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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 187 di mercoledì 11 luglio 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
La seduta comincia alle 10,05.
TITTI DE SIMONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Bafile, Brugger, Cirino Pomicino, Fabris, Folena, Galati, Lion, Morrone, Mura, Oliva, Pinotti, Pisicchio, Ranieri, Spini, Stucchi, Villetti ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantaquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Seguito della discussione del disegno di legge: S. 1214 - Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca (Approvato dal Senato) (A.C. 2599) (ore 10,07).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca.
Ricordo che nella seduta di ieri si sono conclusi l'esame e la votazione delle proposte emendative riferite al disegno di legge.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,10).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori.
ROBERTO SALERNO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, vorrei rappresentare a lei e all'Assemblea la recente emanazione da parte dell'autorità giudiziaria di Venezia di un provvedimento, di estrema gravità, che avrebbe ordinato il sequestro su tutto il territorio nazionale di una quantità di giochi elettronici pari al 50 per cento dei cosiddetti videogiochi elettronici.
Parliamo del gioco regolare, quello regolarmente collegato alla rete telematica, autorizzato dalle leggi dello Stato. Si tratta di un provvedimento che colpisce metà del settore nazionale - parliamo di concessionari che conosciamo per abitudine, per storia: Lottomatica, Sisal, SnaiPag. 2- e che verrebbe, quindi, a colpire anche metà dell'intero gettito tributario che deriva da questo gioco elettronico, ripeto, autorizzato.
Oltre a ciò, signor Presidente, è stata prospettata una sanzione «astronomica» di circa cento miliardi (si parla di 98 miliardi di euro) a carico dei concessionari di rete, perché non avrebbero disposto il funzionamento della rete, senza capire che il funzionamento della stessa non è stato possibile perché i gestori classici, tradizionali della rete telefonica italiana, cioè Telecom, Vodafone e gli altri, non si sono dimostrati disponibili a far sì che tale rete funzionasse nei termini previsti dalla legge.
Quindi, i concessionari, vale a dire Lottomatica, Sisal, Snai, hanno subito e stanno subendo un colpo direi giuridico e sanzionatorio che può addirittura mettere in forse il loro stesso futuro.
Vorrei rappresentare e concludo, signor Presidente, questo gravissimo terremoto che si sta trasformando in un dramma per un intero settore che ha decine di migliaia di occupati e che produce circa un miliardo e mezzo-due miliardi di euro di gettito all'anno.
Data la gravità del danno e l'entità delle realtà, alle quali in qualche maniera si reca un danno, chiedo al Presidente dell'Assemblea di rappresentare questa situazione al Presidente del Consiglio e al Ministro dell'economia e delle finanze, sperando che entrambi abbiano il buonsenso di porre rimedio subito, immediatamente perché la situazione è drammatica ed urgentissima.
Oggi, avrà luogo lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e so che, in tale sede, si fornirà una risposta su questa gravissima situazione; pertanto, spero - lo faccio di nuovo presente - che si fornisca una risposta concreta ad un settore che sta rischiando la paralisi e ciò è gravissimo.
PRESIDENTE. Prendo atto delle sue dichiarazioni. Trattandosi di decisioni che attengono all'autorità giudiziaria, le medesime non possono essere sindacare nel merito né dal Governo, né dal Parlamento. Nei limiti delle competenze del Governo, ove ne sussistano i presupposti, lei potrà eventualmente presentare atti di sindacato ispettivo.
Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 10,15, è ripresa alle 10,40.
Si riprende la discussione.
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 2599)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 2599 sezione 1).
L'onorevole Baiamonte ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2599/21.
GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, cari colleghi, con il provvedimento in esame il Governo chiede una delega in bianco per il riordino degli enti di ricerca. In realtà, al Senato il gruppo di Forza Italia ha espresso contrarietà in quanto con tale provvedimento viene operato uno stravolgimento della riforma varata dall'allora Ministro Moratti in un settore così delicato, di fondamentale importanza per lo sviluppo scientifico, che deve operare in un quadro normativo certo e stabile.
Uno degli aspetti fondamentali del provvedimento in esame è il riconoscimento dell'autonomia statutaria degli enti di ricerca, ferma restando la responsabilità del Governo nell'indicazione della missione e degli obiettivi degli stessi, in raccordo con il programma nazionale della ricerca. Si affida all'ANVUR, l'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca, la valutazione dei risultati; si attribuiscono a tale ente le risorse finanziarie per la valutazione stessa; si compie un riordino degli organi statutari proposto da appositi comitati di selezione nominatiPag. 3di volta in volta dal Governo: è questo l'aspetto grave per un Governo che vuole avere sotto la propria egemonia la ricerca, senza disporre di un numero sufficiente di comitati scientifici dell'università e della ricerca.
La stessa previsione si ha per quanto riguarda il CNR: si fanno delle valutazioni comparative sulla base dei meriti scientifici, sulle misure organizzative; si ha una promozione dell'internazionalizzazione dell'attività di ricerca nonché della collaborazione fra i vari ricercatori; si autorizza il Governo mediante decreti legislativi ad accorpare e scorporare enti e strutture limitatamente ad alcuni settori (ottica, ingegneria navale, eccetera).
Nell'ambito della autonomia conferita agli enti, dunque, il Governo ha sempre una maggiore influenza e condiziona notevolmente gli enti di ricerca che, in realtà, dovrebbero essere autonomi, in virtù della valutazione della qualità della ricerca e attraverso la sovvenzione della stessa secondo i principi della qualità e della meritocrazia e, quindi, non a pioggia.
Quel che è grave è che il Governo si assume in fondo il compito di operare una valutazione e che può comporre e scomporre gli enti di ricerca a proprio piacimento e ciò non ci piace.
Ma ciò che maggiormente stupisce è il fatto che non vengono assegnati fondi sufficienti alla ricerca; per fortuna, con il 5 per mille, i cittadini hanno mostrato di apprezzare il sistema che il Governo Berlusconi ed il Ministro Tremonti hanno cercato di inserire nell'ordinamento ed hanno maggiormente sovvenzionato la ricerca. L'attuale Governo, invece, non assume alcun impegno a tal proposito.
Il nostro Paese investe risorse sempre minori per l'attività di ricerca di base funzionale alla classe produttiva del Paese: si avverte, quindi, la necessità di migliorare la nostra ricerca, le condizioni dei nostri ricercatori. Si discute del motivo per cui i ricercatori si recano all'estero, ma bisogna essere consapevoli dei mezzi che mettiamo a loro disposizione.
Ecco perché, attraverso l'ordine del giorno da me presentato, chiediamo un impegno del Governo affinché si garantisca una maggiore disponibilità di fondi per la ricerca scientifica nel nostro Paese.
PRESIDENTE. L'onorevole Pelino ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Galli n. 9/2599/19, di cui è cofirmataria.
PAOLA PELINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento al nostro esame, presentato dal Ministro dell'università e della ricerca Mussi, all'articolo 1, rubricato «Riordino degli enti di ricerca», reca gli intenti del legislatore e risulta del seguente tenore: «Allo scopo di promuovere, sostenere, rilanciare e razionalizzare le attività nel settore della ricerca e di garantire autonomia, trasparenza ed efficienza nella gestione degli enti pubblici nazionali di ricerca, il Governo è autorizzato ad adottare uno o più decreti legislativi (...), al fine di provvedere al riordino degli statuti e degli organi di governo degli enti pubblici nazionali di ricerca, vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca, nel rispetto dei principi e criteri direttivi indicati nell'articolo 18 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e dei seguenti: a) riconoscimento agli enti della autonomia statutaria, nel rispetto dell'articolo 33, sesto comma, della Costituzione e in coerenza con i principi della Carta europea dei ricercatori, allegata alla raccomandazione n. 2005/251/CE della Commissione (...), al fine di salvaguardarne l'indipendenza e la libera attività di ricerca, volta all'avanzamento della conoscenza, ferma restando la responsabilità del Governo nell'indicazione della missione e di specifici obiettivi di ricerca per ciascun ente, nell'ambito del Programma nazionale della ricerca (PNR) e degli obiettivi strategici fissati dall'Unione europea; b) affidamento all'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca (ANVUR) del compito di valutare la qualità dei risultati della ricerca svolta dagli enti, nonché l'efficacia e l'efficienza delle loro attività istituzionali, riferendo periodicamente al Governo con appositi rapporti»; c) attribuzione agli enti delle risorse finanziarie statali sulla base di criteriPag. 4che tengano conto della valutazione di cui alla lettera b); d) riordino degli organi statutari, con riduzione del numero dei loro componenti, garantendone altresì l'alto profilo scientifico e le competenze tecnico-organizzative e prevedendo nuove procedure di individuazione dei presidenti e dei componenti di nomina governativa dei consigli di amministrazione, che sono l'organo di governo degli enti, tramite scelte effettuate in rose di candidati proposte da appositi comitati di selezione nominati di volta in volta dal Governo, assicurando negli stessi comitati un'adeguata rappresentanza di esponenti della comunità scientifica e comunque escludendone i dipendenti dell'ente interessato e il personale del Ministero dell'università e della ricerca; e) composizione del consiglio di amministrazione del Consiglio nazionale delle ricerche in modo da assicurare che la metà dei componenti sia di nomina governativa; f) adozione di procedure di valutazione comparativa, sulla base del merito scientifico, per l'individuazione dei direttori degli organi di ricerca; g) adozione di misure organizzative volte a potenziare la professionalità e l'autonomia dei ricercatori, semplificando le procedure amministrative relative all'attività di ricerca, e valorizzando il ruolo dei consigli scientifici; h) adozione di misure volte a favorire la dimensione europea e internazionale della ricerca, incentivando la cooperazione scientifica e tecnica con istituzioni ed enti di altri Paesi; i) introduzione di misure volte a favorire la collaborazione con le attività delle regioni in materia di ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi».
Questo recita il primo comma; il comma 4, invero, sembrerebbe ricondurre ad equità la portata applicativa del provvedimento, in quanto recita: «In sede di prima applicazione della presente legge, per la formulazione degli statuti il Governo si avvale, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, di una o più commissioni composte da esperti di alto livello scientifico, ai quali non è riconosciuto alcun compenso o indennità».
A poco rileva la rituale clausola di invarianza di cui all'articolo 1, comma 8, del disegno di legge in discussione, secondo la quale «Dall'attuazione delle norme di ciascun decreto di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».
Rilevo la ricorrente connotazione di disequilibrio normativo-finanziario di simili provvedimenti che comportano impegni, anche rilevanti, per la finanza pubblica, salvo poi sancire l'invarianza di spesa.
Appare chiaro che le risorse finanziarie da impiegare ci sono. Al riguardo, basta pensare, come è previsto nel testo del disegno di legge al nostro esame, all'affidamento all'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca (ANVUR) - certamente organo collegiale discretivo da remunerare, di cui dovrebbero essere ben definiti composizione, compiti e poteri - del compito di valutare la qualità dei risultati della ricerca; all'attribuzione agli enti di ricerca delle risorse finanziarie statali sulla base di criteri che tengano conto, appunto, della valutazione di cui alla predetta Agenzia; infine, alle nuove procedure di individuazione dei presidenti e dei componenti di nomina governativa dei consigli di amministrazione nell'ambito del riordino degli organi statutari, dove è forte l'impronta governativa.
PRESIDENTE. Onorevole Pelino, la invito a concludere.
PAOLA PELINO. Senza contare poi il ruolo dei direttori degli organi di ricerca. Per tutte queste ragioni, il disegno di legge in esame evidenzia come tra i suoi obiettivi vi siano quelli del rilancio e della promozione della ricerca, ma inseriti in un'ottica centralista, statalista ed anche anacronistica, non al passo con l'evoluzione europea.
PRESIDENTE. Onorevole Pelino, deve concludere.
PAOLA PELINO. Quindi, bisogna ridare priorità al riequilibrio delle percentuali diPag. 5risorse umane, tramite l'assunzione ed il completamento del personale destinato alla ricerca, come auspicato dalla conferenza dei presidenti degli enti di ricerca: questo è l'impegno chiesto, da parte mia, al Governo con l'ordine del giorno Galli n. 9/2599/19.
PRESIDENTE. L'onorevole Fabbri ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Pelino n. 9/2599/5, di cui è cofirmatario.
LUIGI FABBRI. Signor Presidente, tutti quanti, quando parliamo della competitività del nostro Paese, siamo soliti affermare che vi è un deficit di ricerca, di innovazione e di tecnologia. Con riferimento, in particolare, alla piccola e media impresa italiana, che difficilmente accede ai finanziamenti, ad esempio, europei per poter svolgere questo tipo di ricerca, la scarsissima collaborazione esistente tra l'imprenditoria e l'università fa sì che, effettivamente, tale deficit di ricerca e di innovazione risulti una tra le cause principali del nostro continuo declinare nella competizione globale.
Il disegno di legge in esame fa del rilancio e della promozione della ricerca il suo fulcro, ma lo fa in un'ottica centralista ed anacronistica, di modo che gli obiettivi vengono soltanto pilotati, ed indirizzati. Sarebbe meglio puntare su un incremento dei fondi per la ricerca - che come al solito mancano - da destinare, anzitutto, alle risorse umane.
I ricercatori italiani sono infatti, nelle università estere, tra i più quotati e non ci dobbiamo meravigliare se i nostri migliori cervelli emigrano, e non soltanto negli Stati Uniti, per trarre soddisfazione dal loro lavoro.
L'ordine del giorno Pelino n. 9/2599/5 impegna il Governo ad adottare tutte le iniziative necessarie al fine di imprimere, veramente, una svolta moderna ed europea, ad esempio valorizzando i precari.
Rispetto anche alla polemica interna al centrosinistra ed al Governo in primis, sulla precarietà - in Commissione lavoro stiamo, peraltro, concludendo un'indagine conoscitiva su questo tema - appare evidente che tale condizione si rileva soprattutto negli enti pubblici, nella pubblica amministrazione e nelle università, laddove vengono frustrate tutte le aspirazioni dei ragazzi che, invece, vorrebbero cimentarsi nella ricerca.
La ricerca è troppo importante per il nostro apparato produttivo, ma il rapporto tra enti di ricerca ed imprese è ancora lontano dalla sua definizione, mentre il mondo della scuola e quello del lavoro sono sempre stati due organi separati.
Avveniva, quando eravamo ragazzi, che allorché uno dei nostri amici trovava lavoro lo si perdeva di vista, perché il mondo della scuola e quello del lavoro significavano due strade diverse e, il più delle volte, divergenti. Le imprese del nostro Paese, la piccola e media impresa soprattutto, negli anni «ante-euro» potevano concorrere sui mercati grazie alla debolezza della lira - i Governi del centrosinistra operavano svalutazioni definite, appunto, virtuose al fine di rendere competitivi i prodotti nella competizione globale - mentre oggi la competizione si vince solo grazie alla qualità, all'innovazione ed alla ricerca. Per tale motivo, proprio per accrescere la competitività del nostro sistema produttivo, bisogna superare il problema del precariato entro il 2008.
PRESIDENTE. L'onorevole Bernardo ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2599/16.
MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, vorrei svolgere alcune premesse a commento dell'ordine del giorno in esame. Infatti, la nostra formazione politica ha avuto modo di ribadire alcuni concetti nel corso della discussione al Senato, nelle rispettive Commissioni e, poi, anche in questa sede. Credo che i due modelli ispiratori del provvedimento in esame partano un po' da lontano, e si debbano quindi ricondurre all'esperienza culturale che distingue chi governa oggi, nel proporre una forma di statalismo - direi forzato - rispetto, ancora una volta, ad argomenti così delicati quali gli enti diPag. 6ricerca a carattere anche scientifico, e non solo. Tale esperienza culturale porta ad immaginare che le mani vadano poste anche sui suddetti enti e soprattutto - aspetto ancora più grave, che abbiamo verificato anche in molte altre occasioni di tipo legislativo - riconduce a mettere mano su leggi presentate dallo scorso Governo per la pura volontà di arrivare a modificare un quadro che invece andrebbe sicuramente bene, anche perché lo spirito con cui il Ministro Moratti, il Viceministro Possa - direi tutta la coalizione - avevano immaginato di costituire e riformare organismi importanti, soprattutto nell'ambito di uno scenario non solo nazionale, ma sovranazionale, ci conducono al prodotto elaborato sino ad ora.
L'atto di indirizzo in esame in questo caso, poiché purtroppo non abbiamo avuto la soddisfazione di vedere approvati gli emendamenti che riguardavano anche il contenuto di questo ordine del giorno, ossia la possibilità di immaginare legittimamente - come sancisce peraltro l'articolo 33 della Costituzione - la legittima autonomia che dovrebbero avere gli enti di ricerca, che dal punto di vista della scienza, della tecnologia, dell'innovazione - si pensi soprattutto a coloro che lavorano nel campo delle ricerche, che rendono grande il nostro Paese, non solo all'interno dei nostri confini ma anche all'estero - debba avere la giusta autonomia che, purtroppo, le varie disposizioni che compongono il disegno di legge in esame, limitano. Avviene lo stesso quando si passa alla disponibilità che il Governo vuole riconoscere alle commissioni pertinenti, soprattutto quando entra nel merito di una competenza specifica, laddove si parla di statuti e di operatività che questi stessi organismi non riuscirebbero ad attuare rispetto ad atti di indirizzo del Governo e quindi alla possibilità di arrivare a commissariare o, addirittura, di inserirsi anche nell'indirizzo gestionale, delegando le commissioni competenti ad entrare nel merito dell'autonomia, così come - a volte ci si dimentica di ciò - anche la Costituzione prevede.
Ecco perché - ed aggiungo un'ulteriore considerazione - giudichiamo improprio immaginare che il percorso ci conduca a coinvolgere le Commissioni parlamentari competenti. Credo che sarebbe più opportuno ritornare a quanto già pensato durante la scorsa legislatura. Immaginare di rafforzare, quindi con una visione completamente diversa, un indirizzo completamente opposto e rispettare la giusta e legittima autonomia di persone che compongono questi organismi, che operano in aspetti della vita del nostro Paese importanti, perché costituiscono il modello di riferimento e, di fatto, vengono continuamente coinvolti dal Governo a livello nazionale, attraverso il sistema delle università, il mondo della ricerca e della scienza, in cui il nostro Paese certamente non è dietro ad altri.
Forse si potrebbe fare qualche battuta rispetto alle risorse dimensionate sui temi della ricerca. Mi auguro che l'ordine del giorno in esame possa essere approvato, anche considerando che la nostra forza politica non ha avuto la giusta soddisfazione rispetto a proposte emendative riproposte in più occasioni, prima al Senato e, poi, alla Camera. Tale approvazione fornirebbe un'esigente legittimità a chi lavora all'interno di questi organismi, a chi possiede il background, che consente al nostro sistema Paese di rendere grande l'Italia nel campo della ricerca, garantendo l'autonomia di cui vi è il necessario bisogno.
PRESIDENTE. Avverto che il gruppo di Forza Italia ha ampiamente esaurito il tempo a sua disposizione. Consentirò comunque un intervento per l'illustrazione di ciascun ordine del giorno e un intervento per dichiarazione di voto per non più di due minuti e mezzo, da imputarsi ai tempi riservati agli interventi a titolo personale.
L'onorevole Mazzaracchio ha facoltà di illustrare l'ordine del giorno Palumbo n. 9/2599/20, di cui è cofirmatario.
SALVATORE MAZZARACCHIO. Signor Presidente, prendiamo atto con soddisfazionePag. 7che un consistente numero di contribuenti ha usufruito della possibilità di destinare, attraverso la denuncia dei redditi, il 5 per mille alla ricerca scientifica. Questo ordine del giorno si pone due obiettivi. Il primo riguarda la tempistica. È, infatti, necessario erogare immediatamente i fondi di cui si tratta. Diversamente, tutte le dichiarazioni, volte a fermare la fuga di «cervelli» mediante incoraggiamenti ed incentivi, diventano logicamente belle parole e non si raggiunge l'obiettivo, in quanto tale fuga prosegue.
Il secondo obiettivo dell'ordine del giorno è la questione del «tetto». Purtroppo, infatti, la legge finanziaria per il 2007 prevede un «tetto» che non consente di erogare oltre il 3 per mille, per la cifra complessiva di 250 milioni di euro. Questo ordine del giorno chiede, pertanto, che, perlomeno con i prossimi strumenti finanziari, si proceda alla rettifica e alla rimozione di tale «tetto», in modo che la ricerca possa usufruire di tutti di fondi destinati dai contribuenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Boscetto ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2599/9.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, il disegno di legge in esame, tra gli indirizzi e i criteri direttivi della delega legislativa, evidenzia anche l'adozione di misure volte a favorire la dimensione europea ed internazionale della ricerca, incentivando la cooperazione scientifica e tecnica con istituzioni ed enti di altri Paesi e anche l'introduzione di misure volte a favorire la collaborazione con le attività delle regioni in materia di ricerca scientifica e tecnologica e di sostegno all'innovazione dei settori produttivi. Riteniamo estremamente importante tale sostegno. Nel nostro ordine del giorno, evidenziando come il collegamento tra enti di ricerca e mondo imprenditoriale, in particolare con le piccole e medie imprese, sia fondamentale per il panorama produttivo del nostro Paese, impegniamo il Governo a valutare l'opportunità di consultare, in vista dell'emanazione dei decreti legislativi, esponenti del mondo industriale e produttivo.
Tale consultazione a largo raggio credo possa diventare estremamente utile per la redazione dei decreti legislativi.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Lazzari: s'intende che abbia rinunziato all'illustrazione del suo ordine del giorno n. 9/2599/22.
L'onorevole Aprea ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2599/10.
VALENTINA APREA. Signor Presidente, nella scorsa legislatura il Ministro Moratti ha promosso una riforma proprio al fine di ridare impulso agli enti di ricerca. La riforma voluta dal Governo Berlusconi e dal Ministro Moratti nell'ambito degli enti di ricerca ha avuto, tra gli altri, i seguenti obiettivi: creare condizioni per l'inserimento delle reti di ricerca italiane nelle reti di ricerca europee, garantire maggiori opportunità per i giovani, sburocratizzare gli enti, introdurre più efficienza nella loro gestione e porre i ricercatori al centro del sistema, sviluppare la cultura manageriale e di progetto dei ricercatori, rafforzare i collegamenti tra enti di ricerca, università e mondo produttivo, creare le condizioni per una migliore mobilità dei ricercatori con le università e con le imprese ed attrarre i migliori ricercatori e i migliori giovani dalla comunità scientifica internazionale.
Il provvedimento in esame, invece, rappresenta una inopportuna controriforma decisamente involutiva, che stravolge la riforma Moratti, provocando conseguenze negative in quanto la ricerca scientifica, per potere operare efficacemente, ha necessità di un quadro di riferimento normativo certo e stabile. Per tali motivi, signor Presidente, chiediamo al Governo di valutare l'opportunità di effettuare un costante monitoraggio degli effetti applicativi dei decreti legislativi, al fine di adottare ulteriori iniziative normative, anche in sede di adozione delle disposizioni correttive, finalizzate eventualmente a confermare il quadro normativo prodotto dalla riforma Moratti, evitando così un anacronistico ritorno ad un sistema ormai superato, che produrrebbe un grave danno adPag. 8un Paese come il nostro, in cui il progresso scientifico e tecnologico risulta essenziale, anche per contrastare la concorrenza commerciale dei Paesi di nuova industrializzazione.
Dunque, sottosegretario Modica, avete voluto un provvedimento per far «saltare» tutti gli organismi di vertice degli enti di formazione, degli enti di ricerca. Ci siete riusciti, ma ora ristabilite l'equilibrio così faticosamente creato con la riforma della scorsa legislatura per favorire un incremento e uno sviluppo delle basi poste e per non far «saltare» tutto e ricominciare, ancora una volta, tutto da capo, anche nell'ambito della ricerca.
PRESIDENTE. L'onorevole Baldelli ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/2599/4.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, desidero illustrare brevemente, a titolo personale, questo ordine del giorno che reca la firma anche del collega Tommaso Pellegrino. Si tratta, pertanto, di un ordine del giorno di natura bipartisan, su un tema largamente condiviso come quello dell'incentivazione della presenza dei nostri giovani ricercatori attraverso il meccanismo dell'inversione della spesa.
È noto che gran parte dei fondi che, in senso lato, vengono destinati alla ricerca alla fine sono utilizzati per il personale degli enti. È evidente che gli enti di ricerca, in generale, hanno la brutta abitudine di assumere personale di natura precaria, con contratti flessibili penso all'ISTAT e a molti istituti che fanno ricorso a collaborazioni esterne. Tale modo di operare, che comporta un peso che grava più sul mantenimento della struttura che non su quello dei progetti finalizzati alla ricerca, risulta una chiara anomalia del sistema.
Con questo ordine del giorno, che speriamo venga accettato dal Governo, chiediamo un'inversione di tendenza della spesa e, quindi, una maggiore finalizzazione agli obiettivi di ricerca dei fondi che vengono gestiti dagli enti. Quindi, al di là del fatto che vi è una riorganizzazione degli enti di ricerca, noi proponiamo di intervenire sulla tendenza di destinare la maggioranza di tali fondi a progetti di ricerca, anziché lasciarli «dormire» sulla voce delle spese di mantenimento del personale. Crediamo che la discussione svolta sul tema della ricerca, non esente da cenni, fin troppo sentiti, di una retorica che quasi indispone, debba poi essere finalizzata concretamente ad un progetto preciso, ossia destinare effettivamente alla ricerca i fondi per la ricerca.
Ci sembra un'iniziativa di buonsenso su un tema che, peraltro, è condiviso. Faccio appello alla sensibilità del Governo affinché accetti questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Il Governo accetta gli ordini del giorno Tessitore n. 9/2599/1, Mellano n. 9/2599/2 e Folena n. 9/2599/3; non accetta gli ordini del giorno Baldelli n. 9/2599/4, Pelino n. 9/2599/5 e Garagnani n. 9/2599/6. Il Governo, inoltre, accetta l'ordine del giorno Bertolini n. 9/2599/7, mentre non accetta l'ordine del giorno Mistrello Destro n. 9/2599/8, accetta l'ordine del giorno Boscetto n. 9/2599/9, mentre non accetta gli ordini del giorno Aprea n. 9/2599/10 e Pescante n. 9/2599/11.
Il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Palmieri n. 9/2599/12, perché l'affermazione in esso contenuta è stata già recepita nel provvedimento, con l'approvazione degli emendamenti avvenuta nel corso della seduta di ieri.
Il Governo non accetta gli ordini del giorno Adornato n. 9/2599/13 e Carlucci n. 9/2599/14, mentre accetta l'ordine del giorno Lainati n. 9/2599/15. Il Governo non accetta l'ordine del giorno Bernardo n. 9/2599/16, mentre accetta l'ordine del giorno Verdini n. 9/2599/17.
Sull'ordine del giorno Carfagna n. 9/2599/18, rilevo che, così come è formulato, ripete una disposizione già presente nel testo del disegno di legge in esame, quindiPag. 9il Governo invita al ritiro di tale ordine del giorno oppure si dichiara disponibile ad accettarlo, anche se esso non aggiunge nulla a ciò che è già contenuto nel testo del provvedimento approvato ieri.
PRESIDENTE. Signor sottosegretario, non abbiamo capito qual è il parere del Governo sull'ordine del giorno Carfagna n. 9/2599/18, la inviterei pertanto a chiarirlo.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Il Governo invita l'onorevole Carfagna al ritiro del suo ordine del giorno n. 9/2599/18 perché il suo contenuto è già presente nel disegno di legge in esame non quindi per motivi di contrarietà.
Il Governo accetta gli ordini del giorno Galli n. 9/2599/19 e Palumbo n. 9/2599/20, mentre accetta l'ordine del giorno Baiamonte n. 9/2599/21 se riformulato sopprimendo il secondo capoverso della premessa, altrimenti tale ordine del giorno non è accettato.
Infine, il Governo non accetta gli ordini del giorno Lazzari n. 9/2599/22 e Poretti n. 9/2599/23.
PRESIDENTE. Secondo la prassi, ove i presentatori non insistano, gli ordini del giorno accettati dal Governo non saranno posti in votazione.
Chiedo all'onorevole Baldelli se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2599/4, non accettato dal Governo. Le ricordo, onorevole Baldelli, che ha a disposizione due minuti e mezzo per intervenire.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, forse avrò bisogno anche di minor tempo. Intervengo solo per chiedere conto al Governo del motivo per cui non ha accettato un ordine del giorno che nel dispositivo recita testualmente: «impegna il Governo ad invertire la tendenza della spesa, che in questo momento è sbilanciata più verso la gestione degli apparati che verso l'attività di ricerca, valorizzando e stimolando in tale quadro, anche dal punto di vista economico, i ricercatori più brillanti e capaci, secondo il principio della meritocrazia».
Allora mi domando se il Governo sia contro il principio della meritocrazia e contro i ricercatori; per quale curiosa ragione, altrimenti, un tale ordine del giorno, sottoscritto da un collega di maggioranza e uno di opposizione su una tematica condivisa, riceve il parere contrario del Governo? Se non apprezza l'utilizzo della parola «apparati», il Governo deve dirlo in modo che si possa riformulare il testo sostituendo tale espressione; però, a mio avviso, è veramente una posizione demenziale quella di dire «no» a questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, anche io ho qualche perplessità in ordine al parere contrario del Governo sull'ordine del giorno Baldelli n. 9/2599/4, di cui sono cofirmatario, in quanto abbiamo sottolineato l'importanza, soprattutto in ordine alla ricerca e ai tanti giovani ricercatori in Italia, del principio della meritocrazia, che ci auguriamo possa tornare in auge nel nostro Paese. L'ordine del giorno in esame vuole infatti solo riaffermare questo importante principio dato che, proprio nella ricerca e per tanti anni, si è privilegiata esclusivamente una situazione lobbistica e di apparati, mentre ora dovremmo iniziare ad invertire questa tendenza cercando sia di investire di più sui giovani ricercatori, sia di puntare maggiormente su una ricerca che sia realmente basata sul principio qualitativo anziché quantitativo. Troppe volte in Italia, infatti, sono state effettuate valutazioni esclusivamente quantitative ovvero i finanziamenti sono stati ripartiti senza alcun tipo di valutazione sulla qualità della nostra ricerca. Riteniamo, dunque, che si debba cercare di valutare maggiormente l'elemento meritocratico e di qualità della ricerca italiana (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
Pag. 10PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, i deputati del gruppo de La Rosa nel Pugno condividono il dispositivo dell'ordine del giorno Baldelli n. 9/2599/4; quindi, semplicemente dichiariamo il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati dei gruppi La Rosa nel Pugno e Forza Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Baldelli n. 9/2599/4, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Lega Nord Padania e Verdi - Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 454
Astenuti 3
Maggioranza 228
Hanno votato sì 244
Hanno votato no 210).
Prendo atto che i deputati Poretti, Mellano e Mancini hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto favorevole e che il deputato Raiti ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Pelino n. 9/2599/5.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pelino n. 9/2599/5, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 463
Votanti 461
Astenuti 2
Maggioranza 231
Hanno votato sì 217
Hanno votato no 244).
Prendo atto che il deputato Mellano ha segnalato di non essere riuscito a votare e che la deputata Poretti avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/2599/6, non accettato dal Governo.
FABIO GARAGNANI. Sì, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intervengo per ribadire, in termini più circostanziati, quanto affermato ieri in merito all'Istituto italiano di tecnologia. A mio avviso, infatti, il Governo ha sottovalutato completamente la realtà di questo importante ente di ricerca la cui opera è rivolta soprattutto a tre ambiti, ovvero le neuroscienze, la robotica e le nanobiotecnologie, con lo scopo di utilizzare queste discipline nei settori manifatturiero, medico-chirurgico, sicurezza ed esplorazione dello spazio. Proprio la realtà quotidiana mostra che l'utilizzo di queste discipline in tali ambiti è stato altamente proficuo e si sono avuti riconoscimenti ai vari livelli.
In questo senso l'ordine del giorno in esame impegna il Governo ad attivarsi in modo molto più incisivo di quanto non sia previsto nel provvedimento in esame, soprattutto ai fini di ripristinare la preesistente organizzazione dell'istituto, alla luce delle novità che ha saputo realizzare e degli obiettivi - peraltro raggiunti - previamente configurati. Questa è la ragione per cui abbiamo presentato tale ordine delPag. 11giorno che, a nostro avviso, tende ad apprezzare e a dare un riconoscimento esplicito ad un ente particolarmente utile per il nostro Paese. Siamo non in presenza di un carrozzone burocratico, ma di un ente e di un organismo che, non soltanto ha realizzato ottimi risultati, ma raggiungerà prospettive significative nei settori dianzi enunciati.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, non è possibile non votare a favore dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/2599/6. Stiamo parlando di un istituto che ha favorito anche le attività di alcuni nostri premi Nobel, di ricerca sulle neuroscienze, sulla robotica, sulle nanobiotecnologie, allo scopo di utilizzare tali discipline per il settore manifatturiero - che, dal punto di vista economico, è sempre stato ed è una delle nostre eccellenze, anche con riferimento all'esportazione all'estero - e per quello medico-chirurgico, contribuendo alla ricerca in medicina e ai risultati realizzati dalle nostre università, compresa quella di Pisa, dove lei, signor sottosegretario, è stato magnifico rettore. Com'è possibile?
Nel dispositivo si invita il Governo a riordinare l'Istituto italiano di tecnologia, che tanto lustro ha dato all'Italia - soltanto questo - e a tenere in considerazione questo campo di ricerca, che è sempre stato un fiore all'occhiello e che gli onorevoli Garagnani, Aprea, Adornato e Carlucci hanno sottoposto all'attenzione dell'Assemblea. Come si fa a dire di no? Su quali basi diciamo di no alla ricerca e a tutto quello che è riuscito a realizzare tale istituto? Non dimentichiamo che nel settore delle neuroscienze ha permesso ad una nostra senatrice di ottenere il finanziamento e condurre l'attività di ricerca fino ad ottenere il premio Nobel! E noi, invece, diciamo di no, che abbiamo sbagliato tutto? Suvvia, ravvedetevi. Non è possibile! Mi sembra che, come si è sostenuto oggi sulla stampa, la «sindrome di Gerusalemme» stia colpendo troppe persone, anche in questa aula!
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garagnani n. 9/2599/6, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 475
Maggioranza 238
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 247).
Ricordo che l'ordine del giorno Bertolini n. 9/2599/7 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Mistrello Destro n. 9/2599/8.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Mistrello Destro n. 9/2599/8, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 478
Votanti 475
Astenuti 3
Maggioranza 238
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 248).
Ricordo che l'ordine del giorno Boscetto n. 9/2599/9 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori dei successivi ordini del giorno, non accettati dal Governo, insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.Pag. 12
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Aprea n. 9/2599/10, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 478
Astenuti 2
Maggioranza 240
Hanno votato sì 228
Hanno votato no 250).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pescante n. 9/2599/11, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 480
Astenuti 2
Maggioranza 241
Hanno votato sì 229
Hanno votato no 251).
Prendo atto che il deputato Palmieri, presentatore dell'ordine del giorno n. 9/2599/12, non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Palmieri n. 9/2599/12, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 489
Votanti 487
Astenuti 2
Maggioranza 244
Hanno votato sì 232
Hanno votato no 255).
Prendo atto che il deputato Viola ha segnalato che non è riuscito a votare e avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo atto che i presentatori dei successivi ordini del giorno, non accettati dal Governo, insistono per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Adornato n. 9/2599/13, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 481
Astenuti 1
Maggioranza 241
Hanno votato sì 227
Hanno votato no 254).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Carlucci n. 9/2599/14, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 488
Maggioranza 245
Hanno votato sì 232
Hanno votato no 256).
Ricordo che l'ordine del giorno Lainati n. 9/2599/15 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore insiste per la votazione dell'ordine del giorno Bernardo n. 9/2599/16.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bernardo n. 9/2599/16, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 482
Votanti 481
Astenuti 1
Maggioranza 241
Hanno votato sì 231
Hanno votato no 250).
Ricordo che l'ordine del giorno Verdini n. 9/2599/17 è stato accettato dal Governo.
Prendo atto che la deputata Carfagna, presentatrice dell'ordine del giorno n. 9/2599/18, non accede all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insiste per la votazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Carfagna n. 9/2599/18, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 483
Votanti 481
Astenuti 2
Maggioranza 241
Hanno votato sì 230
Hanno votato no 251).
Ricordo che gli ordini del giorno Galli n. 9/2599/19 e Palumbo n. 9/2599/20 sono stati accettati dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione proposta dal Governo dell'ordine del giorno Baiamonte n. 9/2599/21.
GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, accetto la riformulazione proposta dal Governo, anche se ciò avvalora il nostro sospetto che esso voglia mettere le mani sugli enti di ricerca. Pertanto, accetto la riformulazione, ma insisto ugualmente per la votazione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Baiamonte n. 9/2599/21, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 483
Votanti 472
Astenuti 11
Maggioranza 237
Hanno votato sì 417
Hanno votato no 55).
Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lazzari n. 9/2599/22.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, invito i colleghi a leggere l'ordine del giorno in esame. Esso impegna il Governo a far sì che la ricerca pubblica sia integrata con quella delle imprese private. In particolare, nel dispositivo si impegna l'Esecutivo ad adottare le ulteriori iniziative normative di propria competenza volte a rafforzare l'autonomia e l'efficienza della ricerca, coinvolgendo nella massima misura possibile le imprese private. Si chiede alPag. 14Governo quindi di impegnare anche le imprese private nella ricerca, noi invece, diciamo «no»!
Fatemi capire, onorevoli colleghi stiamo dicendo al popolo italiano e alle imprese che non devono fare ricerca e che il Governo li lascia soli, senza un riordino della materia o un coordinamento? Credo che l'ordine del giorno debba essere accettato dal Governo. Invito, quindi, il sottosegretario a riflettere ed a riconsiderare il suo parere, altrimenti verrebbero a mancare i presupposti stessi per favorire la ricerca in Italia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Poretti. Ne ha facoltà.
DONATELLA PORETTI. Preannuncio il mio voto favorevole sull'ordine del giorno in esame e richiamo l'attenzione dei colleghi su di esso e sul successivo, perché in parte affrontano lo stesso argomento.
Si tratta del riordino degli enti di ricerca, quindi dell'intervento dello Stato, che giustamente deve intervenire su questa materia anche dal punto di vista economico. È giusto, però, che proprio con gli ordini del giorno si inizi a indicare anche ciò che deve fare il privato e come lo Stato, in qualche modo, può e deve agevolare gli investimenti del privato nella ricerca scientifica.
Per l'approfondimento del tema, rimando al mio intervento sul successivo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, vorrei pregare il sottosegretario di rileggere l'ordine del giorno in esame e di riconsiderare la propria posizione. Si tratta di un ordine del giorno assolutamente ragionevole, che contiene quello che dobbiamo auspicare per la ricerca scientifica in Italia.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, ho riletto l'ordine del giorno, ma esso - mi dispiace per i colleghi - afferma ciò che dichiara l'onorevole Barani soltanto nel dispositivo, perché nelle premesse sostiene che il disegno di legge in esame evidenzia «un elevato grado di pervasività dell'azione del Governo in materie che di fatto rendono difficile la collaborazione e le sinergie con la ricerca privata». Poiché un ordine del giorno è composto dalle premesse e dal dispositivo, accettandolo si accoglierebbero anche le premesse, e francamente mi sembra che questo non possa avvenire. Ciò vale anche per molti altri ordini del giorno che sono stati presentati e mi spiace che gli onorevoli non lo abbiano notato.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, desidero un chiarimento da parte del sottosegretario: se non ho capito male, egli non accetterebbe le premesse, mentre accoglierebbe il dispositivo. In tal caso, si potrebbe votare l'atto per parti separate, esprimendo due voti distinti: uno relativo alle premesse, l'altro al dispositivo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario potrebbe anche chiedere una riformulazione, con l'espunzione della premessa.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, ciò è possibile. Il dispositivo è pienamente accettabile dal Governo, anzi il suo contenuto è già presente nel disegnoPag. 15di legge in esame. Comunque, il Governo non ha alcuna difficoltà ad accettare il solo dispositivo.
PRESIDENTE. Chiedo scusa, signor sottosegretario, devo intendere che ha proposto una riformulazione nel senso di espungere la premessa e che, qualora detta riformulazione fosse accettata, il Governo a sua volta accetterebbe l'atto?
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Sì, Presidente.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lazzari n. 9/2599/22.
Chiedo al presentatore se insista per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/2599/23, non accettato dal Governo.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, prima di pronunciarmi chiederei al sottosegretario se intenda compiere la medesima operazione anche con l'ordine del giorno in esame ovvero se ritenga valido il dispositivo e voglia espungere anche in questo caso le premesse nelle quali si riportano dati come, per esempio negli Stati Uniti, la ricerca scientifica si avvalga anche del contributo delle università private.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, mi permetto di sottolineare che in questo caso si tratta di un ordine del giorno diverso, completamente estraneo all'argomento di cui stiamo discutendo: esso infatti tratta del sistema universitario italiano, che - ricordo - si compone di due tipi di università: quelle statali e quelle libere.
Nel dispositivo dell'ordine del giorno in esame si sostiene - prendendo l'esempio, a tutti noto, del sistema americano - che occorre che in Italia si creino «nuovi centri universitari privati».
Ripeto che il Governo, su tale tema, è dispostissimo ad aprire un dibattito, ma non è l'argomento all'ordine del giorno e non ci sentiamo di accogliere un ordine del giorno che solleciti tale scelta.
Per quanto riguarda le deduzioni fiscali per chi investe in ricerca e università, si tratta di norme già previste nell'ultima legge finanziaria, che possiamo anche rivedere, ma mi sembra francamente un ordine del giorno che giustappone temi completamente diversi rispetto a quelli che sono alla nostra attenzione, pertanto suggerirei di rimandare la trattazione di tali temi ad una sede più consona, in cui si esamini un altro provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, mi sembra che, in sede di discussione di un ordine del giorno, indicazioni così restrittive per quanto riguarda la necessità di attenersi alla materia siano fuori luogo: stiamo discutendo di ricerca, credo che si possa inserire l'indicazione al Governo per elaborare una strategia. Non si tratta definire le politiche, che già ci sono, bensì di chiedere uno sforzo ulteriore per - come afferma l'ordine del giorno - «attrarre capitali stranieri e italiani» verso il sistema delle università, quindi della ricerca, anche lavorando ulteriormente sulle defiscalizzazioni dei contributi. Mi sembra una norma di buonsenso, che si muove nella direzione di rafforzare gli investimenti, anche privati, per le università libere nel sistema della formazione e della ricerca italiana. Francamente mi sembra un ordine del giorno di assoluto buonsenso, per questo il gruppo Forza Italia voterà a favore.
Pag. 16PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bosi. Ne ha facoltà.
FRANCESCO BOSI. Signor Presidente, vorrei invitare il rappresentante del Governo ad una riflessione. Innanzitutto non credo si possa affermare che sia fuori contesto un ordine del giorno che riguarda la vita e le sorti dell'università anche ai fini della ricerca scientifica. Ci siamo abituati a vedere addirittura non ordini del giorno, ma provvedimenti che hanno al loro interno parti, articoli e commi che sono completamente fuori contesto, quindi questo richiamo, non mi sembra pertinente.
Posso capire, invece, la questione che è stata sollevata - mi riferisco al dispositivo - circa l'eventualità che il richiamo ai finanziamenti debba avvenire nei confronti di centri universitari privati anziché pubblici. Se la collega Poretti volesse accettare di togliere la specificazione «privati» lasciando genericamente il riferimento a «nuovi centri universitari» senza aggiungere se pubblici o privati, ritengo che non si potrebbe non accogliere la parte dispositiva di un siffatto ordine del giorno. Quindi, qualora la proponente accettasse di togliere la parola «privati», chiederei alla Presidenza di aggiungere anche il mio nome come firmatario dell'ordine del giorno.
PRESIDENTE. Onorevole Poretti, prima che lei prenda la parola ho il dovere di rispondere all'indicazione che proveniva dall'onorevole Bosi. In questa fase l'unico soggetto che può richiedere una riformulazione dell'ordine del giorno è, ovviamente, il Governo e lo stesso presentatore non ha la facoltà di modificarlo in questa parte del procedimento.
