Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
XV LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 64 di martedì 7 novembre 2006
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI
La seduta comincia alle 9,05.
GIUSEPPE MORRONE, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, nessun deputato è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono cinquantasette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (A.C. 1746-bis); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009 (A.C. 1747).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta dei disegni di legge: Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007); Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione congiunta sulle linee generali è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).
(Discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 1746-bis e A.C. 1747)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione congiunta sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto altresì che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore sul disegno di legge n. 1746-bis, onorevole Ventura, ha facoltà di svolgere la relazione.
MICHELE VENTURA, Relatore sul disegno di legge n. 1746-bis. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la manovra di finanza pubblica per il 2007 propone una vera e propria svolta, che è caratterizzata da alcune direttrici: il risanamento dei conti pubblici, che sarà strutturale, crescente nel tempo e definitivo; una riqualificazione della spesa pubblica, che ora mantiene apparati amministrativi pesanti e che, poi, finanzierà programmi di sviluppo; una redistribuzione più equa del reddito e della pressione fiscale complessiva, attraverso modifiche al sistema fiscale e parafiscale, con l'avvio di un processo che definirà un minor carico sullePag. 2imprese e sui redditi più bassi; l'avvio di riforme profonde sul terreno del federalismo fiscale, della sanità, della previdenza, della pubblica amministrazione e dello Stato sociale.
Per capire il disegno complessivo della manovra, bisogna partire dalle posizioni di coda, che ormai da un decennio l'Italia occupa nell'ambito della media europea sia in relazione alla crescita, sia in relazione alla competitività. L'urgenza è stata quindi quella di organizzare una manovra che coniugasse il rigore con il reperimento di risorse da indirizzare alla crescita.
Per quel che attiene al rigore, bisogna ricordare che la situazione dei conti pubblici lasciata dal centrodestra è molto complessa. Infatti, accanto ai disavanzi dei saldi, sono emersi altri elementi più subdoli, ma più problematici, che hanno indicato come l'attività dell'esecutivo di centrodestra abbia portato alla desertificazione di terreni essenziali della spesa pubblica ed abbia inciso pesantemente su una parte discrezionale della spesa pubblica. Per tali motivazioni, questa manovra di bilancio di 34,7 miliardi di euro si configura per necessità come una delle più ambiziose degli ultimi 15 anni.
La situazione ereditata è così caratterizzata: il Governo ha trovato un deficit tendenziale per il 2007 a pari al 4,3 per cento del PIL, che ha raggiunto il 4,6 per effetto della sentenza della Corte di giustizia europea sul rimborso dell'IVA per le auto aziendali. Il Governo, dunque, è dovuto intervenire a giugno, appena insediato, con una prima manovra correttiva, che ha ridotto questo deficit tendenziale dello 0,5 per cento, e in ottobre, con disposizioni correttive sull'IVA relative alle auto aziendali per un altro 0,3 per cento del PIL. Resta un residuo del 3,8 per cento. Per ridurlo la manovra di bilancio ha destinato 15,2 miliardi di euro. L'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni scenderà pertanto al 2,8 per cento.
In conclusione, il totale delle misure correttive del disavanzo adottate dal Governo attuale per il 2007 è dell'1,8 per cento del PIL, ossia più del doppio rispetto allo 0,8 ipotizzato dal Governo Berlusconi per l'anno 2007.
L'avanzo al netto degli interessi sul debito, che era stato praticamente azzerato dal precedente Governo, salirà al 2 per cento e di conseguenza il rapporto debito-PIL interromperà la crescita di questi due ultimi anni.
Uno degli aspetti più importanti della manovra consiste nel suo carattere strutturale di correzione del deficit. L'impatto crescente delle riduzioni di spesa previste nella legge finanziaria dovrebbe permettere di ridurre il prelievo fiscale fin dal 2008 e, al contempo, consentire all'indebitamento netto di collocarsi stabilmente al di sotto del 3 per cento anche in assenza di ulteriori interventi. Al riguardo, il recente declassamento di rating ad opera di due agenzie sembra essere più un giudizio finale di un processo di verifica avviato dalle due agenzie nel 2005, che tra l'altro coincide con i risultati delle relazioni sullo stato dei conti pubblici, divulgato del Governo Prodi nel giugno scorso, che hanno costretto a mettere mano alla manovra economica correttiva. A sostegno di tale affermazione segnalo che la terza agenzia di rating, la Morgan Stanley, ha recentemente dichiarato che le agenzie potrebbero essere costrette a rialzare il loro giudizio prima del previsto, osservando che il potenziale di crescita dell'Italia migliora e che il deficit pubblico si riduce.
Gli effetti della manovra sui saldi sono notevoli. Il rapporto deficit-PIL è previsto in discesa al 2,8 per cento nel 2007, dopo essere costantemente cresciuto ed essersi mantenuto sempre sopra il tetto del 3 per cento, fissato dal trattato di Maastricht dal 2001 al 2006. Si stima che il rapporto debito-PIL tornerà a diminuire nel 2007, dopo essere aumentato sia nel 2005 che nel 2006. L'avanzo primario salirà al 2 per cento nel 2007, dal -0,3 per cento di quest'anno e dal -0,4 per cento del 2005. Si prevede che la spesa sanitaria complessiva sarà in diminuzione nel 2007 rispetto a quest'anno, da oltre 102 a 101,7 miliardi,Pag. 3dopo essere cresciuta ad un tasso medio annuo del 5,7 per cento nel periodo 2000-2005.
A coloro che hanno accusato questa legge finanziaria di essere poco incisiva sul fronte dei tagli, specie nei confronti della spesa della pubbliche amministrazioni, è possibile opporre quelli previsti dall'articolo 53 che tante polemiche hanno suscitato, a dimostrazione che risparmiare sulla spesa pubblica non è mai un'operazione agevole. In esso si stabilisce, infatti, che sia accantonata e resa indisponibile in maniera proporzionale una quota pari a 4.572 milioni di euro nel 2007, a 5.031 nel 2008, a 4.922 nel 2009 delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente, relativamente ad alcune categorie di spesa. In questa sede, vorrei segnalare che il dibattito in Commissione bilancio si è rivelato stupefacente, riferendomi al momento in cui alcuni colleghi del centrodestra, dopo la lettura dell'articolo 53, hanno scoperto la previsione dei tagli di spesa in determinati settori. Fin dalla presentazione del DPEF e della legge finanziaria abbiamo annunciato tali tagli e, pertanto, non credo che possa trattarsi della scoperta dell'ultimo momento.
Molti Ministeri semplificheranno le loro strutture e nel campo della scuola vi è l'avvio del processo di avvicinamento del rapporto alunni-insegnanti alla media europea. Nel campo del pubblico impiego e delle diverse strutture ministeriali sono previsti numerosi cambiamenti. È presente la modifica della struttura del bilancio dello Stato, con una riduzione del numero dei capitoli di spesa che consente una maggiore flessibilità di gestione e quindi maggiori economie.
La riorganizzazione e razionalizzazione della pubblica amministrazione ha prodotto risparmi per 3,9 miliardi di euro: ci vorranno determinazione e tempo, ma il processo è avviato.
Vorrei, ora, seppur brevemente, dare conto dei lavori della Commissione bilancio. Questi hanno consentito di esaminare solo 11 articoli su 217, mentre 38 sono state le modifiche apportate al testo. Si è affermato, non senza qualche ragione, che alcune delle cause della scarsa produttività del lavoro della Commissione bilancio siano da far risalire ai ritardi, ai ripensamenti, all'inefficacia del filtro dell'Esecutivo nei confronti delle numerose sollecitazioni tipiche della sessione di bilancio.
Il testo della finanziaria di quest'anno è particolarmente corposo, con ben 217 articoli. Rilevo però che quando si presentano settemila emendamenti, di cui quattromila della opposizione e tremila da parte dei gruppi della maggioranza, è ben difficile poi ottenere un iter ordinato e minimamente approfondito delle proposte di modifica. Anche il numero degli emendamenti segnalati per l'esame in Commissione dai vari gruppi ha raggiunto la cifra di ben novecento proposte emendative. Con questi numeri, mai raggiunti in precedenza, i difetti delle regole che governano la sessione di bilancio - rilevate da più parti negli anni scorsi - si sono trasformati in patologie.
Faccio rilevare come negli anni scorsi il Governo presentava emendamenti marginali in Commissione per poi riscrivere quasi daccapo la legge finanziaria con i maxiemendamenti in Assemblea. Ora, dobbiamo dare atto al Governo di aver già depositato in Commissione emendamenti importanti e significativi, come quelli relativi all'articolo 53 sui tagli delle spese dei Ministeri, sul TFR, sull'IRPEF, sul patto di stabilità interno, sui contratti del pubblico impiego.
Più che rimpallarsi le responsabilità, che pure ci sono, tra Governo e Parlamento, tra opposizione e maggioranza, servirebbe un impegno comune per avviare da gennaio in poi - e con una certa urgenza -, una modifica condivisa della sessione di bilancio. So bene che i tentativi, anche nel recente passato, non sono mancati. Segnalo soltanto che abbiamo raggiunto un punto critico di non ritorno che rischia di vanificare nei fatti una corretta dialettica su questo terreno tra Esecutivo e Parlamento. Non è un caso che il Governo di centrodestra, nella scorsa legislatura, pur godendo di una confortevolePag. 4maggioranza, sia ricorso alla fiducia per approvare le ultime leggi finanziarie relative al 2004, 2005 e 2006.
Una delle questioni affrontate in Commissione riguarda gli enti territoriali. Nella disciplina per il patto di stabilità interno delle regioni, la legge finanziaria prevede ancora per il 2007 un'evoluzione controllata della spesa. I vincoli alla spesa corrente in conto capitale, disposti nella precedente legislatura, saranno quindi progressivamente superati per giungere all'individuazione dell'obiettivo per il patto di stabilità definito in termini di disavanzo.
Per il patto di stabilità interno degli enti locali sono state introdotte modifiche all'articolo 74 che raccolgono significative istanze degli stessi, riducendo il peso della manovra a loro carico. A proposito dei rapporti tra Esecutivo ed enti locali, si apre un capitolo molto complesso ed una sorta di commedia degli equivoci: dichiarazioni che continuano a susseguirsi e difficoltà a capire dove sia il punto reale dell'intesa. Mi auguro che l'evolversi del confronto anche parlamentare del dibattito porti ad un chiarimento definitivo, perché è del tutto evidente che un accordo pieno con il sistema degli enti locali si presenta - anche per lo sforzo che questa legga finanziaria prevede - quanto mai essenziale.
