti solo due mesi fa e che già torniamo a discutere della questione, ma questo rappresenta l'unico modo; ritengo, infatti, che l'Assemblea sia il luogo nel quale debbano essere fornite risposte concrete. Spesso e volentieri, chi rilascia dichiarazioni sui giornali - mi riferisco soprattutto alla regione sarda ed alla provincia - sostiene che sono in atto soluzioni contrarie a quanto afferma il Governo. Ritengo, quindi, che ciò sia stato irriguardoso, non solo nei confronti di colui che sta svolgendo l'interpellanza in questo momento, ma soprattutto del Governo, perché riteniamo che chi interviene in questa sede è persona che merita il nostro rispetto.
Guai a pensare che quanto si dice qui non ha alcun valore. Siamo preoccupati per il fatto che questa soluzione, determinante per lo sviluppo del territorio, tardi ad essere adottata, essendo ormai trascorsi cinque anni. Non dimentichiamo che uno studente liceale in quel tempo si laurea e che al termine della laurea, se non trova lavoro, deve andarsene via. Cinque anni sono una vita nel nostro tempo e nelle condizioni in cui siamo abituati a lavorare oggi; sappiamo bene che oggi il tempo non solo è denaro, come si diceva una volta, ma scorre effettivamente veloce.
Ricordo dunque al Governo che questo è un problema rispetto al quale tutti ci dobbiamo impegnare: ci dica dunque se quanto sta facendo procede nella direzione di una soluzione o se invece qualcuno nutra alcuni dubbi al riguardo (ma noi siamo aperti a tutto, come ho sempre sostenuto). Il punto non è mettere in difficoltà il Governo, anzi, sono venuto qui per sollecitare una soluzione perché, se una soluzione c'è, daremo atto anche al Governo di aver contribuito alla realizzazione della stessa.
PRESIDENTE. Il viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, la ricostruzione che l'onorevole Mereu ha qui tracciato della vicenda corrisponde alla realtà, nel senso che già in febbraio fummo interpellati su questa stessa materia, e il Governo, attraverso la mia persona, puntualizzò come stavano le cose.
Dunque, ripeto oggi quello che dissi allora, e cioè che il Governo è per il rispetto della legge 14 maggio 2005 n. 80, nel senso cioè che essa possa venire applicata.
A tale ultimo proposito è però necessaria l'autorizzazione della Comunità europea, perché, come l'onorevole Mereu e come tutti noi sappiamo, questi interventi vengono classificati dalla Commissione europea come aiuti di Stato e, in quanto tali, devono essere autorizzati.
Per questa ragione, in data 1 febbraio 2007, citai proprio in questa sede - lo ricordava l'onorevole Mereu - una lettera che il direttore generale della Direzione aiuti di Stato della Commissione europea, Drabbe, aveva inviato, nella quale si sottolineava il fatto che non potevano essere autorizzati aiuti, salvo circostanze davveroPag. 40eccezionali. Al riguardo, il caso della Sardegna - ed in particolare dell'attuale situazione infrastrutturale - rappresentava un'ipotesi di eccezionalità.
Quindi la Commissione riconosceva, attraverso la suddetta lettera, l'eccezionalità.
Per questa ragione, in quella occasione dissi che la nostra previsione era che sulla base di questa lettera ritenevamo che a breve la questione sarebbe stata risolta.
Purtroppo i tempi della Comunità non sono quelli italiani e non sono veloci come auspicheremmo, nel senso che, a seguito di quella lettera, ci saremmo aspettati una autorizzazione successiva che ci consentisse di procedere. Questa autorizzazione, invece, non è ancora arrivata, perché da parte della Comunità europea è stato sottolineato che c'era bisogno di ulteriori interventi tecnici di approfondimento, pur avendo salvaguardato il principio e avendo considerata la Sardegna, come ho citato, una situazione davvero eccezionale.
Quindi, non siamo stati fermi, perché il ministro Bersani ha incontrato di nuovo il commissario Kroes, il quale ha sottolineato nuovamente la necessità di sbloccare questa vicenda. Il tema è stato oggetto anche di un esame da parte del Consiglio europeo, dove si è parlato della questione energetica legata al problema climatico, sottolineando l'importanza di un intervento che venga incontro ai costi, soprattutto nei settori ad alta intensità energetica. Quindi, anche in quella occasione, il Governo italiano si è fatto portatore di questa esigenza.
Ultimamente, in data 13 aprile, il ministero ha inviato un'ulteriore lettera al capo della Direzione aiuti di Stato della Commissione Europea, Drabbe, nella quale è stato chiesto in modo formale - era già stato detto, ma non in modo puntuale e formale - di autorizzare le misure tariffarie di cui trattasi, perché non si configurano come aiuti di Stato.
Sulla base di questa lettera ci aspettiamo che la risposta arrivi in tempi brevi e ci stiamo battendo, come emerge da questa ricostruzione dei fatti, affinché ciò avvenga, perché ci rendiamo conto che la questione posta nell'interpellanza e, complessivamente, il problema di questi territori hanno bisogno di una risposta positiva.
Quindi, stiamo lavorando intensamente affinché arrivi finalmente l'autorizzazione da parte della Commissione Europea e possa essere attuata la legge n. 80 del 2005.
PRESIDENTE. L'onorevole Mereu ha facoltà di replicare.
ANTONIO MEREU. Signor Presidente, vorrei ringraziare il ministro D'Antoni, che ancora una volta è stato chiaro ed ha espresso ciò che desideravamo sentire, anche se sappiamo tutti che i tempi sono frutto del lavoro che verrà svolto d'ora in poi. Ringrazio il ministro D'Antoni anche perché sapevo che era impegnato, ma è venuto ugualmente in aula sapendo quanto noi tenessimo alla sua risposta.
Mi ritengo parzialmente soddisfatto e uso questo termine non tanto perché io non sia soddisfatto della risposta del Governo, quanto perché, per dichiararsi soddisfatti, è necessario che il problema sia risolto completamente. Però, ritengo si stia andando nella direzione giusta e inviterei il ministro a prendere contatti con la regione Sardegna perché - magari domani mattina - si appresterà immediatamente a smentire, come ha fatto con il suo assessore in una precedente interrogazione, dicendo che quanto qui affermato non corrisponde a verità. Infatti, come tutti possiamo immaginare, creiamo del terrorismo - non è una mia frase -, ma di fatto è così, perché in quel territorio, in questo momento, l'unico sviluppo si può ottenere con questo tipo di soluzione, non con altre.
Faccio presente, inoltre, che ho avuto un'esperienza importante, per la quale ringrazio il Presidente Bertinotti, che mi ha dato l'opportunità di recarmi a Washington per parlare dei cambiamenti climatici. Da lì ho tratto un insegnamento: quando parliamo di ambiente e di necessità di un intervento, non dimentichiamo che, in riferimento alla qualità della vita, si deve partire dal presupposto che la vitaPag. 41sia condotta in maniera rispettabile. È difficile far capire ai sudafricani - in quell'occasione qualcuno ha protestato in tal senso - che non hanno energia elettrica nel 50 per cento del paese, che non possono usare il carbone, perché si deve usare chissà quale alta tecnologia. Ciò vale in tutte le realtà, magari piccole, che anche in Italia esistono.
Quindi, se si devono trovare delle soluzioni sotto questo aspetto, è compito del Governo e del Parlamento fare in modo che si trovino là dove sia possibile una maggiore riduzione, ma non si può obbligare tutti ad un medesimo comportamento, perché non tutti hanno la qualità della vita che noi ci aspettiamo. Noi siamo in un territorio in cui la qualità della vita è ancora di là da venire.
Concludo, ribadendo che seguiremo la vicenda - e non vorremmo trovarci di nuovo qui tra due mesi - soprattutto perché siamo preoccupati non tanto della difficoltà del problema e della sua mancata soluzione, quanto che altre componenti di quei partiti che compongono il Governo diffondano nel territorio informazioni inesistenti. Diamo comunque atto al ministro di quanto riferito a nome del Governo in quest'aula.
(Valutazioni del Governo sulla cosiddetta «circolare Maddalena» - n. 2-00438)
PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00438 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, signor sottosegretario Li Gotti, l'interpellanza in esame non vuole essere in odio al procuratore della Repubblica di Torino; anzi, prima di illustrarla, intendo esprimere i sensi della mia stima nei confronti di quel magistrato, che oltre ad essere molto preparato, assolve al proprio dovere tenendosi lontano sia dalla ricerca di un'esposizione mediatica, sia dall'inserimento del proprio lavoro in una logica politica. Ciò gli fa ancora più vanto avendo a capo della Procura generale un magistrato schierato politicamente che, nelle relazioni di apertura dell'anno giudiziario, invece di occuparsi di giurisdizione si occupa dei problemi della Fiat.
Intendo dire che la «circolare Maddalena » è un atto astrattamente condivisibile. Forse sarebbe stato meglio non scriverla ma attuarla; in ogni caso essa ha formalizzato la richiesta dei sostituti procuratori nel senso della inutilità di proseguire le indagini per i reati rientranti nell'indulto. Tali richieste, ancorché giuridicamente errate, perché l'accertamento del reato non è volto solamente ai fini dell'applicazione della pena, ma si estende anche ad altri fini, sia civilistici con le pronunce a favore della parte lesa, sia penalistici ai fini ad esempio della recidiva, dell'abitualità, della professionalità, e via dicendo, hanno introdotto, se ve ne fosse bisogno, una problematica molto seria relativa all'assetto costituzionale della magistratura. Le camere penali hanno colto il problema e sono insorte.
Analizziamo quindi la questione utilizzando la «circolare Maddalena» come mero spunto. La questione nasce da lontano. Nel periodo del fascismo tutte le istituzioni dello Stato erano in buona parte asservite al regime. Unica eccezione veniva dalla magistratura, che era un corpo, per così dire, a sé stante. Il fascismo non riuscì a scalfirne il senso delle istituzioni e ciò non perché i magistrati non fossero uomini come tutti gli altri, ma perché la magistratura aveva, per così dire, una governabilità monolitica che le permise di opporsi al fascismo, al punto che il fascismo istituì i tribunali speciali, vale a dire i tribunali costituiti dopo la commissione del reato con l'evidente fine di una conduzione del processo addomesticata; la loro abolizione fu uno dei primi atti del costituente dopo il fascismo. Si pensi che, quando il fascismo intervenne sui tribunali con la forza fisica e le minaccie, vi furono le cosiddette «sentenze suicide» le quali pronunciavano come imponeva il regime ma motivavano in modo contrario.Pag. 42
Tutto ciò non era casuale, ma derivava dall'assetto interno dell'ordine giudiziario. Il pretore era assimilabile all'odierno giudice di pace - solo che adesso vengono reclutati gli ultracinquantenni - e ai giudici onorari. L'uditore giudiziario oggi verrebbe definito un precario perché, se non confermato con un ulteriore concorso, veniva estromesso dalla magistratura (il concorso era quello di aggiunto giudiziario). I successivi passaggi - consigliere di corte di appello e consigliere di Cassazione - avvenivano per concorsi interni per titoli, ove le sentenze costituivano i titoli.
Appare quindi evidente che nella magistratura di allora non vi poteva essere spazio per chi intendeva utilizzare l'istituzione come trampolino di lancio per una carriera diversa. Non c'è stato nemmeno un caso di un magistrato che abbia avuto come primo incarico politico il posto di ministro dei lavori pubblici, menando a vanto i morti che aveva causato facendo il giudice, che però il clamore mediatico aveva esaltato. In buona sostanza, in magistratura vi era un rigido autogoverno che si trasformava in certezza della giurisdizione e certezza del diritto. Era impensabile valutare le possibilità di vittoria di una causa a seconda dell'orientamento politico del giudice.
Quando il fascismo cadde sembrò quasi naturale riproporre stima e fiducia nei magistrati. Si pianificò la carriera senza intoppi; oggi tutti i magistrati sono uguali a prescindere dalla loro capacità e dalla loro produzione lavorativa.
Si ripose in loro una attività che non era loro, quale quella investigativa. In tutti i paesi civili è il pubblico ministero, essendo giurista, a coordinare dal punto di vista giuridico le indagini. Fa per così dire l'avvocato per gli inquirenti d'accusa. In Italia, invece, è egli stesso l'accusa. E, proprio perché è l'accusa, ha cessato di essere un pubblico ministero, cioè colui che agisce per lo Stato nell'interesse della giustizia e diventa colui che traduce solo l'interesse punitivo dello Stato.
Il costituente del 1948 doveva scegliere se assettare la magistratura come potere o come ordine. Per i motivi di cui sopra, scelse questa seconda via, rese indipendente la magistratura - e quindi i giudici - da ogni potere, imbrigliandola nei principi del dovere. Il giudice è sottoposto alla legge, il giudice deve rendere giurisdizione, il pubblico ministero è obbligato a esercitare l'azione penale.
Il principio dell'esercizio di un potere democratico interveniva non immediatamente, ma mediatamente. Il popolo parlava attraverso il legislatore e, sottoponendo il giudice alla legge (solo così il giudice è legittimato in democrazia), in sostanza lo si sottoponeva al popolo.
Una concezione diversa, cioè quella di democrazia diretta in magistratura, avrebbe portato una sottoposizione al popolo e non alla legge del giudice, con l'ottenimento di una giustizia di maggioranza e, in quanto tale, non uguale per tutti.
La strada più seria sembrò quella di preferire il primato della legge. Ma si sa, gli uomini sono sempre uomini, e con l'andare del tempo i poteri, gli uomini e le istituzioni dello Stato impararono - per così dire - a «barare» sulla Costituzione, cercando di farsi sempre più largo. Questo non avvenne solo per la magistratura; si pensi alla Corte costituzionale che, pensata per vagliare il requisito di costituzionalità delle norme, finisce, con le sentenze interpretative di rigetto, per produrre leggi. La dimostrazione è data dal fatto che, se compriamo un codice, e leggiamo in commento le sentenze della Corte, ci rendiamo conto che sono vere e proprie novelle. La magistratura, anch'essa, cercò di allargare il proprio campo operativo, trasformò il Consiglio Superiore della magistratura in un «parlamentino» (offenderei l'intelligenza di chi ascolta, nel giustapporre le correnti dei giudici ai partiti che siedono in quest'aula); svincolò il singolo magistrato da ogni potere gerarchico, la qual cosa aveva tenuto uniti i giudici di fronte al fascismo, tant'è che oggi è normale il conflitto tra il procuratore della Repubblica e i suoi sostituti; inventò la teoria della supplenza, cioè quella di supplire al legislatore in caso di assenza, cioè di vuoto normativo. Per la verità i più accortiPag. 43usarono a giustificazione di questa teoria, il criterio dell'interpretazione analogica che, in tanto in quanto ammesso dalla dottrina, non si ritiene ancora come possibilità di fare norma.