ANTONIO LEONE. Qual'è la posizione del Governo?
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, il Governo non propone questa riformulazione perché l'ordine del giorno diverrebbe completamente anomalo con premesse completamente differenti dal dispositivo. Inoltre, il Parlamento italiano in occasione dell'esame della legge finanziaria per il 2007 ha approvato una norma che non punta affatto a creare nuovi centri universitari; anzi, in base ad un giudizio largamente diffuso nell'opinione pubblica secondo il quale si è di fronte ad una proliferazione di università, ha richiesto e stabilito una moratoria nella istituzione di nuove università che siano pubbliche o private, o per meglio dire, statali o libere.
La riformulazione dunque non è richiesta dal Governo, che non è d'accordo con il testo che deriverebbe dalla riformulazione proposta dal deputato precedentemente intervenuto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burgio. Ne ha facoltà.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, siamo contrari all'ordine del giorno Poretti n. 9/2599/23 che riteniamo debba essere assolutamente respinto per una serie di ragioni e, in primo luogo, per l'indebita confusione che introduce tra la questione del riordino degli enti di ricerca e il mondo dell'università che vanno tenuti distinti, ancorché naturalmente debbano interagire con sinergie virtuose.
Ma la vera ragione che ci preoccupa di questo e di altri ordini del giorno (anche dell'ultimo ordine del giorno, Lazzari n. 9/2599/22, che è stato approvato nel dispositivo e che reca, lo vorrei sottolineare, una formulazione preoccupante laddove auspica nella maggiore misura possibile l'inserimento dell'interesse privato nella ricerca italiana) è la logica di privatizzazione che ipocritamente, sottolineo la parola ipocritamente, viene sospinta attraversoPag. 17il richiamo agli investimenti privati peraltro agevolati. Utilizzo il termine ipocritamente perché, colleghi, non c'è un investimento privato che non chieda una contropartita che, in questi casi, è chiaramente - l'esperienza di anni tanto negli enti di ricerca quanto nelle università va in questo senso - che l'impresa vuole dirigere e dettare le linee della ricerca, i programmi di ricerca e persino la didattica che deve essere privilegiata.
Sappiamo che ciò significa discriminare altri programmi di ricerca come la ricerca di base, le ricerche non applicate e tutte le facoltà che non interessano alla impresa.
Vogliamo che sia questa la cosiddetta libertà di didattica e di ricerca? Infine, mi rivolgo a quella forza politica che fa sovente della difesa del sistema formativo pubblico un proprio cavallo di battaglia, evidentemente molto strumentalmente e ideologicamente perché oggi invece, quando si tratta di favorire il privato, scopre qual è la sua riserva mentale in questa materia: bisogna votare contro l'ordine del giorno in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e L'Ulivo).
LUCIO BARANI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Barani non posso darle la parola perché è già intervenuto due volte ed è il massimo degli interventi consentiti a ciascun deputato in fase di dichiarazione di voto sugli ordini del giorno.
ANTONIO LEONE. Ma non può intervenire?
PRESIDENTE. L'onorevole Barani è già intervenuto due volte per dichiarazione di voto e lei sa, presidente Leone, che ciascun deputato può intervenire al massimo per cinque minuti, per due volte, in sede di dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palumbo. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, anch'io intervengo sull'ordine del giorno in esame, sul quale, se parzialmente modificato, potrei aggiungere la mia firma perché, anche se probabilmente è vero quanto affermato dal sottosegretario Modica, cioè che si faccia un accenno eccessivo alle università private, vi è la necessità di cercare di aumentare i fondi ed i finanziamenti per le università italiane, tentando altresì di risolvere l'annoso problema fiscale in materia di finanziamenti alle università, anche pubbliche.
Allora chiedo che - poi deciderà il Governo - l'onorevole Poretti possa riformulare l'ordine del giorno eliminando dalla premessa le parole «le migliori università statunitensi sono in gran parte private» (poiché si tratta di un fatto che d'altronde tutti conosciamo e che può essere eliminato) ed espungendo del tutto dalla parte dispositiva la frase «per la creazione di nuovi centri universitari privati», così rimanendo «per il potenziamento dei nostri atenei italiani, anche attraverso agevolazioni fiscali per coloro che investono nell'università e nella ricerca».
Non capisco perché non si possa accettare tale riformulazione e non sono assolutamente d'accordo con quanto affermato dal collega di Rifondazione Comunista, il quale sostiene che sono i privati e le industrie a voler finalizzare la ricerca. Non è assolutamente così!
Si tratta solamente del fatto che la ricerca ha necessità di fondi che devono essere aumentati, ma se non stimoliamo - considerato che già sussistono i fondi statali - gli investimenti privati come finanziamenti per la ricerca, la ricerca italiana non potrà fare significativi passi avanti ed i nostri ricercatori continueranno ad andare all'estero.
PRESIDENTE. Onorevole Palumbo, anche in questo caso ricordo che nell'attuale fase la proposta di riformulazione può essere presentata unicamente dal Governo, che non mi sembra abbia manifestato la volontà di farlo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, non so se riuscirò ad offrire qualche elemento di valutazione in più al rappresentante del Governo, ma vorrei sottolineare che l'ordine del giorno in esame, nel quale si chiede all'Esecutivo di valutare l'opportunità - anche con la disponibilità da parte dei presentatori di eliminare il termine «privati» dal dispositivo - e di elaborare strategie per attrarre capitali italiani e stranieri, si pone nella direzione complessiva del provvedimento che stiamo esaminando e che ci accingiamo ad approvare.
Si tratta di un tentativo di definire una strategia di politica della ricerca a livello nazionale ed internazionale, anche in ambito europeo.
Diversamente avremmo approvato soltanto una delega per la sistemazione degli enti, pur sapendo che la ricerca oggi è frammentata all'interno del nostro Paese e che c'è bisogno di unicità di indirizzo e, soprattutto, di un progetto efficace e in grado di raggiungere l'obiettivo.
In altri tempi, quando si chiedeva al Governo di valutarne l'opportunità, gli ordini del giorno non suscitavano grandi problemi: si accoglievano per raccomandazione oppure si accettavano in toto. Ritengo che ci troviamo in presenza di una situazione analoga e che il Governo debba dare una sua risposta. Non si tratta di semplicemente di accettare o meno un ordine del giorno.
Bisogna saggiare il comportamento e la volontà del Governo nel procedere verso una politica complessiva della ricerca, che valga non soltanto per gli atenei e per le università, ma anche per l'implementazione, come dicevo poc'anzi, della ricerca distribuita e disseminata all'interno del nostro Paese, anche attraverso uno slancio e un riferimento molto più ampio a livello europeo e internazionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
Onorevole Garagnani nel darle la parola le segnalo che il gruppo di Forza Italia ha ampiamente terminato i tempi previsti dal contingentamento e che la Presidenza si è riservata di attribuire la possibilità al gruppo di Forza Italia, per ciascun ordine del giorno, di esprimere la propria dichiarazione di voto per un massimo due minuti e mezzo. Per il gruppo di Forza Italia è già intervenuto l'onorevole Palumbo, quindi le darò la parola per massimo un minuto, dopodiché invito i suoi colleghi a tener presente la disponibilità della Presidenza.
FABIO GARAGNANI. Intervengo semplicemente per appoggiare, com'è ovvio, l'ordine del giorno in esame e le considerazioni del collega Palumbo, ma anche per rispondere al collega di Rifondazione Comunista, che è intervenuto sulle università statali e private in termini, a mio modo di vedere, non obiettivi. Lo invito a considerare quanto sta succedendo all'università statale di Bologna, dove si sta verificando un «mercato» delle cattedre ed una vera e propria associazione a delinquere, che ha deciso di spartirsi tutti i principali incarichi di docenza nella facoltà di medicina e chirurgia.
Potrei aggiungere altre considerazioni, che mi riservo di svolgere in altra occasione e in altro contesto. Ciò va detto per ribadire che in questa sede è troppo facile dire ogni bene di ciò che è statale e demonizzare il privato. Soltanto da un pluralismo educativo, a livello universitario e non solo, può scaturire quel livello di cultura, di ricerca scientifica e di preparazione, che è indispensabile per il nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tessitore. Ne ha facoltà.
FULVIO TESSITORE. Intervengo brevemente nel tentativo, probabilmente disperato, di offrire qualche chiarimento alla discussione, che mi sembra condotta in termini di assoluta inconsapevolezza.
In primo luogo, vorrei ricordare che il Governo ha già accolto un ordine del giorno in cui si fa riferimento ad una sinergia tra la ricerca degli enti e laPag. 19ricerca universitaria. Se avessi voluto illustrare questo ordine del giorno, avrei ricordato che nella ricerca universitaria e in quella degli enti è presente anche la partecipazione del privato.
Quanto al problema di questi «salvifici interventi» del privato, credo che sia opportuno ricordare che se il nostro Paese è in una situazione di dislivello per quanto concerne il rapporto tra investimento nella ricerca e PIL rispetto agli altri Paesi europei, ciò è dovuto alla mancanza dell'intervento del privato. Dirò di più: è noto a chi conosce la vita degli enti di ricerca, in modo particolare del CNR, che buona parte della ricerca privata è compiuta surrettiziamente con denaro pubblico. Quindi, prima di enunciare «principi salvifici», forse è opportuno conoscere la situazione, dunque ritengo del tutto corretta la proposta del sottosegretario di affrontare l'argomento in sede propria, perché esso merita attenzione anche al fine di ottenere capitali privati all'interno, però in una situazione di assoluta chiarezza, che in ogni modo non sfiguri la identità, vale a dire la funzione dei vari enti, ivi compresa l'università.
Non si tratta di indire nessuna «crociata» contro il privato, ma solo di rivendicare la funzione pubblica della ricerca e dell'insegnamento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bianco. Ne ha facoltà.
GERARDO BIANCO. In realtà il mio intervento è superato da quello dell'onorevole Tessitore, che credo abbia ben precisato quello che dovrebbe essere il punto di vista da assumere sull'ordine del giorno in esame.
La discussione su tale tematica è estremamente complessa e l'ha introdotta, con qualche sottolineatura «iperideologica» l'onorevole Burgio. Il suo intervento dovrebbe far riflettere sull'esigenza di esaminare in altra sede il problema.
Intervengo perché, ove l'ordine del giorno Poretti n. 9/2599/23 dovesse essere mantenuto, il mio voto contrario non sarebbe certo motivato sulla base delle considerazioni dell'onorevole Burgio. Non è tempo di «crociate»! È tempo di esame attento e analitico delle questioni. L'impostazione, quindi, non può essere questa e il mio voto contrario sarebbe motivato solo per la ragione semplice ed opportuna espressa dal sottosegretario, cioè che si tratta di materia estranea al provvedimento che stiamo esaminando.
Mi permetterei di chiedere al presentatore, onorevole Poretti, di ritirare l'ordine del giorno e di riproporlo come mozione in un altro momento, in cui il Parlamento finalmente potrà compiere un esame attento, acuto e generale sul problema della ricerca, evitando sia - mi permetta il latinorum - gli idola tribus sia i luoghi comuni; di compiere in altri termini un esame attento, serio, motivato, ma anche liberato dai pregiudizi ideologici.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, intervengo per aggiungere la mia firma all'ordine del giorno Poretti n. 9/2599/23 e, soprattutto, per stigmatizzare l'intervento svolto dall'onorevole del gruppo di Rifondazione Comunista. Mi sembra di aver colto un timore che spesso la sinistra manifesta, ossia la separazione tra la ricerca teorica e la ricerca applicata, quasi che quest'ultima, poiché spesso richiede finanziamenti privati, sia da demonizzare.
Sappiamo bene che, invece, la debolezza della ricerca italiana risiede proprio nell'inconsistenza dei finanziamenti. Per tale motivo, ben vengano i finanziamenti privati, ben venga la ricerca applicata, perché è attraverso essa che si realizzano lo sviluppo, le nuove tecnologie, la nuova realtà anche industriale e legata al mondo della cultura.
Ribadisco, quindi, di sottoscrivere l'ordine del giorno in esame, a nome del gruppo della Lega Nord Padania.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole d'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, mi sembra che il Governo non abbia intenzione di proporre modifiche, anche rispetto alle obiezioni che i colleghi hanno sollevato. Condividendo gli argomenti del collega Tessitore a favore dell'ordine del giorno, che è intervenuto in precedenza (salvo la conclusione nella quale afferma che è possibile affrontare la questione in un'altra occasione), invito i colleghi - e anche il Governo - a riflettere sul fatto che il dispositivo dell'ordine del giorno Poretti n. 9/2599/23 non è tassativo, per cui da domani si opererà nel senso di potenziare i nostri atenei.
Nel dispositivo è scritto testualmente che l'ordine del giorno in esame «impegna il Governo a valutare l'opportunità di elaborare strategie per attrarre capitali italiani e stranieri». Quindi, mi sembra che l'impegno sia volto alla valutazione dell'opportunità relativa all'elaborazione di strategie. Non mi sembra che l'ordine del giorno Poretti n. 9/2599/23 sia tale da stravolgere la linea politica fin qui assunta dal Governo.
La invito di nuovo, signor sottosegretario, a prendere in considerazione non solo questa parte del dispositivo, ma, se lei lo ritiene opportuno, anche a fare ciò che non ha fatto finora, cioè a proporre una riformulazione relativa alle premesse o alla parte del dispositivo che stiamo discutendo.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, non ritengo che sia compito del Governo nell'aula del Parlamento elaborare cambiamenti drastici degli ordini del giorno, però accolgo quanto proposto nell'intervento dell'onorevole d'Elia.
Pertanto, mi permetto di suggerire, qualora il proponente sia d'accordo, di limitare l'ordine del giorno alla prima delle premesse - è un dato incontestabile che il nostro Paese dedichi alla ricerca una percentuale del PIL inferiore alla media dei paesi dell'OCSE -, prevedendo semplicemente nel dispositivo l'impegno a carico del Governo a valutare l'opportunità di elaborare strategie per favorire l'investimento di capitali privati italiani e stranieri per il potenziamento dei nostri atenei pubblici. In questo caso, mi permetto di far presente che si tratterebbe di un testo completamente diverso da quello proposto dall'onorevole Poretti. Si è domandato al Governo di proporre una riformulazione accettabile: se questo fosse il testo, sarebbe totalmente accettabile. Certamente, il Governo è interessato ad elaborare strategie per favorire l'investimento privato nel sistema universitario - oltre al fatto che le strategie già sono state elaborate - e, come ha già detto l'onorevole Tessitore, è proprio sul versante dell'investimento privato che mancano le risorse per raggiungere la media degli altri paesi dell'OCSE.
Come ho già detto e vorrei ripetere, ritengo non sia compito del Governo riformulare, con tale profondità di cambiamento, l'ordine del giorno. Tuttavia, poiché mi è stato chiesto, lo faccio volentieri.
PRESIDENTE. Onorevole Poretti, accetta la riformulazione proposta dal Governo del suo ordine del giorno n. 9/2599/23 ?
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, effettivamente il Governo sta stravolgendo l'ordine del giorno che ho presentato. Purtroppo, signor sottosegretario, soltanto lei, in questo momento, ha la possibilità di intervenire, altrimenti avrei accettato tranquillamente le proposte formulate, volte ad eliminare la frase: «per la creazione di nuovi centri universitari privati» e mantenere la frase: «per il potenziamento dei nostri atenei italiani», nonché l'espressione: «anche attraverso agevolazioni fiscali per coloro che investono nell'universitàPag. 21e della ricerca», ricordando che si impegna il Governo a valutare l'opportunità di elaborare strategie.
L'unica cosa che non riesco a comprendere, è l'aggiunta, dopo la parola atenei, del termine «pubblici», anziché «italiani».
PRESIDENTE. Onorevole Poretti, non ho compreso se accetta o meno la riformulazione proposta dal Governo.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, la accolgo, ma a condizione che non venga aggiunta la parola «pubblici».
PRESIDENTE. In questo caso, non la accoglie.
DONATELLA PORETTI. No, signor Presidente.
PRESIDENTE. A meno che il Governo non sia disponibile a tale modifica... Devo però prendere atto che il Governo non accetta tale condizione e, pertanto, deduco che lei, onorevole Poretti, non accoglie la riformulazione proposta.
DONATELLA PORETTI. No, signor Presidente ed insisto per la votazione.
PRESIDENTE. Sta bene. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, in primo luogo, vorrei far presente che sono stato sollecitato ad intervenire dall'intervento dell'onorevole Burgio. Stiamo discutendo astrattamente di un fatto molto importante per il nostro Paese.
Non ci rendiamo conto che tutto ciò è collegato al fatto che il nostro Paese si colloca al quarantasettesimo posto negli indici di competitività, cioè siamo stati travolti e ci troviamo vicini ai sistemi africani o del terzo mondo, in quanto collocarsi al quarantasettesimo o quarantottesimo posto in termini di competitività significa essere crollati sotto il profilo degli indici.
Ciò è avvenuto in quanto abbiamo trascurato la ricerca o abbiamo svolto una ricerca non spendibile sul terreno delle applicazioni. Se ci rechiamo in Danimarca, in Norvegia o, comunque, in Europa, ci rendiamo conto che le università sono dentro le imprese.
Pertanto, bene ha fatto il Governo ad accogliere l'ordine del giorno Lazzari n. 9/2599/22, seppure limitatamente al dispositivo. Dobbiamo renderci conto, caro collega Burgio, che il problema non è prevaricare la ricerca da parte del privato, bensì inserire, nell'ambito della ricerca pubblica, l'elemento privato, perché apporta conoscenze che, altrimenti, non avremmo.
Tuttavia, se ciò avviene nella nostra Europa, non capisco il motivo per cui avanziamo perplessità o frapponiamo ostacoli alla collaborazione della struttura pubblica di ricerca con quella privata, tenendo conto delle necessità avvertite dall'apparato produttivo per riguadagnare posizioni, come ho già detto, nella graduatoria della competitività internazionale.
Quindi, il problema non è astratto, non è esclusivamente scientifico o, se volete, culturale, ma è un problema di competitività, di produttività e di presenza del nostro Paese negli scenari internazionali.
Se il sistema Paese vuole riguadagnare posizione in termini di capacità di penetrazione nei mercati e di prodotto innovativo, dobbiamo spendere molto di più nella ricerca! Secondo me, anche l'ordine del giorno Poretti n. 9/2599/23, se fosse stato accettato nella riformulazione del Governo, avrebbe dato una mano nel tentativo di indirizzare il nostro Paese verso questi orizzonti.
Pertanto, colleghi, ripeto, il problema non è esclusivamente teorico, ma pratico; dobbiamo insistere perché la ricerca pubblica si integri nella ricerca privata per dare quelle risposte che il nostro sistema produttivo attende al fine di recuperare la capacità di competere su scala mondiale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine delPag. 22giorno Poretti n. 9/2599/23, non accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) Vedi votazioni).
(Presenti 480
Votanti 470
Astenuti 10
Maggioranza 236
Hanno votato sì 241
Hanno votato no 229).
Prendo atto che il deputato Garofani ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che il deputato Buemi ha erroneamente votato contro mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 2599)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Constato l'assenza dell'onorevole Porfidia, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbieri. Ne ha facoltà.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, mentre lei dava la parola al collega Porfidia, mi è stato detto di consegnare il testo del mio intervento, per la sua pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna. Io non lo farò, perché l'argomento del quale ci stiamo occupando è molto serio ed interessa centinaia di persone del nostro Paese e, quindi, credo non sarebbe serio trattare questa situazione come è stato fatto in altri casi.
A nome del gruppo dell'UDC, esprimo vivo compiacimento per l'accoglimento delle proposte emendative che hanno soppresso i commi 3 e 4 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, ridefinendo le procedure di formulazione e deliberazione degli statuti con la partecipazione, ancorché in forma riduttiva, degli organi statutari degli enti interessati.
La formulazione del disegno di legge avrebbe decretato la fine dell'autonomia degli enti nazionali di ricerca vigilati dal MUR con un danno irreversibile per la ricerca pubblica italiana.
Do atto alla relatrice e al presidente della Commissione e al Governo, se mi ascolta e non perde tempo a parlare con l'onorevole Quartiani... Sottosegretario Modica, durante le fase delle dichiarazioni di voto bisogna che lei sia abitui ad ascoltare chi ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto...!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 12,05)
EMERENZIO BARBIERI. Dicevo che do atto alla relatrice, al Governo e al presidente Folena del risultato positivo raggiunto. Non a caso, lo giudico positivo su questo versante, al punto tale che preannunzio che il gruppo dell'UDC si asterrà in sede di votazione.
Nutro, però, forti perplessità sul disegno di legge nel suo complesso e durante la fase dell'esame degli emendamenti ho avuto modo di evidenziare gli aspetti più critici. Oltre al rischio di cancellazione dell'autonomia, alle contraddizioni relative al rapporto tra statuti e decreti delegati e alle procedure di approvazione degli stessi, sono emersi, infatti, ulteriori aspetti critici che mi preme sottolineare in questa sede, in quanto, purtroppo, permangono nel testo.
Il primo è la mancanza di un disegno strategico del Governo, che non ha aggiornato il Programma nazionale della ricerca, il PNR, adempimento da espletare annualmente (non ho bisogno di ricordarlo ad una persona competente com'è il sottosegretarioPag. 23Modica; ciò è previsto dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 204 del 1998) e non ha esposto analiticamente gli interventi che intende realizzare. Il Governo, a norma di legge, opera sulla base del Programma nazionale della ricerca che costituisce il punto di sintesi degli interventi nazionali, in coerenza con le azioni dell'Unione Europea.
Il Piano nazionale della ricerca è il quadro di riferimento per gli interventi regionali ed è il parametro utilizzato dal Ministro per l'approvazione dei piani di attività di tutti gli enti e per l'assegnazione delle relative risorse. Non ho la minima ombra di dubbio che su questi concetti sarà d'accordo anche l'onorevole Zaccaria che ascolta con molta attenzione questa dichiarazione di voto.
Il Governo, pur essendo tenuto annualmente all'aggiornamento del piano, a tutt'oggi opera sulla base del Programma nazionale della ricerca 2005-2007, varato dalla Ministra Moratti e approvato dal CIPE.
Il piano, sottosegretario, non solo non prevede il riordino degli enti nazionali, ma presuppone come funzionanti ed operativi gli attuali enti, con assetti organizzativi e missioni ridelineate a seguito, come ha giustamente ricordato nella discussione sulle linee generali il collega Garagnani, di un lungo iter a partire dalle linee guida varate dal Governo ed approvate dal CIPE nel 2002.
Eppure, il Governo, in alcuni casi, ha inciso direttamente sugli assetti organizzativi degli enti nazionali ancor prima di fissare gli obiettivi, come ricordato nel suo intervento di lunedì dalla collega Filipponio Tatarella che ha richiamato giustamente la vicenda del decreto-legge, cosiddetto milleproroghe, con il quale è stato bloccato il processo di rinnovamento delle direzioni degli istituti del CNR, con una sospensione per decreto-legge delle procedure di selezione. Segnalo, il sottosegretario Modica lo sa, che la maggior parte dei direttori è a capo della stessa struttura in maniera continuativa da dieci, vent'anni.
Tutto ciò, in un quadro confuso, sul quale il disegno di legge sottoposto all'Assemblea rischia di contribuire negativamente. Infatti, come è emerso dal dibattito, il disegno di legge è inadeguato, in quanto limita la sua azione di riordino agli enti vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca. Per questo motivo, l'intervento si pone in aperta contraddizione con l'obiettivo perseguito da anni di razionalizzare e coordinare l'intervento pubblico in materia, come stabilisce il decreto legislativo n. 204 del 1998 che, a mio giudizio, costituisce una pietra miliare dell'ordinamento vigente approvata in attuazione delle azioni di semplificazione, decentramento e coordinamento previste dalla legge Bassanini; parlo di provvedimenti proposti da Governi di centrosinistra.
Tale limite è stato indicato tempestivamente nell'iter di approvazione del disegno di legge sin dal suo esame in Commissione al Senato. L'unica apertura è stata l'accoglimento da parte del Governo di un ordine del giorno in Commissione al Senato, che poteva però trasformarsi in una modifica del testo.
Una nuova riforma a costo zero, in coincidenza con ulteriori tagli alla ricerca pubblica, rischia di portare il sistema al collasso. Oltre alle belle parole sull'importanza della ricerca, prima di prevedere interventi, occorrerebbe valutare la situazione tra impegni assunti e risultati conseguiti. Dovendo fare un sommario bilancio, a fronte di importanti impegni, nel programma elettorale dell'Unione si parla di investimenti in ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico (obiettivo Lisbona). Nel DPEF, per gli anni dal 2007-2011, il Governo espone la volontà di effettuare «investimenti in ricerca, sviluppo e capitale umano». Nei famosi dodici punti enunciati prima del voto di fiducia da Prodi, il Presidente del Consiglio rinnova l'impegno forte per ricerca e innovazione.
Fra le cinque priorità stabilite dal Governo con l'accordo sull'utilizzo del «tesoretto», si ribadisce l'intenzione di rendere disponibili i fondi per l'innovazione e la ricerca scientifica. In tutti i documentiPag. 24che ho richiamato, inoltre, si espone la priorità della soluzione del problema del precariato.
I fatti, per gli enti di ricerca, vanno però in tutt'altra direzione e sono stati drammaticamente negativi: riduzione delle risorse per gli effetti del cosiddetto «taglia spese» applicato anche agli enti di ricerca; riduzione delle disponibilità per effetto degli accantonamenti indisponibili a gravare sul fondo ordinario di finanziamento degli enti di ricerca (la relatrice e il rappresentante del Governo sanno bene che questi dati corrispondono al vero); riduzione delle disponibilità per il vincolo del 95 per cento delle risorse trasferite nell'anno precedente come riferimento per i bilanci di previsione per il 2007; stanziamenti in finanziaria insufficienti per la stabilizzazione dei precari; recupero solo parziale nel riparto del «tesoretto» degli accantonamenti indisponibili.
Nonostante tale difficile quadro, si procede speditamente, riformando gli enti con «clausola di invarianza»: una contraddizione in termini, questa, che è stata puntualmente individuata nel suo parere condizionato dalla Commissione bilancio.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
EMERENZIO BARBIERI. Concludo, signor Presidente e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto, poiché credo che ciò sia importante.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
EMERENZIO BARBIERI. Aggiungo solo che la modifica degli assetti organizzativi degli enti comporta, nella migliore delle ipotesi, conseguenze economiche negative per l'instabilità del sistema che diventa inaffidabile per i costi che qualsiasi riorganizzazione comporta.
In conclusione, il disegno di legge al nostro esame presenta molte ombre e parecchie luci: credo però che l'astensione del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) consenta al Governo ed alla maggioranza di terminare un percorso positivo con l'altro ramo del Parlamento, cioè con il Senato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Porfidia. In via del tutto eccezionale e considerate le motivazioni accidentali della sua precedente temporanea assenza, ne ha facoltà.
AMERICO PORFIDIA. La ringrazio, signor Presidente.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, lo sviluppo della ricerca scientifica costituisce uno degli elementi strategici per lo sviluppo del Paese. Nello svolgere tale considerazione, non si può, tuttavia, prescindere dalla consapevolezza del cattivo stato di salute di alcuni enti e della necessità di cogliere le opportunità che l'Europa, con il settimo Programma quadro, offre alla ricerca.
Sappiamo bene che la situazione della ricerca in Italia è critica e che si impone, dunque, un'azione costruttiva, se si ha l'intenzione di affrontare davvero le contraddizioni e le inquietudini che animano tale mondo. Il dato scoraggiante è che nel nostro Paese esistono laboratori e centri di ricerca dotati di una strumentazione obsoleta e che si trovano su territori assolutamente inadeguati. Inoltre, gli scienziati - questo è un aspetto su cui dovremmo davvero riflettere - sono costretti a confrontarsi continuamente con finanziatori privati, anzi, direi, attualmente soprattutto con finanziatori privati; tali finanziatori, però, specialmente quando si tratta di imprese, troppe volte non sono in sintonia né hanno la giusta considerazione della ricerca pubblica. D'altra parte, in Italia non vi sono posti di lavoro a tempo indeterminato in questo settore, come accade invece negli altri Paesi.
Ci troviamo, dunque, in una situazione che, se da un lato vede un numero di addetti per abitante notevolmente inferiori in Italia rispetto agli altri Paesi, dall'altroPag. 25lato è caratterizzata dall'ottimo livello di produttività dei ricercatori italiani: nonostante, infatti, le difficoltà ed i limiti di natura economica, tale livello risulta altissimo e la ricerca appare qualificata ed autorevole. Ciò vuol dunque dire - lo riconoscono moltissimi altri Paesi - che i ricercatori italiani sono fra i migliori del mondo.
Il provvedimento al nostro esame, che punta sulla ricerca per uscire dal rischio di un declino che incombe, ci appare dunque assolutamente necessario.
Gli elementi di valutazione sul provvedimento all'esame sono per noi molteplici. Apprezziamo, anzitutto, il giusto equilibrio tra l'autonomia statutaria degli enti e la delimitazione dei confini entro cui tale autonomia si esplica, rappresentati dall'attività di programmazione e di controllo delle istituzioni. Il controllo si esplica con una verifica dei risultati. Quindi, l'autonomia di metodi e di procedure dei tempi degli enti è bilanciata dal fatto che obiettivi e risultati sono stabiliti, nel disegno di legge al nostro esame, dal Governo e dallo stesso verificati. Il Governo, controllato dal Parlamento, funge da filtro, salvaguardando l'interesse pubblico rispetto a qualsivoglia spinta corporativa. Gli obiettivi specifici sono fissati, come detto, dal Governo. Del resto, gli enti pubblici di ricerca hanno lo scopo di promuovere la ricerca al fine del progresso della scienza e per la pubblica utilità, ed è giusto che i soldi pubblici, quando vengono erogati, servano per potenziare l'azione generale dello Stato. Gli enti in parola sono tenuti a raggiungere, quindi, gli obiettivi strategici fissati dal Governo e non a compiacere soltanto mere curiosità o interessi individuali.
Il primo elemento fortemente innovativo è rappresentato, a mio giudizio, dall'autonomia statutaria, da intendersi come un atto di grande fiducia dello Stato verso la ricerca ed il ruolo fondamentale che essa assume nel nostro territorio e nel nostro Paese. Il secondo elemento riformatore consiste nella valutazione dell'attività degli enti, ai risultati dei quali vanno collegati i finanziamenti. Infatti, è previsto l'affidamento all'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca (ANVUR) del compito di valutare l'attività degli enti di ricerca, mentre spetta al Governo, in seguito a tale passaggio, valutare, appunto, i finanziamenti (e ciò sta ad indicare, in merito al provvedimento in discussione, per quanto ci riguarda, proprio un principio di chiara trasparenza e meritocrazia).
Un ulteriore elemento di novità è rappresentato dai criteri di nomina dei presidenti e di parte dei consigli di amministrazione. Anzitutto, ci compiacciamo del fatto che è cominciata una riduzione del numero dei partecipanti ai consigli di amministrazione (e ciò costituisce già uno dei primi esempi innovativi della strategia politica del Governo). I presidenti ed i membri di nomina governativa dei consigli di amministrazione sono individuati nell'ambito di rose di candidati, proposte da appositi comitati nominati dal Governo, ma rappresentativi della comunità scientifica.
Elementi di ulteriore positiva valutazione sono rappresentati dall'identificazione di alcuni enti che hanno bisogno di un input maggiore, quelli, cioè, del settore dell'ottica e della fisica della materia. Si registra, inoltre, una grande apertura nei confronti dei ricercatori, con il riferimento alla Carta europea, per valorizzare la loro professionalità ed autonomia. Cito, al riguardo, solo alcuni esempi: gli enti devono offrire condizioni di lavoro che consentano ai ricercatori di conciliare famiglia, lavoro, figli e carriera e devono riconoscere loro la necessità di essere rappresentati negli organi decisionali, ma, soprattutto, il provvedimento in esame prevede un input notevole per una maggiore stabilità degli stessi, in modo che anche le condizioni di lavoro risultino migliori.
Prendiamo atto, pertanto, che il disegno di legge in discussione pone indubbiamente gli enti della ricerca pubblica in condizioni migliori rispetto al passato e, soprattutto, nella condizione di instaurare una maggiore cooperazione scientifica e tecnica con enti ed istituzioni degli altri Paesi. Tuttavia, siamo consapevoli che l'attivitàPag. 26di ricerca dipende attualmente, in misura preponderante, da finanziamenti esterni che ne possono condizionare, in parte, la libertà e l'indipendenza. Pertanto, appare sempre più necessario, a nostro giudizio, l'impegno dello Stato da un punto di vista economico - che deve essere evidenziato già dalla prossima legge finanziaria -, affinché la ricerca, che è una delle priorità assolute del nostro ordinamento, possa conseguire i risultati e gli obiettivi che il Governo e i cittadini si aspettano.
Sulla base di tali considerazioni, il gruppo Italia dei Valori annuncia il proprio voto favorevole sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Schietroma, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: si intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Li Causi. Ne ha facoltà.
VITO LI CAUSI. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghe e colleghi, il disegno di legge delega sul riordino degli enti di ricerca, che ci accingiamo a votare, è un primo fondamentale passo per superare quel vero e proprio stato di minorità, in Europa e nel mondo, in cui attualmente il nostro Paese si trova in tema di ricerca. È noto, infatti, come la situazione della ricerca in Italia appaia ormai critica sino al punto che le nostre giovani menti ci lasciano, preferendo altre nazioni del mondo. Oggi si impone un'azione costruttiva per potere concretamente affrontare la sfida dell'innovazione e della competizione internazionale. Un sistema pubblico di ricerca di eccellenza e in contatto con il mondo produttivo è una scelta fondamentale per nuovi processi di sviluppo. Questa azione, che è diretta a mantenere la qualità del sistema pubblico di ricerca e ad avvicinarlo al sistema produttivo, è un obiettivo che ci prefiggiamo.
Il provvedimento in esame conferisce una delega al Governo ad adottare uno o più decreti legislativi al fine di promuovere, rilanciare e razionalizzare il settore della ricerca e di garantire maggiore autonomia, trasparenza ed efficienza nella gestione degli enti pubblici nazionali di ricerca, vigilati del Ministero dell'università e della ricerca.
Il disegno di legge delega è stato presentato dal Ministro dell'università e della ricerca limitatamente agli enti sui quali esso esercita la diretta vigilanza, in coerenza con la delega contenuta nel decreto fiscale collegato alla manovra finanziaria del 2006. A quest'ultima il Governo non ha dato seguito, accogliendo l'ordine del giorno riferito all'atto Senato n. 1132, che impegnava l'Esecutivo a non procedere con regolamenti di delegificazione, bensì a presentare, in alternativa, un disegno di legge delega che ora è oggetto della nostra discussione. Si è dunque ritenuto necessario invitare il mondo della ricerca stesso ad assumersi le proprie responsabilità attraverso una autonomia che dovrà, comunque, essere valutata ed assunta in base a norme ben precise, contenute nel disegno di legge in esame, che ne evitano l'autoreferenzialità. Resterà quindi la presenza maggioritaria di componenti di nomina governativa nel consiglio di amministrazione, pur risultando chiaro che tali membri saranno espressi dalla comunità scientifica, che indicherà terne di nomi all'interno delle quali il Ministro dovrà scegliere in maniera motivata.
Con questo disegno di legge si è previsto, quindi, il riconoscimento agli enti dell'autonomia statutaria. Si tratta, pertanto, di un atto di fiducia nella ricerca pubblica italiana non universitaria, perché voglio ulteriormente chiarire che si tratta di enti di ricerca, non di università. Dicevo che la ricerca pubblica ormai è in grado di dotarsi di proprie autonomie, di proprie autonome norme statutarie, come l'università, contribuendo a coinvolgere l'intera comunità della ricerca pubblica nella responsabilità strategica che essa ha per lo sviluppo del nostro Paese.
Altra fondamentale novità del provvedimento in esame è il riferimento alla Carta europea dei ricercatori. Infatti, secondo quest'ultima gli enti devono offrirePag. 27condizioni di lavoro che consentano, sia alle donne sia agli uomini, di conciliare famiglie e lavoro, figli e carriera.
Debbono riconoscere la necessità che i ricercatori siano rappresentati negli organi decisionali e debbono garantire che le prestazioni dei ricercatori non risentano dell'instabilità, ma debbono anzi operare per migliorare la stabilità delle condizioni di lavoro dei ricercatori stessi. Sono, quindi, tre passaggi estremamente impegnativi, che disegnano un mondo della ricerca dove il ruolo dei ricercatori sia anche quello di decidere del futuro del proprio lavoro, ovviamente in un contesto di piena autonomia scientifica garantito dalla stabilità del rapporto di lavoro. È proprio la Carta europea che offre oggi la fondamentale possibilità di non limitarsi a sole misure prescrittive, ma di costruire politiche attive per le pari opportunità, garantendo ai nostri ricercatori la possibilità di conciliare i tempi di vita e di lavoro, così come è auspicabile che sia per tutte le lavoratrici ed i lavoratori italiani.
Arriviamo, quindi, al provvedimento in esame, onorevoli colleghi, alla luce di un lungo approfondimento, anche critico, che ha registrato il contributo utile e positivo di molti colleghi dell'opposizione, di colleghi della maggioranza, della relatrice, onorevole Ghizzoni, del presidente della nostra Commissione, onorevole Folena. Il provvedimento incide, come abbiamo avuto modo di constatare, su temi, come la libertà di ricerca, che contribuiranno a delineare una riforma che concorrerà allo sviluppo del sistema nazionale di ricerca, proprio perché si ispira ai principi di autonomia statutaria, di valutazione dei risultati conseguiti e di responsabilità dello Stato nel coordinamento e nella legittimazione del settore.
Infine, onorevoli colleghi, desidero davvero concludere affermando che risulta di tutta evidenza l'auspicio dell'approvazione del provvedimento in esame, che, per la sua portata innovatrice, consentirà ai settori della ricerca di avere regole durature e una maggiore autonomia dalla politica, ma consentirà soprattutto alla comunità scientifica italiana di essere protagonista sia a livello europeo sia internazionale. Tali motivi mi inducono, per nome e per conto del gruppo Popolari-Udeur, ad annunciare il nostro voto favorevole al provvedimento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, sarò molto breve. Intervengo per annunciare il nostro voto di astensione, così come ha fatto precedentemente l'onorevole Barbieri. La ricerca, cari colleghi, è una dimensione qualificante per un Paese come l'Italia. Non possiamo non ricordare che attorno a tale questione si è sviluppato nel corso dei mesi passati, durante il dibattito sulla legge finanziaria per il 2007, un confronto polemico sui tagli alla ricerca all'interno del Governo e anche del Parlamento. L'onorevole Mussi, Ministro dell'università e della ricerca, manifestò in un certo momento la sua intenzione di dimettersi. La Rosa nel Pugno e noi cavalcammo questa battaglia e ci ponemmo il problema di evitare che i tagli venissero praticati. Anche grazie a tale battaglia, quei tagli vennero quantomeno attenuati nel testo finale del maxiemendamento.
Cito tale argomento perché è evidente che non si può parlare di ricerca esclusivamente in termini ordinamentali di riforma dello statuto, pensando di fornire un contributo per il rilancio degli enti di ricerca, senza sapere che, poi, tali enti e la ricerca nel suo complesso hanno bisogno di sostegno, sia pubblico sia privato.
Certamente un intervento per il riordino degli enti di ricerca era forse inevitabile e il Governo ha avvertito questa necessità. Tuttavia dobbiamo partire da un presupposto: il testo, così come era stato licenziato dal Senato, conteneva un'ispirazione inaccettabile, di forte accentramento dei poteri, che passavano dai singoli enti di ricerca al Governo centrale. Infatti la Commissione ha avvertito il bisogno di intervenire per modificare il comma 3 e il comma 4 dell'articolo 1 che postulavano questo accentramento, di attenuarlo e diPag. 28rilanciare un'idea, seppur limitata, di autonomia statutaria dei singoli enti. Ricordo che il testo trasmesso dal Senato conteneva una evidente contraddizione tra la lettera a) del comma 1 dell'articolo 1, in cui si riconosce l'autonomia degli enti, così come sancito dall'articolo 33 della Costituzione e anche dalla Carta europea dei ricercatori, e i commi 3 e 4 così come erano formulati, che invece attribuivano il potere di elaborazione e di approvazione degli statuti, e anche di intervento diretto sui consigli degli enti, al Ministro dell'università e della ricerca, sentite le Commissioni parlamentari. Si è compiuta un'operazione di ribaltamento dell'ispirazione del provvedimento, così come era stato licenziato dal Senato, e la Commissione, all'unanimità, ha avvertito l'esigenza di intervenire attenuando, quanto meno, questa ispirazione centralistica. Per tali motivi oggi esprimiamo queste considerazioni - che sarebbero state ben diverse se il testo da votare fosse stato quello licenziato dal Senato - di parziale soddisfazione per le modifiche apportate e di astensione sul disegno di legge così emendato e sottoposto all'approvazione di questo ramo del Parlamento
Devo sottolineare che si interviene per la terza volta nell'arco di quindici anni sugli enti di ricerca e che già durante la scorsa legislatura il Ministro Moratti aveva sottoposto all'approvazione del Parlamento un disegno di legge da lei presentato sull'argomento. Nonostante questi emendamenti (il «maxiemendamento», chiamiamolo così, sui commi 3 e 4 proposto dalla Commissione è certamente quello più rilevante, dato che interviene sul testo licenziato dal Senato), permangono alcune perplessità per quanto riguarda la mancanza di fiducia nell'autonomia reale degli enti di ricerca, i quali vengono ancora lasciati sotto controllo per ragioni di legittimità, si dice, ma anche di merito a giudicare dalla proposta emendativa fatta dalla Commissione. Vi è un'esigenza di azzeramento dei vertici degli enti di ricerca e un'esigenza, a mio parere eccessiva, di controllo politico da parte del Governo su tali enti.
Queste sono le tre obiezioni che noi rivolgiamo al provvedimento, sia pure con gli apprezzamenti che ci sentiamo di fare per la buona volontà che la Commissione ha avvertito l'esigenza di manifestare, rendendosi conto che, così come ci era stato consegnato dal Senato, questo provvedimento sarebbe stato forse anche incostituzionale, se si considera la differenza tra lo spirito dell'articolo 33 della Costituzione e il testo, così come ci era stato proposto (Applausi dei deputati del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, nell'annunciare il voto favorevole del gruppo dei Verdi sul disegno di legge delega sul riordino degli enti di ricerca, credo che vada preliminarmente dato atto a questo Governo di aver posto la ricerca tra le priorità irrinunciabili. Va riconosciuto al Ministro Mussi il merito di aver affrontato una materia così delicata quanto importante con uno spirito nuovo e più attento alle reali e concrete esigenze italiane.
Prima di proseguire nel mio intervento vorrei fare una premessa. Oggi si è ascoltato, credo con una certa confusione, un dibattito incentrato sul tema - lo ripeto - del riordino degli enti di ricerca; perciò, come è stato sottolineato dal sottosegretario, dalla relatrice e da alcuni componenti della Commissione, oggi non affrontiamo la materia della riforma dell'università, che rappresenta un altro tema fondamentale per il Paese, ma che, in questo momento, non ha niente in comune con la riforma degli enti di ricerca.
La riforma dell'università è un tema che si sta affrontando con l'obiettivo di rendere più competitive le università italiane; in particolare, per quanto riguarda la tematica dei ricercatori - ma di quelli operanti all'interno dell'università: bisogna evitare di fare confusione - è stato emanatoPag. 29un regolamento che prevede nuove modalità di reclutamento. Quindi, bisogna sgombrare il campo dagli equivoci, perché se si confondono i temi spesso non si comprende l'oggetto delle nostre discussioni.