La Commissione ha poi approvato significative misure di intervento a sostegno dei piccoli comuni.
Come ho già sottolineato, la crescita è l'obiettivo centrale della manovra di bilancio. Le misure per lo sviluppo si basano, oltre che sul taglio del cuneo fiscale - la misura, a regime, comporta una riduzione di 3 punti percentuali del costo del lavoro - e sul piano Bersani, anche sul credito di imposta per spese di investimento e per spese di ricerca e sviluppo. Ripartono gli investimenti infrastrutturali. Nel quinquennio 2001-2005 la quota della spesa in conto capitale è stata mediamente del 4 per cento per il 2007. Il disegno di legge finanziaria destina agli investimenti risorse in misura tale che la quota della spesa pubblica in conto capitale raggiunga il 4,6 per cento del PIL. Risorse per 7 miliardi per il 2007, e per 19 miliardi di euro nel triennio, sono destinate al fondo per la competitività e lo sviluppo, al fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), al fondo per la ricerca industriale e di base, ad infrastrutture, alle reti ferroviarie e stradali e al Mezzogiorno. Misure specifiche sono previste per il turismo, la cultura, l'agricoltura, l'ambiente, i fondi per l'occupazione e le politiche sociali, la famiglia (asili nido e anziani), le donne, le politiche abitative, il diritto allo studio e la cooperazione internazionale. Noi veniamo da un lustro sconfortante, in questo senso. Infatti, le risorse per investimenti, infrastrutture, innovazione e ricerca, servizi essenziali quali strade e ferrovie, per la cultura, l'ambiente e la difesa del suolo, il turismo e tanti altri comparti non hanno fatto altro che ridursi costantemente, sino a livelli insostenibili con la manovra per il 2006.
Nel disegno di legge finanziaria è confluito anche il contenuto del cosiddetto «progetto industria 2015» per il rilancio del settore industriale italiano e per il recupero di competitività nei confronti dei partner europei ed internazionali. Tre le direttrici degli interventi: per la competitività, per la crisi d'impresa e in materia di brevetti.
Inoltre, si istituisce il fondo per la finanza d'impresa, con un finanziamento iniziale di 600 milioni di euro, per facilitare l'accesso al credito e la partecipazione al capitale di rischio da parte delle piccole e medie imprese.
Le modifiche intervenute in Commissione bilancio hanno introdotto interventi in favore del made in Italy. Una ulteriore attenzione, nel corso dell'esame parlamentare del disegno di legge finanziaria, dovrà essere rivolta al mondo dell'artigianato. Su tale argomento, il confronto con il Governo e le associazioni di categoria è aperto.
Il Mezzogiorno è al centro di una nuova iniziativa di rilancio degli investimenti e dell'occupazione. Già si è detto della differenziazione territoriale nella riduzione del cosiddetto cuneo fiscale. Un ulteriore incentivo è previsto, sempre inPag. 5deduzione dalla base imponibile IRAP, per l'assunzione di lavoratrici, dal momento che il Mezzogiorno presenta tassi di occupazione femminile tra i più bassi d'Europa. Inoltre, si reintroduce un credito di imposta automatico per gli investimenti. Il fondo aree sottoutilizzate è incrementato di 63 miliardi di euro, tra il 2007 e il 2015, per la realizzazione di interventi di politica regionale per il periodo di programmazione 2007-2013. Ciò consente di incrementare la percentuale di risorse destinate allo sviluppo del Mezzogiorno, sul totale destinato all'intero territorio nazionale, dal 38,6 per cento - la media del periodo 2000-2005 - al 42 per cento per il periodo 2007-2011. Tra gli interventi più significativi per il Mezzogiorno occorre segnalare il fondo per le zone franche urbane, per il recupero urbano di aree e quartieri degradati nelle città del meridione. Credo che le immagini di queste ultime giornate, le cronache crude alle quali assistiamo in grandi metropoli del sud, dovrebbero convincere tutti della priorità e dell'esigenza di uno sforzo straordinario in questa direzione.
L'investimento sul capitale umano nel nostro paese rappresenta uno dei capitoli sui quali si comincia a percepire un'inversione di tendenza rispetto al recente passato.
Per la ricerca nel suo complesso sono previsti 2 miliardi di euro nel triennio. Oltre al credito di imposta per le imprese, il disegno di legge finanziaria prevede la nascita del fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica che riunisce in un fondo unico i precedenti quattro fondi esistenti presso il Ministero e per il quale sono previsti fondi aggiuntivi pari a 960 milioni di euro nel triennio. A queste somme si aggiungono i fondi CIPE e i fondi precedenti pari a 200 milioni di euro per il 2007. Sono stanziati 140 milioni di euro per un piano straordinario triennale di assunzione dei ricercatori stimato in 2 mila unità. Altre risorse sono previste per stabilizzare i ricercatori precari degli enti di ricerca.
Per la scuola è prevista un'assunzione dei lavoratori precari, di cui 150 mila nuovi docenti e 20 mila ATA (amministrativi, tecnici e ausiliari) in tre anni, dal 2007 al 2009.
PRESIDENTE. Onorevole Ventura, le ricordo che anche i tempi riservati ai relatori per la discussione congiunta sulle linee generali sono contingentati...
MICHELE VENTURA, Relatore sul disegno di legge n. 1746-bis. Allora, mi avvio a concludere molto rapidamente e chiedo fin d'ora alla Presidenza di autorizzare la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia ampia relazione.
L'obbligo scolastico a decorrere dall'anno scolastico 2007 verrà elevato a 16 anni con l'istituzione di un biennio unitario.
Vi sono, poi, misure che riguardano le infrastrutture. Vi è una parte molto ampia, descritta nella relazione, per quanto riguarda la riforma dell'IRPEF.
Se me lo consente, signor Presidente, vorrei dire che, rispetto alla complessità di questa manovra finanziaria, tutti i partiti di maggioranza e di opposizione, nonché le rappresentanze delle forze produttive e sociali, sono chiamati a dare al nostro paese risposte al di sopra dei particolarismi e corporativismi esasperati. C'è bisogno di tornare a ragionare in termini di interesse generale. Nel disegno di legge finanziaria che ci accingiamo a discutere non vi è soltanto il grande e difficile sforzo compiuto ai fini del risanamento; vi è una strategia di lungo periodo. È una strategia aperta, che non pretende di dare tutte le risposte. Vi è la disponibilità ad un confronto e ad un dibattito ampio anche con chi pensa che diverse soluzioni potrebbero essere date rispetto a quelle da noi proposte. È qualcosa, però, che era necessario fare ed a cui non eravamo più avvezzi da qualche anno; ma contempla la parte più alta della politica. Si insegue, spesso, un consenso immediato, altrettanto spesso a scapito degli interessi del paese e del suo futuro. La dignità di una classe politica risiede nella sua lungimiranza e nella sua capacità di compiere scelte improrogabiliPag. 6per la salvaguardia del paese in nome di frutti futuri (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Ventura. La Presidenza autorizza sulla base dei criteri costantemente seguiti, la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della relazione.
Il relatore sul disegno di legge n. 1747, deputato Piro, ha facoltà di svolgere la relazione.
FRANCESCO PIRO, Relatore sul disegno di legge n. 1747. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signore e signori deputati, l'esame dei documenti di bilancio a legislazione vigente risente fortemente ormai del progressivo affievolimento dell'importanza che questi strumenti hanno ai fini della programmazione e delle determinazioni delle politiche di correzione dei saldi e di intervento sui fattori economici interamente affidati alla legge finanziaria.
Il bilancio dello Stato conserva, tuttavia, un suo ruolo significativo, se non altro perché da esso dipende la funzionalità della pubblica amministrazione. Il bilancio, infatti, è oggi pressoché un bilancio di mantenimento, uno degli indicatori più sicuri dell'efficienza della pubblica amministrazione, ma anche delle distorsioni e delle criticità che attraversano il sistema Stato. La struttura del bilancio 2007 presenta alcune significative novità. Il ridisegno delle strutture ministeriali ha comportato la redistribuzione delle competenze ed una diversa allocazione dei centri di spesa, operazione avvenuta a saldo zero. Non ci sono, infatti, aumenti di spesa, se non per quella parte legata ai ministri ed ai sottosegretari, la cui copertura, peraltro, è stata prevista da altro provvedimento. Vi è l'aggregazione, operata a livello dell'allegato tecnico, di capitoli di spesa aventi la stessa natura e la medesima classificazione economica SEC95, la cui gestione specifica avverrà a livello di articolo. Ciò dovrebbe comportare una maggiore elasticità di gestione, perché sulla competenza si potrà operare con variazioni compensative a livello di articolo.
Sulla cassa, la presenza di capitoli accorpati consentirà di fare fronte con più appropriatezza alle esigenze che si manifesteranno nel corso dell'esercizio. Conseguentemente, a questa ristrutturazione, i centri di responsabilità amministrativa passano, dal 2006 al 2007, da 170 a 189, le unità di voto da 1.628 a 1.605, i capitoli da 7.516 (quanti erano nel 2006), a 4.759 (quanti sono nel 2007), con un'imponente riduzione di 2.757 capitoli.
In generale, il bilancio a legislazione vigente manifesta un decremento delle spese cosiddette discrezionali, su cui incide anche il sistema delle convenzioni quadro Consip e mantiene inalterata l'estrema rigidità della spesa (le spese vincolate, sul totale delle spese finali, si attestano, infatti, ad una percentuale del 92,15 per cento) e realizza un ulteriore decremento delle spese in conto capitale, che si attestano attorno ad una percentuale del 6,54 per cento delle spese finali. Si evidenzia qui, ancora una volta, una doppia pericolosa tendenza. La prima è quella di una progressiva rigidità della spesa e ciò richiede la necessità di intervenire sulla legislazione con un'attività di «disboscamento» della pletora di leggi di spesa esistenti nel paese. L'altra tendenza è quella che porta a compensare le difficoltà registrate nel contenimento della spesa corrente con una diminuzione degli investimenti.
