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XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 262 di giovedì 20 dicembre 2007
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI
La seduta comincia alle 9,40.
ANTONIO MAZZOCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Catone, De Zulueta, Garofani, Giancarlo Giorgetti, Lucà, Morrone, Mura, Pinotti, Ranieri, Rigoni e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantanove, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Organizzazione dei tempi di discussione dei disegni di legge di ratifica.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge di ratifica nn. 2782, 2861 ed abbinati, 3094, 3095, 3081 e 3022.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati all'esame di tali disegni di legge è riprodotto in calce al resoconto stenografico della seduta di ieri.
Sull'ordine dei lavori (ore 9,42).
PRESIDENTE. Secondo le intese intercorse tra i gruppi, nella giornata odierna non procederemo alle votazioni finali dei disegni di legge di ratifica previsti all'ordine del giorno; il seguito dell'esame degli stessi è pertanto rinviato ad altra seduta.
Atteso che non si procederà nella giornata odierna alle votazioni finali dei disegni di legge di ratifica, e in considerazione del fatto che i relativi pareri della Commissione bilancio sono di nulla osta nel presupposto che i disegni di legge siano approvati entro l'anno 2007, in quanto il triennio di riferimento per la copertura è quello 2007-2009, mi pare sia volontà della Commissione presentare emendamenti volti a modificare le citate clausole di copertura finanziaria, al fine di adeguare le stesse al nuovo bilancio triennale 2008-2010 in corso di approvazione.
Per tale ragione, ad eccezione del disegno di legge n. 3081, già approvato dal Senato, mi risulta che la Commissione intenda chiedere l'accantonamento degli articoli recanti la copertura finanziaria al fine di poter presentare appositi emendamenti alla ripresa dei nostri lavori, a gennaio.
Prendo atto che la Commissione conferma tale intenzione, quindi proseguiremo i nostri lavori in base a quanto ho comunicato.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del III Protocollo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo all'adozione di un emblema aggiuntivo, fatto a Ginevra l'8 dicembre 2005 (A.C. 2782) (ore 9,43).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del III Protocollo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo all'adozione di un emblema aggiuntivo, fatto a Ginevra l'8 dicembre 2005.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2782)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Alì Rashid Khalil, ha facoltà di svolgere la relazione.
ALÌ RASHID KHALIL, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge in esame riguarda la ratifica ed esecuzione del III Protocollo alle Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo all'adozione di un emblema aggiuntivo, fatto a Ginevra l'8 dicembre 2005.
La Conferenza diplomatica delle Alte Parti Contraenti delle Convenzioni di Ginevra del 1949, convocata l'8 dicembre 2005 dal Governo svizzero in qualità di depositario delle Convenzioni, ha adottato, con voto, il III Protocollo addizionale alle predette Convenzioni. L'Italia, Alta Parte Contraente delle Convenzioni, ha votato a favore dell'adozione del III Protocollo e ha proceduto, tramite il suo rappresentante permanente presso l'Organizzazione internazionale a Ginevra, alla firma dello stesso nell'ambito della medesima Conferenza.
Il III Protocollo prevede il riconoscimento di un nuovo simbolo per il Movimento internazionale delle Croci Rosse e delle Mezzelune Crescenti, un simbolo neutro e privo di connotazioni culturali, religiose o nazionali, che si aggiunge ai due già previsti. Questo simbolo, secondo l'articolo 2 del Protocollo, è costituito da un cristallo rosso formato da un quadrato dai contorni rossi su uno sfondo bianco. Il citato articolo 2, al paragrafo 1, precisa che tutti i simboli riconosciuti dalle Convenzioni godranno del medesimo status legale.
Secondo gli articoli 3 e 4 il nuovo simbolo è facoltativo e può essere usato da solo o in combinazione con gli altri, come può essere usato in modo temporaneo e in casi eccezionali, allo scopo esclusivo di facilitare il proprio lavoro e garantire l'incolumità del personale umanitario impiegato in zone di operazione militare, soprattutto in contesti di conflitti con forte connotazione religiosa.
PRESIDENTE. Invito i colleghi a conversare in modo meno rumoroso: non siamo ancora in tanti, almeno ascoltiamo.
ALÌ RASHID KHALIL, Relatore. Il Protocollo ha una valenza politica e simbolica, riunendo finalmente sotto lo stesso emblema le Società nazionali facenti capo agli Stati firmatari. Faciliterebbe anche l'adesione di movimenti nazionali che non si riconoscono in questi simboli, come le Società nazionali dello Stato di Israele e dello Stato di Eritrea.
Il III Protocollo è entrato in vigore il 14 gennaio 2007, 84 Stati lo hanno firmato e nove Stati hanno proceduto alla sua ratifica. Dal presente Protocollo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico dello Stato e, pertanto, non si rende necessaria la relazione tecnica ai sensi del comma 2 dell'articolo 11-ter della legge n. 468 della 1978, e successive modificazioni.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,50).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico senza registrazionePag. 3 di nomi, decorre da questo momento il termine di preavviso di cinque minuti previsto dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 2782)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, come è già stato evidenziato in modo compiuto e particolarmente significativo dal relatore, la firma del Protocollo rappresenta indubbiamente, anche per il Governo, un importante passo avanti nel campo del diritto umanitario. Il Protocollo ha un grande valore politico e simbolico, in quanto crea le premesse affinché la Croce rossa, la Mezzaluna rossa e lo Scudo di David rosso possano svolgere i loro altissimi compiti umanitari senza alcuna restrizione.
Abbiamo giudicato molto positivo procedere rapidamente alla ratifica, in quanto abbiamo creduto dall'inizio nella possibilità di pervenire a questo importante risultato e ci siamo impegnati attivamente in un'azione di sensibilizzazione, anche verso i Paesi islamici, per facilitare l'adozione del Protocollo.
Voglio solo ricordare, infine, che il Protocollo non pregiudica il diritto riconosciuto delle Parti di continuare ad utilizzare gli emblemi già esistenti ed è conforme ai principi costituzionali e comunitari del nostro ordinamento.
PRESIDENTE. Non vi sono iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
(Esame degli articoli - A.C. 2782)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibile l'emendamento Salerno 2.1, volto a sopprimere l'articolo 2 del disegno di legge, relativo all'ordine di esecuzione del Protocollo oggetto di ratifica. Al riguardo ricordo che con riferimento ai disegni di legge di ratifica «per una prassi parlamentare da lungo tempo instauratasi, comune alle due Camere, non è possibile emendare né la disposizione contenente l'autorizzazione alla ratifica del trattato, né la disposizione recante l'ordine di esecuzione. In sede di ratifica di un trattato internazionale, (...) è compito del Parlamento - in base all'articolo 80 della Costituzione - esclusivamente quello di accogliere o respingere il trattato nel suo complesso, autorizzandone o meno la ratifica da parte del Presidente della Repubblica ai sensi dell'articolo 87 della Costituzione, e la piena esecuzione». Tale principio è stato ribadito in diverse circostanze, tra i casi più recenti nella seduta del 23 giugno 1998 (disegno di legge di ratifica di un protocollo NATO), e nella seduta del 25 gennaio 2005.
Ogni limitazione o specificazione che ponga in questione l'attuazione o anche l'interpretazione di una parte del trattato nel momento dell'autorizzazione alla ratifica, salvo ovviamente che ciò sia espressamente consentito dallo stesso accordo internazionale oggetto di ratifica, non potrebbe infatti che riverberarsi sullo stesso contenuto dell'accordo, condizionandone, limitandone o comunque modificandone l'applicazione. L'emendamento presentato, essendo volto a impedire l'esecuzione del Protocollo, è dunque inammissibile.
Poiché non sono stati presentati emendamenti ammissibili, porrò direttamente in votazione gli articoli del testo.
Passiamo all'esame dell'articolo 1
(Vedi l'allegato A - A.C. 2782 sezione 1), al quale non sono state presentate proposte emendative.Pag. 4
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 1.
(È approvato).
Passiamo all'esame dell'articolo 2
(Vedi l'allegato A - A.C. 2782 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 2.
(È approvato).
Passiamo all'esame dell'articolo 3
(Vedi l'allegato A - A.C. 2782 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 3.
(È approvato).
Come già comunicato, la votazione finale è rinviata ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi, con annessi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991 (A.C. 2861); e delle abbinate proposte di legge: Zeller ed altri; Zeller ed altri; Boato (583-661-188) (ore 9,55).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi, con annessi, fatta a Salisburgo il 7 novembre 1991; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Zeller ed altri, Zeller ed altri, Boato.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2861)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
L'onorevole De Brasi ha facoltà di svolgere la relazione.
RAFFAELLO DE BRASI, Relatore. Signor Presidente, la Camera è chiamata ad approvare il disegno di legge di ratifica dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi. Il ritardo dell'Italia stava diventando insostenibile, se si pensa che la Convenzione è stata firmata il 7 novembre 1991 e si considera che alcuni Protocolli sono stati firmati dall'Italia più di dodici anni fa, mentre altri sono stati firmati da almeno cinque anni.
È del tutto evidente che, senza la ratifica dei Protocolli, non sarebbero entrati in vigore i contenuti di questi ultimi e l'Italia, di conseguenza, non avrebbe potuto partecipare pienamente alla realizzazione dei progetti comuni definiti nel programma di lavoro pluriennale della Conferenza delle Alpi, che attengono alla mobilità, all'accessibilità e al transito; alla società, alla cultura e all'identità; al turismo, al tempo libero e allo sport; alla natura, all'agricoltura, alla silvicoltura e al paesaggio colturale.
Nella precedente legislatura, la procedura di ratifica si bloccò soprattutto in merito alla ratifica del Protocollo sui trasporti. Anche in questa legislatura la discussione si è concentrata sulla stessa materia. La novità che ci consente di auspicare un'approvazione a larghissima maggioranza della ratifica dei Protocolli - e in particolare di quello sui trasporti - è costituita dalla dichiarazione interpretativa che ha accompagnato la sottoscrizione della Convenzione sulla protezione delle Alpi da parte dell'Unione europea, nel senso di scongiurare l'esercizio di un diritto di veto da parte di uno Stato contraente rispetto alla progettazione di nuove infrastrutture e nel senso di tutelare il diritto comunitario in materia di trasporti rispetto al Protocollo che riguarda la stessa materia.Pag. 5
Sottolineo, inoltre, il parere positivo della IX Commissione (Trasporti), che, nelle premesse, richiama la politica dei trasporti delineata dall'Unione europea nel quadro della strategia di Lisbona - in particolare con la comunicazione della Commissione del 22 giugno 2006 - nonché, specificatamente, i progetti della rete transeuropea, il programma Marco Polo e la direttiva sull'eurobollo.
La IX Commissione ci propone, altresì, alcune osservazioni coerenti con lo spirito della Convenzione, in quanto essa non esclude la modernizzazione infrastrutturale e non si propone di penalizzare la nostra economia e le imprese italiane che operano nel settore dei trasporti.
La Convenzione punta a uno sviluppo sostenibile e integrato dell'arco alpino, propone una pianificazione territoriale ed economica sostenibile dal punto di vista ambientale e sociale, pone obiettivi di protezione della natura e del paesaggio, di sviluppo dell'agricoltura di montagna, come presupposto del mantenimento delle biodiversità e della difesa della specificità e della tipicità dei prodotti dell'agricoltura e dell'allevamento di montagna, obiettivi di pianificazione e protezione forestale, di miglioramento della compatibilità ambientale di produzione, distribuzione e utilizzo dell'energia, obiettivi di difesa del suolo e di protezione di terreni meritevoli, inclusi nelle aree protette, obiettivi di sviluppo sostenibile per il turismo, anche valorizzando le aree di confine.
Come si vede, la Convenzione non contrappone lo sviluppo all'ambiente, ma propone un nuovo paradigma: la sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo, che è poi l'unico modo moderno per creare nuovo sviluppo, soprattutto in un'area così fragile, come l'arco alpino.
Infine, rivolgo una raccomandazione al Governo: si cerchi di evitare un'attuazione dirigistica dei Protocolli di attuazione della Convenzione e si faccia in modo, invece, che sia partecipata, in primo luogo, dalle regioni e dagli enti locali, in base al rispetto delle competenze e del principio di sussidiarietà verticale, in modo tale che venga organizzato un sistema di governance basato sulla cooperazione istituzionale. L'attuazione sia partecipata inoltre dalle popolazioni alpine, sulla base del principio della sussidiarietà orizzontale, attraverso processi decisionali democratici, la negoziazione democratica dei conflitti, il partenariato pubblico e privato, la valorizzazione delle reti locali associative e di tutti i saperi alpini.
Signor Presidente, colleghi, sulla base di questa visione, raccomando all'Assemblea l'approvazione del disegno di legge di ratifica dei Protocolli di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole De Brasi e la Commissione affari esteri, che si è resa protagonista delle osservazioni sottoposte all'Assemblea. La Convenzione per la protezione delle Alpi mira a promuovere la protezione dell'arco alpino e la salvaguardia dell'intero ecosistema naturale delle Alpi, nonché a tutelare gli interessi economici e culturali delle popolazioni residenti nei Paesi membri.
D'altro lato, la ratifica di questa Convenzione diventa sempre più urgente, perché è sempre di maggiore attualità e rilevanza il contenuto che propone, alla luce delle crescenti preoccupazioni di tutto il mondo politico e scientifico sullo scioglimento dei ghiacciai e sull'impatto dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi alpini e sull'economia delle zone montane, annoverate tra quelle che più risentono dell'innalzamento della temperatura e delle sue conseguenze negative.
Oggi siamo alla conclusione di un iter faticoso, lungo e approfondito, volto a superare anche quei ritardi cui si faceva riferimento nella relazione, che ha consentito il perfezionamento di alcune parti, per superare le criticità che si erano presentate nella scorsa legislatura.
Infine, raccogliamo - voglio dirlo con estrema chiarezza - le raccomandazioni che il relatore ha rivolto al Governo in Pag. 6ordine all'attuazione della ratifica della Convenzione relativamente al processo partecipativo e, in particolare, al coinvolgimento delle regioni e dei territori. Si tratta di una materia assai delicata che richiede non solo cura, ma particolare attenzione, affinché la Convenzione possa essere concretamente attuata, per la delicatezza del tema e per il significato strategico che essa riveste per l'intera politica italiana.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole De Brasi, per la sua pregevole relazione, e la Commissione affari esteri, per il prezioso lavoro svolto in sede di esame del disegno di legge di ratifica dei Protocolli di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi. Ringrazio anche il Viceministro, Patrizia Sentinelli, per la sua presenza e il suo intervento attivo in questa vicenda.
Abbiamo di fronte un disegno di legge di iniziativa dei Ministri D'Alema e Pecoraro Scanio, di concerto con numerosi altri Ministri, presentato alla Camera dei deputati il 3 luglio 2007.
Tuttavia, vorrei ricordare che il primo giorno dell'attuale legislatura, personalmente - a nome del gruppo dei Verdi, ovviamente - presentai un'iniziativa parlamentare per la ratifica e l'esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione per la protezione delle Alpi (mi riferisco all'atto Camera n. 188) e vorrei dare atto ai colleghi del gruppo delle Minoranze linguistiche del fatto di avere presentato un analogo strumento per dare la più immediata e tempestiva attuazione alla ratifica ed esecuzione dei Protocolli di attuazione della Convenzione in oggetto.
La Commissione affari esteri, dopo che sull'argomento si era pronunciata la Giunta per il Regolamento, ritenendo legittima anche l'iniziativa parlamentare in tale materia, ha obiettivamente cominciato abbastanza tempestivamente l'esame nella seduta del 3 maggio scorso, con l'ampia relazione del relatore De Brasi, e io stesso sono intervenuto di fronte alla Commissione affari esteri nella successiva seduta del 16 maggio.
Rievoco ciò per ricordare che l'iniziativa parlamentare è stata tempestiva, il lavoro della Commissione è stato altrettanto tempestivo e, successivamente, positivamente il Governo ha assunto l'iniziativa di presentare un proprio disegno di legge di ratifica, azione che del resto aveva intrapreso anche il Governo di centrodestra nella scorsa legislatura, ma con una differenza: nella scorsa legislatura la Camera dei deputati aveva approvato integralmente la ratifica di tutti i nove Protocolli della Convenzione per la protezione delle Alpi, mentre al Senato della Repubblica la maggioranza di centrodestra aveva soppresso il riferimento al Protocollo relativo ai trasporti.
Una volta che il disegno di legge del Governo Berlusconi è tornato in questo ramo del Parlamento, la Camera dei deputati l'ha approvato di nuovo integralmente, reintroducendo anche il riferimento al Protocollo trasporti; successivamente trasmesso al Senato, il disegno di legge è rimasto insabbiato alla Commissione affari esteri del Senato.
È bene ricordare tali vicende perché, se esiste una continuità istituzionale relativa all'obbligatorietà dell'iniziativa di ratificare i protocolli che i Governi pro tempore hanno sottoscritto, vi è stato un comportamento parlamentare di alcuni settori del centrodestra - non tutti, per la verità - che ha ostacolato tale percorso. Questa è la ragione per cui, nonostante la Convenzione per la protezione delle Alpi sia stata sottoscritta a Salisburgo nel 1991, sia stata ratificata nel nostro Paese con la legge n. 403 del 14 ottobre 1999 e sia entrata in applicazione il 27 marzo 2000, tutti i nove Protocolli di attuazione, che sono stati ricordati opportunamente dal relatore, sono rimasti ancora inattuati.
Siamo soddisfatti dell'impegno che adesso ha assunto il Governo, del lavoro del relatore e dell'impegno della Commissione e crediamo che la sollecitazione che più volte abbiamo esercitato e che hanno esercitato anche i colleghi delle Minoranze Pag. 7linguistiche sia stata indirizzata nel senso positivo di arrivare, finalmente - in ritardo rispetto al processo storico, ma tempestivamente rispetto all'attuale legislatura - alla definitiva approvazione di tutti i nove Protocolli (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi e Socialisti e Radicali-RNP).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.
KARL ZELLER. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, intervengo a nome della componente del gruppo Misto-Minoranze linguistiche per ringraziare il Governo dell'iniziativa sottoposta alla nostra attenzione e per annunciare il nostro voto favorevole alla ratifica dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi.
Tale ratifica ci sta particolarmente a cuore e l'abbiamo seguita con grande attenzione nell'attuale e nella passata legislatura, anche intervenendo con nostre iniziative legislative, considerando il ritardo con il quale i Governi di turno affrontavano la tematica.
Nella XIV legislatura, il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica dei nuovi Protocolli alla Convenzione delle Alpi era stato presentato dal Governo, ma il Senato stralciò la parte relativa alla ratifica del Protocollo trasporti, impedendo la conclusione dell'iter di approvazione parlamentare in quella legislatura.
Il ritardo accumulato in questi anni è troppo e ha posto l'Italia in grande imbarazzo, considerando anche il fatto che Bolzano è la sede della sezione operativa del Segretariato permanente della Convenzione, organo che offre un aiuto tecnico, logistico e amministrativo per l'attuazione della Convenzione e dei suoi Protocolli.
La Convenzione per la protezione delle Alpi, fatta a Salisburgo nel 1991, è stata ratificata dall'Italia nel lontano 1999 ed è entrata in applicazione il 27 marzo del 2000. Si tratta, quindi, di un accordo-quadro di grande importanza, che fissa gli obiettivi per una corretta politica ambientale, per la salvaguardia delle popolazioni e delle culture locali e per l'armonizzazione degli interessi economici e la tutela del delicato ecosistema alpino.
Per raggiungere tali obiettivi, le parti si sono impegnate ad assumere misure adeguate attraverso l'adozione di questi Protocolli in esame. Pur essendo rammaricati del ritardo, ringraziamo il Governo per aver agito recentemente con più sollecitudine e preannunciamo il nostro voto favorevole alla Convenzione.
ROBERTO SALERNO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché ho visto che lei ha frettolosamente liquidato la discussione del primo disegno di legge attinente al Protocollo sulla Croce Rossa.
Vorrei capire se le dichiarazioni di voto sono ancora possibili, perché mi sembra che cambiare il simbolo alla Croce Rossa sia un fatto enorme e grave sul piano della storia e della tradizione.
PRESIDENTE. Onorevole Salerno, quando riprenderemo l'esame del disegno di legge di ratifica n. 2782, senz'altro lei potrà intervenire per la dichiarazione di voto finale.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2861)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo hanno rinunziato alle repliche.
Avverto che il gruppo di Forza Italia ha avanzato una richiesta di rinvio ad altra seduta del seguito dell'esame di questo provvedimento. Considerato che comunque vi è l'intesa di non procedere al voto finale dell'articolo di copertura Pag. 8finanziaria, mi sembra che, se non vi sono altre posizioni, si possa accedere a tale richiesta.
MARCO BOATO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo in merito alla comunicazione che lei ha fornito.
Prendo atto che, dopo gli accordi che erano stati raggiunti, anche in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, di procedere all'esame delle sei ratifiche, eventualmente rinviando il voto finale ad altra seduta, il gruppo di Forza Italia si prende la responsabilità di bloccare l'esame dei singoli articoli dei Protocolli aggiuntivi della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi.
Ricordo che nella scorsa legislatura, malgrado che il disegno di legge fosse stato presentato dal Presidente del Consiglio Berlusconi, il centrodestra tentò di bloccare la procedura; adesso ci risiamo. Dobbiamo rendere trasparente ciò che sta avvenendo: il gruppo di Forza Italia sta cercando di impedire la ratifica dei Protocolli di attuazione della Convenzione internazionale per la protezione delle Alpi. Questo è scandaloso!
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Consiglio federale svizzero relativo alla non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo, firmato a Roma il 31 ottobre 2006 (3094) (ore 10,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Consiglio federale svizzero relativo alla non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo, firmato a Roma il 31 ottobre 2006.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3094)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Narducci, ha facoltà di svolgere la relazione.
FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, il nostro Governo e il Consiglio federale svizzero hanno sottoscritto il 31 ottobre 2006 un accordo recante norme per la non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto dei pedaggi riscossi al traforo del Gran San Bernardo.
Tale accordo fa seguito alla decisione del Consiglio europeo, adottata il 21 ottobre 2004, con cui l'Italia è stata autorizzata ad applicare un provvedimento in deroga alla direttiva 77/388/CEE riguardante le imposte sulla cifra d'affari.
L'autorizzazione ottenuta dall'Italia ha lo scopo di annullare le disparità tra Italia e Svizzera insorte a causa dell'imposta sul valore aggiunto sul pagamento dei pedaggi per l'attraversamento del traforo del Gran San Bernardo.
Il traforo collega la Valle d'Aosta con i Cantoni svizzeri Vallese e Vaud, dove esiste un forte traffico di lavoro transfrontaliero.