Fin qui nulla sarebbe, se non vi fossero una serie di fenomeni preoccupanti. Il primo è la politicizzazione della magistratura, cioè la partecipazione al dibattito politico dei magistrati. Ricordo che, altro sottosegretario in una mia precedente interrogazione, disse di non procedere nei confronti di Caselli, che aveva scritto affermazioni del genere, per la prescrizione dell'azione disciplinare, con presa di posizione politica e ciò non solo con esternazioni, ma con linee di pronuncia giurisprudenziale!
Si pensi al dibattito sull'articolo 18 dello statuto dei lavoratori della scorsa legislatura, scaturito da un'interpretazione giurisprudenziale molto distante dai lavori preparatori, che ha portato di fatto l'aumento del precariato. Vi è anche un fenomeno interno che è dato dal fatto che il giudice non asservito alla politica partitica è di fatto asservito ai «partitini» del Consiglio superiore della magistratura. Avevo chiesto al suo collega, in altra occasione, di indicarmi il nome di una dirigenza significativa che non fosse legata alle correnti, che si spartiscono i posti in base a logiche non professionali, ma spesso - anzi sempre - in base a logiche «cencelliane».
Come si vede, il fenomeno è di ampia portata ed esige un'ampia risposta che trascende dal caso di specie, caso di specie che è sintomo inequivocabile che quanto detto fin qui è corretto. In sostanza, si chiede che il Governo indichi quale magistratura vuole, se vuole la magistratura intesa come dovere o come potere e cosa intenda fare per ottenere ciò.
Si chiede, infine, come il Governo ritenga di imbrigliare una magistratura che anche oggi si atteggia a potere, ove ritenga che la stessa debba essere costituzionalmente inserita nell'ambito dell'ordine, ovvero come pensi di restituire alla magistratura un potere che deriva dal popolo, ma che ovviamente presenta anche le conseguenti responsabilità di carattere politico.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, si condivide innanzitutto l'incipit dell'interpellanza, perché anche il ministro per la giustizia ha stima del procuratore della Repubblica di Torino, il dottor Maddalena.
Ben diverso e più complesso è il discorso sul ruolo dell'ordine giudiziario nell'assetto costituzionale della Repubblica, che in questa sede non può essere adeguatamente svolto in tutte le sue implicazioni. Pertanto, la risposta agli onorevoli interpellanti sarà circoscritta allo specifico tema della circolare emessa dal procuratore della Repubblica di Torino, tema che ricomprende comunque uno degli aspetti dell'attività propria dei capi degli uffici giudiziari, precisamente l'organizzazione della giurisdizione.
I dirigenti degli uffici, inquirenti e giudicanti, possono e devono, nell'ambito delle competenze in tema di amministrazione della giurisdizione, adottare iniziative e provvedimenti - ciò è stato affermato più volte dal Consiglio superiore della magistratura con risoluzioni del 2000, del 2001, del 2003 e, da ultimo, con la risoluzione 9 novembre 2006 - idonei ad elaborare soluzioni organizzative dirette ad assicurare la più sollecita definizione dei processi pendenti ed altresì intraprendere iniziative volte a razionalizzare la trattazione degli affari e l'impiego delle risorse disponibili. Anzi, lo stesso Consiglio superiore della magistratura, in attuazione dell'articolo 227 del decreto legislativo n. 51 del 1998 sul giudice unico di primo grado, ha dettato criteri di priorità e prospettato molteplici soluzioni operative volte alla gestione dell'arretrato esistente presso gli uffici giudiziari.
A seguito della legge 31 luglio 2006, n. 241, recante «Concessione di indulto» è stata prospettata da più parti la possibilitàPag. 44di differenziare, rispetto ad altri procedimenti, la tempistica dei processi penali destinati ad esaurirsi senza la concreta inflizione di una pena detentiva per effetto dell'indulto. Si è così riproposto il problema, in un quadro operativo gravato da notevoli ritardi nell'esercizio della giurisdizione, di dare un corso prioritario a processi il cui esito risponda concretamente al principio di effettività.
In questa prospettiva, che trova fondamento nei principi di buon andamento dell'amministrazione e quindi del servizio giudiziario, come sanciti dagli articoli 97 e 111 della Costituzione, il ministro Mastella, con nota del 13 settembre 2006, ha proposto al Consiglio superiore della magistratura e ai magistrati dirigenti degli uffici la possibilità di adottare la stessa ratio del sistema indicata dal citato articolo 227, così da venire incontro alle esigenze esposte.
Con tale nota, il ministro ha inteso stimolare la capacità e la volontà dei dirigenti degli uffici di non rassegnarsi ad una giurisdizione che produce disservizio, assumendosi viceversa la responsabilità - come più volte auspicato dal Consiglio superiore della magistratura - di formulare progetti di organizzazione che, sulla base dell'elevato numero degli affari da trattare e preso atto delle risorse umane e materiali disponibili, esplicitino le scelte di intervento adottate per pervenire a risultati possibili ed apprezzabili in rapporto all'effettività. Infatti, quando la giustizia penale ha tempi rapidi e gli uffici sono privi di arretrato, la trattazione dei processi per reati condonati mantiene una consistente utilità sociale: non solo si addiviene all'accertamento dei fatti e delle relative responsabilità, ma restano fermi gli ulteriori effetti penali della condanna, nonché l'eventuale risarcimento per la persona offesa e la possibilità di revocare l'indulto nei casi previsti dalla legge. Quando invece la giustizia penale è lenta e gli uffici hanno arretrati rilevanti, la trattazione di tutti i processi per reati interamente condonati, per pene interamente coperte dall'indulto, finisce di fatto per allontanare, anche in modo significativo, la definizione di quelli nei quali la pena eventualmente inflitta è destinata ad essere effettivamente scontata, con grave danno per la collettività.
Ovviamente, tutte le iniziative adottate dai capi degli uffici al fine di razionalizzare la trattazione degli affari non possono del tutto prescindere dal principio di obbligatorietà dell'azione penale, cioè non possono operare in via di principio una selezione finalistica dei procedimenti al di fuori di situazioni particolari come quella di cui si parla, per destinarne alcuni alla non trattazione.
Si aggiunga che l'iniziativa del dottor Maddalena non blocca definitivamente i procedimenti per pene suscettibili di indulto, ma viceversa consiglia di privilegiare la più sollecita strada della richiesta di archiviazione, per quanto possibile.
Peraltro, la preoccupazione che l'ufficio di procura possa, attraverso propri orientamenti organizzativi, come la circolare in esame, condizionare l'attività giurisdizionale in senso stretto, non è configurabile, giacché le iniziative che i pubblici ministeri possono adottare integrano poteri di stimolo e di proposta, non certo provvedimenti definitivi. Infatti, sia la richiesta di rinvio a giudizio, sia la richiesta di archiviazione sono rivolte al giudice proprio perché il legislatore ha voluto riservare al giudice stesso, cioè ad un organo terzo con le garanzie di indipendenza e di imparzialità proprie della giurisdizione, il potere di accertare se ricorrano elementi sufficienti per sottoporre l'indiziato al giudizio affinché l'eventuale richiesta di archiviazione non rappresenti un'elusione dell'obbligo di esercitare l'azione penale, benché sia applicabile il beneficio dell'indulto. Perciò, anche quando la richiesta del pubblico ministero non si traduce nell'inizio dell'azione penale, ma in una richiesta di archiviazione, l'esito del procedimento passa comunque attraverso il vaglio giurisdizionale; e ben può il giudice delle indagini preliminari, se in dissenso con la richiesta dell'organo requirente, assumere distinte determinazioni, con il potere-doverePag. 45di ordinare il promovimento dell'azione penale, attraverso la cosiddetta imputazione coatta.
In conclusione, il dicastero della giustizia ritiene che la «circolare Maddalena» rientri, in generale, nei poteri di organizzazione propri del capo dell'ufficio, salvi i limiti che il Consiglio superiore, quale organo di governo della magistratura, e quindi anche di controllo sull'esercizio dei poteri di organizzazione, riterrà di suggerire. Infatti, il Consiglio ha affidato l'esame della circolare alla commissione che si occupa delle tabelle organizzative degli uffici, affinché l'orientamento del procuratore Maddalena possa essere valutato in tutte le sue implicazioni nel quadro generale dell'ordinamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Brigandì ha facoltà di replicare.
MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, sono totalmente insoddisfatto della risposta, per un motivo estremamente semplice: la risposta non vi è stata. A parte l'incipit che ci accomuna, per il resto non ci accomuna nulla. Di fronte alle mie affermazioni il Governo ha dimostrato che è «andato a scuola». Ci ha spiegato alcune norme di procedura penale, ma null'altro.
A nulla vale dire che è un problema di carattere costituzionale. Vi è un problema di carattere costituzionale se, effettivamente, il Governo ritiene che la magistratura debba essere relegata al ruolo di potere (e, quindi, derivando il potere dal popolo, la magistratura sarebbe sottoposta al vaglio del popolo stesso), ma se non si ritiene che sia così - e non mi pare di aver ascoltato, dalle parole del sottosegretario, che questa sia l'opinione del Governo - dobbiamo pensare che il Governo stesso ritenga che l'assetto costituzionale del 1948 sia corretto. Se così è, significa che la magistratura è un ordine giudiziario, non un potere. Non io, che sono notoriamente un «ribelle», ma le camere penali, ossia istituzioni abbastanza assennate, sono insorte, perché questo tipo di ordinamento finalmente viene allo scoperto. Esso è inscritto in una logica - che ho spiegato - che viene allo scoperto quando si afferma, sostanzialmente, che il potere di giurisdizione non spetta più in maniera autonoma alla Camera ed, in maniera vincolante, ai magistrati. I magistrati hanno ormai un potere di giurisdizione che non è vincolato.
Lei, signor sottosegretario ha detto che non possono del tutto prescindere dall'obbligo dell'esercizio dell'azione penale. Signor sottosegretario, la Costituzione è chiara: non dice del tutto, in parte, o per tre quarti. Uno dei cardini per cui la giurisdizione non è sottoposta al popolo è dato da una serie di principi. Uno di questi principi, forse quello più importante, è l'obbligatorietà dell'azione penale, che non può essere sottoposta, in tutto o in parte, al vaglio del magistrato.
O la magistratura si atteggia a potere - e questo, mi sembra di capire, lo dobbiamo escludere - o non si atteggia a potere. Se lo fa, dobbiamo rilevare che il Governo ha il potere-dovere di far sì che la magistratura si allontani dalla politica. I magistrati sono indipendenti non solo perché i politici non devono interferire nella loro attività, ma anche per il contrario: la magistratura dunque non deve interferire nell'attività della politica. Rispetto ad una situazione di politica interna il magistrato deve essere indipendente e deve percorrere la sua carriera, arrivando ai posti di dirigenza, perché rende efficiente il servizio della giustizia ed è bravo, e non perché è iscritto a Magistratura democratica o a qualsiasi altra corrente che si spartisce i posti. Questo è il punto.
Il Governo non si può mettere le fette di salame davanti agli occhi e dire di non aver visto. Non può venire qui ed elencare tutta una serie di norme che tutti abbiamo studiato (io un po' meno bene) ai primi anni di giurisprudenza.
Si tratta di un problema politico, e di questo stiamo parlando. Questa è la Camera dei deputati, dove si parla di politica e per questo ponevo una precisa domanda al Governo: ritiene che la magistratura sia politicizzata o no? Questo è l'argomentoPag. 46principe, la punta dell'iceberg. Se ritiene di sì, quali provvedimenti ritiene di adottare, anche d'urgenza?
Signor sottosegretario, le ricordo che da pochissimo tempo avete elaborato un progetto di riforma dell'ordinamento giudiziario - che non ho ancora avuto la fortuna di vedere perché lo avete consegnato alla stampa prima di presentarlo alla Camera - perché, ovviamente, l'odiato ministro Castelli doveva essere «riformato».
Al vostro interno vi siete posti questo problema? Evidentemente no. Il risultato è quello riferito dal suo ministro durante la relazione per l'inaugurazione dell'anno giudiziario, ovvero che su cinque persone che entrano nelle aule di giustizia, quattro escono scontente.
(Iniziative per la modifica della disciplina di tutela dei diritti degli acquirenti degli immobili da costruire - n. 2-00449)
PRESIDENTE. L'onorevole Duilio ha facoltà di illustrare l'interpellanza Rusconi n. 2-00449, (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmatario.
LINO DUILIO. Signor Presidente, vorrei riepilogare brevemente la questione che intendo sottoporre al Governo, che ritengo molto grave e che riguarda la situazione in cui si sono trovate decine di migliaia di famiglie in Italia. Tali famiglie, interessate a costruirsi una casa, si sono ritrovate senza soldi e senza casa.
Il Parlamento, nella precedente legislatura, ha approvato quasi all'unanimità (mi pare con una sola astensione) una legge che poneva rimedio a questa situazione, giungendo peraltro ultimo in Europa perché gli altri paesi, come la Francia, la Spagna e la Germania, avevano provveduto con abbondante anticipo.
Si tratta di una legge di delega, approvata nel 2004, cui sono seguiti un decreto legislativo di attuazione nel 2005 ed infine, nel 2006, un decreto ministeriale che ha disciplinato le modalità di presentazione delle domande di rimborso per accedere al fondo appositamente istituito per coloro che negli anni passati sono stati danneggiati.
Qual è il quadro attuale? Come si dice in gergo popolare: «fatta la legge, trovato l'inganno». La legge esiste, ma di fatto è sostanzialmente inapplicata in tutti i suoi aspetti qualificanti, come ad esempio quello che riguarda l'alimentazione del fondo di solidarietà. La legge prevede una polizza fideiussoria obbligatoria per le nuove costruzioni da cui attingere per alimentare il fondo di solidarietà per i casi già registrati.
Sia pure in una situazione di scarsa, per non dire inesistente, informazione a proposito dell'esistenza della suddetta legge, alla fine del 2006 erano state presentate quasi 11 mila domande, per un importo da ristorare pari complessivamente a 800 milioni di euro circa. Il fondo si è alimentato grazie alla percentuale che agisce sulle polizze fideiussorie in misura pari a circa tre milioni di euro, una cifra, quindi, sideralmente lontana dall'importo citato, tenendo conto, peraltro, che esso è anche sottostimato, dato che, proprio a causa della scarsa informazione, non tutti hanno presentato le domande (tanto è vero che, recentemente, abbiamo differito il termine di presentazione delle stesse al 31 dicembre 2007).