Il quadro generale riassuntivo del bilancio di previsione per il 2007 evidenzia i seguenti importi, al netto delle regolazioni contabili e debitorie: le entrate finali si attestano a 423,4 miliardi per competenza e a 402,2 per cassa, mentre le spese finali si attestano a 427,3 miliardi per competenza e a 444,6 miliardi per cassa. Il saldo netto da finanziare risulta pari a 3.885 milioni di euro, mentre nel bilancio di cassa il saldo netto da finanziare risulta pari a 42.436 milioni di euro. Le regolazioni contabili e debitorie e i rimborsi IVA iscritti nel bilancio ammontano, per quanto concerne le entrate, a 26.931 milioniPag. 7di euro, per quanto concerne le spese, a 30.081 milioni di euro. Le previsioni del bilancio registrano una forte riduzione del saldo netto da finanziare, anche rispetto al disegno di legge di assestamento per il 2006, derivanti dall'aumento delle entrate finali e da una riduzione delle spese finali. Anche il saldo corrente risparmio pubblico registra rispetto alle previsioni assestate per il 2006 un miglioramento di 25.313 milioni di euro, dovuto essenzialmente all'incremento delle entrate correnti per oltre 22 mila milioni di euro ed alla riduzione di 3.240 milioni di euro delle spese correnti. L'avanzo primario pertanto registra un notevole incremento, di 32.734 milioni.
Per quanto riguarda più precisamente le entrate finali, l'incremento di oltre 22 miliardi di euro rispetto alle previsioni assestate per il 2006 è determinato dall'aumento di quasi 23 miliardi di euro delle entrate tributarie e dalla riduzione di poco meno di un miliardo delle entrate extratributarie. L'incremento delle entrate tributarie, in particolare, riguarda per 14.322 milioni le imposte dirette e per 8.667 milioni quelle indirette. Fra le maggiori entrate secondo la relazione tecnica al decreto-legge n. 262 del 2006 sono state considerate quelle derivanti proprio dall'applicazione dei commi 25 e 26 dell'articolo 7 del decreto-legge destinate a compensare il minor gettito connesso all'applicazione della sentenza della Corte di giustizia europea sulla detraibilità dell'IVA sugli autoveicoli.
Riguardo alle spese finali iscritte nel bilancio, la riduzione ha interessato sia quelle di parte corrente, sia quelle in conto capitale. Nell'ambito delle spese correnti, si registra un incremento della spesa per interessi di oltre 2 miliardi di euro, quasi interamente dovuto all'andamento dei tassi, peraltro tuttora in movimento verso l'alto.
Il disegno di legge finanziaria contiene alcune disposizioni che hanno un'incidenza significativa sul bilancio. Mi riferisco, in particolare, all'articolo 53 su cui si è svolta in Commissione un'ampia ed approfondita discussione e che giunge in Assemblea con un testo profondamente modificato rispetto al testo originario proposto dal Governo. Il comma 1 dispone che è accantonata e resa disponibile in maniera lineare una quota pari a 4.572 milioni nel 2007, 5.031 nel 2008 e 4.922 nel 2009, relativa a numerose categorie: i consumi intermedi, i trasferimenti correnti alle amministrazioni pubbliche, quelli a famiglie e istituzioni sociali private, alle imprese e all'estero, altre uscite correnti e le categorie di spesa in conto capitale con esclusione dei trasferimenti relativi agli enti territoriali, agli enti previdenziali, agli organi costituzionali, nonché quelli a favore della protezione civile e del fondo ordinario delle università, nonché quelli relativi alle confessioni religiose di cui alla legge 20 maggio 1985 n. 222. Devo osservare che la legge n. 222 del 1985 riguarda soltanto la Chiesa cattolica, mentre i rapporti con le altre confessioni religiose sono disciplinati sulla base di leggi successive. Ritengo, quindi, che anche queste leggi dovrebbero essere richiamate espressamente nell'articolo. Sono esclusi, altresì, a seguito di una modifica introdotta nel corso dell'esame in Commissione, i trasferimenti a favore della protezione civile e del 50 per cento dello stanziamento del fondo per le aree sottoutilizzate all'interno delle spese in conto capitale.
Sempre nel corso dell'esame in Commissione, è stato introdotto anche un regime peculiare per il Ministero della pubblica istruzione le cui previsioni si prevede vengano incise per un importo complessivo di 40 milioni di euro per ciascun anno. Sono state escluse le autorizzazioni di spesa predeterminate legislativamente, nonché il comparto della radiodiffusione televisiva locale.
Numerosi provvedimenti legislativi adottati nel passato hanno inteso conseguire risparmi di spesa attraverso interventi di carattere orizzontale sugli stanziamenti di bilancio, ma l'efficacia di tali interventi indifferenziati sulla dotazione di bilancio è stata più volte messa in discussione: così la Corte dei conti nel rendiconto generale per l'esercizio finanziario 2004 e così la stessa commissione cosiddettaPag. 8Faini, istituita dal ministro dell'economia e delle finanze, che è stata unanime nel valutare l'impatto di misure di riduzione generalizzata della spesa.
Sotto questo profilo, si può affermare, tuttavia, che l'operazione di accantonamento e di indisponibilità di somme stanziate in bilancio che il Governo intende realizzare presenta alcune caratteristiche di novità: innanzitutto, per il meccanismo di flessibilità che viene introdotto e che consentirà di modulare gli accantonamenti in corso d'anno secondo le esigenze effettive della pubblica amministrazione. Poi, perché non viene operata una riduzione percentuale in modo cieco, ma ci si propone di intervenire con precisione sulle diverse unità previsionali di base con un meccanismo, dunque, di maggiore responsabilità, ma anche di maggiore trasparenza.
Infatti, nel corso dell'esame in Commissione, il Governo ha presentato un allegato, sia pure con finalità puramente conoscitive, in cui però viene dato analiticamente conto dell'entità di ciascun accantonamento. Per il 2007, questo accantonamento rappresenta il 12,7 per cento degli stanziamenti interessati, per il 2008, il 14,3 per cento e, per il 2009, il 12,8 per cento.
Ancora, nel corso dell'esame in Commissione, è stata modificata la procedura per addivenire a variazioni dei predetti accantonamenti. Tali variazioni, adesso, devono essere disposte con decreto del ministro dell'economia e delle finanze, ma viene assicurato il coinvolgimento del Parlamento, al quale lo schema di decreto deve essere trasmesso per l'acquisizione del parere da parte delle Commissioni competenti per le conseguenze di carattere finanziario.
Sempre in Commissione, infine, è stato soppresso il previgente comma 3 che, introducendo una flessibilità gestionale molto ampia, disponeva che il ministro dell'economia potesse procedere a variazioni compensative tra capitoli appartenenti a diverse unità revisionali, nell'ambito delle categorie indicate nel comma 1 dell'articolo.
Il bilancio di cassa, per l'anno 2007, reca al netto di regolazioni debitorie e contabili, previsioni di incassi e pagamenti rispettivamente pari a 402,2 miliardi e 444,7 miliardi. La massa acquisibile e la massa spendibile vengono indicate rispettivamente in 588,7 miliardi e 523,4 miliardi. I coefficienti di realizzazione espressi dal raffronto dei flussi di cassa, previsti con i corrispondenti potenziali, risultano pari al 68,3 per cento per le entrate e al 84,97 per cento per le spese.
Il bilancio triennale 2007-2009 contiene anch'esso una novità significativa: tutti gli stati di previsione per il 2007, infatti, sono accompagnati da un allegato relativo al bilancio triennale, esposto per unità previsionali di base, che, quindi, allarga sicuramente la fascia di conoscibilità e di trasparenza del bilancio stesso. Il bilancio triennale prevede che le entrate finali per il 2009 siano di 447,7 miliardi e le spese finali di 438,9 miliardi, mentre il rimborso dei prestiti è previsto rimanga sostanzialmente stabile nel triennio. I fondi globali per nuovi interventi legislativi sono previsti in 22,6 milioni di euro, per la parte corrente, e 258 milioni di euro, per il conto capitale.
Anche quest'anno, viene presentato il bilancio ambientale, il cosiddetto ecobilancio in via sperimentale. Esso offre un quadro di sintesi delle spese previste per la protezione dell'ambiente, suddivise per settori di intervento e distinte tra spese dirette dell'amministrazione centrale e spese da realizzare da parte di altri enti, tramite trasferimento. Per l'entrata, va notato che solo il Ministero dell'ambiente presenta un capitolo dedicato al quale affluiscono risorse, mentre, per quanto riguarda le spese, nel bilancio a legislazione vigente, esse sono previste per un totale di 694,9 milioni di euro con un calo significativo rispetto ai 780,2 milioni di euro del bilancio assestato 2006, mentre è ancora più significativo il trend storico, che è francamente negativo (passando dai 1.102 milioni di euro del 2004 agli attuali 694,9).
Si modifica anche la composizione della spesa: si riduce quella diretta dellePag. 9amministrazioni centrali ed aumenta quella indiretta. Sicuramente, ciò dipende da un ruolo crescente, anche per quanto riguarda la protezione dell'ambiente, che viene assunto da regioni ed enti locali. Non sembra, però, che il ruolo delle regioni e degli enti locali riesca a compensare la diminuzione degli stanziamenti statali. Si tratta di un'iniziativa interessante; tuttavia, ritengo che bisogna passare al più presto ad un vero e proprio bilancio ambientale, un bilancio, cioè, a consuntivo, che consenta una verifica puntuale degli interventi con una elencazione degli interventi stessi.
Per quanto riguarda gli effetti sul bilancio che saranno determinati dal disegno di legge finanziaria e dei collegati, secondo le stime fornite dal Governo, il complesso delle disposizioni introdotte dal decreto-legge n. 262 del 2006 in materia tributaria e finanziaria determinano un aumento delle previsioni di entrata per 6.568 milioni di euro (tutte relative alle entrate tributarie) ed una riduzione delle previsioni di spesa per 1.248 milioni di euro.
Il complesso delle disposizioni introdotto dal disegno di legge finanziaria determina sia un aumento delle entrate per 3.324 milioni di euro sia un aumento delle spese per 29.694 milioni di euro. L'incremento delle entrate è riconducibile principalmente all'aumento delle entrate tributarie, mentre, per quanto riguarda le spese, le disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria determinano un aumento delle spese correnti primarie per 16.943 milioni ed un incremento della spesa in conto capitale di 12.752 milioni.
Per effetto di tali modifiche, i saldi del bilancio dello Stato risultano rideterminati nei seguenti valori: il saldo netto da finanziare risulta pari a 22.440 milioni di euro, il risparmio pubblico assume un valore pari a 16.549 milioni di euro, il ricorso al mercato è pari a 218.359 milioni di euro. Tali valori del saldo netto da finanziare e del ricorso al mercato, che dovrebbero determinarsi nel bilancio di previsione per il 2007 integrato con gli effetti del disegno di legge finanziaria, risultano, in ogni caso, inferiori ai limiti massimi stabiliti all'articolo 1, comma 1, del disegno di legge finanziaria medesimo che fissa tali limiti rispettivamente in 29 miliardi di euro e in 240.500 milioni di euro.