Tornando al tema, tutti noi conosciamo i problemi che affliggono la ricerca scientifica, che purtroppo in Italia, più che in altri Paesi, negli ultimi anni sembra accusare difficoltà legate all'organizzazione, alla gestione delle risorse umane e al rispetto dell'indipendenza degli scienziati. Insomma, il cattivo stato della salute dei centri di ricerca è dinanzi agli occhi di tutti. Quindi vi è la necessità di avere maggiori risorse e di razionalizzarle.
Il disegno di legge delega si prefigge oggi di riconoscere il primato della ricerca scientifica attraverso una maggiore autonomia degli enti di ricerca; autonomia dai condizionamenti politici e dalle logiche spesso di spartizione e, purtroppo, anche clientelari.
Ci troviamo di fronte ad un testo che è stato sensibilmente migliorato e reso più puntuale e, a tal proposito, esprimo un ringraziamento per il lavoro svolto dalla Commissione, dalla relatrice, dall'onorevole Sasso e da tutte le persone che sentono fortemente il valore di questa riforma degli enti di ricerca. Il lavoro è stato svolto in modo puntuale, superando tutti i dubbi sollevati da alcuni colleghi in ordine ad una presunta genericità della delega.
L'Assemblea ha giustamente respinto la questione pregiudiziale, ma con senso di responsabilità e spirito di collaborazione si è provveduto a rendere ancora più puntuale e specifica la delega legislativa in materia di formulazione e deliberazione degli statuti, stabilendo che tale compito sia attribuito agli organi statutari competenti dei singoli enti interessati e con successiva emanazione, previo controllo, da parte del Ministro dell'università e della ricerca, sentite le Commissioni parlamentari competenti.
Positiva è anche la previsione secondo cui, in sede di prima attuazione, la formulazione e la deliberazione degli statuti avverrà ad opera dei consigli scientifici di ciascun ente, integrati da cinque esperti di alto livello scientifico, peraltro senza alcun compenso o indennità. In questo modo si raggiunge l'obiettivo di rendere il testo della legge delega ancora più aderente al dettato costituzionale in materia di autonomia della ricerca e degli enti relativi, assicurandosi, nel contempo, l'assoluto valore scientifico dei soggetti preposti alla redazione degli statuti, anche nella fase di prima attuazione.
Deve essere valutato positivamente, nell'ambito del processo di riordino degli organi statutari, il fatto che i comitati di selezione, nominati dal Governo, i quali dovranno proporre le rose dei candidati per i consigli di amministrazione degli enti pubblici nazionali di ricerca, dovranno prevedere la presenza di esponenti della comunità scientifica nazionale ed internazionale e di quanti sono stati eletti dai ricercatori in organismi degli enti, ove esistenti. Si tratta, infatti, di un aspetto molto importante.
Positive, infine, anche le modifiche riguardanti le modalità di adozione degli schemi dei decreti legislativi, che dovranno essere corredati da relazioni tecniche sugli effetti finanziari delle disposizioni e che dovranno poi essere trasmessi alle Commissioni parlamentari competenti per i necessari pareri.
La ristrutturazione forse non sarà indolore - di questo ne siamo sicuri - e forse non piacerà a chi desidera il mantenimento dello status quo, ma credo che soddisfarà i tanti scienziati che reclamano, da decenni, una maggiore libertà di azione da assurdi anacronistici ostacoli al loro operato. È importante snellire, velocizzare e ridurre la burocrazia che circonda la scienza e in questo disegno di legge delega tanti sono i punti che possono essere condivisi anche dall'opposizione, in nome del rilancio della ricerca scientifica in Italia.
Per queste ragioni credo si debba guardare a tale provvedimento con spirito costruttivo e con maggiore fiducia perché la ricerca può, oggi, rappresentare per l'Italia un fattore di sicura ripresa sulPag. 30piano economico ed il disegno di legge è certamente inteso a favorire la produttività e la qualità della ricerca scientifica svolta.
Sulla base di tali considerazioni, annuncio, come ho già preannunciato dianzi, il voto favorevole del gruppo dei Verdi sul provvedimento in esame (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Goisis. Ne ha facoltà.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, il disegno di legge in esame su cui dobbiamo esprimere il nostro voto contiene una delega al Governo per il riordino degli enti pubblici di ricerca, prevedendo il riconoscimento dell'autonomia statutaria degli enti di ricerca, ferma restando la responsabilità del Governo nell'indicare missione ed obiettivi di ricerca degli stessi in raccordo con il Programma nazionale della ricerca. Il provvedimento in esame prevede altresì l'istituzione dell'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca con il compito di valutare i risultati dell'attività degli enti di ricerca riferendone periodicamente al Governo ed assegnando dei finanziamenti statali in relazione agli esiti di tale valutazione. Prevede, inoltre, il riordino degli organi statutari secondo linee di indirizzo precise - che non elenco -; l'adozione di misure organizzative tese a valorizzare la professionalità e l'autonomia dei ricercatori, nonché il ruolo dei consigli scientifici; la promozione dell'internazionalizzazione dell'attività di ricerca, nonché della collaborazione con le attività svolte dalle regioni in materia di ricerca scientifica e tecnologica; infine, il sostegno all'innovazione nella produzione.
Il problema, però, è costituito dal contributo. La Corte dei conti afferma che il contributo alla ricerca propositiva è diminuito del 25 per cento. Voglio ricordare che l'allora Ministro Moratti aveva cercato di promuovere una maggiore capacità di effettuare ricerca attraverso l'aumento degli investimenti nei programmi di ricerca di interesse nazionale e attraverso agevolazioni fiscali, come ad esempio, la detassazione degli investimenti in ricerca e sviluppo e delle spese sostenute per stage aziendali destinati a studenti di corsi ed istruzione secondaria o universitaria, prevedendo incentivi proprio per il rientro in Italia di ricercatori residenti all'estero. Addirittura, la legge finanziaria per il 2006 aveva incluso spese per le quali poteva valere la deducibilità ai fini dell'IRAP, nonché la destinazione di una quota pari al 5 per mille dell'imposta sui redditi delle persone fisiche alla ricerca scientifica e all'università, nonché alla ricerca sanitaria. La medesima legge finanziaria aveva anche previsto uno strumento importantissimo, ovvero la totale deducibilità dal reddito delle società, senza limite di importo, per i fondi trasferiti per il finanziamento alla ricerca. Invece, come dicevamo, il comma 520 dell'articolo unico della legge finanziaria per il 2007 ha destinato, per l'anno 2007, 20 milioni di euro (che diventeranno 30 milioni nel 2008) per la stabilizzazione dei titolari di contratto a tempo determinato in servizio presso gli enti pubblici di ricerca. L'attenzione, a nostro avviso, verso questo mondo è molto blanda e leggera. Possiamo dimostrare ciò sottolineando che tali risorse, purtroppo, sono sufficienti a stabilizzare solo 500-700 contrattisti.
Si tratta, quindi, di somme estremamente inadeguate rispetto al numero dei contrattisti triennali che lavorano presso gli enti pubblici di ricerca, pari ad alcune migliaia. La legge finanziaria per il 2007 non ha affrontato il problema dell'elevato numero di assegnisti di ricerca, di borsisti e di altre forme di precariato che da anni perdurano, appunto, nella precarietà, a causa del blocco delle assunzioni negli enti di ricerca e delle inadeguate piante organiche degli enti stessi. Il problema del precariato negli enti di ricerca, purtroppo, presenta due aspetti critici: da un lato, la perdurante incertezza ed instabilità che i ricercatori e i tecnologi precari subiscono in termini di danno morale, economico, nonché di impedimento di progressione diPag. 31carriera; dall'altro lato, il pericolo per gli enti di ricerca di dover diminuire i relativi progetti qualora i precari storici - che sono fonte di conoscenza, di lavoro e di esperienza - dovessero trovare altri sbocchi lavorativi più stabili, magari all'estero.
I ricercatori propongono da tempo forme di lavoro a tempo determinato per laureati già in possesso di esperienza almeno triennale nella ricerca (acquisita anche attraverso il dottorato di ricerca), per i quali si è esplicitamente prevista la possibilità di stabilizzazione dopo una rigorosa valutazione della qualità dell'attività svolta. In tal modo, si potrebbe consentire ai precari di partecipare allo svolgimento di piani di ricerca pluriennali, come periodo di prova per l'assunzione a tempo indeterminato.
Vorremmo che ci si adoperasse affinché il trend negativo, che purtroppo perdura da anni, possa essere invertito, attraverso la concessione di maggiori risorse per il sostegno delle attività ordinarie degli enti. Occorre, perciò, prevedere il «disaccantonamento» delle risorse assegnate al Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca, definendo, attraverso l'utilizzo di adeguate risorse finanziarie, un piano di assorbimento di tutto il personale assunto a tempo determinato che ha già superato una valutazione concorsuale comparabile a quella richiesta per l'assunzione a tempo indeterminato ed avente titolo alla stabilizzazione, come previsto nella legge finanziaria per il 2007.
Bisognerebbe, inoltre, aprire tavoli di trattative con tutti i soggetti interessati, affinché essi sostengano le assunzioni in questo settore, anche al fine di eliminare le inevitabili disparità di trattamento tra gli aventi diritto, generate, purtroppo, dalle ridotte risorse finanziarie per il 2007. Occorrerebbe, altresì, ampliare il disposto dei commi 651 e 652 dell'articolo unico della legge finanziaria per il 2007, al fine di realizzare un piano pluriennale di assunzione di ricercatori nei prossimi cinque anni, definendo una normativa generale per i concorsi che assicuri l'omogeneità di valutazione della qualità scientifica. Sarebbe necessario, inoltre, realizzare una strategia di ampio respiro, sostenuta dalla disponibilità delle risorse economiche necessarie per risolvere il problema del precariato ed attrarre giovani ricercatori, evitando, così, che le risorse investite nella formazione - la cui finalità dovrebbe essere l'inserimento dei più meritevoli presso l'ente stesso - si disperdano, insieme alle forze e alle energie stesse.
In un intervento precedente ho parlato del timore che la sinistra, purtroppo, dimostra spesso nei confronti degli incentivi e dei finanziamenti privati, i quali, però, saranno necessari ed insostituibili se lo Stato ed il Governo non risolveranno queste problematiche e non assegneranno finanziamenti e risorse alla ricerca.
I nostri giovani sono costretti ad andare all'estero: io ho una figlia che sta per laurearsi e sarà costretta ad andarvi, perché la ricerca, purtroppo, non dà alcuna possibilità occupazionale, dopo tanti anni di studio, di lavoro e di utilizzo di energie. Non è un caso, d'altra parte, se le università pubbliche italiane sono premiate con sei premi Nobel, mentre le otto università private americane citate nell'ordine del giorno Poretti n. 9/2599/23 - sul quale anch'io ho apposto la mia firma - sono state premiate con ben centocinque premi Nobel!
Ciò significa che, se non si considera il finanziamento alla ricerca come elemento prioritario, è inutile effettuare tanti riordini, proclami ed interventi di riorganizzazione. Secondo noi, in questo modo si getta solo fumo negli occhi degli italiani, facendo credere alle nostre regioni che lo Stato si preoccupi della ricerca. Purtroppo, ricerca, cultura e scuola non costituiscono le priorità di questo Governo e di questa sinistra. Ciò premesso, quindi, il voto della Lega Nord non può che essere contrario (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole del gruppo SinistraPag. 32Democratica Per il Socialismo europeo. Oggi ci accingiamo a votare un testo importante. Non so se è il miglior testo possibile, ma so sicuramente che è un segnale decisivo, importante e richiesto dal mondo della ricerca: si riconosce l'autonomia statutaria agli enti di ricerca, così come è previsto per le università.
È un testo importante, signor Presidente, perché è stato ampiamente discusso in Commissione. Vi è stata una discussione vera, sincera, sentita e soprattutto leale, in cui il Governo ha accolto molti degli emendamenti che sono stati formulati dalle diverse forze politiche.
Per questo motivo, spiace molto che in questa Assemblea componenti di altri gruppi politici, che non hanno partecipato al lavoro e al dibattito in Commissione, abbiano posto dei temi assolutamente, come si dice in termini tecnici, ultronei rispetto al dibattito, dando vita ad una discussione che credo sia stata anche un po' surreale, cioè fuori testo.
Ho trovato anche molto singolari alcuni interventi dell'opposizione relativi al testo in esame, nei quali si parlava di statalismo e di volontà di intervenire per condizionare la ricerca. Questo provvedimento, invece, signor Presidente, va in senso opposto.
Trovo singolare, inoltre, che tali interventi siano pervenuti proprio da quelle forze che, con il riordino operato nella scorsa legislatura, hanno reso i consigli di amministrazione degli enti di ricerca pletorici e spesso incapaci di funzionare. Sono state create inutili gerarchie - si sa che la ricerca non funziona con le gerarchie, essendo di natura orizzontale - e paralizzanti burocrazie.
Il provvedimento in esame pone problemi più generali, come il rapporto tra politica e ricerca o, meglio, tra libertà della ricerca e responsabilità della politica. Mi auguro che la politica intervenga sempre meno a definire modalità di organizzazione e gestione.
In questo testo vi è una direzione di marcia, ma bisognerà continuare. Mi auguro che in un futuro non troppo lontano siano solo le comunità scientifiche a decidere completamente anche delle loro forme di organizzazione e di direzione.
Peraltro, sicuramente resta - e deve restare - la responsabilità della politica nell'indicare linee strategiche di indirizzo per il mondo della ricerca pubblica, come avviene in tutti i Paesi del mondo, anche nei famigerati Stati Uniti. Credo che si tratti di una questione sulla quale la comunità scientifica e la politica dovranno continuare a lavorare.
Vi è un altro tema polemico sollevato e ripreso da molti ordini del giorno: la necessità di riordinare tutti gli enti di ricerca, non solo quelli vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca.
Mi auguro che vi sia un riordino complessivo, ma soprattutto che si avvii un coordinamento tra tutti gli enti che svolgono ricerca, perché la ricerca ha appunto bisogno di cooperazione, reciprocità ed obiettivi comuni.
A proposito dell'autonomia statutaria, la condizione per garantire l'autonomia degli enti è proprio il ruolo - ribadito nel testo in esame - dell'Agenzia per la valutazione: è un elemento decisivo per l'autonomia, che la rende possibile, ma dobbiamo anche sapere che tutto ciò avrà efficacia se si avvierà quel processo a cui accennavo prima, se veramente ognuno avrà la forza e l'azzardo di cambiare, di passare dalla cultura dell'adempimento a quella del risultato: è un processo del quale, mi auguro, il testo in esame possa indicare la direzione.
Certo, il mondo della ricerca ha sofferto negli ultimi anni, soprattutto per la riduzione degli investimenti. Ho ascoltato qui un dibattito - anche a proposito dell'ultimo ordine del giorno presentato - che davvero non condivido: come si fa ad affermare che la sinistra è contraria agli investimenti privati? Il problema è un altro: dove sono tali investimenti privati nel mondo dell'università e della ricerca? Abbiamo un sistema produttivo, signor Presidente, che ancora troppo poco incorpora, nella cosiddetta società della conoscenza, l'innovazione, la ricerca, la tecnologia,Pag. 33l'innovazione di prodotto nelle sue linee produttive. Questo è il problema che il Paese ha di fronte.
Penso che dovremmo ribaltare un vecchio modo di pensare, che afferma che se il PIL del Paese non cresce non possiamo investire nella ricerca: forse è vero il contrario. Se investiamo nella ricerca, se abbiamo la convinzione di investire nella ricerca, forse il prodotto interno lordo del Paese ricomincerà a crescere.
Credo che avesse ragione Paolo Sylos Labini, quando affermava che l'investimento nella ricerca è utile se produce nel tempo, se è un investimento di lunga durata. Però va anche sottolineato che nel prossimo Documento di programmazione economico-finanziaria vi è un'inversione di tendenza rispetto all'investimento nella ricerca, e così sarà nella redistribuzione del cosiddetto extragettito. Sono segnali importanti: non si sta solo restituendo all'università e al mondo della ricerca ciò che era stato tolto, ma si stanno operando anche scelte significative.
Quando, nel corso del dibattito, ho sentito parlare del riferimento alla Carta europea dei ricercatori - che è presente nel testo ed è un elemento molto importante - ho ascoltato anche gruppi politici, come la Lega Nord, affermare che uno dei problemi della ricerca è costituito dalla precarietà dei ricercatori. Mi auguro che nelle prossime scadenze, nei prossimi dibattiti, nelle prossime prese di posizione, nei prossimi disegni di legge, il gruppo della Lega Nord sia accanto a noi quando porremo - lo faremo presto anche in Commissione - la questione del superamento del precariato nella ricerca, perché si tratta effettivamente di un problema che mette in discussione l'efficacia e la produttività della ricerca.
In Italia, in Europa e oserei dire nel mondo, abbiamo la necessità di attrarre i migliori talenti e i migliori giovani talenti alla ricerca, e alcuni degli ostacoli a ciò sono appunto la precarietà e i bassi salari.
Molti colleghi, prima di me, hanno analizzato gli aspetti più positivi del presente disegno di legge e il fatto che con il testo in esame, profondamente modificato sia alla Camera sia al Senato - e devo dare atto al Governo, in particolare al sottosegretario Modica, di avere interloquito con grande convinzione con il Parlamento - molto è stato cambiato.
Molto è stato migliorato e soprattutto la linea, la caratteristica di questo provvedimento si colloca nella volontà di restituire alla comunità scientifica la forza, la capacità di decidere del proprio lavoro e del proprio operato. C'è ancora molta strada da fare ma un altro aspetto importante del provvedimento che volevo sottolineare sono le norme antidiscriminatorie.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ALBA SASSO. Qualcuno affermava che non ve ne fosse bisogno, invece ritengo che ce ne sia bisogno perché le ricercatrici sono tante e brave ma nelle posizioni apicali sono sempre di meno.
Mi auguro che il ministro Mussi voglia accogliere nella formulazione dei decreti legislativi tutti i contributi critici e meno critici che sono venuti dal dibattito.
Concludo con un'affermazione che ho gia pronunciato in Assemblea nei giorni passati: la spinta alla conoscenza non si può fermare, è nelle cose, non si può fermare né per legge né per precetto, ma si possono garantire al mondo della ricerca più risorse, semplificazione normativa, libertà dalla burocrazia, autonomia, autonomia e ancora autonomia. Quello che rappresenta il disegno di legge è un obiettivo non trascurabile (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Turci. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TURCI. Signor Presidente, intervengo per esprimere il voto favorevole del gruppo della Rosa nel Pugno. Condividiamo gli orientamenti e i criteri di delega contenuti nel disegno di legge e, in particolare, consideriamo importantePag. 34il riferimento e l'utilizzazione dell'Agenzia nazionale di valutazione dell'università e della ricerca e anche che si preveda che i finanziamenti a questi enti di ricerca siano assegnati in relazione alle risultanze del lavoro di ricerca dei singoli enti sulla base delle verifiche di tale agenzia. Ci sembra importante l'inserimento di un criterio meritocratico di cui certo non si può dire che vi siano grandi casi di applicazione nella vita del nostro mondo della ricerca e dell'università. È un indirizzo che non possiamo che appoggiare.
Sottolineo, signor sottosegretario, che abbiamo votato a favore anche del primo ordine del giorno posto in votazione questa mattina nel quale si prevedeva che, anche nel trattamento economico dei singoli ricercatori, si incominciassero ad applicare criteri meritocratici. È un principio a cui tengo in modo particolare perché - voglio ricordare - sono il presentatore di una proposta di legge sull'inserimento di criteri di valutazione nella pubblica amministrazione proprio per superare in generale, tanto più necessariamente nel mondo della scuola e della ricerca, la prassi di appiattimento ugualitaristico assolutamente inaccettabile che finisce per scoraggiare il migliore e premiare i peggiori. Se cominciamo dall'università, dai centri di ricerca, forse questo esempio potrà scendere per i rami della pubblica amministrazione fino ad arrivare a compiti meno strategici.
Richiamo inoltre l'attenzione del sottosegretario che non ho capito perché si sia «impuntato» nel non accettare l'ultima riformulazione dell'ordine del giorno della collega Poretti n. 9/2599/23, là dove, togliendo il riferimento a pubblici e privati, si chiedeva semplicemente di incoraggiare la possibilità di ricorrere ad incentivi fiscali per il finanziamento da parte dei privati della nostra università. Ritengo che sia un'esigenza che abbiamo di fronte e che dovremmo cominciare - salvo inserire adeguati criteri di valutazione del merito anche per i centri di ricerca privati - a superare la contrapposizione nel mondo della ricerca tra ricerca pubblica e privata. Sono contrapposizioni che mi paiono residui ideologici passatisti - lo dice una persona con una storia di sinistra - alla luce soprattutto dei ritardi in tanti campi della nostra ricerca scientifica e del ritardo del posizionamento complessivo dell'Italia tra i paesi avanzati nel campo della ricerca. Se non ci liberiamo di questi tabù, di questi residui passatisti non andremo da nessuna parte e perciò avrei preferito un atteggiamento diverso da parte del sottosegretario su tale questione.
Tuttavia, ciò non fa venire meno l'apprezzamento di un orientamento complessivo di riforma degli enti di ricerca e anche della loro riformulazione in termini di materie di competenza, sui quali era intervenuto negativamente il precedente Governo (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Filipponio Tatarella. Ne ha facoltà.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, il voto del gruppo Alleanza Nazionale non sarà a favore del provvedimento in esame, e forse si obietterà che è ovvio, ma non sono ovvie le ragioni di tale decisione.
Non voteremo a favore del provvedimento perché - come già ho avuto occasione di affermare nei giorni precedenti - questa legge non era necessaria e forse è bene che si cominci a prendere in considerazione che si deve legiferare solo quando è veramente necessario. In tal modo si comincerebbe ad evitare, e comunque a ridimensionare, quel fenomeno dell'elefantiasi legislativa - che già conosciamo e nel quale già ci troviamo - e più che altro si ricomincerebbe a restituire alle leggi e alle norme la loro costitutiva certezza.
Non voteremo a favore di questo disegno di legge perché esso presenta ancora gravi lacune, ma una di esse, per me, è essenziale. Non farò come i precedenti oratori, ovverosia non mi riferirò a quanto non è realizzato con tale provvedimento, però intendo affermare che quanto è sfuggito nella realizzazione del provvedimentoPag. 35è il cogliere l'occasione per considerare ab imis la grande problematica della ricerca. Francamente ciò rappresenta il vero problema.
D'altra parte, se è questo il vero problema, con il disegno di legge in esame apriremo una strada perché si possa cogliere questa occasione.
Non voteremo a favore del provvedimento più che altro perché con esso abbiamo disegnato una mappa, ma la selva sarà esplorata dalla successiva decretazione, ed allora su ciò non ci sentiamo di fare un'apertura di credito, poiché non abbiamo alcuna certezza che la decretazione successiva andrà nell'unica direzione possibile - come dicevo poco fa - ovverosia quella del bene degli enti e della ricerca, considerando la situazione davvero daccapo e dal suo fondamento. Non siamo certi che le weltanschauungen non prevarranno sul bene essenziale della ricerca.
Tuttavia, il nostro voto non sarà contrario, almeno per due motivi, forse tre.
Prima di tutto perché il disegno di legge, come è noto, è stato molto migliorato proprio con il contributo decisivo - del resto lo si può verificare dagli atti dell'iter legislativo - dell'opposizione e specificamente di Alleanza Nazionale, dunque non possiamo smentire noi stessi. In questo modo - come è già stato affermato - i punti di criticità contenuti nel presente disegno di legge, essenzialmente nei commi 3 e 4 dell'articolo 1, sono stati superati.
Non voteremo contro anche per un'altra ragione, per una sorta di riconoscimento nei confronti del sottosegretario Modica e della relatrice Ghizzoni, i quali hanno voluto aprire, non alle nostre ragioni, ma - direi - alle altre obiettive ragioni da noi rappresentate.
Abbiamo apprezzato ciò e d'altra parte questa apertura ha dato degli esiti assolutamente fecondi, che stanno sotto gli occhi di tutti, e si tratta dunque di un altro motivo per cui non voteremo contro il provvedimento in esame.
Ora, è ovvio che ci rimane una sola possibilità, astenerci: è esattamente quello che faremo. Dichiariamo il nostro voto di astensione e tale astensione ha due significati, il primo dei quali è il fatto che non potevamo, per i motivi che abbiamo già detto, votare a favore perché non condividiamo totalmente il provvedimento in esame e, inoltre, abbiamo difficoltà a fidarci e ad affidarci completamente ora, a priori, alla decretazione futura. Tra l'altro, però, la nostra astensione significa pure un'apertura di credito alla futura decretazione e così la maggioranza ha immediatamente la possibilità, un'occasione per dimostrare di meritarsi questa apertura di credito. Infatti, il provvedimento in esame adesso sarà trasmesso al Senato: ebbene, gli aspetti che non sono stati migliorati alla Camera, possono essere subito migliorati al Senato.
Come dicevo, abbiamo fatto tale apertura di credito, abbiamo contribuito a stabilire i principi generali su cui si fonderà la futura decretazione: ora vediamo cosa riuscirete a fare, se il bene della ricerca sarà doverosamente l'unico oggetto e l'unico fine dei futuri provvedimenti. Noi vigileremo, come sempre, ma, se possibile, questa volta ancora di più (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole De Simone. Ne ha facoltà.
TITTI DE SIMONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, penso che sul testo in esame sia stato svolto davvero un ottimo lavoro in VII Commissione. Si tratta di un testo molto importante e molto atteso da parte della comunità scientifica e degli enti di ricerca. Dunque, il passaggio di oggi è davvero significativo nella direzione di garantire autonomia statutaria agli enti di ricerca pubblici, così come già previsto per l'università, nella salvaguardia di un principio essenziale che è quello della libertà e dell'autonomia della ricerca scientifica. In Commissione è stato fatto un buon lavoro, come è stato ricordato anche ieri durante la discussione generale e in sede di illustrazione degli emendamenti. VaPag. 36dato atto alla maggioranza e all'opposizione insieme, alla relatrice, al presidente della Commissione e al Governo di aver svolto un lavoro minuzioso, puntuale, anche leale e di confronto.
Infatti, il testo trasmesso dal Senato presentava aspetti deboli, a volte anche molto confusi, che avevano suscitato perplessità e critiche, per quanto ci riguarda anche condivisibili, da parte del mondo scientifico e delle organizzazioni sindacali su alcuni aspetti. Il Senato ci aveva consegnato - vorrei ricordarlo - un testo nel quale, a regime, gli statuti degli enti dovevano essere emanati con decreto del Ministero dell'università e della ricerca, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. E in sede di prima applicazione della norma, secondo quel testo, il Governo avrebbe dovuto nominare una o più commissioni composte da esperti per la formulazione degli statuti.
In Commissione, anche sulla spinta - mi sia concesso - degli emendamenti presentati dal mio gruppo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, che individuavano interventi migliorativi su tali questioni, è stato osservato che le norme così formulate negavano di fatto il principio dell'autonomia e anche il sottosegretario Modica lo aveva rilevato. Tale principio, però, costituiva da questo punto di vista il cardine del provvedimento in esame e, quindi, doveva essere tutelato e garantito dal disegno di legge di delega oggi alla nostra attenzione per la votazione finale.
Gli emendamenti presentati dal gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea riguardavano questa specifica questione, cioè i principi di autonomia contenuti nella delega, nonché l'aspetto non secondario - lo vorrei sottolineare - di una più ampia garanzia di rappresentanza della comunità scientifica interna agli enti di ricerca, a partire, naturalmente, da chi svolge attività di ricerca e lavora in condizioni - è stato sottolineato in questa sede - spesso precarie, con poche risorse. Per tale motivo, questo lavoro va valorizzato, va sostenuto e va riconosciuto, anche in termini di partecipazione e di rappresentanza.
Si è intervenuti con proposte emendative anche su tali aspetti, su cui vi erano oggettivamente delle correzioni da apportare. I nostri emendamenti sono stati assorbiti da quelli presentati dalla Commissione, anche a seguito alla proposta di riformulazioni intervenute in Assemblea nella discussione di ieri.
L'emendamento 1.100 della Commissione, in particolare, riassume il senso di quello presentato dal gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea. Riformulando l'articolo 1 del provvedimento, esso prevede un meccanismo in base al quale, a regime, gli statuti verranno formulati ed approvati dagli organi statutari degli enti. Il Ministero si limiterà ad effettuare un controllo di legittimità e di merito che sarà sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari competenti. Infine, lo statuto verrà emanato dall'ente di ricerca medesimo.
Tale proposta stabilisce che, in sede di prima attuazione della norma, i consigli scientifici degli enti, integrati da cinque rappresentati della comunità scientifica, nominati dal Governo, effettueranno la prima proposta dello statuto.
Riteniamo che i principi di autonomia, cui fa riferimento in primis il provvedimento in discussione, con tale intervento, siano ampiamente garantiti e che sia stato svolto un buon lavoro di correzione, rispetto al testo trasmesso dal Senato.
Vorrei, altresì, aggiungere che, dal punto di vista della rappresentanza, come affermato in precedenza, per quanto riguarda, ad esempio, la composizione dei comitati che selezioneranno le rose di esponenti entro cui verranno individuati i presidenti ed i componenti dei consigli di amministrazione, rispetto alla stesura formulata al Senato, è stata apportata, sulla base di un emendamento presentato dal nostro gruppo, una modifica che tende ad inserire una clausola di salvaguardia - se vogliamo utilizzare questi termini - che garantisce alla comunità interna, alla comunità scientifica, nonché alle commissioni scientifiche un ruolo importante in questo percorso.Pag. 37
Tale clausola, quindi, garantisce una più ampia rappresentanza, a partire dai rappresentanti eletti dai ricercatori, e costituisce sicuramente un antidoto efficace nei confronti di quei corporativismi - che non giovano alla qualità, all'efficacia del nostro sistema pubblico dell'università e della ricerca - che proprio l'autonomia statutaria, come sancito finalmente dal provvedimento in discussione, tende a mettere in discussione ed a superare.
Vorrei sottolineare un'ultima questione di merito. Con un ordine del giorno accolto dal Governo, abbiamo segnalato l'esigenza - poi condivisa dalla maggioranza e dalla relatrice - di estendere i principi di autonomia (previsti nel provvedimento in discussione, per gli enti di ricerca vigilati dal MUR) anche a tutti gli altri enti di ricerca pubblici. Esiste, infatti, l'esigenza di non creare una frammentazione e una divaricazione fra i vari enti - a livello di funzionamento, di modalità organizzative e di autonomia - ma, al contrario, di rafforzare quegli elementi di coordinamento, di armonizzazione, di programmazione comune ed i principi di autonomia condivisi (anche dalla nostra Costituzione) e di estendere, quindi, i citati principi e meccanismi a tutti gli enti di ricerca.
Vorrei ricordare che l'ordine del giorno accolto dal Governo si muove in tale direzione. Pertanto, con un successivo provvedimento utile fra quelli che verranno posti all'attenzione del Parlamento, si lavorerà per garantire tale estensione.
A mio avviso, pertanto, sul piano del merito vi sono molti elementi in termini di avanzamento e miglioramento nei processi di democratizzazione, di autonomia e di rappresentanza, maggiormente ampia e partecipata da parte del mondo scientifico; elemento di salvaguardia fondamentale della libertà della ricerca e della sua autonomia.
Tuttavia, vorrei aggiungere alcuni elementi di rammarico a tali considerazioni, soprattutto, in relazione alla discussione che si è svolta in merito agli ordini del giorno. A tal proposito, vorrei richiamare, in particolare, due ordini del giorno, il primo presentato da esponenti di Forza Italia e dei Verdi ed il secondo presentato da parte di esponenti del gruppo parlamentare della Rosa nel Pugno.
PRESIDENTE. Onorevole, la invito a concludere.
TITTI DE SIMONE. Innanzitutto, mi dispiace che non vi sia stata una partecipazione di tali gruppi alla discussione che si è svolta in Commissione, perché sarebbe stata opportuna. Inoltre, vi sono elementi di impostazione ideologica che non condividiamo. Si tratta di un'impostazione per certi versi anche liberista che nasconde elementi di ipocrisia (come è stato detto al collega Burgio): intervenire, infatti, in termini di privatizzazione o di elementi che tendono alla privatizzazione costituisce un danno per la qualità della nostra ricerca pubblica che deve essere libera e autonoma da interessi privati e di mercato, in particolare.
Inoltre, vi è un elemento di demagogia che va superato: le università private nel nostro Paese vivono di finanziamenti pubblici. Tale elemento va detto e chiarito. Mi rivolgo ai colleghi della Rosa nel Pugno: è necessario fare chiarezza sulle relative posizioni.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
TITTI DE SIMONE. Sto per concludere. Quando facciamo riferimento agli interventi privati, bisogna tenere conto che le università private vivono di finanziamenti pubblici. Qualora si voglia affrontare il problema delle imprese, è necessario far presente che sono queste ultime a non investire sufficientemente nelle imprese sulla ricerca e sull'innovazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
TITTI DE SIMONE. Ritengo che quanto affermato da chi difende la formazione pubblica e la laicità e che, in questa sede, ha svolto, invece, un ragionamento teso unicamente agli interessi del privato ePag. 38della privatizzazione della ricerca, presenti un elemento di demagogia e di ipocrisia di fondo che non può essere accettato.
Per tali considerazioni complessive, preannunzio l'espressione del voto favorevole sul provvedimento in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, vorrei svolgere solo poche considerazioni in quanto è stato già detto molto e si corre il rischio di ripetersi. In conclusione, vorrei far presente che, dall'ultimo intervento della collega De Simone - non me ne voglia -, che ha sempre opinioni chiare e ben delineate, si evince la strana anomalia che ha presieduto al dibattito svoltosi in Commissione e in aula sul provvedimento in discussione. Si tratta di una strana anomalia, determinata da mezzi riconoscimenti, modifiche parziali ed atteggiamenti che, sinceramente, non capisco.
Ci troviamo in presenza - è bene dirlo una volta per tutte - di un provvedimento che ha preteso di cancellare, con una superficialità degna di migliore causa, tre significativi atti emanati dal Governo Berlusconi e dall'allora Ministro Moratti, i quali riordinavano il Consiglio nazionale delle ricerche, l'Agenzia spaziale italiana, l'Istituto nazionale di astrofisica e l'Istituto nazionale di ricerca metrologica.
Come già affermato nel mio intervento introduttivo e lo ribadisco adesso, non si è considerato che tali provvedimenti - che, all'epoca ebbero il sostanziale nulla osta dell'opposizione, oggi maggioranza - necessitavano e necessitano ancora di un periodo di transizione.
Nell'ambito di ogni discussione e valutazione, al di là di timidi emendamenti, ritengo che la volontà consociativa, nonostante tutto, prevalga sempre in Parlamento. Si tratta di una specie di ossessione della scena politica italiana, sia a livello nazionale che locale, che impedisce un autentico dibattito e bipolarismo.
Ritengo che quando si è di fronte a comportamenti che diversificano in profondità l'atteggiamento o l'opinione di un Governo rispetto a quello precedente, modifiche marginali, che non risolvono il problema fondamentale della diversità di approccio, non hanno assolutamente senso.
In questa sede, è abbastanza ridicolo esprimersi con cauti distinguo - non me ne vogliano i colleghi - in merito ad un provvedimento che è accolto parzialmente o meno. Vi è una richiesta fondamentale che l'attuale minoranza ha avanzato ed è l'illustrazione chiara dei criteri sulla base dei quali il Governo si è mosso, prescindendo totalmente dall'operato del Governo precedente. In merito a ciò, non è stato fatto nulla e non è stato detto nulla; pertanto, credo di dover confermare la valutazione contraria espressa all'inizio dal gruppo di Forza Italia, ulteriormente motivata da una sorta di commedia delle parti che abbiamo riscontrato anche in questa sede.
Quali sono gli elementi fondamentali, oltre quelli che ho già citato, che confermano il nostro atteggiamento politico di netta contrarietà al provvedimento in esame? Intanto, non basta modificare i commi che hanno definito in termini diversi l'autonomia statutaria degli enti: troppo poco, a nostro modo di vedere, perché permangono finalità oggettivamente diverse.
Manca, poi, una strategia globale; ad esempio - è emerso anche dalla risposta del Governo nei confronti di molti ordini del giorno - è assente una valutazione sugli obiettivi della ricerca italiana e, soprattutto, sull'apporto dei privati. Manca questa dimensione strategica che deve essere finalizzata ad alcuni obiettivi anche con la volontà di sburocratizzare questi enti ed organismi, esprimendo un giudizio sull'operato passato e sulle prospettive future, in riferimento alle esigenze della comunità scientifica e del mondo imprenditoriale e della ricerca; altro punto sul quale vogliamo sviluppare il nostro dibattito e sul quale abbiamo notato una certa latitanza ed un certo imbarazzo da parte della maggioranza.Pag. 39
Non si può fare ricerca, se non ci si collega direttamente con il mondo produttivo tout court e se non si è sensibili alle esigenze di quel mondo, non per fare l'interesse della grande impresa, ma perché quel mondo, dai lavoratori dipendenti agli operatori, a tutta una serie di figure professionali fino all'imprenditore, necessita di strumenti che devono operare in sinergia.
Manca però, a questo punto, anche un approfondimento sul ruolo delle regioni e degli enti locali che, in modo surrettizio, a suo tempo, furono inserite nella competenza della ricerca scientifica. Io stesso, come dissi all'inizio, ho molte riserve sulla possibilità che tutte le regioni riescano a realizzare qualche obiettivo in un settore delicato come questo. Occorre, invece, dare prevalenza all'interesse dello Stato, all'interesse nazionale, ponendo in essere, attraverso anche la Conferenza Stato-regioni, azioni sinergiche con quelle delle regioni, soprattutto con quelle più sviluppate e più popolose - mi vengono in mente quelle del Nord - che, disponendo di una ricca rete produttiva, di un tessuto produttivo particolarmente vivace e operoso, possono produrre di più in tale settore. Ovviamente, ciò non deve avvenire a discapito delle altre regioni che però sono prive di un apparato produttivo, per cui si avverte anche la necessità di diversificare l'approccio a queste tematiche, tenendo in considerazione le diverse aree territoriali.
Si tratta però di un discorso che ci porterebbe lontano ma che dobbiamo sviluppare e lo dico a coloro che, in ogni momento, parlano di federalismo e poi non ne traggono le conseguenze. Tutto però - lo ripeto - è subordinato all'interesse nazionale ed alla necessità di definire un quadro prioritario degli enti di ricerca.
Cosa dire, poi - e chiudo - sulla governance degli enti di ricerca, ancora non ben definita? Ho visto i punti in cui si fa riferimento agli statuti ed alla loro stesura da parte dei consigli scientifici di ciascun ente. Nonostante queste timide modifiche, non riesco a liberarmi dal sospetto, che è quasi certezza, che il Governo voglia mantenere la sua presenza, che va al di là della sua necessaria competenza, sugli enti di ricerca per condizionarli in ogni modo e a seconda delle circostanze.
Un minimo di stabilità deve essere garantita: non a caso abbiamo fatto riferimento all'Istituto italiano di tecnologia - insisto su questo fatto - che ha dato prove splendide; è stato riconosciuto unanimemente dalla comunità scientifica; gode di attestati di fiducia da una serie di organismi. Anche di fronte a questa realtà, il Governo si nasconde dietro la possibilità di incorporare questo Istituto, modificandone la sua natura, in un altro ente, venendo ovviamente meno, a mio modo di vedere, al dovere che compete al medesimo: mi riferisco al fatto di dover riconoscere nei fatti, non solo a parole, quelle realtà che eccellono nel nostro Paese.
Do atto ai colleghi che si sono attivati per cercare di introdurre alcuni miglioramenti in un testo che, di per sé, ha il vizio di origine di volere tranciare con un colpo netto tutta l'esperienza pregressa: di fronte a ciò, permane la nostra netta contrarietà, perché, ripeto, mancano i presupposti anche per un parere cautamente positivo, di fronte alla volontà di introdurre elementi di novità che non abbiamo ancora visto chiaramente segnati, solo delineati a parole, ma che lasciano alquanto perplessi sul futuro di tali enti di ricerca.
Avevamo nel passato attuato un indirizzo di riordino ben preciso, assumendoci la responsabilità, definendo anche i tempi di realizzazione e di transizione. Oggi, non abbiamo di fronte una proposta altrettanto concreta e alternativa, soltanto la volontà di troncare con il passato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tessitore. Ne ha facoltà.
FULVIO TESSITORE. Signor Presidente, il provvedimento in esame che ci accingiamo a votare è di certo un provvedimento urgente che sconta una serie assai grave di errori risalenti in prevalenzaPag. 40alla scorsa legislatura. Come vede, onorevole Garagnani, non mi sottraggo e non sarò reticente nella valutazione.
Ho vissuto nell'altro ramo del Parlamento quel periodo di vita politica e devo, purtroppo, constatare che oggi ci troviamo di fronte alle conseguenze negative - non voglio dire le macerie - provocate da scelte legislative sbagliate nel metodo più ancora che nella sostanza. Da ciò in prevalenza deriva l'urgenza del provvedimento in esame. Non si esitò, anche grazie alla legge sullo spoil system, che, pur prodotto della sinistra, non esito a definire sbagliata, a procedere ad un commissariamento generalizzato degli enti di ricerca, ad iniziare dal CNR, per attuare un'ennesima riforma degli enti. Ho ancora vivo il ricordo di due audizioni al Senato dell'allora commissario del CNR e del commissario dell'Istituto italiano di tecnologia che mi dettero chiara la sensazione dell'improvvisazione, la quale nascondeva una scelta ben precisa che, tuttavia, era surrettiziamente avanzata.
Si trattò, infatti, della volontà di smantellare una precedente riforma che richiedeva modificazioni anche radicali, ma non certo una sostituzione completa solo perché era cambiata una maggioranza di Governo. Tant'è che, nella sostanza, si conservava, pur se potenziata e unilateralizzata, la scelta di privilegiare criteri produttivistici (come si vede, sono estremamente chiaro), i quali, certamente importanti in sé, sono però, se assolutizzati, incompatibili con la ricerca scientifica e, specie, con la ricerca di base, che non è solo di ambito umanistico, ignorando o fingendo di ignorare che anche lo sviluppo e il potenziamento della ricerca applicata non hanno forza espansiva se viene depressa la ricerca fondamentale.
In tale direzione andò, per esempio, l'accorpamento di istituti di grande tradizione che avevano rappresentato momenti di alto rilievo per l'autorevolezza della ricerca italiana nel mondo; potrei fare esempi sia nell'ambito tecnologico che nell'ambito umanistico: ricordo, per esempio, l'Istituto Papirologico Girolamo Vitelli.
Sia chiaro: non nego l'opportunità - o, se si vuole, la necessità - del rapporto fra ricerca e sistema produttivo ed industriale. Quel che non è accettabile è la subordinazione della ricerca scientifica a questa esigenza, che implica - fra l'altro - l'agonia e la scomparsa della ricerca libera ed individuale, che spesso non è meno rilevante dell'altra, poiché è sorretta dalla forza della fantasia e dell'inventiva. In proposito, desidero citare le parole di un testimone insospettabile, il Primo Ministro del Governo di destra francese, Fillon; questi, lo scorso 3 luglio, ha dichiarato: «Io non sarò fra coloro che sacrificano la ricerca fondamentale con il pretesto che essa è improduttiva nel breve termine, ma, all'opposto, favorirò l'evoluzione dei nostri grandi organismi pubblici».
Nello stesso senso, considero grave lo smantellamento generalizzato della rilevanza dei consigli scientifici a vantaggio dei consigli di amministrazione: ne è esempio, ancora una volta, il Consiglio nazionale delle ricerche, nel quale, per tale via, si è rafforzata la burocratizzazione a tutto danno della ricerca. Si è giunti infatti a regolare la vita degli istituti in base al criterio delle commesse. In proposito, mi domando quale possa essere, ad esempio, la commessa conseguita dall'edizione critica di Giambattista Vico (non lo dico perché sono uno studioso di ambito umanistico o perché ho diretto per molti anni l'istituto del Consiglio nazionale delle ricerche a ciò dedicato): ricordo anzi, a scanso di equivoci, che quelle edizioni sono state assunte come testi base per le traduzioni di Vico, ad esempio, negli Stati Uniti e in Giappone, che pure mi pare siano Paesi di alta ed avanzata ricerca applicata. Ancora una volta, però, il discorso concerne tutta la ricerca di base: e si badi che non sto cedendo alla concezione retorica di un paleo-umanista.