Sin dalla costruzione del tunnel, l'Italia e la Confederazione Elvetica hanno sottoscritto vari accordi per la gestione del traffico circolante nel traforo del Gran San Bernardo, affidato in concessione a tre società: la Società italiana traforo del Gran San Bernardo, la Tunnel du Grand-Saint Bernard SA e la società italo-svizzera Sisex.
L'accordo, per il quale tutte le Commissioni interpellate hanno espresso parere Pag. 9favorevole, statuisce la non imponibilità dell'imposta sul valore aggiunto sul pagamento dei pedaggi dovuti per il transito del traforo del Gran San Bernardo. Tale misura era resa necessaria dalla diversa normativa vigente adottata da Italia e Svizzera in materia di IVA sui pedaggi per attraversare il tunnel.
Per ragioni di equità, infatti, l'amministrazione federale svizzera delle contribuzioni aveva da sempre rinunciato a riscuotere l'IVA su pedaggi del traforo, mentre l'Italia, per non violare il diritto dell'Unione europea, aveva, invece, temporaneamente abbandonato l'esonero dall'imposta. Prima del 2003, infatti, i pedaggi per l'attraversamento del traforo non erano gravati dall'IVA, né sul versante svizzero né su quello italiano.
In osservanza alla sesta direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri, e alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, a partire dall'inizio del 2003 l'Italia ha dovuto applicare la riscossione dell'IVA, dando quindi esecuzione alla disposizione di cui all'articolo 21, comma 15, della legge finanziaria 2003.
Si è determinata, in tal modo, una disparità evidente nei costi per gli utenti del traforo e una relativa modificazione delle condizioni concorrenziali per il rilascio degli abbonamenti per l'attraversamento del tunnel evidentemente meno esosi in Svizzera e, quindi, con cittadini italiani che acquistano l'abbonamento in territorio elvetico.
L'importanza, del resto, che il traforo riveste nelle relazioni commerciali tra Italia e Svizzera si evince dal notevole flusso di traffico che attraversa il Gran San Bernardo, la cui importanza, in termini economici, si evince anche dal valore della produzione generata dai ricavi del pedaggio, che nel 2005, al netto dell'IVA, assommavano a oltre 6 milioni e 700 mila euro.
La non imponibilità dell'IVA, sancita dall'accordo con la Svizzera, causerà una diminuzione del gettito stimata in 573 mila euro per il 2008, 591 mila euro per il 2009 e 609 mila euro per il 2010, mentre l'articolo 3 del disegno di legge prevede un onere pari a 573 mila euro per il 2008 e 609 mila euro a decorrere dal 2009.
In mancanza di serie storiche passate riferite ai dati di bilancio della società Sitrasb, la perdita di gettito IVA per lo Stato italiano, relativamente al triennio già citato, è stata stimata utilizzando le previsioni del prodotto interno lordo nominale programmato nel prossimo triennio.
PRESIDENTE. Onorevole Narducci, la invito a concludere.
FRANCO NARDUCCI, Relatore. Signor Presidente, valutata la rilevanza dell'accordo e la proficua intesa che da sempre caratterizza i rapporti tra Italia e Svizzera in materia di traffico stradale e ferroviario, esprimo parere favorevole alla ratifica dell'accordo sul regime fiscale dei pedaggi per il traforo del Gran San Bernardo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio il relatore per la puntuale esposizione, che aiuta a fare passi in avanti non solo nella comprensione del testo dell'accordo, ma anche a richiamare l'Assemblea ad una rapida ratifica, utile e necessaria, peraltro, dato il tema di cui stiamo discutendo.
Con questo atto internazionale, infatti, Italia e Svizzera hanno inteso eliminare le distorsioni alla libera concorrenza del settore del trasporto internazionale, causate proprio dalla disparità di trattamento cui sono assoggettati i pedaggi sul transito all'interno del traforo del Gran San Bernardo nei due Paesi.
L'applicazione dell'IVA in Italia, a decorrere dal 1o gennaio 2003, aveva generato quel disallineamento, cui si faceva riferimento, fra i regimi fiscali applicati sui due versanti del traforo, rendendo di fatto l'attraversamento della galleria in direzione nord più oneroso dello stesso tratto percorso in direzione opposta.Pag. 10
Vorrei, altresì, segnalare che tale intesa di natura tecnica si colloca nel contesto delle eccellenti relazioni bilaterali tra Italia e Svizzera: proprio con riferimento ai temi dei passaggi transalpini, la Confederazione rappresenta per noi un partner fondamentale.
Per tale motivo, è bene che si conferisca sempre più - e questo provvedimento lo fa - maggiore trasparenza al regime che disciplina il trasporto internazionale a livello continentale a beneficio non solo degli operatori transfrontalieri ma, più in generale, del nostro interscambio commerciale con la Svizzera (cui è destinato il 4 per cento del nostro export) e con gli altri Paesi situati a nord dell'arco alpino, in particolare verso la Germania, che rappresenta il principale mercato di sbocco delle nostre esportazioni.
Una rapida e sollecita ratifica del provvedimento in discussione, oltre a venire incontro a concrete aspettative degli operatori che lavorano nel settore dell'autotrasporto, risulta essenziale per l'approfondimento e il rafforzamento delle relazioni con la Svizzera, partner confinante e commerciale, nonché ospite di un'importante collettività italiana.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo perché desidero che resti agli atti - come ho fatto anche ieri in Commissione bilancio - un comportamento che ritengo leggermente incoerente.
L'Unione europea, infatti, sta ponendo in essere, da tempo, politiche dei trasporti, soprattutto nell'attraversamento delle Alpi, che sono un territorio molto fragile dal punto di vista ambientale, anche attraverso l'uso delle tariffe, aumentando quelle del trasporto su gomma, per favorire il trasporto su ferro.
Con questo provvedimento si va in qualche modo in controtendenza, perché si abbassa il costo del trasporto su gomma per parte italiana. Se era necessario predisporre un protocollo o un accordo con la Svizzera, mi sarei aspettato che si chiedesse agli svizzeri di aumentare le proprie tariffe, in modo da portarle allo stesso ammontare di quelle italiane, IVA inclusa. Si è scelta questa strada che, tuttavia, ritengo abbastanza incoerente e desidero segnalarlo.
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3094)
PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore e il rappresentante del Governo rinunciano alle repliche.
(Esame degli articoli - A.C. 3094)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1
(Vedi l'allegato A - A.C. 3094 sezione 1), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 1.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Passiamo all'esame dell'articolo 2
(Vedi l'allegato A - A.C. 3094 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 2.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Ricordo che l'articolo 3, relativo alla copertura finanziaria, deve intendersi accantonato.
Passiamo all'esame dell'articolo 4
(Vedi l'allegato A - A.C. 3094 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.Pag. 11
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 4.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, fatto a Roma il 7 dicembre 2006 (A.C. 3095) (ore 10,21).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, fatto a Roma il 7 dicembre 2006.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3095)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
La relatrice, onorevole Cioffi, ha facoltà di svolgere la relazione.
SANDRA CIOFFI, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge in esame prevede la ratifica e l'esecuzione dell'Accordo tra il Governo italiano e quello della Repubblica di Moldova del 7 dicembre 2006, finalizzato all'assistenza giudiziaria ed al riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze civili.
In seguito alla dissoluzione dell'ex Unione sovietica, la Repubblica di Moldova ha acquistato l'indipendenza e, di conseguenza, ha avviato una serie di interessanti iniziative dal punto di vista economico e commerciale, soprattutto con i Paesi dell'Europa occidentale ed anche con l'Italia.
Nel tempo, queste relazioni si sono sempre più rafforzate. A tal proposito vorrei ricordare che diverse aziende italiane si sono localizzate in quel Paese e tantissimi cittadini della Moldova si sono stabilizzati in Italia con la conseguenza dell'apertura, nel nostro Paese, dell'ambasciata della Repubblica di Moldova.
Da tali provvedimenti è scaturita, quindi, la necessità di un preciso accordo che regolasse le problematiche relative all'assistenza giudiziaria, nonché al riconoscimento e all'esecuzione delle sentenze che le autorità giudiziarie di entrambi i Paesi si trovavano ad emettere. Ricordo che l'Accordo è formato da 25 articoli, suddivisi in quattro titoli.
Molto significativo è l'ambito dell'applicazione dell'articolo 1, il quale precisa che le disposizioni dell'Accordo si applicano in materia civile, compresi il diritto commerciale, il diritto di famiglia e il diritto di lavoro. All'articolo 2 viene messo in risalto che i cittadini di ciascuna parte possono beneficiare dei medesimi diritti e della stessa protezione giuridica. Inoltre, attraverso l'articolo 5, viene sottolineato come le disposizioni previste per le persone fisiche siano applicate anche per quelle giuridiche.
Per quanto concerne le spese, l'articolo 11 prevede rimborsi esclusivamente per le spese sostenute per i periti, i testimoni e gli interpreti, nonché per quelle che derivano dalla notificazione o dalla prova richiesta, con l'osservanza di forme particolari.
Molto significativo è poi l'articolo 17, che pone le condizioni richieste affinché vengano riconosciute le sentenze in materia civile pronunciate dalle autorità giudiziarie di ciascuna parte. I criteri per cui l'autorità giudiziaria viene considerata competente sono poi previsti dall'articolo 18.
Inoltre, attraverso l'articolo 23, vengono fissate, per via diplomatica, le condizioniPag. 12 per risolvere eventuali controversie generate dall'interpretazione e dall'applicazione dell'Accordo.
Infine, vengono anche determinati i modi per l'entrata in vigore di tale Accordo.
Ricordo che il disegno di legge di ratifica è composto da quattro articoli, che prevedono: l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione, la copertura finanziaria e l'entrata in vigore (prevista dall'articolo 4).
In conclusione, alla luce delle finalità che si prefigge di raggiungere, dichiaro anche il voto favorevole del gruppo Popolari-Udeur sul disegno di legge di ratifica in esame.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, la puntuale relazione dell'onorevole relatrice mi permette di segnalare solo alcuni dei passaggi importanti, senza tornare sulle argomentazioni così approfonditamente esaminate.
Desidero solo segnalare che questo Accordo intende facilitare la cooperazione internazionale e civile tra l'Italia e la Repubblica di Moldova, al fine di una migliore amministrazione della giustizia. Per nostra parte, l'Accordo perfeziona la protezione giuridica dei cittadini e delle imprese italiane nei rapporti con le controparti moldove, conformemente ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico.
Questo nuovo strumento è sorto dall'esigenza di adeguare l'importante settore dell'assistenza giudiziaria civile, al profilo - fattosi più intenso in questi ultimi anni - cui sono improntate le relazioni tra l'Italia e la Moldova.
Infatti, l'accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Moldova per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile, è stato firmato nell'ambito di una visita compiuta a Roma, il 7 dicembre 2006, dal Vicepresidente del Consiglio dei ministri, nonché Ministro degli esteri moldovo, Stratan. Tale visita ha consentito di porre basi solide per un'intensificazione dei rapporti bilaterali, resa tanto più opportuna dal fatto che, a partire dal 1o gennaio 2007, la Moldova confina con l'Unione europea.
Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le occasioni di incontro, sia a livello politico sia tra le amministrazioni, al fine di favorire l'instaurarsi di una collaborazione sempre più stretta nei molti settori di comune interesse, per proseguire il sostegno italiano al processo di modernizzazione della legislazione e dell'amministrazione della Moldova.
Ricordo - né è stata fatta menzione nella relazione - che la presenza di una consistente comunità Moldova nel nostro Paese, così come il crescente interesse delle aziende italiane per le opportunità di investimento in Moldova, rendono necessaria l'adozione di un quadro giuridico certo, più adeguato alle prospettive del rapporto che tale Accordo per l'assistenza giudiziaria e per il riconoscimento e l'esecuzione delle sentenze in materia civile fa presumere.
Per questo motivo, è bene che il disegno di legge di ratifica in discussione venga approvato al più presto.
PRESIDENTE. Prende atto che l'onorevole Gambescia, iscritto a parlare, rinuncia ad intervenire.
Non vi sono altri iscritti a parlare pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali. Avverto che pertanto non si darà luogo alle repliche.
(Esame degli articoli - A.C. 3095)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1
(Vedi l'allegato A - A.C. 3095 sezione 1), al quale non sono state presentate proposte emendative.Pag. 13
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 1.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Passiamo all'esame dell'articolo 2
(Vedi l'allegato A - A.C. 3095 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 2.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Ricordo che l'esame dell'articolo 3, relativo alla copertura finanziaria, è da intendersi accantonato.
Passiamo all'esame dell'articolo 4
(Vedi l'allegato A - A.C. 3095 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 4.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Affidamento dei poteri attribuiti dal Regolamento nell'ambito dell'ufficio di Presidenza di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il presidente del gruppo parlamentare di Alleanza Nazionale ha reso noto di aver affidato al deputato Nicola Bono l'esercizio dei poteri attribuiti al presidente, in caso di sua assenza o impedimento, come previsto dall'articolo 15, comma 2 del Regolamento.
Discussione del disegno di legge: S. 1602 - Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Bulgaria sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatto a Sofia il 22 novembre 2005 (Approvato dal Senato) (A.C. 3081) (ore 10,30).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Bulgaria sul trasferimento delle persone condannate alle quali è stata inflitta la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento al confine, fatto a Sofia il 22 novembre 2005.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3081)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Picchi, ha facoltà di svolgere la relazione.
GUGLIELMO PICCHI, Relatore. Signor Presidente, l'Accordo in esame ricalca, introducendo molte importanti novità, il Protocollo del 1997, aggiuntivo alla Convenzione del Consiglio d'Europa, sul trasferimento delle persone condannate.
Ricordo che l'originario Protocollo, firmato nel 1985, coinvolge sessantatré Stati: tutti gli aderenti al Consiglio d'Europa, escluso il Principato di Monaco e numerosi Stati non membri tra i quali l'Australia, il Canada, Israele, il Giappone e gli Stati Uniti.
Ricordo, altresì, che l'Italia ha sottoscritto e ratificato la Convenzione originale Pag. 14ma non ha mai ratificato il Protocollo addizionale alla Convenzione. La Convenzione del 1983 ha lo scopo di favorire il reinserimento sociale dei condannati, permettendo ad uno straniero detenuto di scontare la pena nel Paese d'origine. La Convenzione mette l'accento sulle difficoltà di comunicazione date dalle barriere linguistiche e sull'assenza di contatti con i familiari; fattori questi che possono esercitare un'influenza negativa sul comportamento del detenuto straniero.
L'esecuzione del trasferimento è condizionata al consenso dei due Stati e a quello del detenuto. Inoltre, la Convenzione prevede che, in ogni caso, la pena a carattere detentivo, non potrà mai essere commutata in una sanzione pecuniaria e che la pena stessa, quanto a natura e durata, non può essere più severa rispetto a quella inflitta nello Stato di condanna.
Il Protocollo del 1997 definisce più in dettaglio le procedure applicabili al trasferimento dell'esecuzione della pena, per quanto riguarda i soggetti che dopo la sentenza si sottraggono all'esecuzione della pena stessa nello Stato di condanna, rientrando nel territorio dello Stato di origine. Il Protocollo, inoltre, stabilisce regole per il trasferimento dei detenuti, oggetto di una misura di espulsione o di riaccompagnamento alla frontiera, in ragione della condanna riportata, prevedendo che per il trasferimento nello Stato di cittadinanza - ciò riveste notevole rilevanza - non occorra più il consenso del detenuto interessato, ma è necessario garantire che quest'ultimo sia sentito nel corso del procedimento.
Nel merito dell'articolato dell'Accordo, sottoscritto da Italia e Bulgaria, è bene ricordare quanto previsto nell'articolo 3 che, al comma 1, lettera a) disciplina il trasferimento di detenuti stranieri, oggetto di una misura di espulsione o di accompagnamento alla frontiera, in ragione della condanna riportata o di un provvedimento amministrativo adottato in seguito alla condanna. In questo caso, su richiesta dello Stato di condanna, lo Stato di esecuzione può dare il proprio assenso al trasferimento di una persona condannata prescindendo dal consenso di quest'ultima. Tuttavia il parere, come ho già ricordato prima, deve essere acquisito nel corso del provvedimento, come stabilito dal comma 2.
La novità, rispetto al Protocollo del 1997, è la previsione contenuta nell'articolo 3, lettera b), ossia la possibilità di trasferire una persona condannata anche quando l'espulsione, l'accompagnamento alla frontiera o altre misure equivalenti siano state adottate con provvedimento amministrativo definitivo nei riguardi di una persona condannata per un reato punibile, quanto al massimo della pena, nell'ordinamento dello Stato di condanna, con più di due anni di carcere. Ciò fa sì che il provvedimento amministrativo non discende dalla condanna come nelle ipotesi previste alla lettera a), ma ha una sua autonoma giustificazione.
Altri articoli dell'Accordo importanti sono l'articolo 4 , che richiama il cosiddetto principio di specialità ossia l'impossibilità che l'estradato venga sottoposto a misure penali in rapporto a fatti anteriori al trasferimento e diversi da quelli che hanno motivato la condanna, il tutto fatti salvi alcuni casi specifici. L'articolo 6 prevede che l'esecuzione delle sentenze dovrà dare luogo ad un'immediata trasposizione delle stesse ovvero avvenire tramite una decisione giudiziaria o amministrativa; nell'uno che nell'altro caso dando luogo alla continuazione dell'esecuzione della condanna.
L'articolo 7 prevede che le spese connesse con l'applicazione dell'Accordo saranno sostenute dallo Stato di esecuzione, con l'eccezione di tutte quelle che si sono generate esclusivamente nello Stato di condanna.
L'articolo 12 pone una clausola di salvaguardia per far sì che questo Accordo faccia salvo quanto previsto in altre Convenzioni multilaterali.
PRESIDENTE. Onorevole Picchi, concluda.
GUGLIELMO PICCHI, Relatore. Concludo, Presidente. Raccomando all'Assemblea Pag. 15l'approvazione di questo provvedimento.
Invito, infine, il Governo, a far sì che ci sia una più dettagliata conoscenza di tutti gli Accordi bilaterali su materie specifiche con altri Paesi facenti o meno parte della UE.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, onorevole relatore, l'Accordo su cui stiamo discutendo rappresenta un passo decisamente rilevante nella cooperazione in materia penale tra l'Italia e il Governo della Repubblica di Bulgaria.
L'Accordo prevede una procedura semplificata per il trasferimento coattivo verso lo Stato di cittadinanza della persona condannata in base a sentenza definitiva; persona cui sia stata comminata la misura dell'espulsione o quella dell'accompagnamento alla frontiera. Il Trattato in questione mira, in particolare, ad ampliare la portata della Convenzione europea sul trasferimento della persona condannata, firmata a Strasburgo nel 1983 e della quale sia l'Italia sia la Bulgaria sono parti, introducendo, a livello bilaterale, un quadro normativo in materia di esecuzione all'estero di sentenze penali passate in giudicato più ampio di quello delineato dalla Convenzione firmata a Strasburgo nel 1983.
Vale la pena evidenziare, peraltro, come il trasferimento del condannato nel Paese d'origine sia funzionale all'obiettivo della riabilitazione dello stesso e del suo reinserimento in un contesto sociale che gli è proprio, prospettiva che risulterebbe preclusa dal permanere nel Paese straniero dal quale, una volta espiata la pena, l'interessato sarebbe comunque espulso.
Alla luce delle considerazioni esposte e dell'interesse del Governo su questa materia raccolgo le raccomandazioni e l'invito che l'onorevole Picchi ci ha rivolto nella parte finale della relazione.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Gambescia, iscritto a parlare, vi rinuncia.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiara chiusa la discussione sulle linee generali.
(Esame degli articoli - A.C. 3081)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1
(Vedi l'allegato A - A.C. 3081 sezione 1), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 1.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Passiamo all'esame dell'articolo 2
(Vedi l'allegato A - A.C. 3081 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 2.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Passiamo all'esame dell'articolo 3
(Vedi l'allegato A - A.C. 3081 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 3.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
Passiamo all'esame dell'articolo 4
(Vedi l'allegato A - A.C. 3081 sezione 4), al quale non sono state presentate proposte emendative.Pag. 16
Passiamo dunque ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 4.
(È approvato).
La Camera approva all'unanimità.
(Esame di un ordine del giorno - A.C. 3081)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 3081 sezione 5).
Invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'unico ordine del giorno presentato.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Picchi n. 9/3081/1.
Siamo d'accordo a procedere sulla strada in esso indicata: è un invito ulteriore a proseguire quello che già si sta facendo, con un'attenzione particolare al tema.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Picchi non insiste per la votazione.
È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Trattato per l'assistenza giudiziaria in materia penale tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile, fatto a Roma il 27 febbraio 2002 (A.C. 3022) (ore 10,40).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Ratifica ed esecuzione del Trattato per l'assistenza giudiziaria in materia penale tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile, fatto a Roma il 27 febbraio 2002.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3022)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la III Commissione (Affari esteri) si intende autorizzata a riferire oralmente.
L'onorevole Marcenaro ha facoltà di svolgere la relazione in sostituzione del relatore, presidente della III Commissione, onorevole Ranieri.
PIETRO MARCENARO, Relatore f.f. Signor Presidente, il disegno di legge in esame concerne la ratifica ed esecuzione del Trattato tra la Repubblica italiana e la Repubblica del Cile per l'assistenza giudiziaria in materia penale, stipulato a Roma il 27 febbraio 2002. Tale provvedimento è da inquadrare nell'impegno profuso dal Governo italiano per una più stretta collaborazione con i paesi dell'America latina, nell'ottica di un rafforzamento del rapporto dell'Europa con il continente latino-americano.
Il Trattato in esame, che mira al potenziamento della collaborazione tra i due Paesi nell'attività di prevenzione e lotta contro il crimine, ha lo scopo di estendere a tutta la materia penale la reciproca assistenza giudiziaria tra Italia e Cile, già in atto limitatamente alla lotta contro il terrorismo, la criminalità organizzata e il traffico di droga ai sensi dell'Accordo con il Cile dell'ottobre 1992, ratificato dal Parlamento italiano con la legge 26 ottobre 1995, n. 477.