In conclusione, si può affermare, dunque, che, tenendo conto della manovra correttiva, le risultanze complessive per il bilancio di previsione del 2007 assicurano la piena rispondenza agli obiettivi di finanza pubblica programmati e definiti nel Documento di programmazione economico-finanziaria come integrato dalla nota di aggiornamento (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
VINCENZO VISCO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
È iscritto a parlare è l'onorevole Berruti. Ne ha facoltà.
MASSIMO MARIA BERRUTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la manovra finanziaria per il 2007 è stata, come risaputo, frazionata in quattro provvedimenti: il decreto-legge Visco-Bersani, approvato la scorsa estate, il decreto-legge n. 262 del 2006, approvato il mese scorso, il disegno di legge in esame e quello sul riordino del sistema tributario, che ha appena iniziato il suo cammino parlamentare.
Si potrebbe pensare che questa suddivisione sia stata determinata da esigenze sistematiche, ma crediamo che non sia così, perché gli stessi temi si trovano disseminati nei vari provvedimenti senza una ragione, almeno apparente. Allora, dovremmo ritenere che l'adozione di due decreti-legge sia stata imposta dall'urgenza di mettere in ordine i conti pubblici, ma anche questa ipotesi è infondata, perché l'ISTAT ha fatto sapere che il deficit pubblico è sceso al 2,9 per cento nel primo semestre di quest'anno.Pag. 10
Non ci resta che constatare, quindi, che vi è stata una scelta tecnica, fosse diversiva, per impedire un'esatta ricostruzione dello scenario che attende i cittadini nel prossimo anno e negli anni successivi. Ma con pazienza, il mosaico, in qualche maniera, è stato ricostruito e, quindi, nel commentare il disegno di legge in esame, credo sia necessario rifarsi a pezzi di norme disseminate qua e là, artatamente - non abbiatevene a male -, in varie direzioni.
Giorni addietro, e solo da fonti giornalistiche, apprendevamo che l'ammontare della manovra era in continua variazione nell'ordine di milioni, se non di miliardi, di euro, secondo l'interlocutore del momento. Oggi, l'ultimo riscontro ci parla addirittura di 40 e più miliardi di euro. Ciò impone di spostare l'attenzione soprattutto su quelle parti della manovra di finanza pubblica che riguardano le entrate, poiché non si comprende la ragione per cui venga richiesto un sacrificio tanto grave ai cittadini italiani.
A mio parere, inoltre, vi è un secondo motivo per soffermarsi su tale aspetto, costituito dall'irrazionalità di alcune norme, poiché esse fanno ritenere che siano state gettate le basi per futuri aumenti della pressione fiscale; si tratterebbe, peraltro, di inasprimenti tributari sottratti al controllo parlamentare. Se ciò fosse dimostrato, sarebbe un fatto gravissimo.
In quest'ottica, appare quasi irrilevante soffermarsi analiticamente sugli aspetti relativi alle modifiche delle «curve» delle aliquote tributarie, del sistema delle detrazioni e delle deduzioni e via dicendo. Credo, infatti - e tutti, oggi, lo hanno ben chiaro -, che non vi sia angolo del paese in cui il problema non sia stato discusso e la manovra finanziaria sia stata coralmente disapprovata, a causa dell'aumento della pressione fiscale anche nei confronti di categorie che sicuramente non beneficiano di redditi significativi, nonché della irrazionalità della distribuzione del maggior carico fiscale.
È stato affermato da più parti, anche autorevoli, che la filosofia alla base del provvedimento mira interamente alla redistribuzione dei redditi. Diverse simulazioni hanno consentito di dimostrare che l'effetto redistributivo penalizza i lavoratori autonomi e le famiglie senza figli e favorisce, invece, i lavoratori dipendenti e le famiglie con figli a carico. Tutto ciò avviene in dimensioni assai modeste, perché, nelle ipotesi migliori (che sono, tuttavia, anche le più rare) il beneficio resta confinato all'1 per cento del reddito prodotto.
In conclusione, l'incremento della pressione fiscale, anche sui redditi modesti, non giustifica il tanto decantato effetto redistributivo, il quale, nella migliore delle ipotesi, porterà nelle tasche dei cittadini più poveri una decina di euro in più al mese: è di questo che stiamo parlando!
Detto ciò sugli aspetti della manovra economico-finanziaria che hanno avuto maggiore risonanza, a causa della loro evidenza, è utile passare all'esame di quella parte della manovra che riteniamo più insidiosa, perché produce, a nostro parere, effetti non immediatamente percepibili dai contribuenti.
Emblematica, secondo noi, risulta essere la modifica della disciplina relativa agli studi di settore. Vedete, colleghi, con l'articolo 5 del disegno di legge finanziaria per il 2007 si «debutta» riducendo i termini di revisione degli studi di settore da quattro a tre anni. In tale articolo, inoltre, sono recate indicazioni volte a tener conto, nella fase di revisione, non solo di dati e di statistiche ufficiali, ma, ahimè, anche di indicatori di coerenza.
La domanda che ci poniamo, tuttavia, è la seguente: da chi dovranno essere elaborati tali indicatori di coerenza e sulla base di quali criteri? Onorevoli colleghi, non ho rinvenuto tale aspetto nella normativa; è possibile che abbia sbagliato, ma vorrei che qualcuno me lo dicesse.
Il processo di insinuazione della massima discrezionalità dell'Esecutivo - a nostro avviso, per aumentare il reddito imponibile a proprio piacimento - si delinea ancora di più grazie alla previsione di utilizzare indicatori di normalità economica fino alla elaborazione ed alla revisionePag. 11degli studi di settore. Si tratta di indicatori che sono approvati - chiedo la vostra attenzione, colleghi! - escludendo espressamente il parere della commissione di esperti, la quale, contemplando la presenza delle categorie interessate, concorre, per legge, alla validazione delle proposte di nuovi studi, nonché delle modifiche di quelli esistenti, presentati dall'amministrazione finanziaria.
Insomma, se non fosse ancora chiaro, onorevoli colleghi, vorrei evidenziare che, in questo modo, si è apprestato uno strumento giuridico volto ad aumentare il gettito tributario a carico sia dei lavoratori autonomi, sia delle piccole e medie imprese lontano da occhi indiscreti e, soprattutto, senza che sia previsto alcun controllo democratico!
La trasformazione degli studi di settore in uno strumento di mero arbitrio ha origini anteriori al disegno di legge finanziaria in esame: per l'esattezza, risale al cosiddetto decreto Visco-Bersani. Ma come è possibile dimenticare che gli studi di settore furono concepiti quale ausilio orientativo dell'attività di accertamento degli uffici finanziari?
L'introduzione del sistema degli studi di settore era stata originata, infatti, dal concepimento di un sistema che doveva essere ausiliario ed orientativo dell'attività di accertamento degli organi dell'amministrazione finanziaria.
Questo significato era ben precisato nei commi 2 e 3 dell'articolo 10 della legge 8 maggio 1998, n. 146, che prevedeva la possibilità di effettuare accertamenti nei confronti di quei contribuenti in contabilità ordinaria che fossero risultati incongrui in due periodi di imposta su tre ed anche in contabilità ordinaria per opzione, in presenza di gravi irregolarità delle scritture contabili. Il fatto è che i suddetti commi sono stati abrogati ed ora è stata prevista la procedura di accertamento per effetto della incongruità anche per un solo periodo di imposta.
Queste modifiche, a nostro parere, hanno un significato ben preciso. Gli studi di settore perdono la funzione di strumento indiziario, per assumere invece la funzione ed il ruolo di presunzione legale. Spetterà così purtroppo al contribuente dimostrare l'inapplicabilità degli studi di settore al proprio caso, e voi immaginate con quali difficoltà di prova. Tuttavia, l'aspetto più preoccupante è che, medio tempore, per gli studi in essere e poi per gli studi che verranno successivamente, i risultati saranno influenzati da quelle elaborazioni prodotte dall'amministrazione finanziaria, senza alcun contraddittorio.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 10)
MASSIMO MARIA BERRUTI. Si determina insomma una situazione molto grave, perché la pressione fiscale su alcune categorie diventerà una variabile indipendente, che sarà esclusivamente nelle mani dell'Esecutivo. È facile allora immaginare che si voglia giustificare tutto ciò con la lotta all'evasione fiscale e che vi sia la tentazione di respingere le critiche, tacciandole come tesi provenienti dai difensori dei peccatori, che saremmo noi, secondo una recente tesi di un nuovo - ma forse non autorizzato! - interprete delle leggi divine. Queste argomentazioni, se sostenute, andrebbero respinte come un maldestro tentativo per eludere un aspetto molto delicato. Con questi provvedimenti sono stati inaspriti gli obblighi contabili, le capacità di intrusione nell'anagrafe tributaria, dai conti bancari alle consistenze patrimoniali, gli oneri di comunicazione di dati e informazioni. Sono stati rafforzati anche gli obblighi relativi alle ricevute e agli scontrini fiscali.
Credo sia arrivato allora il momento di fare chiarezza sui criteri che l'amministrazione finanziaria intende seguire per orientare la propria azione di controllo, se cioè punti sugli accertamenti analitici ovvero su quelli presuntivi. I contribuenti hanno diritto di acquisire certezza sui controlli che devono legittimamente subire, perché non possono essere compressi da oneri di adempimento, la cosiddetta compliance, che possono poi risultare addirittura inutili, perché secondo inveteratePag. 12abitudini tutti sappiamo che il fisco privilegia comunque il metodo che dà il risultato più alto.
È evidente quindi che tutta la manovra su questo argomento si poggia a nostro parere su una contraddizione. Infatti, se si rafforzano gli strumenti per l'accertamento analitico, non ha senso inasprire il regime delle presunzioni. Per essere ancora più espliciti, è razionale oggi mantenere i misuratori fiscali, se poi i ricavi vengono controllati con gli studi di settore? Al limite, allora, si potrebbe perfino dire che i misuratori fiscali potrebbero far prova contro l'amministrazione finanziaria?
Dunque, un eventuale appello alla lotta all'evasione fiscale, per ignorare le tematiche che sono state segnalate, risulta un'operazione di mera disinformazione, per dissimulare forse finalità assolutamente inquietanti! D'altra parte, non sfugge ad alcuno che la razionalizzazione del sistema significa anche porre con forza il tema della sua economicità, considerato che l'elaborazione degli studi di settore è molto complessa e che i relativi costi non sono assolutamente noti.