Ci troviamo in una fase in cui si lamenta - proprio da parte delle forze politiche e culturali della destra, forse con qualche enfatizzazione - la crisi dei valori etici considerati la base del vivere civile. Mi domando allora come si possa contestare la centralità della ricerca di basePag. 41(quella che è improduttiva a breve termine). Ma, anche su questo punto, il discorso è ben più ampio, se è vero com'è vero che lo stato attuale della ricerca è caratterizzato dall'interazione fra i saperi positivi di diversi ambiti. È vero o non è vero che un ruolo determinante è oggi svolto dalla biotecnologia e dalla bioetica? Se così è, è evidente la - direi - «costretta» urgenza di una riforma degli enti di ricerca che, tuttavia, risponda a criteri di sistematicità ed organicità - come precedentemente non è stato - e che soprattutto sia consapevole della straordinaria trasformazione culturale in atto: una trasformazione di categorie epistemologiche, di concetti etici, di valori comportamentali. Vorrei però in proposito aggiungere anche un altro dato a proposito del gioco al massacro della ricerca italiana: se è vero che l'Italia si colloca ad uno degli ultimi posti quanto a finanziamenti della ricerca - in un precedente intervento ho esposto i termini della consistenza di tale finanziamento - è vero anche che essa si colloca ai primi posti quanto a risultati.
Direi il falso se dicessi che il provvedimento che ci accingiamo a votare è il migliore possibile: debbo però osservare che, specie a seguito delle modifiche apportate dalla Camera dei deputati, esso contiene una serie di elementi positivi, che potranno essere efficaci, in particolare, se la delega sarà esercitata dal Governo con piena consapevolezza delle questioni in essere, molte delle quali sono emerse nel corso delle nostre discussioni. Nella direzione giusta vanno taluni principi, che richiamo rapidamente: la centralità del merito scientifico nella scelta dei direttori degli organi; la valorizzazione dei consigli scientifici e il rispetto delle professionalità; l'internazionalizzazione; la sinergia con il sistema produttivo e, in special modo, con il sistema della ricerca universitaria (cui fa riferimento un ordine del giorno, sottoscritto dalla collega Sasso e da me, che il Governo ha accolto), anche allo scopo di evitare duplicazioni, sperperi e parcellizzazione; il contrasto delle duplicazioni (che è avvenuto attraverso molti istituti nazionali di ricerche ed attraverso l'Istituto italiano di tecnologia).
Le motivazioni ora riassunte giustificano il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo, che intende sollecitare la maggiore condivisione della riforma con le forze dell'opposizione anche in sede di monitoraggio parlamentare delle norme delegate, onde evitare l'errore del succedersi e sovrapporsi di riforme «fasulle» ad ogni cambio di maggioranza, condizione, questa, davvero infelice per la ricerca scientifica e per il Paese tutto.
Voglio concludere parafrasando, ancora una volta, Fillon - pur se nel farlo non sono sospettabile di eccessive simpatie - e dirò, allora, che per riformare, come è necessario, gli enti di ricerca e, quando sarà il momento, l'università, dobbiamo saper ricordare ed utilizzare tutta la nostra tradizione spirituale, filosofica e scientifica e tutta la nostra ambizione repubblicana e democratica, altrimenti il fallimento è sicuro, come purtroppo è accaduto altre volte.
PRESIDENTE Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mario Pepe. Ne ha facoltà.
MARIO PEPE. Signor Presidente, preannunzio il mio voto contrario sul provvedimento in esame, pieno di buoni propositi, come quello di favorire la ricerca applicata in Italia.
Chiariamo subito un concetto: la ricerca applicata non esiste, esiste l'applicazione della ricerca e l'applicazione della ricerca può anche non avvenire nell'immediato. Guai a far mancare i fondi, pubblici o privati, ad una ricerca che non produce immediatamente i suoi frutti! Sarebbe come far mancare i mezzi ad un bambino! I nostri figli ci chiedono da mangiare e da bere anche se non producono niente, ma nel bambino di oggi c'è lo scienziato, il filosofo, il medico, l'ingegnere di domani.
Ho sentito parlare di una strategia per attrarre capitali stranieri alla ricerca italiana: mi chiedo come ciò sia possibile, dalPag. 42momento che abbiamo approvato leggi che limitano la libertà di ricerca in Italia, sotto l'influsso mai chiarito di un rapporto fra Stato e Chiesa cattolica! Nel 1870, quando entrarono a Roma, i bersaglieri non portarono solo le bandiere dello Stato italiano, ma quelle della libertà, della fede nel progresso e della libertà della scienza.
Credo che quei bersaglieri debbano tornare a Porta Pia, altrimenti non vi sarà più futuro per la ricerca in Italia (Applausi di deputati del gruppo La Rosa nel Pugno)!
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Signor Presidente, intervengo brevemente per rivolgere un saluto al personale dell'amministrazione che ci ha accompagnato in questo percorso legislativo con la consueta perizia. Voglio soprattutto ringraziare, oltre il sottosegretario Modica per la sua disponibilità, anche i colleghi e le colleghe della VII Commissione e, in particolare, le colleghe (chi ha partecipato ai lavori del Comitato dei nove comprende il senso delle mie parole). Signor Presidente, nel conseguimento dell'esito finale del provvedimento al nostro esame molto peso ha avuto, infatti, il pragmatismo femminile, e credo che le colleghe siano concordi con me.
PRESIDENTE. È un buon precedente per gli altri provvedimenti legislativi.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Rivolgo, inoltre, un ringraziamento a tutti colleghi ed al presidente Folena, perché credo che si sia aperta una via interessante per trovare soluzioni condivise, signor Presidente.
Desidero, infine, rivolgere un ringraziamento a tutti i colleghi, perché nessuno si è sottratto a trovare tenacemente una soluzione condivisa sui punti di maggiore criticità del provvedimento al nostro esame, nonostante vi siano state - e vi siano - diverse, ed in alcuni casi lontanissime, visioni generali sulla ricerca pubblica e sulla sua missione. Questa consapevolezza e questo atteggiamento consapevole di collaborazione assunto da tutti - che non è, onorevole Garagnani, una parte in commedia - ha permesso di giungere ad una ampia convergenza su alcune proposte emendative migliorative del provvedimento, che prevedono una definizione dell'autonomia statutaria in coerenza piena al dettato costituzionale. Si è trattato di una assunzione di responsabilità che gioverà al settore della ricerca pubblica, ponendolo nelle condizioni di prefigurare ed adottare un assetto ed un sistema di governo più efficaci per assolvere alla sua missione istituzionale.
È un'assunzione di responsabilità, che dimostra quanto l'abbandono della polemica politica fine a se stessa consenta di prefigurare riforme di respiro ampio, che forniscano veri meccanismi di innovazione, di sviluppo sociale ed economico al Paese; che abbiano soprattutto la forza intrinseca, come diceva l'onorevole Tessitore, di superare le alternanze dei singoli Governi insomma; che diano certezza e stabilità al nostro Paese, e tutti sappiamo bene di quanta certezza e stabilità abbia bisogno l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Verdi).
(Correzioni di forma - A.C. 2599)
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MANUELA GHIZZONI, Relatore. Signor Presidente, ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel disegno di legge atto Camera 2599, propongo le seguenti correzioni di forma: alla lettera a-bis) del comma 1 dell'articolo 1, introdotta a seguito dell'approvazione dell'emendamentoPag. 431.100 della Commissione, le parole: «e successiva emanazione» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «e loro successiva emanazione da parte dei medesimi organi» e le parole: «, sentite le Commissioni parlamentari competenti, le quali si esprimono entro trenta giorni» sono sostituite dalle seguenti: «. Il Ministro dell'università e della ricerca esercita il controllo di cui alla presente lettera sentite le Commissioni parlamentari competenti, le quali si esprimono entro trenta giorni dalla data della richiesta del relativo parere».
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la proposta formulata dal relatore in riferimento alle correzioni di forma da apportare al testo del provvedimento a norma dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.
(È approvata).
La Camera approva per 347 voti di differenza.
(Coordinamento formale - A.C. 2599)
PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione - A.C. 2599)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 2599, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 1214 - «Delega al Governo in materia di riordino degli enti di ricerca» (Approvato dal Senato) (2599):
Presenti 459
Votanti 375
Astenuti 84
Maggioranza 188
Hanno votato sì 253
Hanno votato no 122
(La Camera approva - Vedi votazioni).
Prendo atto che il deputato Porcu ha segnalato di non essere riuscito a votare.
Prendo altresì atto che il deputato Gasparri ha segnalato di aver erroneamente votato a favore mentre avrebbe voluto esprimere un voto contrario.
Sull'ordine dei lavori (ore 13,48).
ALBERTO GIORGETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, il mio intervento sull'ordine dei lavori riguarda la conduzione del dibattito legato al decreto-legge recante «Disposizioni urgenti in materia finanziaria», che stiamo esaminando in Commissione bilancio.
Ieri abbiamo provveduto alla presentazione, secondo le tempistiche previste dai lavori, degli emendamenti da parte di tutti i gruppi a tale provvedimento. Questa mattina, nella valutazione sulle dichiarazioni di inammissibilità, abbiamo riscontrato alcune questioni che vorremmo sottoporre alla Presidenza e che riteniamo vadano, in qualche modo, a comprimere in maniera significativa le prerogative dei gruppi parlamentari, in particolar modo dell'opposizione.
Signor Presidente, rifacendomi alla dichiarazione di inammissibilità, letta questaPag. 44mattina in alcune sue parti, che riprendo, si fa riferimento al comma 7 dell'articolo 96-bis del Regolamento, secondo cui non possono ritenersi ammissibili le proposte emendative che non siano strettamente riconducibili a materie oggetto dei decreti-legge all'esame della Camera. Si fa riferimento, poi, all'articolo 89 - questa mi pare una questione cardine - il quale attribuisce al Presidente la facoltà di dichiarare inammissibili gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che siano estranei all'oggetto del provvedimento, dando quindi un ruolo significativo alla presidenza della Commissione e, come è noto, in seconda battuta e anche alla Presidenza della Camera. Successivamente si fa inoltre riferimento, sempre riguardo ai criteri di ammissibilità, in qualche modo al tema complessivo delle materie oggetto del provvedimento, anche alla luce degli elenchi 1 e 2 inseriti nel decreto-legge.
Signor Presidente, il risultato di questa dichiarazione stabilisce un record - da questo punto di vista per noi negativo - di inammissibilità delle proposte emendative presentate. Su oltre trecento proposte emendative complessivamente presentate - in cui non si intravede alcuna politica ostruzionistica, ma la voglia di discutere del provvedimento anche da parte dell'opposizione - ne sono state dichiarate inammissibili più del 40 per cento. È evidente che, quando ci troviamo davanti a queste percentuali di inammissibilità, poniamo un problema di ordine politico e di interpretazione regolamentare sul fatto che si vadano a creare le condizioni per togliere prerogative del dibattito sul provvedimento in esame. È una questione estremamente rilevante a livello politico, anche perché, signor Presidente, nei passaggi che lo stesso presidente della Commissione ha compiuto nel confronto che abbiamo avuto all'interno della Commissione una volta letta tale dichiarazione, è stata sollevata una questione che mi pare più che mai grave. In qualche modo, infatti, si prospetta una logica di «doppiopesismo» circa l'ammissibilità delle proposte emendative relativamente al fatto che, su alcune di esse, di natura fiscale, si sarebbe sospesa la valutazione sull'ammissibilità, anche in funzione di notizie che potrebbero derivare dal Governo in merito a modifiche concernenti aspetti fiscali, che ben conosciamo e che sono, ovviamente, tutti i giorni nella cronaca del dibattito politico del Paese.
Quindi, signor Presidente, sarebbero state «cassate» una serie di materie che non possono essere affrontate, nonostante il lavoro svolto dai componenti della Commissione bilancio e dai gruppi. È, infatti, necessario tenere conto delle necessità di copertura, su cui ovviamente ci siamo confrontati, presentando emendamenti con profili di copertura significativi per poterne consentire l'ammissibilità e il dibattito. Ci viene risposto che il tema dell'ammissibilità è particolarmente stringente in un decreto-legge omnibus che tratta materie varie: rimborso ad enti di somme accantonate, integrazione delle pensioni minime, integrazione tabelle del Ministero dell'economia e delle finanze, contributi vari, sviluppo della ricerca nel settore marittimo, riscossione diretta delle addizionali dell'energia, sviluppo delle risorse per quanto riguarda le regioni confinanti, Fondo delle imprese pubbliche, copertura del disavanzo ANAS, missioni di pace, supplenze baby, pesca, Fondo del credito per i giovani, oltre un lungo elenco di interventi che vanno a ripristinare risorse accantonate ai sensi del comma 507 della legge finanziaria per l'anno 2007. Tale aspetto era addirittura già considerato dal Ministero dell'economia e delle finanze, di fatto, una sorta di modifica della procedura parlamentare del disegno di legge finanziaria, in qualche modo, quindi, un percorso di riforma. Quindi, oltre a negare una serie di considerazioni svolte e di affermazioni rese, sia in sede di discussione del disegno di legge finanziaria...
PRESIDENTE. Onorevole Alberto Giorgetti, la prego di concludere.
ALBERTO GIORGETTI. ...è veramente difficile pensare che numerose questioni politiche circostanziate, legate agli argomentiPag. 45inseriti all'interno del ricordato elenco, possano essere dichiarate inammissibili nella loro globalità in buona parte. Riscontriamo una logica politica che punta già a creare le condizioni per il Governo per avere comunque emendamenti, che potranno entrare probabilmente già nella posizione della questione di fiducia (più o meno sotterraneamente annunciata) al provvedimento di cui si tratta. Vi è, inoltre, il rischio di non mettere l'opposizione e il Parlamento nelle condizioni di poter veramente approfondire nel merito tali argomenti.
PRESIDENTE. Onorevole Alberto Giorgetti, la prego di concludere.
ALBERTO GIORGETTI. Concludo, Presidente. Crediamo che vi sia un problema di prerogative parlamentari, che solleviamo pressantemente a lei e alla Presidenza della Camera.
MARINO ZORZATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARINO ZORZATO. Signor Presidente, vorrei sottrarle non più di due minuti perché, sostenendo l'intervento del collega Alberto Giorgetti, ricordo all'Assemblea che il decreto-legge oggi all'esame della Commissione bilancio concerne l'uso del «tesoretto». Ci troviamo, quindi, di fronte ad un decreto-legge che dispone l'utilizzo di circa 15 mila miliardi delle vecchie lire. La discussione che in Commissione ci ha posto in difficoltà prende in parte spunto da alcune dichiarazioni giornalistiche anche del relatore, il collega Di Gioia, che ha preannunciato la posizione della questione di fiducia ed emendamenti del Governo sul tema degli studi di settore.
Questa mattina, in Commissione bilancio, vi sono stati alcuni episodi che ci hanno messo in difficoltà. Inizio dagli studi di settore: c'erano alcuni emendamenti dell'opposizione che il presidente ha ritenuto di non valutare per quanto riguarda l'ammissibilità, dichiarando che si doveva approfondire - si riferiva al Presidente Bertinotti - l'opportunità o no di renderli ammissibili.
L'obiezione dell'opposizione - ma devo dire anche della maggioranza - in Commissione è che un emendamento non è ammissibile o inammissibile in funzione dell'eventualità che il Governo presenti o meno emendamenti di pari natura. Un emendamento è ammissibile o meno sulla base del testo del provvedimento che stiamo esaminando! L'obiezione posta al presidente in Commissione è stata nel senso di ritenere che ci si debba esprimere subito sull'ammissibilità, perché se sono ammissibili gli emendamenti dell'opposizione rivolti agli studi di settore, allora anche gli eventuali emendamenti del Governo su tali materie lo saranno: in caso contrario, non lo saranno né gli uni né gli altri. In ogni caso, non può ammettersi che gli emendamenti dell'opposizione su un tema così delicato di natura fiscale siano subordinati all'eventuale introduzione nel testo di previsioni, recate da emendamenti sui quali il Governo sta ancora discutendo per mettersi d'accordo!
Una seconda valutazione, che affido alla Presidenza affinché si attivi, riguarda il fatto che molti emendamenti sono stati ritenuti non ammissibili, in parte per estraneità di materia, in parte perché non propri del provvedimento. Mi domando come sia possibile che ad un provvedimento che prevede una spesa corrispondente a 15 mila miliardi di vecchie lire (mi esprimo in lire così ci si rende conto meglio dell'entità della somma), che di fatto «disaccantona» ovvero consente ai Ministeri di spendere due miliardi di euro (quattromila miliardi delle vecchie lire) su 40-50 capitoli di spesa, che tocca temi come i rifiuti della Campania, il funzionamento della Presidenza del Consiglio, il Fondo unico per lo spettacolo, fondi per le politiche sociali, e così via, possano essere ritenuti non ammissibili emendamenti rivolti al finanziamento delle forze dell'ordine, dei vigili del fuoco, della sicurezza, aspetti che costituiscono reali emergenze del nostro Stato in questo momento.Pag. 46
Pertanto, o si tratta di ipocrisia o, per così dire, ci prendiamo per il naso (ed uso tale espressione in quanto stamattina sono stato richiamato in Commissione per aver utilizzato un termine più forte). Signor Presidente, mi rivolgo a lei affinché rivolga una raccomandazione alla Commissione e al suo presidente, visto che egli stesso nel suo intervento ha richiamato la Presidenza della Camera. Non è accettabile che un provvedimento omnibus, che prevede una spesa di 15 mila miliardi di vecchie lire in circa ottanta rivoli diversi, per alcune materie stanzi risorse e per le altre citate, solo per motivi politici, non rechi previsioni di spesa.
Nulla vieta, poi, che emendamenti ammissibili vengano respinti dalla maggioranza; che sull'emendamento che prevede un finanziamento per i vigili del fuoco la maggioranza si esprima in maniera contraria; che su emendamenti che riguardano le forze dell'ordine la maggioranza non sia disponibile a finanziamenti. Questa è politica! È comprensibile! Ma, signor Presidente, dalla politica ad un'inammissibilità preventiva per non farci discutere...
Le chiediamo, per cortesia, un intervento al riguardo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ho ben compreso la questione posta dagli onorevoli Giorgetti e Zorzato, che sicuramente segnalerò al Presidente.
Mi risulta che il presidente della Commissione si sia consultato con il Presidente della Camera e che, sulla base di questa consultazione, si riservi di dare sulla questione sollevata circa l'ammissibilità degli emendamenti una risposta definitiva entro le ore 15. Questo è quanto sono in grado di riferire ora.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, questa mattina la Corte suprema militare libica ha confermato la pena di morte per cinque infermiere bulgare e un medico, condannati con l'accusa di aver contagiato con il virus dell'AIDS 438 bambini libici.
In realtà la comunità scientifica internazionale, a partire dai massimi scienziati ed esperti come Gallo e Montagnier, ha chiaramente escluso che vi possa essere una reale responsabilità nel contagio da parte delle infermiere e del medico, anche sulla base delle caratteristiche del ceppo virale.
Il Presidente del Consiglio Prodi si era più volte esposto sulla vicenda, affermando che era sua intenzione occuparsene in sede bilaterale e in sede europea. Questa mattina sia il Presidente della Commissione europea Barroso sia il Presidente di turno dell'Unione europea Socrates nell'aula del Parlamento europeo hanno manifestato la loro preoccupazione e il loro intento di intervenire al più presto, perché si faccia pressione sulle autorità libiche affinché, come minimo, la pena venga commutata nel carcere a vita, in modo tale che, per gli accordi bilaterali tra Bulgaria e Libia, la pena possa essere scontata in patria dalle infermiere.
Chiedo alla Presidenza di valutare la possibilità e l'opportunità di segnalare al Governo ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri la gravità della situazione e la necessità che anche il Governo italiano, in sede bilaterale e presso gli organi dell'Unione europea, faccia sentire la propria voce affinché l'esecuzione di tali persone possa essere scongiurata.
PRESIDENTE. Condivido la valutazione sulla gravità della situazione da lei denunciata: la Presidenza si farà carico di prendere contatti con il Governo per segnalare l'esigenza da lei posta.
Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.
ENRICO COSTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
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ENRICO COSTA. Signor Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a fornire una risposta ad una interrogazione a risposta scritta n. 4-03165, presentata il 3 aprile, dal sottoscritto e dall'onorevole Mellano, avente ad oggetto la paventata chiusura della scuola allievi carabinieri di Fossano. Si tratta di un argomento che interessa molto l'economia di una certa area territoriale; preoccupa che a tale riguardo vi sia una totale incertezza tra la cittadinanza, nelle forze politiche ed economiche nonché nelle istituzioni.
Nell'interrogazione rivolta al Ministro Parisi si chiede di conoscere quale sia la posizione del Ministero della difesa al riguardo e, tenuto conto del fatto che la prossima settimana i parlamentari e i rappresentanti della provincia avranno un incontro con il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, sarebbe utile conoscere tale posizione. Ci rendiamo conto che il Ministro Parisi in questo periodo è molto impegnato ai tavoli dei referendum; chiediamo soltanto che abbia un po' di tempo per occuparsi anche di tali questioni, che attengono al suo incarico.
PRESIDENTE. Onorevole Costa, la Presidenza si farà carico di sollecitare la risposta del Governo all'interrogazione da lei richiamata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15, con lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata e, successivamente, con gli altri punti all'ordine del giorno.
La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI
Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro delle politiche per la famiglia, il Ministro delle infrastrutture, il Ministro della solidarietà sociale, il Ministro della giustizia e il Ministro per l'attuazione del programma di Governo.
(Orientamenti del Governo in merito alla proposta di innalzamento dell'età pensionabile per le donne - n. 3-01071)
PRESIDENTE. La deputata Nicchi ha facoltà di illustrare l'interrogazione Di Salvo n. 3-01071, concernente orientamenti del Governo in merito alla proposta di innalzamento dell'età pensionabile per le donne (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1) di cui è cofirmataria, per un minuto.
MARISA NICCHI. Signor Presidente, come gruppo di Sinistra Democratica siamo preoccupati della discussione sul possibile aumento dell'età pensionabile delle donne, che alimenta un'insicurezza nella vita delle famiglie e, soprattutto, delle stesse donne. Consideriamo questa discussione molto pericolosa perché siamo d'accordo che una donna possa continuare a lavorare oltre il limite obbligatorio, ma solo se lo vuole, dopo aver raggiunto l'età minima obbligatoria, che siamo contrari ad innalzare. Sosteniamo tale posizione nei confronti di tutti: dell'opinione pubblica, delle donne, del centrosinistra e del Governo. La differenza in vigore tra l'età pensionabile degli uomini e delle donne è l'unico riconoscimento del valore sociale e ...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARISA NICCHI. ..del lavoro che noi vogliamo valorizzare. Per questo motivo siamo contrari alla discussione su tale tema.
PRESIDENTE. Il Ministro per le politiche per la famiglia, Rosy Bindi, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
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ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia. Signor Presidente, credo valga la pena precisare che, come ha avuto modo più volte di ribadire il Ministro del lavoro, non è all'ordine del giorno la discussione sull'aumento dell'età pensionabile delle donne. È una proposta circolata in questi giorni, frutto di un momento di studio e di approfondimento da parte di alcuni esponenti del centrosinistra, ma non è all'ordine del giorno del Governo e del tavolo aperto su un nuovo welfare, al quale il Governo sta, invece, lavorando con buoni risultati. Fra tutti vorrei ricordare l'accordo concluso ieri sull'aumento delle pensioni basse, che va incontro, tra l'altro, prevalentemente alle donne.
Credo anch'io, insieme all'interrogante, che il vero problema oggi sia affrontare con una nuova mentalità il problema del lavoro delle donne nel nostro Paese, che ha un basso tasso di occupazione femminile, soprattutto nelle regioni del sud. Riteniamo che si debba - come questo Governo ha cominciato a fare con l'ultima legge finanziaria - incentivare l'occupazione femminile e che ci si debba, altresì, adoperare perché davvero vi siano pari opportunità per le donne nel mondo del lavoro, a partire dalla retribuzione e dalle possibilità di carriera e, soprattutto, vi sia il riconoscimento del vero valore aggiunto portato dalle donne nel lavoro, ovvero la loro capacità di conciliare la vita del lavoro con la vita della famiglia e la maternità. È un esercizio alle quali le donne sono costrette, anche in virtù di una legislazione e, soprattutto, di un costume che è nemico delle donne, dei bambini (in alcune circostanze) e della famiglia.
Riteniamo che la vera sfida, che si deve aprire oggi, è il riconoscimento del lavoro di cura che svolgono le donne nel nostro Paese e, non solo, che svolge la famiglia nella crescita dei figli e nell'assistenza degli anziani non autosufficienti. Tutto ciò, inoltre, deve essere considerato un valore aggiunto, che non può essere pagato solo dalle donne e neppure soltanto dalle risorse pubbliche...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ROSY BINDI, Ministro per le politiche per la famiglia... ma deve trovare un grande alleato anche nelle categorie produttive.
Solo a quel punto sarà possibile ridiscutere, nella libertà, nella flessibilità e attraverso incentivi, il problema al quale lei faceva riferimento.
PRESIDENTE. La deputata Nicchi, ha facoltà di replicare per due minuti.
MARISA NICCHI. Signor Ministro, consideriamo le sue parole un impegno solenne, perché l'innalzamento dell'età pensionabile colpirebbe, oggi, le donne alle quali mancano pochi anni per andare in pensione. Si tratta di una generazione di donne che ha sofferto una condizione difficilissima, in un mercato del lavoro che le ha viste senza tutele, con un tasso di occupazione decrescente, con la nascita di figli e con l'aumento di responsabilità familiari. Guardiamo positivamente anche all'impegno di una revisione della normativa, che possa permettere di conciliare responsabilità familiari e lavoro.
(Progetto di costruzione del tunnel di base del Brennero, con particolare riferimento alle modalità di finanziamento e alle iniziative per trasferire il trasporto di merci dalla gomma alla rotaia - n. 3-01072)
PRESIDENTE. Il deputato Brugger ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01072 concernente il progetto di costruzione del tunnel di base del Brennero, con particolare riferimento alle modalità di finanziamento e alle iniziative per trasferire il trasporto di merci dalla gomma alla rotaia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2) per un minuto.
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Ministro, ieri lei ha firmato a Vienna, assieme al Ministro austriaco Faymann, il memorandum sul tunnel di base del Brennero, che fissa le modalità di finanziamento e diPag. 49realizzazione, da sottoporre all'Unione europea ai fini del cofinanziamento. Riteniamo che la costruzione del tunnel sia fondamentale per il trasferimento del trasporto della merce dalla strada alla rotaia e sia, quindi, l'unico modo per alleggerire effettivamente l'impatto ambientale negativo per la popolazione interessata.
Le chiedo, pertanto, anche alla luce delle inspiegabili critiche all'incontro di ieri da parte di autorevoli rappresentanti dei Verdi e di ambientalisti, di fornire garanzie sulle modalità di finanziamento del progetto e di spiegare quali siano le ulteriori misure realizzabili al fine di spostare su rotaia il traffico della merce che oggi viaggia su gomma.
PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, il tunnel del Brennero - e, più in generale, la tratta ferroviaria che, attraverso il tunnel stesso, collegherà l'Italia all'Europa partendo da Verona - si farà e si costruirà con il concorso del finanziamento europeo.
Il 19 luglio mi recherò presso la Commissione europea a depositare il relativo progetto, che ieri abbiamo condiviso e sottoscritto - in una richiesta congiunta con i ministri austriaco e tedesco - e che ha ottenuto il parere favorevole, in maniera convinta e decisa, del coordinatore Van Miert, il quale si è impegnato a richiedere il contributo europeo nella misura massima del 30 per cento. Il resto sarà pagato da ciascuno dei due Stati: per quanto riguarda l'Italia, abbiamo già previsto l'inserimento del progetto nel contratto 2007-2013, con un «cronoprogramma» che prevede già i finanziamenti, fino al 2012, per la costruzione della galleria, che dovrà iniziare nel 2010 e terminare nel 2020.
Tengo a precisare che, quando ci riferiamo al tunnel del Brennero, parleremmo del nulla se non prevedessimo come collegarlo al resto della linea nazionale. Abbiamo previsto, perciò, che contemporaneamente, con finanziamenti contestuali, sia realizzato anche il tratto che dal tunnel del Brennero arriva fino a Verona (comprendente Fortezza, la circonvallazione di Bolzano, la circonvallazione di Trento e, infine, il nodo di Verona).
In quest'ottica posso assicurare che, come riferito dal coordinatore europeo Van Miert, il progetto è in una fase ottimale per essere accolto in Europa e, da parte del Governo italiano, è sostenuto non solo a parole, ma con i fatti. Nel DPEF, presentato al Parlamento dopo l'approvazione in Consiglio dei ministri, infatti, sono stati inseriti il progetto nella sua interezza e le opere di collegamento ad esso.
PRESIDENTE. Il deputato Brugger ha facoltà di replicare per due minuti.
SIEGFRIED BRUGGER. Signor Presidente, mi dichiaro soddisfatto della risposta. Sono convinto che, per quanto riguarda il traffico pesante che attraversa le Alpi, l'intermodalità sia il futuro e che le relative infrastrutture debbano essere efficienti, moderne, ma soprattutto sostenibili, come nel caso del tunnel di base del Brennero.
Basti confrontare alcune cifre: con il nuovo tunnel la capacità della rotaia sale da 600 mila TIR all'anno a 1.800.000; tale dato ha un'enorme importanza se si considera che nel 2006, sull'Autobrennero transitavano il doppio dei TIR rispetto a tutti i transiti sulle Alpi della Svizzera e, mentre il transito di TIR che attraversa il Brennero è raddoppiato dal 1995, in Svizzera, con la costruzione delle prime gallerie, il traffico pesante sulla strada dal 2004 sta diminuendo. Ciò, credo, la dice lunga sull'importanza dell'opera.
Ovviamente più tardi sarà ultimata la galleria, maggiore e per molto più tempo vi sarà l'impatto negativo del traffico per territorio e popolazione; perciò non capisco gli ostacoli che vengono frapposti da alcuni rappresentanti anche facenti parte di questa maggioranza.
Abbiamo bisogno di garanzie, signor Ministro, garanzie per il finanziamento,Pag. 50garanzie per la contestualità della costruzione di tunnel e tratte di accesso - lei è stato molto chiaro su questo - ma garanzie anche, signor Ministro, che nel lotto della circonvallazione Bolzano sia compresa anche (ciò oggi non è chiaro) la tratta sotterranea che riguarda la bassa atesina, area molto sensibile e problematica.
Chiediamo infine garanzie, signor Ministro, che la costruzione sia accompagnata da misure come aumento di pedaggio sulla strada e divieto di transito...
PRESIDENTE. Deve concludere, per favore.
SIEGFRIED BRUGGER. ...per gli automezzi più inquinanti.
(Iniziative per assicurare la trasparenza degli appalti nonché la realizzazione dell'opera con riguardo alla tratta autostradale Salerno-Reggio Calabria - n. 3-01073)
PRESIDENTE. La deputata Balducci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01073, concernente iniziative per assicurare la trasparenza degli appalti nonché la realizzazione dell'opera con riguardo alla tratta autostradale Salerno-Reggio Calabria (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3), per un minuto.
PAOLA BALDUCCI. Signor Ministro, un ulteriore grave episodio di criminalità sta venendo alla luce in questi giorni: a seguito delle indagini poste in essere dalla procura di Reggio Calabria sono emersi pesanti coinvolgimenti di associazioni criminali nella realizzazione dei lavori di rifacimento della tratta autostradale Salerno-Reggio Calabria. Questa situazione comporta un altissimo livello di allarme, considerate le dimensioni del fenomeno criminale. L'opera in questione riveste carattere strategico nel sistema dei trasporti del nostro Paese, e in particolare nel Mezzogiorno.
Chiediamo, signor Ministro, quali siano le misure previste e quali intenda adottare il Ministro competente - quindi il Ministro Di Pietro - al fine di garantire la trasparenza degli appalti e di prevenire il rischio di infiltrazioni criminali, in modo tale da assicurare la realizzazione dell'opera in tempi più rapidi.
Chiediamo, inoltre, quando si preveda di ultimare i lavori sulla Salerno-Reggio Calabria che, come sappiamo tutti, è di preminente interesse per tutti gli utenti che fruiscono dell'importante area.
PRESIDENTE. Il Ministro delle infrastrutture, Antonio Di Pietro, ha facoltà di rispondere.
ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Signor Presidente, innanzitutto rivolgo un grazie, grazie, grazie e grazie ancora alla Polizia di Stato e a tutte le forze dell'ordine che, nel loro lavoro quotidiano, combattono la criminalità di stampo mafioso e non, e, nel caso di specie, le estorsioni operate dalla 'ndrangheta ai danni delle imprese che stanno lavorando per realizzare l'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria. Ripeto: che stanno lavorando, perché oggi - è vero - vi sono tanti cantieri su quella strada, ma proprio perché dentro i cantieri vi sono le persone che stanno lavorando.
Stiamo realizzando l'opera perché abbiamo previsto l'intero finanziamento e l'intera progettazione e, quindi, vi sono cantieri aperti e, proprio per questo, vi è una grande preoccupazione in ordine alle infiltrazioni mafiose. La polizia, le forze dell'ordine, la magistratura stanno lavorando, e, se permette, stanno lavorando non per cose che dobbiamo fare, ma per cose che già stiamo facendo, anche al Ministero delle infrastrutture. Infatti, il Ministero delle infrastrutture sta collaborando attivamente in tale attività di contrasto alla criminalità organizzata e mafiosa attraverso un servizio specifico, che ho realizzato dal primo giorno del mio insediamento, e che si chiama Servizio alta sorveglianza delle grandi opere, coordinato da un capitano della Guardia di finanza ePag. 51da un nucleo di polizia interforze che lavora, notte e giorno, a fianco del Ministero dell'interno, sia a livello centrale sia a livello locale.
Abbiamo realizzato una serie di protocolli di legalità, in base ai quali tutte le prefetture dei territori sono coinvolte con l'ANAS e con la polizia centrale, e che interloquiscono tutti i giorni con coloro che svolgono i lavori, con le maestranze, con le imprese appaltatrici, con la stessa ANAS.
Insomma, i risultati degli ultimi giorni, con gli arresti di persone, dimostrano che stiamo controllando il territorio, e che mettiamo in galera le persone che intendono rovinare i lavori che stiamo realizzando e non gli diamo la «mazzetta di Stato».
Ecco perché le sono particolarmente grato per il fatto che lei ha presentato questa interrogazione, perché fa conoscere un altro aspetto del Ministero delle infrastrutture, quello del controllo del territorio, insieme agli altri ministeri competenti, anche intervenendo con le proprie strutture.
Lavoriamo quotidianamente a contatto con la prefettura di Reggio Calabria, anche per i casi di specie, sia con il prefetto di Reggio Calabria sia con tutti gli altri prefetti coinvolti nella tratta Salerno-Reggio Calabria.
Abbiamo fatto qualcosa di più: abbiamo previsto che, per quanto riguarda la riforma del codice degli appalti, la stessa vada proprio nella direzione di rendere più trasparenti tutte le attività di commessa. Abbiamo, per esempio, provveduto alla riduzione dei casi in cui è ammessa la trattativa privata e ad un più attento monitoraggio dei grandi appalti, con particolare riferimento e attenzione ai flussi finanziari per la realizzazione delle opere.
È stato possibile scoprire quanto abbiamo scoperto proprio perché si sono utilizzate le norme che abbiamo introdotto. Tutto ciò rende più efficace l'azione volta a prevenire e a reprimere i tentativi di infiltrazione mafiosa.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ANTONIO DI PIETRO, Ministro delle infrastrutture. Proprio per questo la ringrazio per l'interrogazione, e posso assicurarla che tutti i giorni esercitiamo il controllo del territorio e che questa operazione non è la prima, ma non sarà nemmeno l'ultima.
PRESIDENTE. La deputata Balducci ha facoltà di replicare per due minuti.
PAOLA BALDUCCI. Signor Ministro, la ringrazio per la risposta e sono convinta che attraverso il suo impegno, e quello di tutta la compagine governativa, la realizzazione dei lavori riguardanti la Salerno-Reggio Calabria potrà finalmente avvenire in un contesto più trasparente, attento alla legalità ed al rispetto delle esigenze di celerità.
Il sistema di spartizione emerso dall'indagine ha messo in luce l'esistenza di un meccanismo criminale sempre più sofisticato, in grado sia di eludere anche le disposizioni più rigide sia di aggirare la normativa antimafia.
Sono contenta che lei abbia fatto riferimento al codice degli appalti, perché ciò dimostra anche che la relativa disciplina presenta alcuni punti deboli, sui quali sarà bene intervenire - mi rallegro del fatto che il signor Ministro vi abbia fatto cenno - al fine di assicurare una maggiore impermeabilizzazione alle infiltrazioni criminali in tutte le diverse fasi dell'appalto, dalla gara alla conclusione del lavori.
Ciò significa attivarsi per stroncare eventuali collusioni, ma anche per garantire un sensibile miglioramento delle condizioni ambientali di legalità, assicurando una maggiore sicurezza alle imprese operanti sul territorio.
Credo che l'ultimazione di questa importante arteria non sia più rinviabile e che occorra individuare subito tutti i correttivi più idonei a garantire la trasparenza delle procedure per l'assegnazione dei lavori e prevenire i rischi di ulteriori ritardi, pur dovendosi rammentare che il Governo ha già messo in campo importanti risorse economiche - a ciò il Ministro faceva riferimento - ed iniziativePag. 52normative per le infrastrutture di cui ha urgente bisogno il Paese.
Il nostro partito ed i membri del gruppo dei Verdi sono impegnati concretamente per affermare una politica infrastrutturale moderna che sappia coniugare sviluppo, compatibilità ambientale...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
PAOLA BALDUCCI... ed il rispetto della legalità nel Mezzogiorno d'Italia, dove serve - concludo Presidente - un impegno fattivo e serio per velocizzare ed adeguare i trasporti ferroviari e le tratte autostradali tra Salerno e Reggio Calabria.
(Iniziative per risolvere l'emergenza abitativa nelle grandi aree urbane, anche mediante l'utilizzo del patrimonio confiscato alla criminalità organizzata - n. 3-01074)
PRESIDENTE. Il deputato Leoluca Orlando ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01074, concernente iniziative per risolvere l'emergenza abitativa nelle grandi aree urbane, anche mediante l'utilizzo del patrimonio confiscato alla criminalità organizzata (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).
LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor Ministro, una pesante emergenza abitativa nei grandi centri urbani è diffusamente testimoniata dalla nascita di decine di comitati spontanei di «senza-casa» e dalle sempre più sollecite e pressanti richieste ai prefetti che intervengono, nella carenza di intervento da parte delle autorità locali.
Dobbiamo registrare, dopo oltre quindici anni di assenze in materia di politiche abitative pubbliche, che da parte del Ministero delle infrastrutture è stato predisposto un piano pluriennale di intervento nel settore abitativo pubblico e sociale.
Ma dobbiamo al tempo stesso rilevare che l'emergenza è tale da imporre interventi molto più urgenti di quelli consentiti dal piano pluriennale predisposto dal Ministero delle infrastrutture. Per tale motivo chiediamo di conoscere la posizione del Governo rispetto all'utilizzo dell'ingente patrimonio confiscato alla mafia che comprende un numero elevatissimo di appartamenti di civile abitazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LEOLUCA ORLANDO. Devo dire che proprio in questo momento la Commissione antimafia sta trattando il tema dell'utilizzo, proprio a fini abitativi, dell'ingente patrimonio confiscato alla mafia.
PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Orlando per l'interrogazione presentata, perché permette di sollevare un problema molto consistente. Di fronte alla situazione di drammatica emergenza che si verifica in particolare nelle aree metropolitane, il Governo si è attivato dapprima varando un disegno di legge che ha bloccato gli sfratti per le categorie più svantaggiate, anziani ultrasessantacinquenni, famiglie con membri portatori di handicap e quant'altro. A seguito di tale provvedimento, divenuto legge 8 febbraio 2007 n. 9, con il Ministro Di Pietro abbiamo costruito un piano di intervento sull'emergenza. Il problema che abbiamo ora aperto è il seguente: il piano è stato fatto, prevede in particolare il recupero degli alloggi pubblici non attualmente utilizzabili perché in condizioni non sufficientemente adeguate per essere locati; purtroppo sinora non abbiamo trovato una fonte di finanziamento di quel piano e quindi speriamo e ci impegniamo a lavorare affinché nella prossima legge finanziaria sia previsto un finanziamento congruo per poter affrontare l'emergenza.
Per quanto riguarda l'utilizzo dei beni confiscati, condivido con lei la necessità di utilizzare tali beni. Ciò è previsto nel piano più generale sulla casa. Per quanto riguarda lo specifico mi sono attivatoPag. 53presso la dirigente dell'Agenzia del demanio in modo da realizzare, in tutte le situazioni ove è possibile, il passaggio degli immobili dal demanio statale ai comuni per consentire l'assegnazione dei beni già utilizzabili. Tale passaggio è già avvenuto adesso per alcuni comuni, negli anni scorsi è avvenuto per il comune di Palermo e per altri comuni. Ora il problema è aumentare la disponibilità, dal momento che i beni confiscati sono parecchi.
Mi sono dunque attivato con la responsabile dell'Agenzia del demanio e ho chiesto al Presidente del Consiglio di rendere più rapidi i tempi per la costruzione di un'agenzia specifica sulla gestione dei beni confiscati alle mafie, in modo da rendere questi beni più facilmente fruibili. Infatti, il problema che abbiamo oggi consiste nel fatto che tra l'atto di sequestro del bene e il momento in cui tali beni sono disponibili per la collettività trascorrono troppi anni. Due sono le azioni necessarie: lavorare con l'Agenzia del demanio per rendere immediatamente disponibili le unità abitative e chiedere al Presidente del Consiglio di costituire l'agenzia sulla gestione dei beni confiscati in modo che possa diventare strutturale tale utilizzo dei beni a fini abitativi.
PRESIDENTE. Il deputato Leoluca Orlando ha facoltà di replicare.
LEOLUCA ORLANDO. Signor Ministro, desidero dichiararmi soddisfatto per la risposta ottenuta e per l'impegno organico ad affrontare, dopo un silenzio che dura dal 1990, il problema della edilizia abitativa pubblica nel nostro Paese. Devo nel contempo sollecitare il Governo perché presti attenzione ad alcune particolari condizioni, ad alcune città, ai grandi centri urbani nel nostro Paese. In questo momento è previsto che decine e decine di famiglie possano essere, ad esempio, sistemate in container nella città di Palermo; si tratta di container che risalgono al terremoto del 1968 - non avete ascoltato male: 1968! - assolutamente insalubri e inadeguati, il cui costo di attivazione è forse superiore al costo dei normali affitti in appartamenti a prezzi di mercato. Devo ricordare che decine di famiglie sono ospitate in cosiddetti alberghi per alcune migliaia di euro al mese, che vengono pagate per ogni unità abitativa.
C'è uno spreco di risorse enorme e, di fronte a ciò, si rende urgente utilizzare il patrimonio confiscato alla mafia. Risultano, peraltro, in corso di consegna al comune di Palermo ingenti quantità di tale patrimonio (500 appartamenti confiscati alla mafia), che potrebbero da subito dare una risposta all'emergenza abitativa, senza il ricorso a procedure mortificanti, in termini civili, e costose come quelle che ho appena elencato.
Ritengo, altresì, opportuno che presso le prefetture si istituisca un tavolo di monitoraggio e controllo, affinché la confisca dei beni alla mafia, alla fine, non diventi una irrisione, rispetto all'operazione che si è compiuta. Troppi beni confiscati alla mafia sono non utilizzati o, addirittura, utilizzati da amici e parenti di coloro che ne erano proprietari e che erano i mafiosi oggetto di confisca.
Ritengo sia opportuno fare chiarezza su ciò...