Un altro elemento che dà conto della disapplicazione della legge è dato dal fatto che ci risulta che i costruttori esercitano una moral suasion, una vera e propria vessazione, facendo presente al cittadino che, se si desidera la polizza fideiussoria, la casa costerà di più. La conseguenza è che il cittadino, per risparmiare qualcosa, non stipula la suddetta polizza, determinando così una situazione di scarsa applicazione della legge, anche perché il sistema sanzionatorio, frutto di mediazione immagino comprensibile, non prevede la nullità del contratto ex abrupto, automaticamente, ma solamente su istanza di parte.
La legge, inoltre, prevede una polizza assicurativa, cosiddetta polizza postuma decennale, per i gravi difetti di costruzione,Pag. 47che viene stipulata con caratteristiche tali da non coprire effettivamente i rischi che i gravi difetti possono determinare ed i conseguenti danni. Altra previsione è il diritto di prelazione riconosciuto a quei cittadini che hanno «tirato fuori» i soldi per l'acquisto della casa e già abitano nella stessa, ma che, non avendo stipulato il rogito e svolgendosi l'asta per quella casa, correvano il rischio di partecipare al rialzo del prezzo. La casa, così, viene assegnata al cittadino che la abita e che ha già pagato. Il giudice delegato e i curatori fallimentari non tengono conto di tale previsione e non applicano il suddetto principio.
La Consap doveva dedicarsi all'informazione, che è stata davvero scadente. Essa, però, non vi ha provveduto, anche perché l'atto di concessione, previsto dalla legge nel 2006, non era ancora reso operativo da parte del Ministero dell'economia.
Si tratta quindi di un'inadempienza clamorosa. Proprio perché siamo in un paese che viene definito quale paese del diritto, una volta approvata una legge, bisogna preoccuparsi di farla applicare.
Con la nostra interpellanza urgente, chiediamo al Governo cosa intenda fare per garantire l'applicazione della suddetta legge, attivando il canale dell'informazione. Nel nostro paese, ormai, va in onda «vallettopoli», invece delle informazioni che riguardano la vita dei cittadini. Invito i rappresentanti del Governo ad andare a parlare con i cittadini (mi riferisco a decine di migliaia di persone) che, dopo una vita di sacrifici, hanno visto andare in fumo tutti i loro risparmi, hanno perso tutti i soldi e sono rimasti senza casa e non sanno più a che santo votarsi.
In secondo luogo, vogliamo sapere cosa il Governo intenda fare per quanto riguarda il comitato di gestione del fondo di solidarietà.
In terzo luogo, chiediamo se si intenda prevedere, integrando la norma, un sistema sanzionatorio più efficace per quelli che fanno i furbi - tanto per essere chiari - e cioè cercano di evitare che la legge venga applicata.
In quarto luogo, vogliamo sapere se non si ritenga opportuno prevedere delle polizze fideiussorie standard e delle polizze assicurative postume decennali (come si chiamano), standard anch'esse. Questo perché anche al riguardo vi è una grandissima confusione, in cui speculano evidentemente un po' tutti, anche le compagnie di assicurazione.
Vorrei capire qual è l'orientamento del Governo. Lo chiedo al sottosegretario per l'economia, che credo risponderà alla mia interpellanza, ma ovviamente, in attesa di conoscere il contenuto della risposta, che spero sia soddisfacente, lo chiedo anche al ministro della giustizia, il cui ministero è quello più direttamente interessato a questa legge, e lo chiedo anche, evidentemente, al Governo nella sua collegialità.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Massimo Tononi, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Fornisco innanzitutto un aggiornamento in merito agli ordini di grandezza delle variabili economiche citate dall'onorevole Duilio. La CONSAP ci ha infatti informato che dalla data di entrata in vigore del richiamato decreto legislativo n. 122 del 20 giugno 2005 fino al 15 marzo 2007 sono pervenute alla CONSAP stessa 10.929 richieste di risarcimento, per un ammontare complessivo di 811 milioni di euro.
Va detto peraltro che i risarcimenti in questione, quantificati in base alle richieste degli interessati, potrebbero subire ridimensionamenti a seguito del completamento della fase istruttoria.
Per quanto riguarda invece i contributi finora affluiti al Fondo di solidarietà, essi ammontano a circa 4,3 milioni di euro.
Si tratta quindi di una cifra non molto distante rispetto a quella che ha menzionato l'onorevole Duilio. Va precisato in proposito, come testè richiamato peraltro, che il punto di criticità è rappresentato dalla circostanza che l'unico strumento sanzionatorio previsto dalla legge si identifica nella annullabilità del contratto suPag. 48richiesta dell'acquirente, ai sensi dell'articolo 2 del citato decreto legislativo.
Per quanto riguarda la campagna informativa, l'avvio della campagna stessa è subordinato, in base a quanto stabilito dall'articolo 3 dell'atto di concessione, alla nomina del comitato previsto dall'articolo 10 del decreto ministeriale del 2 febbraio 2006, recante «Istituzione del Fondo di solidarietà per gli acquirenti dei beni immobili da costruire».
I componenti del comitato sono in corso di nomina proprio in questi giorni e pertanto potranno tra breve esprimere indirizzi anche sulla campagna pubblicitaria, una volta completato l'iter di nomina.
Sul primo quesito dell'interpellante, relativo alla tutela dei diritti degli acquirenti di immobili, il Ministero della giustizia ci ha informato di aver posto allo studio ed elaborato alcune proposte emendative al decreto legislativo n. 122 del 2005 che richiedono tuttavia una specificativa iniziativa legislativa.
Per quanto concerne la presentazione delle domande, il citato decreto ministeriale reca disposizioni relative alle modalità, anche telematiche, di presentazione delle domande, al contenuto della documentazione da allegare, nonché in merito allo svolgimento della attività istruttoria per l'accesso al fondo di solidarietà.
Il sito Internet del Ministero della giustizia ha dato ampio risalto a tutte le notizie riguardanti le novità normative in materia di tutela degli acquirenti degli immobili da costruire, anche attraverso apposite pagine informative sui requisiti e sulle modalità di accesso al fondo di solidarietà.
PRESIDENTE. L'onorevole Duilio, ha facoltà di replicare.
LINO DUILIO. Signor Presidente, so che il rito prevede che ci si dichiari soddisfatti o insoddisfatti.
Non so cosa dire: dico che mi ritengo totalmente insoddisfatto, se così si può dire. Vorrei anzi, se fosse possibile, ulteriormente accentuare la mia insoddisfazione.
Stiamo parlando di una questione che certamente non è addebitabile al sottosegretario. Essa però attiene ad un tema che ha rispecchiato una volontà unanime del Parlamento, perché si tratta di una legge che è stata approvata da tutto il Parlamento (bipartizan, come si suol dire). Constato anch'io la situazione - ma mi pare di capire da quello che ho sentito dire - si constata anche dall'altra parte, se non altro per il banale raffronto fra le cifre che sono affluite al fondo e le cifre (per quanto evidentemente da verificare) relative al totale delle domande di risarcimento.
Si tratta di domande peraltro anche numericamente scarse, come dicevo. Stiamo perciò constatando che si tratta di una legge inapplicata.
Mi dichiaro pertanto insoddisfatto, senza ottemperare al rito per il quale se si è all'opposizione ci si dichiara insoddisfatti mentre viceversa, se si fa parte della maggioranza, ci si dichiara soddisfatti o, come si dice eufemisticamente, parzialmente soddisfatti.
Io mi dichiaro insoddisfatto, perché vorrei che, come dire, ci sintonizzassimo sulla effettiva realtà dei cittadini che in qualche modo devono essere tutelati da questa legge.
In questo senso mi dichiaro oggettivamente insoddisfatto. Innanzitutto constato che la costituzione (con la relativa indicazione dei componenti) del comitato di gestione, che, apprendo ora, sarebbe imminente, è successiva al termine di scadenza previsto per la presentazione delle domande al fondo di solidarietà. Voglio dire che se il Parlamento non avesse provveduto recentemente a differire tale termine al 31 dicembre 2007, ci saremmo trovati nella situazione per cui il comitato di gestione, la cui funzione, com'è stato detto, è anche quella di garantire una migliore «pubblicizzazione» della legge, sarebbe stato costituito successivamente alla scadenza del termine. Questa è la mia prima considerazione, seppur banale.
La seconda considerazione riguarda il suo accenno ad Internet, che so bene essere uno strumento importantissimo perPag. 49il futuro; mi permetto, però, di ricordare che tale strumento oggi si affianca, ma non sostituisce ancora, la forma di comunicazione più tradizionale affidata alla stampa, alla televisione, alla radio e via dicendo. Poiché abbiamo differito il termine, voglio sperare che, oltre a confidare nel fatto che i cittadini utilizzino Internet - dal momento che, nonostante alcuni ricorrano a tale strumento molti altri, come lei, sottosegretario già saprà, non lo fanno -, si attivino anche i canali più tradizionali per garantire una corretta informazione ai cittadini. So che, come dicevano i latini ignorantia legis non excusat, ma cerchiamo di metterci nei panni di cittadini che si trovano in questa situazione drammatica a causa di un vuoto legislativo di cinquant'anni. Infatti, mentre in tutti gli altri paesi europei la legge già esisteva, da noi non era stata ancora introdotta.
In prospettiva futura, a proposito della necessità di sanare la questione normativa relativa a quei cittadini danneggiati che non rientrano nei benefici della legge, ritengo che occorra predisporre un'apposita iniziativa legislativa, come è stato detto opportunamente dal sottosegretario. Ci adopereremo perché ciò avvenga al più presto e confidiamo nel fatto che il Governo concorderà sull'opportunità di estendere l'applicazione della norma anche a quella categoria di cittadini oggi esclusa. In conclusione, accantonando la questione del passato, poiché il problema di fondo è rappresentato dalla mancata applicazione di una legge dello Stato, sia perché scarsamente conosciuta, sia perché, anche qualora se ne abbia conoscenza, si fa di tutto per impedirne l'applicazione, anche con comportamenti vessatori, voglio sperare che si faccia qualcosa di più rispetto a quanto è stato fatto finora - molto poco - affinché questo problema possa essere risolto.
Confermo, ovviamente, tutta la mia stima al sottosegretario Tononi, che non ha alcuna responsabilità in proposito, e, conoscendone la sensibilità, confido nel fatto che informi il Governo dell'esistenza di questo problema che, paradossalmente, nonostante l'esistenza di una legge in materia, rischia di ridurre sul lastrico decine di migliaia di persone.
(Intendimenti del Governo in relazione alla chiusura del reparto dell'ospedale di Baghdad finanziato dall'Italia - n. 2-00453)
PRESIDENTE. L'onorevole Germontani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00453 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, l'interpellanza, presentata da me e da altri colleghi, riguarda una questione di interesse internazionale e di forte interesse sociale. Infatti, a seguito della conclusione della missione italiana in Iraq, l'attuale Governo Prodi non ha provveduto a rifinanziare il Medical city hospital della capitale Baghdad, privando molti malati della necessaria assistenza medica e centinaia di persone - mi riferisco al personale medico e paramedico e a coloro che beneficiano dell'indotto - dei posti di lavoro.
Qual era l'antefatto? Nel marzo del 2003, nel quadro della lotta internazionale al terrorismo, una coalizione guidata dagli Stati Uniti ha intrapreso l'operazione Iraqi freedom. Dopo il rovesciamento del regime di Saddam Hussein, in Iraq si è aperta una difficilissima fase post conflitto, che si poneva come obiettivo la creazione delle condizioni indispensabili per lo sviluppo politico, sociale ed economico di quel paese. In un incontro che si è svolto a Londra il 15 aprile 2003 e in successive riunioni, i ministri della difesa dei paesi partecipanti alla forza di stabilizzazione internazionale da inviare in Iraq ne hanno definito i compiti e, il 22 maggio 2003, il Consiglio di sicurezza dell'ONU ha approvato la risoluzione n. 1483. Essa fa appello agli Stati membri affinché assistano il popolo iracheno nello sforzo per riformare le istituzioni, ricostruire il paese e si contribuisca a creare condizioni di stabilità e di sicurezza.Pag. 50
La conclusione della prima fase del conflitto iracheno aveva comportato una reale e completa disintegrazione del sistema sanitario locale. Per tale motivo il Governo di allora, presieduto dall'onorevole Berlusconi, ha deciso di concedere un finanziamento alla Croce rossa italiana, finalizzato a fronteggiare l'emergenza sanitaria e a ridurre la mortalità prodotta dal conflitto.
L'ospedale ha operato dall'aprile al settembre 2003, curando complessivamente quasi 40 mila pazienti; contemporaneamente alla cessazione dell'attività sanitaria di quella struttura, la stessa è proseguita, a seguito degli accordi sottoscritti con il ministro degli esteri iracheno e grazie al finanziamento reso disponibile dal Ministero degli affari esteri italiano, all'epoca guidato dall'onorevole Gianfranco Fini, presso alcuni reparti del Medical city hospital di Baghdad, che sono stati bonificati e ristrutturati a cura del contingente italiano.
Da relazioni della Croce rossa risulta quanto sia stato fatto, quanti vantaggi siano derivati dall'impegno di tale organizzazione, ad esempio, la cura di un grande numero di ustionati. La Croce rossa sottolineava, infatti, la carenza di strutture specialistiche, dopo che l'unico centro grandi ustioni a Baghdad era andato distrutto; inoltre, gli ospedali locali nella priorità di trattamento, considerata la situazione di crisi in cui versavano, indirizzavano le loro risorse ad altri settori specialistici e si limitavano per i pazienti ustionati ad un primo soccorso. Grandi erano insomma stati i vantaggi per la popolazione di Baghdad, derivanti dalla presenza del reparto grandi ustioni presso l'ospedale della capitale irachena.
L'attuale Governo non ha disposto nuovamente il finanziamento di tale struttura, nonostante il Presidente del Consiglio e il ministro degli affari esteri, Massimo D'Alema, abbiano dichiarato ripetutamente che le missioni civili debbono essere aumentate e rafforzate rispetto a quelle militari. Nonostante queste importanti e condivisibili affermazioni, nulla è stato fatto, per poter continuare a garantire i servizi del reparto italiano del Medical city hospital di Baghdad.
Il senso della nostra interpellanza è rivolto a sapere quali siano gli intendimenti del Governo, rispetto alla grave situazione che si è creata dopo la chiusura del reparto finanziato dall'Italia e se si ritenga opportuno ed urgente destinare un nuovo finanziamento alla struttura, per mantenere gli impegni assunti dal nostro paese a favore delle popolazioni civili irachene.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Gianni Vernetti, ha facoltà di rispondere.
GIANNI VERNETTI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la presenza della Croce Rossa italiana a Baghdad ha visto, finora, sostanzialmente due fasi.