Gli studi di settore sono nati per affrontare quella realtà economica ove, in assenza di conflitto di interesse fra gli attori delle attività, le scritture contabili abbiano un'attendibilità ridotta.
Nessuno ha mai pensato che i soggetti di notevoli dimensioni, le grandi aziende, le grandi industrie...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MASSIMO MARIA BERRUTI. Ho tredici minuti a disposizione, signor Presidente.
PRESIDENTE. Infatti, siamo già al tredicesimo.
MASSIMO MARIA BERRUTI. Dicevo che nessuno ha mai pensato che le grandi aziende possano permettersi di utilizzare gli artifici ai quali possono ricorrere, invece, i contribuenti di minori dimensioni.
Concludo con un riferimento alla possibilità di procedere a nuove privatizzazioni (mi riferisco all'ANAS) con i criteri già utilizzati in passato. Per favore, basta!
Colleghi, provate ad indicare un solo motivo per sostenere - come fate voi della maggioranza, insieme al Presidente del Consiglio - che il provvedimento in esame è un provvedimento giusto. Provateci, ma il vostro sforzo sarà inutile, come noi riteniamo sia il disegno di legge finanziaria per il 2007. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
È iscritto a parlare il deputato Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, il collega Berruti è riuscito ad evidenziare, in modo brillante, non soltanto il controsenso del disegno di legge finanziaria in esame, nel metodo e nel merito, ma anche la stessa incomprensibilità del merito stesso.
Stiamo ripetendo da giorni che i 217 articoli del disegno di legge hanno prodotto, da un lato, la presentazione di più di settemila emendamenti e, dall'altro, numerose manifestazioni, programmate, in questi giorni, anche in regioni che non sono sicuramente di centrodestra (ad esempio, in Umbria ed in Toscana).
Paradossalmente, nonostante il provvedimento sia tanto corposo, le proteste riguardano ciò che in esso manca. Nei pochi minuti di cui dispongo, cercherò di rimarcare un rischio che è stato già posto in risalto. Questo strumento di intervento dello Stato italiano sta diventando inefficace: contiene troppe misure, non risolve alcun problema e fa nascere nei cittadini aspettative che è impossibile realizzare. Alla fine, i disegni di legge finanziaria contengono soltanto norme restrittive e creano sfiducia in chi deve fare i conti con le limitazioni che da essi derivano. Si pensi ai precari, al settore della sicurezza, all'università, alla sanità, al trasporto locale, alla scuola: in ogni settore, senza un criterio logico e comprensibile, il disegno di legge finanziaria interviene addirittura disciplinando dettagli che dovrebbero esserePag. 13oggetto di disposizioni specifiche (si va dalla tenuta dei registri matricola e paga al procedimento di rilascio del documento unico di regolarità contributiva, alle graduatorie permanenti nella scuola; il collega Berruti ha fatto riferimento ai misuratori fiscali ed agli scontrini fiscali). Con ciò voglio dire che la valutazione del disegno di legge finanziaria è critica perché esso crea troppa sfiducia in chi deve applicarne le disposizioni.
Cosa avremmo voluto leggere nel disegno di legge finanziaria? Ad esempio, nulla si dice a proposito di un tema fondamentale: il completamento delle opere pubbliche (tema che le precedenti finanziarie, invece, hanno affrontato). Alcune opere pubbliche, indispensabili per l'economia del nostro paese e per la vivibilità, si trovano all'ultimo stadio di realizzazione: per consentirne la fruizione da parte dei cittadini manca, in qualche caso, uno stanziamento di pochi milioni di euro. Ve n'è una, in particolare, nata, nel 1968, come opera viaria per l'emergenza Vesuvio: amministrazioni locali come quelle di Sant'Antonio Abate, Scafati ed Angri protestano da tempo perché l'ultimo tratto, fondamentale per l'emergenza Vesuvio, non viene ultimato per mancanza di risorse. L'esempio corrobora quanto ho già detto in apertura del mio intervento: ci lamentiamo per quello che manca. Non riusciamo a giustificare, davanti ai sindaci di quei territori, come mai in un disegno di legge finanziaria così eterogeneo (ed incongruente) manchi il finanziamento per l'ultimazione di un'opera quasi completata!
La precedente valutazione dà l'idea delle motivazioni che sono alla base della nostra posizione e che ci hanno indotto a presentare moltissimi emendamenti. Al riguardo, io sostengo che il numero degli emendamenti è proporzionale alle materie trattate con 217 articoli ed è quindi normale. Anzi, giustifico anche l'atteggiamento della maggioranza, la quale ha cercato di dare il suo contributo (non dimentichiamo, infatti, che il Parlamento interviene sui documenti presentati dal Governo).
Ho sentito più volte una critica riferita alle leggi finanziarie del precedente Governo. A tale proposito, ricordo ai colleghi che il presidente della Casa delle libertà, nella precedente legislatura, aveva già lanciato un monito in occasione dell'approvazione del disegno di legge finanziaria del 2004: egli invitava il Governo a tenere conto dei principi del disegno di legge finanziaria. Ancora prima, le Commissioni bilancio della Camera e del Senato avevano approvato, il 4 giugno 2002, due risoluzioni che ponevano in risalto il rischio già segnalato.
Il Governo precedente cioè aveva dichiarato la sua preoccupazione per quello che stava diventando, in termini peggiorativi, l'utilizzo dello strumento della finanziaria. Perché faccio questo riferimento? Perché voi, che state predisponendo questa finanziaria, avete fatto riferimento all'ultima finanziaria approvata dal Governo di centrodestra; così, intendete giustificare l'eventuale ricorso alla posizione della questione di fiducia sia ricordandoci che anche noi ponemmo in quell'occasione la fiducia sia perché le materie e le questioni da trattare sono tante. Tuttavia, voi non dovete confondere la prima finanziaria approvata da un Governo appena in carica con l'ultima o le ultime finanziarie approvate dallo stesso esecutivo. A mio avviso, è opportuno distinguere il periodo iniziale di Governo, momento in cui si ha maggior coraggio nel proporre politiche anche di rigore, rispetto a periodi, per così dire, elettorali.
Un altro elemento che sfugge a molti colleghi è quello di valutare il disegno di legge finanziaria oltre che per il suo contenuto anche per la fase in cui esso viene esaminato, cioè se l'esame si svolge in prima o in seconda o in terza lettura. Difatti, come sappiamo, una cosa è l'esame del disegno di legge finanziaria in prima lettura, dove evidentemente c'è maggiore spazio per apportare modifiche, altra cosa è l'esame in seconda lettura per le ovvie difficoltà, una volta modificato il provvedimento, a rimandarlo all'altro ramo del Parlamento. Pertanto, dobbiamo fare il paragone fra questa finanziaria, in primaPag. 14lettura alla Camera, e la prima finanziaria del Governo di centrodestra che la esaminò in questa sede in seconda lettura e, conseguentemente, con maggiori difficoltà nell'approvarla. In quel caso, lo ricordo, nonostante il disegno di legge finanziaria fosse esaminato in seconda lettura, non fu posta la questione di fiducia. La preoccupazione nasce, a sua volta, da una dichiarazione contenente una preoccupazione, fatta in quel periodo. Noi siamo d'accordo nel dire che non bisogna svegliarsi all'improvviso e pensare che voi avete sbagliato un iter che fino allo scorso anno era perfetto, ma quella preoccupazione, manifestata in quel periodo, ha condotto ad una situazione odierna gravissima che va ben oltre quella preoccupazione.
Desidero ora fare riferimento ad un tema che si interseca in maniera indiretta con l'esame del disegno di legge finanziaria. Faccio riferimento alla riforma elettorale. Voi avete fatto predisporre il documento più importante del Governo, cioè la finanziaria, ad un ministro non politico, ma tecnico. È un ministro tecnico che, però, fa valutazioni politiche, tant'è che ha sostenuto che i guasti delle leggi finanziarie che hanno condizionato i conti dello Stato sono iniziati dall'ultima finanziaria approvata dal Governo di centrodestra. Da qui emerge, a mio avviso, un controsenso. Nel momento in cui si chiede ai parlamentari un rapporto diretto con il territorio, magari attraverso un sistema elettorale diverso, probabilmente basato su preferenze, poi, nello strumento più importante elaborato dal Governo, la legge finanziaria, con il quale si cerca di risolvere i problemi dei territori, i parlamentari si trovano di fronte ad un provvedimento complesso, in parte blindato, che va contro le esigenze manifestate dai territori stessi. Conseguentemente, comprendo i numerosi emendamenti presentati anche dai colleghi del centrosinistra. Di fronte ad uno strumento che dovrebbe tendere a migliorare i conti dello Stato, e che contiene tutta una serie di norme non aventi però una logica oggettiva, i sindaci e gli amministratori locali si sentono autorizzati a chiedere perché alcune norme da loro ritenute importanti non sono contenute nella legge finanziaria.
Ebbene, nei confronti della finanziaria non solo abbiamo assunto una posizione critica per ciò che essa prevede e per gli effetti che con essa si vogliono ottenere, ma incontriamo anche difficoltà a giustificare agli amministratori locali perché in questo provvedimento essi non trovano le risposte che considerano indispensabili.
Il relatore al disegno di legge finanziaria ha svolto un lavoro egregio in Commissione. Apprezzo le valutazioni che sono state fin qui espresse in termini generali, però non bisogna dimenticare le finalità che tendono a perseguire i pochi emendamenti approvati in Commissione. Noi non dobbiamo considerare questa discussione come un dibattito su questioni macro-economiche e sulla tenuta del bilancio dello Stato. Questa mattina, ad esempio, leggevo l'articolo 36 del provvedimento che reca come titolo: misure per la realizzazione del centro polifunzionale della Polizia di Stato di Napoli. Si prevede poi una proroga del termine in materia di realizzazione di immobili per l'edilizia universitaria da parte degli enti previdenziali.
La prima modifica che incontrate sul testo licenziato dalla Commissione e all'esame dell'Assemblea, è lo stralcio di una questione attualissima, che sono convinto verrà inserita nel maxiemendamento. Comprendo la difficoltà e condivido in parte le valutazioni svolte dal relatore, ma devo evidenziare il metodo utilizzato che mette in imbarazzo tutti coloro che devono rendere conto ai territori di ciò che si intende fare.