PRESIDENTE. Deve concludere.
LEOLUCA ORLANDO. ... e forse occorre riattivare un tavolo tecnico presso ogni prefettura interessata, per un monitoraggio e un controllo sull'uso corretto dei beni confiscati (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Verdi).
(Iniziative per garantire il collocamento anticipato in quiescenza ai lavoratori che assistono persone disabili - n. 3-01075)
PRESIDENTE. Il deputato Satta ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01075, concernente iniziative per garantire il collocamento anticipato in quiescenza ai lavoratori che assistono persone disabili (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5).
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ANTONIO SATTA. Signor Presidente, signor Ministro, lei sa che per i Popolari-Udeur i temi della famiglia sono al centro dell'impegno politico, per dare risposte e soluzioni adeguate. Per tale motivo, oggi proponiamo alla sua attenzione il tema scottante e quantomeno attuale dei genitori che assistono un figlio portatore di handicap, in condizione di particolare gravità.
Come lei sa, al riguardo esiste una proposta di legge presentata dal nostro gruppo, che ha anche raccolto oltre settanta firme di parlamentari. Questo è indicativo dell'importanza del problema, che richiede soluzioni, le più tempestive possibili.
Le dò atto, signor Ministro, che quando ha risposto all'interrogazione del nostro capogruppo, l'onorevole Fabris, ha ritenuto opportuno il riconoscimento del lavoro di cura svolto da questi genitori, che è il presupposto per consentire loro...
PRESIDENTE. Deve concludere.
ANTONIO SATTA... di ottenere il pensionamento anticipato di quiescenza. La domanda è la seguente. Non ritiene che tale problema debba trovare lo spazio necessario all'interno della riforma delle pensioni, che sta discutendo in questo momento?
PRESIDENTE. Il Ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, ringrazio i presentatori di questa interrogazione, anche se segnalo, per la seconda volta, che le materie previdenziali non rientrano nella competenza del Ministero della solidarietà sociale, ma in quella del Ministero del lavoro.
Condividendo, comunque, la proposta - come già ho avuto modo di affermare - ho avanzato le seguenti richieste: ho chiesto al Ministro del lavoro, al Ministro dell'economia e al Presidente del Consiglio - nell'ambito della trattativa con le parti sociali che è in corso in queste settimane - di porre tale tema, in modo da avere un riconoscimento sul piano previdenziale per i familiari che si occupano di persone portatrici di handicap. Al fine di evitare che tale richiesta non trovasse spazio, ho ritenuto opportuno avanzare la richiesta anche per iscritto, formalizzandola, quindi, al Presidente del Consiglio e facendomi portavoce di un'istanza che numerosi parlamentari - come lei ha detto - hanno segnalato.
Come lei sa, nell'ambito di una discussione in cui esistono posizioni diverse all'interno della maggioranza, il Presidente del Consiglio ha affermato che nei prossimi giorni avanzerà una sua proposta e io spero che, nell'ambito di essa, trovi spazio la richiesta di cui anche lei si è fatto latore. Quindi, non essendo responsabilità diretta del Ministero della solidarietà sociale, ho posto la questione al Presidente del Consiglio e attendo una risposta.
Ritengo che la questione delle famiglie con persone portatrici di handicap al loro interno debba trovare una risposta; analogamente ritengo, più in generale, che con riferimento alla vicenda pensionistica sia necessario trovare una risposta in termini di superamento del cosiddetto «scalone», permettendo quindi alle persone di andare in pensione ad un'età decente. Su questo aspetto, come lei sa, è in corso una discussione piuttosto accesa anche nella maggioranza.
Ritengo che il tema delle pensioni sia decisivo; come si evince anche dal caso di specie, esso non si risolve in una contraddizione tra persone anziane e giovani, ma anzi è necessario, attorno a tale tema, ricostruire un'unità di intenti di tutto il Paese, che permetta, appunto, alle persone che lavorano, e in particolare a chi deve assistere i propri familiari, di...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. ... andare in pensione ad un'età che ancora consenta loro di assistere gli altri e se stessi. Il problema che le pongo, pertanto, è il seguente: nel casoPag. 55in cui ciò non fosse previsto, quale tipo di giudizio dobbiamo dare sulla proposta che verrà avanzata sulle pensioni; perché a questo punto, devo dire...
PRESIDENTE. La prego...
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. ...rimetto anche in mano sua tale valutazione.
PRESIDENTE. Il deputato Satta ha facoltà di replicare.
ANTONIO SATTA. Signor Ministro, le do atto della sensibilità che, ancora una volta, dimostra, anche se non riusciamo a vedere i risultati. In questo caso non ci stiamo addentrando nei meandri della discussione in atto sulle pensioni, su scaloni e scalini, ma stiamo parlando di situazioni difficili, vale a dire di sensibilità verso chi soffre e chi sta male.
Tale situazione viene sollecitata da tutte le regioni del nostro Paese. Anche la proposta di legge, presentata dai deputati del gruppo Popolari-Udeur, di cui sono il primo firmatario, nasce dalla sensibilizzazione dei nostri amministratori regionali; in questo caso, del nostro presidente di gruppo del consiglio regionale della Sardegna, l'onorevole Pietro Pittalis. Si tratta quindi di una sorta di SOS, di richiesta di aiuto che proviene da tutta la collettività nazionale, dalla gente più povera, che chiede soltanto di poter essere messa in grado di assistere chi non può lavorare e non può fare nulla. È un lavoro anche questo, pertanto ritengo che tale riconoscimento sia un atto dovuto da parte di un Governo che dice di essere, soprattutto, solidale e vicino alla gente (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
(Problematiche relative al procedimento di estradizione di Benedetto Cipriani - n. 3-01076)
PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01076, concernente problematiche relative al procedimento di estradizione di Benedetto Cipriani (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6).
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, il caso è stato affrontato anche in occasione dello svolgimento di un'interpellanza urgente la scorsa settimana e riguarda il signor Benedetto Cipriani, accusato del reato di omicidio plurimo negli Stati Uniti, in Connecticut. Il problema è che, per lo stesso fatto, mentre a Cipriani è stata contestata una fattispecie di reato che non prevede la pena di morte, ai suoi tre complici - ripeto, per lo stesso fatto - è stato contestato un reato capitale (capital felony) per il quale è, invece, prevista la pena di morte.
Il diverso trattamento riservato a Cipriani, rispetto ai suoi complici, si potrebbe spiegare con il tentativo delle autorità americane di eludere il divieto assoluto - presente nell'ordinamento italiano - di estradizione in caso di pena di morte.
Chiedo, quindi, al Ministro se ritenga di poter correre il rischio, in qualche modo, di concedere un'estradizione a seguito della quale, dalle autorità giudiziarie, possa poi essere contestata un'aggravante...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SERGIO D'ELIA. ...o comunque una fattispecie diversa. Vorrei chiederle se lei è assolutamente certo, al di là di ogni ragionevole dubbio...
PRESIDENTE. Deve concludere, prego.
SERGIO D'ELIA. ...che non ci sia il rischio, seppure teorico, di una contestazione diversa che comporti la pena capitale.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere per tre minuti.
Pag. 56
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in risposta all'onorevole D'Elia ricordo che il 12 novembre 2005 l'allora Ministro della giustizia Castelli emise il decreto di estradizione nei confronti di Benedetto Cipriani, accusato dalla Corte di Hartford di omicidio volontario e associazione finalizzata alla commissione di omicidio. Tale decreto è divenuto esecutivo dopo il rigetto dei numerosi ricorsi proposti dall'interessato dinanzi alla giustizia amministrativa.
Nel decreto è specificato che, se Cipriani sarà condannato, nei suoi confronti non potrà essere irrogata e, comunque, eseguita la pena capitale. Il Governo degli Stati Uniti, al riguardo, ha formalmente comunicato, con nota verbale del 27 agosto scorso, di aver accettato integralmente la condizione prevista dal decreto di estradizione che esclude la pena di morte. La stessa nota verbale specifica, inoltre, che i reati contestati a Cipriani non sono punibili, negli USA, con la pena capitale. È escluso, dunque, in maniera assoluta, il rischio di condanna a morte in caso di estradizione.
Tale assolutezza trova, del resto, inequivoca conferma nell'ulteriore impegno, pure assunto formalmente dagli Stati Uniti con la stessa nota verbale, di consentire a Cipriani, in caso di condanna, su sua richiesta, di scontare parte della pena detentiva in Italia.
Il richiamo dell'onorevole D'Elia alla sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 1996 non appare appropriato. La sentenza, infatti, contempla le ipotesi in cui la domanda di estradizione sia avanzata per un reato punibile con la pena capitale.
In tal caso, afferma la Corte, non si può concedere l'estradizione sulla base di sufficienti assicurazioni dello Stato richiedente. Nel caso del Cipriani, invece, l'estradizione fu domandata e concessa per un reato che, secondo l'ordinamento del Paese richiedente, non è punibile con la pena di morte e l'assicurazione fornita al riguardo dagli Stati Uniti è di carattere assoluto.
L'onorevole D'Elia ipotizza l'eventualità di una successiva modifica all'imputazione da parte dei giudici americani; è noto, però, che secondo il principio di specialità un individuo non può essere giudicato e detenuto per un reato diverso da quello che ha motivato l'estradizione. Dunque è da escludere che il Cipriani possa essere perseguito e condannato negli Usa per un reato diverso da quello per il quale è stata concessa l'estradizione.
Quanto alla possibilità di procedere in Italia nei confronti del Cipriani in alternativa alla sua estradizione, devo rilevare che l'articolo 9, comma 3, del codice penale stabilisce che quando la persona offesa è uno straniero il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia sempre che la sua estradizione non sia stata concessa. Nel caso di specie - e concludo - l'estradizione anche se non ancora eseguita è stata già concessa sin dal 2005 sulla base degli obblighi derivanti dal trattato bilaterale con gli Stati Uniti e pertanto la disposizione richiamata non può trovare applicazione.
Considererò comunque con grande attenzione la situazione del Cipriani alla stregua di tutti gli elementi di valutazione a mia disposizione.
PRESIDENTE. Il deputato D'Elia ha facoltà di replicare.
SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, la parte soddisfacente della risposta riguarda le ultime considerazioni con le quali il Ministro assicura che continuerà a prestare attenzione a questo caso. Per il resto, non sarei soddisfatto - se fossi al suo posto, Ministro - di quanto ci viene assicurato dalle autorità americane.
La nota sentenza della Corte costituzionale italiana, stabilendo che non sono legittime assicurazioni considerate più o meno sufficienti, pone il principio secondo il quale la garanzia che il reo non venga condannato alla pena di morte deve essere assoluta.
Le ripeto che l'Italia è impegnata in una campagna per la moratoria universale della pena di morte; quindi, è esposta in prima linea. Credo pertanto che il rischio non possa non essere colto. Lei ritienePag. 57davvero che non vi sia il benché minimo, seppur teorico, dubbio che possa avvenire quello che io pavento ossia un cambiamento di imputazione dell'accusa o una contestazione di un'aggravante? Si tratta di un sistema federale, è prevista l'autonomia del potere giudiziario rispetto all'esecutivo: le assicurazioni le ha date il Governo, non le autorità che stanno procedendo. Quindi, userei molta cautela.
Non si mette in crisi la cooperazione giudiziaria con gli Stati Uniti, signor Ministro; il caso Pietro Venezia è emblematico: è stato processato in Italia per l'omicidio da lui commesso in Florida e condannato a 23 anni di detenzione, che sta scontando. Quindi, anche il Cipriani può essere processato in Italia. Le autorità americane cooperino al giudizio cui verrà sottoposto in Italia, ma al suo posto, signor Ministro, non me la sentirei di procedere ad un'estradizione che potrebbe davvero mettere in crisi la credibilità anche internazionale del nostro Paese.
(Problemi interpretativi relativi all'applicazione della normativa riguardante il cosiddetto bonus bebè agli stranieri residenti in Italia - n. 3-01077)
PRESIDENTE. Il deputato Daniele Farina ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01077, concernente problemi interpretativi relativi all'applicazione della normativa riguardante il cosiddetto bonus bebè agli stranieri residenti in Italia (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7).
DANIELE FARINA. Signor Presidente, come lei ha anticipato, l'interrogazione a mia prima firma riguarda il cosiddetto bonus bebè ossia i mille euro che la legge finanziaria per il 2006 stanziava per ogni figlio nato o adottato.
Come sapete, questi moduli prestampati sono stati inviati a moltissime famiglie italiane tra cui alcune di immigrati che hanno - correttamente dal loro punto di vista - avanzato la richiesta del beneficio. Non era forse quella l'intenzione del legislatore e il dibattito è stato risolto poi in sede di approvazione della legge finanziaria per il 2007 con la decisione che non dovessero essere restituite le somme erogate e che nessuna sanzione amministrativa dovesse essere irrogata nei confronti dei cittadini stranieri.
Ciononostante, alcune procure della Repubblica hanno esercitato l'azione penale con esiti alterni: con richiesta d'archiviazione, in alcuni casi; con richiesta di rinvio a giudizio, per altri.
Addirittura, si è dato il caso - che costituisce specifico oggetto di questa interrogazione - in cui, a fronte di una sentenza di primo grado del giudice naturale di carattere assolutorio, è stato fatto ricorso in sede di appello dalla procura generale di Milano.
Chiedo quindi al Ministro se siamo noi male informati o se sia tutto drammaticamente vero e, in tal caso, quale sia l'ampiezza del fenomeno a conoscenza del Ministro.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Onorevole Farina, le darò le informazioni in mio possesso, che sono desunte dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Varese, dal presidente del tribunale di Varese e dal procuratore generale presso la corte d'appello, relative alla riscossione del cosiddetto bonus bebè da parte di alcuni stranieri, che, per la verità, è già stata oggetto di una recente disamina, anche perché la Presidenza del Consiglio aveva chiesto al Ministero della giustizia di fornire alcuni elementi di nostra competenza.
Come riferito dal procuratore di Varese, agli extracomunitari che hanno riscosso indebitamento l'assegno di mille euro, previsto dalla legge finanziaria per il 2006, la procura ha contestato i reati di truffa aggravata e di falsità in atto pubblico, previsti rispettivamente dagli articoli 640-bis e 483 del codice penale.
Alcuni dei procedimenti sono stati archiviati su richiesta della stessa procura diPag. 58Varese. Per 207 procedimenti c'è stata la richiesta di rinvio a giudizio e il giudice per le indagini preliminari ha emesso finora 107 sentenze assolutorie per mancanza dell'elemento soggettivo ovvero per insussistenza del reato. La procura generale presso la Corte di appello di Milano ha proposto ricorso in Cassazione avverso 15 proscioglimenti, ritenendo contraddittorie le sentenze assolutorie pronunciate dal GUP di Varese con la formula «perché il fatto non è previsto come reato».
Intendo precisare che attualmente non si conoscono le determinazioni che saranno prese in merito ai provvedimenti impugnati, ma mi pare del tutto superfluo ricordare, pur nel rispetto dell'autonomia della magistratura, che tutte le decisioni assunte dall'autorità giudiziaria dovranno essere adeguatamente motivate, sia in fatto sia in diritto, per superare indenni il vaglio della Corte di cassazione e passare in giudicato.
Peraltro, sulla base di queste premesse, non ritengo che nell'immediato vi sia l'esigenza di un intervento legislativo finalizzato a dipanare i dubbi interpretativi connessi all'indebita percezione del cosiddetto bonus bebè. La riscossione del bonus realizzata da alcuni stranieri, anche con falsa autocertificazione del requisito della cittadinanza italiana, appare giuridicamente inquadrabile nella fattispecie dell'indebita percezione di erogazioni a carico dello Stato.
Tuttavia, poiché nel caso che ci occupa l'importo indebitamente percepito è inferiore a 4 mila euro, non dovrà parlarsi di reato, bensì di illecito sanzionato soltanto in sede amministrativa.
PRESIDENTE. Il deputato Daniele Farina ha facoltà di replicare.
DANIELE FARINA. Signor Ministro, la ringrazio per l'esaustiva messe di dati e la chiarezza della sua esposizione. Posso solo ribadire che credo siamo in parte responsabili della situazione che si è venuta determinando.
Molto si potrebbe dire sull'ingiustizia, in primo luogo sociale, di quella norma contenuta nella legge del dicembre 2005, la legge finanziaria per il 2006. Credo sia un fatto acclarato anche la circostanza che il nostro dibattito in sede parlamentare, in qualche modo, abbia preso atto del vulnus che noi stessi legislatori abbiamo creato.
Ritengo che la volontà del Parlamento in questa direzione sia chiara e probabilmente ha ragione lei sul fatto che non occorrano ulteriori approfondimenti. Ciò nonostante, vista la discrasia fra l'operato della magistratura e quanto abbiamo in questa sede discusso, vale la pena di continuare a monitorare questa situazione, affinché vada nell'alveo che lei stesso ha parzialmente auspicato.
È per questo motivo che ci permetteremo di tornare sull'argomento allorquando verranno segnalate eventuali deviazioni da questo percorso che credo, ormai, auspichiamo collettivamente.
(Carenze nell'organico della polizia penitenziaria presso il carcere di Marassi di Genova - n. 3-01078)
PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-01078, concernente carenze nell'organico della polizia penitenziaria presso il carcere di Marassi di Genova (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8).
GIAMPIERO CATONE. Signor Ministro, premesso che il carcere di Marassi di Genova è tra gli istituti penitenziari più importanti del nostro Paese, che esiste una situazione di emergenza in merito al numero degli agenti di custodia, denunciata più volte anche dai sindacati di polizia penitenziaria, che attualmente sembra manchino circa cento unità perché l'organico al completo possa garantire la massima efficienza e, soprattutto, la dignità a chi è recluso e a chi vi lavora, chiediamo se non ritenga opportuno intervenire o se siano state già predisposte azioni che prevedano l'invio di altro personale all'istituto in questione, al fine di garantirne una maggiore funzionalità, tenendo in considerazionePag. 59anche gli agenti che necessitano di mobilità temporanea per gravi situazioni familiari.
PRESIDENTE. Il Ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Per la verità, onorevole Catone, condivido molto l'indicazione e la traccia che lei ha dato e posso confermarle che procederemo nel senso da lei auspicato.
Faccio presente che alla carenza di organico dell'istituto di Marassi di Genova, che non è l'unica carenza riscontrabile in molti ambiti degli istituti penitenziari italiani, si farà fronte attingendo al contingente di circa 500 agenti ausiliari che saranno assunti in servizio il prossimo mese di ottobre. Ciò avverrà seguendo un criterio proporzionale, tenendo conto naturalmente delle esigenze di tutti gli altri istituti italiani.
Posso, inoltre, fornire dati utili alla conoscenza dell'interrogante, precisando che i trasferimenti temporanei che hanno interessato l'istituto genovese allo stato sono pari a 60. Di questi, 15 sono stati disposti dal competente provveditorato in ambito regionale, purtroppo per esigenze eguali a quelle dell'istituto di Marassi. Quanto ai rimanenti 45, 15 (quindi non 45, come l'onorevole Catone sostiene) sono stati attuati ai sensi dell'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 1999 per gravi motivi familiari, 9 sono stati disposti per mandato elettorale, 10 sono stati attuati presso il GOM, 4 presso le Fiamme azzurre, 2 presso il reparto scorte e 5 per motivate esigenze di servizio. Posso assicurare però, concludendo, che il DAP (dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) seguirà con particolare attenzione la situazione dell'istituto di Marassi. Come ho detto all'inizio, nel quadro dei 500 nuovi agenti ausiliari troverà risposta anche la carenza di organico dell'istituto di Marassi di Genova.
PRESIDENTE. Il deputato Catone ha facoltà di replicare.
GIAMPIERO CATONE. Signor Ministro, innanzitutto ci auguriamo che gli impegni da lei assunti oggi siano rispettati. In ogni caso, credo che, a parte la necessità dell'incremento degli organici del personale di polizia penitenziaria che lavora nel carcere genovese di Marassi, vi sia chiaramente una simile necessità in altre case circondariali italiane: essa rappresenta davvero una priorità per uno Stato di diritto, che non può e non deve dimenticare le difficili condizioni lavorative in cui quotidianamente operano le donne e gli uomini del corpo.
Lei ha giustamente detto che in questo periodo prenderanno servizio 500 ausiliari della polizia penitenziaria. Ma - badiamo bene - non si tratta di nuovi agenti, semmai di reimmissione di personale precario già in forza, con immaginabili disagi per i soggetti coinvolti. Non si può, quindi, spacciare tutto ciò per aumento di organico e per immissione di nuove forze. Infatti, vi sono agenti di polizia penitenziaria - riprendendo le sue parole - che, per causa di carenza di organico, non possono ulteriormente accedere alla temporanea mobilità di sede per gravi situazioni familiari.
Chiediamo che, una volta stabilito l'organico necessario al funzionamento di una struttura, esso sia inderogabile, come ad esempio per le scuole, e che in caso di assenza di personale si provveda immediatamente alla chiamata in servizio di supplenti. In fondo la nostra Costituzione assegna alle pene la funzione di rieducazione. A questa prescrizione aggiungeremmo che le condizioni di lavoro del personale che vi opera devono essere dignitose almeno parimenti ad altri settori dello Stato.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIAMPIERO CATONE. Per concludere, se, come hanno scritto sia Voltaire che Dostoevskij, il grado di civiltà di un Paese si misura osservando le condizioni delle sue carceri, allora il nostro Paese non sembra proprio essere un Paese civile.
Pag. 60(Iniziative per assicurare il risarcimento e gli indennizzi alle vittime della mafia, alle vittime del dovere e ai familiari superstiti - n. 3-01079)
PRESIDENTE. Il deputato Lo Presti ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-01079, concernente iniziative per assicurare il risarcimento e gli indennizzi alle vittime della mafia, alle vittime del dovere e ai familiari superstiti (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9), di cui è cofirmatario.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, il Corriere della sera ha pubblicato una notizia, che ha gettato nello sconforto migliaia di persone e che riguarda le vittime della mafia: in particolare - lo dico per il pubblico che ci ascolta - si tratta della notizia secondo la quale non vi sarebbero più fondi per risarcire le vittime della mafia e del dovere. Ciò accade nonostante una legge di grande civiltà, che abbiamo varato nel corso della XIII legislatura su impulso del gruppo di Alleanza Nazionale, abbia stabilito che, attraverso la gestione dei beni confiscati alla mafia (che sono di fatto sottratti alla possibilità di essere aggrediti da parte delle vittime per ottenere i risarcimenti) si producessero le risorse necessarie per alimentare il fondo di rotazione posto a garanzia dei risarcimenti per le vittime appunto della mafia.
Alla luce di questa notizia, sembrerebbero oggi a rischio tutti i pagamenti dei risarcimenti stabiliti con tale legge nonché, addirittura, anche il finanziamento di altre leggi che prevedono ulteriori benefici.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANTONINO LO PRESTI. Domandiamo dunque al Governo come intenda operare per rendere giustizia alle vittime della mafia, nonché la ragione per cui i patrimoni confiscati ai mafiosi non riescono a produrre risorse che possano alimentare il fondo.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, i rilievi della Ragioneria dello Stato richiamati nell'interrogazione si riferivano a problemi non tanto di copertura, quanto di quantificazione degli oneri finanziari e alla loro proiezione temporale. Senza chiarire la quantità di tali oneri, infatti, è impossibile pervenire ad un'adeguata copertura finanziaria.
Peraltro, il finanziamento della legge n. 512 è pienamente garantito dal suo meccanismo di copertura originario, che è affidato ad un contributo fisso e permanente di circa 10 milioni di euro annui, nonché dalla riassegnazione annuale dei proventi della vendita dei beni confiscati a seguito delle sentenze per reati di mafia, che procede in modo regolare.
In aggiunta a ciò, relativamente alla solidarietà verso le vittime della mafia e del dovere e ai loro familiari, si fa presente che la Presidenza del Consiglio dei ministri ha già dichiarato, in una nota del 9 luglio, di avere intenzione di reperire nella legge finanziaria per il 2008 la copertura per il disegno di legge, già in discussione in Parlamento, contro le discriminazioni economiche fra le famiglie delle vittime di eventi criminosi. Infatti, la legislazione vigente in materia crea disuguaglianze e discriminazioni non giustificate: i trattamenti previsti sono diversi a seconda che il familiare sia stato vittima di un evento terroristico, di un agguato a carattere mafioso o di un evento criminoso tout court.
Il Governo intende eliminare tali discriminazioni ed equiparare i trattamenti pensionistici dei familiari delle vittime della mafia e del dovere, con un appostamento di bilancio iniziale che copra anche gli emolumenti arretrati ed un appostamento annuale che, sulla base delle previsioni, copra gli oneri a regime.
La sede appropriata per reperire le risorse finanziarie aggiuntive necessarie per questi obiettivi di riforma sarà la leggePag. 61finanziaria per l'anno 2008. Il Governo, infatti, considera come un vero e proprio dovere corrispondere in modo adeguato alle esigenze di solidarietà nei confronti delle famiglie che siano state colpite da gravi eventi criminosi ed intende pertanto, anche attraverso le misure di finanziamento e le norme legislative che il Parlamento ha all'esame, fornire un concreto contributo in tale direzione.
PRESIDENTE. Il deputato Lo Presti ha facoltà di replicare.
ANTONINO LO PRESTI. Signor Presidente, la risposta del Governo ci rassicura in parte, soprattutto per quanto riguarda la copertura della legge n. 512 del 1999, cioè - lo dico per il pubblico che si segue - quella che garantisce alle vittime della mafia la possibilità di avere il giusto risarcimento conseguente ai danni da esse subiti. Desidero precisare, in proposito, che con tale provvedimento non si regala nulla ad alcuno: si tratta infatti di fondi delle vittime della mafia, alle quali però viene di fatto preclusa - come dicevo in sede di illustrazione dell'interrogazione - la possibilità di aggredire i patrimoni mafiosi che lo Stato gestisce. Sotto questo profilo, dunque, possiamo rassicurare le vittime della mafia che esse riceveranno presto i soldi, che sono loro attribuiti da sentenze di condanna specifiche.
Non ci soddisfa, anzi ci lascia assai perplessi, la risposta con riguardo al finanziamento di disegni di legge che tendono ad equiparare le vittime del dovere a quelle del terrorismo e a riconoscere ulteriori benefici di carattere indennizzatorio a questa importante categoria di persone.
Avreste potuto pensarci prima, mentre appare tardivo, oggi, riferire che ci penserete con il disegno di legge finanziaria che sarà discusso tra qualche mese.
Vorremmo, quindi, che il Governo su questi temi fosse più attento e agisse in modo più incisivo. La lotta alla mafia, infatti, non si fa soltanto con la giusta repressione, il controllo del territorio e tutte le iniziative sulle quali siamo sempre d'accordo, ma anche garantendo a coloro i quali hanno sofferto per colpa di questi criminali la possibilità di avere il giusto risarcimento che - lo ripeto - non è regalato a nessuno, ma rappresenta un loro sacrosanto diritto (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
(Vicenda delle dimissioni di Guido Bertolaso da commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania e della nomina del prefetto di Napoli a commissario delegato - n. 3-01081)
PRESIDENTE. Il deputato Paolo Russo ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-01081 concernente la vicenda delle dimissioni di Guido Bertolaso da commissario straordinario per l'emergenza rifiuti in Campania e della nomina del prefetto di Napoli a commissario delegato (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), di cui è cofirmatario.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, signor Ministro, avete dimenticato di dire al Parlamento che, nel bel mezzo della discussione parlamentare del decreto-legge sull'emergenza rifiuti in Campania, il 18 maggio scorso, cioè proprio quando il Senato era nel pieno del dibattito, il dottor Bertolaso si era dimesso.
Il decreto-legge n. 263 dell'ottobre 2006 indicava nel capo del dipartimento della protezione civile il commissario per l'emergenza rifiuti. Sceglieste questa strada impervia, nonostante l'opposizione vi avesse sollecitato ripetutamente a riflettere sulla irrituale soluzione, perché immagino volevate che il dottor Bertolaso fosse forte, quasi inamovibile, capace così di resistere alle vostre contraddizioni interne e di contrastare le incursioni vetero-ambientaliste e trotskiste di ministri, di maghi e di ambientalisti.
Invece, proprio voi lo avete ammanettato e, di fatto, costretto alle dimissioni. Vi chiedo, allora, se potevate, con un'ordinanza,Pag. 62avvicendare in deroga il capo della protezione civile nel solo ruolo di commissario a distanza di sole quarantotto ore dalla conversione di quel decreto-legge, che con chiarezza fa piazza pulita di consulenze e sperperi...
PRESIDENTE. Onorevole Paolo Russo, deve concludere.
PAOLO RUSSO. ...e spedisce a casa i precedenti tre subcommissari e la commissione di esperti. Potevate voi nominare, viceversa, commissari e soggetti attuatori appositamente superpagati, degni delle peggiori logiche spartitorie?
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, con il decreto-legge n. 263 del 2006, convertito dalla legge n. 290 del 2006, le funzioni di commissario delegato per l'emergenza nel settore rifiuti nella regione Campania sono state assegnate, come è noto, al capo del dipartimento della protezione civile, al fine di consentire di far fronte ad una situazione particolarmente critica nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione.
Il richiamo normativo al dipartimento della protezione civile e le altre misure relative ai poteri del commissario hanno consentito di affrontare la fase più acuta dell'emergenza, anche attraverso il coinvolgimento di varie regioni nello smaltimento di notevoli quantitativi di rifiuti prodotti in Campania, così come ha consentito l'apertura, in tempi assolutamente rapidi, della discarica di Lo Uttaro, in provincia di Caserta, e la definizione di un accordo di programma con il CONAI per l'incremento della raccolta differenziata.
Con la recente ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 luglio 2007 sono state affidate le responsabilità di commissario delegato al prefetto di Napoli. In questo modo, è stata individuata una figura istituzionale, che per la sua prossimità alle istanze del territorio presenta profili di competenza particolarmente adeguati alla funzione da svolgere.
Intendo al riguardo sottolineare che tale ordinanza di protezione civile costituisce uno strumento idoneo a derogare ad una fonte normativa primaria, fermo restando che, nel caso di specie, non venivano in alcun modo derogati i principi generali dell'ordinamento, costituzionali o di derivazione comunitaria. Tali principi, come è noto, costituiscono gli unici limiti al potere di ordinanza.
Occorre aggiungere inoltre che proprio l'articolo 5, comma 4, della legge n. 225 del 1992 dispone che la nomina dei commissari delegati deve essere effettuata con atto del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione al carattere evidentemente fiduciario di questa nomina, come confermato dall'interpretazione del giudice amministrativo.
Rilevo, inoltre, che la richiamata ordinanza non presenta alcun elemento di contrarietà con i precetti contenuti nel decreto-legge n. 61 del 2007, come convertito dalla legge 5 luglio 2007, n. 87, il quale contiene l'indicazione di una serie di obiettivi da realizzare e di strumenti normativi, che prescindono evidentemente dalla specifica individuazione della figura istituzionale preposta alla loro concreta attuazione.
L'ordinanza conferma che la parte di impegni più propri del Capo del dipartimento della protezione civile, che ha potuto, grazie all'appoggio della propria struttura, assicurare quanto meno l'individuazione e la progettazione dei siti da adibire a discariche, poteva considerarsi compiuta e, in vista della scadenza per la cessazione dello stato di emergenza, diveniva possibile assegnare al prefetto il completamento dell'attività già intrapresa.
PRESIDENTE. Il deputato Paolo Russo ha facoltà di replicare.
PAOLO RUSSO. Signor Presidente, non sono soddisfatto e non mi meraviglio, poiché conosco il vostro pressappochismo. Dicemmo che era sbagliato nominare unoPag. 63dei migliori funzionari del Paese e poi legargli le mani, costringendolo a scelte condivise con quelli che erano i responsabili di questa vergogna, ossia la regione e il Ministero. Ne avete fiaccato l'azione e, di fatto, lo avete costretto a dimettersi.
Verdi e «tafazzisti» impediscono la costruzione di impianti, altri condizionano le localizzazioni delle discariche. Il sindaco di Napoli, invece, immagina di risolvere il problema scaricandolo su comodi e costosi trasporti verso l'estero o Serra e Savignano. Occorrerebbe che qualche super pagato consulente dicesse a quel sindaco che tutte le città europee sono autosufficienti, quando utilizzano un mix di ambientalismo moderno e tecnologie di avanguardia.
Voi avete invece preferito sacrificare Bertolaso sull'altare della tenuta della vostra traballante maggioranza e per di più avete costruito un caravanserraglio fatto di strutture, sovrapposizioni, commissari nominati con ordinanza che sostituiscono quelli indicati per legge, soggetti attuatori super-pagati, che affiancano i sub-commissari presidenti delle province e che la norma aveva escluso di pagare.
Un'emergenza si affronta e si risolve con un solo uomo al comando, capace di valutare, scegliere e decidere, senza veti e senza limitazioni. Vi sono 156 mesi di rifiuti dappertutto, un milione e 140 mila euro nel 2003 per la sola dirigenza del commissariato retto da Bassolino, 9 milioni di euro per un progetto di monitoraggio dei trasporti mai decollato, 1.316 lavoratori assunti per la raccolta differenziata e pagati 65 milioni di euro per non lavorare, 300 mila mezzi necessari per muovere le 5 milioni di ecoballe che occupano 600 ettari, mille ettari da bonificare, 650 milioni di euro di debito del commissario.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
PAOLO RUSSO. Di fronte a questi numeri, di fronte al richiamo rivolto persino dall'ambasciata americana, per allertare gli incauti turisti sui rischi per la salute ...
PRESIDENTE. Deve concludere.
PAOLO RUSSO. ...che si corrono in Campania - in conclusione - mi sarei aspettato un atteggiamento più serio e più corretto.
PRESIDENTE. Deve concludere, la prego!
PAOLO RUSSO. State abbandonando la regione, affossandola tra criminalità e rifiuti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha già parlato con qualche secondo in più prima.
MASSIMO MARIA BERRUTI. Anche il sottosegretario, signor Presidente, ha parlato un minuto in più!
PRESIDENTE. Lei ha un orologio che non funziona. Se viene qui, lo controlleremo insieme con il mio.
MASSIMO MARIA BERRUTI. Lei lo ha lasciato parlare un minuto in più!
PRESIDENTE. In ogni caso, vale per tutti il tempo determinato. Già precedentemente ho richiamato con gentilezza il suo collega, gli ho concesso un tempo ulteriore ed egli ha svolto l'argomento superando il tempo. Dopo un richiamo per la terza volta, sarebbe corretto fermarsi.
(Costi per il rinnovo del permesso di soggiorno e misure per ridurre i costi inerenti al rilascio dei documenti da parte della pubblica amministrazione - n. 3-01082)
PRESIDENTE. Il deputato Cota ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-01082, concernente i costi per il rinnovo del permesso di soggiorno e misure per ridurre i costi inerenti al rilascio dei documenti da parte della pubblica amministrazione (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11), di cui è cofirmatario.
Pag. 64
ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor Ministro, qualche sera fa il Ministro dell'Interno, Amato, ha dichiarato al telegiornale più seguito che bisognerebbe abbonare agli immigrati extracomunitari il pagamento dei 70 euro necessari al rinnovo del permesso di soggiorno, perché tale cifra è troppo alta e vi sono tanti extracomunitari che si trovano in condizione di difficoltà.
A parte le dichiarazioni svolte - oggi ne sono seguite altre assolutamente censurabili da parte del Ministro dell'interno - è importante sapere che esse si inseriscono in un contesto, in una precisa linea politica, che da un lato facilita l'immigrazione, soprattutto clandestina, dall'altro crea delle disparità oggettive di trattamento nei confronti dei nostri cittadini.
Mi chiedo perché una dichiarazione di questo tipo non possa essere espressa con riferimento ai nostri cittadini, che invece pagano ogni volta che devono rinnovare un documento.
Per tali motivi vogliamo conoscere la posizione del Governo...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROBERTO COTA. ...e sapere se non intenda estendere tale iniziativa anche nei confronti dei cittadini italiani.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, con specifico riferimento alle spese per il rilascio dei documenti mi limito a ricordare che il 16 febbraio scorso, con decreto dei Ministri dell'economia e delle finanze, dell'interno e per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il costo della carta di identità elettronica, fissato dal Governo Berlusconi a 30,50 euro, è stato ridotto a 20 euro.
Questa cifra copre le spese necessarie per la produzione e spedizione del documento, nonché per la manutenzione necessaria all'espletamento dei servizi connessi. In particolare, il costo del supporto fornito dal Poligrafico è di 18,15 euro, i costi sopportati dal Ministero dell'interno per la gestione della sperimentazione sono pari a 1,15 euro, mentre quelli sostenuti dai comuni per la gestione e distribuzione del documento sono calcolati in 70 centesimi.
Nel caso delle tradizionali carte di identità cartacee, che saranno progressivamente sostituite da quelle elettroniche, i costi a carico del cittadino possono arrivare ad un massimo di euro 5,42, dei quali 42 centesimi costituiscono il costo del supporto, 26, i diritti di segreteria, mentre la rimanente parte costituisce un'entrata per il comune.
Quanto ai costi per i permessi di soggiorno rilasciati a stranieri, preciso che nel gennaio 2006 il Ministero dell'interno ha sottoscritto una convenzione triennale con Poste italiane per lo svolgimento delle procedure di rinnovo di tali documenti, consentendo, in tal modo, il recupero del personale degli uffici immigrazione delle questure così da destinarlo ad altri servizi operativi. La convenzione pone a carico dell'interessato l'importo del relativo servizio stabilito in 30 euro. A tale ammontare si devono aggiungere 14,62 euro per la marca da bollo e 27,50 euro per il permesso di soggiorno in formato elettronico con un esborso totale, quindi, di poco più di 72 euro.
La valutazione, recentemente espressa dal Ministro dell'interno circa l'onerosità del servizio, è ovviamente da rapportare sia alle condizioni soggettive degli utenti e dei loro nuclei familiari, i quali versano spesso in condizioni economiche disagiate, sia al periodo di validità degli attuali titoli di soggiorno, che comporta la necessità di rinnovi molto più frequenti rispetto, ad esempio, alla stessa carta d'identità e al passaporto.
Questo è uno dei motivi che ha indotto il Governo a prefigurare, nel disegno di legge delega per la riforma della normativa in materia di immigrazione, un superamentoPag. 65dell'attuale organizzazione del servizio ed anche un graduale trasferimento dei compiti ai comuni.
Circa i costi per i cittadini degli altri documenti citati nell'interrogazione, si precisa che, per quanto riguarda il passaporto elettronico, il costo del supporto è al massimo di 45 euro.
PRESIDENTE. Deve concludere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Concludo, Presidente. Anche questi importi, comunque, sono stati fissati dal precedente Governo e, per la precisione, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 9 maggio 2006.
PRESIDENTE. Il deputato Cota ha facoltà di replicare.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, signor Ministro, non siamo soddisfatti della sua risposta. Ha eluso il senso della nostra domanda, che era relativo alla disparità di trattamento che questo Governo crea tra i cittadini che pagano le tasse e, invece, chi non è cittadino e non paga le tasse.
Noi non siamo razzisti, siamo preoccupati che tale disparità di trattamento possa alimentare forme di razzismo. Le faccio due esempi. Perché il cittadino extracomunitario deve vedersi abbonata la tassa per il rinnovo del permesso di soggiorno e, invece, il nostro cittadino ogni anno deve pagare 40 euro per poter espatriare e per mettere la marca sul passaporto? Questo è il primo esempio.
Farò un secondo esempio relativo a ciò che abbiamo sentito, in risposta ad un'altra interrogazione presentata dal collega Daniele Farina. Perché il cittadino extracomunitario, che ha truffato lo Stato, percependo indebitamente il bonus bebè, si deve veder abbonare la somma percepita indebitamente e vedere abbonato il reato? Si è stabilito, infatti, che fino a 4 mila euro di truffa non esiste il reato. Perché il cittadino che è accusato di una truffa di valore inferiore a 4 mila euro deve rispondere davanti al giudice e l'extracomunitario no? Si tratta di una disparità di trattamento. Simili disparità di trattamento sono, a nostro avviso, inaccettabili perché i cittadini che pagano le tasse devono comunque avere una valutazione prioritaria in ordine alla tutela dei loro interessi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
(Misure per la riduzione delle spese connesse al funzionamento delle istituzioni nazionali e locali - n. 3-01080)
PRESIDENTE. Il deputato Zaccaria ha facoltà di illustrare l'interrogazione Ventura n. 3-01080, concernente misure per la riduzione delle spese connesse al funzionamento delle istituzioni nazionali e locali (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12), di cui è cofirmatario.
ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, il tema del quale si parla molto oggi è quello dei costi della politica. Più di un anno fa, nel programma dell'Unione, avevamo posto tale problema tra quelli centrali e da risolvere. Sappiamo che la questione è complessa. Quando si parla di costi della politica, si parla di costi della democrazia, delle istituzioni, della burocrazia, dell'amministrazione, del Governo e anche dei partiti politici e dei gruppi parlamentari.
Il Parlamento ha avviato un'indagine conoscitiva su tale tema. Sul piano delle riforme costituzionali, si è proposta la riduzione del numero di deputati e senatori, e iniziative dei deputati e dei senatori questori, in qualche modo, tendono a razionalizzare le spese di bilancio. Credo che non sia opportuno creare turbolenze con notizie che possono inseguirsi e non essere fondate.
PRESIDENTE. Deputato Zaccaria, la prego di concludere.
ROBERTO ZACCARIA. Credo che sia, quindi, importante conoscere le iniziative del Governo su questo piano per fornire tali certezze.
Pag. 66PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, concordo con gli interroganti sul fatto che il dibattito in corso vada incanalato verso progetti che migliorino la qualità della politica e i rapporti fra politica e cittadini, evitando facili demagogie o ondate populistiche. In tale ambito, il Governo, fra l'altro, ha già avviato da tempo un'iniziativa. Ricordo che il cosiddetto decreto-legge Bersani dell'agosto del 2006 si occupava di questo tema, attraverso la riduzione, ad esempio, degli incarichi di direzione generale e delle consulenze nell'amministrazione.
Inoltre, la legge finanziaria per il 2007 ha lavorato parecchio sui temi della riduzione e della razionalizzazione dell'amministrazione. Cito la razionalizzazione e l'ottimizzazione dei costi e delle spese di funzionamento dei ministeri, la riduzione del trattamento economico dei ministri e dei sottosegretari, la fissazione di un tetto massimo per la retribuzione di qualsiasi incarico corrisposto dallo Stato.
Stiamo lavorando su tre obiettivi fra loro collegati: la razionalizzazione delle strutture amministrative con lo scopo di un più efficace funzionamento e di una riduzione dei costi delle funzioni a bassa produttività, il contenimento dei costi collegati al funzionamento della rappresentanza politica ed il rafforzamento della trasparenza dell'azione pubblica. Sono questi gli obiettivi che pensiamo di raggiungere utilizzando due strumenti fondamentali: uno normativo di livello statale (il primo passo è il disegno di legge recentemente presentato al Consiglio dei ministri e che spero venga approvato nella prossima riunione del Consiglio), ma ovviamente abbiamo bisogno, nell'autonomia del Parlamento, di altri strumenti che possono raggiungere anche il rango di legge costituzionale.
Il secondo livello su cui stiamo operando è un patto con regioni ed enti locali, perché siamo convinti che essi debbano essere protagonisti della loro ristrutturazione e riorganizzazione, consapevoli che dobbiamo rispettare le autonomie, anche in questo caso molto forti.
Per quanto riguarda il disegno di legge, confermo che stiamo operando su quattro aree principali di intervento. In primo luogo, la razionalizzazione della pubblica amministrazione, ovvero il riordino, la soppressione eventuale e la riorganizzazione di enti che non hanno più ragione di esistere o che svolgono funzioni che oggi sono state delegate alle regioni dal Titolo V della Costituzione. In secondo luogo, l'ambito delicato della riforma della rappresentanza politica a livello locale, e mi auguro che il Parlamento operi al suo livello.