Per quanto concerne i contenuti dell'Accordo stipulato a Roma, esso si compone di 19 articoli. Gli articoli del disegno di legge di ratifica sono quattro: i primi due contengono l'autorizzazione alla ratifica del Trattato, il terzo riguarda le disposizioni finanziarie e il quarto dispone l'entrata in vigore.Pag. 17
Desidero segnalare che questo provvedimento si inserisce in un momento particolarmente positivo delle relazioni fra il nostro Paese e l'area dell'America latina (basti pensare al successo dei lavori della III Conferenza nazionale Italia-America latina-Caraibi, che si è svolta a Roma non molto tempo fa) e in questo quadro auspichiamo la più ampia condivisione possibile da parte di quest'Assemblea e la rapida approvazione di questo disegno di legge.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Marcenaro, che sostituisce il relatore sul disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Trattato in esame, anche per l'invito rivolto all'Aula ad una sua sollecita approvazione. Questo Trattato intende infatti facilitare la cooperazione internazionale penale tra i due Paesi, Italia e Cile, al fine di una migliore amministrazione della giustizia. Il Trattato risponde altresì alla necessità di adeguare l'importante settore dell'assistenza giudiziaria penale al profilo elevato cui sono improntate le relazioni tra tali due Paesi. Questo strumento, per parte italiana, si raccorda ai principi della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, e nel suo schema ne riprende appunto i contenuti. Vorrei sottolineare che le forme più significative di assistenza sono riflesse nelle norme riguardanti l'assistenza per i procedimenti penali condotte da un'autorità giudiziaria nella parte richiedente, in particolare per notifica di atti giudiziari, interrogatori, procedimenti di attività di acquisizioni probatorie e trasferimento a fini probatori. Una disciplina particolare è altresì prevista nel caso di comparizione di persone della parte richiesta: possibilità di applicare la normativa della stessa parte e della parte richiedente, nell'impossibilità di sottoporre l'interessato a misure coercitive o sanzioni.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Gambascia, iscritto a parlare, vi rinunzia.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali, avvertendo che non si darà luogo alle repliche.
(Esame degli articoli - A.C. 3022)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge di ratifica.
Passiamo all'esame dell'articolo 1
(Vedi l'allegato A - A.C. 3022 sezione 1), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 1.
(È approvato).
Passiamo all'esame dell'articolo 2
(Vedi l'allegato A - A.C. 3022 sezione 2), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 2.
(È approvato).
Ricordo che l'esame dell'articolo 3, recante la copertura finanziaria, deve intendersi accantonato.
Passiamo all'esame dell'articolo 4
(Vedi l'allegato A - A.C. 3022 sezione 3), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione l'articolo 4.
(È approvato).
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta. Pag. 18
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 12 con lo svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 10,45, è ripresa alle 12.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI
Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative con riguardo alla vicenda di Abou Elkassim Britel, vittima di un'operazione di cosiddetta «consegna straordinaria» (extraordinary rendition) - n. 2-00890)
PRESIDENTE. Il deputato Locatelli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00890, concernente iniziative con riguardo alla vicenda di Abou Elkassim Britel, vittima di un'operazione di cosiddetta consegna straordinaria (extraordinary rendition) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
EZIO LOCATELLI. Signor Presidente, signora Viceministro, abbiamo già avuto modo di discutere in Assemblea del caso di Abou Elkassim Britel. Pertanto, do per assodato che il Governo sia in possesso di tutti gli elementi e di tutte le informazioni del caso. Voglio soltanto ricordare che quando parliamo di Elkassim ci riferiamo ad un cittadino italiano residente a Bergamo, uno dei due casi che hanno coinvolto il nostro Paese per quanto riguarda la pratica aberrante ed illegale delle extraordinary rendition attuata dei servizi segreti americani. Dal 2002, anno in cui è stato rapito, Elkassim sta vivendo una vicenda a dir poco allucinante, al di fuori di qualsiasi parvenza di legalità e di rispetto dei diritti umani. Si tratta di una vicenda fatta di carcerazioni segrete, di torture e di processi farsa. Voglio richiamare il fatto che Elkassim, additato a suo tempo dai mass media come persona collusa con organizzazioni vicine ad al-Qaeda è risultato del tutto estraneo a qualsiasi ipotesi di associazione sovversiva, come ha stabilito l'inchiesta condotta dalla magistratura italiana.
Voglio altresì richiamare il fatto che il Parlamento europeo ha sollecitato il Governo italiano a fare passi concreti per ottenere l'immediata liberazione di Elkassim, liberazione che ancora non è avvenuta.
Sono fatti risaputi, che abbiamo già avuto modo di richiamare in Assemblea a seguito delle prese di posizione di un centinaio di parlamentari italiani ed europei con cui abbiamo inoltrato istanza di liberazione direttamente al re del Marocco, Paese dove attualmente il nostro concittadino è detenuto, e per dare forza a tale istanza, in rappresentanza di tale folto gruppo di parlamentari, ci siamo recati proprio in Marocco, nel mese di marzo, unitamente ai colleghi parlamentari Alì Rashid e Guido Poletti, dove abbiamo avuto modo di incontrare, presenti le rappresentanze della nostra ambasciata, autorevoli esponenti di Governo e autorità varie di tale Paese. Abbiamo giudicato positivamente tali incontri, perché in quell'occasione abbiamo ricevuto risposte possibiliste se non addirittura rassicuranti circa l'esito della vicenda. Alla prova dei fatti, però, qual è stato il riscontro di tutte le prese di posizione e di tutte le iniziative? Nonostante le pressioni e le rassicurazioni intervenute, nonostante vi sia stato anche l'intervento in campo internazionale di alcune fra le più autorevoli associazioni che operano per il rispetto dei diritti umanitari, Elkassim è rimasto in carcere, contrariamente a tutte le previsioni.
A fronte di tale situazione, Elkassim ha deciso, dal 16 novembre, di intraprendere uno sciopero della fame che, dalle notizie in nostro possesso, vuole essere ad oltranza, ossia vuole essere uno sciopero che egli intende portare avanti fino in fondo. Le condizioni di salute del nostro concittadino,Pag. 19 già minate da una lunga detenzione e dalle privazioni e torture fisiche e morali subite, stanno diventando, giorno dopo giorno, sempre più preoccupanti. Cosa chiede Elkassim? Egli chiede giustizia e, in particolare, che il Governo italiano - non in maniera formale, insisto su questo aspetto, perché sembra che finora sia stato così - si attivi per la sua liberazione. Lo ricordiamo ancora una volta: Elkassim è stato completamente scagionato dalla magistratura italiana da qualsiasi addebito o sospetto e il 29 settembre 2006 il tribunale di Brescia ha disposto l'archiviazione del caso per totale insussistenza di qualsiasi elemento di accusa.
In questi giorni, Elkassim ha intrapreso uno sciopero della fame, che, signori del Governo, rappresenta il senso di una richiesta disperata di aiuto. Con tale richiesta, sta rischiando la vita nel silenzio e nell'indifferenza di quegli stessi mass media italiani che, con la loro campagna del tutto infondata, hanno direttamente contribuito al suo dramma personale ed umano. Credo che ci sia una responsabilità della campagna di disinformazione attuata da alcuni organi di stampa del nostro Paese per il sequestro illegale, che ha visto come vittima innocente Elkassim. Lo dico in questa sede, perché sia ben chiaro a tutti: oggi Elkassim non solo è prigioniero di un'ingiustizia, ma del silenzio colpevole di tanti organi di stampa, che hanno scelto, con pochissime eccezioni, di girare la testa da un'altra parte. Trovo ciò semplicemente vergognoso. La moglie di Elkassim dichiara: «È forte la sensazione che mio marito sia considerato un cittadino di serie B, perché non è nato in Italia o perché di religione musulmana». Quindi, penso che il Governo debba dimostrare di voler fugare tale dubbio.
Concludo, chiedendo al Governo italiano, sulla scorta degli elementi e delle motivazioni che anche oggi sosteniamo in questa sede, di fare tutto quanto è possibile e di farlo presto. Non vi è molto tempo davanti per salvare una vita umana e per rendere giustizia ad una persona, vittima innocente di questa pratica illegale ed aberrante dell'extraordinary rendition. In questo caso, non si tratta semplicemente - vorrei insistere molto su tale punto - di decidere di fare passi semplicemente formali e di reiterarli, mettendosi così la coscienza a posto. Naturalmente, non chiediamo al Governo di intervenire, sappiamo che ci sono stati alcuni interventi per mettersi la coscienza a posto.
In questo caso, si tratta di decidere di muoversi con determinazione ai massimi livelli. Vogliamo chiedere, in particolare, che i Ministri D'Alema e Mastella battano un colpo e che spendano una parola autorevole, che intervengano con grande fermezza e che, quindi, ci sia un intervento ai massimi livelli, come del resto si è fatto in altre circostanze, andando fino in fondo. Chiediamo che vengano poste in essere un'iniziativa e una pressione forte, non atti semplicemente formali per la liberazione di Elkassim, insieme ad una iniziativa, che riteniamo doverosa, all'accertamento delle responsabilità di chi si è reso protagonista o complice di un sequestro illegale di persona.
PRESIDENTE. Il Viceministro degli affari esteri, Patrizia Sentinelli, ha facoltà di rispondere.
PATRIZIA SENTINELLI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, la situazione descritta dall'onorevole interpellante è certamente molto grave e desta grande preoccupazione, anche per le azioni che sta portando avanti il cittadino detenuto, di cui l'onorevole Locatelli si è fatto espressione diretta. Naturalmente, assicuriamo il nostro dovuto interesse al caso per portarlo a soluzione positiva. Come l'onorevole interpellante ben sa, il caso del signor Elkassim Britel, in possesso di doppia cittadinanza italiana e marocchina è seguito da tempo con la massima attenzione dal Governo. Il sottosegretario Li Gotti aveva dato conto, un anno fa, delle azioni intentate a suo favore dal Governo, in particolare del sostegno assicurato dalla nostra ambasciata alla domanda di grazia inoltrata dai legali del signor Britel alle autorità marocchine.
L'impegno non è venuto meno in questo anno. Sul piano dell'assistenza consolare,Pag. 20 la nostra ambasciata a Rabat e il nostro consolato generale a Casablanca hanno continuato da adoperarsi al fine di fornire al connazionale ogni possibile assistenza provvedendo, nel contempo, a stabilire e a mantenere costanti contatti con i familiari in Italia. Durante il periodo di reclusione sono state effettuate diverse visite consolari, l'ultima delle quali lo scorso 12 dicembre, e sono stati compiuti diversi passi nei confronti delle autorità carcerarie, al fine di ottenere un miglioramento delle condizioni di detenzione. La nostra ambasciata ha continuato ad appoggiare, nelle dovute forme, le richieste di grazia presentate dai legali del signor Britel. Negli scorsi giorni l'ambasciatore in persona ha inviato una lettera al nuovo Ministro della giustizia marocchino, chiedendo la concessione di un provvedimento di clemenza a favore del connazionale, in occasione della prossima festività islamica dell'Aid al Adha, prevista per il 21 dicembre prossimo.
Quanto all'ipotesi alternativa che il signor Britel sconti la sua condanna in Italia, va tenuto presente che il Marocco non ha aderito alla Convenzione sul trasferimento delle persone condannate, sottoscritta a Strasburgo il 21 marzo 1983; sicché, allo stato, non esiste un altro accordo idoneo a consentire il trasferimento in Italia. Sono in corso, peraltro, contatti a livello tecnico per pervenire alla stipula di un accordo bilaterale per il trasferimento dei detenuti. Qualora tale accordo venga firmato e ratificato da entrambi gli Stati, potrebbe esser applicato anche a vantaggio del cittadino Britel. L'auspicio del Governo, e mio personale, è che si pervenga quanto prima ad una soluzione di questo caso, per la ricerca della quale assicuro il mio operato. Va ricercata una soluzione che rispetti le regole e le procedure del diritto internazionale, naturalmente, ma che valga ad assicurare la giustizia e ad alleviare quanto prima le sofferenze del nostro concittadino e della sua famiglia.
PRESIDENTE. Il deputato Locatelli ha facoltà di replicare.
EZIO LOCATELLI. Signor Presidente, ringrazio anzitutto la signora Viceministro per i chiarimenti forniti relativamente all'iniziativa intrapresa e a quelle che si intende portare avanti in ordine al caso che abbiamo sollevato. Rispetto a quanto già realizzato a seguito della prima interpellanza da noi presentata, mi permetto di dire che forse non si è fatto abbastanza. Si è parlato, ad esempio, dell'intervento delle nostre autorità consolari per migliorare le attuali condizioni carcerarie di Britel; porto a conoscenza che nella giornata di oggi, egli è stato trasferito in un altro carcere di Casablanca, con il rischio di un ulteriore peggioramento delle sue attuali condizioni di detenzione. Lo dico sapendo di trovarmi di fronte ad un esponente del Governo molto attenta e molto disponibile. Voglio sperare, anzi ne sono certo, che la sua presenza oggi in quest'Aula contribuisca a determinare una svolta in termini di maggiore attenzione e di maggiore determinazione in ordine ad una vicenda che non è soltanto un caso umano disperato, ma rappresenta anche un caso politico di rilevanza internazionale. Si tratta di uno dei tanti abusi, di una delle tante violazioni dei diritti umani in relazione alle cosiddette «consegne straordinarie» portate avanti dai servizi segreti di alcuni Paesi stranieri. Ritengo pertanto che la situazione sia quella esposta e per tali motivi pensiamo vi debba essere un'assunzione forte di responsabilità e di impegno da parte del Governo, il quale non deve più tollerare che un suo cittadino rimanga in carcere in Marocco, dopo avere subito un rapimento illegale e torture, nonché dopo aver patito innumerevoli violazioni dei diritti umani; non è più possibile tollerare questa situazione. In Marocco siamo stati i primi italiani a poter incontrare Elkassim, il quale ci ha parlato della sua drammatica odissea e della sua estraneità a qualsiasi associazione eversiva. Desidero rimarcarlo ancora una volta: la sua estraneità a qualsiasi associazione eversiva è confermata anche e soprattutto dall'indagine accurata svolta dalla magistratura italiana.Pag. 21
Persino le autorità marocchine, che abbiamo incontrato, ci hanno adombrato la possibilità che - cito testualmente - siano stati commessi degli errori. Ebbene, a fronte di tali possibili errori, adombrati dalle stesse autorità marocchine, trovo incredibile che non si sia posto ancora rimedio alla situazione! Comunque sia, errori o non errori, voglio rimarcare che non è pensabile che vi siano Paesi o servizi di intelligence che ritengano di condurre un'azione di contrasto nei confronti del terrorismo internazionale - che noi tutti in quest'Aula condanniamo - con metodi barbari e violenti. Ciò vale a prescindere dallo stato giuridico degli individui interessati, perché tali metodi, oltretutto, finiscono per essere controproducenti ai fini della stessa lotta al terrorismo.
Credo che il Governo italiano non possa più tollerare il protrarsi di una situazione che vede coinvolto un suo cittadino: Abou Elkassim Britel, infatti, è di origine marocchina, ma a tutti gli effetti è un cittadino italiano, che come tale va considerato e protetto. Penso che non sia più possibile il protrarsi di una situazione in cui un cittadino, sequestrato illegalmente e vittima innocente di un sequestro illegale, rimanga in carcere! Ovviamente, il problema immediato che dobbiamo risolvere non è semplicemente quello di assistere il nostro concittadino, ma è quello di intervenire per salvaguardare e ridare libertà ad una vita umana. Detto ciò, ritengo che vi sia l'urgenza di predisporre questo intervento immediato; tuttavia, riguardo a ciò, non ho ancora ascoltato il Governo assumersi un impegno o spendere una parola, nonostante il Parlamento europeo ci abbia richiesto di intervenire per effettuare un accertamento delle responsabilità, con una denuncia forte nei confronti di quanti si sono resi protagonisti e complici di un sequestro illegale.
Peraltro, qui non siamo soltanto in presenza di responsabilità dei servizi di intelligence americani, ma di responsabilità che riguardano il ruolo svolto dal nostro Paese, così come è indicato nella risoluzione del Parlamento europeo, nella quale - cito testualmente - lo stesso Parlamento «si rammarica del fatto che, secondo la documentazione trasmessa alla commissione temporanea dall'avvocato di Abou Elkassim Britel, il Ministero dell'interno italiano all'epoca fosse in "costante cooperazione" con i servizi segreti stranieri in merito al caso di Abou Elkassim Britel dopo il suo arresto in Pakistan». Queste sono le parole contenute nella risoluzione finale approvata dal Parlamento europeo, e credo che siano molto gravi. Il fatto che si affermi che un Ministero era in costante cooperazione in relazione ad un sequestro illegale di persona - per inciso, sia detto che il Ministero in questione faceva riferimento al precedente Governo Berlusconi - è di per sé di una gravità che non ha bisogno di commenti!
Pongo, allora, una domanda: può il Governo attuale non affermare alcunché in merito agli elementi di responsabilità che hanno contraddistinto la linea di condotta del nostro Paese negli anni precedenti, dal momento che, peraltro, contrariamente alla linea di condotta tenuta dall'Esecutivo precedente in ordine al caso specifico, si è sempre contraddistinto e adoperato in senso positivo in tema di sequestri di persona?
Ciò che chiediamo, molto semplicemente, è che vi sia la conferma di tale linea di condotta, considerato che nel caso specifico parliamo - insisto su questo aspetto - di un rapimento e di un sequestro illegale di persona, che è all'origine di una sequenza infernale di violenze e di violazioni di diritti umani, compreso il processo farsa celebrato in Marocco nella fase finale della vicenda, per giustificare in qualche modo la detenzione di Abou Elkassim Britel.
Credo che sussista la necessità di questo intervento urgente, tanto più a fronte di uno sciopero della fame. Abbiamo, quindi, pochissimo tempo a disposizione, in presenza di una forma di protesta estrema che rischia di essere portata alle estreme conseguenze.
Signora Viceministro, la mia netta impressione è che finora non è stata riconosciuta la giusta valenza ad un caso che Pag. 22ha avuto una risonanza e una rilevanza internazionale, ma che paradossalmente non ha trovato a livello nazionale la giusta considerazione, l'attenzione e l'impegno che il caso grave e drammatico - torno a ripetere che si tratta di un caso politico e non umano - meritava.
Spero che d'ora in avanti - facendo affidamento anche sulla sua presenza e sulla sua disponibilità, ma con la necessità di far presto e di muoversi subito, sapendo che la vita di un uomo è in serio pericolo - qualcosa cambi, e che si possa giungere ad una conclusione positiva e alla liberazione di Elkassim.
Prendo atto della risposta e della disponibilità del Governo, in particolare della sua disponibilità. Tuttavia, chiedo che tale disponibilità sia accompagnata da una più forte pressione e dalla volontà, da parte del Governo, di voler andare fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
Modifica nella denominazione di un gruppo parlamentare.
PRESIDENTE. Comunico che il presidente del gruppo parlamentare DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, con lettera pervenuta in data odierna ha reso noto che l'assemblea del gruppo ha deciso in data 19 dicembre 2007 di cambiare la propria denominazione in DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Nuovo PSI.
Si riprende lo svolgimento delle interpellanze urgenti.
(Iniziative con riguardo alla situazione dell'organico del tribunale di Parma, in vista dello svolgimento del processo sul caso Parmalat - n. 2-00902)
PRESIDENTE. Il deputato Alessandri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00902, concernente iniziative con riguardo alla situazione dell'organico del tribunale di Parma, in vista dello svolgimento del processo sul caso Parmalat (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, la vicenda della Parmalat è abbastanza nota a tutti. Nel 2003 si è diventati consapevoli di ciò che stava accadendo nella città di Parma, ovvero dell'ascesa di un'azienda a gestione familiare che era diventata il leader a livello forse mondiale nella distribuzione dei latticini e dei derivati.
A mano a mano si è scoperto che troppe persone, troppi gruppi di potere, troppi gruppi finanziari e troppe banche erano coinvolti all'interno della vicenda. Quest'ultima ha avuto dei risvolti incresciosi, dei quali si è parlato nei primi mesi, salvo poi essere messa, anche dalla stampa internazionale e dalla politica, nel dimenticatoio.
La vicenda, tuttavia, non è stata messa nel dimenticatoio dai tanti risparmiatori, i quali, come parti in causa, sono circa 30 mila, e cercheranno (se riusciranno) di ricorrere ad una sorta di class action. Vi sono, inoltre, altre centinaia di migliaia di persone che sono state truffate con la complicità anche delle banche, le quali vendevano i titoli senza la dovuta garanzia e senza aver svolto le dovute indagini. Si è scoperto con il tempo che anche le banche erano in qualche modo coinvolte all'interno del consiglio di amministrazione della Parmalat e, dunque, diventa facile capire perché i controlli che si sarebbero dovuti effettuare non vi sono stati.
Non è mio compito svolgere ora il processo, in quanto è stato svolto ampiamente sugli organi di stampa e nella società civile (se ne è dibattuto con libri, e in tutti i modi), per capire come sia possibile fare impresa e diventare leader mondiale senza soldi, ma semplicemente continuando a «fare i buchi». Questa vicenda ha fatto scoprire un modello tutto italiano.
Da un articolo pubblicato sul Corriere della sera il 6 dicembre scorso si evince Pag. 23che presso il tribunale di Parma vi è un problema, evidenziato dai responsabili del tribunale medesimo: vi si sostiene che, per lo svolgimento dell'udienza nella prossima primavera, potrebbero esservi alcuni problemi. Per presiedere la sezione del tribunale che celebrerà il processo - che, ripeto, è atteso da migliaia di persone - è stato nominato un giudice civile. Tale giudice vorrebbe comporre il collegio con giudici esperti nel settore civile, e non penale: ciò potrebbe causare molti problemi, considerato che il processo che sta per iniziare ha risvolti di carattere penale e che vi è anche il pericolo serio che (proprio per la serie di contrapposizioni fra le parti interessate e il collegio che dovrebbe far partire il processo) si possa giungere addirittura ad un rinvio.
Considerato che in tale processo sono coinvolti personaggi eccellenti (da Fausto Tonna a Callisto Tanzi, fino a Cesare Geronzi), la grande preoccupazione avvertita è che, attraverso rinvii e polemiche tali da far slittare la prima udienza e il regolare percorso del processo, questo possa prescriversi. Se ciò dovesse succedere, comprendete che verrebbero presi in giro tutti, ma in particolare quei cittadini che attendono con ansia di poter far valere le proprie ragioni: essi si sono fidati delle banche e dei titoli - che sembravano sani - e oggi si ritrovano a vedere svanire e sfumare i risparmi di un'intera vita.
Dal punto di vista giudiziario - ma anche politico - la vicenda non può essere trattata in maniera semplice, non si può semplicemente affermare che si vigilerà: considerata anche la grande importanza sociale che il processo svolge, credo sia compito del Ministero della giustizia attivarsi immediatamente per sollecitare (altro non si può fare, essendo la magistratura autonoma), affinché, anche dal punto di vista politico, vi sia la possibilità, e anzi la certezza, che in primavera il processo possa prendere corpo in modo corretto, regolare, senza sfasature e senza rinvii.
Lo affermo anche perché altri interventi e dichiarazioni seguiti alla pubblicazione dell'articolo sul Corriere della sera confermano la grande preoccupazione che abbiamo, e che proviene anche dagli ambienti legali di Parma; ritengo importantissimo e indispensabile non chiudere un occhio e non fare finta di niente: il Governo deve assumere un impegno chiaro, già a partire da oggi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Alberto Maritati, ha facoltà di rispondere.