Se è vero - e concludo, Presidente - che Bruxelles ha dato un parere favorevole alla manovra, stabilendo il principio del rigore, è anche vero che in Europa abbiamo letto una classifica dei ministri europei. Io - devo dire la verità - non sono d'accordo nel dire che il nostro ministro sia il peggiore d'Europa. Anzi, da questo punto di vista, ho qualche dubbio: non posso dire che sia il peggiore ministro d'Europa, ma sicuramente è tra i peggiori d'Italia.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Miglioli. Ne ha facoltà.
IVANO MIGLIOLI. Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, nel documento di programmazione economico-finanziaria, approvato nel luglio scorso, gli obiettivi strategici per il paese erano tre: risanamento dei conti pubblici, ripresa economica, equità sociale.
Per quanto riguarda il risanamento, non possiamo evidentemente prescindere dalla pesantissima eredità lasciata al paese dal Governo Berlusconi-Tremonti: un rapporto deficit-PIL ormai prossimo al 5 per cento; una drammatica mancanza di risorse per le grandi opere infrastrutturali, di cui il paese ha bisogno come il pane, a partire dai collegamenti stradali e ferroviari; una situazione finanziaria complessiva disastrosa con un buco di bilancio, questo sì, vero. Insomma, tanta polvere nascosta sotto il tappeto che oggi noi abbiamo il dovere di spazzare via! Per questo - e non c'è da stupirsene - la manovra per il prossimo anno è di dimensioni elevate: ammonta a quasi 35 miliardi, pari al 2,3 per cento del PIL ed opera una correzione strutturale dei conti pubblici. L'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni va sotto il 3 per cento nel 2007; l'avanzo primario, diventato disavanzo nel 2006, torna positivo; il volume globale del debito ricomincia a scendere fino al di sotto del 100 per cento nel 2011. Non vi è dunque da stupirsi se la comunità internazionale approva la manovra. Ma il risanamento avviato dal Governo già con la «manovrina» di luglio non risponde solo all'esigenza di rispettare i parametri europei e di riportare il deficit sotto il 3 per cento. Il risanamento ha già in sé i requisiti della ripresa, costituisce la condizione necessaria per il rilancio dell'economia, in coerenza con quanto dichiarato a più riprese dal Presidente del Consiglio: no alla politica dei due tempi, risanamento e sviluppo devono procedere assieme. E qui veniamo al secondo obiettivo strategico della manovra, quello dello sviluppo.
Il paese esce da cinque anni di stagnazione con un incremento del prodotto interno lordo prossimo allo zero, che non si spiega solo con l'andamento generale dell'economia mondiale, perché comunque l'Italia è stata il paese che in questi cinque anni di Governo di centrodestra ha avuto le peggiori performance in Europa.
Il 2006 segna un'inversione di tendenza nell'economia del paese: si tratta dunque di sostenere la ripresa con provvedimenti non occasionali, ma strutturali, di lunga lena, che facciano sentire i loro effetti anche negli anni a venire; la misura di maggior rilievo da questo punto di vista è l'immediata e forte riduzione del cuneo fiscale contributivo sul lavoro. Possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che le aziende italiane non hanno mai avuto così tanto: 5 punti in meno in un breve lasso di tempo, tre a favore delle imprese, due a favore dei lavoratori, pari a oltre 6 miliardi di euro. Si tratta oltretutto di una misura selettiva perché riguarda solo i rapporti di lavoro a tempo determinato e contribuisce a combattere la precarietà, rendendo meno conveniente i rapporti di lavoro instabili.
Passiamo al terzo punto, non meno importante, quello dell'equità: un obiettivo perseguito attraverso la rimodulazione delle aliquote fiscali e di altri interventi in campo sociale a favore delle fasce più deboli della popolazione, in particolare pensionati, lavoratori a reddito medio-basso, famiglie con figli.
Mi preme sottolineare a questo proposito come i dati sulla povertà, tratti dall'ultima indagine ISTAT confermino che in Italia nel 2005 le famiglie in condizioni di povertà relativa sono 2 milioni 580 mila, quasi 7 milioni e mezzo di persone.
Dunque, vi è davvero bisogno di non fare parti troppo uguali fra diseguali, per parafrasare una celebre formula di Ermanno Gorrieri in materia di fisco.
Con la proposta di riforma dell'imposta sui redditi e gli assegni familiari, il disegno di legge finanziaria realizza, con effetti ovviamente differenziati a seconda delle tipologie delle famiglie, un moderato, ma importante effetto redistributivo: circa 16Pag. 16milioni di famiglie beneficeranno dei provvedimenti. Rientrano a pieno titolo nell'azione del Governo per una maggiore equità sociale le misure volte a combattere l'evasione e l'elusione fiscale.
Terminata la stagione dei condoni è ora di trasmettere al paese un messaggio tanto semplice quanto efficace: se tutti pagano le tasse tutti pagheranno meno tasse, perché l'obiettivo del Governo non è quello di far piangere i ricchi, ma di creare le condizioni perché tutti gli italiani possano, non dico fare salti di gioia, ma almeno guardare al futuro con più fiducia (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Leo, iscritto a parlare: s'intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare il deputato Ricci. Ne ha facoltà.
ANDREA RICCI. Signor Presidente, la manovra 2007 per dimensioni e complessità ha pochi precedenti nella storia del nostro paese. Ciò è sicuramente il frutto di un'eredità disastrosa che ci ha lasciato il Governo Berlusconi; è un'eredità che si è fondata su un peggioramento strutturale dei saldi di finanza pubblica che ha portato il rapporto deficit-PIL nel nostro paese a sforare il tetto del 3 per cento per quattro anni consecutivi e che, nel 2006, ha prodotto, per la prima volta da un decennio, un aumento anche del debito pubblico.
In secondo luogo, questa eredità è stata aggravata da un blocco pressoché completo delle risorse destinate agli investimenti pubblici che ha condizionato in maniera fortemente negativa lo sviluppo economico del paese.
Il terzo aspetto di questa eredità disastrosa è rappresentato dall'accentuazione degli aspetti socialmente regressivi della politica di bilancio del precedente Governo sia sul fronte delle entrate, attraverso una politica di continui e reiterati condoni fiscali che hanno premiato l'evasione e attraverso anche una riforma del sistema fiscale che ha ridimensionato fortemente il carattere di progressività, sia sul fronte delle spese, grazie ad un attacco continuo alle strutture portanti dello Stato sociale del nostro paese.
Da qui è nata la necessità di intervenire sin da subito ed in modo simultaneo da parte del nuovo Governo e della nuova maggioranza sui tre fronti del risanamento, dell'equità e dello sviluppo che costituiscono il cardine del programma dell'Unione.
Come è noto, sul primo dei tre fronti, quello del risanamento finanziario, Rifondazione Comunista aveva proposto una strategia di rientro più graduale e sostenibile per minimizzare gli effetti recessivi dell'operazione di rientro. Questa proposta, tuttavia, è stata scartata dal Governo, in nome di un'adesione, che noi giudichiamo acritica, ai vincoli imposti dal trattato di Maastricht e dal patto di stabilità e crescita europeo.
A quel punto, è diventato, per noi forza di maggioranza, determinante, ai fini della espressione di un nostro convinto sostegno al complesso della manovra, l'aspetto dell'equità nella composizione della manovra che si annunciava così pesante. In questo senso, noi riteniamo che la finanziaria che è oggetto della nostra discussione a partire da oggi abbia corretto significativamente l'impostazione contenuta nel documento di programmazione economico-finanziaria che il Governo ha varato nel mese di luglio e che aveva suscitato da parte nostra perplessità e critiche.
Infatti, l'enfasi rispetto a quel documento si è spostata dalla riduzione della spesa pubblica, che avrebbe inevitabilmente comportato un ulteriore indebolimento del sistema di welfare e di protezione sociale nel nostro paese, alla ricerca di nuove fonti di entrata. Infatti, l'anomalia italiana rispetto al resto dell'Unione europea non è quella di avere un alto livello di spesa pubblica - in particolare nel settore della spesa sociale -, ma, al contrario, quella di avere un ridotto livello di entrate fiscali in rapporto al prodotto interno lordo rispetto a quanto accade negli altri principali paesi europei. Allora, di fronte a questa situazione, era necessario ed inevitabile che le maggiori entratePag. 17dovessero essere reperite laddove in tutti questi anni si sono nascosti privilegi e distorsioni, in modo da riequilibrare una distribuzione del carico fiscale che, fino ad oggi, ha penalizzato il lavoro e la produzione. Da questo punto di vista, le misure fiscali contenute nella manovra finanziaria - sia nella legge finanziaria, sia nel decreto-legge già approvato da quest'Assemblea sia nella legge delega collegata alla finanziaria - vanno in questa direzione.
In primo luogo, apprezziamo un intervento per la prima volta serio e significativo sul fronte della lotta all'evasione e all'elusione fiscale, che segue ad interventi già compiuti e realizzati con il decreto-legge cosiddetto Bersani-Visco approvato nello scorso mese di luglio. Lo scandalo dell'evasione e dell'elusione fiscale nel nostro paese ha proporzioni gigantesche. Questi sono soltanto primi e parziali interventi all'interno di un'operazione strategica che dovrà proseguire lungo l'intero corso della legislatura per far ritornare il nostro paese ad avere livelli di civiltà fiscale paragonabili a quelli dei paesi più evoluti.
In secondo luogo, apprezziamo l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie, derivanti dal possesso di titoli e di azioni e dai guadagni di Borsa, contenuto nella legge delega presentata dal Governo in questo Parlamento. Tuttavia, chiediamo al Governo di continuare a considerare la legge delega sulla tassazione delle rendite finanziarie come una parte integrante e costitutiva della manovra finanziaria per il 2007 e avvertiamo che consideriamo politicamente decisivo questo aspetto per un giudizio integrale sul complesso della manovra varata.
In terzo luogo, viene reintrodotta l'imposta di successione, una forma, per quanto parziale e limitata, di tassazione dei grandi patrimoni, che consente di reintrodurre, sia pure marginalmente, una forma di redistribuzione della ricchezza accumulata. Infine, la manovra sull'IRPEF ha indubbiamente prodotto un'accentuazione degli elementi di progressività dell'imposizione personale sul reddito così gravemente deteriorato dalla politica fiscale del precedente Governo. A questo proposito, riteniamo che l'emendamento presentato dal Governo in Commissione bilancio sia positivo e ascriviamo anche alla nostra azione questo risultato. Infatti, tale emendamento consente di chiarire definitivamente che, al di sotto di una soglia collocabile intorno ai 40 mila euro di reddito lordo annuo di un lavoratore dipendente, la riforma dell'IRPEF produrrà benefici non soltanto per coloro che hanno una famiglia numerosa, ma anche per quei lavoratori e quelle lavoratrici dipendenti che vivono da soli e non hanno carichi familiari.