PRESIDENTE. Ministro Santagata, la prego di concludere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Concludo, signor Presidente. Sono, inoltre, necessarie la trasparenza e la riduzione dei costi delle società in mano pubblica e norme più trasparenti di vita delle amministrazioni a tutti i livelli. Come si vede, siamo lontani dalla demagogia e cerchiamo di operare nella profondità delle strutture.
PRESIDENTE. Il deputato Ventura ha facoltà di replicare.
MICHELE VENTURA. Signor Presidente, siamo soddisfatti di queste prime risposte del Governo e lo invitiamo ad andare avanti. Vorrei, però, che si distinguesse il tipo di attacco rivolto oggi alla politica, perché non ci sfugge, signor Presidente, che nell'immaginario collettivo il tema dei costi della politica ha una posizione rilevantissima.
In realtà siamo di fronte ad osservazioni e a critiche giuste che sollevano problemi reali che meritano rispetto e attenzione, perché hanno a cuore il rafforzamento del sistema politico.
Vi è, però, una seconda categoria, che si potrebbe sintetizzare in coloro che pensanoPag. 67che, attraverso un indebolimento della politica, possano essere acquisiti vantaggi; costoro vanno combattuti politicamente, rendendo più forte la politica e la sua capacità di decidere.
Vi è un terzo gruppo, che definirei di «a-democratici», più pericoloso poiché confina con il mai sconfitto populismo. Possiamo dire che in alcuni casi essi rientrano pienamente nelle regole generali della stupidità umana così ben descritte da Cipolla in un suo interessantissimo scritto.
Intendo dire, onorevoli colleghi, che dobbiamo predisporre un piano che fornisca una risposta positiva - ed il Governo ha dato delle rassicurazioni a quanto chiesto dal collega Zaccaria - ma anche una controffensiva (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Verdi).
(Misure di contrasto agli atti di violenza e di vandalismo nelle scuole, con particolare riferimento alla reintroduzione del giudizio sul comportamento come parametro vincolante ai fini dell'accesso alle classi superiori e alle sessioni d'esame - n. 3-01083)
PRESIDENTE. Il deputato Ciocchetti ha facoltà di illustrare l'interrogazione Volontè n. 3-01083, concernente misure di contrasto agli atti di violenza e di vandalismo nelle scuole, con particolare riferimento alla reintroduzione del giudizio sul comportamento come parametro vincolante ai fini dell'accesso alle classi superiori e alle sessioni d'esame (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13), di cui è cofirmatario.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Presidente, avremmo voluto la presenza del Ministro Fioroni in aula, come era stato annunciato, e ci dispiace non poter interloquire con lui, anche perché nel corso di questi giorni ha avuto modo di dichiarare più volte, su questo tema, che era pronto ed impegnato ad assumere decisioni importanti e significative che ancora non conosciamo, non avendo contezza di decisioni assunte dal Governo.
Nonostante la fine dell'anno scolastico, continuano gli episodi di bullismo, di teppismo, di atti vandalici e blasfemi nelle scuole italiane. Si tratta di un fenomeno sempre più evidente e preoccupante. Gli ultimi si sono svolti a Rovigo, ad Enna e a Pescara: atti di violenza nei confronti di identità religiose, come il danneggiamento di crocifissi, molestie nei confronti di compagni, danneggiamento degli arredi scolastici e di un'automobile parcheggiata nei pressi della scuola, tentati stupri, minacce, insulti, atti violenti.
Chiediamo un immediato intervento del Governo, prima dell'inizio del nuovo anno scolastico ed il ripristino del voto di condotta vincolante ai fini della promozione e dell'ammissione agli esami.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, la necessità di ripristinare nella scuola il concetto di regola, rispetto delle norme e legalità, ha motivato il Ministero, in accordo con i Forum nazionali delle associazioni studentesche e delle associazioni dei genitori, ad effettuare alcune modifiche in senso restrittivo delle sanzioni disciplinari previste dallo statuto delle studentesse e degli studenti, secondo un principio di progressività e di proporzionalità, fino a prevedere nei casi più gravi, tassativamente individuati dal regolamento di istituto, l'esclusione dallo scrutinio finale e la non ammissione all'esame di Stato conclusivo del corso di studio.
Nei casi meno gravi sono anche previsti, in coordinamento con la famiglia, percorsi di recupero educativo mirati all'inclusione, alla responsabilizzazione ed al reintegro, ove possibile, nella comunità scolastica.
La modifica regolamentare è già stata trasmessa al Consiglio nazionale della pubblica istruzione ed entrerà in vigore dai primi mesi del prossimo anno scolastico.
Tale ultimo provvedimento e le azioni già avviate per prevenire e contrastarePag. 68ogni forma di illegalità sono strettamente connessi alle azioni di sistema che si stanno già realizzando per prevenire il disagio giovanile, fra le quali: le scuole aperte, più sport a scuola, percorsi di studio della Costituzione, potenziamento delle occasioni di cittadinanza attiva e di partecipazione degli studenti e dei genitori alla vita della scuola. Si conferma la volontà di procedere nel senso sopra indicato.
Con riguardo al personale scolastico, premetto che in questa sede è ovviamente preclusa la divulgazione di informazioni relative a procedimenti in corso. Sulla complessa materia dei procedimenti e delle sanzioni disciplinari del comparto scuola, in data 19 dicembre 2006 è stata emanata la circolare n. 72. In tale documento si forniscono chiarimenti decisivi sulle competenze dei direttori degli uffici scolastici regionali e si compie un'esaustiva ricognizione delle fattispecie interessate, con particolare riferimento ai rapporti tra procedimenti penali ed esercizio dell'azione disciplinare.
Con circolare del 22 marzo 2007 sono state diramate indicazioni puntuali sulle procedure per la costituzione in giudizio in qualità di parte civile del Ministero, con particolare riguardo ai fenomeni di violenza all'interno delle scuole. Per rimuovere gli ostacoli di natura legislativa e contrattuale, che ancora oggi impediscono l'efficacia e la tempestività delle sanzioni disciplinari, è in corso un approfondimento finalizzato ad introdurre norme che rendano il procedimento disciplinare più celere ed efficiente e ad avviare una revisione del contratto collettivo di lavoro insieme alle parti sociali. È stato recentemente inviato all'ARAN un atto di indirizzo che prevede, tra l'altro, la proposta di revisione e semplificazione delle attuali norme sui procedimenti disciplinari.
PRESIDENTE. Il deputato Ciocchetti ha facoltà di replicare.
LUCIANO CIOCCHETTI. Signor Ministro, noi vigileremo affinché gli impegni assunti in questa sede dal Governo non restino parole, come quelle espresse già in molte occasioni dal Ministro della pubblica istruzione in merito a questa vicenda.
Crediamo che il fenomeno del vandalismo nelle scuole necessiti di interventi concreti, certi e chiari, che ripristinino la fermezza che serve a combattere il problema e a dare segnali di una nuova cultura che deve tornare ad esistere all'interno delle scuole italiane. Dobbiamo dare garanzie ai genitori e ai ragazzi che si comportano bene all'interno delle scuole, affinché possano stare nelle scuole pubbliche con la certezza di poter frequentare per imparare e studiare ed avere così la possibilità di diventare la nuova classe dirigente del Paese.
Riteniamo, inoltre, necessario che le sanzioni irrogate nei confronti di insegnanti che si sono macchiati di atti molto gravi e di comportamenti assolutamente inaccettabili all'interno della scuole - che lei, signor Ministro, ha cercato di descrivere in qualche modo, poiché certamente non poteva, in questa sede, fare riferimento a vicende personali - possano diventare fatti a loro volta esemplari.
Pur vigilando sull'adozione delle azioni regolamentari, crediamo che serva un atto di grande visibilità, e riteniamo che il ripristino del voto di condotta, da valutare anche in relazione all'ammissione alle sessioni di esame ed alla promozione all'anno successivo, sia un atto assolutamente necessario e doveroso e che gli interventi regolamentari non siano sufficienti, da soli, a rispondere all'esigenza di fermezza e a fornire le necessarie garanzie alle famiglie e ai ragazzi che si comportano in modo corretto all'interno delle scuole italiane [Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
(Corso sperimentale istituito dal Ministero della pubblica istruzione denominato «programma rafforzamento famiglie» - n. 3-01084 )
PRESIDENTE. La deputata Bellillo ha facoltà di illustrare la sua interrogazionePag. 69n. 3-01084, concernente il corso sperimentale istituito dal Ministero della pubblica istruzione denominato «programma rafforzamento famiglie» (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 14).
KATIA BELLILLO. Signor Presidente, signor Ministro, il Ministero della pubblica istruzione ha adottato in gran fretta un corso sperimentate, sul modello americano, per il quale sono stati stanziati 3 milioni e 600 mila euro. Tale corso interesserà 47 centri di sperimentazione, non distribuiti in modo omogeneo a livello nazionale, e tra questi non figura nemmeno un centro laico, piccolo o grande che sia, perché sono tutti cattolici; si tratta, infatti, di parrocchie, oratori, centri salesiani e similari.
Chiedo quali criteri hanno governato tali scelte; perché un modello americano; come sono stati individuati i centri destinatari del progetto e gli stanziamenti economici (mentre la scuola versa in condizioni assai gravi); se sarà considerato ogni tipo di famiglia, o solo quello regolato dall'istituto del matrimonio religioso.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, invito l'onorevole Bellillo a porre attenzione alle date, perché, seppure noiose, sono importanti. In data 11 ottobre 2005 è stato sottoscritto dal Ministero con il Dipartimento nazionale per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri un accordo di programma per la realizzazione del progetto denominato «Programma di prevenzione delle tossicodipendenze: rafforzare i fattori protettivi nella famiglia». L'implementazione del progetto prevede l'identificazione e la sperimentazione di un nuovo modello di intervento e di prevenzione delle tossicodipendenze che rafforzi i fattori protettivi nelle famiglie dei bambini della scuola primaria.
A tale proposito è stato individuato un programma di prevenzione dell'uso di sostanze a componenti multiple che coinvolge l'intero nucleo familiare, il programma per il rafforzamento dei fattori di protezione nella famiglia, che ha dimostrato di poter migliorare le relazioni in famiglia, la capacità genitoriale e il coinvolgimento nelle attività scolastiche. Questi fattori a loro volta assumono un ruolo protettivo nei confronti delle droghe.
Nel 2005 l'allora Ministro dell'economia, su istanza del Dipartimento nazionale per le politiche antidroga, ha predisposto l'assegnazione al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca di risorse finanziarie pari a 4 milioni di euro, rientranti nella quota destinata al Fondo nazionale di intervento per la lotta alla droga. Il Ministero, per dare attuazione al predetto accordo di programma, ha bandito la gara per l'affidamento di un servizio sperimentale di progettazione, realizzazione, gestione e adattamento del modello strengthening families program relativo al rafforzamento dei fattori di protezione nella famiglia da attuarsi almeno in 40 centri di sperimentazione. Il bando è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana il 9 febbraio 2006 ed è stata istituita, con decreto 30 marzo 2006, la commissione tecnica di valutazione, con il compito di pervenire alla formulazione della proposta di aggiudicazione. Alla gara hanno partecipato due raggruppamenti temporanei di scopo, e precisamente RTS mandataria Associazione coordinamento nazionale comunità di accoglienza Roma e RTS mandataria Associazione centro sportivo italiano Roma. Con decreto direttoriale n. 14 del 17 maggio 2006 si è provveduto ad aggiudicare l'incarico di fornitura al progetto presentato dal raggruppamento temporaneo di scopo mandataria Associazione centro sportivo italiano Roma, come indicato dalla commissione tecnica di valutazione. Come si evince, è un'operazione totalmente gestita dal Governo precedente e chiusa il giorno stesso in cui si insediava l'attuale Governo.
PRESIDENTE. La deputata Bellillo ha facoltà di replicare.
KATIA BELLILLO. Signor Presidente, rimango parzialmente soddisfatta, perché, anche se è una delle scelte «squalificanti» del precedente Governo, rimane il fatto che oggi ci troviamo con questo progetto che non ha coinvolto le istituzioni scolastiche, in quanto sono mancate le basilari misure divulgative del progetto stesso (basti visitare il sito del Ministero, che è privo di ogni chiarimento in tal senso) Inoltre, i tempi di adesione previsti dal progetto stesso sono ridottissimi, perché ormai la scadenza è prossima. Comunque, possiamo immaginare il criterio adottato per l'individuazione dei centri, della loro dislocazione, della matrice degli stessi, ma non capiamo ancora come ci si rivolgerà alle famiglie, come queste potranno essere sostenute e se sono considerate tutte le famiglie oppure soltanto quelle regolate dal matrimonio religioso.
Il progetto, pertanto, è veramente pericoloso, perché tende a concedere finanziamenti molto sostanziosi alle scuole private e religiose. Tale scelta di politica educativa, sebbene sperimentale, considerata anche la spesa complessiva e la complessità organizzativa, doveva essere presentata in modo diverso, e non a luglio, durante le vacanze, quasi in modo «carbonaro».
Ministro Santagata, mi auguro almeno che il Ministro della pubblica istruzione vegli ed effettui una verifica attenta su quello che, in applicazione di questo progetto, sta succedendo e succederà nella scuola (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sull'ordine dei lavori (ore 16,30).
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, signor Ministro, chiedo al Governo se sia possibile concedere a quest'aula di avere ospite il Ministro dell'interno, affinché lo stesso, dopo le frequenti esternazioni degli ultimi mesi, porti ai 630 deputati un contributo su problemi oggetto di sue interviste su quotidiani, che abbiamo avuto il piacere di leggere. Non abbiamo avuto, però, il piacere di avere in aula il Ministro.
Mi riferisco, in particolare, al tema della sicurezza (che non riguarda solo i deputati, ma, secondo un'indagine indipendente, interessa il 90 per cento degli italiani), al problema delle forze di polizia (che lamentano qualche disattenzione) e al problema dell'integrazione nel nostro Paese, considerate le recentissime dichiarazioni, rese poche ore fa, davanti a un «grande» Ministro di un «grande» Paese «famoso» per l'integrazione, dato che qualche anno fa hanno sgozzato un cineasta.
Sarebbe interessante avere la presenza del Ministro. Non si eviterebbe, in tal modo, che egli parli sui giornali (cosa che, con tutto il rispetto, fa molto piacere al Ministro Amato negli ultimi mesi); anche alla Camera, però, farebbe piacere ricevere tali informazioni, come ci avrebbe fatto piacere avere le informazioni del Ministro Padoa Schioppa, il quale, invece, ha comunicato alla Conferenza dei presidenti di gruppo che preferiva venire dopo la presentazione del DPEF.
Chiediamo che il Ministro Amato, pertanto, venga prima della prossima intervista.
PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha ascoltato la sua perorazione. Da parte mia, solleciterò nella stessa direzione il Governo medesimo sulla questione da lei evidenziata e tale sollecitazione, in ogni caso, potrà essere ripresa in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,45.
La seduta, sospesa alle 16,35, è ripresa alle 16,50.
Pag. 71Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Aprea, Brugger, Donadi, Folena, Gasparri, Giovanardi, Landolfi, Leoni, Maroni, Morrone, Mussi, Oliva, Pagliarini, Piscitello, Ranieri, Sgobio ed Elio Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Sull'ordine dei lavori (ore 16,51).
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, la ringrazio per avermi consentito di intervenire su una questione che è sulle pagine di tutti i giornali ormai da due giorni. Si tratta di una questione che a nostro giudizio è di grave allarme per la nostra democrazia e per le nostre istituzioni e che, a mio avviso, richiede, ciascuno per le proprie competenze, da una parte un intervento suo, signor Presidente, e dall'altra un intervento diretto del Governo, per il quale mi permetto di sollecitare anche l'attenzione del sottosegretario Naccarato, che ringrazio.
Si tratta del fatto che è stato recentemente dimostrato, attraverso un video, che durante lo spoglio delle schede per il voto degli italiani eletti all'estero sono avvenute gravissime irregolarità, che d'altronde erano state da più parti denunciate, sin dal giorno successivo alle elezioni. Parlo di irregolarità per utilizzare un'espressione parlamentare, ma è evidente che sui giornali si parla apertamente di brogli.
Signor Presidente, il fatto che si possa assistere, senza reagire, da parte delle forze politiche - di qualunque forza politica - e da parte dei rappresentanti delle istituzioni e dello stesso Governo, alla rappresentazione filmata di votazioni su schede elettorali, a mio avviso, suscita inquietudine. Mi chiedo in quale altro Paese moderno, occidentale e democratico nessuno reagisca di fronte ad un episodio del genere e così grave, vale a dire la comprovata manomissione delle schede elettorali.
Aggiungiamo, signor Presidente, che tale comprovata manomissione delle schede elettorali degli italiani all'estero è avvenuta in una situazione politica particolare, quale è la nostra, quella cioè di una sostanziale parità del risultato elettorale. Pertanto, ciò ha determinato la reazione dei nostri colleghi italiani all'estero - ai quali naturalmente va tutto il mio riconoscimento - la cui elezione è però stata determinante per la costituzione della maggioranza al Senato, per la costituzione del Governo, per l'elezione delle più alte cariche dello Stato.
Signor Presidente, mi rivolgo innanzitutto al Governo, perché vi è una responsabilità sulla quale il Governo può intervenire, e lo sollecitiamo a riferire al più presto in Parlamento, poiché riteniamo che si tratti di una questione grave e delicata che merita di essere portata all'attenzione del Parlamento e, attraverso questo, dell'opinione pubblica.
Chiediamo al Governo di accertarsi se è in corso - come dovrebbe essere e come probabilmente risulta - un'indagine della magistratura, a che punto si trova tale indagine, se è stato acquisito anche il video recentemente mostrato dai giornali, quali sono i tempi di tale indagine e se è prevedibile che essa si concluda rapidamente, prima del termine della legislatura.
Quando il Governo riferirà - mi auguro al più presto, signor Presidente, in settimana, rilevata la gravità della vicenda - spero che in quel dibattito e in quell'occasione tutte le forze politiche - e preannuncio il nostro giudizio e la nostra opinione - dichiarino sin d'ora di prendere atto dell'esito delle indagini della magistratura, qualunque sarà, senza contestarlo.Pag. 72
Parliamo spesso di rispetto della magistratura, e poiché crediamo che le irregolarità siano così gravi che la magistratura non possa non riscontrarle, auspichiamo che a quel punto tutte le forze politiche prendano atto delle conclusioni cui giungerà la magistratura stessa e - nel caso in cui tali conclusioni dovessero essere dirompenti sulla formazione della maggioranza, sulla costituzione delle Camere, sulla durata stessa della legislatura - riconoscano che, se vi sono state delle elezioni così viziate, occorre che tutti insieme assumiamo i passi conseguenti.
L'altra richiesta che investe - signor Presidente - la sua responsabilità riguarda una vicenda leggermente diversa ma connessa, ovverosia il fatto, come lei sa, che la Giunta delle elezioni abbia deliberato la costituzione di un Comitato di verifica per procedere all'esame di un campione delle schede valide, oltre a quelle bianche e a quelle nulle.
Siamo dovuti ricorrere addirittura alla presentazione di una proposta di modifica del Regolamento perché, con i tempi attuali di esame delle dette schede a campione e con la composizione attuale del Comitato di verifica, è matematicamente e statisticamente certo che l'esame della Giunta del solo campione predeterminato non si concluderà prima della fine di questa legislatura e probabilmente nemmeno della prossima.
Allora, poiché abbiamo tutti rispetto per le istituzioni, per la Giunta delle elezioni, per i colleghi, anche della maggioranza, che hanno deliberato la costituzione di questo Comitato di verifica e nessuno di noi intende prendersi reciprocamente in giro, ritengo che, se abbiamo preso una decisione - quella di verificare le schede -, dobbiamo anche prendere delle decisioni straordinarie rispetto alla composizione del Comitato ed alla possibilità che lo stesso si riunisca - anche con l'ausilio di ulteriori funzionari - in orari ed in sedute straordinarie (perché se si riunisce solo negli orari del lavoro parlamentare non ce la farà) in modo tale che la decisione che è stata assunta, vale a dire di procedere all'esame di quel campione, possa portare a risultati utili per la Giunta in tempi rapidi e certi.
Non mi soffermo su alcune proiezioni che sono state fatte ma rivolgo solo questa richiesta: a nostro giudizio potrebbe anche essere necessaria una rapida proposta di modifica della Giunta per il Regolamento, nel qual caso vorremmo che lei la portasse all'attenzione della Giunta prima e dell'Assemblea dopo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Deputato Elio Vito, lei ha fatto riferimento ad una vicenda e ad una notizia effettivamente sconcertante, che richiede di verificarne la natura. L'indagine della magistratura è indubbiamente, con tutta evidenza, il percorso più proprio per accertarne la natura. Ovviamente, gli organi competenti, in primo luogo la magistratura, saranno chiamati ad accertare la consistenza e la portata del fatto registrato nel video al quale lei ha fatto riferimento. È qui presente il rappresentante del Governo, che ha ascoltato la sua sollecitazione; da parte mia, ritengo sia ragionevole concorrere a sollecitare il Governo affinché, nel pieno e totale rispetto dell'autonomia della magistratura, siano raccolte informazioni che possano essere trasmesse, a loro volta, alla Camera dei deputati.
Per quanto riguarda la sollecitazione che mi è stata rivolta, penso che lei possa convenire sul fatto che noi non possiamo comprimere l'autonomia della Giunta, alla cui responsabilità è affidata anche l'analisi delle proposte che lei ha avanzato. Personalmente, prenderò contatto con il presidente della Giunta al fine di constatare insieme lo stato del lavoro che, come lei ha ricordato, consiste nell'obbligo di verificare le schede bianche, nulle e valide. Si tratta di un lavoro in corso, e, nel caso in cui intervengano ragioni per operare sollecitazioni o per disporre maggiori impegni, anche quantitativi, questi potranno certamente essere presi in considerazione.
LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà
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LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, lei ha già risposto alle sollecitazioni avanzate dal collega Elio Vito. Personalmente desidero solo associarmi alle preoccupazioni che sono di tutti noi ma anche - come lei ha ben detto - di tutti, in merito alle notizie sconcertanti che abbiamo appreso sia dalle immagini trasmesse su Internet sia dai quotidiani di oggi.
Evidentemente, più si accelerano gli inviti, di cui lei si è fatto carico, nei confronti del Governo più si rasserenerà un clima che è stato fortemente intorbidito da queste notizie, che non possono lasciare tranquilli non solo gli elettori ma nessuna forza politica, indipendentemente dall'esito dell'indagine della magistratura.
GIANCLAUDIO BRESSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, credo sia assolutamente necessario che il Parlamento possa contare sull'assoluta serenità su come si è arrivati alla sua composizione e, pertanto, ritengo utile e necessario tutto quello che concorre a fugare ogni possibile dubbio.
È opportuno però fare delle precisazioni rispetto alle affermazioni fatte dal collega Elio Vito, il quale ha parlato con una certa sicumera di comprovata manomissione delle schede elettorali. Ritengo che sia giusto e corretto che il Governo venga a riferire, anche perché in quell'occasione lo stesso avrà la possibilità di dire quello che il prefetto Foncelli, che si occupa al Ministero dell'interno di questo specifico settore, ha già avuto modo di dichiarare e che credo sia importante che il Parlamento conosca da subito. Il prefetto Foncelli ha rilevato come in quel filmato ci siano degli aspetti sicuramente singolari e sospetti, come ad esempio il fatto che le schede non appaiano ripiegate, mentre sappiamo che tutte le schede quando arrivano ai seggi elettorali sono piegate. Allo stesso modo, il prefetto Foncelli ha sottolineato che mai nessuna amministrazione dello Stato e tantomeno il Ministero dell'interno, in occasione di competizioni elettorali, ha fatto ricorso alle buste che compaiono in quel filmato, le quali sono buste commerciali con la finestrella.
È nell'interesse di tutti che risposte vengano date con chiarezza ma è importante fin da adesso chiarire che non si tratta di comprovate manomissioni di schede elettorali ma di un filmato che potrebbe essere - quello sì! - un'autentica compromissione della verità e, usando un termine poco tecnico, un'assoluta e autentica «bufala». Perciò ben venga rapidamente questo confronto e ben venga anche l'attività della magistratura in modo che si possa mettere definitivamente a tacere un episodio brutto non per quello che mostra ma per chi ha deciso di porlo in essere e di divulgarlo (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
ARNOLD CASSOLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, anche a nome dei miei colleghi del gruppo dei Verdi, concordo con tutti i colleghi che in precedenza hanno chiesto non solo che la magistratura svolga le sue indagini ma anche che il Governo riferisca in Parlamento sulla vicenda. È, infatti, interesse di tutti noi avere le idee ben chiare.
Desidero però, come ha fatto il collega Bressa, porre in evidenza che in questo caso vi sono alcune cose abbastanza strane. Mi riferisco innanzitutto alle buste: noi italiani all'estero, quando abbiamo votato, abbiamo ricevuto due buste, una piccola, in cui si esprimeva il voto, che poi veniva sigillata ed era posta dentro una busta più grande, da inviare al consolato. In questo filmato, invece, si vede che il voto, una volta espresso, viene direttamente messo nella busta grande. Inoltre, non penso che il collega che è stato menzionato, in Australia, fosse così stupido da far mettere la crocetta sul partito di Forza Italia e poi scrivere il suo nome, visto che, in quel caso, si tratterebbe di voti tutti invalidi. Anche su questo aspetto, la magistratura deve indagare.Pag. 74
Infine, non vorrei, come è successo, che certi colleghi prendessero a pretesto anche questo episodio per cercare di «eliminare» al più presto i deputati italiani eletti all'estero dal Parlamento italiano, come è stato proposto anche da qualche illustre collega. Non penso che questa sia l'occasione giusta per cercare di abbinare una cosa all'altra.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, è del tutto evidente come la situazione appaia di una gravità assoluta sia per i fatti in sé che sono stati messi in luce attraverso quel filmato e per gli altri fatti che sono stati denunciati, sia anche perché il risultato elettorale è stato talmente incerto che il tipo di situazioni denunciate rendono palese l'esistenza di un Governo che, privo dei numeri in Parlamento, non ha neanche il consenso da parte dei cittadini.
Infatti, molto probabilmente i risultati delle elezioni sono diversi rispetto a quelli che sono stati comunicati successivamente. Per tale motivo, occorre fare chiarezza assoluta su questo punto, non possiamo accontentarci degli interventi sull'ordine dei lavori o delle polemiche, che vengono avanzate sistematicamente sulle agenzie di stampa.
Ritengo - è stato già ribadito - che il Governo debba venire quanto prima a riferire in Parlamento su questo punto; che debba venire non solo il Presidente del Consiglio, che si deve assumere la responsabilità politica di quanto sta accadendo, ma anche il Ministro dell'interno che, invece, va a rilasciare dichiarazioni su tutt'altro, su come dare i benefici agli immigrati o a affermare che i siculi picchiano le donne. Egli, invece, dovrebbe occuparsi di questi argomenti, che sono molto importanti per la democrazia di un Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ritengo che si possa convenire che siamo di fronte ad una vicenda e ad una notizia che ho definito «sconcertante». Fin qui possiamo essere tutti d'accordo. Esistono, ovviamente, posizioni diverse sulla natura di questa notizia e di questa vicenda ed è per questo che ci affidiamo in primo luogo, anche se non solo, alle indagini della magistratura e rivolgiamo al Governo la richiesta di raccogliere informazioni per potere, su tale base, riferire in Assemblea.
Al supplemento di informazioni e di conoscenza - la necessità di chiarezza è un'esigenza da tutti condivisa - chiediamo il concorso anche dell'iniziativa del Governo, nel senso detto, cioè nell'assoluta autonomia della magistratura.
Vorrei aggiungere sul secondo aspetto che è stato sollevato, cioè quello riguardante l'attività della Giunta delle elezioni, che è stata depositata una proposta di riforma del suo regolamento, precisamente nel senso di andare nella direzione di un potenziamento della sua attività, in termini che anche in questa sede sono stati sollecitati. Tale proposta potrà essere opportunamente valutata prossimamente nella Giunta per il Regolamento.
Possiamo considerare conclusi gli interventi su questa vicenda. In precedenza, erano state avanzate richieste di intervento da parte del deputato Neri su un'altra questione riguardante - immagino - l'ordine del giorno o il Regolamento.
SEBASTIANO NERI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, non intendo riprendere il precedente argomento, quello relativo al video diffuso su Internet. Non lo tratto, per carità! Dico solo che si aggiunge alle innumerevoli denunce già pendenti, sulle quali si sta indagando. Non è, quindi, una novità in senso assoluto, ma testimonia la gravità della situazione.
Signor Presidente, il Ministro dell'interno qualche ora fa ha informato gli italiani che l'abitudine di picchiare le donne appartiene alle tradizioni siculo-talebane...
MARCO BOATO. Signor Presidente, continuiamo così per tutta la seduta?
PRESIDENTE. Deputato Boato, per favore! Quando lei sarà qui a presiedere si comporterà secondo il suo orientamento [Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia, Lega Nord Padania e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]. Io sto ascoltando un intervento sull'ordine dei lavori.
Deputato Neri, la prego tuttavia di essere sobrio, perché a questo argomento stiamo dedicando una parte importante del nostro lavoro.
SEBASTIANO NERI. Signor Presidente, rivendico una parità di condizione rispetto agli altri parlamentari, ma sarò comunque breve, perché non ho motivo di dilungarmi oltre il necessario.
Come dicevo, poche ore fa il Ministro dell'interno ha informato l'Italia di questa tradizione, che a me, che sono siciliano, era francamente sconosciuta. In seguito, probabilmente colpito dalle innumerevoli precisazioni che sono intervenute da parte di quanti sono rimasti allibiti, a fronte di questa stupida affermazione, il Ministro ha aggiunto danno al danno, sostenendo che non intendeva riferirsi ai siciliani di oggi, ma ad una tradizione che appartiene al passato.
Ricordo che nella passata legislatura un altro Ministro dell'interno, per un'affermazione meno grave di quella pronunciata oggi dal Ministro dell'interno in carica, si è prontamente dimesso, dando segno di responsabilità...
MARCO BOATO. Come meno grave? Ha dato del «rompicoglioni» a Biagi!
SEBASTIANO NERI. Credo che il Ministro dell'interno abbia il dovere di venire in Assemblea, quanto meno per informarci da quale «libro delle tradizioni» abbia attinto la notizia e da quale tradizione attinga la stupidità di tali affermazioni!
PRESIDENTE. Poiché si trattava di un argomento particolarmente sensibile (Commenti), in precedenza ho concesso la parola anche a chi l'ha chiesta subito dopo.
Adesso, come sempre, le altre questioni saranno poste al termine della seduta, altrimenti in questo modo creiamo un impedimento a lavorare. Mi sono, infatti, pervenute altre richieste di interventi da parte dei deputati Gianfranco Conte, Gibelli, del presidente Volontè, che è già intervenuto anche sull'ordine dei lavori: vi prego di credere che così non si può proseguire. Pertanto, tali questioni saranno svolte al termine della seduta, come avviene ordinariamente.
Per un richiamo al Regolamento (ore 17,13).
ANDREA GIBELLI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.
PRESIDENTE. Avverto, quindi, che gli interventi sull'ordine dei lavori saranno rinviati al termine della seduta.
Il deputato Gibelli ha facoltà di svolgere il suo intervento per un richiamo al Regolamento.
ANDREA GIBELLI. Signor Presidente, la ringrazio di avermi concesso la parola. Il mio intervento è per un richiamo al Regolamento ed è rivolto a lei.
La natura del mio intervento, esula dal dibattito estemporaneo svoltosi prima, è un richiamo al Regolamento con il quale desidero metterla a conoscenza di un fatto.
Nella V Commissione (Bilancio) è stata presentata dal Governo un proposta emendativa concernente interventi in materia pensionistica. Poiché si tratta di una materia estranea al provvedimento che viene definito «tesoretto», mi richiamo alla sua sensibilità in questo momento - da ciò l'urgenza - affinché lei possa intervenire per assicurare il rispetto del Regolamento, in funzione di una materia che è palesemente estranea in termini regolamentari e che riguarda le pensioni.Pag. 76
Infatti, sappiamo esattamente che tale argomento (dal momento che lo vediamo sui giornali, in televisione e attraverso annunci) non può essere discusso in un decreto-legge, con i tempi ristretti (è agli atti del Parlamento in questo momento!) e su cui - come lei sa benissimo - verrà posta la questione di fiducia. Il Parlamento non può lavorare in queste condizioni (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)! Rimettiamo, quindi, alla sua sensibilità il fatto che per decreto-legge nessuno debba permettersi di modificare la legge sulle pensioni (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)! Rimettiamo tale questione alla sua sensibilità istituzionale, perché è inaccettabile che un Governo della Repubblica, oltre a non permettere al Parlamento di legiferare, possa attuare per decreto-legge la riforma delle pensioni in Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
PRESIDENTE. Acquisirò gli opportuni elementi informativi e fornirò una risposta, spero adeguata, su tale sollecitazione.
GIANFRANCO CONTE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento in relazione all'ammissibilità delle proposte emendative presentate sul disegno di legge n. 2852 «Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria». Non entrerò nel merito della questione testé affrontata dal collega Gibelli, ma su altre molto più rilevanti.
Signor Presidente, ho sempre apprezzato la sua coerenza per quanto riguarda l'ammissibilità delle proposte emendative, ma lei deve sapere che il provvedimento in questione, attualmente all'esame della V Commissione (Bilancio), conteneva solo una piccolissima parte relativa a questioni in materia fiscale ed era, quindi, stato assegnato alla Commissione Bilancio.
Adesso il Governo annuncia la presentazione di alcune proposte emendative, che fanno parte di un disegno di legge che si è bloccato al Senato. Tali proposte, che riguardano il cuneo fiscale, l'ammortamento dei terreni relativamente agli immobili industriali e quant'altro, nonché tutta la questione degli studi di settore, riguardano materie assolutamente incompatibili con il decreto-legge citato.
Peraltro, poiché ci è stato impedito di presentare proposte emendative che abbiano, in qualche modo, un contenuto fiscale, a questo punto l'esclusione della Commissione finanze dall'esame di tale provvedimento, laddove lei ritenga - io spero di no - di dichiarare ammissibili le proposte emendative del Governo, è assolutamente inaccettabile. Non possiamo essere espropriati, come Commissione, dall'esame di proposte emendative che vengono presentate dal Governo poiché vi è la materiale impossibilità di farle approvare al Senato!
Questa è una eventualità che non accetteremo e le chiediamo, pertanto, un supplemento dell'esame del provvedimento laddove lei, contrariamente a tutto ciò che ha fatto sino ad oggi, dichiarasse ammissibili tali proposte emendative.
A quel punto dovrebbe ammettere anche l'esame alla Commissione finanze e ampliare i tempi di discussione e di votazione del provvedimento.
PRESIDENTE. Accolgo la sua sollecitazione. Riconoscerà che stiamo svolgendo una discussione ipotetica, perché ancora non sono stati presentati emendamenti (Commenti dei deputati del gruppo di Forza Italia) almeno a quello che mi risulta... Mi dicono in questo momento che sono stati presentati, quindi ritiro il termine «ipotetica»: semplicemente questa non è la sede per dirimere la questione. Il presidente della Commissione farà le sue valutazioni, è interpellato in tal senso; il Presidente della Camera naturalmente svolgerà le sue e tutte le osservazioni finora svolte saranno considerate.
Altri eventuali interventi sull'ordine dei lavori saranno svolti alla fine della seduta.
Seguito della discussione della proposta di legge: Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo. Delega al Governo per l'emanazione di norme in materia di conflitti di interessi di amministratori locali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali (A.C. 1318-A) (ore 17,18).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge: Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo. Delega al Governo per l'emanazione di norme in materia di conflitti di interessi di amministratori locali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali.
Ricordo che nella seduta del 15 maggio 2007 si è conclusa la discussione sulle linee generali.
Ricordo, altresì, che nella seduta del 16 maggio 2007 sono state respinte le questioni pregiudiziali di costituzionalità, di merito nonché la questione sospensiva presentate.
(Esame degli articoli - A.C. 1318-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge, nel testo della Commissione.
Ricordo che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere
(Vedi l'allegato A - A.C. 1318 sezione 1).
Avverto che la Presidenza, ai sensi dell'articolo 86 del Regolamento, non ritiene ammissibile l'emendamento Cota 1.52 che, nel sostituire integralmente la disciplina recata dal provvedimento, ricomprende l'intero testo in un unico articolo.
La Presidenza si riserva di comunicare all'Assemblea ulteriori inammissibilità nel corso dell'esame.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, ho chiesto di parlare sulla dichiarazione di inammissibilità del mio emendamento 1.52. Non condividiamo assolutamente la valutazione della Presidenza perché essa non dovrebbe sindacare nel merito la struttura dell'emendamento e non dovrebbe assolutamente sindacare il numero dei commi dell'emendamento.
Evidentemente tale emendamento è stato presentato perché racchiude la nostra proposta, che ha una portata complessiva. Pertanto è sì da intendersi come un unico articolo, ma ad esso si deve ovviamente riconoscere un intento soppressivo nei confronti degli altri articoli.
Denunciamo questa prassi, che a nostro avviso mette il parlamentare in una situazione di inferiorità rispetto al Governo. Vorremmo capire, infatti, la ragione per la quale il Governo può presentare dei maxiemendamenti, anche corposi, contenenti numerosi commi che sostituiscono integralmente molti articoli, mentre i parlamentari non possono farlo, soprattutto in relazione ad un provvedimento di tale importanza.
Dunque, non condividiamo la sua valutazione e svilupperemo il contenuto dell'emendamento complessivo sull'articolo 1 negli altri emendamenti, che abbiamo presentato ai singoli articoli.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Boscetto. Ne ha facoltà
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, intervengo per supportare la posizione del collega Cota. Capisco che ci siano delle consuetudini, però non è detto che esse debbano andare avanti per sempre.
Non ha nessuna logica la negazione della possibilità di un parlamentare di sostituire integralmente un testo - in questo caso, fra l'altro, si sostituiscono gli articoli da 2 a 29, lasciando fermo l'articolo 1 - mentre il Governo lo può fare. Credo che se la proposta di un parlamentare fosse così bella e buona che tutta l'Assemblea la voterebbe, evitandoci di lavorare per qualche mese e concludendoPag. 78la discussione e il voto questa sera, sarebbe il migliore dei mondi possibili secondo la logica del «Candide» di Voltaire.
La pregherei, quindi, a nome del gruppo di Forza Italia, di rivedere questa posizione di consuetudine o di prassi e di ammettere almeno questo emendamento alla votazione.
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, come lei sa l'opinione di Candide non era condivisa da Voltaire.
Sono state sollevate obiezioni circa la decisione del Presidente di dichiarare inammissibile l'emendamento Cota 1.52, che, nel sostituire integralmente la disciplina recata dal provvedimento, ricomprende l'intero testo in un unico articolo.
Ricordo che la distribuzione del testo nelle singole partizioni normative è un'attività rimessa alla Commissione, che, ai sensi dell'articolo 79 del Regolamento, è chiamata a formulare per l'Assemblea un testo redatto in articoli. È ben vero che nel caso dei maxiemendamenti del Governo sono ammesse, per prassi consolidata, proposte emendative che procedono all'accorpamento anche dell'intero testo in un unico articolo, come è stato qui ricordato.
Tuttavia, queste riarticolazioni sono ammesse solo ed esclusivamente in considerazione del fatto che sugli emendamenti in questione il Governo pone la questione di fiducia, tanto è vero che il Governo, nella prassi, proprio ai fini del vaglio dell'ammissibilità, è chiamato a preannunziare alla Presidenza l'intenzione di porre la questione di fiducia all'atto della presentazione del maxiemendamento. Come si vede, maxiemendamento e questione di fiducia sono unite.
L'emendamento Cota 1.52 potrebbe, tuttavia, essere posto in votazione ove il suo contenuto fosse suddiviso in più emendamenti, ciascuno riferito alle partizioni contenute nel testo. Rilevo, tuttavia, che sono già presenti nel fascicolo proposte emendative in tal senso e pertanto la riformulazione nei termini sopra prospettati non è necessaria.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, mi permetto di dissentire...
PRESIDENTE. Ormai ho preso la decisione.
ROBERTO COTA. ...le chiedo di ripensarci.
PRESIDENTE. La decisione non è appellabile.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, non è vero quello che lei dice, perché quando il Governo presenta un maxiemendamento, prima lei dichiara l'ammissibilità dell'emendamento e poi il Governo pone la questione di fiducia.
PRESIDENTE. La prego, è esattamente come ho detto.
ROBERTO COTA. Non è così e lei lo sa!
PRESIDENTE. È esattamente come ho detto.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 1318-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 1318 sezione 2).
Ha chiesto di parlare il deputato Bruno. Ne ha facoltà.
DONATO BRUNO. Signor Presidente, sia in sede di discussione generale sia nella Commissione abbiamo fatto presente la diversa filosofia che l'odierna maggioranza ha adottato per arrivare ad un testo, che la stessa ha approvato e che oggi è all'esame dell'Assemblea.
Mi riferisco soprattutto al cambiamento sostanziale tra la scorsa legislatura e quella attuale, laddove nella scorsa legislatura con la legge Frattini si è inteso dare al conflitto di interesse una risposta, che prendeva in considerazione innanzituttoPag. 79l'atto eventualmente confliggente o a favore di taluni soggetti, il che poteva portare a determinate conseguenze. Oggi, invece, discutiamo di un provvedimento che vede una serie di soggetti che per censo, trovandosi in una determinata situazione di carattere patrimoniale ed economico, debbono ab initio avere cura di non compiere determinati atti perché potrebbero andare a vantaggio proprio, della propria famiglia, dei parenti entro il secondo grado e, ai sensi dell'articolo 1, anche del convivente. Questa è una novità di questa proposta di legge: si è voluto inserire anche i conviventi tra i soggetti che in qualche modo possono avere vantaggi dovuti a un provvedimento di colui che è chiamato a svolgere o ad assumere una carica di Governo; tale soggetto deve stare attento, perché nell'emettere un provvedimento legislativo deve controllare se questo può essere a vantaggio o meno anche della persona che con lui convive. Questo è lo stato in cui si è potuto e dovuto lavorare.
Non siamo assolutamente d'accordo sulla proposta di legge in esame per una serie di valutazioni: innanzitutto, per la stridente violazione di norme costituzionali. L'Assemblea ha ritenuto di non approfondire questo aspetto e non ci torno volutamente, perché già è stato oggetto di discussione. Credo però che nella fase emendativa il relatore dovrà valutare tali questioni; certamente lo ringrazio per l'attività che ha svolto e anche per la disponibilità che ha dimostrato nel valutare talune proposte emendative, che la minoranza ha avanzato e che hanno reso il testo, come si usa dire, un po' più digeribile. Però credo che il risultato dell'intero complesso articolato sottoposto all'Assemblea, in primo luogo troverà delle serie difficoltà attuative, in secondo luogo, non va - credo - nel segno delle democrazie più avanzate.
Avremo modo, nel prosieguo dell'esame degli emendamenti, di sottolineare gli aspetti che non condividiamo. In questo momento stiamo parlando dell'articolo 1 e credo che da subito vada chiarito che esso risente di quello che sommariamente ho detto. Voglio brevissimamente soffermarmi su quelli che avrebbero dovuto essere i principi generali, che avrebbero dovuto sovrintendere alla stesura del provvedimento in esame. Ciò, purtroppo, non è avvenuto.
Sul piano dei principi generali riteniamo che sarebbe stato necessario contemperare il principio di esclusività della cura dell'interesse pubblico da parte dei titolari di cariche di Governo con le prerogative costituzionali del Parlamento e indirettamente del corpo elettorale derivanti dal rapporto fiduciario, oltre che con i poteri del Presidente della Repubblica.
Inoltre, crediamo che avrebbero dovuto essere evitate le discriminazioni tra i cittadini relativamente alla possibilità di accedere a cariche di Governo collegate alla consistenza del loro patrimonio, perché esse risulterebbero in stridente contrasto con il principio di uguaglianza. Circa quest'ultimo punto, riteniamo ancora che avrebbe dovuto essere evitata ogni definizione di conflitto di interesse preventivo, fonte di incompatibilità basata su meri elementi di natura patrimoniale (in fondo, si parla della proprietà), anziché su attività svolte dal titolare di cariche di Governo, la cui natura sia tale da fondare una presunzione insuperabile di idoneità a generare conflitti di interesse da cui sorge l'incompatibilità.