ALBERTO MARITATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, prima di entrare nel vivo della risposta, mi limito a ricordare all'onorevole interpellante, al fine di rassicurarlo - in merito a un passaggio del suo intervento, relativo al timore dallo stesso espresso sul fatto che un giudice civile che possa presiedere il collegio -, che il primo storico maxiprocesso che fu celebrato a Palermo fu presieduto da un magistrato di esperienza esclusiva nel settore civile. La struttura e la preparazione della nostra magistratura sono tali che questa eventuale particolarità non può e non deve preoccupare.
Rispondo all'interpellanza in esame rilevando con piacere che la sua formulazione ci solleva dalle risposte più difficili. Appare evidente, infatti, che gli onorevoli interpellanti siano consapevoli del carattere eccezionale della vicenda dalla quale scaturiscono i cinque processi penali riguardanti il fallimento della Parmalat.
I problemi che ci troviamo a fronteggiare derivano essenzialmente dall'enorme divario tra la mole, l'importanza e la difficoltà dei processi, da un lato, e la consistenza, dall'altro, della struttura giudiziaria, sulla quale si sono letteralmente rovesciate le responsabilità connesse agli esiti penali del fallimento.
Il tribunale penale di Parma aveva sempre onorato, senza troppe difficoltà, i suoi compiti ordinari, con una dotazione di mezzi e di personale concepita, però, per una provincia benestante e sostanzialmente quieta, nei limiti in cui un simile giudizio può applicarsi alle moderne realtà urbane.
I processi Parmalat hanno letteralmente sconvolto questa routine sotto più Pag. 24profili, creando dapprima un nutrito contenzioso civile relativo alle revocatorie fallimentari e alle azioni di responsabilità, dal quale è derivata l'incompatibilità dei giudici civili a conoscere delle stesse vicende in sede penale (sono norme che abbiamo voluto nel nostro Paese per garantire la serenità e la terzietà del giudice, ma che in questo caso hanno determinato questo effetto), e impegnando, poi, l'ufficio del GIP/GUP nella difficile celebrazione delle udienze preliminari, con decine di migliaia di persone offese e parti civili costituite già nel processo. Infine, è stata imposta la costituzione di più collegi giudicanti per ciascuno dei tre principali settori nei quali è stata canalizzata l'indagine penale.
Ben difficilmente una simile eccezionale contingenza sarebbe potuta trascorrere senza intoppi, né sembra possibile ridisegnare totalmente e stabilmente le dimensioni del tribunale a misura del processo Parmalat, per ritrovarci, poi, alla conclusione dei processi, con risorse sottoutilizzate, che sarebbe comunque difficile riallocare in altro contesto.
Il competente dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, del personale e dei servizi di questo Ministero è stato prontamente investito della problematica riguardante la situazione del personale di magistratura del tribunale di Parma, rilevando che le sue attuali condizioni, se si potesse per assurdo prescindere dal processo Parmalat, sarebbero tra le migliori del Paese.
Infatti, secondo il parere espresso, in data 8 maggio 2006, dalla commissione per la valutazione dei flussi e delle pendenze istituita presso il distretto di Bologna «il tribunale di Parma si colloca tra i tribunali di quel distretto aventi il minor carico di procedimenti pendenti per magistrato in organico e/o in servizio».
L'organico del tribunale di Parma è tabellarmente costituito, oltre che dal capo dell'ufficio, da un presidente di sezione e da ventidue giudici togati, due dei quali con funzioni di giudice del lavoro. Allo stato, risulta vacante solo uno dei ventidue posti di giudice, ma questa vacanza è stata pubblicata dal Consiglio superiore della magistratura il 25 maggio 2007.
La situazione organica delineata tiene conto anche della recente assegnazione come giudice del dottor Carlo Saverio Ferraro, trasferito dal tribunale di Crotone al tribunale di Parma, con deliberazione assunta dal Consiglio superiore della magistratura nella seduta del 12 dicembre scorso. Per il dottor Ferraro è già stata avanzata richiesta di anticipato possesso.
Rappresento, quindi, che il presidente della Corte di appello di Bologna, a fronte delle necessità causate dalla mole degli incombenti riconducibili alla vicenda giudiziaria del gruppo societario Parmalat, ha disposto - e successivamente prorogato - l'applicazione presso l'ufficio parmense del dottor Domenico Truppa, proveniente dal tribunale di Modena. Anche il predetto presidente, nel motivare il decreto di proroga dell'applicazione, ha dovuto mettere in risalto «le differenti cause oggettive» a motivo delle quali il giudice applicato «non ha ancora potuto completare l'incarico relativo al processo Parmalat».
Comunico, inoltre, che la III commissione del Consiglio superiore della magistratura ha proposto l'applicazione extradistrettuale presso il tribunale di Parma del magistrato dottor Alessandro Conti, proveniente dal tribunale di Lodi e che, proprio da qualche giorno, il Consiglio superiore della magistratura ha accolto un'altra richiesta di applicazione nel settore penale di un magistrato proveniente da fuori distretto. Il presidente del tribunale di Parma, dottor Stellario, ha infatti riferito che, a decorrere dal 7 gennaio 2008, prenderà servizio presso il tribunale di Parma il giudice Modestino Villani, proveniente dal tribunale di Napoli.
Infine, il presidente Stellario ha fatto sapere che il 14 marzo 2008 verranno celebrati i cinque processi scaturiti dall'insolvenza Parmalat. Tali processi, sicuramente complessi per la mole di documenti e di atti di indagine, saranno inizialmentePag. 25 chiamati singolarmente, visto che l'azione penale è stata esercitata in momenti distinti.
Termino comunicando che nell'assemblea del 18 dicembre 2007, indetta dal presidente del tribunale tra tutti i magistrati del tribunale di Parma, il presidente della sezione penale tabellarmente competente a trattare i reati associativi e fallimentari, dottoressa Eleonora Fiengo, ha comunicato di essere disponibile a presiedere il primo collegio giudicante del caso Parmalat e di riservarsi la decisione sul numero e sulla composizione dei collegi nominati per gli altri filoni, che, presumibilmente, dovrebbero essere due.
Attualmente, dunque, sempre secondo quanto riferito dal presidente Stellario, il primo collegio giudicante dovrebbe essere costituito dalla dottoressa Eleonora Fiengo, dal dottor Carlo Saverio Ferraro e dal dottor Conti.
PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, non sono del tutto soddisfatto, perché il sottosegretario mi ha illustrato il quadro della situazione del tribunale di Parma, che in parte conoscevo. La dottoressa Fiengo aveva sollevato dubbi sulla composizione di questo collegio, dai quali era scaturita la nostra interpellanza.
Tali dubbi, però, non sono del tutto fugati, perché comunque lei avrebbe richiesto di estrarre dall'organico civile di Parma alcuni magistrati, che stanno già seguendo una serie di procedimenti.
Ciò potrebbe significare lasciare incompiuto tutto il loro lavoro e creerebbe una serie di problemi al tribunale di Parma.
Ciò che avevo chiesto nello specifico e con i colleghi interpellanti avevo cercato di evidenziare - senza naturalmente, come lei ha affermato in premessa, entrare nel merito, perché la magistratura ha la sua autonomia e un processo deve avere il suo corso: noi non possiamo entrare nelle pratiche del tribunale di Parma - era se lo Stato e il Governo e, in particolare, il Ministero della giustizia avessero intenzione di garantire la sicurezza dei cittadini.
Infatti, è questo ciò che stanno chiedendo a Parma i cittadini che si apprestano ad assistere all'udienza: sarà sicuramente una mole enorme di lavoro, sarà un processo complesso, riguarderà tre filoni e non è escluso che se ne debba individuare anche un quarto.
Chiediamo se vi è un impegno, da parte del Governo, a garantire che il 14 marzo 2008 si proceda con la prima udienza, di fronte al primo collegio giudicante, in modo del tutto regolare, senza intoppi, senza rinvii, assicurando che si farà di tutto per sollecitare il CSM, il tribunale e tutti gli organi che devono essere interessati, affinché questo processo parta e inizi, magari anche in tempi stretti, ad offrire significative conclusioni.
Si tratta, secondo me, di un impegno politico importantissimo, sul quale il Governo, considerata l'eccezionalità del caso, non può esimersi dal prendere una posizione, che non deve essere quella di intervenire nel merito, ma quella di assumersi la responsabilità di intervenire come garanti, assicurando ai cittadini che questo processo non diventi, come purtroppo in questo Paese spesso siamo stati abituati ad assistere, un processo-farsa, nel quale - magari - i cittadini dovranno protestare fuori dal tribunale perché non sono stati riconosciuti i loro diritti o qualche imputato viene prosciolto per prescrizione (non risale a molto tempo fa un processo riguardante le banche che ha avuto conclusioni simili).
Sarebbe davvero l'ennesima beffa, l'ennesima brutta figura per un Governo e uno Stato come quello italiano: ci siamo abituati ed è anche uno dei motivi per i quali credo che i cittadini ormai non vi si riconoscano più. Però, credo che da parte vostra sia importante assumere un impegno chiaro davanti alla stampa e davanti ai cittadini, altrimenti avreste davvero rinunciato a svolgere l'unico vero ruolo che spetta ad un Governo e, in particolare, ad un Ministero della giustizia in questi casi.
(Indirizzi e criteri per la localizzazione di discariche, con particolare riferimento alla realizzazione di una discarica nel comune di Pignataro (Caserta) - n. 2-00892)
PRESIDENTE. Il deputato Zinzi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00892, concernente indirizzi e criteri per la localizzazione di discariche, con particolare riferimento alla realizzazione di una discarica nel comune di Pignataro (Caserta) (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, signora sottosegretario, il commissario per l'emergenza rifiuti, prefetto Pansa, con proprio decreto n. 2942 del 30 novembre 2007, notificato al sindaco di Pignataro il 2 dicembre 2007, ha comunicato che, in esecuzione del decreto di occupazione d'urgenza n. 425/2007, si immetterà nel possesso dei beni appartenenti al patrimonio indisponibile del comune di Pignataro, distinti al catasto al foglio 27, particella 28, e al foglio 28, particelle 2, 3, 4 e 8, per gli studi di fattibilità di una discarica di rifiuti solidi urbani.
I terreni oggetto dell'intervento sono beni confiscati alla criminalità organizzata ai sensi della legge n. 575 del 1965 e sulla particella 9 del foglio 28 insistono strutture abitative che ospitano persone svantaggiate, come da progetto presentato dalla cooperativa sociale cui il comune affidò in gestione con provvedimento n. 11670 del 18 dicembre 2001 per il riuso sociale dei beni.
Detti beni, con progetto esecutivo approvato dal comune e finanziato dalla regione Campania per circa un milione di euro, sono stati in parte già oggetto di adeguamento e ristrutturazione per l'utilizzo ai fini sociali cui sono destinati e risultano già occupati da persone svantaggiate che seguono corsi di recupero e formazione.
Detti beni immobili e aziendali confiscati fanno parte del patrimonio indisponibile del comune e la destinazione d'uso degli stessi è stata effettuata con provvedimento del direttore centrale del demanio del Ministero dell'economia e delle finanze e pertanto, ai sensi dell'articolo 828 del codice civile, gli stessi non possono essere sottratti alla loro destinazione, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Trattandosi di beni confiscati ai sensi della normativa antimafia, a precetti di natura giuridica si sommano motivi etici per il rilievo peculiare che, nell'ambito della lotta contro la criminalità organizzata, assume l'utilizzo e il riuso a scopo sociale dei beni.
Ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000, il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo. Sono stati disposti accertamenti tecnico-scientifici che hanno evidenziato potenziali devastazione ambientali e danni alla salute ove mai sul sito venisse realizzata la discarica provinciale, come risulta dalle relazioni del professor Corrado Buondonno dell'università degli studi di Napoli «Federico II», del professor Franco Ortolani, ordinario di geologia dell'università di Napoli «Federico II» e dei geologi dottor Giuseppe Cuccaro e dottor Giuseppe D'Onofrio, con allegato stralcio della relazione geologica allegata al piano regolatore generale del comune di Pignataro.
È emerso, quindi, da uno studio di fattibilità degli enti locali interessati, che la realizzazione di una discarica in un'area ad altissima fertilità e potenzialità produttiva, dove le falde acquifere affiorano a 50 centimetri dal piano di campagna nei periodi di massima alimentazione meteorica, sarebbe causa di un vero disastro ambientale con possibili ed estesi contagi di infezioni e patologie varie in danno dei cittadini di tutti i comuni limitrofi. Il rischio di una devastazione ambientale dell'ecosistema che si è creato nei dintorni del paese è certamente insito nel pericolo di una lesione al diritto alla salute, che merita adeguata tutela.
È stata accertata sotto diversi profili l'assoluta inadeguatezza del sito per la realizzazione della discarica, perché è il Pag. 27presupposto certo di un preciso danno ambientale cui si aggiunge una serie interminabile di danni ulteriori a tutto il comparto agricolo individuato dal disciplinare del consorzio a tutela di bufala campana come territorio per la produzione del formaggio a marchio «DOP».
Dai fatti sopra esposti si evidenzia un disinvolto e disattento uso del potere emergenziale e derogatorio. Per vero, anche in situazioni di emergenza che richiedono l'apertura di una discarica, l'ubicazione della stessa non può essere disposta in deroga alle prescrizioni poste a specifica garanzia degli stessi interessi pubblici, prioritari e non disponibili, cui gli interventi urgenti per lo smaltimento dei rifiuti dovrebbero ovviare.
Si richiede se i Ministri interpellati non ritengano di verificare la sussistenza di quanto anzi premesso e, se confermato, non ritengano opportuno disporre quanto necessario alla tutela della salute dei cittadini adottando provvedimenti d'indirizzo volti alla localizzazione delle discariche in zone, improduttive e sterili, prive di pregio naturalistico.
Si chiede anche di sapere se i Ministri non ritengano inoltre di accertare i criteri tecnici e le indicazioni seguite dal prefetto Pansa per l'individuazione dei terreni confiscati alla criminalità organizzata per la localizzazione della discarica provinciale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, rispondo ai quesiti posti dall'onorevole Zinzi concernenti la presunta inadeguatezza del sito per la realizzazione della discarica nel territorio del comune di Pignataro riportando quanto espresso dal Commissario delegato per l'emergenza rifiuti nella regione Campania con nota n. 31239 del 17 dicembre scorso.
Innanzitutto, tengo a precisare che un gruppo di lavoro istituito dal dipartimento nazionale di protezione civile e composto da rappresentanti dello stesso dipartimento del Ministero dell'ambiente, dell'APAT e della provincia di Caserta ha individuato nel 2007 una cava in calcare ubicata nel comune di Pignataro Maggiore quale sito potenzialmente idoneo alla realizzazione di una discarica provinciale di rifiuti solidi urbani.
Successivamente, nel corso di vari incontri che il commissariato del Governo per l'emergenza rifiuti in Campania e le rappresentanze locali, sono stati discussi gli elementi che hanno portato a tale scelta, proponendo la realizzazione della discarica in un luogo diverso da quello precedentemente individuato e meno vicino alle abitazioni.
Con ordinanza del commissario delegato per l'emergenza rifiuti è stata istituita una commissione con il compito di esaminare la fattibilità della realizzazione del nuovo sito ubicato nel comune di Pignataro Maggiore.
Su mandato del suddetto commissariato è stata eseguita un'indagine geologica e geomorfologica dell'area e si sono acquisiti elementi utili per una valutazione preliminare della situazione idrogeologica e delle caratteristiche geotecniche del sito, al fine di determinare la fattibilità al suo interno di una discarica per rifiuti solidi urbani.
Sulla base dei risultati ottenuti dalla predetta indagine, si può concludere che la realizzazione della discarica nel sito di Ciccotito, nel comune di Pignataro Maggiore, è vincolata all'adozione delle necessarie misure progettuali imposte dalla situazione idrogeologica del sito così come descritta nel corpo della relazione di fattibilità redatta a cura della commissione, nel puntuale rispetto della normativa comunitaria e nazionale.
Le ulteriori indagini che dovranno essere sicuramente compiute permetteranno l'ottimale realizzazione dell'impianto ai fini della sicurezza dello stesso in tutte le fasi della sua vita: progettazione, esercizio, chiusura, incluso lo sfruttamento del biogas, e messa in sicurezza post mortem.
PRESIDENTE. Il deputato Zinzi ha facoltà di replicare.
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, credo che probabilmente abbiamo parlato di siti diversi.
Chiaramente non posso ritenermi soddisfatto, anzi voglio sottolineare che stiamo parlando della regione del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare. Ritengo, perciò, che a maggior ragione non si dovrebbe agire con superficialità, perché - mi consenta - non vi è stata chiarezza nella risposta che lei ha dato.
Atteso che stanno per iniziare i lavori per realizzare la discarica, lei ha fatto ancora riferimento a studi di approfondimento e di indagine che devono a tutt'oggi essere conclusi.
Voglio anche sottolineare come la situazione della Campania - sono fatti noti - sia senza via di uscita. Infatti, dodicianni di gestione commissariale hanno aggravato e non risolto l'emergenza rifiuti. Oggi ci troviamo con 100 mila quintali di rifiuti per le strade della Campania, che penso in questi giorni siano destinate ad aumentare.
Non vorrei, quindi, sottolineare ancora o immaginare che si continui con un uso disinvolto e disattento dei poteri emergenziali. Tra l'altro, ci troviamo anche in una condizione di grande sperpero di denaro pubblico. Ma per restare in provincia di Caserta e al riferimento a Pignataro e Carinola, non si comprende tra l'altro - lei si è soffermata sull'individuazione di una cava - perché si è passati dalla cava ad un'altra località. Quindi, non si comprende neanche l'assenza del presidente dell'amministrazione provinciale che, in qualità di vicecommissario per l'emergenza rifiuti, avrebbe dovuto elaborare qualche proposta seria per aiutare il commissario, il prefetto Pansa. In questo caso pare che la sua latitanza tenda a scaricare sulle decisioni del commissario tutta la responsabilità di questa situazione.
Signor Presidente, signor sottosegretario, la provincia di Caserta paga già un prezzo altissimo per l'aumento di patologie direttamente connesse all'inquinamento ambientale. Le aree menzionate, Pignataro Maggiore e Carinola, ricadono in un bacino agrozootecnico alimentare che insiste su terre ancora incontaminate, senza diossina, con acqua pulita e, soprattutto, con terreni di prima classe, da cui originano prodotti tutelati come la mozzarella di bufala e le mele annurche.
Quei terreni sono stati giudicati assolutamente inadeguati da riconosciuti scienziati, atteso che la falda idrica si trova ad appena 50 centimetri dal piano di campagna. Si tratta, quindi, di un terreno in cui una discarica provocherebbe certamente gravi danni.
In conclusione, si richiede di intervenire in modo consapevole, attraverso il commissario Pansa, per arrivare a scelte tecniche adeguate per individuare eventuali discariche e per evitare ulteriori disastri.
(Vicende relative al naufragio del gommone con 44 migranti avvenuto l'8 agosto 2007 tra Tunisi e Lampedusa, e iniziative per il pieno rispetto dei diritti dei migranti - n. 2-00885)
PRESIDENTE. L'onorevole Mascia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00885, concernente vicende relative al naufragio del gommone con 44 migranti avvenuto l'8 agosto 2007 tra Tunisi e Lampedusa, e iniziative per il pieno rispetto dei diritti dei migranti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, si tratta di una vicenda all'ordine del giorno nel nostro Paese, che ha coinvolto la stampa internazionale già diversi mesi fa. Si tratta di un naufragio in cui sette pescatori tunisini, l'8 agosto, hanno portato in salvataggio un gommone con a bordo 44 migranti, tra i quali undici donne e due bambini, che stavano naufragando nel Mediterraneo tra Tunisi e Lampedusa.Pag. 29
Essi hanno compiuto tale azione di salvataggio e il soccorso è avvenuto a 37 miglia da Lampedusa e a 80 miglia da Tunisi, in acque internazionali. In questo frangente, la Guardia di finanza, che aveva inizialmente intimato ai pescherecci di avvicinarsi delle acque dell'isola di Lampedusa solo dopo una visita medica (che avrebbe escluso un'emergenza sanitaria), ha intimato agli stessi pescatori di fare rotta verso le coste nordafricane, comunicando a gesti che, diversamente, sarebbero stati arrestati.
Pertanto, dalle testimonianze che si sono determinate (si tratta, infatti, di una vicenda per la quale un processo è in corso ormai da mesi), sembra che soltanto da lontano abbiano tentato di verificare se vi fossero problemi sanitari effettivi e poi hanno intimato al gommone e ai pescherecci di andarsene. I pescatori, che nel frattempo hanno verificato la salute dei migranti, hanno invece deciso di far sbarcare i naufraghi. I pescatori avevano totalmente ragione perché, poco tempo dopo, nelle ore successive, una delle due donne incinte ha partorito ed altre persone sono state ricoverate in ospedale per ragioni gravi di salute.
In ogni caso, in tutta questa vicenda, il problema consiste nel fatto che si determinano molti punti interrogativi e anche qualche violazione.
Vi sono, infatti, da una parte, il decreto interministeriale del 14 luglio 2003 e, dall'altra, la legge 25 luglio 1998, n. 286 che, all'articolo 12, facendo riferimento a queste situazioni, prevede che «non costituiscono reato le attività di soccorso e assistenza umanitaria prestate in Italia nei confronti degli stranieri in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato», nonché «l'obbligo dello Stato di cooperare per la conclusione delle operazioni di soccorso». Tutte le norme e le convenzioni internazionali - pur nell'ambito di tali accordi europei (Frontex e quant'altro) volti a contrastare gli scafisti e le organizzazioni criminali - mettono al primo posto, chiaramente, la vita umana e, quindi, l'obbligo di soccorso. Vi è inoltre la proibizione ai respingimenti collettivi, che si sarebbe determinata in un'eventualità come questa, se queste persone non fossero state soccorse e accolte a Lampedusa. Tra questi migranti, infatti, vi erano otto persone che, poi, hanno presentato richiesta d'asilo e sono state, per questa ragione, ammesse a tale procedura (parliamo di soggetti di nazionalità eritrea e sudanese, quindi con delle condizioni particolari). Ebbene, se queste persone non fossero state portate in salvo, avremmo violato anche questi principi internazionali assai importanti.
Nonostante tutto ciò, questi pescatori sono sotto processo, con l'accusa di favoreggiamento della clandestinità a scopo di lucro. Pertanto, è evidente che non solo non vi era il favoreggiamento, né lo scopo di lucro, ma, al contrario, queste persone (che in un primo momento sono state arrestate, poi sono state liberate e sono tornate nel loro Paese) oggi si trovano in condizioni di difficoltà poiché le loro imbarcazioni sono state sequestrate e la loro attività principale di vita è tuttora impedita poiché tali imbarcazioni sono ancora sotto sequestro.