Infatti, dal maggio del 2003 all'ottobre dello stesso anno (quindi, circa sei mesi) è stato attivato - con un contributo sul canale d'emergenza della cooperazione italiana - un ospedale da campo, ubicato nelle vicinanze dell'ospedale Al Wasati in Baghdad. Cinque mesi dopo l'avvio dell'intervento, a seguito di accordi presi con le controparti locali, le attrezzature medico-sanitarie sono state completamente trasferite presso l'adiacente struttura ospedaliera irachena.
Dall'ottobre del 2003 fino all'agosto del 2005, la Croce Rossa italiana è stata attiva presso la struttura del Medical city (l'ospedale ampiamente ricordato dall'interpellante), sempre a Baghdad, con personale italiano incaricato di aiutare il personale sanitario iracheno a sviluppare e perfezionare una capacità autonoma, soprattutto nel settore della cura delle ustioni.
Risultati concreti verso tale obiettivo si sono già avuti nella primavera del 2005. Di conseguenza, a partire dall'agosto 2005 non ha più operato a Baghdad nessuna unità di personale italiano della Croce Rossa italiana. I fondi successivamentePag. 51erogati in virtù della convenzione tra Ministero degli affari esteri italiano e la Croce Rossa sono serviti, quindi, a migliorare le strutture dell'ospedale ed a consentire alla CRI di svolgere attività di assistenza a distanza.
Come da intese con le autorità irachene, la struttura sita nel Medical city è passata sotto la totale responsabilità del Ministero della sanità iracheno a partire dal 1o gennaio del 2007.
Vorrei precisare, quindi, che non vi è stata nessuna forma di abbandono unilaterale, e neanche una chiusura istantanea e immediata di strutture sanitarie, ma un naturale, previsto, programmato e progettato passaggio di responsabilità, nella gestione del reparto inizialmente istituito ed organizzato dalla Croce Rossa italiana, alle autorità irachene.
Devo dire che simili episodi si verificano anche in teatri nei quali è confermata la nostra presenza militare: penso all'Afghanistan, al Kosovo ed alla Macedonia, nelle quali talvolta un intervento si prefigge l'obiettivo di restituire, poi, la piena titolarità delle strutture alle autorità locali, sia sanitarie, sia di altro genere.
Peraltro, ritengo che ciò sia in coerenza con l'obiettivo che, fin dall'inizio, aveva ispirato l'azione della Croce rossa italiana, vale a dire favorire uno sviluppo ed una capacità autonoma di gestione di tale reparto da parte irachena.
D'altronde, nel caso iracheno, il Governo italiano ha scelto, coerentemente con gli obiettivi ed i programmi dell'Esecutivo in carica, di concludere la missione. Anche per quanto concerne il caso dell'Afghanistan, che seguiamo ed in cui abbiamo ancora oggi una presenza militare e civile molto significativa, abbiamo l'obiettivo di restituire, progressivamente, strutture sanitarie, nonché capacità di formazione e militari autonome alla realtà di quel paese.
Infatti, naturalmente, non possiamo sostituirci ai soggetti locali per decenni, ed abbiamo un programma di riduzione progressiva del nostro impegno, proprio al fine di restituire quella che, in inglese, si chiama la ownership. Mi riferisco, onorevole Germontani, alla restituzione della proprietà e della titolarità delle strutture a quel paese, il quale ha vissuto un conflitto o, come da lei ricordato, una crisi post conflitto.
Non a caso, nella legge di conversione del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, sulla proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali, è prevista una allocazione di 1 milione e 350 mila euro per la cooperazione con l'Iraq nel settore sanitario.
Noi prevediamo di destinare ancora risorse finanziarie. Infatti, abbiamo scelto di concludere l'impegno militare, ma non quello civile; anzi, per alcuni versi, in alcuni settori abbiamo addirittura rafforzato la cooperazione civile con quel paese, che vive ancora oggi una situazione così difficile. A tale riguardo, onorevole Germontani, le voglio comunicare qualche dato.
Seicentomila euro saranno utilizzati per la fornitura di attrezzature per le strutture sanitarie della provincia di Dhi Qar (che, come ricordate, era l'area nella quale, per alcuni anni, abbiamo avuto la titolarità di una presenza non solo militare, ma anche politica e civile), ad integrazione di quelle già effettuate a valere dei fondi sul decreto 2006 per l'ospedale di Nassiriya (capoluogo, per l'appunto, della provincia di Dhi Qar).
Cinquecentomila euro serviranno per fornire cure e attrezzature e formare il personale iracheno per la cura della talassemia e per interventi di cardiochirurgia infantile nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, quindi la regione a nord di Herbil e Suleymania.
I restanti 250 mila euro finanzieranno il seguito del progetto «Sorrisi in Iraq» per proseguire l'attività di sostegno ai bambini iracheni, con gravi esiti di ustioni e deformità del volto quali ad esempio labiopalatoschisi (labbro leporino), interventi rivolti quindi a quel tipo di malattie.
Vorrei segnalare, infine, che, proprio nello spirito di una prosecuzione della collaborazione nel settore sanitario, nelPag. 52dicembre 2006 rappresentanti della Croce rossa italiana si sono recati in missione a Baghdad per discutere con le competenti autorità irachene possibili forme di ulteriore assistenza che sono attualmente allo studio.
Quindi, io credo che il nostro impegno su questi settori sia destinato ancora a continuare, anche con una discreta dotazione finanziaria.
PRESIDENTE. L'onorevole Germontani ha facoltà di replicare.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, vorrei ringraziare il sottosegretario della risposta e sottolineare quale sia stata l'origine della nostra interpellanza. Quando in aula abbiamo discusso del rifinanziamento delle missioni militari, io avevo presentato un ordine del giorno, non accolto dal Governo in quella sede, che l'attuale interpellanza riproduce, anche se irrobustita da alcuni dati.
E allora, ci siamo chiesti come mai, davanti agli impegni che il Governo ha assunto nei confronti di queste popolazioni, una missione di carattere umanitario come questa non dovesse essere prevista e finanziata.
Quindi, ringrazio il sottosegretario delle delucidazioni, soprattutto perché volevamo delle rassicurazioni affinché si potesse attingere ai fondi stanziati dalla legge finanziaria per la cooperazione allo sviluppo. Fa piacere, infatti, avere una risposta esauriente in merito, anche se, ovviamente, avremmo voluto che quel finanziamento, che tanto aveva consentito di fare per quelle popolazioni in un momento così difficile, potesse essere confermato anche in questa fase, visto e considerato che purtroppo la fase post bellica non si è ancora esaurita e che forse quel personale medico e paramedico ha ancora bisogno di essere assistito ed affiancato dal nostro personale con un impegno finanziario più consistente di quello che lei, comunque cortesemente, signor sottosegretario, ci ha riferito.
(Gestione del servizio idrico integrato dell'ambito territoriale ottimale di Caltanissetta - n. 2-00456)
PRESIDENTE. L'onorevole Misuraca ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00456 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
FILIPPO MISURACA. Signor Presidente, intendo illustrare l'interpellanza in esame per diversi motivi. Intanto, per ricollegarmi al rappresentante del Governo, ricordo che questa mia interpellanza, sottoscritta da moltissimi colleghi, in modo particolare da molti siciliani, è successiva ad da un'interrogazione che avevo presentato il 2 agosto 2006.
Era piena estate quando, in un incontro tra me, il rappresentante dell'ATO idrico, il presidente dell'ATO idrico CL6 di Caltanissetta, a seguito della gara espletata per l'assegnazione al gestore privato della gestione e della distribuzione delle acque a Caltanissetta e nella sua provincia, così come previsto per legge, sollevai dei dubbi sulla gara, e non tanto su chi la presiedeva, l'allora procuratore Vigna, quanto sull'espletamento che sulla fase successiva, allorquando, dopo l'espletamento della gara stessa, venne presentato un ricorso da parte della seconda ditta esclusa, la società IBI.
Dal 28 dicembre 2005, giorno di espletamento della gara, siamo arrivati al giugno 2006 perché c'era stato un ricorso al TAR. Francamente, allorquando ho letto i giornali, io come rappresentante del popolo e molti cittadini della provincia di Caltanissetta ci siamo allarmati a causa di una dichiarazione fatta dal presidente dell'ATO idrico, il quale annunciava che le due ditte avevano trovato un'intesa. Infatti, la seconda ditta, che era stata esclusa, dichiarava di ritirare il ricorso perché aveva trovato un'intesa con la società Aqualia, una società o un raggruppamento di imprese avente come capofila la società Aqualia, una nota società spagnola nella distribuzione delle acque. Francamente, è molto anomalo questo procedimento perché - lo dicevamo nella interrogazionePag. 53del 2 agosto - ciò è vietato per legge e anche dalle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE, che vietano qualsiasi modificazione alla composizione dei raggruppamenti temporanei e dei consorzi ordinari dei concorrenti rispetto a quella risultata dall'impegno presentato in sede di offerta.
Evidentemente, ciò ha creato un po' di sbandamento in tutti i cittadini che hanno a cuore il rispetto della legalità, ed io, come rappresentante istituzionale di quel territorio, signor sottosegretario, mi sono permesso di presentare questa interpellanza, chiedendo e sperando che il Governo rispondesse; ma dal 2 agosto 2006 siamo arrivati ad oggi e nessuna risposta è pervenuta; dopodiché ci sono stati eventi nuovi. Tali nuovi eventi hanno indotto me ed altri colleghi a presentare un'interpellanza urgente a seguito di quella anomalia, alla quale non è stata data risposta. Ricordo, tra l'altro, che stiamo parlando di una gara con una base d'asta di 130 milioni di euro e di un contratto trentennale, così come previsto per legge, per la distribuzione dell'acqua in provincia di Caltanissetta.
A seguito di quella mancata risposta, ci sono stati fatti nuovi: si è insediato il nuovo gestore, la società Acque di Caltanissetta, senza dare assolutamente alcuna spiegazione alla popolazione e ai rappresentanti istituzionali.
Abbiamo chiesto quali fossero il piano industriale, le modalità delle assunzioni, le procedure, anche ai fini dell'efficacia e dell'efficienza del servizio, per capire quali fossero i costi che sarebbero gravati e che graveranno sui cittadini della provincia di Caltanissetta per la distribuzione. Devo dire che non fu solo una mia richiesta, ma presero posizione anche le organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL, che bene fecero a chiedere le stesse cose che avevo già chiesto io. I rappresentanti sindacali hanno avuto più fortuna di me, si sono incontrati con il rappresentante del gestore privato della società Acque di Caltanissetta; io, pur avendolo chiesto ripetutamente sulla stampa e anche per iscritto, ancora attendo, come la cittadinanza, delle risposte a quei quesiti a cui facevo riferimento poco fa.
Ora, però accade qualche cosa di più rilevante. In provincia di Caltanissetta si procede al rinnovo di ben dodici consigli comunali (la provincia di Caltanissetta è composta di ventidue comuni e tutti i rappresentanti dei comuni fanno parte dell'assemblea dell'ATO idrico e anche del consiglio di amministrazione). Proprio in questi giorni si sono moltiplicate - c'è la fila presso le segreterie politiche dei partiti - le assunzioni o le richieste di assunzione da canalizzare presso la società Acque di Caltanissetta. Adesso, a difesa della legalità a cui facevo riferimento - mi auguro che abbia qualche risposta sulla gara -, ripropongo questa interpellanza a difesa dei tanti giovani che non sanno, in una provincia molto disastrata per quanto riguarda l'occupazione, come saranno effettuate le 196 assunzioni (così si legge dalla stampa), e quali saranno i criteri e le professionalità da utilizzare.
Mi si risponderà, forse, che, essendo una società privata, non si può interferire. Questo è il motivo per il quale abbiamo presentato un'interpellanza urgente rivolta, per un verso, al Ministero dell'interno a garanzia della legalità e, per altro verso, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, considerato che al comitato presso quest'ultimo Ministero spetta il controllo sulla gestione delle acque e quindi sugli ATO in Italia. Vorremmo capire se effettivamente questi controlli siano stati effettuati.
Forse, oggi il sottosegretario mi risponderà limitatamente all'aspetto tecnico. Tuttavia, vorrei evidenziare che in questa vicenda vi sono molti profili preoccupanti per quanto riguarda la legalità. Uso spesso questo termine perché il tema della privatizzazione delle acque è estremamente importante: se ne parla quotidianamente e si attende qualche nuova riforma annunciata anche dal ministro Lanzillotta. Tuttavia, il tema non è questo.
In Sicilia, sotto una prospettiva a macchia di leopardo, la legalità viene interpretata secondo le amministrazioni. VorreiPag. 54citare il caso della provincia di Ragusa. Il presidente dell'attuale Commissione antimafia, della quale anch'io faccio parte, l'onorevole Forgione, afferma che bisogna bloccare la gara per la privatizzazione in provincia di Ragusa, perché vi sono rischi di infiltrazioni mafiose. Effettivamente, la capo fila delle società di cui parla l'onorevole Forgione è la stessa che si è aggiudicata l'appalto in provincia di Caltanissetta. Non riesco a capire perché si usano due pesi e due misure. Non sto dicendo che ci sono rischi di infiltrazione mafiosa in provincia di Caltanissetta, ma certamente, se non vengono chiariti i dubbi in ordine alle procedure eseguite nell'ambito della gara, nel tempo essi si accentueranno per le mancate risposte. Non basta mettere un paravento e dire che, nel corso della gara, l'apertura delle buste è stata presieduta dall'ex procuratore antimafia Pierluigi Vigna. Il problema è capire a monte come sia stato predisposto il bando di gara. Il problema è capire se il comitato cui facevo riferimento poco fa sia entrato o meno nel merito.
Signor sottosegretario, dispongo di una nota datata 30 novembre 2005 del Comitato per la vigilanza sulle risorse idriche firmata dall'allora presidente Ettore D'Elia, il quale chiede chiarimenti all'ATO idrico di Caltanissetta e ai servizi comunali associati, nonché al Ministero dell'ambiente - IV divisione - in ordine alle modalità di espletamento della gara.
A mio avviso, tutte queste questioni devono essere chiarite. Occorre, quindi, compiere accertamenti sulla legalità della gara. Siamo già in campagna elettorale: ieri in Sicilia sono scaduti i termini per la presentazione delle liste: da oggi - questo è quanto chiediamo con la nostra interpellanza - mi aspetto che venga quanto meno un segnale forte da parte del Governo. Chiediamo se non ritenga opportuno soprassedere a questa assunzioni, perché sono sospette. È ovvio che i controllori dell'ATO idrico, in vista della tornata elettorale, stanno controllando il socio privato.