Per intenderci, il conflitto di interesse si caratterizza per due elementi fondamentali: la sussistenza di un interesse privato del titolare di cariche di Governo e il pregiudizio o il pericolo di pregiudizio per l'interesse pubblico. Quindi, si ha un conflitto di interesse quando un provvedimento è tale da attribuire al titolare di cariche di Governo un vantaggio rilevante e differenziato rispetto alla generalità dei consociati o all'insieme dei destinatari del provvedimento con danno per l'interesse pubblico, appunto tramite l'atto viziato da conflitto di interesse.
Quanto all'organo da preporre alla verifica, noi avevamo prefigurato l'istituzione di una commissione parlamentare ed insisteremo su questo punto quando vi arriveremo. Comunque, tale organo - qualunquePag. 80sia la forma che l'Assemblea deciderà - dovrebbe essere chiamato a verificare che non siano stati adottati atti viziati da conflitto di interessi.
Il quadro costituzionale impone di contemperare il principio di esclusività della cura dell'interesse pubblico da parte dei titolari di cariche di Governo con quello di uguaglianza, che riguarda naturalmente anche la parità di opportunità di accesso di tutti cittadini alle cariche pubbliche (comprese le più alte cariche di Governo), a prescindere dall'entità del loro patrimonio; con le prerogative costituzionali del Parlamento, e indirettamente del corpo elettorale, derivanti dal rapporto fiduciario; infine - come già detto - con i poteri del Presidente della Repubblica.
Discriminazioni fra i cittadini quanto alla possibilità di accedere alle cariche di Governo, collegate alla consistenza del loro patrimonio, risulterebbero in stridente contrasto con il principio di uguaglianza e sarebbero particolarmente odiose: esse presupporrebbero, infatti, che il censo costituisca elemento rilevatore dell'idoneità o meno di un cittadino a svolgere alcune fra le più importanti funzioni dello Stato, curando l'interesse pubblico con fedeltà ed equanimità.
Per tali ragioni, credo vada evitata ogni definizione di conflitto di interessi preventivo, che potrebbe costituire una fonte di incompatibilità rispetto all'assunzione di cariche di Governo: l'incompatibilità rispetto all'assunzione di tali cariche dovrebbe cioè derivare esclusivamente dallo svolgimento, da parte del loro titolare, di prestazioni o attività la cui natura sia tale da fondare una presunzione insuperabile di idoneità a generare conflitto di interesse (da cui sorge l'incompatibilità).
Le incompatibilità quindi dovrebbero riguardare le sole ipotesi di: prestazione di lavoro subordinato pubblico o privato; titolarità di imprese individuali; cariche che comportino attribuzioni di natura gestionale o di controllo, in società o enti di qualsiasi tipo, esclusi gli enti pubblici; esercizio di attività professionali. Per regola generale, il titolare di cariche di Governo dovrebbe essere libero di valutare, sotto la propria responsabilità politica, l'opportunità di spogliarsi di interessi privati, che, pur senza generare una situazione di incompatibilità strutturale con la cura esclusiva dell'interesse pubblico, potrebbero condizionarne oltremisura l'agire.
Così posta la questione, abbiamo provveduto a presentare una serie di emendamenti che vanno nel senso di effettuare una correzione dell'articolo 1 nel testo proposto all'Assemblea. Mi auguro che essi possano essere valutati favorevolmente dall'Assemblea, al fine quantomeno di trovare un accordo sulla nozione e sulla definizione di conflitto di interessi. Credo infatti che, se partissimo con un disaccordo su questo punto, il prosieguo dell'iter di questo provvedimento ci vedrebbe davvero contrapposti, poiché non saremmo più in condizione di poter aderire a nessuna richiesta, che ci viene rivolta da parte della maggioranza, di collaborare al fine di migliorare il testo al nostro esame (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare la deputata Gardini. Ne ha facoltà.
ELISABETTA GARDINI. Signor Presidente, ci troviamo a discutere di un testo che manifesta le proprie caratteristiche sin dalle prime righe: l'articolo 1, infatti, già ci convince che si sta per imboccare una strada che noi non ci sentiamo di condividere.
Si è parlato molto di questo testo, sia all'interno sia all'esterno delle aule parlamentari: si è sostenuto che esso presenta l'utilità immediata di mettere d'accordo, almeno momentaneamente, le diverse anime di questa maggioranza, che - mi sembra - ha difficoltà sempre più frequenti a trovare l'accordo su qualsiasi punto.
Ecco allora risorgere un punto sul quale, storicamente, la sinistra, le sinistre, riescono a ritrovare l'unità.
Ma questa volta ci troviamo su un territorio particolarmente delicato, perché si va a toccare il cuore della democraziaPag. 81di un Paese - del nostro Paese -, della vita politica, della rappresentatività.
Se eliminare dalla scena politica Silvio Berlusconi, il leader gradito alla maggioranza degli italiani, può diventare un momento transitorio di unità, noi siamo molto preoccupati. L'«antiberlusconismo» non può continuare ad essere l'unico cemento di questa compagine al Governo che, mi creda, signor Presidente, abbiamo qualche difficoltà - io, almeno, ho qualche difficoltà - a chiamare ancora maggioranza.
Questa volta, forse, vi siete spinti un po' troppo oltre. Del resto, abbiamo visto, proprio in quest'aula, come le divisioni esistano anche tra di voi: abbiamo assistito, direi, ad un vero e proprio scontro tra quella che possiamo chiamare l'ala giustizialista, che cerca l'affondo finale contro Silvio Berlusconi, e la parte più realista, che invece, e giustamente, non ritiene possibile eliminare per via legislativa il capo dell'opposizione.
A noi piacerebbe che questa volta prevalesse il buon senso, e per questa ragione abbiamo più volte insistito e più volte vi abbiamo invitato a non ripetere errori che già sono stati compiuti nel passato, a non cercare scorciatoie per la conquista del potere.
Pensate soltanto agli errori compiuti ai tempi di tangentopoli, quando vi siete illusi di poter arrivare al Governo senza fare i conti con la vostra storia: quegli errori sono ricaduti sull'intero Paese e ne scontiamo ancora il prezzo, come continuano a ricadere sull'intero Paese gli errori che continuate a commettere, sempre in ragione del fatto che imboccate strade apparentemente più comode o, semplicemente, demagogiche.
Oggi su Il Corriere della Sera Pietro Ichino dice cose che dovrebbero farvi riflettere: egli vi ricorda che, tutte le volte che avete scelto di difendere qualcuno dei vostri punti fermi ricorrendo ad uno slogan tassativo, quasi un precetto catechistico, vi siete cacciati in un vicolo cieco. E non vi è dubbio che quello del conflitto di interessi è uno dei vostri dogmi e, quindi, un ennesimo vicolo cieco.
La verità - lo vediamo già dall'articolo 1 - è che la proposta di legge al nostro esame è anticostituzionale, poiché essa è nata per colpire il leader dell'opposizione, ma, in realtà, colpisce una gran parte dei cittadini italiani, impedendo loro di operare per il bene della collettività, mettendo la propria esperienza al servizio del bene comune.
Ci troviamo di fronte ad una palese violazione del principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della nostra Costituzione. È una manifestazione di quella stessa cultura che aveva portato una forza politica di Governo a stampare quei famigerati manifesti recanti la scritta «anche i ricchi piangano», una cultura di «comunistissima» memoria, la stessa che ha ispirato anche la vostra legge finanziaria, la quale, vi ricordo, è arrivata a penalizzare anche le fasce più deboli.
In effetti, proprio le fasce più deboli siete riusciti a «far piangere»!
Insomma, è la stessa anacronistica ed obsoleta forma mentis che vi porta a credere che l'Italia sia una Repubblica fondata sul lavoro dipendente, mentre chiunque produce ricchezza sarebbe un nemico del popolo ed un pericolo per la democrazia.
Leggendo il testo in esame, si comprende che per voi il pericolo non è costituito da chi nasconde deliberatamente i propri interessi o li favorisce e promuove in modo fraudolento o illegittimo, abusando delle proprie funzioni di Governo. No, per voi il pericolo è costituito dal fatto stesso che qualcuno abbia degli interessi, anche se tali interessi sono pubblici, chiari e sotto gli occhi di tutti!
Oggi sappiamo - e tutti ne siamo a conoscenza - che il conflitto di interessi non si può circoscrivere in questo modo. Il professor Guido Rossi ci ha spiegato che il conflitto di interessi, ormai, è epidemico e si può presentare in molte forme diverse.
In un bell'articolo di Oscar Giannino, pubblicato il 6 maggio scorso, sono stati citati magistralmente alcuni esempi, che vorrei sottoporvi per un'ulteriore riflessione. Leggo testualmente: un Premier, che ha banche amiche di cui benedice laPag. 82crescita e riservatamente consiglia le acquisizioni, è in conflitto di interessi. Un Ministro dell'economia, che telefona al presidente di Generali, invitandolo ad entrare nella nuova cerchia dei padroni di Telecom Italia, è in conflitto di interessi, visto che le improprie dichiarazioni del suo Premier e dei suoi colleghi di Governo hanno depresso il titolo di Telecom per mesi. Il Ministro delle infrastrutture, che esercita poteri sull'ANAS, che è insieme autorità di vigilanza sulle concessionarie autostradali e concessionaria - a sua volta - in concorrenza ai privati, è in palese conflitto di interessi, quando per decreto blocca l'intesa tra privati che avrebbe dato vita alla fusione fra l'italiana Autostrade e la spagnola Abertis.
In questi, come in molti altri casi, vi domando: trovate che sia onorato l'articolo 54 della Costituzione, che l'onorevole Luciano Violante cita nella sua relazione, laddove si stabilisce che i cittadini, cui sono affidate le funzioni pubbliche, hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore? Mi sembra una domanda su cui bisognerebbe anche riflettere.
In realtà, gli spunti di riflessione sono tanti, perché sono state tante le voci, in queste settimane e in questi mesi, che hanno bocciato tale proposta di legge. Franco Debenedetti, ad esempio, che certo non è uomo di centrodestra, visto che è stato per più di 10 anni senatore della sinistra, ha scritto che «più che la cecità, è la visibilità il vero rimedio, la vera garanzia». Voi, invece, continuate a camminare su un percorso opposto (basti pensare al blind trust) e ragionate su una proposta di legge che è disastrosa per il sistema e che andrebbe a colpire tutti coloro che nelle loro professioni, con il loro lavoro, facendo impresa, hanno costruito qualcosa di buono.
Se ragionassimo avendo presente il bene comune e senza pregiudizi ideologici, oggi dovremmo discutere partendo dalla cosiddetta legge Frattini, per introdurre le correzioni e le migliorie che l'esperienza dell'applicazione della legge suggerirebbe di apportare, tenendo presenti anche gli aggiustamenti che le autorità competenti hanno introdotto in sede di interpretazione.
Vorrei ricordare brevemente la storia della legge sul conflitto di interessi. Si tratta di una storia che, anche in sintesi, dice molto. La discussione sul primo testo di legge fu avviata nel 1994, proprio su iniziativa del presidente Berlusconi. Tale testo fu approvato in Senato, ma non ci fu il tempo per approvarlo nell'altro ramo del Parlamento, perché nel 1996 si andò a elezioni anticipate.
Nella XIII legislatura, Franco Frattini presentò un progetto di legge che la Camera approvò, praticamente all'unanimità: 461 voti a favore, nessuno contrario e un solo astenuto. Ma quando la legge arrivò al Senato fu congelata, bloccata. Viene logico chiedersi perché fu bloccata, se non per trarne un vantaggio in campagna elettorale, come argomento di polemica e di battaglia politica contro Silvio Berlusconi. Perché i vari Governi di sinistra, che si sono succeduti in quella legislatura, non hanno provveduto?
Finalmente, nella XIV legislatura, il Ministro Franco Frattini presentò una nuova proposta di legge, che venne approvata definitivamente il 13 luglio del 2004. Signori, la legge Frattini è una buona legge, non perché lo diciamo noi, ma perché concilia il rispetto del diritto costituzionale di tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive con il necessario collegamento di ogni attività di governo all'interesse pubblico. Già all'epoca vi furono molte persone, con articoli sui giornali, che riconobbero la bontà della legge Frattini. Porto solo qualche esempio. Il 1o marzo del 2002 Il Corriere della Sera titolava un articolo di Stefano Vannoni: «Soluzione accettabile, all'estero non c'è di meglio».
Stefano Mannoni riconosce che Frattini si è fatto carico di presentare un progetto che concilia il rispetto dei diritti politici, la forma di governo - che in Italia affida al Parlamento il controllo sull'Esecutivo - e l'indipendenza di un'Authority destinata a rafforzare il monitoraggio sugli atti sensibili. Egli sostiene che «in quella terraPag. 83incognita che ovunque nel mondo è la disciplina del conflitto di interessi questo rappresenta un punto di riferimento solido». Inoltre, Piero Ostellino, su Il Corriere della Sera del 3 marzo 2002, cita nel suo articolo la seguente frase di Sabino Cassese: «Se dobbiamo giudicare prescindendo dallo specifico caso del Presidente del Consiglio è giusto dire che si tratta di un'ottima legge». Ma poi Piero Ostellino propone anche alcuni argomenti sui quali sostiene che si possa soltanto convenire.
In primo luogo, in nessun Paese liberaldemocratico la proprietà è preclusiva dell'attività politica, il che esclude la non eleggibilità per conflitto di interessi.
In secondo luogo, è costituzionalmente impraticabile obbligare qualcuno a vendere i propri beni, il che esclude la loro alienazione come soluzione del conflitto di interessi.
In terzo luogo, in un regime di mercato la vendita e l'acquisto sono atti liberi e volontari che determinano il prezzo del bene, il che rende l'obbligo di vendere un controsenso economico distorsivo dei mercati.
In quarto luogo, negli Stati Uniti la legge impone l'obbligo di dichiarazione patrimoniale, ma non detta al Presidente e al Vicepresidente alcuna soluzione per risolvere l'eventuale conflitto di interessi che ne derivi, il che implica la convinzione che la loro situazione patrimoniale non sia disciplinabile per via normativa. Da Carter in poi la decisione dei Presidenti di affidare i propri beni ad un blind trust, cioè ad un fondo cieco, è stata una loro libera scelta.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,50)
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Gardini.
ELISABETTA GARDINI. Mi scusi..
PRESIDENTE. Mi scusi lei.
ELISABETTA GARDINI. Vorrei ribadire che, quindi, non siamo i soli a non condividere quanto espresso dall'onorevole Violante durante la seduta del 15 maggio, quando ha definito la legge Frattini sostanzialmente inefficace. Questo è l'ultimo punto che volevo condividere e sul quale volevo invitare i colleghi - soprattutto della maggioranza - ad una riflessione.
Vi è un problema culturale che è serio e ci divide in modo evidente. Si tratta di un problema culturale che bisogna sottolineare e affrontare in quest'aula. Nella relazione dell'onorevole Violante, in più punti, egli stesso sottopone alla nostra attenzione il problema di due culture che si affrontano. Dalle primissime pagine l'onorevole Violante fa risalire la necessità di affrontare il problema del conflitto di interessi già a partire dal 1994 (al termine della cosiddetta prima Repubblica) affermando: «Sino a quel momento il personale politico accedeva alle più alte cariche dello Stato attraverso una selezione operata dai partiti che privilegiavano coloro che si erano dedicati professionalmente alla politica».
Si tratta di un punto importante perché sembra quasi - così l'ho interpretato - che si senta una sorta di difficoltà nel plaudire ad un cambiamento che, a nostro avviso, è stato molto positivo, mentre sembra di vedere una sorta di nostalgia per il cosiddetto Parteienstaat, lo Stato dei partiti.
Allora, quella che è stata la novità vera, buona e voluta dagli italiani assume connotati addirittura negativi. Si tratta, in ogni caso, di una situazione che preoccupa e che pone problemi enormi sui quali è giusto riflettere.
L'onorevole Violante, in una trasmissione televisiva di qualche settimana fa, ha affermato che questa è una delle differenze sostanziali che esistono tra la vita democratica dell'Italia e dell'Europa in generale, rispetto alla vita degli Stati Uniti, dove la società civile entra storicamente da sempre. Tuttavia, noi, molte volte, invidiamo quella democrazia proprio per la capacità che ha di mettere a frutto le risorse più importanti.
Ma come potremo mai diventare un Paese competitivo se non liberiamo le risorse umane del nostro Paese? NonPag. 84credo - onorevole Violante, mi scusi se mi rivolgo a lei che stimo tantissimo - che le segreterie dei partiti siano in grado di selezionare il meglio della nostra società civile. Mi preoccupa che si sottolinei la grande novità che noi abbiamo visto come una possibilità reale per il nostro Paese di approdare finalmente ad una democrazia compiuta e moderna.
È, infatti, ovvio che questo è un dibattito - o comunque un pensiero - su cui da millenni l'uomo sia arrovella. In tal senso, forse noi ci sentiamo più aristotelici. Aristotele aveva già ragionato sull'alternanza delle cariche e scriveva: «Poiché ogni comunità politica consta di governanti e di governati, bisogna vedere se, vita natural durante, essi debbano essere persone diverse oppure se debbano essere le stesse persone». È ovvia la risposta che noi diamo: a noi piace l'alternanza e la rotazione delle cariche!
Credo, tuttavia, che gli italiani stessi abbiano espresso chiaramente il loro parere in proposito e che preferiscano di gran lunga la rotazione delle cariche, piuttosto che ritornare alla partitocrazia o vedere la casta politica che si perpetua e si riproduce in splendida e oligarchica solitudine, prima e vera causa di una società bloccata. Questo è il problema dell'Italia: una società bloccata, in cui o si nasce dalla parte giusta o si è cooptati dalla parte giusta o si resta inchiodati per sempre al proprio destino (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Stucchi. Ne ha facoltà.
GIACOMO STUCCHI. Signor Presidente, intervenire sul provvedimento in esame significa toccare tante questioni, che attengono alla vita democratica del Paese. Vi è, infatti, in gioco il principio della libertà e della possibilità di ognuno di noi di partecipare alla vita politica e, quindi, contribuire a migliorare il Paese. Stiamo parlando della possibilità di portare con sé, all'interno del mondo della politica, il proprio bagaglio di esperienze personali, la propria vita vissuta e tutto ciò che ha permesso a ognuno di noi di affermarsi nel lavoro che in precedenza svolgeva, prima di ricoprire l'incarico parlamentare o incarichi governativi o relativi al governo di realtà non centrali, quindi territoriali, del Paese. Questo può essere un limite, perché comunque tutti noi dobbiamo riconoscere che la politica non può rinchiudersi in sé stessa.
Credo che tutti gli apporti provenienti dall'esterno, dalla cosiddetta società civile (anche se parlare di società civile, escludendo i politici, significa automaticamente definire i politici società incivile e ciò, almeno da parte nostra, non può essere accettato), siano positivi e da tenere in considerazione, anzi da agevolare e incentivare.
Ci si riferisce spesso a situazioni di altri Paesi. Se guardiamo all'estero, tuttavia, ci rendiamo conto che, tra i candidati alle prossime elezioni presidenziali degli Stati Uniti, ci potrebbe essere anche il sindaco di New York, Bloomberg, il quale è titolare di un'attività nel campo dell'informazione, sicuramente non di secondo piano nello scenario mondiale.
Noi, invece, effettuiamo un'operazione che limita la partecipazione alla vita politica degli imprenditori, che in questo Paese sono coloro che «tirano la carretta». Lo facciamo anche in modo un po' maldestro. Credo, infatti, che una legge esista già: mi riferisco alla legge Frattini, che, volendolo, può essere migliorata. Se, tuttavia, la si vuole stravolgere, affrontando la questione dal punto di vista ideologico, non possiamo che scendere nell'agone politico e combattere una battaglia, poiché si tratta di una questione di tutela della democrazia.
Se dovessimo affrontare in questa sede la tematica svestendola dalla contrapposizione politica oggi in atto e svestendola dalla preoccupazione e dalla paura del centrosinistra relativamente alla figura di un candidato premier che concentra su di sé tanta condivisione nell'elettorato, saremmo tutti più tranquilli, e certe previsioni, contenute all'interno della propostaPag. 85di legge al nostro esame, sarebbero inesistenti e non troverebbero spazio tra i vari commi e i vari articoli.
Purtroppo ciò non accade, perché vi è la logica non dell'avversario politico da sconfiggere con i voti, ma quella del nemico politico da sconfiggere, o sarebbe meglio dire, a cui impedire di partecipare alla competizione elettorale. Sono convinto che siano i cittadini a dover decidere liberamente chi deve governare un Paese. Certamente delle regole vanno fissate, lo abbiamo fatto con la legge Frattini; alcuni paletti devono essere messi, perché potrebbero verificarsi degli «sconfinamenti». Ma non possiamo essere faziosi e partigiani, e guardare solamente al proprio tornaconto elettorale e al proprio tornaconto politico (mi riferisco, naturalmente, alla maggioranza) quando si presentano proposte di legge e si cerca di portare a casa un risultato.
Non è questa la strada che deve essere perseguita in democrazia, altrimenti finiremo per copiare altri modelli e altri Paesi. I cittadini che stanno dalla parte del centrosinistra, come quelli che sono dalla parte del centrodestra, forse non vedono questo tema come un problema importante, guardano ad altri problemi che sono sul piatto. Noi, invece, concentriamo l'attenzione su questo provvedimento e svolgiamo questa discussione imitando forse anche il comportamento di altre realtà che con la democrazia hanno poco a che fare. Non vorrei, insomma, che si andasse nella direzione di copiare quanto accade, ad esempio, in Venezuela, dove alcuni componenti del centrosinistra hanno anche applaudito il Presidente Chavez, che ha fatto chiudere una televisione scomoda, per avere solamente canali di Stato. Ebbene, non credo che sia questa la strada da perseguire, e non credo nemmeno che sia quella di impedire la pluralità dell'informazione.
Qualcuno sostiene che c'è un problema di monopolio dell'informazione, un problema di presenza dominante all'interno del mercato pubblicitario, un problema di controllo dei mezzi di informazione. Può anche darsi, ma una norma equilibrata che affronti questo tema probabilmente c'è, e potrebbe essere presa come base di riferimento e migliorata solamente in alcuni punti, ma non intervenendo con un provvedimento così drastico. Esso, tra l'altro, riguarda anche realtà territoriali molto piccole, in cui forse il potere reale non è esercitato da chi fa l'imprenditore, ad esempio in un comune di 20 mila abitanti, ma è esercitato da chi ha qualche incarico particolare all'interno della comunità, che non deriva da un'attività imprenditoriale, ma magari da un'attività come quella del libero professionista. Esistono situazioni che devono essere analizzate singolarmente.
Il provvedimento in esame, invece, cerca di fare di tutta l'erba un fascio, e questo non è un modo corretto per proseguire i nostri lavori e per cercare di dare risposte alle problematiche del Paese. Se seguiamo la linea tracciata ci troveremo tra qualche settimana - mi riferisco alla Camera, naturalmente - con un provvedimento approvato che faticherà a trovare una condivisione, per quanto riguarda la sua urgenza, all'interno dell'opinione pubblica.
Ci troveremo con un provvedimento che non sapremo se riuscirà a trovare la medesima condivisione, per quanto riguarda i numeri al Senato e, sicuramente, ci troveremo con i cittadini che richiameranno la nostra attenzione su altre tematiche.
Forse il rincorrere il tema posto dalla proposta di legge in esame poteva essere una scelta comprensibile all'inizio della legislatura, ma se oggi si vuole modificare l'azione del Governo e della maggioranza credo sia inutile insistere su basi di partenza che si sono dimostrate sbagliate. Sarebbe più logico che il Governo guardasse veramente alle problematiche reali del Paese e non continuasse, invece, a proseguire sulla linea di azione di netta contrapposizione che non favorisce nemmeno il dialogo, poiché è logico che se da una parte si riceve uno schiaffo, non si può pretendere di ricevere una carezza dalla parte opposta. Il mondo della politica è fatto anche di botta e risposta, diPag. 86azioni e reazioni e, quindi, non credo che la proposta di legge in esame, almeno in questo momento, possa contribuire a rasserenare un po' il clima politico. Fra l'altro, gli elettori ci hanno fatto capire bene alle ultime elezioni amministrative da che parte stia andando tale clima.
Se in tale occasione il risultato elettorale dell'Unione è stato disastroso, la ragione non risiede nel fatto che non è stata approvata la legge sul conflitto di interessi; il risultato è stato disastroso perché è stata disastrosa l'azione del Governo e, quindi, i cittadini hanno bocciato l'attività di un anno del Governo Prodi ed hanno cambiato idea rispetto a quello che avevano pensato, un anno prima, sull'azione del Governo Berlusconi. Gli elettori hanno capito che era meglio riporre nuovamente la fiducia nella coalizione della Casa delle libertà, e questo - lo ripeto - non perché il Parlamento non abbia approvato la normativa sul conflitto di interessi (che ai cittadini interessa veramente poco!), ma semplicemente perché tutta una serie di fattori che riguardano la vostra attività governativa si sono ritorti contro i cittadini stessi.
Invece di far tesoro di questa indicazione elettorale, si è sostenuto che, visto che il conflitto di interessi era previsto all'interno delle oltre 287 pagine del programma dell'Unione, andava comunque affrontato. Tra l'altro, viene affrontato nel peggiore dei modi, evitando di ascoltare esimi esperti ed illustri personaggi che hanno fornito indicazioni importanti che vanno nella direzione opposta rispetto a quella delineata dal contenuto della proposta di legge in esame. E viene fatto in un modo che, utilizzando un termine forte, può essere definito «cocciuto», da persone ostinate che credono di avere la verità in tasca e non accettano il confronto.
Questo non è il modo di procedere su una materia di tal genere e non è sicuramente il modo scelto dalla Lega per affrontare il provvedimento in esame. Non abbiamo presentato emendamenti ostruzionistici, né una valanga di proposte emendative, perché ci interessava discutere della proposta di legge in esame e formulare emendamenti che ne modificassero l'impianto, per ridare un po' di democrazia e di libertà al Paese.
Ritengo che quando si affrontano questioni attinenti alla libertà e all'impegno nella politica di tutti i cittadini, a prescindere dalla professione che essi svolgono, dovremmo essere così intelligenti da agevolare la partecipazione di tutte le persone che intendano dedicarvisi, senza cercare di escludere l'uno o l'altro, perché magari un soggetto potrebbe riscuotere un consenso maggiore rispetto al politico che è nato tale perché fa politica da tutta una vita e che, magari, gli elettori vorrebbero sostituire con altri ma non possono farlo perché, con leggi di questo tipo, viene impedito ad altri di entrare nell'arena politica. Questo è il problema su cui riflettere. Le condizioni capestro che vengono poste dalla proposta di legge in discussione scoraggeranno - è inutile negarlo - l'ingresso in questa Assemblea, in quella del Senato o a Palazzo Chigi, di soggetti che oggi potrebbero dare un apporto importante al rinnovamento della politica nel nostro Paese.
Infatti, un imprenditore si chiederà il motivo per cui dovrebbe assumere la carica non solo di parlamentare, di membro del Governo, di presidente della regione, ma anche di sindaco della sua città, se in cambio deve rinunciare a tutto il lavoro svolto in trent'anni o in quarant'anni di carriera imprenditoriale, magari non avendo dietro, purtroppo, dei figli cui poter delegare la gestione dell'attività. Con questo progetto di legge ci priviamo di esperienze e di un apporto che potrebbero essere risolutivi di tanti problemi e tanti mali del mondo politico italiano. Eppure agiamo in modo cosciente, anzi, siete voi ad agire così, perché voi voterete la proposta di legge. Agite in modo cosciente di questo risultato e a cuor leggero, perché questo è, comunque, il vostro obiettivo, legato ad una scelta di contrapposizione politica dura e ad una scelta ideologica, ma che non ha alcuna base logica per poter essere sostenuta in una discussione che, oggi, deve essere ben più ampia, e nonPag. 87può riguardare solamente alcuni aspetti, che sono contenuti in questa proposta di legge.
Credo che vi sia la necessità, all'interno del mondo della politica, di inserire delle nuove persone, di far governare chi merita e chi ha dimostrato di saper governare anche grandi imprese e di saper far crescere le comunità: non solo loro, sia chiaro, perché non voglio gettare nel mare tutti coloro che fanno politica. Non è questo l'obiettivo, ma è quello di aprire la classe politica a tutti coloro che possono contribuire, per la propria esperienza di vita, a migliorare la situazione di tutti noi. Tuttavia, non stiamo agendo in tal senso.
La volontà punitiva contenuta all'interno del provvedimento in esame è chiara. La scelta intrapresa, infatti, probabilmente causerà una serie di conseguenze, ma deve essere chiaro a tutti che è una scelta antidemocratica, che non va nella direzione di favorire il confronto democratico e non va nella direzione di favorire la libertà (parola che ho utilizzato all'esordio del mio intervento). Anzi, è una scelta che, purtroppo, si avvicina - come ho già osservato - ad alcune situazioni di regime, perlomeno di fatto, perché non consente a tutti di partecipare sullo stesso piano di parità alla competizione politica e di nutrire le stesse legittime aspettative. Ciò costituisce un altro aspetto importante, su cui riflettere, perché le condizioni poste all'interno di questa proposta di legge limitano estremamente la capacità e le possibilità di determinati soggetti di partecipare, come noi o come tante altre persone che possono fare altrettanto, alla gestione e al governo della cosa comune.
Ciò non è corretto, non è assolutamente democratico e, quindi, è inaccettabile. Se, poi, la proposta di legge viene letta all'interno di un discorso complessivo - dobbiamo anche considerare tutto ciò che viene fatto verso colui che è l'obiettivo della proposta stessa e di tante altre che oggi sono in discussione - comprendiamo che questa operazione, creata attorno ad un solo soggetto che si chiama Silvio Berlusconi, il leader della Casa delle libertà, è solo un'operazione di natura politica.
La Lega Nord non vuole difendere a tutti i costi il Presidente Berlusconi, ma crede nella difesa della democrazia. Il fattore fondamentale è questo: tutti devono essere liberi di intraprendere un'attività politica, di presentarsi ai cittadini, di poter competere e fornire il proprio contributo per far crescere il Paese e farlo tornare a «correre», anche sulla base delle esperienze maturate. Tutti, in qualsiasi modo si chiamino! Mi sembra, invece, che l'intera operazione sia condotta solo contro una persona: questo non è accettabile, perché - ripeto - la contrapposizione deve essere sempre politica e non può mai essere personale.
Di fronte a un simile atteggiamento, non potremo far altro che sostenere i nostri emendamenti, che non hanno una finalità ostruzionistica ma, nel merito, hanno la finalità di migliorare il testo: ritengo che, durante l'esame degli emendamenti, si avrà la possibilità di «stanare» la maggioranza e il Governo e di far capire ai cittadini qual è l'obiettivo reale. I cittadini, tra l'altro, lo hanno già capito, perché, quando sono andati a votare, hanno dato un'indicazione chiara: questo, però, non è stato sufficiente.
Continuate a presentare proposte di legge di questo tipo, ad operare in senso opposto rispetto a quello che vuole la gente e a dare indicazioni sbagliate ai cittadini: continuate su questa strada e noi ve ne saremo grati, perché, con provvedimenti di questo tipo, non farete altro che incrementare il consenso al centrodestra. Quest'ultimo, è vero, si vedrà naturalmente penalizzato - perché questa è la verità - in ordine alle possibilità di esercitare una futura azione governativa, ma anche questo sarà sottoposto a giudizio degli elettori, perché i cittadini, sia di destra sia di sinistra, non sono disposti ad accettare né scelte antidemocratiche né l'attuazione di indirizzi lesivi della libertà dei singoli (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, spero di non far «scappare» più nessuno con il mio intervento, perché c'è un «fuggi-fuggi» generale!
Ritengo che il tema del conflitto di interessi non appassioni il Paese, ma ciò non significa che non ci spetti intervenire ed occuparcene in tutte le sue implicazioni, che sono molteplici e diffuse e riguardano un numero di soggetti, reali e potenziali, che devono essere esaminati e giudicati con una legislazione certa, che sappia cogliere la singolarità di ogni posizione e di ogni condizione.
Il collega Stucchi, nel suo intervento, ha ricordato che siamo abituati - forse un po' meno nell'ultimo periodo - a trasformare il conflitto di interessi in una sorta di referendum pro o contro Berlusconi. Se questo è l'argomento più forte, ciò non toglie che la proposta di legge sia stata «costruita» a misura di una figura che, tra l'altro, è protagonista della vita politica italiana ormai da quasi tre lustri.
Va considerato anche che, in questo periodo, si sono succeduti più governi di diverso segno: viene da chiedersi come mai nessuno abbia mai provveduto, con determinazione, a colmare questo vulnus normativo.
Ho l'impressione che ragioni tattiche, contingenti e legate a diverse stagioni politiche, abbiano influenzato il comportamento anche degli stessi Governi di centrosinistra. Si chiede cioè se l'urgenza di oggi corrisponda ad una volontà di dar corso ad una promessa elettorale o di dare attuazione ad un impegno programmatico o non sia, piuttosto, frutto di una volontà di intervenire in un quadro politico nazionale estremamente fluido e nel quale alla maggioranza di Governo non corrisponde la maggioranza nel Paese.
Siccome ritengo che la soluzione del conflitto di interessi, così com'è prospettata non sia risolutiva del fenomeno Berlusconi - mediatico e politico - né concorra a risolvere alla radice la miriade di potenziali conflitti di interesse che possono manifestarsi in forma più o meno acclarata, sostengo che in un dibattito parlamentare approfondito e non caratterizzato da voglie punitive e liquidatorie, sia necessario procedere con cautela, approfondendone tutti gli aspetti e, soprattutto, pensando che - come per la riforma elettorale - il conflitto di interessi dovrebbe essere affrontato e risolto con un voto il più ampio e rappresentativo possibile.
A questo punto occorre chiarire se l'obiettivo della legge sia quello di colpire la figura dell'imprenditore, cioè di colui che, rischiando in proprio, produce reddito. Penso alla miriade di soggetti che, soprattutto al nord, coltivando la sana voglia dell'intraprendere e coniugandola con la cultura del lavoro, sono la spina dorsale del Paese, della società economica e della società civile. Non dimentichiamo che l'imprenditore - dalla bottega alla fabbrica, dall'artigianato all'industria - è portatore di valori forti ed è modello, ad esempio, per le giovani generazioni.
Con questa legge, che assume sempre più carattere punitivo e liberticida, sembra che vogliamo demonizzare ed escludere dalla vita pubblica persone e cittadini che sono invece la spinta economica e morale, gente che non fa dell'arricchimento personale uno scopo della vita, ma che, producendo ricchezza, cambia la qualità della vita sua e degli altri. Non dobbiamo pensare ai patrimoni miliardari - e mi esprimo in euro - ma di valori che equivalgono a una piccola parte di certe liquidazioni dei boiardi di Stato o degli amministratori delegati delle banche, che hanno fra l'altro un reddito annuo pari al fatturato di tante piccole aziende messe insieme.
Vale la pena, a questo punto, ricordare come proprio le banche sono diventate soggetti di enormi conflitti di interessi e sono loro che dettano le regole del gioco, che «dirigono il traffico», e ogni giorno sottraggono alla politica terreno e primato. Perché la grande stampa, anche quella soggetta ai giochi e agli umori degli interessi dei banchieri, tace su questo enorme conflitto di interessi?Pag. 89
Leggiamo di operazioni, di matrimoni tra colossi del mondo bancario che si alleano e mettono insieme capitali che fanno impallidire le cifre delle nostre finanziarie. Poi la maggioranza propone una legge che vuole liquidare chi possiede 15 milioni di euro.
Se non si tiene conto di questo quadro si rischia veramente di sparare ai moscerini con il bazooka o con la fionda agli elefanti: uno sport sul quale la Lega Nord Padania non concorda perché al gioco dei poteri forti non ci stiamo, sia quelli visibili sia quelli invisibili, e soprattutto non ci alleeremo mai con chi vuole mettere in un angolo le risorse più sane del Paese, ovverosia quelli che dell'iniziativa e della proprietà privata fanno una leva per lo sviluppo ed il progresso, e non per farsi tesoretti all'estero.
Tra l'altro vi è un disegno, neppure sottile, di sconfiggere la politica e di impoverire il Parlamento, chiamando in causa mostri giuridici esterni, entità perse che espropriano la politica e i suoi legittimi rappresentanti. Il fatto che sia lo stesso Parlamento a spogliarsi dei suoi poteri democratici di controllo mi pare un esercizio autolesionistico, che va nella direzione di una deriva antiparlamentare dal sapore propagandistico. In tale direzione non vedo orizzonti di crescita e di garanzia democratica, ma solo una proposta di legge che non risolve la questione del conflitto di interessi ma obbedisce soltanto alla voglia di regolare qualche conto e di liberarsi di avversari scomodi in modo capzioso e fortemente punitivo.
Le leggi, cari colleghi, non devono mai essere liste di proscrizione, ma devono liberare spazi di democrazia nel rispetto delle regole e nel rispetto dei cittadini che compiono il loro dovere, mettendosi in gioco in prima persona.
Concludo, affermando che non ci piace che, con la scusa del conflitto di interessi, la partita venga giocata su altri tavoli e che siano i banchieri a distribuire le carte (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Nicchi. Ne ha facoltà.
MARISA NICCHI. Signor Presidente, c'è attesa nel Paese per il provvedimento che stiamo esaminando, anche da parte di un'opinione pubblica democratica internazionale.
Il gruppo Sinistra Democratica, nell'intervenire sul complesso degli emendamenti, vuole esprimere il suo apprezzamento per il lavoro svolto dalla Commissione Affari costituzionali, ed in particolare dal suo presidente, perché il testo che stiamo discutendo rappresenta un passo importante in avanti rispetto alla cosiddetta legge Frattini, considerata carente - onorevole Gardini - in numerosi punti propria dalle stesse authority preposte alla sua applicazione.
Si tratta di un testo che va reso più efficace e penetrante. A questo scopo abbiamo presentato un ristretto numero di emendamenti che vogliamo brevemente illustrare e sottolinearne il significato. Poniamo l'esigenza di affrontare in modo più stringente la situazione di un eventuale silenzio o inerzia del titolare della carica di governo, coinvolto nell'incompatibilità, e per questo ci sembra opportuno inserire una disposizione che chiuda con un'esplicita decadenza il procedimento, e consenta di uscire da quel limbo che si creerebbe se il testo rimanesse così.
Non possiamo infatti affidare alla sola buona volontà del titolare la felice soluzione del caso, o lasciare la situazione in sospeso. Il tema è già all'attenzione, e siamo consapevoli della delicatezza della questione, ma riteniamo che la riflessione in Assemblea debba risolvere il problema.
Abbiamo poi presentato un emendamento che riduce dal 4,99 al 2 per cento la soglia minima di partecipazione rilevante, a partire dalla quale scatta l'incompatibilità.
Vogliamo che l'Assemblea rifletta sul concetto di concreto pericolo: in molti casi e in molti Paesi si agisce anche in riferimento alla mera potenzialità di esso, non solo in relazione al pericolo concreto. Abbiamo presentato un altro emendamentoPag. 90che modifica la copertura del provvedimento. Attualmente la copertura finanziaria grava su dicasteri fondamentali per il futuro del nostro Paese, lavoro e previdenza, solidarietà sociale, beni culturali: chiediamo invece che la copertura del provvedimento in esame, per gli anni successivi al 2007, sia indicata nel bilancio tra le leggi di spesa permanente, la cui quantificazione è demandata alla legge finanziaria.
L'emendamento su cui voglio soffermarmi di più riguarda il tema della ineleggibilità. Abbiamo presentato un emendamento che intende dare un'interpretazione più precisa alla regola di ineleggibilità, che è stata stabilita dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361. Lo scopo è quello di chiarire che l'ineleggibilità, già prevista - senza che questo abbia suscitato particolare scandalo - per il soggetto vincolato con lo Stato da autorizzazioni o concessioni, va riferita a persona fisica o alle persone fisiche che ne detengono direttamente o indirettamente il controllo. Riteniamo, infatti, che l'ipotesi di ineleggibilità non esuli dal campo del provvedimento alla nostra attenzione, il quale interviene per prevenire, non punire, l'incompatibilità che riguarda la sfera di Governo, in primo luogo perché in Italia è operante una forma di Governo parlamentare che rende possibile il passaggio al Governo di parlamentari eletti; in secondo luogo perché non possiamo trascurare che chi svolge la funzione legislativa non è affrancato dall'essere coinvolto dal conflitto di interessi, come dimostrano le numerose leggi ad personam varate dal precedente Parlamento.
Per noi del gruppo Sinistra Democratica, la misura della ineleggibilità - certamente forte e da usare in modo eccezionale - è uno strumento complementare al provvedimento in discussione. È il rimedio più efficace per prevenire e fronteggiare il conflitto, che si determina nel caso in cui un privato, per la natura delle proprie attività, sia in grado di conquistare e controllare potere pubblico; una situazione di conflitto inversa rispetto a quella che sorge ogni volta che il titolare di una carica pubblica e detentore di un interesse proprio orienta i suoi doveri pubblici per perseguire un vantaggio personale o familiare.
Le recenti campagne elettorali hanno reso evidente che i mezzi di comunicazione di massa incidono sugli orientamenti del suffragio. Il soggetto che detiene una posizione dominante nel mercato dei mezzi di comunicazione di massa, titolare di concessioni o autorizzazioni radiotelevisive gioca in netto vantaggio nella competizione elettorale. Ha il potere di alterare le regole proprie della competizione democratica. È una grave lesione del principio di eguaglianza sancito dall'articolo 51 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive.
Non è per caso che l'esigenza di disciplinare anche in Italia il conflitto di interessi - lo sottolineava molto bene l'onorevole Violante nella sua relazione - si è resa più che matura dopo le elezioni del 1994, quando cioè ha vinto una personalità proveniente dal mercato. È questo evento che ha evidenziato in Italia un'inedita forma di conflitto di interessi, non tanto perché la personalità era un ricco e potente imprenditore, ma per la sua posizione di proprietario dominante nel mercato dei media, un settore speciale, la cui indipendenza e pluralità è fondamentale per la nostra democrazia. È una questione democratica di prima grandezza, che riteniamo possa essere affrontata già in questo testo. La via maestra per affrontare questo nodo è l'ineleggibilità, l'istituto a cui si ricorre ogniqualvolta siano concretamente possibili condizionamenti sulla libera manifestazione della volontà degli elettori.
Infatti, secondo l'articolo 65 della Costituzione, le cause di ineleggibilità perseguono lo scopo di evitare un'indebita influenza sulla libera manifestazione di volontà dell'elettore, oppure presumono una capacità di influenza sull'elettorato, che altera quelle condizioni di eguaglianza, di cui parla l'articolo 51 della Costituzione.Pag. 91
Abbiamo posto questo tema animati da uno spirito democratico, non punitivo. Non pensiamo di risolvere le questioni politiche per legge, tantomeno il nostro rapporto con l'opposizione e il suo leader. Vogliamo chiarire anche, soprattutto a coloro che si richiamano ai valori della libera impresa, che la nostra preoccupazione riguarda, in particolare, l'imprenditore che controlla i media.
Per le altre figure di imprese private la questione si pone diversamente, soprattutto per quelle medie e piccole. Infatti, concordiamo su quelle misure puntuali previste nel testo, che non aggravano la posizione per l'impresa individuale, la piccola impresa, per chi voglia accedere alle cariche pubbliche. Il principio di uguaglianza, per noi, vale per tutti.
La questione che si è posta nel nostro Paese, tuttavia, non è riconducibile ai nodi dell'antico e cruciale rapporto tra ricchezza e potere, tra censo e rappresentanza, tra mercato e politica, insomma, tra società politica e società civile. Essa chiama in causa - l'onorevole Violante ha posto anche questa problematica nella relazione - una nuova e più incisiva separazione tra economia, mezzi di informazione e politica.