Pertanto, le nostre domande sono molteplici. La prima riguarda l'atteggiamento delle nostre Forze dell'ordine: perché non hanno accompagnato e favorito questo sbarco? Al contrario, si sono determinate queste situazioni, peraltro, in qualche modo confermate durante le udienze del processo. Infatti, le argomentazioni che sono state addotte - accusando, addirittura, questi pescherecci di speronamento - sono già state dichiarate, dal tribunale, tutte inesistenti e, quindi, non vi erano ragioni per cui le operazioni di soccorso non fossero agevolate dalle nostre forze dell'ordine. E questa è la prima questione, ossia quali sono le ragioni e quali i rapporti di cui disponiamo, dal momento che vi erano anche queste condizioni urgenti di salute.
In secondo luogo, vorrei capire cosa può fare il nostro Governo per procedere al dissequestro di queste imbarcazioni, che sono indispensabili per il lavoro e la sopravvivenza di queste famiglie tunisine.Pag. 30
Vorrei sapere cosa sia accaduto, quali rapporti siano intercorsi tra il Governo italiano e il Governo tunisino in quel frangente. I pescatori della terza imbarcazione hanno dichiarato di aver avvisato il loro Governo e che quest'ultimo avrebbe avvisato il nostro per sostenere e confermare che queste persone non erano scafisti, ma semplicemente dei pescatori. L'ambasciatore tunisino, durante l'udienza processuale, si è recato a testimoniare questa interlocuzione e, quindi, a confermare questi elementi. Pertanto, vorremmo conoscere qual è la versione del nostro Governo.
Infine, soprattutto a questo punto, si pone il problema di chiarire quali siano i compiti di tutti i soggetti che possono trovarsi in condizioni del genere in acque internazionali. Affinché la vita umana venga davvero considerata prioritaria rispetto a qualunque altra cosa e affinché le operazioni di soccorso siano un dovere per tutti, forse (e questa è una domanda che, naturalmente, attiene alla nostra legislazione) vi è bisogno di capire se è necessario procedere con norme attuative o, comunque, con procedure che chiariscano il significato dell'articolo 12 della legge n. 286 del 1998; o ancora, se vi può essere la necessità di intraprendere un'iniziativa congiunta, anche con altri Paesi, per chiarire il significato di questo decreto interministeriale del 14 luglio 2003 (che fa riferimento appunto ad una zona contigua alle acque internazionali), precisando così quali siano le competenze di controllo e di soccorso.
Questi sono elementi indispensabili perché, dopo la vicenda dei pescatori tunisini che sono stati condotti in carcere, naturalmente, qualunque altro pescatore si trovasse nella medesima situazione prima di prestare soccorso penserebbe - o può aver pensato, qualora sia già capitato nel corso di questi mesi - di tutelare in primo luogo se stesso.
Pertanto, vi sono questioni di grandissimo rilievo sia sul piano internazionale che su quello legislativo, relativamente all'interpretazione delle norme. In considerazione anche di altri episodi che si sono verificati - questo in esame non è l'unico, sebbene sia di particolare rilievo - vorremmo sapere se non sia il caso di formalizzare l'accesso delle associazioni di tutela dei diritti dei migranti nei luoghi di frontiera, perché si tratta di presenze che, anche in tale vicenda, si sono dimostrate particolarmente utili.
Infine, chiediamo se - come è previsto nel programma dell'Unione - il Governo non intenda sottoporre a ratifica del Parlamento tutti gli accordi bilaterali, compresi quelli esistenti, previa eventuale rinegoziazione nell'ambito di un'azione diplomatica generalizzata per il pieno rispetto dei diritti dei migranti, in base alla Convenzione di Ginevra e alla Convenzione dell'ONU per i diritti del fanciullo.
Come si vede, le questioni aperte sono molto numerose. Naturalmente vi dovrebbero essere diversi passaggi, anche dal punto di vista dell'iniziativa parlamentare legislativa e dell'azione di Governo. Prima di tutto, comunque, vorremmo capire meglio, almeno, come si è svolta questa vicenda. Essa può costituire un precedente sia rispetto alla vita di queste persone che sono state direttamente coinvolte, sia sulla lettura che sull'interpretazione di queste norme giuridiche di grandissimo rilievo sul piano internazionale.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, innanzitutto ribadisco che il Governo italiano è impegnato ad assicurare una gestione efficace e rigorosa dei flussi migratori, nel pieno rispetto delle regole nonché dei diritti e delle tutele fondamentali da garantire a tutti gli immigrati.
Si tratta di obiettivi che non si pongono in contraddizione tra di loro, ma che fanno parte di un unico disegno, un filo conduttore mirante a tutelare e difendere i diritti e la dignità personale dei migranti, attraverso la prevenzione di tutte quelle situazioni o circostanze che possono indurre il degrado delle loro condizioni di Pag. 31vita o favorirne lo sfruttamento, il coinvolgimento nell'illegalità e l'esposizione a manifestazioni di intolleranza e razzismo. Da questo punto di vista, assicuro che l'azione delle autorità italiane è orientata al rispetto dei diritti umani dei migranti e dei potenziali richiedenti asilo, sia nelle attività in mare che in quelle a terra, ed ove previsto (oltre che di accoglienza, identificazione e intrattenimento degli stranieri) anche di allontanamento dal territorio nazionale.
Oltre tre quarti delle imbarcazioni con clandestini a bordo giunte in Italia sono soccorsi in mare nell'ambito di specifiche operazioni search and rescue, condotte in piena conformità alle fonti normative vigenti nella materia del soccorso e salvataggio in mare, dal codice della navigazione alla legge n. 147 del 1989 di ratifica della Convenzione internazionale di Amburgo sul soccorso marittimo.
Nello specifico dei fatti richiamati nell'interpellanza risulta che il centro operativo di Palermo era stato allertato dalla centrale di coordinamento soccorso marittimo di Roma, che aveva a sua volta ricevuto dal centro omologo di Tunisi la comunicazione che quel giorno, 8 agosto 2007, alle 14,15 si segnalava la presenza di un gommone con 45 migranti a bordo.
Considerato il pericolo per le persone imbarcate sul gommone, la VII squadriglia attivava tutte le misure utili al soccorso del natante tra le quali l'invio di motovedette della guardia costiera e della guardia di finanza ormeggiate nel porto di Lampedusa e il dirottamento verso il punto segnalato di nave Vega della Marina militare, già in servizio di pattugliamento nel Canale di Sicilia.
Alle ore 18,10 convergevano tutti i mezzi che ho menzionato, in particolare la motovedetta della guardia di finanza accertava la presenza di due motopesca identificati come Mohammed El Hedi, con matricola MO768, iscritto al compartimento di Monastir (Tunisia) e motopesca Mortadha, con matricola MO 865, iscritto al medesimo compartimento tunisino.
Il pattugliatore G79 verificava che a bordo dei motopescherecci vi era la presenza di numerose persone, sia uomini che donne, evidentemente non appartenenti all'equipaggio e non c'era la presenza di alcun gommone nelle vicinanze. Successivamente entrambi gli equipaggi chiedevano assistenza medica per un presunto bambino presente a bordo e bisognoso di cure urgenti.
Il procuratore della Repubblica di Agrigento ha precisato che non essendo possibile, ad oggi, stabilire con esattezza l'ora in cui i migranti sono stati tratti a bordo dei due pescherecci (la circostanza sarà stabilita all'esito della perizia disposta dal tribunale sul telefono satellitare rinvenuto in uno dei motopescherecci) non è neppure possibile stabilire se, in quel frangente, l'autorità tunisina fosse già stata allertata.
Va ricordato che nell'azione delle unità militari italiane e della guardia costiera ci si attiene ad una prassi costante del rispetto primario del principio di salvaguardia della vita umana in mare e quindi le operazioni di salvataggio vengono disposte con assoluta priorità. Analogo principio viene applicato nelle azioni di pattugliamento congiunto che sono condotte dall'agenzia europea di controllo delle frontiere esterne (Frontex).
A seguito della richiesta di assistenza sanitaria avanzata dai marittimi tunisini in favore di un bambino, il medico della nave militare italiana è salito a bordo di entrambi i pescherecci per verificare le condizioni di salute dei presenti, che non presentavano patologie di emergenza.
Non sussistendo quindi i presupposti di emergenza per un soccorso umanitario il responsabile della guardia costiera ha invitato gli equipaggi delle due imbarcazioni a dirigersi verso le acque territoriali tunisine. Nonostante l'invito, le stesse hanno proseguito nella navigazione verso il nostro Paese giungendo a Lampedusa.
Il procuratore della Repubblica di Agrigento, avendo constatato la flagranza del reato di favoreggiamento all'immigrazione clandestina, ha disposto l'arresto dei sette uomini dell'equipaggio dei due natanti ed il sequestro di questi ultimi.Pag. 32
A bordo delle imbarcazioni non è stato rinvenuto alcun tipo di attrezzo per la pesca, né esche, né tanto meno prodotti ittici, nonostante la dichiarazione di un membro dell'equipaggio che si era definito pescatore.
Il procedimento penale è tuttora pendente presso il tribunale di Agrigento ed è stato rinviato all'udienza del 7 gennaio 2008 per il seguito dell'istruttoria dibattimentale. È al riguardo opportuno sottolineare come il dissequestro delle imbarcazioni sia rimesso alla competenza dell'autorità giudiziaria trattandosi, in particolare, di sequestro probatorio.
I quarantaquattro migranti clandestini rintracciati a bordo delle imbarcazioni, dopo essere stati visitati dal personale dell'organizzazione «Medici senza frontiere» ed avere ricevuto le cure necessarie, sono stati accompagnati presso il centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa per le procedure di prima identificazione e successivamente trasferiti presso il centro di prima accoglienza di Crotone dove sedici di loro, cittadini extracomunitari, hanno formalizzato istanza di asilo politico.
Un cittadino marocchino ed uno sudanese sono stati trattenuti presso il centro di permanenza temporanea ed assistenza di Caltanissetta per esigenze connesse al procedimento penale in corso.
Il 10 settembre scorso il tribunale di Agrigento, nel valutare l'istanza di revoca della custodia cautelare in carcere presentata dai sette cittadini tunisini, ha disposto l'immediata liberazione di cinque di essi, non avendo riscontrato gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina.
La decisione dell'autorità giudiziaria è peraltro legata alla considerazione che i cinque scarcerati erano semplici componenti dell'equipaggio e, pertanto, non avrebbero potuto influire sulle decisioni assunte dai due comandanti di dirigersi verso le coste italiane; nei confronti di questi ultimi è stata confermata la misura cautelare, commutata negli arresti domiciliari.
Il Ministero dell'interno sta dedicando la massima attenzione alle problematiche connesse all'immigrazione per un governo efficace e rigoroso dei flussi migratori, nel rispetto della normativa attualmente vigente e dei diritti fondamentali da garantire a tutti gli immigrati. Le coste meridionali del nostro Paese, in modo particolare quelle siciliane e calabresi, e più recentemente quelle della Sardegna, sono state interessate in questi ultimi anni da flussi consistenti di immigrazione che hanno reso necessario mettere in piedi un sistema di accoglienza articolato in diverse tipologie di strutture, a seconda del tipo di soggetti ospitati o della particolarità del servizio offerto.
Nonostante le difficoltà logistiche, in ogni caso, a fronte di situazioni di emergenza, viene data priorità assoluta al salvataggio della vita umana, offrendo, nel contempo, la prima assistenza alla persona. Questo criterio viene applicato in primo luogo a Lampedusa, ma anche in altre parti della costa siciliana, dove per gran parte dell'anno continuano ad arrivare, a cadenza pressappoco giornaliera, imbarcazioni che trasportano stranieri in condizioni di alto rischio per la sicurezza, che spesso versano in condizioni di salute precarie.
L'isola di Lampedusa è stata negli ultimi anni particolarmente esposta a flussi migratori che ne hanno fatto una delle principali porte di ingresso in Europa per l'immigrazione clandestina. È stato riqualificato così il centro, che è divenuto da centro di permanenza temporanea un centro di soccorso e prima accoglienza, ed è stato consentito agli extracomunitari così sbarcati di sostare nella struttura il tempo strettamente necessario per ricevere la prima assistenza di carattere umanitario e socio-sanitario ed essere successivamente trasferiti in altre strutture, a seconda della posizione giuridica di ciascuno.
Per quanto concerne il profilo dell'assistenza sanitaria, a Lampedusa da anni ormai viene assicurato ai migranti irregolari che raggiungono l'isola un'assistenza sanitaria che consiste in un primo triage sanitario sul molo, all'atto dello sbarco, a Pag. 33cura di personale medico-infermieristico, supportato da mediatori culturali appartenenti all'organizzazione «Medici senza frontiere», con cui è stata stipulata un'apposita convenzione di collaborazione.
Specifica attenzione viene dedicata alle indicazioni terapeutiche offerte dalla medicina transculturale, di cui il personale di «Medici senza frontiere» è particolarmente esperto. Detto personale, effettuata una prima sommaria valutazione delle condizioni fisiche e psichiche dei migranti, può disporre la somministrazione di farmaci di primo soccorso e, nel caso di patologie più gravi o in situazioni emergenziali, dispone l'invio dei pazienti al poliambulatorio dell'isola.
All'interno del centro di Lampedusa è presente il presidio medico-infermieristico dell'ente gestore, il cui dimensionamento in termini di operatori/ospiti e relativi turni orari di presenza è regolato sulla base dello schema di capitolato unico di appalto per la gestione dei centri di permanenza temporanea ed assistenza e di accoglienza per immigrati irregolari, che è stato recentemente rinnovato ed approvato con decreto del Ministro in data 8 ottobre 2007.
Presso il predetto centro viene effettuata una prima visita medica, all'atto dell'ingresso, con raccolta dell'anamnesi clinica del migrante e la compilazione di una cartella clinica nominativa, la cui gestione deve rispettare le vigenti norme in tema di trattamento dei dati sensibili.
Per quanto riguarda l'accesso delle organizzazioni di tutela dei migranti ai centri per immigrati, presso il centro di Lampedusa sono operativi i presidi dell'ACNUR, della Croce Rossa Italiana e dell'Organizzazione internazionale delle migrazioni, con i quali il dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno ha sottoscritto, sin dal 23 febbraio 2006, singole convenzioni bilaterali nell'ambito del progetto comunitario Argo 2005, che si è concluso lo scorso 28 febbraio. In virtù degli ottimi risultati raggiunti, la Commissione europea ha rinnovato il finanziamento del programma Argo 2006, dal 1 marzo 2007 al 1o marzo 2008, per il prosieguo del progetto denominato Praesidium II - Consolidamento delle capacità di accoglienza rispetto ai flussi migratori che interessano l'isola di Lampedusa ed altri punti strategici di frontiera sulle coste siciliane. In tal modo, si estende il raggio di attività delle tre organizzazioni anche ad altri centri di accoglienza per immigrati irregolari della Sicilia, quali Trapani, Caltanissetta, Siracusa, con possibilità di intervenire sulle coste interessate da eventuali sbarchi clandestini. In base a tale iniziativa le tre organizzazioni suddette prestano il proprio contributo per potenziare il sistema di accoglienza di migranti irregolari, e, nello specifico, per fornire un primo orientamento legale ai migranti, comprensivo di un supporto informativo sulla legislazione italiana in tema di immigrazione clandestina, tratta di esseri umani e riduzione in schiavitù, nonché sulle procedure di ingresso regolare in Italia. Vengono, inoltre, illustrate le possibilità del ritorno volontario o concordato nel Paese di origine e nello stesso tempo vengono individuati i gruppi vulnerabili ai fini dell'adozione di opportune iniziative di tutela. Sull'attività svolta è assicurato un costante monitoraggio, con particolare attenzione alla conformità ed al rispetto dei diritti umani.
È in corso di approvazione, da parte della Commissione europea, il progetto Praesidium III, che entrerà in vigore il 10 marzo 2008, con scadenza 2009 e che amplierà il raggio di intervento delle tre organizzazioni, oltre alla Sicilia e alla Calabria, anche alla Puglia e alla Sardegna. Il Ministero dell'interno, per contribuire alla creazione di un diritto di asilo comune a livello europeo, opera nello spirito delle conclusioni del Consiglio europeo di Tampere: si fa riferimento, in questo ambito, ai testi normativi approntati per il recepimento delle direttive comunitarie 2004/83/CE, recante «Norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezionePag. 34 riconosciuta» e 2005/85/CE, concernente «Norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato». Inoltre il Ministero dell'interno, in attuazione di apposite deleghe, ha predisposto due schemi di decreto legislativo, che sono stati approvati in via definitiva dal Consiglio dei ministri lo scorso 9 novembre. Tali provvedimenti introdurranno una disciplina sistematica e completa in materia di asilo, da intendersi riferita al riconoscimento dello status di rifugiato o di persona soggetta alla protezione sussidiaria, basata sull'applicazione della Convenzione di Ginevra, come integrata dal Protocollo di New York. Infine, eventuali istanze di modifica alla vigente disciplina in materia di immigrazione, com'è noto a questo ramo del Parlamento, potranno essere approfondite in occasione dell'esame da parte del Parlamento del disegno di legge recante «Delega al Governo per la modifica della disciplina dell'immigrazione e delle norme sulla condizione dello straniero». Si tratta di disposizioni che, com'è stato ancora detto ieri dal Ministro Amato, il Governo auspica vengano al più presto tradotte in legge.
PRESIDENTE. La deputata Amici, cofirmataria dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
SESA AMICI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Lucidi per la sua dettagliata risposta in ordine alla quale, però, vi sono due livelli da analizzare. Da un lato vi è la richiesta molto specifica e dettagliata, formulata nell'interpellanza; dall'altro, invece, il sottosegretario Lucidi ha esposto un vasto ragionamento intorno alla condizione del cittadino straniero, sui flussi migratori e sul funzionamento delle associazioni. Credo si tratti di dati importanti ma che non riguardano, nella fattispecie, le richieste specifiche oggetto dell'interpellanza. Ritengo sia doveroso affermarlo, poiché siamo completamente insoddisfatti della risposta, dato che non vi è stato alcuno sforzo di fornire elementi chiari in ordine al merito delle questioni poste e i tre quesiti oggetto di questa interpellanza urgente continuano a rimanere dubbi. Pertanto, anche luce di ciò, è intenzione degli stessi interpellanti ripetere tale strumento di sindacato ispettivo, aggiornandolo alla luce di alcune delle indicazioni contenute nella risposta, che ci sembrano ancora del tutto ingiustificabili e comunque non comprensibili.
Intendo, in particolare, concentrare la mia attenzione su due questioni: la prima riguarda i ricoveri. Essi sono stati molti di più e pertanto non è vero che nello svolgimento di tale vicenda non vi è stato neanche un aspetto concernente la salute delle persone che si trovavano nei pescherecci. La seconda questione è che anche nella vicenda pendente di fronte al tribunale (ai cui esiti ci atteniamo), risulta che lunedì 10 settembre è stata concessa la liberazione di cinque dei sette pescatori tunisini, così come confermato dal sottosegretario Lucidi, mentre i due capitani delle navi sono state trattenuti agli arresti domiciliari, con l'obbligo di non lasciare la Sicilia. Successivamente, il 21 settembre 2007, il tribunale del riesame di Palermo ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, disponendo l'immediata liberazione dei due comandanti. Questo è un elemento non chiaro nella risposta del sottosegretario e credo sia opportuno, ancora una volta, interrogarci a fondo in ordine a quanto avvenuto la notte dell'8 agosto.
Il terzo elemento, sul quale non possiamo dichiararci soddisfatti riguarda temi che attengono non solo alla disciplina dei flussi migratori e al semplice richiamo alla tutela e alla salvaguardia della difesa umana. Il punto, sottosegretario Lucidi, è che abbiamo chiesto quali iniziative si intendono assumere rispetto ad alcune leggi già esistenti, a partire dal testo unico sull'immigrazione, che riguarda fondamentalmente il decreto relativo alla cosiddetta zona contigua alle acque territoriali. È necessario capire cosa si intende per zona contigua, perché altrimenti anche l'intimazione ad allontanarsi dall'area di Lampedusa e ad andare verso le zone Pag. 35africane rende tale elemento non semplicemente rinvenibile nel codice della navigazione ma ambiguo, perché non è chiaro nelle sue disposizioni attuative. L'altro elemento è che la stessa norma di interpretazione dell'articolo 12 del testo unico non è soddisfacente perché non fa luce sulla predetta strana zona d'ombra fra difesa della tutela del soccorso umanitario e l'idea che se le persone sono accompagnate diventano clandestine. Ciò era quanto gli interroganti chiedevano. In ordine a tale punti la risposta non è stata soddisfacente. Mi permetta di dirlo con estrema franchezza, credo che costituisca un dovere da parte del Governo, nel rispetto delle sue prerogative, ma soprattutto di quelle dei parlamentari che sottopongono ad esso le interpellanze, fornire risposte che intervengano in maniera positiva o negativa rispetto ai precisi quesiti posti, altrimenti anche gli strumenti di sindacato ispettivo diventano una ritualità di cui si potrebbe fare anche a meno.
Voglio sollevare un'ultima questione in ordine alla vicenda dei pescherecci sequestrati. È evidente anche agli interpellanti che tale aspetto riveste competenze di tipo giurisdizionale. Ma è anche chiaro che, alla luce di una vicenda che già il tribunale del riesame rileva come contraddittoria, tale elemento determini una situazione di ineguaglianza profonda. È del tutto evidente che non siamo dinanzi ad un'operazione volta ad introdurre nel nostro territorio clandestini, ma ad un soccorso in acque internazionali all'interno dell'area d'ombra rappresentata dalla zona contigua, nelle cui acque è realmente avvenuto un intervento di tipo umanitario. In secondo luogo, si è dimostrato che si trattava di pescherecci e lo stesso Governo di Tunisi ha interloquito con il Governo italiano.
Già di per sé, questo darebbe ragione agli interpellanti per chiedere con maggiore efficacia ed efficienza un intervento del Governo italiano anche nei confronti delle questioni da noi sottoposte, affinché si arrivi alla definizione più rapida possibile della situazione, per non costituire un precedente e, soprattutto, per non dare l'idea che sulle politiche dell'immigrazione si usano due pesi e due misure. È, infatti, necessario avere una linea netta e chiara a favore delle operazioni verso i clandestini, ed anche a favore di chi oggi viene nel nostro Paese e, talvolta, inoltra anche richiesta d'asilo. Ciò testimonia che nelle vicende legate all'immigrazione la complessità può essere semplicemente assunta come un elemento per un intervento politico efficace e non semplicemente per negarne l'evidenza (Applausi della deputata Mascia).
PRESIDENTE. Chiedo scusa ai colleghi del Governo e agli altri colleghi deputati presenti, ma, per un inderogabile impegno istituzionale del Presidente, dobbiamo sospendere la seduta, che riprenderà alle ore 14,30.