Allora, volendo crescere nella legalità, nel rispetto della cultura e nella fiducia delle istituzioni, con la nostra interpellanza abbiamo posto tali questioni per capire se il Governo sia stato informato e per sapere le decisioni che ha assunto: siamo in attesa di ascoltarle.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signora Presidente, con l'interpellanza a sua prima firma l'onorevole Misuraca chiede chiarimenti relativamente all'affidamento della gestione del servizio idrico integrato in provincia di Caltanissetta e sollecita una maggiore trasparenza per quanto attiene al reclutamento del personale da parte del soggetto gestore.
Con la medesima interpellanza, gli onorevoli interpellanti fanno riferimento anche ad un precedente atto di sindacato ispettivo nel quale veniva posto in risalto l'allargamento della compagine sociale del gestore al raggruppamento di imprese IdroBioImpianti di Pozzuoli, il principale concorrente di Aqualia che era stato escluso dalla gara.
Nel premettere che le questioni anzidette, trattandosi di ambiti territoriali ottimali, rientrano tra le competenze specifiche della regione siciliana, sulla base di quanto riferito dal comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche, interpellato in merito, risulta che avverso il provvedimento di esclusione il predetto raggruppamento aveva presentato ricorso agli organi giurisdizionali, ottenendo dal consiglio di giustizia amministrativa l'accoglimento dell'istanza cautelare di sospensiva degli atti impugnati. Al fine di interrompere la lite, le parti si sono accordate nel senso di inserire i ricorrenti in Acque di Caltanissetta Spa per una quota pari al 9 per cento - non al 49 per cento, come sostenuto dagli interpellanti - del capitale azionario.
In ordine a tale questione, appare opportuno evidenziare che l'eventualità della variazione della compagine sociale del gestorePag. 55è prevista dall'articolo 22 della convenzione tra quest'ultimo e l'AATO. Il citato articolo 22 prevede che «Il gestore è tenuto a comunicare all'autorità ogni variazione della compagine sociale. Tale comunicazione deve avvenire entro 30 giorni, affinché l'Autorità possa acquisire aggiornate informazioni antimafia ai sensi dell'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252. Il mancato adempimento di tale obbligo è considerato grave inadempienza e motivo di risoluzione della convenzione ai sensi del successivo articolo 39, questo anche nel caso in cui la variazione abbia riflessi sulle capacità economico-finanziarie e tecniche del gestore».
A seguito delle note del 30 novembre 2006 e del 29 gennaio 2007, con le quali la società Acque di Caltanissetta comunicava due variazioni nella compagine sociale, l'AATO, in pendenza degli approfondimenti di propria competenza, ha chiesto un parere pro veritate ad esperti del settore. In relazione a tale questione, il comitato per la vigilanza sull'uso delle risorse idriche ha richiesto all'AATO competente di essere informato sulle determinazioni che assumerà sulla base di circostanziate valutazioni in merito alla salvaguardia dell'interesse degli utenti.
Per quanto attiene, invece, alla specifica questione del reclutamento del personale, si evidenzia che l'impresa affidataria ha presentato un modello gestionale che individua puntualmente la dotazione organica necessaria al corretto espletamento del servizio ed al raggiungimento degli obiettivi del piano d'ambito.
Il comitato ha anche richiesto all'AATO di essere informato in merito alla copertura della dotazione organica prevista, da attuarsi nel rispetto dell'articolo 173 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 36 della legge regionale n. 20 del 2003, nonché in merito alla idoneità dell'organico esistente al fine del rispetto dei requisiti del servizio.
L'ispettorato provinciale del lavoro di Caltanissetta ha anche comunicato che l'organico attuale della suddetta compagine societaria è costituito complessivamente da 93 unità, di cui 26 impiegati e 67 operai. Degli impiegati, 13 sono stati assunti a tempo determinato, 11 a tempo indeterminato e 2 quali apprendisti; degli operai, 43 sono stati assunti a tempo determinato e 24 a tempo indeterminato. Delle 93 unità componenti l'organico, 24 provengono da enti locali e ditte private che già operavano nel servizio idrico integrato, tutti in possesso dei requisiti per avere diritto al trasferimento presso la società di cui si parla, ai sensi dell'articolo 36 della legge regionale n. 20 del 2003.
L'assunzione a tempo determinato di parte del personale è giustificata dalla temporanea situazione di incertezza sul numero complessivo di personale proveniente dagli enti locali che darà la propria disponibilità ad essere trasferito presso la società Acque di Caltanissetta Spa per completare l'organico a tempo indeterminato.
Le procedure di assunzione si sono svolte tramite esame e selezione dei curricula pervenuti a seguito di avviso pubblicato sulla stampa, e successivo colloquio con i soggetti selezionati.
Per quanto poi riguarda le domande che l'onorevole poneva, un po' fuori testo, concernenti la privatizzazione e i pericoli di inquinamento, mi riservo personalmente, a nome del Ministero che rappresento, di approfondire e di riferire al più presto.
PRESIDENTE. L'onorevole Misuraca ha facoltà di replicare.
FILIPPO MISURACA. Grazie, signor Presidente. Signor sottosegretario desidero ringraziarla anzitutto per il modo ed il garbo dimostrato e, in particolare, per aver seguito la mia esposizione.
In effetti, ho svolto considerazioni ulteriori rispetto alle questioni sollevate nel testo dell'interpellanza urgente, cui lei ha saputo dare tempestiva risposta.
Qualche risultato è già stato conseguito: infatti, attraverso i dati da lei forniti, in particolare quelli relativi alle previste assunzioni (novantatre), finalmente chi ci segue adesso - ma soprattutto coloro chePag. 56(e molti sono i giovani) domani potranno averne notizia dalla stampa in provincia di Caltanissetta - conoscerà qual è la situazione reale.
Tutto ciò, infatti, si è saputo solo all'interno di alcune stanze, in assenza di ogni comunicato.
Per quanto riguarda poi le notizie di cui lei dispone dal territorio circa le assunzioni effettuate con esami e colloqui, pur non volendo fare polemica o pettegolezzi, mi sento di dover dire che quegli esami e quei colloqui sono stati effettuati solo per alcuni privilegiati, vale a dire per coloro i quali avevano saputo in tempo dello svolgimento di tale procedura e che avevano pertanto presentato la relativa domanda.
Per quanto riguarda poi le modalità con le quali sono stati effettuati gli esami, non sta assolutamente a me esprimere un giudizio.
Il problema però non è questo. Si tratta piuttosto di capire cosa stia facendo, in questo momento la politica.
Nell'interpellanza ho fatto riferimento al personale qualificato, cui faceva riferimento lei in precedenza, alle dipendenze del comune di Caltanissetta.
Proprio oggi si è chiusa una vertenza, in base alla quale gli operai preferiscono non essere trasferiti alle dipendenze della Acque di Caltanissetta S.p.a., perché privi di certezza relativamente al proprio futuro, chiamati a confrontarsi con una proprietà poco dialogante e costretti a passare solo ed esclusivamente attraverso le segreterie dei politici.
È notizia di oggi che tredici dipendenti del comune di Niscemi hanno risolto la loro vertenza rimanendo alle dipendenze del comune, senza transitare al settore idrico. Analoga situazione riguarda ugualmente i dipendenti del comune di Mazzarino e di altri comuni della provincia di Caltanissetta, per l'insufficiente conoscenza della situazione.
Lei sicuramente saprà, poiché è interessata alla questione, che l'Ente acquedotti siciliani è stato sciolto.
Sono rimasti però i dipendenti di tale Ente, che in questo momento ancora non conoscono la loro collocazione.
Attraverso la stampa, più volte abbiamo chiesto alla Acque di Caltanissetta S.p.a. di contattare tali dipendenti, per capire, dal momento che le professionalità non mancano, se potesse essere utile un loro impiego. Ciò, perché mentre noi stiamo discutendo, la città di Caltanissetta è interessata dal problema dell'inquinamento idrico.
Lei sa che in Sicilia esiste un sistema di distribuzione, dalle dighe fino ad arrivare alle città, gestito da Sicilia acque e, a Caltanissetta, da Acque di Caltanissetta S.p.a., la quale dispone indubbiamente del personale, assunto - come lei ricordava poco fa - mediante esami e valutazioni di curricula.
Ma perché non assumere coloro che effettivamente hanno delle capacità? Quindi, resta il dubbio che tali assunzioni siano state pilotate attraverso la politica.
Per quanto riguarda la prima parte, la ringrazio sulla trasparenza della gara. Sono certo che lei ci darà delle risposte e di ciò sono veramente contento, perché ho fiducia in lei. Però, le voglio fornire un dato che forse gli uffici non le hanno ancora comunicato. La società Ibi è stata esclusa per difetto di documentazione, ma non sappiamo quale fosse il contenuto economico dell'offerta presentata da tale società (avrebbe potuto anche trattarsi di un'offerta inferiore a quella dell'Acqualia).
Poiché stiamo parlando di denaro pubblico, ho bisogno di capire se quell'offerta era effettivamente inferiore a quella presentata da Acqualia. Quindi, persiste il dubbio di una scarsa trasparenza in questa vicenda. Non ci si può accontentare del fatto che la gara è stata presieduta dal procuratore Pierluigi Vigna.
Le chiedo, pertanto, di informarsi su chi ha predisposto la convenzione, che ho qui davanti, relativamente agli articoli 22 e 39, cui lei faceva riferimento. Si interroghi e faccia le sue ricerche: chi ha predisposto il bando di gara? Se riesce aPag. 57dare delle risposte, ritengo che avremmo reso un servizio a favore della legalità e della trasparenza.
Però, signora sottosegretario, mentre lei cercherà queste risposte, le preannuncio che, come componente della Commissione antimafia, chiederò al presidente che gli atti di questa gara vengano acquisiti.
(Modalità di erogazione delle prestazioni INPS a favore dei cittadini italiani residenti all'estero - n. 2-00468)
PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00468 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, oltre 40 parlamentari si sono rivolti al Governo con questa interpellanza urgente per rappresentare l'apprensione e la preoccupazione di 410 mila cittadini italiani anziani - sottolineo questo termine - che riscuotono all'estero, dove risiedono, le prestazioni corrisposte dall'INPS. Va da sé che spesso si tratta di pensioni di qualche centinaio di euro, che in alcuni paesi significano un'opportunità di sopravvivenza.
In questi ultimi giorni, infatti, i nostri concittadini pensionati residenti all'estero hanno ricevuto un'informativa da parte degli istituti bancari, che finora avevano erogato le prestazioni, con la quale si comunica che dal mese di maggio 2007 il pagamento delle pensioni sarà effettuato da un altro istituto bancario.
In effetti, a partire dal prossimo mese di maggio, il pagamento delle prestazioni è stato appaltato all'Istituto centrale delle banche popolari italiane. Si tratta di una decisione che in effetti cambia poco la questione sotto il profilo sostanziale, ma che modifica, secondo quanto abbiamo potuto verificare, il quadro organizzativo e procedurale.
Un aspetto che sicuramente ha innescato le preoccupazioni è individuabile nelle modalità di pagamento. I pensionati che finora hanno riscosso la pensione presso uno sportello bancario sono infatti confrontati con il cambiamento dell'istituto bancario e la rimessa dell'assegno mensile sarà effettuata soltanto dopo la compilazione del modulo di riscossione della pensione.
In realtà, non è così semplice come sembra, perché stiamo parlando di estensioni geografiche enormi e si deve aggiungere che non tutti gli aventi diritto alla prestazione hanno dimestichezza con la comprensione del modulo, che è redatto in lingua italiana ed inglese, che è stato ad essi inviato.
Si potrebbe ovviare a tale problema, come afferma l'INPS, aprendo un conto corrente, ma sono ben note le vicende dei depositi bancari - che non possono sfuggire perché si tratta di fatti recenti - in vari paesi, in particolare nell'America Latina, in cui vivono comunità italiane molto consistenti.
Con questa interpellanza urgente desideriamo rimarcare la tardiva informazione diramata dall'INPS e dall'istituto bancario, ma anche la carente valutazione dei problemi che si aprono con le modifiche introdotte.
Eppure l'INPS aveva gli strumenti e le cognizioni per valutare quanto si sarebbe profilato, derivanti dalle recenti campagne degli accertamenti reddituali che sono andate in porto all'estero soltanto grazie ad uno smisurato impegno, perché così bisogna definirlo, dei patronati e dei consolati. La campagna RED ha evidenziato con chiarezza a quali difficoltà vanno incontro i nostri cittadini residenti in paesi che, come detto, hanno estensioni pari a decine di volte l'Italia. Tutto ciò ha significato telefonate estenuanti, con centralini intasati, e lunghissimi viaggi.
Non posso esimermi anche dal sottolineare alcuni aspetti riprovevoli sotto il profilo del rispetto dei cittadini aventi diritto alle prestazioni ovunque essi risiedano, ma anche sotto il profilo dell'efficienza e dell'immagine complessiva del nostro Paese. L'INPS, infatti, tenta di scaricare tutte le responsabilità sulla banca che ha vinto l'appalto, quasi che il soggetto erogatore delle pensioni non fosse piùPag. 58l'INPS ma l'Istituto centrale delle banche popolari italiane. Inoltre l'INPS ha inviato nei mesi scorsi il certificato di pensione ed il CUD, sapendo che il vecchio appalto scadeva in aprile. Non si poteva pensare di inviare già una comunicazione che dal mese di maggio sarebbero cambiate le modalità di pagamento? È naturale chiederselo.
Nelle lettere inviate a tutti i pensionati, che ora le stanno ricevendo, c'è un numero verde internazionale che ad oggi, almeno fino a ieri sera, non risultava attivo. Per l'Argentina addirittura c'è il numero verde della Banca Itao. La scelta poi di inviare le lettere e i moduli indistintamente in italiano e in inglese costituisce un grave errore di comunicazione perché sta creando problemi, per esempio, con le banche tedesche, ma anche con quelle svizzere che non firmano un modulo in italiano o in inglese per l'accredito nei loro conti correnti. Potrei anche aggiungere che l'INPS dichiara candidamente che non sa se paga le pensioni a persone già morte e anche qui scarica tutto sull'Istituto centrale delle banche popolari, il quale dovrà compiere gli accertamenti come previsto nel contratto siglato: ritengo che questo sia un compito proprio dell'Istituto nazionale di previdenza sociale.
Concludo chiedendo alla rappresentante del Governo - devo peraltro rimarcare, anche se lei sicuramente sarà in grado di fornire la risposta, che per una questione di questa portata sarebbe stata opportuna la presenza di un rappresentante del Ministero del lavoro e non di un sottosegretario delegato di altro Ministero - quali misure urgenti si prevedono per porre rimedio a questa situazione di difficoltà dovuta alle cause appena illustrate. Chiedo inoltre quali misure si intendano adottare, per allentare la pressione enorme che si è riversata sulla già bistrattata rete consolare (vi sono proteste provenienti da moltissimi consolati, che sono sottoposti a migliaia di richieste e non dispongono di elementi di risposta).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI. Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. In merito all'interpellanza dell'onorevole Narducci, sulla base di quanto comunicato dall'INPS faccio presente, a nome del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, quanto segue.