Una buona normativa sul conflitto di interessi non può prescindere dal ristabilire e rafforzare la separazione netta tra queste sfere. È un architrave delle democrazie più consolidate e dovrebbe stare a cuore a chi si definisce liberale, visto che da questa separazione passa la possibilità del buon funzionamento del libero mercato e della libera concorrenza. A noi preme particolarmente, perché è la condizione per garantire il pluralismo e l'imparzialità dell'informazione. A tale proposito, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha messo in luce la situazione critica del nostro Paese in ben due raccomandazioni, in cui si chiede agli Stati membri di disegnare, attraverso una legislazione adeguata, una separazione netta tra l'esercizio del potere politico, la proprietà e l'influenza dei media, oltre a vietare posizioni dominanti che possano annullare la pluralità delle fonti di informazione.
Salvaguardare e promuovere il pluralismo dei mezzi di informazione è un compito democratico fondamentale. Sappiamo bene che risolvere il nodo che affrontiamo oggi è arduo, in tempi così conflittuali, di cui abbiamo ascoltato l'eco anche in quest'aula. Il testo in esame è una buona occasione e il lavoro unitario degli emendamenti può dare al nostro Paese una legge all'altezza delle democrazie liberali più evolute (Applausi dei deputati dei gruppi della Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, l'onorevole Gardini, prima di lei l'onorevole Bruno e a seguire i rappresentanti della Lega Nord Padania hanno portato avanti, per contestare il provvedimento sul conflitto di interessi - in particolare l'articolo 1 - due argomenti. Il primo può essere definito di natura storico-politica, l'altro di natura giuridica.
Riassumo l'argomento storico-politico in questo modo: dopo il crollo della prima Repubblica negli anni 1992-1994, si è fatta avanti una nuova classe dirigente politica, governante del Paese, che si è alimentata non attraverso i partiti di massa tradizionali, l'oligarchia politica (il Parteienstaat, come lo ha definito l'onorevole Gardini), ma attraverso la società civile e, fondamentalmente, come sostiene l'onorevole Stucchi, attraverso gli imprenditori. Questo è l'argomento storico-politico, con cui si sostiene che la nuova classe dirigente affonda le sue radici nella società civile e, soprattutto, nel mondo imprenditoriale o finanziario in generale.
L'argomento giuridico, portato avanti soprattutto dall'onorevole Bruno, sostiene che esiste una legge Frattini e, in generale, Forza Italia condivide il fatto che il conflitto di interessi non debba essere regolamentato in via preventiva, ma successiva, cioè quando il fatto è avvenuto.Pag. 92
Onorevole Presidente, molto rapidamente - in quanto già sono intervenuto a nome di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea nel corso della discussione sulle linee generali - vorrei tentare di contraddire queste due posizioni e «portare acqua al mulino» del testo predisposto dalla Commissione, su impulso del presidente Violante.
Per quanto riguarda l'argomento storico-politico, onorevole Gardini, lo rovescio in questo modo: è vero - e non ho nulla al contrario, come già detto durante la discussione sulle linee generali - che nuove forze sociali, anche imprenditoriali, si affacciano sulla scena politica, formino partiti o movimenti politici e conquistino, non il potere, onorevole Gardini, come lei si è espressa in termini leninisti, ma la maggioranza politica e, dunque, stiano al Governo.
Benissimo! Credo che questo sia un dato di novità della situazione politica italiana, non giudico se negativo o positivo, ma è un dato di fatto. Tuttavia, onorevole Gardini, proprio questo fatto dovrebbe indurre Forza Italia a sostenere la necessità di una legge sul conflitto di interessi, tanto è vero che voi avete varato tale legge. Pertanto, l'argomento storico-politico - il fatto, cioè, che esiste l'anti-berlusconismo, vale a dire che questa legge vuole andare contro un unico imprenditore, Silvio Berlusconi, che si intenda fare una campagna contro di lui - è contraddetto dalla legge Frattini, da voi varata. E poiché oggi vi è una nuova leva della classe politica italiana imprenditoriale che, specificamente, controlla anche i media, ritengo che si debba intervenire con una legge sul conflitto di interessi. Non stiamo facendo una legge contro Silvio Berlusconi, perché altrimenti anche la vostra legge dovrebbe essere stata contro di lui.
Ciò detto, giungo alla conclusione del mio ragionamento: abbiamo bisogno di una legge sul conflitto di interessi; esiste già la legge Frattini la quale, secondo noi, è insufficiente e a breve ne esporrò le ragioni. Non stiamo approntando, lo ripeto, una legge contro Berlusconi. Vi è invece la necessità nelle democrazie occidentali, compresa quella italiana, di disciplinare il conflitto di interessi, proprio perché vi sono queste nuove leve nelle forze politiche.
L'onorevole Bruno sostiene - entriamo, così, nella tematica più costituzionale e giuridica - che l'articolo 51 della Costituzione afferma che tutti i cittadini dell'uno o dall'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. Ora, ciò che contestiamo alla legge Frattini è la sua capacità di porre i cittadini italiani di entrambi i sessi su un piano di parità per accedere alle cariche pubbliche. Nella situazione che si è venuta a creare in Italia, e che già era esistente negli Stati Uniti d'America, in Inghilterra e in Germania, dobbiamo creare le condizioni di eguaglianza e di parità nell'accesso alle cariche pubbliche. Esattamente come prescrive l'articolo 51 della nostra Carta costituzionale!
Pertanto, non vi è da parte nostra anti-berlusconismo, né la volontà di colpire gli imprenditori in quanto classe politica. Abbiamo appreso ciò - onorevole Gardini - sulla nostra pelle di persone di sinistra, con la rivoluzione leninista: in quanto portatori di una qualità sociale, l'esclusione dal diritto elettorale, sia passivo, sia attivo, si sarebbe rivelata negativamente. Abbiamo appreso questa lezione; però non vogliamo neanche che gli imprenditori - soprattutto quelli che gestiscono i media - possano partire in condizione di diseguaglianza e di privilegio nella conquista del potere politico - come l'ha definito l'onorevole Gardini - o, come invece dico io, molto più laicamente, della maggioranza politica e del Governo.
È sufficiente la legge cosiddetta Frattini? Si tratta di una domanda che dobbiamo porci e a cui nessuno oggi ha risposto perché - ripeto - tutte le affermazioni fatte dall'onorevole Stucchi e dalla Lega Nord Padania e anche dagli altri colleghi che mi hanno preceduto mettono in discussione il ruolo degli imprenditori nella vita politica. Noi non lo mettiamo in discussione; dovete semplicePag. 93mente spiegarci se la legge cosiddetta Frattini risolva o meno il conflitto di interessi; io mi sforzerò di dimostrare che non lo risolve.
Prima di passare a tale dimostrazione, onorevoli colleghi e signor Presidente, vorrei sottolineare che se leggete la relazione presentata da Lamberto Cardia, presidente della Consob, relativamente al conflitto di interessi, scoprirete che nel diritto civile, nel diritto societario, già si è intervenuti in materia molto massiccia e molto pesante per prevenire - non intervenire successivamente, onorevole Bruno - i conflitti di interessi.
Non voglio sottrarvi troppo tempo e rinvio, quindi, all'articolo 2391 del codice civile, che disciplina appunto i conflitti di interessi degli amministratori e all'articolo 239-bis del medesimo codice che tratta il conflitto di interessi in materia di operazioni con le parti correlate. Esiste un'intera disciplina sul conflitto di interessi degli amministratori i quali devono svelare preventivamente in consiglio di amministrazione, quando si trovano a votare in situazioni di conflitto di interessi. Lo devono fare, ripeto, preventivamente!
La proposta di legge elaborata dalla Commissione affari costituzionali - ripeto su impulso del relatore e presidente Violante - vuole appunto motivare il cambio di passo che vogliamo attuare nella regolazione del conflitto di interessi passando da una regolazione del conflitto successiva ad una preventiva.
Vi chiederete come mai: il motivo è che della legge cosiddetta Frattini, ossia la legge n. 215 del 2004, non ci soddisfano l'articolo 3 che contiene la definizione del conflitto di interessi e i relativi meccanismi, a partire dall'articolo 6, vale a dire le funzioni attribuite all'autorità garante della concorrenza e del mercato in materia di conflitto di interessi.
Non mi dilungo se non riportandovi - siete qui presenti, onorevoli colleghi, in numero abbastanza nutrito rispetto a quando si è tenuta la discussione sulle linee generali - quello che dice l'autorità chiamata dalla legge cosiddetta Frattini a risolvere i conflitti di interessi. Antonio Catricalà nella sua audizione del 19 settembre 2006 in Commissione affari costituzionali (Catricalà è presidente dell'autorità garante della concorrenza e del mercato) afferma che: «Quando si pensa ad un conflitto di interessi verificatosi nel momento del compimento di un atto attribuibile ad un autorità di Governo ci troviamo dinnanzi ad una condotta, un evento, un evento indiretto, che devono essere del tutto provati». Ciò si può provare? Continua Catricalà: «La prova di questi tre fattori costituenti l'illecito è estremamente difficile». Questo lo afferma Catricalà, ossia l'autorità chiamata, secondo la legge cosiddetta Frattini, a risolvere il conflitto di interessi; chiamata cioè a sanzionare, facendo intervenire il Parlamento, il conflitto di interessi!
Continua ancora Catricalà: «La prova di questi tre fattori costituenti illecito è estremamente difficile soprattutto prima che venga verificato il conflitto di interessi il quale, in fondo, in tutte le situazioni rappresenta solo uno dei pericoli. Si sarebbero già verificati ben altri illeciti specialmente di carattere penale». Catricalà sostiene, in sostanza, che per provare il conflitto di interessi, l'illecito che sottostà alla fattispecie del conflitto interessi, dovremmo provare degli illeciti penali. Catricalà continua dicendo: «È per questo che l'attività dell'autorità ha registrato con successo un folto numero di procedimenti per quanto attiene alle questioni di incompatibilità e una grande collaborazione anche da parte dell'autorità di Governo ottenendo così dimissioni da alcuni incarichi o attività». Tutto ciò per quanto riguarda le incompatibilità.
Afferma ancora Catricalà: «Per quanto concerne l'attività di accertamento del conflitto di interessi, però, non siamo riusciti ad accertarne nessuno». Onorevole Bruno, onorevole Gardini a questo dovete rispondere non con l'ideologia dell'anti-berlusconismo! Ci dovete dire, nel corso della discussione e dell'esame degli emendamenti, se è possibile, attraverso la legge Frattini, rilevare il conflitto di interessi e risolverlo. Catricalà sostiene di non essere riuscito ad accertarne nessuno!Pag. 94
Poichè non voglio farla lunga, vi potrei ricordare i numerosi casi di conflitti di interessi rilevati dalla stampa nazionale: il caso Lunardi o quello relativo alla stampa e distribuzione di libri. Ne ricordo solo due! La stampa ha rilevato numerosi conflitti che però, per come è strutturata la legge Frattini, il dottor Catricalà dell'Antitrust non è riuscito ad individuarne alcuno. Su questi aspetti dobbiamo discutere, al di là degli ideologismi, delle accuse politiche o dei richiami storici, su cui pure spero di aver dato il mio contributo di risposta e - spero anche - di convincimento.
Per tali motivi, la scelta di fondo insita in questa proposta di legge è quella della prevenzione dei conflitti. Ciò non significa che non avremo l'oligarchia o i ricchi al potere governativo e politico. La legge sul conflitto di interessi non risolve questo problema, non impedisce ai ricchi di formare un'oligarchia. Guardate quanto avviene negli Stati Uniti d'America: anche i Clinton, che sono la nuova generazione politica, hanno le mani ammanicate dentro i consigli di amministrazione. Hanno fatto affari nell'Arkansas e sono stati presi con le mani nel sacco, anche negli affari edilizi. Le oligarchie politiche - che richiamava anche l'onorevole Stucchi (ad esempio, Bloomberg che si candida a sindaco di New York) -, e i ricchi non avranno alcun impedimento da questa legge sul conflitto di interessi ad accedere alle cariche pubbliche.
Cos'è che chiediamo semplicemente? Che i ricchi, nel momento in cui accedono a cariche pubbliche, distinguano gli interessi privati e personali da quelli pubblici. Questo mi pare il minimo che si possa richiedere a una democrazia avanzata (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, le parole che ho ascoltato proprio adesso dall'onorevole Franco Russo, che hanno sempre - gliene do atto - il pregio dell'onestà, sono proprio, in quanto tali, molto chiare nel definire il madornale equivoco di concetto nel quale si cala, più o meno consapevolmente, questo «conato» normativo.
L'onorevole Russo ha portato degli esempi e scandito dei concetti che rivelano in sé il limite dei criteri informatori. Il collega in questione ha, infatti, concluso il suo intervento facendo riferimento proprio ai ricchi che farebbero incursioni, entrerebbero a gamba tesa nell'agone politico, alterando la condizione di parità e violando le pari opportunità nell'ingresso, nella carriera e nell'influire in politica, ai sensi della vigente Costituzione e di quei concetti che ormai permeano il nostro intendimento, anche al di là dello stretto dettato costituzionale, determinando, quindi, un'alterazione di tali rapporti e della gara democratica.
Ebbene, è troppo facile rispondere a lui e agli altri colleghi che gli fanno eco. Mi chiedo perché colui che ha un patrimonio più consistente entrando in politica altera le regole della parità e delle opportunità nella gara della democrazia, mentre chi fa il segretario generale o regionale o locale di una camera o di un'organizzazione sindacale, entrando in campo, forte di ciò che si è costruito in termini di consenso, non altera le pari opportunità. È solo il censo - stiamo parlando di una parola ottocentesca - solo la ricchezza, o peggio ancora, la consistenza patrimoniale, quindi, il quadro relativo alla denunzia dei redditi a poter innescare un conflitto di interessi.
Altre innumerevoli situazioni, che sono quelle che realmente preoccupano il cittadino italiano, non alterano la situazione, non possono creare una situazione di conflitto di interessi! Ci stiamo preoccupando con una legge di scandire che il governante, nazionale e locale, non debba avere la possibilità, anche remota, e la potenzialità di questo che chiamiamo conflitto, di far cose che vadano ad influire sugli interessi suoi, lo dico proprio col linguaggio crasso, o della moglie o dei figliPag. 95o dell'affine fino al secondo grado. È una visione estremamente semplicistica, la più banale, di quello che può essere un conflitto di interessi; ma non è in conflitto di interessi uno dei nostri sindaci o dei nostri amministratori regionali, che consentono di violentare le norme di un piano regolatore o che lo disegnano ad usum delphini, per favorire quella determinata cooperativa rossa, commerciale o d'altro genere, sventrando colline, alterando piani regolatori e facendo cose che dal punto di vista formalistico, meramente formalistico, possono rispettare anche i canoni della legittimità, ma che creano un madornale conflitto di interessi con la posizione politica e sindacale di quell'amministratore, che tutto sta facendo in quel caso fuorchè perseguire interessi di carattere generale e pubblico. E però, sinché un procuratore della Repubblica particolarmente libero, preciso e rigoroso non lo incastra, quello la fa franca, la fa franca il suo partito, la fa franca il suo sindacato, la fra franca quella cooperativa, la fanno franca quegli interessi costituiti, ed è ciò che indigna i cittadini e l'opinione pubblica delle nostre città, grandi e piccole. Altro che porre il limite di 15 mila abitanti, o di 20 mila, o di 100 mila: a volte gli interessi in questo momento più torbidi trovano puntuale localizzazione in piccoli centri di 5 mila-6 mila abitanti, che sono magari il crocevia dove quella catena commerciale, che può essere o meno una cooperativa, di qualunque genere, trova comodo e fruttuoso insediarsi, perché è il fondovalle di un bel bacino di 100, 200, 600, 800 mila abitanti. E si stravolge un piano regolatore, perché naturalmente lo si piazza davanti al grande ospedale: potrei ricorrere a numerosi esempi.
Colleghi, sto esponendo, in modo genuino, il mio pensiero riguardo alla normativa in esame e quello del gruppo di Alleanza Nazionale, che è sicuramente immune da conflitti di interessi attuali o potenziali, e che non ha il compito di difendere nessuno, né attuale né potenziale confliggente di interessi. Esso è da un certo punto di vista più restrittivo, e da un certo punto di vista più critico in senso opposto, rispetto a una normativa di questo genere. Per un verso saremmo portati a fare l'analisi parola per parola, e a dire che il testo può essere troppo restrittivo, che rischia di buttar fuori dalla possibilità di accedere alle cariche persone che invece, indipendentemente dal censo, o, se preferite, dalla dichiarazione dei redditi, hanno tutto il diritto di partecipare alla cosa pubblica; per altro verso invece il testo rischia, di fronte a questa severità, di essere troppo largheggiante, e di non andare a colpire quei veri conflitti di interessi che sono quelli più occulti, quelli più sofisticati, quelli più ipocriti, quelli più striscianti.
Un collega che mi ha preceduto ha reso un'affermazione estremamente incisiva: qui - ha detto - c'è bisogno di maggiore evidenziazione, di maggiore pubblicità. Il primo controllo rispetto all'attuale o potenziale conflitto di interessi lo deve fare il popolo, lo deve fare l'opinione pubblica, proprio in quanto si rovesci e si squaderni la situazione e la gente sia nella condizione di percepire per chi va a votare, chi va ad investire di funzioni pubbliche, di Governo nazionale o anche locale.
Come cittadino, non vedrei particolarmente problematico o preoccupante il fatto che sia eletto sindaco del mio comune o presidente della mia provincia qualcuno che detenga vasti possedimenti, belle tenute agricole o - perché no? - sia padrone di una catena di esercizi commerciali: sol che io lo sappia, e sia in grado di verificare il suo agire, di stargli con il fiato sul collo e di controllarlo.
Alcuni colleghi hanno fatto riferimento alle esperienze di democrazie moderne di altri Paesi, anche di altre latitudini e di culture lontane. Tali colleghi farebbero bene a tenere conto proprio di tali differenze di culture e tradizioni: si tratta infatti di democrazie che si basano sul principio della trasparenza. Onorevoli colleghi, nei casi importanti, starei per dire che la normativa sul conflitto di interessi è concepita quasi più nell'interesse di chi rischia di essere accusato di conflitto di interessi che non per prevenire il danno che tale conflitto può provocare. Lo scopo di tale normativa è infatti la trasparenza,Pag. 96cioè tranquillizzare tutti: il protagonista della vicenda, i suoi concorrenti, i suoi elettori, debbono sapere come stanno le cose. Ecco perché, in alcune democrazie, non solo anglosassoni, non vi è alcun timore che sia eletto un miliardario o un milionario. Addirittura, in alcune società - ma si tratta di culture diverse dalla nostra (storicamente e, sotto alcuni aspetti, anche eticamente) - la ricchezza e la consistenza patrimoniale vengono valutate positivamente, con un approccio anti-demagogico che contrasta con il populismo di risulta che abbonda qui da noi. Tali aspetti vengono infatti considerati come elementi positivi del curriculum del soggetto cui affidare la gestione degli interessi pubblici, cioè come segnale della sua credibilità. Come si vede, su questo terreno occorre muoversi con libertà, senza freni ed impacci ideologici: altrimenti si rischia di cadere, nel passaggio fra la Scilla di un rigore inutile e la Cariddi di un permissivismo insignificante.
Al comma 1 dell'articolo 1 del testo al nostro esame - là dove si afferma che i titolari di cariche pubbliche sono chiamati «ad operare esclusivamente per la cura degli interessi pubblici» - si utilizza certo una forma che è stata richiamata più volte. Arrivo a dire che non meno scandalo se, da parte di un amministratore locale, ci si prende cura anche di un interesse che potremmo definire individuale. Se si riscontra che vi è una famiglia o un cittadino che versano in una condizione di particolare sfavore e bisogno, che male, che illegittimità e che anti-democraticità c'è se il sindaco, come spesso accade, agisce? Oggi tutti noi invochiamo costantemente i nostri sindaci: chiamiamo il sindaco se manca la luce, chiamiamo il sindaco se non troviamo casa. Dunque, purché gli atti non siano viziati da una deviazione (che però l'opinione pubblica è in grado di monitorare e di controllare), per quale ragione non ci si può far carico anche di interessi che potremmo definire non rigorosamente pubblici o di rilievo pubblicistico? Non è questo il pericolo.
I colleghi che hanno preso la parola hanno tenuto a sottolineare la propria attività emendativa volta allo scopo di appesantire e stringere le maglie dell'ineleggibilità, o peggio ancora dell'incandidabilità. Ciò dimostra che il progetto al nostro esame, nel suo procedere, ha introitato norme che non hanno a che fare col suo tema e che lo allargano. S'intende che non è che non vi sia alcuna attinenza, poiché è ovvio che l'incompatibilità in senso lato attiene sempre alla preoccupazione di evitare situazioni di sovrapposizione non corrette o comunque devianti rispetto ai criteri che debbono informare l'attività di un governante o di un amministratore; ma è chiaro che il tema è altro: non si tratta della normativa del conflitto di interessi, così come voi la avete intesa (o tutti la abbiamo intesa) in partenza.
Per queste ragioni, perlomeno noi, come forza politica aliena e scevra, con il privilegio della massima libertà, non abbiamo difficoltà a denunziare naturalmente il fatto che, a prima vista, si comprende che, non solo per la storia o l'iter, si tratta certamente di una normativa intesa contra personam. È inutile negarlo, anche perché più lo neghiamo più ci rendiamo conto che è così, e se ne rende conto il cittadino che ci sta ascoltando o legge i giornali: è così, c'è poco da fare, e comunque nessuno ce lo toglierà dalla testa.
Ma la questione non è tanto o soltanto questa. Il problema è che una normativa di questo genere rischia di adottare il criterio della consistenza patrimoniale del soggetto, traendone poi, a modo suo, conseguenze aberranti, per quanto logiche e coerenti, quali la previsione di una vendita forzosa come mezzo estremo, consentendo che si vada ad incidere in maniera sicuramente censurabile dal punto di vista della correttezza costituzionale. Ma il fatto che si va ad incidere è conseguente, poiché si è adottato, a monte, tale criterio della consistenza patrimoniale, che rappresenta quanto di più fuorviante e deviante rispetto alla situazione di una società moderna e articolata, propria di Paesi ad elevata consistenza economica, come sono quelli tra i quali, fino a prova contraria, noi ci troviamo ad essere.Pag. 97
Le considerazioni che, nella loro genuinità, ho voluto svolgere «a braccio», spiegano per quale motivo, anche da parte di una forza politica pur così libera rispetto agli interessi costituiti o a lobby di qualsiasi genere, come è Alleanza Nazionale, vi sia un atteggiamento non favorevole rispetto all'impostazione della proposta di legge al nostro esame.
Questa è la ragione dell'emendamento soppressivo 1.50 a mia prima firma, sul quale non mi soffermerò ulteriormente. Non vi nascondo, infatti, che ci siamo trovati e ci troviamo in difficoltà rispetto al testo della proposta di legge che ci viene sottoposto: un'attività emendativa ci risulta difficile, non facilmente praticabile. Diventa infatti difficile proporre emendamenti che non siano la mera soppressione di un intero articolo o di un'intera parte della proposta di legge, e ciò non perché non avremmo l'intenzione o la volontà di dare un contributo ad una normativa su un tema appassionante come questo, ma perché quando vi è un vizio concettuale che riaffiora, in maniera carsica, continuamente, dai vari passaggi del testo in discussione, diventa difficile un'attività emendativa che non sia fortemente interdittiva o mutilante in alcuni aspetti. Ciò, naturalmente, è ben lungi dall'autorizzare chicchessia a pensare che noi si voglia, in qualche modo, lasciare libera prateria alle scorrerie di interessi organizzati che deviino rispetto all'interesse generale dell'amministrazione della cosa pubblica.
Questo è il significato dell'emendamento soppressivo 1.50 a mia prima firma. Avrete notato che il gruppo di Alleanza Nazionale non ha presentato altri emendamenti all'articolo 1, ma credo che le ragioni che ho succintamente offerto alla vostra cortese attenzione siano più che sufficienti per motivarlo.
Ciò non ci impedirà, naturalmente, di prendere la parola anche sui singoli emendamenti presentati dai colleghi di maggioranza e di opposizione all'articolo 1, il quale - pur non nascondendo il fatto che è l'articolo 2 a costituire il cuore del problema - già ci mette in condizione di affrontare alcuni quesiti di principio che ci sembrano tuttora irrisolti.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 1.
Nessun altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Signor Presidente, intendo rivolgere un pensiero grato ai colleghi che si sono trattenuti, e a lei che presiede.
La Commissione formula parere contrario sugli identici emendamenti Bruno 1.1 e Benedetti Valentini 1.50. Quanto all'emendamento Cota 1.52 - il «maxiemendamento» della Lega -, dichiarato inammissibile dal Presidente sulla base di un'interpretazione molto interessante dal punto di vista parlamentare, che potrebbe avere anche effetti significativi nel futuro, voglio solo rilevare che si tratta di un emendamento interessante, perché istituisce il blind trust e fa riferimento ad un patrimonio pari a 50 milioni di euro come tetto dal quale scatta una serie di verifiche e di controlli.
Stabilisce per il trust il potere di trasformazione, gestione e disposizione. Quindi il trust, sulla base di tale emendamento, può anche vendere i beni. Sono dati, naturalmente, di un certo interesse che vale la pena esaminare con attenzione successivamente. Non solo, vi è anche una norma, quella di cui al comma 48, che punisce il sostegno privilegiato a titolari di cariche di Governo (altro aspetto significativo che troveremo dopo). Si tratta, quindi, di un impianto importante con norme che ritroveremo anche in proposte della maggioranza.
La Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Cota 1.51, Bruno 1.2 e 1.55. Il parere è favorevole sull'emendamento Bruno 1.56, mentre è contrario sull'emendamento Bruno 1.58. La Commissione formula un invito al ritiro per l'emendamento Licandro 1.60, che estende i controlli dal secondo al terzo grado diPag. 98parentela e di affinità. Il terzo grado di parentela e di affinità sono un grado molto lontano, pertanto preferirei mantenere il secondo, anche perché la norma fa riferimento ad altri soggetti legati alla carica di Governo da rapporti di interesse.
Si invitano i presentatori a ritirare gli emendamenti Bruno 1.63 e 1.54. Riguardo a quest'ultima proposta emendativa, non si comprende bene dato che si chiede di sostituire la parola: «vantaggio» con la parola: «profitto». Mi pare che si tratti di una formulazione esclusivamente formale, però magari a suo tempo ...
GABRIELE BOSCETTO. Il profitto è più patrimoniale.
LUCIANO VIOLANTE, Relatore. Non c'è problema; ne discuteremo quando arriveremo all'esame di tale emendamento.
La Commissione invita l'onorevole Zaccaria a riformulare il suo emendamento 1.64; la riformulazione di tale emendamento sarà esplicitata nel momento in cui lo esamineremo.
Il parere, infine, è contrario sugli emendamenti Bruno 1.53 e 1.61. Per quanto riguarda l'emendamento Costantini 1.62, invitiamo i presentatori a riformularlo; anche per tale emendamento la riformulazione sarà esplicitata nel momento in cui lo esamineremo.
PRESIDENTE. Il Governo?
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse, il seguito dell'esame è rinviato ad altra seduta.
Annunzio della convocazione del Parlamento in seduta comune.
PRESIDENTE. Ricordo che alle ore 12 di domani, giovedì 12 luglio 2007, è convocato il Parlamento in seduta comune per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale. La chiama avrà inizio dai deputati.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Giovedì 12 luglio 2007, alle 10:
(ore 10 e al termine della riunione del Parlamento in seduta comune)
1. - Seguito della discussione delle mozioni Leoni ed altri n. 1-00159 e Fabris ed altri n. 1-00203 sulle iniziative in favore del popolo saharawi.
2. - Discussione dei disegni di legge:
S. 1218 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Polonia in materia di cooperazione culturale e di istruzione, fatto a Roma il 12 luglio 2005 (Approvato dal Senato) (2375).
- Relatore: Cioffi.
S. 1219 - Ratifica ed esecuzione dello scambio di lettere firmato a Roma il 27 novembre 2003, costituente un Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese sull'aggiornamento della lista delle istituzioni culturali e scolastiche che godono di agevolazioni fiscali, con scambio di note integrativo, effettuato a Roma in data 28 luglio 2005 e 23 settembre 2005 (Approvato dal Senato) (2376).
- Relatore: Picchi.
S. 1288 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione culturale, scientifica e tecnologica tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo Pag. 99della Repubblica di Bulgaria, fatto a Sofia il 13 aprile 2005 (Approvato dal Senato) (2510).
- Relatore: Cioffi.
3. - Seguito della discussione della proposta di legge:
FRANCESCHINI ed altri: Norme in materia di conflitti di interessi dei titolari di cariche di Governo. Delega al Governo per l'emanazione di norme in materia di conflitti di interessi di amministratori locali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali (1318-A).
- Relatore: Violante.
(al termine delle votazioni)
4. - Svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta termina alle 19,05.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO EMERENZIO BARBIERI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 2599
EMERENZIO BARBIERI. Onorevoli colleghi, esprimo vivo compiacimento per l'accoglimento delle proposte emendative che hanno soppresso i commi 3 e 4 dell'articolo 1, ridefinendo le procedure di formulazione e deliberazione degli statuti con la partecipazione, ancorché in forma riduttiva, degli organi statutari degli enti interessati.
La formulazione del disegno di legge avrebbe decretato la fine dell'autonomia degli Enti nazionali di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca, con un danno irreversibile per la ricerca pubblica in Italia. Nel dare atto al relatore di questo risultato positivo, devo comunque esprimere le forti perplessità che nutro sul disegno di legge che ci accingiamo a votare nel suo complesso.
Ho avuto modo di evidenziare nel corso dell'esame degli emendamenti gli aspetti più critici. Oltre al rischio di cancellazione dell'autonomia, alle contraddizioni relative al rapporto tra Statuti e decreti delegati e alle procedure di approvazione degli stessi, ne sono emersi ulteriori che in questa sede mi preme sottolineare in quanto purtroppo permangono nel testo.
Il primo è la mancanza di un disegno strategico del Governo che non ha aggiornato il Programma nazionale della ricerca (PNR), adempimento da espletare annualmente (articolo 1 del decreto legislativo n. 204 del 1998) e non ha esposto analiticamente gli interventi che intende realizzare.
Il Governo, a norma di legge, opera sulla base del Programma nazionale della ricerca, che costituisce il punto di sintesi degli interventi nazionali, in coerenza con le azioni dell'Unione europea. Il PNR è il quadro di riferimento per gli interventi regionali ed è il parametro utilizzato dal Ministro per l'approvazione dei piani di attività di tutti gli enti e per l'assegnazione delle relative risorse.
Il Governo, pur essendo tenuto annualmente all'aggiornamento del Piano, a tutt'oggi opera sulla base del Programma nazionale della ricerca (PNR) 2005-2007 varato dal Ministro Moratti e approvato dal CIPE.
Il Piano non solo non prevede il riordino degli Enti nazionali ma presuppone come funzionanti ed operativi gli attuali enti con assetti organizzativi e missioni ridelineate a seguito, come ricordato dal collega Garagnani nella discussione sulle linee generali, di un lungo iter a partire dalle linee guida varate dal Governo e approvate dal CIPE nel 2002.
Eppure il Governo in alcuni casi ha inciso direttamente sugli assetti organizzativi degli Enti nazionali ancor prima di fissare gli obiettivi, come ricordato nel suo intervento di ieri dalla collega Filipponio Tatarella, che ha richiamato la vicenda del decreto legge «mille proroghe» con il quale è stato bloccato il processo di rinnovamento delle direzioni degli Istituti del Pag. 100CNR con una sospensione per decreto-legge delle procedure di selezione (la maggior parte dei direttori è a capo della stessa struttura in maniera continuativa da dieci, venti anni).
Tutto ciò in un quadro confuso, sul quale il disegno di legge sottoposto all'Assemblea rischia di contribuire negativamente ad aumentare l'entropia.
Il disegno di legge, come è emerso con evidenza dal dibattito, è inadeguato in quanto limita la sua azione di «riordino» agli Enti vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca. Per questo l'intervento si pone in aperta contraddizione con l'obiettivo, perseguito da anni, di razionalizzare e coordinare l'intervento pubblico in materia, come stabilisce il decreto legislativo n. 204 del 1998 recante «Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica»: una pietra miliare dell'ordinamento vigente approvato in attuazione delle azioni di semplificazione, decentramento e coordinamento previste dalla legge Bassanini.
Tale limite è stato indicato tempestivamente nell'iter di approvazione del disegno di legge sin dal suo esame in Commissione al Senato. L'unica apertura è stata l'accoglimento da parte del Governo di un ordine del giorno in Commissione al Senato, che ben si poteva trasformare in una modifica del testo.
In secondo luogo una nuova riforma a «costo zero» in coincidenza con ulteriori tagli alla ricerca pubblica rischia di portare al collasso il sistema.
Oltre alle belle parole sull'importanza della ricerca, prima di prevedere interventi occorrerebbe valutare la situazione tra impegni assunti e risultati conseguiti, dovendo fare un sommario bilancio a fronte di importanti impegni: nel programma elettorale dell'Unione si parla di investimenti in ricerca, innovazione e trasferimento tecnologico «obiettivo Lisbona»; nel Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011 del Governo si espone la volontà di effettuare «investimenti in ricerca, sviluppo e capitale umano»; nei 12 punti enunciati prima del voto di fiducia il Presidente del Consiglio rinnova l'impegno forte per ricerca e innovazione; tra le cinque priorità stabilite dal Governo con l'accordo sull'utilizzo del «tesoretto» si ribadisce l'intenzione di rendere disponibili fondi per l'innovazione e la ricerca scientifica; in tutti i richiamati documenti si espone la priorità del precariato.
I fatti per gli Enti di ricerca sono stati drammaticamente negativi: riduzione delle risorse per gli effetti del cosiddetto «taglia spese» applicato anche agli enti di ricerca; riduzione delle disponibilità per effetto degli accantonamenti indisponibili a gravare sul fondo ordinario di finanziamento degli enti di ricerca; riduzione delle disponibilità per il vincolo del 95% delle risorse trasferite nell'anno precedente come riferimento per i bilanci di previsione per il 2007; stanziamenti in finanziaria insufficienti per la stabilizzazione dei precari; recupero solo parziale nel riparto del «tesoretto» degli accantonamenti indisponibili.
Nonostante tale difficile quadro, si procede speditamente riformando gli Enti con «clausola di invarianza», una contraddizione in termini puntualmente individuata nel suo parere «condizionato» dalla Commissione Bilancio.
La modifica degli assetti organizzativi degli Enti comporta, nella migliore delle ipotesi, conseguenze economiche negative per l'instabilità del sistema che diventa inaffidabile e per i costi che qualsiasi riorganizzazione comporta.
Inoltre, prima di riformare è buona norma valutare con attenzione i risultati conseguiti dal precedente riordino che, come emerso dalla discussione sulle linee generali, è stato liquidato con considerazioni sommarie non approfondite. Il relatore motiva con la presunta inefficienza del sistema. Facendo l'esempio del Consiglio Nazionale delle Ricerche, cui il disegno di legge dedica particolare attenzione e che rappresenta per dimensioni la realtà nazionale più significativa, tale valutazione non sembra coerente con dichiarazioni Pag. 101rilasciate ai media da esponenti del mondo produttivo dopo le «audizioni informali» sul disegno di legge in Commissione cultura al Senato e con i contenuti della relazione sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), per gli esercizi 2004 e 2005 della Sezione di Controllo Enti della Corte dei Conti. La Magistratura contabile, con una netta inversione di tendenza rispetto al passato, ha espresso una valutazione positiva della gestione di questi anni nonostante la fase di riordino in atto. La stessa Corte dei Conti ha poi auspicato una stabilità normativa del sistema che si riflette inevitabilmente sulla capacità degli Enti di conseguire i propri fini istituzionali.
Tutto ciò non può sfuggire a questa Assemblea, trattandosi di documenti depositati in Parlamento.
Inoltre, occorrerebbe valutare anche l'impatto del riordino sulla realtà degli Enti.
Sempre con riferimento al CNR, questi espone un bilancio di circa un miliardo di euro di cui solo 500 milioni sono trasferiti dal Fondo ordinario degli Enti di ricerca.
Il Ministro della ricerca, nel riordinarlo, deve assicurare che la capacità dell'Ente di ricevere risorse pari al 50% del bilancio a contratto su base competitiva dall'Unione europea, dalle Regioni, da altri enti o organismi pubblici e privati, non sia compromessa da cambi di strategia, missione o organizzazione. I risultati sarebbero evidentemente rovinosi sul sistema.
Per le ragioni esposte, temo che una decisione conclusiva in questo contesto possa ripetere situazioni difficili causate da interventi legislativi non adeguatamente ponderati, come quella della paralisi del sistema della valutazione.
Il Governo ha istituito nel 2006 l'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) con un articolo ad hoc nel cosiddetto «decreto fiscale» e «blindatura» da parte della maggioranza nell'iter di conversione.
Un atto «straordinario» ed «urgente» con il quale si è disposta l'istituzione della nuova Agenzia e la soppressione del Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR), del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) e dei Comitati di valutazione di diversi Enti nazionali come CNR e INAF.
È passato un anno e tutto è fermo. Dalla lettura della documentazione pubblicata sulla vicenda emerge anche la forte non condivisione della comunità scientifica sullo schema di regolamento dell'ANVUR. È sufficiente vedere i pareri della CRUI e del Comitato Universitario Nazionale (CUN) pubblicati su Internet.
Nella discussione generale di ieri il collega Walter Tocci ha proposto di cominciare a fare valutazioni senza attendere il lavoro dell'ANVUR e quindi di sbloccare l'attività del CIVR, introducendo un maggior coordinamento, una maggiore integrazione tra enti di ricerca e università.
È evidente la consapevolezza della situazione di stallo, in quanto è illusorio attendere il «lavoro» dell'ANVUR, visto che stiamo ancora attendendo lo schema di regolamento che disciplina la struttura e il funzionamento dell'Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), che il Governo ha approvato il 5 aprile scorso e che ancora deve essere trasmesso per il parere alle Camere.
È inutile commentare la sussistenza dei presupposti costituzionali di necessità ed urgenza rispetto all'intervento normativo con decreto-legge ma è bene ricordare a questa Assemblea che il soppresso CIVR aveva terminato il primo grande esercizio di valutazione di tutto il sistema nazionale della ricerca Università/Enti con oneri nell'ordine di quattro milioni di euro e risultati, con tutti i difetti di un «primo esercizio di valutazione», apprezzati anche a livello internazionale. Quanto meno sullo spreco di queste risorse e del know how acquisito, forse avremmo diritto di sapere qualcosa di più.
Anche l'istituzione in Finanziaria del nuovo Fondo FIRST, pur prevedendo risorse aggiuntive si è rilevata un buco nell'acqua e non sono stati ancora definiti Pag. 102i regolamenti attuativi che dovranno essere sottoposti al Consiglio di Stato e notificati alla Commissione delle Comunità europee per verificarne la compatibilità con le norme in materia di concorrenza. Non si vede quando potranno essere utilizzate le risorse destinate a questo strumento.
Con un ritardo senza precedenti e con i bandi da tempo pronti non sono ancora partiti i PRIN con il conseguente blocco della ricerca anche nell'Università.
Inoltre, è un sistema dipendente dalla politica.
Il testo, al di là delle proclamate buone intenzioni, introduce degli strumenti incisivi di controllo della politica sugli Enti di ricerca. Anche con l'eliminazione dei commi 3 e 4 restano forti critiche su alcune previsioni che possono consentire una interferenza della politica sull'autonomia degli Enti.
Prima di tutto, il comma 6, che prevede il commissariamento in caso di modifiche statutarie: il commissariamento è un atto straordinario, che dovrebbe essere collegato esclusivamente a gravi inadempienze gestionali e nei fatti diventa uno strumento nelle mani del Governo per rimuovere i vertici.
Alcune previsioni specifiche tradiscono una impostazione incoerente con l'autonomia, come quella che stabilisce che la maggioranza dei componenti il consiglio di amministrazione del CNR sia di nomina governativa o quella che introduce «innovative» procedure di nomina del presidente e dei componenti i consigli di amministrazione consentendo al Governo di scegliere i vertici tra rose di nomi proposte da comitati «rappresentativi della comunità scientifica».
Ma i comitati sono nominati dal Governo e quindi non possono essere rappresentativi, in quando il principio fondante il concetto di rappresentanza implica che sia il rappresentato a scegliere da chi farsi rappresentare.
Onorevoli colleghi, la preoccupazione che vorrei esprimere è che con l'approvazione di questa legge si aumenti e non si diminuisca l'influsso della politica sugli Enti, limitando anche in questo caso la loro autonomia.
Mi avvio alle conclusioni auspicando di essere smentito nel fatti. La teoria e i principi più volte esposti, valutazione, merito scientifico, partecipazione, investimenti, sono condivisibili. Gli strumenti prescelti e i risultati attuali meno. Con la forte pressione esercitata il Governo e la maggioranza si assumono la responsabilità di intervenire in fragili equilibri faticosamente raggiunti.
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DEI DISEGNI DI LEGGE DI RATIFICA NN. 2375, 2376 E 2510
Tempo complessivo: 2 ore per ciascun disegno di legge di ratifica.
Relatore | 5 minuti |
Governo | 5 minuti |
Richiami al regolamento | 5 minuti |
Tempi tecnici | 5 minuti |
Interventi a titolo personale | 13 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 1 ora 27 minuti |
L'Ulivo | 13 minuti |
Forza Italia | 13 minuti |
Alleanza Nazionale | 9 minuti |
Rifondazione Comunista-Sinistra Europea | 5 minuti |
UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) | 7 minuti |
Lega Nord Padania | 6 minuti |
Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo | 4 minuti |
Italia dei Valori | 4 minuti |
La Rosa nel Pugno | 4 minuti |
Comunisti Italiani | 4 minuti |
Verdi | 4 minuti |
Popolari-Udeur | 4 minuti |
DCA - Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista - Nuovo PSI | 4 minuti |
Misto | 6 minuti (Minoranze linguistiche: 2 minuti; Movimento per l'Autonomia: 2 minuti; Repubblicani, Liberali, Riformatori: 2 minuti) |
VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | ddl 2599 - odg 9/2599/4 | 457 | 454 | 3 | 228 | 244 | 210 | 66 | Appr. |
2 | Nom. | odg 9/2599/5 | 463 | 461 | 2 | 231 | 217 | 244 | 66 | Resp. |
3 | Nom. | odg 9/2599/6 | 475 | 475 | 238 | 228 | 247 | 66 | Resp. | |
4 | Nom. | odg 9/2599/8 | 478 | 475 | 3 | 238 | 227 | 248 | 66 | Resp. |
5 | Nom. | odg 9/2599/10 | 480 | 478 | 2 | 240 | 228 | 250 | 66 | Resp. |
6 | Nom. | odg 9/2599/11 | 482 | 480 | 2 | 241 | 229 | 251 | 66 | Resp. |
7 | Nom. | odg 9/2599/12 | 489 | 487 | 2 | 244 | 232 | 255 | 66 | Resp. |
8 | Nom. | odg 9/2599/13 | 482 | 481 | 1 | 241 | 227 | 254 | 66 | Resp. |
9 | Nom. | odg 9/2599/14 | 488 | 488 | 245 | 232 | 256 | 66 | Resp. | |
10 | Nom. | odg 9/2599/16 | 482 | 481 | 1 | 241 | 231 | 250 | 66 | Resp. |
11 | Nom. | odg 9/2599/18 | 483 | 481 | 2 | 241 | 230 | 251 | 66 | Resp. |
12 | Nom. | odg 9/2599/21 rif. | 483 | 472 | 11 | 237 | 417 | 55 | 65 | Appr. |
13 | Nom. | odg 9/2599/23 | 480 | 470 | 10 | 236 | 241 | 229 | 63 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 14 | ||||||||||
---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|---|
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | ddl 2599 - voto finale | 459 | 375 | 84 | 188 | 253 | 122 | 61 | Appr. |