Infine, un'altra componente non fiscale delle entrate è costituita dall'operazione sul TFR. Noi riteniamo che questa operazione sia sensata, perché costituisce l'eliminazione di un ingiustificato vantaggio per le imprese, goduto nel corso di tanti decenni. Inoltre, la forma attraverso cui viene utilizzato il TFR allude, sia pure in misura limitata, ad una socializzazione dell'investimento, perché quelle risorse, che appartengono ai lavoratori, vengono utilizzate non per finanziare investimenti privati, ma per finanziare investimenti pubblici. Dico ai colleghi del centrodestra di non spaventarsi, perché non si tratta di Marx, ma di Keynes e delle prospettive economiche dei nostri nipoti.
Il nostro giudizio sulla parte fiscale e di reperimento delle risorse contenuta nella manovra è, quindi, complessivamente positivo, anche se essa dovrà trovare ulteriori modifiche nel corso del dibattito parlamentare.
Più articolato, invece, è il giudizio sul fronte degli interventi sulla spesa e sull'impiego delle risorse. Infatti, riteniamo che, accanto ad elementi indubbiamente positivi sul piano della protezione sociale - mi riferisco all'istituzione, per la prima volta, di un fondo per i non autosufficienti, all'aumento delle risorse destinate agli asili nido e all'istituzione, culturalmente importante, di un fondo per l'inclusione sociale degli immigrati -, permangano, tuttavia, alcuni punti di criticità e di perplessità da parte nostra, sui qualiPag. 18chiediamo che il Parlamento effettui una modificazione del testo presentato dal Governo.
In primo luogo, c'è il grande problema della precarietà del lavoro. Noi pensiamo che occorra cogliere, con spirito positivo e costruttivo, il messaggio della grande manifestazione dei lavoratori precari che si è svolta sabato scorso.
Da questo punto di vista, trovo curiosa e rivelatrice, tuttavia, la concezione della democrazia che viene espressa dalle forze del centrodestra e, per la verità, anche da parte di alcune componenti della maggioranza. Infatti, quando manifestano poche centinaia di liberi professionisti o di imprenditori, emerge un coro di grande attenzione, che inonda le prime pagine dei giornali e della grande stampa. Se, invece, sfilano 250 mila lavoratori precari, che costituiscono anch'essi l'ossatura del sistema economico e produttivo del nostro paese, si grida allo scandalo e alla strumentalizzazione politica e si rifiuta di cogliere il messaggio di giustizia sociale e di tutela dei diritti del lavoro che da questa parte della società proviene.
MASSIMO MARIA BERRUTI. Infatti, li mandate tutti a casa!
ANDREA RICCI. Noi crediamo che già nella finanziaria occorra inserire provvedimenti tesi all'estensione dei diritti dei lavoratori precari, in particolare in materia di diritto alla malattia, alla maternità e all'accesso ad alcuni ammortizzatori sociali indispensabili per dare tranquillità di vita a questa parte del mondo del lavoro, nonché modificazioni tese ad incrementare i progetti di stabilizzazione del lavoro precario nella scuola e nella pubblica amministrazione, che pure già sono contenuti in maniera significativa nella legge finanziaria.
Un secondo fronte sul quale riteniamo importante che il Parlamento intervenga rispetto al testo presentato dal Governo, è quello relativo alla sanità. Sulla sanità, è stata realizzata un'operazione importante, incrementando il finanziamento statale al sistema sanitario delle regioni e invertendo, quindi, la tendenza verso i tagli pesanti che il precedente Governo ha imposto al sistema regionale.
Tuttavia, rimane un elemento negativo che deve essere affrontato e modificato: l'introduzione dei ticket sia per il pronto soccorso che per la diagnostica. Il meccanismo dei ticket è un odioso strumento di selezione delle prestazioni sanitarie offerte dal servizio pubblico, perché scarica sul più debole, sul cittadino malato nel momento del bisogno, l'inefficienza complessiva del sistema sanitario, che non è in grado di selezionare con la dovuta cura l'appropriatezza delle prestazioni erogate.
Un terzo fronte sul quale sicuramente è necessario un intervento è quello relativo alla scuola, all'università e alla ricerca. Nel programma dell'Unione si fa dell'investimento nella formazione e nel sapere l'asse prioritario per un nuovo modello di sviluppo. Allora, da questo punto di vista, occorre esonerare dai tagli questa parte della spesa pubblica.
Signor Presidente, concludo affermando che su questi temi si deve concentrare il lavoro del Parlamento nei prossimi giorni. Questa è la prima legge finanziaria del Governo dell'Unione. Ad aprile, la vittoria elettorale aveva suscitato grandi aspettative e forti speranze di cambiamento, soprattutto in quelle parti della società che più di altre hanno sofferto del neoliberismo praticato negli ultimi quindici anni.
PRESIDENTE. Deputato Ricci, la prego di concludere.
ANDREA RICCI. Pertanto, è questa parte della società, che sabato scorso ha manifestato e che rappresenta il perno attivo e militante di questa coalizione, che deve essere al centro delle nostre attenzioni (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, colleghi, più volte abbiamo sentitoPag. 19ribadire gli obiettivi che si intendono perseguire con la manovra finanziaria all'esame. Si tratta di obiettivi quali il risanamento, lo sviluppo e l'equità, che sono largamente condivisibili, ma che in realtà non sono concretamente realizzabili attraverso le misure predisposte.
Ho ascoltato con attenzione il relatore che, giustamente dal suo punto di vista, ha elencato gli aspetti positivi e quindi i numeri, le cifre ed i risultati che la programmazione economica e finanziaria dovrebbe permettere di raggiungere per il rilancio economico e sociale del Paese. Il lavoro svolto nelle Commissioni competenti è stato enorme e complesso, anche se sicuramente non esaustivo e senza che siano state accolte le proposte emendative (con l'eccezione dell'emendamento presentato dalla Lega Nord, a firma Grimaldi, in merito all'istituzione della provincia di Monza-Brianza) che avevano lo scopo di migliorare il provvedimento presentato.
Anche in questo caso, nell'ambito della maggioranza si è verificata carenza di collegialità nella preparazione degli interventi e addirittura si è potuto a volte osservare dissenso rispetto alle linee proposte dal ministro Padoa Schioppa e dal viceministro Visco.
In queste ultime settimane si è tanto parlato della legge finanziaria che tale provvedimento fondamentale, chiamato a dettare le scelte per il governo del Paese, si è trasformato in un fatto mediatico. E pare quasi che l'approdo alla Camera sia solo l'epilogo formale del dibattito e non invece il fulcro, come dovrebbe essere in una democrazia parlamentare e in un contesto non formale, ma sostanziale. La verità è che la legge finanziaria ha sollecitato una tale concentrazione di proteste e di contestazioni da poter dire fin d'ora che, anche se otterrà i voti necessari per la sua approvazione, essa avrà la forza dei numeri, ma non certo quella della ragione e del buon senso.
Il fronte del «no» è stato tale da poter affermare, senza enfasi né gusto iperbolico, che la legge finanziaria è stata già bocciata nel Paese e dal Paese.
Passi per le vicende che l'hanno preceduta, come le liberalizzazioni, le quali hanno messo in agitazioni intere categorie di lavoratori: dopo la lezione dei tassisti, occorreva almeno l'umiltà di costruire una legge finanziaria più condivisa e non capace, invece, di compiere l'impresa di scontentare sia il sud sia il nord, gli imprenditori ed i lavoratori, gli artigiani, i commercianti ed i precari, il mondo dell'università e della ricerca, così come gli statali. Insomma, è un capolavoro alla rovescia che certamente si è guadagnato un posto di rilievo nella recente storia della seconda Repubblica. Stupisce anche come questa maggioranza non disdegni i toni trionfalistici, pur sapendo che al Senato devono fare i voti e accendere i ceri, perché l'influenza cosiddetta americana, intesa come virus, arriva a Natale, e rischia di mettere a letto la legge finanziaria ed i suoi protagonisti.
Sono certo che molti colleghi della maggioranza sono imbarazzati nel votarla e che solo lo spirito di lealtà verso il Governo li convincerà a votarla, ammesso che non intervenga il voto di fiducia. Vi è un metodo che il Governo ha adottato e che non può essere condivisibile. Esso tende a rimediare con negoziati dell'ultima ora (vedi gli statali). Si tratta di impostazioni sbagliate e cervellotiche. Non è possibile questa visione elastica dei conti, tirati da una parte e dall'altra, a seconda di chi più alza la voce. Sono numeri di un balletto che ricorda più il passo del gambero invece di quello di un puledro di razza, capace di trascinare il paese fuori dai conflitti sociali e dagli antagonismi presenti all'interno della maggioranza. Tali numeri riproducono dinamiche fortemente presenti nella popolazione.
Credo che alla base ci sia anche un equivoco di fondo: a parole tutti si dichiarano federalisti, nonostante la bocciatura del referendum, ma nei fatti ogni azione sembra mirata a svalutare le autonomie locali, quei principi di sussidiarietà e di autogoverno dei quali ci si riempie la bocca per poi deviare su una deriva centralista che non fa certo onore ad un paese che non può stare unito solo per gli appelliPag. 20del Presidente della Repubblica. Esso deve rimanere legato insieme valorizzando le differenze e non dimenticando il popolo del nord, che dell'Italia è la locomotiva e dal cui sviluppo economico e sociale è anche il meridione a trarre giovamento.
Non si possono mortificare i comuni. Io vivo ancora le acrobazie, le contraddizioni e gli affanni di chi è sindaco e amministratore locale ed è chiamato a risolvere un'equazione sempre più impossibile: da una parte compiti che si moltiplicano ed una domanda sociale che si è fatta assai più complessa ed articolata; dall'altra, la mancanza di risorse. Quest'ultima risulta fortemente penalizzante per la vita stessa dei cittadini, soprattutto degli anziani, in una società nella quale l'aspettativa di vita si è fortemente dilatata e perciò richiede politiche e interventi che ne salvaguardino la qualità e non solo la sopravvivenza. Ciò vuol dire servizi efficienti, cura della persona: e ciò senza dover magnificare il popolo delle badanti, che sta diventando una sorta di istituzione necessaria, specie nel nord del paese.