L'Istituto, per l'affidamento del servizio di pagamento delle prestazioni INPS a beneficiari residenti all'estero, ha esperito il procedimento di licitazione privata che si è concluso con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 39 del 2 aprile 2007 e sulla Gazzetta Ufficiale della Comunità europea S/58 della 23 marzo 2007.
Il nuovo servizio, che raggruppa tutte le aree estere in un unico lotto ed inizierà il 1o maggio prossimo, è stato aggiudicato all'Istituto Centrale delle Banche Popolari italiane (ICBPI), il quale svolgerà tale servizio presso la propria sede di Roma.
Allo scopo di migliorare e rendere più sicuro il pagamento delle prestazioni, sono state apportate alcune innovazioni. Si è stabilito che la moneta di pagamento sarà l'euro, salvo le diverse disposizioni politico-valutarie del paese estero interessato.
Il pensionato ha la facoltà di scegliere la modalità di pagamento, tramite accreditamento in conto corrente, bonifico bancario domiciliato a suo nome presso un istituto di credito, oppure può riscuotere in contanti o con carta ricaricabile.
I pagamenti saranno effettuati, con cadenza mensile, il primo giorno bancabile utile del mese. A tal fine, l'INPS precostituisce i fondi presso l'istituto di credito due giorni precedenti a quello del pagamento.
Per quanto concerne l'importo dei pagamenti, questi sono sempre eseguiti franco spese per i beneficiari, in quanto le commissioni bancarie corrisposte dall'INPS all'istituto di credito sono comprensive di tutti i compensi e gli oneri connessi allo svolgimento del servizio, inclusa l'assistenzaPag. 59al beneficiario e le commissioni di cambio, qualora il pensionato intenda ricevere la pensione in valuta locale, nonché delle spese postali e di recapito.
In merito all'indirizzo e alla residenza, l'istituto di credito, prima di procedere al pagamento, verifica - minimo annualmente - l'esistenza in vita, l'indirizzo e la residenza del pensionato, provvedendo a trasmettere alle sedi dell'istituto, utilizzando la procedura telematica appositamente predisposta, l'indirizzo e la residenza acquisiti, nonché gli eventuali decessi.
L'INPS poi, con messaggio dell'11 aprile ultimo scorso, ha fornito le istruzioni per gli immediati adempimenti operativi delle sedi ed ha provveduto inoltre ad inviare una comunicazione a tutti i pensionati residenti all'estero in merito al nuovo servizio di pagamento.
Faccio presente infine che, per facilitare la fruizione dei servizi e fornire ogni utile informazione relativa ai pagamenti, per i pensionati residenti all'estero, è stato attivato dall'istituto bancario menzionato il numero verde «dedicato» 0080077788800.
PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di replicare.
FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, sono un po' sconcertato. Infatti, il rappresentante del Governo - che evidentemente ringrazio per le informazioni rese - ha evidenziato aspetti contenuti nell'accordo con l'istituto bancario che non rispondono ad alcuna delle questioni derivanti da questa nuova procedura, che potevano essere studiati in modo diverso e predisposti per tempo, visto e considerato che soltanto pochi mesi fa sono stati inviati i certificati CUD a questi 410 mila pensionati. Pertanto, non posso che dichiarare la mia totale insoddisfazione.
(Rinvio interpellanza urgente Palomba - n. 2-00469)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Palomba n. 2-00469 è rinviato ad altra seduta.
Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 16,20, è ripresa alle 16,30.
PRESIDENTE. Prima di passare allo svolgimento dell'ultima interpellanza, desidero far presente al rappresentante del Governo la necessità di rispettare con puntualità i tempi dei lavori parlamentari.
(Misure a favore dei soggetti colpiti dalla sindrome dell'autismo e delle loro famiglie - n. 2-00465)
PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00465 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, stimatissimi sottosegretario e colleghi, illustrerò la mia interpellanza per evidenziare la complessità che in questi ultimi vent'anni ha assunto l'autismo, fenomeno raro fino al 1980, ma attualmente in crescente diffusione. La gravità di tale fenomeno richiede a nostro giudizio la conoscenza del punto di vista del Governo nonché la comprensione degli indirizzi e delle attività assunti sulla questione in esame.
La nostra preoccupazione è dettata anche da indagini statistiche che rilevano un caso ogni 150 nuovi nati, secondo una ricerca svolta, nel 2007, negli USA dal Center for diseases control. Con l'interpellanza in esame, intendo far rilevare che il bambino autistico non può essere osservato e trattato secondo un approccio meramente neuropsichiatrico, farmacologico, psicologopedico e riabilitativo, per poi essere, purtroppo, ricoverato in case protette o in istituti, una volta raggiunti i vent'anni. La mia preoccupazione nasce dalla consapevolezza che questo esclusivo approccio neuropsichiatrico non consente di far recuperare al minore un'accettabile vita diPag. 60relazione. A livello internazionale, l'Ari (Autism research institute) di San Diego, con il progetto Defeat autism nowl (Dan), fin dal 1995 ha promosso un approccio medico multidisciplinare. Questa esperienza statunitense, tramite Dan Europe, organizzazione non lucrativa di utilità sociale, dal 2005 è stata portata nel nostro Paese e vuole diffondersi in Europa. Dan Europe vuole promuovere una forte attenzione verso questo grave e diffuso fenomeno, nonché una forte informazione aggiornata e lo sviluppo di servizi medici specialistici in ambito pubblico e privato.
Signor sottosegretario, sono presenti da tempo nel nostro Paese alcune realtà associative sull'autismo, che, a livello locale, regionale e nazionale, mirano a sensibilizzare i responsabili istituzionali sulle necessità delle famiglie, sulle esigenze delle persone affette da questa patologia e, soprattutto, sui bisogni di strutture e cure specifiche per sostenere l'impegno gravoso delle famiglie interessate. Alcune regioni, quali ad esempio il Lazio, l'Umbria e le Marche, per citarne solo alcune, hanno accolto questa sollecitazione, assumendo l'iniziativa di costituire centri finalizzati all'attuazione di programmi che prevedono il concorso delle strutture educative e dei servizi socio-sanitari con i quali, da un lato, rispondere ai bisogni che vengono rappresentati e, dall'altro, definire e migliorare le cure per le persone interessate.
L'interpellanza sottolinea la necessità di recuperare l'individualità piena ed integrale del soggetto autistico, attraverso la consapevolezza della natura multifattoriale di questa sindrome, che nasce dall'incontro di fragilità genomiche e di cause secondarie, quali l'inquinamento ambientale ed alimentare.
Occorre riflettere sulle campagne vaccinali intense e sovente non rispettose della fragile individualità neuro-immunitaria del minore, sull'abuso di antibiotici, sull'applicazione di amalgama al mercurio e sulla diffusione di alimenti carichi di glutine, caseina, soia, zucchero e lieviti, che risulterebbero essere tra le cause della patologia in discussione.
Sembrerebbe necessario riconoscere la malattia nella sua multifattorialità e individuare diete specialistiche integrate con nutrienti e antiossidanti in concentrazione farmacologiche e protocolli di trattamento per le patologie intestinali e neuro-immunitarie, che consentano il miglioramento delle condizioni di salute nella grande maggioranza dei casi trattati e il recupero di un numero crescente di bambini ad una regolare attività scolastica. Se promuovendo un adeguato monitoraggio risultassero confermate la gravità, la complessità e la cronicità delle lesioni gastro-intestinali e neuro-immuni-endocrine, apparirebbe evidente, come rilevo nell'interpellanza, l'inefficacia e l'inadeguatezza del modello di assistenza sanitaria e riabilitativa sin qui perseguito, con drammatiche ripercussioni sull'equilibrio e il benessere della persona malata, ma anche sulla sua famiglia.
Con questo atto di sindacato ispettivo, vogliamo sottolineare l'urgente esigenza di sostenere la famiglia con persona autistica nel suo nucleo, la cui presenza ne condiziona pesantemente ogni aspetto della vita quotidiana. La famiglia ha un grande carico psicologico di assistenza continua, ma deve anche sopportare costi economici rilevanti; infatti il bilancio economico è sempre più gravoso: comprende viaggi all'estero, visite specialistiche, esami di laboratorio, alimenti speciali, farmaci, training riabilitativi, con una spesa che varia tra 10 mila e 40 mila euro l'anno. È pertanto evidente, signor sottosegretario, che l'autismo crea forti problematiche relazionali in ambito familiare; infatti, i bambini autistici, quando vengono lasciati senza cure, non sviluppano abilità sociali, manuali e possono non imparare a parlare o comportarsi in modo appropriato. Da ciò deriva l'importante e fondamentale intervento della famiglia, l'unica in grado di aiutare il bambino ad integrarsi nella società; una famiglia non preparata, non sostenuta nell'affrontare il problema di una malattia con caratteristiche così complesse, potrebbe non solo non essere di aiuto al bambino, ma addirittura incrementarne le problematiche. Credo che siaPag. 61necessario diffondere una informazione aggiornata e completa sull'autismo e sulle sue cause e presentare alle istituzioni centrali e regionali la complessità, l'intensità e l'urgenza di rispondere alla richiesta delle famiglie di cure mediche, esami di laboratorio, alimenti speciali, integratori, visite specialistiche, agevolazioni economiche e assicurative.
È necessario, a mio avviso, che il Governo e il Parlamento formulino criteri preventivi e di diagnosi precoce, come linee guida di interesse per la famiglia e per tutti i medici e gli operatori socio-sanitari ed educativi coinvolti. L'invito - e mi avvio a concludere - che rivolgo al Governo è di valutare urgentemente l'allarme, lanciato da più parti, di una vera e propria epidemia autistica, punta di un iceberg rappresentato dalle patologie dello sviluppo e dell'apprendimento. Noi vorremmo conoscere quali siano le iniziative in atto da parte del Governo, del ministero, per rinnovare l'approccio terapeutico alla patologia autistica attraverso un metodo di cura multidisciplinare e se esistano specifiche normative e risorse per sostenere le famiglie interessate, che affrontano, come abbiamo detto, oneri ingenti sia nella diagnosi sia nella terapia, per migliorare la condizione di salute dei loro congiunti.
Signor sottosegretario la ringrazio per l'attenzione e mi auguro che la sua risposta contenga quegli elementi di novità e di speranza di cui questo grande mondo, questo grande pianeta autismo ha bisogno.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, mi scuso per il ritardo. Onorevole Delfino, in riferimento all'interpellanza, occorre premettere che appare improprio parlare di epidemia di autismo. Il dato riportato dagli interpellanti, secondo cui nella popolazione scolastica vi sarebbe una prevalenza del 18-20 per cento, non coincide con il dato ufficiale delle certificazioni di autismo registrate ai fini dell'inserimento scolastico dei bambini autistici, che è pari a circa il 2 per cento.
Senza entrare nel merito della validità dell'approccio all'autismo adottato nelle ricerche condotte dall'istituto ARI (Autism Research Institute) di San Diego, citato dagli interpellanti, è necessario sottolineare che non rientra fra le competenze del Ministero della salute validare ipotesi eziologiche e terapeutiche il cui vaglio spetta alla comunità scientifica, attraverso i canali formali della ricerca e della letteratura scientifica nazionale e internazionale.
È pertanto improprio chiedere al Ministero iniziative volte ad innovare l'approccio terapeutico alla patologia autistica.
Non è inoltre condivisibile l'affermazione secondo cui nel nostro paese viene applicata all'autismo una tradizionale terapia neuropsichiatrica.
Le linee guida della Società italiana di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, secondo gli indirizzi consolidati dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, non considerano l'autismo una psicosi e di conseguenza prevedono l'applicazione di indirizzi di intervento multidisciplinari: sanitari, educativi, sociali e di sostegno alla famiglia.
Tali indirizzi sono stati fatti propri dai servizi specialistici competenti con linee guida e progetti già operativi. Alcuni dati della letteratura scientifica riportano possibili contributi di una dieta controllata per il miglioramento dei comportamenti autistici. Un'alimentazione povera o priva di proteine, quali il glutine e la caseina, sembrerebbe aver migliorato lo stato di alcuni bambini affetti da autismo. Tuttavia, ad oggi, non vi sono evidenze scientifiche tali da giustificare un intervento generalizzato sulla dieta dei soggetti affetti da tale patologia.
Secondo le linee guida del 2005 della Società scientifica di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, esistono nel panorama internazionale vari modelli di presa in carico del soggetto autistico, applicatiPag. 62in diverse parti del mondo tra i quali non viene riportato il metodo DAN (Defeat autism now).
Secondo quanto riferito dal professor Carlo Hanau non esistono ancora evidenze scientifiche sul programma, a circa dieci anni di attività del gruppo di lavoro, e in particolare, per quanto riguarda l'utilizzo del farmaco previsto nella terapia, per un effetto chelante la stessa Food and Drugs Administration non ne ha riconosciuto la validità terapeutica.
Inoltre, alcune associazioni di malati sia italiane che europee (ad esempio l'Associazione autismo Italia, i Genitoricontroautismo, la National autistic society) si esprimono contro tale metodo, evidenziando la necessità di ulteriore ricerca a supporto della validità del metodo.
Per quanto riguarda la vigente tutela prevista dal Servizio sanitario nazionale si ricorda che la patologia autistica è ricompresa nel decreto ministeriale 28 maggio 1999, n. 329, concernente il regolamento di individuazione delle malattie croniche invalidanti.
Pertanto, i soggetti affetti da tale patologia sono riconosciuti esenti dalla partecipazione alle spese per le prestazioni individuate nel medesimo decreto.
Tali prestazioni sono state individuate tenendo conto delle indicazioni delle società scientifiche, delle associazioni dei malati, dei medici, e delle linee guida internazionali, ed inoltre offrono al medico la possibilità di effettuare, senza spese a carico del paziente, un adeguato monitoraggio della malattia.
Si segnala peraltro che la maggior parte dei farmaci utilizzati, neurolettici inibitori del re-uptake della serotonina, sono attualmente in fascia A, e quindi a totale carico del Servizio sanitario nazionale. Da ultimo si segnala che il ministro della salute, consapevole della gravità della patologia di cui si discute e degli oneri che essa impone alle famiglie, agli operatori e ai servizi sociali, ha deciso di costituire un apposito gruppo di lavoro per la definizione di un programma nazionale dedicato all'autismo. Nel gruppo saranno coinvolti i rappresentanti istituzionali delle regioni, dell'associazionismo, delle famiglie, e del mondo professionale e scientifico.