La seduta, sospesa alle 13,30, è ripresa alle 14,30.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Gozi è in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente novanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Misure relative alla pratica delle macellazioni rituali delle carni - n. 2-00896)
PRESIDENTE. Il deputato Mellano ha facoltà di illustrare l'interpellanza Poretti n. 2-00896, concernente misure relative alla pratica delle macellazioni rituali delle carni (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5), di cui è cofirmatario.
Pag. 36
BRUNO MELLANO. Signor Presidente, l'interpellanza urgente si occupa della macellazione rituale, un problema di vasta importanza politica e anche culturale nel nostro Paese, per i cambiamenti sociali, per l'immigrazione che lo ha investito e per un cambiamento di sensibilità generale nell'opinione pubblica con un'attenzione più viva e sentita rispetto all'esigenza di impedire le inutili sofferenze degli animali. Si tratta di un'interpellanza che coglie un argomento vasto, ma che si concretizza con una richiesta su un caso specifico che abbiamo documentato e che andremo a breve ad illustrare.
La normativa italiana sulla macellazione rituale è rappresentata dal decreto legislativo n. 333 del 1998, che recepisce finalmente la direttiva europea n. 93/119/CE, con cui si regolamenta in modo preciso e puntuale come, in un Paese dell'Europa civile e moderno come il nostro, si debba ricorrere a tutti gli strumenti per impedire le inutili sofferenze e crudeltà, anche nella fase dell'abbattimento e della macellazione, di un animale. La normativa non solo indica in modo prescrittivo le modalità di macellazione, ma prevede anche i metodi con i quali si debba effettuare il necessario e obbligatorio stordimento dell'animale prima dell'abbattimento. Questa è la normativa generale all'interno della quale è disciplinata in particolare la macellazione rituale, tenendo conto che ci sono delle esigenze culturali, religiose e storiche, anche per il nostro Paese, per la macellazione delle carni con il metodo kashèr per gli ebrei e per la macellazione delle carni secondo il rituale musulmano detto halal.
Noi chiediamo al Governo, con un'interpellanza firmata in modo accorato e convinto da esponenti di molti gruppi sia di maggioranza che di opposizione, un chiarimento rispetto a quanto sta succedendo in questi specifici giorni in occasione della festività islamica del sacrificio.
In questi giorni una comunità importante, numerosa e crescente di cittadini, di residenti e di ospiti in Italia celebra una festività religiosa per loro importante, con la macellazione di migliaia e migliaia di ovini e caprini. Sappiamo che, in molti casi, le macellazioni avvengono fuori dalla norma in cortili, in scantinati, in luoghi non igienici e, soprattutto, non ammessi dalla legge. La legislazione prevede, anche per la macellazione rituale, che l'abbattimento degli animali avvenga all'interno di specifici macelli autorizzati e registrati, dove tutto deve essere svolto rispettando una normativa tassativa, sotto il controllo del sistema veterinario, in accordo con l'autorità religiosa competente.
Il caso che segnaliamo con questa interpellanza urgente è quello della provincia e del comune di Reggio Emilia. In particolare, segnaliamo una incredibile circolare del 2004 del comando della polizia municipale di Reggio Emilia. È opportuno leggerla testualmente, in modo che sia conosciuta l'indicazione del comandante al proprio Corpo e agli uffici competenti, a seguito delle denunce delle associazioni e dei cittadini, in riferimento all'attività di macellazione effettuata fuori dal contesto dei macelli.
La circolare prevede che: «L'attività svolta è da considerarsi lecita, ancorché non eseguita secondo i dettami di legge» - già in queste parole è racchiuso tutto il senso dell'interpellanza urgente - «in quanto è prevalente il riconoscimento della legittimità dei riti religiosi rispetto alle norme in materia di macellazione»; anche questo è veramente incredibile! Inoltre: «di conseguenza la centrale operativa, gli ispettori e quanti in servizio assumono la responsabilità di coordinamento operativo delle pattuglie impiegate sul territorio e non daranno corso ad alcun intervento, ma risponderanno ai possibili richiedenti che l'attività svolta è lecita».
Noi sappiamo - lo sa anche il Governo - che, soprattutto sul territorio di Reggio Emilia, associazioni nazionali importanti come l'ENPA (Ente nazionale protezione animali) e gli Amici della Terra (in particolare, per l'attività di Stella Borghi, che è una militante storica del movimento animalista e ambientalista nazionale) hanno presentato denunce, esposti e interrogazioni per il sindaco, ma nulla è Pag. 37stato fatto. Non è intervenuto il sindaco, non è intervenuta una revoca, né una correzione della circolare predetta che - lo ripeto - è aberrante dal punto di vista giuridico-amministrativo e istituzionale. Si è chiesto al prefetto di intervenire in questi giorni - non domani o nei prossimi mesi - perché questi sono i giorni del sacrificio (direi, in questo caso, il sacrificio della legalità nel nostro Paese) e perché proprio ora si poteva e si doveva intervenire. Il prefetto doveva intervenire per fornire un'interpretazione autentica, per far decadere una circolare abusiva e per dare alle legittime richieste delle associazioni animaliste, ambientaliste, ai cittadini e all'opinione pubblica, una certezza che la legge vale, vale per tutti, e che la legge, in uno Stato laico, è la suprema norma che non è condizionata da indicazioni religiose, da qualsiasi parte provengano.
Chiediamo, quindi, al Governo di attivarsi, di fornirci una risposta per capire se i dati e i fatti elencati nell'interpellanza, nonché negli esposti ufficiali alla magistratura, siano corretti; chiediamo, inoltre, di sapere se intenda intervenire o sia già intervenuto, soprattutto al fine di fornire un'interpretazione autentica di una norma che, partendo dal caso di Reggio Emilia, credo abbia la necessità di essere meglio conosciuta e condivisa.
Sappiamo che proprio in quella provincia, in questi anni, si è fatta molta attività di sensibilizzazione, di informazione e di costruzione di una cultura condivisa, a partire dalle norme generali dello Stato e da quelle recepite a livello europeo, con la consapevolezza che la civiltà di un Paese si misura anche (secondo qualcuno dei firmatari, soprattutto) dalle norme con cui uno Stato si raffronta con il mondo animale e la fauna del nostro Paese.
Vi è anche un interesse generale all'igiene e alla sicurezza dell'alimentazione, perché le carni macellate in quei posti e nelle forme non autorizzate, vengono poi consumate dai cittadini, dai residenti e da tutti gli individui che si trovano nel nostro Stato, perciò non possiamo permetterci di mantenere una situazione che è fuori dal controllo.
Nonostante le indicazioni generali contenute nella normativa, anche regionale, in Emilia Romagna non sono stati eseguiti i controlli; temiamo che questo sia un malcostume diffuso nel nostro Paese e che, quindi, vi sia una sorta di tolleranza (non meglio definita) nei confronti di costumi rilevanti, che fanno parte della storia, nonché di una cultura religiosa e popolare che, però, devono essere commisurati con le norme vigenti e con il quadro giuridico europeo e italiano.
Sappiamo che nella provincia di Reggio Emilia sono ben cinque i macelli autorizzati e registrati: due sono specifici per la macellazione rituale, quello di Rio Saliceto e di Correggio; altri tre sono a disposizione per lo stordimento elettrico. Vi sono, quindi, le possibilità, nei fatti, di rispettare la legge e le indicazioni previste.
Chiediamo, dunque, che si intervenga - e riteniamo che si possa intervenire - per fare rispettare una normativa che, a mio avviso, rende il nostro Paese più civile e più adeguato ad una sensibilità generale dell'opinione pubblica, rappresentata dall'attenzione contro la crudeltà non necessaria rispetto agli animali.
La Camera si è occupata più volte anche in passato di questo tema con il decreto legislativo n. 333 del 1998 che ha recepito la direttiva europea. In Commissione agricoltura si era ripromesso di riaffrontare il tema anche arrivando - come propongono alcuni colleghi, e vorrei citare la proposta di legge della collega Zanella - ad un divieto della macellazione rituale.
Credo, quindi, che il Parlamento debba riprendere in mano l'intera normativa, tenendo conto che purtroppo la normativa esistente, a mio avviso, è in gran parte disattesa.
Attendiamo, dunque, dal Governo una risposta e anche che gli organi dello Stato svolgano in queste ore il proprio dovere ed esercitino la propria responsabilità.
Il prefetto non può ignorare l'esposto della signora Stella Borghi, la quale a Pag. 38nome dell'ENPA e dell'associazione Amici della Terra denuncia questi fatti e chiede al Governo di intervenire (Applausi dei deputati del gruppo Socialisti e Radicali-RNP e del deputato Alessandri).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il diritto di poter osservare le prescrizioni alimentari del proprio credo è diretta manifestazione del principio di libertà religiosa, consacrato all'articolo 19 della nostra Costituzione, al quale si richiamano le disposizioni relative alla macellazione degli animali.
La normativa richiamata dagli interroganti, contenuta nel decreto legislativo n. 333 del 1998, emanato in attuazione della direttiva europea 93/119/CE in materia di protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento, prevede espressamente che l'autorità competente in materia di applicazione e controllo delle disposizioni particolari relative alla macellazione secondo i rispettivi riti religiosi, sia l'autorità religiosa per conto della quale sono effettuate le macellazioni stesse.
Tale normativa è linea con tutta una serie di principi ai quali da tempo si ispira l'Unione europea, affinché siano riconosciuti i diritti polietnici in una società nella quale la promozione e l'attuazione dell'uguaglianza si attui nel rispetto delle diverse identità culturali, etniche e religiose.
Si tenga, altresì, presente che la macellazione secondo il rito islamico è assai simile a quella prevista per il rito ebraico e nei confronti di entrambi lo Stato si è impegnato al rispetto della prescrizione religiosa con apposita legge pattizia (legge n. 101 del 1989).
In merito al fatto segnalato nell'interpellanza, preciso che una nota del comando della polizia municipale di Reggio Emilia, indirizzata solo ad uffici interni, risalente peraltro al 26 gennaio 2004, non può in nessun modo eludere il rispetto dell'attuale normativa in materia di macellazione.
L'amministrazione comunale da parte sua ha rappresentato che, fin dalla primavera scorsa, ha avviato contatti con le autorità religiose della città, unitamente al servizio veterinario dell'azienda USL e all'amministrazione provinciale, per coinvolgere pienamente la comunità di fede islamica al fine di garantire il rispetto delle regole e della vigente legislazione italiana in merito al rito religioso del mese di dicembre (la cosiddetta festa del sacrificio). Scopo dell'amministrazione comunale è di convogliare le macellazioni in impianti di macellazione autorizzati.
Preciso, inoltre, che nel 2006 in tutto il territorio della provincia di Reggio Emilia vi erano soltanto due macelli disponibili, mentre per le esigenze della festa del sacrificio di quest'anno è stata programmata l'attivazione di sei macelli.
Due di questi avranno l'autorizzazione alla macellazione religiosa secondo il rito islamico e quattro sono autorizzati alla macellazione, previo stordimento dell'animale con elettronarcosi.
Tale impostazione è stata pienamente condivisa nel corso di un'apposita riunione tenutasi il 14 dicembre scorso presso la locale amministrazione provinciale, alla quale hanno partecipato anche associazioni di immigrati di religione islamica.
Il successivo 15 dicembre, presso il comune di Reggio Emilia, si è tenuto un incontro con le associazioni di cittadini immigrati, nel quale sono state fornite informazioni sulle modalità corrette per la macellazione secondo il rito islamico.
Infine, in data 17 dicembre 2007, il dipartimento di sanità pubblica della locale azienda-USL ha emanato una nota relativa all'argomento, ribadendo che la macellazione rituale deve essere svolta negli impianti registrati soltanto da personale abilitato e in possesso di certificazione igienico-sanitaria e con la vigilanza dell'autorità religiosa, che opera sotto la responsabilità del veterinario ufficiale.
Il Ministero della salute, in previsione della festa islamica del sacrificio, al fine di Pag. 39prevenire il rischio di macellazioni clandestine - come nell'anno passato - ha sollecitato i servizi veterinari a rafforzare la vigilanza affinché sia rispettata la normativa vigente sulla protezione animale nella macellazione.
Il fenomeno della macellazione rituale è comunque oggetto di particolare attenzione da parte del comando dei carabinieri per la tutela della salute, che nell'anno in corso ha già eseguito numerosi controlli e ispezioni in materia.
In particolare, sono state effettuate 5.659 verifiche nel settore «carni ed allevamenti», che hanno portato all'individuazione di quattro casi di macellazione clandestina. Sono state controllate, inoltre, cinquantaquattro macellerie islamiche e riscontrate sessantanove violazioni amministrative e due di carattere penale.
In conclusione, ricordo che - come affermava l'interpellante all'inizio del suo intervento - stiamo trattando di una tematica particolarmente delicata e complessa, che riguarda l'attualità e anche il futuro delle relazioni tra popoli che hanno storie e origini diverse sul nostro territorio. A tale tema - così come a tutti gli altri che riguardano i rapporti interreligiosi, interculturali ed interetnici - il Ministero dell'interno rivolge da tempo una profonda attenzione: il tema, in passato, è stato oggetto di esame da parte della Consulta per l'islam italiano ed è stato nuovamente preso in considerazione dall'attuale Governo, attraverso l'elaborazione di una Carta dei valori, della cittadinanza e dell'immigrazione, che intende garantire la libertà di culto (di talché ciascuno possa adempiere alle prescrizioni religiose, purché esse non contrastino con le norme penali e con i diritti degli altri).
PRESIDENTE. Il deputato Alessandri, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, sottosegretario Lucidi, per l'ennesima volta, purtroppo, mi ritengo assolutamente insoddisfatto. Su sollecitazione di Stella Borghi - che poco fa il collega Mellano ha citato -, insieme alla collega Poretti e a molti altri colleghi firmatari dell'interpellanza (di destra e di sinistra, in maniera trasversale) abbiamo preso la palla al balzo dall'episodio che è emerso.
Ricordo che vige dal 2004 la citata circolare del comandante della polizia municipale di Reggio Emilia, un certo Russo (verrebbe da affermare che in determinate zone del Paese il cognome, forse, non è mai casuale!), che a Reggio Emilia non è solo capo della polizia municipale, ma anche un city manager e negli anni ha assunto una certa importanza e una certa forza: è considerato uno degli uomini forti della macchina istituzionale e politica di Reggio Emilia.
Non è, quindi, diciamo così, un Pinco Pallino che si inventa una circolare, al quale magari dobbiamo solo pensare di tirare le orecchie, ma è un personaggio che, nella città di Reggio Emilia, ha sempre avuto modo di esercitare un grande potere, soprattutto sull'ordine pubblico e sulla gestione della polizia locale.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 14,55)
ANGELO ALESSANDRI. Quando abbiamo colto la palla al balzo per la presentazione di questa interpellanza urgente, che è stata firmata in maniera «trasversale», ci si è posti un problema particolare. Partendo da quella città, le associazioni animaliste, alle quali in questi giorni si sono accodate anche altre, come la LAV, hanno organizzato manifestazioni e interventi.
Sono stati presentati anche altri atti di sindacato ispettivo, uno dal sottoscritto insieme al collega Mancuso in Commissione e un altro presentato dal collega Foti. Vi è stata un'attenzione totale su questo argomento, nonché una sollevazione popolare dei cittadini. A Reggio Emilia, il dibattito sui giornali - su quattro quotidiani - e in televisione è durato per una settimana o dieci giorni, ed è ancora in corso.Pag. 40
Signor sottosegretario, oggi ci aspettavamo una risposta alla domanda vera e non una risposta su cosa sia la macellazione rituale, su quali siano le normative, sul rispetto dell'articolo 19 della Costituzione o sulle prassi che dobbiamo seguire, ma su cosa dobbiamo fare. Infatti, è stato commesso un fatto molto grave da parte di un capo della polizia municipale, che ha emanato una circolare che afferma che le leggi esistono, ma che se questi macellano dove vogliono, senza rispettare leggi, va bene ugualmente.
Guardate che qualcosa non funziona. A inizio legislatura, ho presentato un progetto di legge sulla macellazione rituale, che prevedeva l'utilizzo della pistola a proiettile captivo come regola fondamentale, proprio per evitare, come accade con l'elettronarcosi e con gli altri sistemi, anche con il biossido di carbonio, che lo stordimento sia incerto e parziale e che l'animale, quando venga sgozzato, possa svegliarsi, andando contro la legge che tutela l'animale a garanzia del fatto che non subisca maltrattamenti.
Ho fatto ciò convinto che, una volta approvata una legge, qualcuno debba anche attuarla sul territorio e certo della presenza di uno Stato, un Governo o un Ministero dell'interno, che una volta approvata la legge, vigilino affinché venga rispettata.
Invece, approviamo le leggi, ma poi permettiamo a un personaggio con un'importanza politica e istituzionale pubblica di questo tipo, che è un dipendente dello Stato, pagato con i nostri soldi, di dire ai suoi sottoposti, a tutti i vigili urbani di Reggio Emilia, che se trovano qualcuno che sta macellando un animale in maniera non lecita, possono chiudere un occhio.
Credo che uno Stato o un Ministero dell'interno si rivolgerebbero al sindaco di Reggio Emilia per chiederne immediatamente la rimozione. Si potrebbe procedere attraverso il prefetto, che è stato informato via fax tutti i giorni di ciò che avveniva a Reggio Emilia. La cosa sconcertante è che, nonostante questa notizia sia apparsa su tutte le cronache dei giornali da dieci giorni, il sindaco di Reggio Emilia non abbia detto assolutamente niente, facendo il solito «pesce in barile», e non sia avvenuto nulla da parte dello Stato.
La risposta che giunge oggi, attesissima a Reggio Emilia (alcuni quotidiani stanno anche seguendo in diretta la risposta del Governo), non ci ha detto nulla. Infatti, signor sottosegretario, lei non è assolutamente entrata nel merito del comportamento che ha scatenato questa interpellanza. Il signor Russo ha commesso un fatto gravissimo, che pone un problema politico altrettanto grave, senza che vi fosse alcun tipo di pronunciamento da parte del Governo.
Credo che sia davvero squallido dal punto di vista del potere istituzionale, penoso dal punto di vista politico e piuttosto preoccupante dal punto di vista sociale che, quando qualcuno con una funzione pubblica compie un atto del genere, lo Stato se ne lavi le mani, pensando di non dover rispondere a un'interpellanza firmata, tra l'altro, da diversi colleghi. Non è il solito leghista che pone un problema.
Guardate, però, che la gente queste cose comincia a notarle. Si comincia a chiedere da che parte stia lo Stato e si dà una risposta semplice. Forse solo qui dentro non ve ne accorgete, ma fuori la gente comincia a darsi risposte molto chiare: lo Stato è sempre dall'altra parte, sempre lontano dai cittadini. La gente, inoltre, ci chiama meravigliata, perché ci sono anche altri usi e costumi che non riguardano solo i musulmani o gli ebrei. A Reggio Emilia abbiamo visto i sick girare con il coltello tradizionale appeso alla cintura lungo venti o trenta centimetri perché è loro consuetudine.
Credo che un cittadino italiano non possa girare con un coltello lungo venti o trenta centimetri oppure essere esentato dall'uso del casco in motorino perché porta il turbante. Dunque, si è esentati dal rispetto delle leggi per la tutela degli animali, dal rispetto dei controlli sanitari e della società.
Badate che questo è un Paese strano, nel quale spesso dobbiamo essere «iperlaici» nei confronti della Chiesa cattolica Pag. 41e ci troviamo poi ad essere «ipergarantisti» nei confronti delle altre religioni: è un Paese molto strano.
Ciò però crea un problema di fondo; a casa nostra - e ce lo hanno insegnato i nostri nonni, che sono emigrati - vi era una regola per emigrare (e noi dobbiamo pretenderne il rispetto nel modo più assoluto) per cui chi si reca in casa d'altri lo fa per lavorare. Vi sono regole scritte e non scritte e, se ci si reca in casa d'altri, si deve sapere che occorre rispettare queste regole.
Siamo così bravi e non siamo assolutamente razzisti che abbiamo stabilito che la pratica consuetudinaria di mangiare la carne col metodo halal, cioè dissanguata, a noi va benissimo: non si fa soffrire l'animale, lo si stordisce prima in maniera certa e lo si lascia poi dissanguare, in modo che almeno l'animale non soffra. È una regola di buon senso.
Perché costoro invece continuano a fare ciò che gli pare?
Dal 20 al 23 è la festa del sacrificio di Abramo, che ricorda quando Isacco fu tolto dall'ara per mettervi l'agnello: si tratta di una consuetudine che ha una pratica piuttosto particolare, ma che se viene effettuata come ci hanno testimoniato certi filmati girati l'anno scorso, contempla che questi poveri piccoli agnellini vengano messi, senza alcun controllo sanitario, in una cascina, a cinque o sei alla volta, con tutti i bambini intorno a festeggiare, e vengano sgozzati, impiegando parecchie ore a morire: credetemi, è uno spettacolo veramente indecente.
Mi piacerebbe che andaste ad assistervi anche voi, per una volta, perché magari vi allarmereste e vi si rivolterebbe lo stomaco e, forse, manifestereste più attenzione su queste tematiche. Per chi ha sensibilità animalista è un problema serio.
È anche un problema sanitario: chi effettua i controlli in queste zone?
E non venitemi a raccontare - lasciatemelo dire - che possiamo fidarci degli incontri avvenuti in provincia con le comunità islamiche a Reggio Emilia. Intanto, sono avvenuti dopo che è stato sollevato il problema, quindi molto tardi e in maniera molto ipocrita. Sono avvenuti, poi, con le presunte rappresentanze islamiche: penso che non sfugga a nessuno di voi che oggi l'Islam, in questo Paese, non sappiamo cos'è. Non sappiamo con chi dobbiamo parlare.
Vi sono alcune associazioni, che spesso rappresentano poco più che se stesse, che hanno autonominato imam, rappresentanti di categorie islamiche, rappresentanti di fede sciita, sunnita, wahabita, che però rappresentano solo se stesse. Gli imam italiani - non nascondiamoci dietro un dito - spesso e volentieri, purtroppo, sono persone che facevano gli elettricisti al mattino e si autonominano imam alla sera. Di cosa sono rappresentativi?
La Consulta e la Carta dei valori sono sottoscritte da queste associazioni, che spesso sono le poche che vogliono fare politica, non rappresentano il mondo dell'Islam italiano e all'interno di esse troviamo anche l'UCOII, che credo costituisca quanto di meno affidabile vi possa essere nel mondo e nel panorama musulmano e islamico in Italia.