PRESIDENTE. L'onorevole Delfino ha facoltà di replicare.
TERESIO DELFINO. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione la risposta esauriente sotto il profilo dell'indicazione di quello che è lo stato dell'arte. Questa era una delle finalità della nostra interpellanza, quindi sotto questo profilo il mio è senz'altro un giudizio di apprezzamento - quanto ai contenuti e all'illustrazione - nei riguardi della risposta fornita dal sottosegretario.
Per quanto attiene invece ai molteplici e ricchi spunti di documentazione, ma anche di valutazione dello stato dell'arte, il nostro gruppo parlamentare non ha certezze assolute; tra l'altro, anche le modalità con cui ci siamo espressi nella presentazione lo stanno a testimoniare. Abbiamo però un'esperienza che ci invita a dare forza e voce a quanti ritengono, signor sottosegretario, insoddisfacenti l'approccio, il sostegno e le modalità terapeutiche oggi in atto. Noi non vogliamo contestare il dato del 2 per cento risultante dalle certificazioni ufficiali, anche se avvertiamo, per averne conoscenza diretta, quanto sia difficile per i genitori o per una famiglia far certificare di avere un familiare autistico. Credo tuttavia che, tra le ipotesi che abbiamo ascoltato - una percentuale tra il 18 e il 20 - e quella che in questa sede lei ha ribadito essere la situazione certificata oggi, corra un tratto di strada dove, indagando adeguatamente, il fenomeno autistico risulta - mi consenta sottosegretario - molto più vasto di quello che viene certificato ufficialmente.
Abbiamo certamente la consapevolezza di quanto lei ha detto riguardo al vaglio di un nuovo approccio terapeutico, ma prendiamo atto con soddisfazione che nella nostra normativa, nei nostri atti di indirizzo c'è già una disponibilità ed una pronuncia chiara. Lei ha detto che l'autismo non è psicosi, ed è questo un elemento di chiarimento utile e importante.Pag. 63Tuttavia, è certamente difficile certificare - è per questo che noi chiediamo un forte monitoraggio ed una sperimentazione innovativa - quali siano i benefici legati ad un approccio multidisciplinare ed in particolare quali potrebbero essere gli elementi positivi, riconosciuti anche da lei nella sua risposta, derivanti da una conoscenza più appropriata ed adeguata dell'incidenza nutrizionale.
D'altra parte, proprio nelle settimane scorse il professor Veronesi in un suo articolo ha detto «noi siamo quello che mangiamo», per sottolineare che esiste tale rapporto per ogni persona normodotata ma, in generale, certamente per chi ha una disabilità o delle problematiche molto gravi.
Non abbiamo, pertanto, nulla da obiettare rispetto al fatto che oggi manchino dati ed evidenze scientifiche assolutamente confortanti, situazione che la comunità scientifica dovrebbe riconoscere. Tuttavia, senza voler con questo gettare la croce addosso a qualcuno, sappiamo come sia ricca la storia della medicina e come sovente la medicina ufficiale sia lenta a riconoscere cure e terapie innovative che invece hanno poi dimostrato - contrariamente a quanto alcune volte la comunità scientifica, medica attestava - di essere profetiche, rivelandosi adeguate ad affrontare questioni di questa natura, così come abbiamo rilevato oggi.
Infine, vorrei ancora svolgere due osservazioni che nascono - l'ho riconosciuto anche nel corso della mia illustrazione - dalla multiforme e ricca presenza associativa del settore. Siamo consapevoli del grande dibattito che si sta svolgendo, anche perché - ahimè - quando un metodo innovativo dà dei risultati, questi ultimi possono essere legati alla casualità. Ecco il motivo per cui c'è la necessità di monitorare nel tempo una determinata terapia: a qualcuno può portare gli esiti positivi cui lei ha accennato anche rispetto agli aspetti nutrizionali.
Signor sottosegretario, siamo convinti che dal confronto, dalla discussione e dalla possibilità di mettersi insieme scaturiscano indubbiamente nuove possibilità per arrivare ad un'analisi seria. Ci si potrebbe collegare, per esempio, all'esperienza americana, che ha ormai più di quindici anni, per vedere se effettivamente questa è una strada lungo la quale si potranno cogliere delle opportunità.
Credo che, in questo senso, si debbano definire alcune iniziative per evitare che la spinta alle innovazioni e alla ricerca ricada sulle spalle di quelle famiglie già largamente provate dalla presenza di persone affette dalla patologia autistica.
In questo senso mi auguro che la proposta di un gruppo di lavoro per il programma nazionale sull'autismo - che accolgo con soddisfazione e per questo mi dichiaro certamente soddisfatto - comprenda anche questi specifici progetti portati avanti da rappresentanti della ricerca, affinchè possano individuare un percorso per effettuare analisi obiettive.
Signor sottosegretario, ci sono soggetti e famiglie disponibili a collaborare al fine di testare questo approccio multidisciplinare, che in qualche misura lei ha già illustrato e rispetto al quale esistono riconoscimenti sotto il profilo della spesa sanitaria (mi riferisco ad alcune esenzioni e via dicendo) che però noi vorremmo ampliare. Infatti, chi vive e sta vicino a queste famiglie sa che la spesa che ho indicato nella mia interpellanza e che ricade sulle famiglie non è un'esagerazione.
È un dato molto oneroso e dagli elementi positivi che lei ci fornito nella sua risposta traggo quei motivi di fiducia e di speranza che ci possa essere una comune volontà del Parlamento e del Governo, segnatamente del Ministero della salute e degli assessori alla salute delle diverse regioni, di avviare un percorso che possa dare risultati nella direzione auspicata da noi e, soprattutto, dalle famiglie interessate.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Pag. 64Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 23 aprile 2007, alle 10:
(ore 10, con eventuale prosecuzione al termine delle votazioni)
1. - Discussione del disegno di legge (per la discussione sulle linee generali):
Disposizioni in materia di autotrasporto merci e di circolazione stradale (2480-A).
- Relatore: Meta.
2. - Discussione della mozione Meta ed altri n. 1-00147 sulla sicurezza stradale in coincidenza con la settimana mondiale proclamata dalle Nazioni Unite (per la discussione sulle linee generali).
3. - Discussione della mozione Baldelli ed altri n. 1-00137 sul precariato nelle pubbliche amministrazioni (per la discussione sulle linee generali).
(ore 16)
4. - Seguito della discussione della mozione Baldelli ed altri n. 1-00137 sul precariato nelle pubbliche amministrazioni.
5. - Seguito della discussione della proposta di legge:
CAPEZZONE ed altri: Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese e in materia di dichiarazione di inizio attività (1428-A).
e dell'abbinata proposta di legge: ALLASIA ed altri (1543).
- Relatore: Capezzone.
6. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Differimento del termine per l'esercizio della delega di cui all'articolo 4 della legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante istituzione degli Ordini delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione (1609).
- Relatore: Grassi.
7. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
ZELLER ed altri; BRUGGER ed altri; BENVENUTO e VANNUCCI: Modifiche alla legge 8 luglio 1998, n. 230, in materia di obiezione di coscienza (197-206-931-A).
- Relatore: Pinotti.
La seduta termina alle 16,55.
TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI DONATELLA PORETTI, GIUSEPPE ASTORE, FRANCESCO PAOLO LUCCHESE, LEOPOLDO DI GIROLAMO E GIOVANNI FAVA SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE NN. 780-1891-A
DONATELLA PORETTI. Con un piccolo apparecchio dalle dimensioni di un computer portatile, che funziona premendo un pulsante, è possibile rianimare con successo persone colpite da arresto cardiaco. Questi apparecchi si chiamano defibrillatori automatici esterni (DAE). La legge in esame si occupa proprio della diffusione dei DAE indicando i luoghi in cui è obbligatoria la loro detenzione e dei corsi per la formazione e l'addestramento in Basic Life Support Defibrillation (BLSD) per i soccorritori non sanitari.
Grazie alla facilità d'uso dell'apparecchio e alle probabilità di sopravvivenza nettamente migliori degli interessati in caso di defibrillazione rapida, i defibrillatori possono e devono essere usati non soltanto dai soccorritori professionisti, maPag. 65anche da profani dopo un corso di poche ore. L'apparecchio risparmia a chi lo usa ogni decisione di carattere medico dandogli delle chiare indicazioni acustiche.
Come un estintore, dovrebbe essere a disposizione in tutti in posti «strategici» per l'impiego in caso di emergenza.
La morte cardiaca improvvisa è un'interruzione repentina delle funzioni del cuore. Si tratta di una patologia che in Italia provoca tra 50.000 e 70.000 casi di morte all'anno e negli USA sono classificati come morte cardiaca improvvisa circa il 50 per cento dei decessi causati da malattie dell'apparato cardiovascolare. In Italia ogni anno su cento persone colpite da un attacco di cuore per una fibrillazione, 80 non riescono ad arrivare in ospedale; venti sono salvate proprio dal defibrillatore.
L'importanza di poter disporre in breve tempo di un apparecchio per la defibrillazione è tanto più grande per il fatto che l'efficacia dell'intervento è inversamente proporzionale al trascorrere dei minuti. La percentuale di sopravvivenza per un intervento effettuato nei 10-12 minuti successivi alla fibrillazione ventricolare è pressoché nulla. Per quanto riguarda le fibrillazioni avvenute in ospedale, dove è possibile un rapido accesso e utilizzo dei defibrillatori (massimo due minuti), la sopravvivenza dei defibrillati è di circa il 48 per cento. La cosa è ben diversa per coloro che vengono colpiti da fibrillazione ventricolare al di fuori delle strutture ospedaliere: il primo fattore che incide sulla bassa sopravvivenza è quello che, nelle migliori condizioni, l'accesso ad un defibrillatore avviene non prima di 3-4 minuti e nelle città, con la necessità per i soccorritori di recarsi in appartamenti, non prima di 8-10 minuti. Dopo il terzo minuto la probabilità di salvare il paziente diminuisce del 7-10 per cento ogni minuto.
Ecco l'importanza della diffusione di questi apparecchi salvavita nei luoghi più frequentati come grandi scali e mezzi di trasporto aerei, ferroviari e marittimi, o in strutture sedi di grandi avvenimenti socio-culturali, grandi strutture commerciali e industriali, in ambienti scolastici e universitari; o in quelli piu' a rischio come i luoghi in cui si pratica attività sportiva, agonistica o no; oppure quelli piu' difficilmente raggiungibili come gli istituti penitenziari, nonché centri di permanenza temporanea e assistenza. Altri luoghi che vengono indicati nella legge sono le farmacie e gli ambulatori medici, nonché i mezzi adibiti al pronto soccorso sanitario delle varie Forze dell'ordine e del 118. Potrà sembrare paradossale, ma oggi non tutti i mezzi del 118 hanno un defribillatore!
Altra misura prevista per la diffusione dei DAE è la detrazione fiscale nel caso l'acquisto sia effettuato da un privato.
L'Italia, grazie alla legge n. 120 del 2001, ha consentito l'uso dei defibrillatori portatili anche a personale non sanitario e in ambiente extraospedaliero. Oggi è necessario intervenire nuovamente per promuovere la loro diffusione capillare sul territorio. Più i DAE sono diffusi, meno tempo occorrerà per il loro impiego, più vite potremo essere in grado di salvare.
In totale con una defibrillazione precoce potrebbe sopravvivere il 12,5 per cento dei pazienti, cioè circa 10 mila persone ogni anno. La morte cardiaca improvvisa si manifesta prevalentemente in sede extraospedaliera, nei 70-80 per cento dei casi a domicilio del paziente e nel 15-20 per cento sul luogo di lavoro o per la strada.
In Italia la mortalità per cause cardiache supera, e molto, l'incidenza di tutti i tumori messi insieme. Tuttavia questo dato non sembra colpire l'opinione pubblica con la stessa efficacia dei problemi oncologici.
La prima linea di difesa può passare dalla diffusione e dall'uso in caso di necessità dei defibrillatori trasportabili.
Il senso della legge in esame fa compiere anche un passo avanti da un punto di vista della cultura del pronto soccorso in situazioni d'emergenza. In Italia è diffusa l'idea che certe operazioni di soccorso possano essere attuate solo da personale medico, mentre in altri paesi si riesce a salvare molte vite umane grazie ad unaPag. 66generalizzata attività di formazione in ordine agli interventi di soccorso basilari.
Se per far questo occorre una legge, se per salvare delle vite umane e per evitare danni irreversibili, occorre una legge, allora ben venga questa legge. Non si ravvedono danni collaterali!
GIUSEPPE ASTORE. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, l'alta incidenza delle morti per arresto cardiocircolatorio rappresenta una vera e propria sciagura per tutti quei paesi, tra i quali l'Italia, dove gli stili di vita dei cittadini seguono i ritmi sempre più frenetici che il mondo contemporaneo ci propone. Ma questa strage che si consuma ogni anno, di decine di migliaia di vite, può non essere ineluttabile, e allora non è possibile per la società rassegnarsi ad accettarla e a subirla se si hanno i mezzi per impedirla.
Grazie alla neanche troppo recente introduzione dei defibrillatori semiautomatici e automatici, tantissime, forse la maggior parte di queste vite potrebbero essere salvate, a condizione che l'intervento sia tempestivo e operato da una persona capace e addestrata a utilizzare questi strumenti.
Questi defibrillatori, che a differenza di quelli manuali consentono un intervento di primo essenziale soccorso anche da parte di personale non medico, offrono un enorme potenzialità, ma devono però essere opportunamente e efficacemente inseriti e diffusi in un sistema, in una rete di sicurezza sanitaria che deve coinvolgere parti sempre più numerose della società.
Il tempo in questi casi è determinante. Ogni minuto, ogni secondo può essere decisivo per chi è vittima di un arresto cardiocircolatorio. È una lotta contro il tempo che per essere vinta necessita della sinergia e del buon funzionamento di tutti i fattori coinvolti nella catena del soccorso, a iniziare dal primo e più importante, da chi dà l'allarme.
Qui il discorso si fa, se vogliamo, più generale e va ad abbracciare anche quello che è il campo dell'educazione al soccorso, cosa che in Italia esiste e di buon livello, ma solo per chi decide di compiere studi o di prestare servizio di volontariato nel campo specifico, mentre sono convinto che un'infarinatura generalissima di queste nozioni debba essere prevista anche nei programmi didattici delle scuole dell'obbligo perché anche un ragazzo che esce dalle scuole medie dovrebbe essere in grado di riconoscere e di sapere come reagire a un'emergenza sanitaria che comporti l'intervento tempestivo dei soccorsi. È importante, quindi, da parte del legislatore, favorire ad ogni livello, anche, per esempio, con campagne di informazione attraverso i giornali, le televisioni, i media, la promozione e l'accrescimento di una cultura di responsabilità e di consapevolezza dell'importanza di ogni persona, della sua prontezza d'animo e delle sue conoscenze, per poter riuscire a salvare una vita.
Nei casi di arresto cardiocircolatorio questo è indispensabile ma non basta. Occorre naturalmente che i soccorsi arrivino nel minor tempo possibile e che si possa quanto prima ripristinare le funzioni vitali del cuore con l'utilizzo dei defibrillatori. Per questo è altrettanto importante dare la massima diffusione a questo tipo di apparecchiature tenuto conto dei luoghi di maggiore frequentazione e di quelli che per loro natura presentano degli impedimenti all'accesso da parte dei mezzi di soccorso. Quindi ben venga la dotazione dei defibrillatori automatici e semiautomatici anche alle unità delle Forze dell'ordine, se questo può servire a salvare delle vite, e a tutti i mezzi di soccorso e di intervento, direi, unitamente a un piano di addestramento del personale, funzionale al corretto utilizzo che possa essere con il più alto margine di efficacia possibile, in ogni circostanza. Ben venga la promozione della detenzione di queste apparecchiature, e dell'autorizzazione al loro uso da parte di personale propriamente e continuativamente addestrato, per tutti quei luoghi, dal supermercato alla spiaggia, alla stazione, alla banca, alla palestra, all'ufficio, alla fabbrica, dovunque possa occorrere per un'emergenza. A riguardo direi che una cosa raccomandabile potrebbe essere creare una sorta diPag. 67albo pubblico dei luoghi di detenzione e degli operatori autorizzati di questi defibrillatori, che funzioni un po' come la pubblicazione dei turni e dell'ubicazione delle farmacie, per esempio (e anzi: non sarebbe male anche che i farmacisti stessi si dotassero di questi strumenti e imparassero a utilizzarli), in maniera tale che all'evenienza, sia gli operatori del 118, sia il privato cittadino, possano sapere a chi rivolgersi per un intervento nel minor tempo possibile.
È una legge bipartisan che ha visto la fattiva collaborazione, ma io penso che di fronte alla concreta possibilità di salvare delle vite umane, la politica non si possa dividere secondo il colore di partito, ma debba trovare assolutamente, necessariamente la coesione nella direzione del bene della popolazione. Per questo spero che oggi la riproposizione di una legge che regola e che pone in essere un uso corretto e un ampliamento della diffusione di queste preziose apparecchiature, possa trovare, non solo da parte mia o del partito di Italia dei Valori, ma dai banchi di tutta la maggioranza e di tutto il Parlamento un sostegno unanime.
Il voto dell'IdV sarà dunque favorevole, ma con l'auspicio che in tempi quanto mai prossimi si possa provvedere a migliorare gli effetti di questa legge ampliando e integrando con altri interventi secondo le linee che ho espresso nel corso di questo mio intervento.
Le risorse destinate alla prevenzione primaria e secondaria consentono di abbattere la spesa per i costi sanitari e di diminuire il numero dei cittadini che entrano nel tunnel della malattia.
FRANCESCO PAOLO LUCCHESE. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la presente proposta di legge detta norme in materia di utilizzo di defibrillatori semiautomatici ed automatici in ambiente extraospedaliero e presenta una grande rilevanza socio-sanitaria.
L'uso di tale apparecchiatura anche in ambiente extraospedaliero può venire considerato un intervento salvavita di grande rilevanza, perché può salvare un grande numero di vite umane anche in giovane età.
Infatti, un numero elevato di persone (circa 60 mila in Italia) ogni anno muoiono per arresto cardiaco improvviso che rappresenta oltre il cinquanta per cento della causa di tutti i decessi per malattia cardiovascolare.
Lo scopo di questo provvedimento è proprio quello di promuovere la diffusione dei defibrillatori semiautomatici ed automatici esterni, indicando i criteri per l'individuazione dei luoghi, delle strutture e dei mezzi di trasporto, ove è prevista la detenzione. Particolare attenzione viene posta alla formazione e all'addestramento del personale di soccorso non medico per l'utilizzo di tali apparecchiature, con certificazione di idoneità ed istituzione di un apposito registro per l'iscrizione dei soggetti abilitati, fermo restando, per i privati, l'obbligo del conseguimento di un attestato.
Altri fattori importanti per la diffusione dei defibrillatori, sono la maggiore sensibilizzazione dell'opinione pubblica e delle istituzioni sulle dimensioni del fenomeno e degli strumenti a disposizione, lo stanziamento delle risorse economiche, la prescrizione rende obbligatoria l'installazione dei defibrillatori in ambienti pubblici, strutture e mezzi di trasporto, l'introduzione di detrazioni fiscali per coloro che intendano acquistare un defibrillatore automatico, compresi anche i privati cittadini.
Pertanto la finalità fondamentale del seguente provvedimento è quella di diffondere una cultura di emergenza cardiologica formando anche la popolazione ad un corretto uso dei defibrillatori.
Infatti l'introduzione e la diffusione dei defibrillatori in ambiente extraospedaliero si integra in una filosofia di sviluppo e valorizzazione della sopravvivenza anche da parte del personale non medico.
Considerata la grande rilevanza socio-sanitaria del provvedimento, che permetterà di salvare tante vite umane, dichiaro il voto favorevole del gruppo UDC.
LEOPOLDO DI GIROLAMO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi deputati, il gruppo Ulivo esprimerà un voto favorevole al testo unificato sulle proposte di legge a prima firma dell'onorevole Di Virgilio e dell'onorevole Castellani in materia di utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambiente extraospedaliero.
Abbiamo lavorato in maniera concorde e costruttiva in Commissione, per dotare il Paese di una buona legge che dovrebbe contribuire a ridurre, speriamo in maniera sensibile, il numero delle morti evitabili nel nostro Paese. In Europa e nel mondo le malattie cardiovascolari sono responsabili di circa il 40 per cento di tutte le morti al di sotto dei 75 anni. La morte improvvisa in pazienti con cardiopatia nota o sconosciuta è molto frequente; essa ha una incidenza simile in tutto il mondo, pari ad un caso su mille abitanti, che in una frazione nazionale significano circa 60 mila morti improvvise per anno in Italia, senza trascurare anche gli esiti secondari, a volte molto importanti, nei sopravvissuti.
Molti studi hanno verificato che circa un terzo dei pazienti muore prima di raggiungere l'ospedale e che l'arresto cardiaco improvviso riconosce, in una percentuale molto elevata, pari all'80 per cento dei casi, come causa un ritmo di esordio defibrillabile che, se trattato adeguatamente e molto precocemente, permette un pieno recupero del paziente.
Quindi un intervento di defibrillazione precoce è sicuramente il fattore decisivo e fondamentale nel determinare la sopravvivenza in seguito ad arresto cardiaco improvviso.
Il problema è che bisogna intervenire rapidamente. Per ogni minuto di ritardo nell'esecuzione della defibrillazione, le possibilità di sopravvivenza diminuiscono di circa il 7-10 per cento e la prima scarica, per evitare sicuramente eventuali danni cerebrali, dovrebbe essere somministrata nel giro di 3 minuti.
Oggi noi abbiamo questa possibilità in quanto per utilizzare i defibrillatori semiautomatici non è necessario personale sanitario, ma solo personale appositamente addestrato.
Questo è quello che abbiamo previsto nella proposta di legge e crediamo con ciò di contribuire a migliorare un Servizio sanitario nazionale che è già di grande qualità.
GIOVANNI FAVA. Valutare a livello legislativo proposte atte a diffondere l'uso dei defibrillatori automatici non è sempre agevole perché, a fronte dell'evidente esigenza di garantire la tempestività del soccorso ai pazienti in arresto cardiaco, emerge naturalmente anche la necessità di verificare che tali interventi siano realmente efficaci ed appropriati, oltre che ragionevoli e proporzionati in termini di spesa finanziaria.
Sotto il profilo dell'efficacia e dell'appropriatezza, la defibrillazione con apparecchi semiautomatici non pone problemi «diagnostici» in senso lato, visto che è la macchina a riconoscere le condizioni del paziente, sicché viene spontaneo ritenere che qualsiasi soggetto, dopo aver appreso come funziona lo strumento, sia in grado di usarlo in maniera appropriata. Tale apparente evidenza solleva in realtà alcuni dubbi e perplessità, in quanto si tratta pur sempre di un atto sanitario praticato nei confronti di un paziente a rischio di vita. Considerata la brevità dei corsi di addestramento ritenuti sufficienti per l'impiego dei defibrillatori da parte del personale non sanitario e non medico (di regola, si tratta di corsi di sole cinque ore) e l'inesperienza nell'affrontare situazioni estreme come l'arresto cardiaco che di regola caratterizza tali «volontari», si comprende infatti perché permangano serie preoccupazioni sull'utilizzo dei defibrillatori anche in assenza di personale medico o infermieristico.
Ovviamente, si potrebbe obiettare che è comunque preferibile consentire che il defibrillatore sia disponibile, e che comunque vi sia una persona in grado di farlo funzionare, piuttosto che attendere - spesso invano - l'intervento del 118. In realtà, si ritiene che una soluzione intermediaPag. 69al problema vada ricercata nella maggiore attenzione da dedicare ai corsi di formazione e addestramento richiesti per l'utilizzo dei defibrillatori da parte del personale non sanitario. Sul punto, infatti, sarebbe opportuno colmare la dicitura essenzialmente lacunosa della legge n. 120 del 2001, che, parlando genericamente di «una formazione specifica nelle attività di rianimazione cardio-polmonare», sembrerebbe ritenere sufficiente la frequenza al corso cosiddetto di BLS (Basica Life Support), notoriamente dedicato alle problematiche della pura rianimazione cardiopolmonare. È quindi per ovviare a tali lacune che si ritiene necessario intervenire a specificare in maniera più approfondita i requisiti che i cosiddetti «volontari» debbono possedere per l'utilizzo dei defibrillatori.
Anche sotto il profilo economico, dati gli elevati costi di acquisto e mantenimento dei defibrillatori, si dovrebbe procedere sperimentalmente a valutare la loro effettiva efficacia statistica in relazione non solo ai flussi di persone che caratterizzano le diverse strutture fisse o mobili, ma anche alle loro tendenziali caratteristiche demografiche e sanitarie (così, ad esempio, è preferibile prevedere la presenza di un defibrillatore nei luoghi frequentati prevalentemente da persone in età non giovane).
Alla luce di queste considerazioni generali, si esprimono alcune critiche nei confronti del provvedimento in esame, anche se esso, come si evince dalle sottoscrizioni, raccoglie numerosi consensi da parte dell'attuale opposizione.
La prima critica recupera i rilievi di cui sopra sui rischi derivanti da un affidamento indiscriminato dei defibrillatori anche al personale non medico e non sanitario purché «addestrato ad usarlo ed adeguatamente formato».
La seconda critica riguarda la previsione di un vero e proprio obbligo a dotarsi di defibrillatori per un'ampia categoria di strutture fisse e mobili, senza tuttavia provvedere ad integrare in rete tali «punti» di defibrillazione. Come si osservava nella premessa, è evidente, infatti, che la diffusione dei defibrillatori dipende non solo e non tanto dalla capillarità sul territorio di tali strumenti, ma soprattutto dalla presenza di un sistema di allarme efficace e tempestivo, atto a garantire che ciascun defibrillatore possa essere impiegato nel raggio di azione ove il medesimo può essere disponibile in pochi minuti. In questo senso, è piuttosto sul concetto di rete nella segnalazione degli eventi avversi e di localizzazione di defibrillatori in punti chiave del territorio che bisogna soffermare l'attenzione.
La terza critica concerne l'individuazione delle strutture ove si prevede la collocazione del defibrillatore: sul punto, l'elenco contenuto nella proposta in esame appare per alcuni profili incompleto e per altri improprio. Incompleto, perché ad esempio non si prevede la presenza dei defibrillatori sugli aerei, dove invece essi sarebbero maggiormente necessari e giustificati; improprio, perché non si distingue tra le diverse strutture a seconda delle loro dimensioni e dei flussi di persone/passeggeri che vi circolano, sicché, ad esempio, si ritiene irragionevole prevedere l'obbligo di detenere defibrillatori per cinema o teatri di piccole dimensioni. Analogamente, si ritiene non del tutto comprensibile - data l'età dei suoi frequentatori - prevedere l'obbligo di detenere defibrillatori anche per le scuole.
La quarta critica riguarda i problemi di responsabilità giuridica connessi all'impiego dei defibrillatori da parte del personale non sanitario e non medico: se, infatti, i medici e gli infermieri sono di regola coperti nell'esercizio della loro attività sanitaria da ampie assicurazioni professionali, nel caso in cui un errore nell'impiego dei defibrillatori fosse commesso da un soggetto volontario, sorgerebbero non indifferenti problemi di esenzione di responsabilità e di risarcimento danni.
In conclusione, si osserva che anche sotto il profilo del riparto di competenze tra lo Stato e le regioni il provvedimento in esame solleva alcune perplessità, in quanto ci si domanda qual è il titolo di intervento che legittima il legislatore statale a disciplinare nel dettaglio i profiliPag. 70relativi alla diffusione dei defibrillatori sul territorio. È da escludersi, in linea di massima, che il provvedimento possa essere ricondotto alla competenza esclusiva statale in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (soprattutto perché, in tale circostanza, l'obbligo di detenere defibrillatori dovrebbe essere finanziato con risorse statali). Dovendo quindi ricondurre il provvedimento alla materia di potestà concorrente «tutela della salute», si osserva che difficilmente l'elenco delle strutture che devono disporre di defibrillatori potrebbe essere considerato alla stregua di un principio fondamentale statale. Conseguentemente, si ritiene che più propriamente debba essere attribuito alle regioni il compito di garantire la capillarità dei defribillatori sul territorio, procedendo ad individuare le postazioni chiave che consentono di creare una rete di intervento tempestiva ed efficace.
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5) | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | tu pdl 780-A ed abb. - voto finale | 385 | 382 | 3 | 192 | 381 | 1 | 78 | Appr. |
2 | Nom. | Moz. Delfino ed altri 1-61 | 393 | 387 | 6 | 194 | 344 | 43 | 77 | Appr. |
3 | Nom. | Moz. Leone ed altri 1-140 | 393 | 386 | 7 | 194 | 350 | 36 | 77 | Appr. |
4 | Nom. | Moz. Zucchi ed altri 1-141 | 398 | 395 | 3 | 198 | 394 | 1 | 77 | Appr. |
5 | Nom. | Moz. Realacci ed altri 1-142 | 404 | 399 | 5 | 200 | 399 | 77 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.