Allora, non nascondiamoci dietro agli incontri informali: bisogna fare, invece, come ha fatto il sindaco di Verona. I sindaci che hanno più buonsenso - e non sono quelli di centrosinistra come Delrio a Reggio Emilia, che continuano a coprire gente come Russo, che già da parecchio tempo un sindaco di buonsenso avrebbe rimosso dalla sua carica - hanno attuato una strategia molto semplice: giro di vite, ordine ai vigili urbani di controllo serrato, multe severe, controllo e applicazione della legge sul maltrattamento degli animali, che prevede anche l'incarcerazione, in maniera rigida e la messa a disposizione di due macelli per la macellazione rituale. Tutti devono recarsi lì: altro che tavoli di confronto inutili!
Bisogna procedere ad un giro di vite: chi viene a casa nostra sa che vi sono regole e che devono essere rispettate. Se non vengono rispettate, spetta in primo luogo alle istituzioni salvaguardarne il rispetto.
A Reggio Emilia, purtroppo, sono sparite le regole, è sparita la legalità.Pag. 42
Il sacrificio della legalità, oggi, viene sancito da un Governo che con la rinuncia alla conversione in legge del «pacchetto sicurezza» ha perso davvero il lume di quale sia la sicurezza, la legalità, il territorio e la propria gente. Sarà indispensabile da parte nostra diffondere la conoscenza di queste situazioni, perché forse la gente ancora non le aveva capite, ma da oggi in poi le capirà.
(Interventi per la piena funzionalità delle scuole, con particolare riferimento all'assegnazione di risorse per incarichi di supplenza - n. 2-00874)
PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00874 concernente interventi per la piena funzionalità delle scuole, con particolare riferimento all'assegnazione di risorse per incarichi di supplenza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente e onorevole rappresentante del Governo, la nostra interpellanza urgente viene presentata sulla base dell'emergenza relativa alle nomine dei supplenti. Una premessa che pare scontata va però, a mio avviso, effettuata.
Le nomine dei supplenti servono ad assicurare lo svolgimento regolare delle lezioni in caso di assenza dell'insegnante titolare e a garantire da parte dello Stato il diritto dell'alunno alla prestazione. Si tratta di una premessa importante, di sostanza e non solo di forma, in quanto nelle scuole italiane esiste un'emergenza. Tale emergenza si verifica soprattutto nelle scuole di Milano e della Lombardia come anche è stato riportato da alcuni articoli di stampa, in primis quello del Corriere della Sera del 19 novembre 2007, che si riferiva proprio alla lamentata insufficienza di fondi riguardanti le scuole di Milano e della Lombardia.
Le scuole maggiormente in crisi sono quelle materne ed elementari dove i supplenti vanno chiamati anche solo per pochissimi giorni di assenza del titolare. Le scuole sono purtroppo costrette a effettuare continue anticipazioni di cassa, non hanno più fondi per le attività relative ai progetti e vanificano, quindi, qualsiasi seria programmazione. In alcune scuole la situazione debitoria raggiunge persino importi di 100 mila euro.
Si è rivelato anche insufficiente il decreto legge n. 147 del 2007, adottato con il consenso dell'opposizione dopo un dibattito in Commissione cultura e istruzione, che trasferisce a carico del Ministero dell'economia e delle finanze la spesa per le supplenze per la maternità. Tale provvedimento lascia, infatti, ugualmente a carico delle scuole le altre tipologie di supplenze, altrettanto lunghe, come sono quelle, ad esempio, dei congedi parentali.
È evidente che le risorse assegnate dal Ministero della pubblica istruzione sono, allo stato, insufficienti e si basano su un trend della spesa media effettivamente sostenuta dalle scuole negli ultimi anni. Tali risorse sono costituite da una somma iniziale calcolata sui parametri del decreto ministeriale n. 21 del 2007 e sulle successive integrazioni che risultano comunque insufficienti per la copertura della spesa.
Le scuole, tra l'altro, non sono messe in condizione di verificare i conti in caso di discordanza tra il conteggio loro risultante e gli importi assegnati dal Ministero dal momento che i finanziamenti arrivano alle scuole senza più distinzioni di voce, afferendo ad un unico capitolo e sono comprensivi, oltre al pagamento dei supplenti, anche dei costi del contratto integrativo di scuola, delle funzioni strumentali dei docenti e delle funzioni aggiuntive del personale amministrativo, tecnico e ausiliario.
Si impone una riflessione. Il tanto reclamizzato accreditamento diretto dei finanziamenti alle scuole da parte del Ministero della pubblica istruzione, senza i passaggi intermedi degli uffici scolastici regionali o provinciali, ha comportato - sembra un paradosso ma purtroppo è una realtà - una ulteriore dilazione nei tempi di assegnazione. In conclusione, sottolineiamo che le scuole lamentano una Pag. 43scarsa attenzione al problema e si tratta sicuramente di un allarme che proviene da tutti i tipi di scuola.
Con questa interpellanza si chiede, in particolare, di conoscere quali interventi il Ministero dell'istruzione abbia adottato e, soprattutto, intenda adottare per garantire la piena funzionalità delle scuole perché noi sappiamo che questa è una vera e propria piaga aperta nel mondo dell'istruzione. Chiediamo di sapere, quindi, come il Ministero intenda risolvere una tale problematica.
PRESIDENTE. Il Viceministro della pubblica istruzione, Mariangela Bastico, ha facoltà di rispondere.
MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, confermo che anche al Ministero sono giunti gli elementi di preoccupazione e di allarme che gli onorevoli Frassinetti e La Russa segnalano nella loro interpellanza urgente. Vi è da dire che questa realtà è circoscritta in particolare ad alcune regioni come la Lombardia e l'Emilia Romagna e che non vi sono molte altre regioni che presentano questa situazione di allarme relativamente ai fondi per il funzionamento corrente. Per chiarire la situazione e soprattutto per evidenziare i problemi che abbiamo posto in essere, vorrei ricordare che questo allarme è presente fin dall'inizio della legislatura, quando è emersa una situazione di grave difficoltà finanziaria delle scuole.
Questa situazione ha le sue radici e le sue motivazioni nel periodo di riferimento 2002-2006. Infatti, a seguito di una serie di tagli, operati nel detto periodo di riferimento dal Governo di centrodestra, alle spese di funzionamento delle scuole - in particolare con la riduzione del 46,6 per cento delle risorse per supplenze (494,6 milioni di euro), con il taglio del 72,6 per cento delle risorse per gli esami di Stato (106,4 milioni di euro) e con il taglio del 53 per cento sulle spese di funzionamento amministrativo e didattico (159,8 milioni di euro) - queste ultime si sono trovate in una situazione di enorme difficoltà.
A seguito della ricognizione che abbiamo operato sono stati certificati deficit, maturati nelle scuole dal 2002 al 2006, pari a 1 miliardo 33 milioni di euro: una situazione davvero molto allarmante. Questa situazione aveva anche prodotto, per l'andamento dell'anno 2007, rischi di ulteriore deficit, e proprio per questo siamo intervenuti immediatamente con dei correttivi - che poi illustrerò con precisione - proprio per evitare che anche nel 2007 la gestione corrente delle scuole si chiudesse con il prodursi di debiti.
Questa condizione è stata vissuta dalle scuole con la seguente modalità. Le scuole hanno continuato a iscrivere in bilancio gli importi nelle varie voci di spesa, trattandosi sostanzialmente di spese obbligatorie - lo voglio sottolineare - ed hanno registrato il fabbisogno accertato oppure quanto era stato assegnato negli anni precedenti. Quindi, hanno prolungato la loro contabilità secondo una modalità legata al bisogno o al pregresso, con la conseguenza che nelle loro contabilità figurano dei residui attivi che sono però privi di un'idonea copertura nello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione e del bilancio complessivo dello Stato.
È questo il quadro per il quale ancora oggi alcune scuole si trovano in una situazione di assoluta difficoltà. Questa condizione si è evidenziata con particolare gravità - come lei sottolinea - sulle supplenze, in modo specifico nella scuola dell'infanzia ed elementare dove non si può fare a meno della nomina del supplente anche per supplenze molto brevi e, inoltre, questa situazione si è aggravata per l'effetto, da un lato, dei tagli e, dall'altro, di un mutato quadro normativo relativo ai congedi per maternità.
Mi riferisco in particolare alla sentenza della Corte costituzionale n. 337 del 27 ottobre 2003, che ha riconosciuto il diritto al trattamento economico del personale supplente della scuola che abbia maturato il diritto alla nomina e non possa assumere il servizio in quanto in congedo per maternità. Di fatto si è riconosciuto il diritto alla maternità a tutti coloro che Pag. 44erano supplenti, anche per supplenze brevi, e, addirittura, il giorno stesso in cui venivano nominati.
Tutto ciò ovviamente ha incrementato le spese ed aggravato questo quadro complesso di carattere finanziario. Ho spiegato quanto accaduto nel passato e intendo altresì precisare quali sono i provvedimenti che abbiamo messo in atto.
Da subito abbiamo corretto l'andamento del 2007, al fine di evitare - come dicevo - che si producessero altri debiti. Ad esempio, per quanto riguarda gli esami di Stato, da 40 milioni di euro, previsti per il finanziamento ordinario nel 2005-2006, siamo passati a 183 milioni di euro, arrivando quindi a pareggiare la spesa per i costi delle commissioni degli esami di Stato. Successivamente, con il decreto-legge n. 81 del 2007, convertito nella legge n. 127 del 2007, sono state incrementate di 180 milioni di euro le risorse per le supplenze per maternità, e poi, con la legge di assestamento in bilancio, vi è stata un'ulteriore integrazione di 58 milioni per le spese di funzionamento.
Inoltre, con il decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, convertito nella legge 15 ottobre 2007, n. 176, sono state poste a carico dell'amministrazione centrale, cioè del Ministero della pubblica istruzione e del Ministero dell'economia e delle finanze, le spese per la sostituzione del personale assente per maternità, e le indennità correlate alla maternità del personale supplente. Lei è ben a conoscenza di questo provvedimento, perché lo abbiamo discusso e mi sembra sia largamente condiviso all'interno della VII Commissione della Camera.
Un altro provvedimento molto importante riguarda la tassa sui rifiuti solidi urbani. Una disposizione, già approvata in questo ramo del Parlamento e contenuta nel disegno di legge intitolato «Disposizioni urgenti in materia di pubblica istruzione», ora all'esame del Senato, intende risolvere in via definitiva il problema del pagamento della tassa per i rifiuti solidi urbani. Si tratta anche in questo caso di una delle spese che grava pesantemente sui bilanci delle scuole: dal 2008 sarebbe interamente a carico dell'amministrazione centrale, ossia del Ministero della pubblica istruzione, che pagherebbe direttamente ai comuni le somme relative ad essa. Auspico che tale norma sia approvata molto, molto rapidamente, perché è davvero attesa.
Come vede, sono stati varati provvedimenti in via di assoluta urgenza. Tutto ciò si colloca all'interno della scelta, contenuta nella legge finanziaria per il 2007, di innovare le modalità di finanziamento delle scuole. Debbo confermare la positività e l'importanza di tale scelta. Devo ricordare all'onorevole Frassinetti che la situazione precedente - che attribuiva alle scuole risorse estremamente rigide e vincolate, suddivise in diverse decine di capitoli - aveva provocato una situazione nella quale veniva negata nei fatti l'autonomia di funzionamento delle nostre scuole. Si ledeva, quindi, un principio contenuto nella legge e nel testo costituzionale stesso secondo il quale le scuole possono governarsi con una certa autonomia. Inoltre, detta situazione rendeva molto rigida la gestione delle risorse finanziarie in modo tale che poteva accadere che alcuni capitoli venissero esauriti molto rapidamente e, invece, per altri, maturassero numerosi residui attivi.
La nuova modalità di erogazione delle risorse attraverso due grandi capitoli, che abbiamo chiamato il «capitolone», ha sicuramente messo in maggior allarme le scuole, perché è evidente che un'innovazione forte e importante le rende responsabili della gestione delle risorse. Quindi so che qualche preoccupazione, al riguardo, si è manifestata.
A mio avviso, si tratta certamente di un elemento fondamentale che via via, di anno in anno, si assesterà e sarà realmente apprezzato dalle scuole. L'ammontare del «capitolone», suddiviso nei due capitoli che lo determinano, è di 3 miliardi 114 milioni di euro, a cui si sono aggiunte le risorse che ho segnalato prima.
Oltre a tali finanziamenti, per l'anno 2007 abbiamo inoltre autorizzato l'incremento di altri 750 milioni di euro che provengono dagli uffici scolastici provinciali e che sono riferiti alla cosiddetta Pag. 45contabilità speciale, cioè a risorse giacenti e non spese. Quindi, le scuole hanno fruito sostanzialmente di quasi 4 miliardi di euro.
Le risorse sono state attribuite in modo assolutamente tempestivo, attraverso varie tranche (complessivamente sei) secondo i criteri prestabiliti, gli stessi già definiti nel passato, con piccoli correttivi per aiutare le scuole che hanno una maggiore popolazione scolastica e che si trovano in una situazione di leggero squilibrio rispetto alla situazione pregressa. Quindi, si è introdotto qualche correttivo, nell'ambito di criteri evidenziati in modo trasparente. Sottolineo che le tranche sono state attribuite in modo assolutamente tempestivo. È vero che si collocano in un quadro debitorio in cui praticamente la scuola fatica a distinguere il finanziamento di tipo corrente rispetto al ripianamento dei debiti pregressi, anche se la scuola è assolutamente tenuta a distinguere il pagamento dei debiti pregressi rispetto alle spese di funzionamento corrente.
Voglio anche sottolineare che i fondi del «capitolone» non sono esaustivi perché ad essi si devono aggiungere le risorse del Fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa, vale a dire le risorse previste dalla legge n. 440 del 1997 (quelle cosiddette all'autonomia), che vengono assegnate - con un po' di ritardo, è vero - a fine anno, agli uffici scolastici regionali i quali, a loro volta, le ripartiscono alle varie scuole.
I finanziamenti previsti da tale Fondo, in effetti, sono stati attribuiti a novembre e, quindi, penso che stiano giungendo proprio in questi giorni alle scuole. Sottolineo, infine, che rispetto al funzionamento di attività aggiuntive che debbono essere svolte dalle scuole - in particolare, lei citava il problema del recupero dei debiti scolastici -, abbiamo previsto finanziamenti aggiuntivi, di cui una parte - 65 milioni di euro - sono già stati attribuiti e vengono finalizzati con vincolo di destinazione a incrementare le risorse del Fondo scolastico per i corsi di recupero.
Sempre dal fondo scolastico legato al contratto collettivo nazionale di lavoro sono stati destinati 160 milioni di euro per la stessa finalità. Pertanto, si tratta di 65 milioni di euro più 160 milioni di euro.
Vorrei, inoltre, aggiungere che al di fuori del cosiddetto «capitolone» si collocano: la formazione e l'aggiornamento del personale docente per il comparto della scuola e i dirigenti scolastici (somme a parte); la formazione dei docenti specializzati nell'attività di sostegno degli alunni diversamente abili; le spese per le attrezzature tecniche e per i sussidi didattici e i vari ausili sia per l'attività d'integrazione degli alunni diversamente abili sia per il funzionamento didattico; le spese in materia di sicurezza. Tutti i citati trasferimenti sono autonomi, forniti dal Ministero della pubblica istruzione agli uffici scolastici regionali.
Vorrei concludere, in particolare, con le preoccupazioni evidenziate per la Lombardia. Le assicuro che la Lombardia ha ricevuto le varie tranche di funzionamento, alla data dell'8 novembre vi erano infatti cinque accrediti diretti alle istituzioni scolastiche (per i mesi di aprile, maggio, giugno, agosto e novembre). Le segnalo che la sesta tranche è in via di attribuzione, perché copre la fine dell'anno scolastico.
Tutte le citate spese sono state erogate sulla base dei criteri che ho segnalato e che sono contenuti nel decreto ministeriale n. 21 del 1o marzo 2007. Inoltre, sono state attribuite tranche in aggiunta per le supplenze brevi: trecento istituzioni scolastiche nel Paese, in particolare nella regione Lombardia, hanno ricevuto, nel mese di luglio, una sorta di integrazione proprio per il pagamento delle supplenze brevi.
Spero di averle illustrato dettagliatamente questo quadro, proprio perché stiamo facendo tutto il possibile per mettere le scuole nella condizione di lavorare in una condizione finanziaria serena. Predisporremo un piano di riparto e una nuova rilevazione dei debiti pregressi; auspichiamo che con i 750 milioni di euro ne siano stati pagati una buona parte, in modo da poter realizzare, relativamente alla parte restante, un piano di risanamento complessivo, perché ritengo che la Pag. 46scuola debba essere liberata dal pesantissimo fardello dei debiti. Ritengo, altresì, che la scuola debba oggi garantire il funzionamento corrente, perché per tale funzionamento abbiamo garantito le risorse.
PRESIDENTE. La deputata Frassinetti ha facoltà di replicare.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, ringrazio il Viceministro Bastico per i dati così puntualmente forniti, ma non mi ritengo soddisfatta, perché intravedo una grande confusione per quanto riguarda questi finanziamenti generalizzati. La ringrazio, signor Viceministro, anche per aver avuto l'onestà di ammettere che certe preoccupazioni contenute nella mia interpellanza urgente n. 2-00874 erano reali. Tuttavia, quanto ai finanziamenti cui lei faceva prima riferimento - i percorsi di recupero dei debiti formativi -, è evidente come vi sia una certa confusione. Infatti, i fondi previsti per contratto e i finanziamenti una tantum spesso sono spacciati, entrambi, come nuovi e permanenti.
Vorrei, altresì, fare riferimento ad una nota del Ministero della pubblica istruzione del 5 dicembre 2007, la n. 2.491, in cui vengono richiamate le diverse fonti di finanziamento con i relativi importi, in modo da rendere possibile un'idonea programmazione delle attività da parte delle istituzioni scolastiche. Su questo punto, a mio avviso, vi è ancora molta confusione.
Secondo la predetta nota, per esempio, la quota del fondo di istituto derivante da quello per gli interventi didattici educativi integrati sarebbe di 134 milioni di euro. Si tratta di una cifra che, utilizzando il parametro finanziario del contratto collettivo nazionale del 2003, consente un numero di docenti pari a 280 mila o 290 mila. A mio avviso, si tratta di un dato erroneo, in quanto da fonti del Ministero nell'organico di diritto, per l'anno scolastico 2007-2008, vi sarebbero 219.484 docenti. Quindi, nelle scuole non verrebbero distribuiti 134 milioni di euro, bensì poco più di 102 milioni di euro.
Senza «dare i numeri», vorrei svolgere una riflessione di tipo più politico. Per quanto riguarda le altre risorse citate nella nota, è da sottolineare che i 30 milioni di euro previsti nella legge finanziaria per il 2007 sono stati distribuiti alle scuole nei primissimi giorni di dicembre.
Inoltre i 107 milioni di euro, previsti per acquisto, comodato e prestito di libri, peraltro ancora da assegnare, non possono essere utilizzati per il recupero dei debiti formativi; il 70 per cento delle risorse residue, è una somma indeterminata, posto che non se ne conosce il 100 per cento; per i 5 milioni di euro finali da assegnare ad alcune scuole che ne facciano richiesta, non sono stati stabiliti i criteri di distribuzione.
In questa confusione, le richieste spesso di buonsenso dei dirigenti scolastici, a mio avviso, sono inascoltate. Queste ultime sono relative al raccordo della normativa sui debiti formativi con quella dell'obbligo d'istruzione, alla tempestiva certezza delle risorse necessarie, alla precisazione delle modalità di identificazione dei supplenti nei corsi estivi, alla revisione dello stato giuridico dei docenti che ne delinei con chiarezza i doveri rispetto alla necessità di sostegno e recupero.
Si sa che, in quest'ambito, le scuole chiedono informazioni certe sulle risorse che dovranno ricevere e sui tempi di assegnazione, per poter programmare l'attività di recupero. Pertanto ritengo che, anche se sono stato fatti importanti passi avanti - il provvedimento relativo alla TARSU, da lei citato e sul quale noi abbiamo votato a favore e all'unanimità, in Commissione, ne costituisce sicuramente un segnale -, tuttavia resta ancora tanto cammino da fare, soprattutto per dare chiarezza e conforto alle istituzioni scolastiche che, ogni giorno, si trovano a confrontarsi con una scuola che cambia, che ha bisogno di risorse e soprattutto, di un rifondazione del merito che, senza risorse, non può essere effettuata.
La nostra preoccupazione si basa su tali presupposti. Pertanto, continueremo a vigilare perché alle scuole sia garantita la possibilità di far sì che i dirigenti scolastici (che, troppo spesso sono soli e abbandonati), nel rispetto dell'autonomia scolastica,Pag. 47 possano far in modo che gli studenti abbiano anche, qualora ve ne sia la disponibilità e la necessità, supplenze che offrano un livello di insegnamento adeguato, per poter colmare alcune lacune della nostra educazione che, a mio avviso, forse, sono difficilmente superabili se non si impegnano le risorse necessarie in tale settore.
(Stato dei lavori di riqualificazione della strada statale n. 36 tra Monza e Cinisello Balsamo - n. 2-00875)
PRESIDENTE. L'onorevole Grimoldi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00875 concernente lo stato dei lavori di riqualificazione della strada statale n. 36 tra Monza e Cinisello Balsamo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, la mia interpellanza urgente tratta l'annosa vicenda dell'interramento della strada statale n. 36, cosiddetto viale Lombardia che, più che una strada statale, è un'autostrada a tre corsie, situata in una zona molto limitrofa al centro di Monza.
In quanto parlamentare di Monza, l'interramento di questa strada è un po' la mia croce. Tuttavia, l'interpellanza urgente che sto illustrando è stata presentata con allegata una lettera firmata dai sindaci delle maggiori città della Brianza, di diverso colore politico (da Monza a Desio, Seregno, Lissone e addirittura, in provincia di Como, Mariano Comense) perché è una strada sulla quale transitano, ogni giorno, tra le cento e le centoventimila automobili, che «tocca» e passa nel cuore della neo istituita provincia di Monza e Brianza. Quest'ultima, da sola, paga allo stato centrale 9,5 miliardi di euro all'anno tra imposte dirette e indirette e da tredici anni attende il finanziamento dei lavori per l'interramento di viale Lombardia, la strada statale n. 36, che costa poco più di 200 milioni di euro circa.
Ho presentato questa interpellanza urgente, a seguito del ricorso proposto dalla società Impregilo Spa, visto che l'iniziale progetto dell'ANAS fatto a Roma non ha contemplato i cosiddetti sottoservizi: agli ottimi ingegneri dell'ANAS a Roma, nel progettare l'interramento di una strada a Monza, non è venuto in mente - questi sono i fatti - che scavando un buco, forse avrebbero potuto trovarvi dentro qualcosa e nel caso specifico, energia elettrica, acqua, gas, fognature e altro!
Impregilo Spa ha fatto ricorso e, questa estate, lo ha vinto attraverso la sentenza del Consiglio di Stato ed è stato garantito, da parte del Ministero delle infrastrutture e di ANAS, che entro il 31 dicembre 2007, sarebbe stata svolta una perizia di variante per la realizzazione dell'interramento, con un aumento del finanziamento di 71 milioni di euro per realizzare quest'opera. Si tratta di un'opera fondamentale, perché passa in un territorio, in una provincia che è la terza in termini di dinamicità economica di questo Paese, che collega la prima alla terza città della Lombardia e che passa attraverso città popolate e dinamiche come Cinisello Balsamo, Desio, Lissone e Seregno. Contribuendo in maniera così incisiva alla formazione del PIL sicuramente la realizzazione di questa opera sarebbe di giovamento per tutto il sistema Paese: invece di costruire opere che poi assumono la veste di cattedrali nel deserto e servono a poco o nulla, la realizzazione di tale opera farebbe risparmiare tanto tempo alle attività economiche della terza provincia più dinamica di questo Paese, oltre agli evidenti benefici di carattere ambientale e per la salute dei cittadini, considerato il passaggio quotidiano così frequente di mezzi.
Spero che nella risposta non ci si limiti, però, a riportare le dichiarazioni lanciate dalle agenzie di stampa da parte di Ciucci e di ANAS sul fatto che è stata svolta la perizia. Di ciò siamo contenti e vogliamo sicuramente sapere se è confermato, ma vogliamo anche capire qual è il cronoprogramma.
Non siamo, infatti, disponibili a continuare a perdere tempo per un'opera che aspetta di essere realizzata da tredici anni: in un Paese normale e civile non è possibile Pag. 48perdere tredici anni per realizzare un'infrastruttura vitale per un territorio così importante, nel cuore della Lombardia, tra la prima e la terza città della medesima regione.
PRESIDENTE. Il Viceministro della pubblica istruzione, onorevole Mariangela Bastico, ha facoltà di rispondere.
MARIANGELA BASTICO, Viceministro della pubblica istruzione. Signor Presidente, con riferimento alla situazione dei lavori di riqualificazione della strada statale n. 36 che interessano viale Lombardia nel comune di Monza e Cinisello Balsamo, l'ANAS conferma l'impegno già assunto con i cittadini e gli enti locali, comunicando che i lavori, ripresi l'11 ottobre scorso, sono in corso. I lavori, concernenti l'adeguamento del sottovia della tangenziale nord, sono inseriti in una perizia di variante tecnica per un importo di circa 71,5 milioni di euro, che è stata approvata dal consiglio di amministrazione dell'ANAS lo scorso 18 dicembre.
La variante consente di sbloccare i lavori di realizzazione della galleria di viale Lombardia e degli altri interventi della connessione tra la strada statale n. 36 ed il sistema autostradale di Milano nei comuni di Monza e Cinisello Balsamo.
Gli interventi previsti dalla variante riguardano inoltre i seguenti interventi.
La sistemazione, l'adeguamento ed il recupero ambientale sui tratti in superficie necessari anche a risolvere i contenziosi e i ricorsi al TAR per l'acquisizione delle aree.
La sistemazione e l'adeguamento delle opere idrauliche con nuovi condotti fognari ed un nuovo tracciato per la deviazione del collettore Monza-Desio. La realizzazione di una nuova passerella ciclopedonale nel comune di Cinisello Balsamo.
Nella perizia di variante si prevede anche che l'appaltatore svolga le attività necessarie per garantire una continua, corretta e puntuale informazione all'utenza durante lo sviluppo dei cantieri.
Alla maggiore spesa l'ANAS farà fronte anche mediante l'utilizzo di parte dell'importo presente nelle opere infrastrutturali di nuova realizzazione inserite nel programma ANAS 2007-2011.
Il termine contrattuale previsto è di 1.340 giorni decorrente dalla consegna totale dei lavori.
Con l'approvazione della variante, gli impegni assunti da ANAS sono stati compiutamente soddisfatti.
PRESIDENTE. Il deputato Grimoldi ha facoltà di replicare.
PAOLO GRIMOLDI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, anche perché non credo che questa materia sia di sua competenza. Signor sottosegretario, facendo riferimento alle dichiarazioni di ANAS e di Ciucci, mi sono permesso di fare una ricerca in agenzia dello storico dei comunicati stampa di ANAS.
I comunicati stampa di ANAS inerenti viale Lombardia degli ultimi tredici anni - potremmo parlare, in generale, delle opere in questo Paese, ma nello specifico mi riferisco all'interramento della strada statale n. 36 - sono carta straccia. Infatti, negli ultimi tredici anni non c'è un solo comunicato di ANAS sulla vicenda che sia risultato ad oggi vagamente attendibile. Per questo motivo lo scetticismo - come si può dire - è legittimato.
Relativamente alla situazione attuale, lei ha giustamente detto che sono iniziati dei lavori. È vero, sono iniziati dei lavori, ma non so se lei ha presente l'ubicazione e il luogo di cui stiamo parlando: si è iniziato, sostanzialmente, a reintonacare un ponte. Ma tra reintonacare un ponte e scavare una galleria di tre corsie per senso di marcia di quasi due chilometri c'è una differenza sostanziale!
I comitati della città di Monza - che sono apolitici - sono seriamente preoccupati per la realizzazione del tunnel, perché ben vengano le opere di contorno (l'intonaco, il marciapiede e quant'altro), però esse devono essere il coronamento di un progetto ben più ampio; ed è sul tunnel che vi è preoccupazione.
Per quanto riguarda il collettore, aggiungo e preciso che, tra l'altro, la stessa Pag. 49giunta della città di Monza ha già deliberato l'autorizzazione ad ANAS per il collettore cui lei faceva riferimento. Le sottolineo la nostra preoccupazione: vorremmo capire se la perizia di variante è una delibera unilaterale di ANAS o meno.
Impregilo è d'accordo con il nuovo progetto? Impregilo è d'accordo, avendo vinto il ricorso presso il Consiglio di Stato, sull'importo dei lavori stanziati nella perizia di variante? È questa la nostra prima preoccupazione! La seconda è sul cronoprogramma; infatti, la situazione è diventata assolutamente ingestibile, anche perché due mesi fa è stato aperto nel comune di Cinisello Balsamo, lungo la strada statale n. 36, il centro commerciale più grande d'Europa.
La presenza di questo centro commerciale rende ancora più impossibile la circolazione e la normale viabilità su tale strada. Di conseguenza, l'avvio dei lavori per la realizzazione di quest'opera è assolutamente necessario e non più prorogabile.
L'ultima osservazione concerne un aspetto che riteniamo essere assolutamente prioritario ed una valutazione di carattere più generale: non è possibile che, per trovare 200 milioni di euro per interrare questa strada, si sia aspettato così tanto tempo! Non è sicuramente un'osservazione critica nei confronti di questa maggioranza, ma relativa, in generale, al problema del nostro sistema Paese.
Le porto un esempio: l'altro giorno leggevo su Internet che la linea 1 della metropolitana di Milano è stata costruita negli anni Sessanta e finanziata dal solo comune di Milano, che allora si chiamava municipalità di Milano. Perché questo? Perché non era stata ancora fatta la riforma Visentin che centralizzava a Roma il fisco.
La linea gialla, che è stata realizzata negli anni Ottanta, ha visto invece la partecipazione di comune, provincia, regione, enti e Stato. Non bastavano mai i soldi: si è fatta a pezzetti, perché le risorse per la realizzazione di quest'opera non erano mai sufficienti, fino ad arrivare a tre mesi fa, quando è stato aperto il cantiere della linea 5 della metropolitana milanese che è in project financing (praticamente la pagano i privati, la costruiscono i privati e la gestiscono per trenta o quarant'anni gli stessi privati).
La domanda che sorge spontanea è: perché i milanesi pagano 6 miliardi e mezzo di tasse all'anno, se poi non hanno il minimo servizio che torni e si rifletta sul proprio territorio? Questo è un esempio relativo alle infrastrutture.
Attenzione: non sono contrario al fatto che la metropolitana venga costruita e gestita dai privati; mi permetto, però, di sottolineare che è tutto l'insieme del sistema ad essere in crisi, perché ai vigili del fuoco mancano i mezzi, perché alle associazioni dei portatori di handicap mancano le risorse, e i nostri enti locali non hanno i soldi per asfaltare i marciapiedi. Questa è la situazione del nostro territorio, che in un nord economicamente dinamico si sente ancora di più: in una città come Monza avere dei mezzi dei pompieri di età variabile tra i 25 e i 29 anni fa sinceramente ridere. Questa è la situazione in generale del sistema del nostro Paese, e che spiega la mancata realizzazione di tante opere fondamentali per la vivibilità, per la qualità della vita, per l'ambiente e per la competitività economica del nostro Paese.
Tornando nello specifico sulla Lombardia, le consegno questo messaggio volto a far presente che auspichiamo che la delibera sulla perizia di variante non sia unilaterale, bensì condivisa con Impregilo, e che quindi possano partire i lavori quanto prima in un territorio veramente così fondamentale; essa inevitabilmente porterà un guadagno in termini di competitività e di maggiori utili per le aziende - perché non sprecheranno denaro per lasciare i mezzi bloccati sulle strade per oltre un'ora al giorno - e per tutto il sistema Paese.
(Chiarimenti in merito all'eventuale commercializzazione in Italia della pillola abortiva RU486 - n. 2-00907)
PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 50n. 2-00907, concernente chiarimenti in merito all'eventuale commercializzazione in Italia della pillola abortiva RU486 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, intanto ringrazio il signor sottosegretario per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali per essere venuto personalmente, a testimonianza che questo argomento, al di là del tema che riguarda il Ministero della salute, è ritenuto di importante interesse anche per la Presidenza del Consiglio.
Nella nostra interpellanza le ricordiamo che nei prossimi giorni l'Agenzia italiana del farmaco valuterà, secondo la procedura di mutuo riconoscimento, la documentazione scientifica sul mifepristone o RU486, per autorizzare eventualmente la commercializzazione in Italia della pillola abortiva.
Nel bollettino dell'Aifa n. 4 del 2007 risulta che vi è una bibliografia non aggiornata sul numero delle morti collegate all'assunzione del farmaco: non sarebbero solo nove le donne morte, ma nel dossier che è stato pubblicato dal quotidiano Avvenire, che riprende dati pubblicati in altre sedi, ci viene rivelato che i decessi sono sicuramente sedici e forse addirittura diciassette.
Negli Stati Uniti d'America il Center for disease control and prevention, l'autorità sanitaria per il controllo e la prevenzione delle malattie, insieme alla FDA, Food and drug administration, l'ente di controllo dei farmaci, hanno avviato un'indagine internazionale rivolta ai vari provider dell'aborto, per identificare casi di infezioni severe o morti associate ad aborti indotti con mifepristone o misoprostol, ma nessun caso al di fuori degli USA è stato identificato. Il silenzio internazionale, cioè, non corrisponde all'assenza di decessi, e tanto meno di complicanze, ma è un silenzio politico.
Se l'interruzione della gravidanza fosse affidata esclusivamente alla RU486 le percentuali di efficacia del metodo chimico, come a tutti è noto, crollerebbero, non sarebbero considerate accettabili: l'associazione con la prostaglandina è, dunque, indispensabile. La Searle non ha, però, mai registrato il proprio prodotto per l'uso abortivo: le indicazioni ufficiali del Cytotec sono quelle per la prevenzione dell'ulcera gastrica. L'Aifa italiana, quindi, non ha mai registrato il Cytotec per il suo effetto uterotonico, perché l'azienda non ha mai chiesto che fosse commercializzato a questo scopo e non ha mai fornito la documentazione scientifica necessaria per farlo.
Se la RU486 sarà autorizzata, però, il protocollo richiederà che sia associata all'uso del Cytotec off label, cioè fuori dalle indicazioni previste per quel farmaco dalla stessa Aifa. La Searle non ha mai voluto autorizzare l'uso del farmaco per indurre l'aborto, ma ha anche ufficialmente messo in guardia dal farlo. Afferma ufficialmente la direzione scientifica di questa importante azienda: L'uso off label del Cytotec nelle donne in gravidanza ha prodotto seri eventi avversi tra cui la morte materna o fetale; e, quindi, la Searle non ha condotto ricerche sull'uso del Cytotec a scopo abortivo o per indurre il travaglio, e non intende condurle.
Le informazioni sulle morti da Ru486 sono di difficile acquisizione - ciò vale anche per l'indagine ancora in corso negli Stati Uniti - e lo stesso bollettino dell'Aifa prima citato non dimostra di possedere tutte le necessarie informazioni su questo tema. È evidente, per un principio naturale di uso della ragione, che soltanto avendo a disposizione tutti i dati e gli elementi si può decidere garantendo la tutela e in particolare, in questo caso, la tutela della salute delle donne e della salute pubblica.
Vengo dunque ai quesiti che poniamo con l'interpellanza urgente. Chiediamo di sapere cosa il Governo, attraverso la Presidenza del Consiglio e il Ministero della salute, intenda fare per acquisire i dati effettivi sulle morti in seguito ad IVG farmacologica; se esso intenda chiedere alle autorità sanitarie britanniche quante siano effettivamente le donne decedute in Inghilterra, e quale sia l'eziologia; se intenda Pag. 51chiedere alla FIAPAC (International Federation of Professional Abortion and Contraception Associates) la documentazione relativa al decesso comunicato al convegno internazionale svolto a Roma nel 2006, che ha visto la partecipazione ufficiale del Ministro Bonino in rappresentanza del Governo e della dottoressa Cossutta in rappresentanza del Ministero della salute; se intenda svolgere un'indagine internazionale per acquisire informazioni sui decessi e gli eventi avversi in seguito a IVG farmacologica dalle autorità sanitarie dei singoli Paesi in cui la Ru486 è legale; se sia prassi consolidata che l'Aifa autorizzi un farmaco adoperato in associazione con un altro, di cui non è stata chiesta la registrazione a scopo abortivo, e che la stessa ditta produttrice mette in guardia dall'usare a tale scopo; se sia prassi consolidata che l'Aifa autorizzi un protocollo in cui un farmaco venga utilizzato al di fuori delle indicazioni fornite per quel farmaco dallo stesso ente; cosa il Ministero intenda fare, nel caso un simile protocollo venga approvato, per conciliarlo con la normativa vigente, che vieta l'uso di farmaci off label se non all'interno di sperimentazioni cliniche, come confermato dal Ministro (per bocca del Sottosegretario Patta) in risposta a una precedente nostra interpellanza svolta qualche mese fa; cosa intenda fare per acquisire i dati sulle percentuali di donne che non seguono il follow up, e non si presentano alla visita finale di controllo, nei Paesi in cui la Ru486 è legale, con grave rischio per la loro salute; se, inoltre (e concludo), la documentazione scientifica fornita dalla Francia all'Aifa sia disponibile al pubblico, e se non lo è, se il Ministro intenda renderla tale, a garanzia di una totale trasparenza sui criteri adottati per respingere o autorizzare un farmaco tanto discusso.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza proposta e qui illustrata dal presidente Volontè, l'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), competente ratione materiae, ha precisato preliminarmente che l'articolo pubblicato sul Bollettino di informazione sui farmaci dell'ottobre 2007, che viene citato nell'atto parlamentare in esame, è antecedente all'attivazione della procedura di registrazione di mutuo riconoscimento della pillola Ru486, la cui domanda è pervenuta alla predetta agenzia solo in data 9 settembre 2007.
L'Aifa sostiene pertanto che il suddetto articolo non può costituire la base tecnico-scientifica per la valutazione del dossier di beneficio-rischio della Ru486, rappresentando solo un mero contributo scientifico non idoneo ad essere correlato alla procedura europea di registrazione. Esso è stato infatti redatto sulla base di taluni dati emersi dalla pubblicazione di una revisione sistematica sulla pillola Ru486 da parte delle due maggiori agenzie di registrazione dei farmaci, e precisamente l'Agenzia europea dei medicinali (EMEA) e la statunitense Food and Drug Administration (FDA).
La base dati che viene utilizzata dall'EMEA e da tutte le agenzie europee per identificare il numero di reazioni avverse e di eventi fatali associati all'uso dei medicinali, e, nel caso specifico, alla Ru486, è costituita dalla Rete europea di farmacovigilanza e dalle informazioni condivise con altre agenzie regolatori e internazionali, le quali pertanto - chiarisce l'Aifa - costituiscono la fonte ufficialmente riconosciuta in tutti i Paesi per la sorveglianza dei rischi connessi all'utilizzo dei medicinali.
A tali informazioni si aggiungono le segnalazioni di reazioni avverse che, anche se non registrate dai normali sistemi di farmacovigilanza, vengono pubblicate sulla letteratura internazionale in forma di case reports.
Sulla base delle fonti ufficiali citate si riportano gli elementi forniti dall'Aifa, la quale ritiene possibile ricostruire il dato presentato sull'articolo de l'Avvenire e, Pag. 52conseguentemente, chiarire l'apparente contraddizione rispetto all'articolo del BIF: «In un caso l'evento è riportato in data 23 agosto 2007, e quindi in data successiva all'articolo del BIF e dell'ultimo aggiornamento da parte della FDA. In altri tre casi si fa riferimento ad una casistica registrata in Gran Bretagna, ma che la stessa fonte giornalistica cita come casi ancora da verificare e quindi non ancora ufficiali. In ultimo viene citato un caso registrato a Cuba di cui non vi sono verifiche ufficiali».
Si ritiene di condividere il rilievo formulato dalla medesima Agenzia, che ha ritenuto riprovevole il fatto che sia l'atto parlamentare sia il quotidiano Avvenire riportino i dati anagrafici delle donne e anche la loro collocazione geografica.
Per quanto riguarda l'impiego del misoprostolo, in associazione alla RU-486, per un'indicazione non autorizzata, si precisa che l'uso di un medicinale per indicazioni off label è disciplinato nel nostro Paese dal decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536, convertito dalla legge 23 dicembre 1996, n. 648, e dal decreto-legge 17 febbraio 1998, n. 23, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94. Pertanto, l'Aifa ha precisato che, per quanto riguarda tale impiego, in associazione al mifepristone, resta preclusa l'adozione di decisioni discrezionali e autonome da parte della stessa Agenzia.
L'Aifa ha confermato che tutte le segnalazioni, le informazioni e le valutazioni relative all'efficacia e alla tossicità della RU-486 (incluse le segnalazioni riportate nell'interpellanza) sono state verificate dalla stessa Agenzia ed inviate al Reference Member State in Francia, per la necessaria valutazione nell'ambito della procedura legislativa europea.
La procedura legislativa oggetto dell'atto parlamentare costituisce, da parte dell'Aifa, un atto amministrativo dovuto, in quanto correlato ad una procedura di mutuo riconoscimento.
Si ricorda, altresì, che già nel 2003 l'Organizzazione mondiale della sanità in una pubblicazione ha raccomandato l'aborto farmacologico per la interruzione volontaria della gravidanza, in alternativa all'aborto chirurgico.
Inoltre, l'associazione mifepristone/misoprostol è stata inserita nell'elenco dei farmaci essenziali per la salute riproduttiva, predisposto dall'Organizzazione mondiale della sanità nel marzo 2006.
Il Ministero della salute, pertanto, intende assicurare all'onorevole Volontè ed agli onorevoli interpellanti che, unitamente all'Aifa, effettuerà attente operazioni di monitoraggio per un accurato controllo di eventuali eventi avversi, susseguenti alla somministrazione del farmaco in questione.
PRESIDENTE. L'onorevole Volontè ha facoltà di replicare.
LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non posso proprio dichiararmi soddisfatto. Da un lato, certamente acquisirò con interesse anche il testo scritto di questa risposta, ma la soddisfazione sarebbe stata quella di una volontà politica, da parte del Ministero della salute, nell'intraprendere indagini simili a quelle intraprese da altri Stati, per verificare fino in fondo gli effetti mortiferi dell'uso della pillola RU-486.
Vi sono elementi positivi nella risposta, anche se tale volontà politica non emerge da parte del Ministero, se non nell'ultima affermazione, riportata con intelligenza dal sottosegretario Naccarato, che dà l'assicurazione che l'Aifa e il Ministero della salute valuteranno con grandissima attenzione anche i dati forniti attraverso la nostra interpellanza.
Torneremo certamente a valutare con attenzione, anche seguendole da vicino, le procedure sulle quali si stanno impegnando le Agenzie, soprattutto l'AIFA nel nostro Paese, perché gli atti e i dati che sono emersi nel dibattito internazionale anche, come viene detto nella risposta, in pubblicazioni che ne hanno parlato, dimostrano che non si tratta di eventi «avversi», termine usato nella risposta, ma di casi che frequentemente provocano gravi emorragie per le donne che usano questo farmaco e spesso, come abbiamo visto, sopravvengono perfino dei casi mortali.Pag. 53
Certo è vero, caro sottosegretario, che fino a qualche anno fa si è detto, e si continua a dire, non riconoscendo i dati delle morti avvenute nel frattempo, che la Ru486 è un'alternativa all'aborto chirurgico. Peccato che a fronte delle morti nel primo e nel secondo caso - mi riferisco alle madri evidentemente, visto che il neonato in entrambi i casi muore - ci sia un differenziale che si sta allargando sempre di più. È molto più pericoloso l'aborto chimico di quanto non sia quello chirurgico.
A fronte dei nuovi dati forse sarebbe utile, anche presso l'Agenzia europea, fare una riflessione, se vogliamo guardare i dati e non esclusivamente gli interessi dell'azienda produttrice. Ricordo che questo è uno dei pochi farmaci al mondo che ha un monopolio di produzione, il quale si è evidenziato per l'ennesima volta nel famoso convegno di cui abbiamo parlato prima, il convegno di Roma che aveva la casa produttrice Exelgyn come golden sponsor della manifestazione.
Se si vuole definire come «salute riproduttiva» - termine che io aborro - questa serie di morti, usino pure questo termine i tanti amici che ritengono di scambiare il significato delle parole, ma certamente non è questa la nostra volontà.
Con tutte queste perplessità, onorevole sottosegretario, il mio più che un apprezzamento, ma neanche una cocente delusione, è un invito a tornare a riflettere e a valutare con attenzione, come lei stesso nella risposta ci ha assicurato di voler fare, sui dati drammatici che sono emersi in questi ultimi mesi e, nello stesso tempo, a tornare a riflettere se non sia necessario - a nostro avviso è indispensabile - attivare tutti i mezzi, anche politici, per acquisire quei dati che potrebbero ancor più mettere nelle condizioni l'AIFA di valutare, a nostro avviso, negativamente l'introduzione di questo farmaco nel nostro Paese.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 14 gennaio 2008, alle 16:
Discussione del disegno di legge e del documento:
S. 1448 - Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2007 (Approvato dal Senato) (3062-A).
- Relatore: Bimbi.
Relazione sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea (Doc. LXXXVII, n. 2).
- Relatore: Frigato.
La seduta termina alle 15,55.