Io ho svolto due mandati come sindaco di Lecco, una città laboriosa, industriosa, tutto sommato fortunata: mi hanno insegnato che non è possibile vivere ogni anno con apprensione le scelte della legge finanziaria per conoscere il destino della propria amministrazione e, con essa, dei propri cittadini. Non è un caso che il presidente dell'ANCI, Leonardo Domenici, sindaco di Firenze - piuttosto che i primi cittadini di Venezia o di Bologna -, siano stati tra i primi a manifestare il proprio netto dissenso rispetto ad un'impostazione alla quale si è poi tentato - invano - di porre una toppa.
Onorevoli colleghi, non si possono tagliare i trasferimenti ai comuni e poi chiedere loro di arrangiarsi con le leve fiscali. Con continui aumenti e diminuzioni dell'ICI non si governa un comune e, soprattutto, non si fa giustizia sociale. La verità è che questo disegno di legge finanziaria - è una mia opinione - non ha un'anima, non è coraggioso, non indica la strada e, tanto meno, l'approdo. Soprattutto, è figlio di troppi compromessi, di troppe differenze ideologiche e sociali. Insomma, è una mediazione verso il basso, che ha registrato, come suo atto simbolico, la questua dei vari ministri che hanno bussato alla porta perché fosse risparmiato il loro dicastero. Neppure si può invocare sempre il problema del debito pubblico, perché è una eredità che viene da lontano, un fardello pesantissimo, e nessun Governo, di centrodestra o di centrosinistra, potrà mai sanarlo. Ritengo ozioso e dispersivo addossarsene reciprocamente la responsabilità e «sparare» ogni giorno una cifra diversa per attaccare l'avversario. L'ammontare dello stesso debito, infatti, è di tali proporzioni da far diventare tutti coloro che vi mettono mano modesti guaritori mentre sarebbero necessari, non maghi televisivi, ma luminari con capacità extraterrene.
Perciò, è bene che il dibattito si svolga su temi concreti, che sia il meno ideologico possibile e che sia tale da far capire al paese chi vuole le infrastrutture e chi non le vuole.
PRESIDENTE. Deputato Bodega...
LORENZO BODEGA. La Lega Nord Padania non ha atteggiamenti preconcetti. Si impegna ed ha proposto emendamenti distribuiti su più versanti, pur sapendo che, magari, non troveranno ascolto perché l'idea madre del Governo è quella di rafforzare il centro. Al contrario, noi intendiamo valorizzare la periferia e, soprattutto, quel nord d'Italia ai cui destini è legato il futuro dell'intero paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Iacomino. Ne ha facoltà.
SALVATORE IACOMINO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 21
È iscritto a parlare il deputato Nicco. Ne ha facoltà.
ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, quale neofita vorrei svolgere una prima osservazione sullo strumento in sé, su questo volume, di centinaia di pagine, con annessi e connessi, che costituisce il disegno di legge finanziaria. Sono tra coloro che si ostinano a credere che le leggi dovrebbero essere poche, costanti nel tempo, semplici e chiare nei contenuti nonché comprensibili per tutti cittadini. Tutta la nostra legislazione è nella direzione opposta. Questo disegno di legge finanziaria, nella sua complessità ed articolazione, per usare due eufemismi, non fa che seguire un corso ormai consolidato. Senza uno stuolo di ferrati consulenti giuridici al seguito, non so chi sia in grado di effettuarne una compiuta e convincente interpretazione. Rischia di diventare un oggetto riservato a pochi addetti ai lavori; non dovrebbe essere questo lo scopo di una legge. Si tratta di una questione che, prima o poi, ci dovremo porre, tutti assieme. Tra l'altro, proprio a causa di questa sua struttura onnicomprensiva, ognuno, categoria o singolo cittadino, finisce per cercare, nel testo, l'articolo o il comma che lo riguardi direttamente, esprimendo, su quella base, un giudizio generale, positivo e negativo, e perdendo il senso complessivo della manovra, cioè quell'interesse generale al quale si riferiva, poc'anzi, il relatore.
Quanto al merito del disegno di legge, rilevo come gli elementi strutturali di debolezza del nostro sistema economico siano riportati, a chiare lettere, nel rapporto ISTAT 2005. Si tratta della eredità onerosa di cinque anni di vane promesse miracolistiche che non hanno bisogno di commento. In particolare, il fardello del debito pubblico - frutto, peraltro, di un lungo periodo e non del solo ultimo quinquennio - costringe ad impiegare risorse ingenti nel pagamento degli interessi anziché in essenziali interventi sociali ed infrastrutturali. Tale fardello lo abbiamo ingenerosamente caricato sulle spalle delle future generazioni.
Ed allora è pienamente condivisibile la necessità inderogabile di invertire la rotta, di risanare la finanza pubblica sulla scorta della raccomandazione dell'Ecofin del luglio 2005 e, nel contempo, di cominciare a mandare qualche segnale di equità al paese; un paese in cui troppe ancora sono le differenze di reddito. Vi sono troppe differenze, talvolta abissali e perciò inaccettabili, tra chi percepisce una pensione mensile di 500 euro e chi (è noto il recente caso del direttore generale dell'Agenzia per le acque e i rifiuti della Sicilia) può contare su uno stipendio giornaliero record di 1.553 euro; fra quel metalmeccanico che si ritrova, a fine mese, con meno di mille euro in busta paga ed i vari «re» delle buonuscite di Stato: dagli 11 milioni di euro versati dall'ENI ai recenti 7 milioni versati dalle Ferrovie dello Stato. Eppure, sono tutti cittadini di questo stesso Stato: gli uni e gli altri con le medesime esigenze di base.
Non serve Robin Hood, bensì una seria ed organica politica di equità, che tagli le unghie ai tanti furbetti di quartiere e non, a partire da misure per ricondurre almeno a limiti fisiologici l'elusione e l'evasione fiscale, condizione perché vi possa essere per tutti una riduzione della pressione fiscale.
Gli studi di settore, pur con tutti i loro limiti, fotografano nel complesso una situazione preoccupante sia per categorie sia per aree territoriali. Un esempio per tutti: i 10 mila euro dei geometri della Calabria contro i 47 mila della provincia di Bolzano. Sarà un percorso lungo, certo, di ordine culturale. Ed ha fatto bene il ministro dell'economia e delle finanze a ricordare recentemente che, per un cittadino che non paga il dovuto, c'è chi paga due volte.
Ma vi è anche evidentemente l'urgenza di adottare misure specifiche, che non devono necessariamente essere poliziesche o vessatorie e devono far considerare loPag. 22Stato non come un occhiuto gendarme, ma come un garante per tutti: questo certamente sì.
Sin dalla discussione del documento di programmazione economico-finanziaria abbiamo posto con forza una questione di metodo: quella del confronto con le parti sociali e con il sistema delle autonomie, in primo luogo le regioni, che sono per noi elementi costitutivi della Repubblica.
Riconosciamo che, dopo un avvio difficile, sono stati compiuti passi importanti. L'accordo sul TFR sta lì a dimostrarlo, come già in precedenza il nuovo patto per la salute, condiviso dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome.
Su questa strada auspichiamo che, sulla base del memorandum d'intesa, si definisca anche la revisione del sistema previdenziale.
In questo disegno di legge finanziaria non vediamo alcuna macelleria sociale, da taluni evocata; troviamo, invece, positivi interventi in vari settori: da quelli sul cuneo fiscale a quelli su sviluppo e ricerca; dalla tutela dell'occupazione alla riduzione del precariato; dal tentativo di razionalizzare la elefantiaca macchina burocratica dello Stato alle iniziative di contenimento della spesa, a partire da quel taglio del trattamento economico dei ministri che non consideriamo affatto propagandistico, ma un utile e concreto esempio.
Avremmo voluto ritrovare, accanto all'istituzione di altri importanti fondi, anche quel fondo perequativo che facesse fronte ai sovracosti strutturali permanenti dei territori montani espressamente previsto nel programma di Governo. Ci auguriamo che trovi adeguata collocazione all'interno della nuova legge sulla montagna.
Per quanto concerne, in particolare, le regioni a statuto speciale, valutiamo positivamente la definizione del nuovo patto di stabilità interno, così come si è andato configurando nella discussione di questi giorni. Già l'articolo 73 del disegno di legge finanziaria presenta innovazioni importanti: l'assunzione quale base di riferimento per il patto del saldo finanziario e la possibilità di concorrere al riequilibrio della finanza pubblica, anche mediante l'assunzione dell'esercizio di funzioni statali.
Con l'emendamento presentato dalle minoranze linguistiche, approvato giovedì dalla Commissione bilancio della Camera, si compie un altro decisivo passo per una condivisa partecipazione al necessario sforzo di risanamento della finanza del paese. L'emendamento recepisce una delle richieste fondamentali delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, stabilendo che il coordinamento tra le misure di finanza pubblica previste dalle leggi costituenti la manovra finanziaria dello Stato e l'ordinamento della finanza regionale definito da ciascuno statuto speciale, sia assicurato in via permanente tramite norme di attuazione. In questo caso non di discussione sulle riforme si tratta, ma di una riforma reale e sostanziale.
Il Governo conosce bene anche le specifiche questioni relative alla regione autonoma Valle d'Aosta, che in quest'aula rappresento, questioni indicate dall'accordo sottoscritto dai parlamentari valdostani con Romano Prodi per il sostegno a questa maggioranza. Reti infrastrutturali moderne ed efficienti sono condizione indispensabile per ogni politica di sviluppo. Proprio per tale motivo, uno dei punti centrali di quell'accordo è il potenziamento del collegamento ferroviario tra la regione Valle d'Aosta e il sistema nazionale ed internazionale, collegamento che deve diventare, a tutti gli effetti, per qualità ed efficienza, un segmento di quel sistema. Non meno importante è la rete stradale europea, di cui i trafori alpini sono un punto particolarmente delicato e nevralgico e su cui occorre eseguire i necessari interventi ai fini della sicurezza, operando, in particolare, sulle criticità cui oggi è soggetto il traforo del Gran San Bernardo. Si tratta di punti sui quali già il relatore sul disegno di legge finanziaria, Michele Ventura, si è detto d'accordo nel voler recepire gli emendamenti da noi presentati, e di ciò lo ringraziamo, auspicando che gli stessi possano proseguire nel loro iter approvativo.Pag. 23
Altre questioni abbiamo posto a margine della finanziaria, dall'edilizia universitaria con il trasferimento al demanio della regione della caserma Testa Fochi - ampiamente inutilizzata a fini propri -, da troppo tempo ormai in discussione, al fattivo utilizzo della ricostituita commissione paritetica, strumento di raccordo sempre più essenziale tra Stato e regione nell'ottica, in precedenza richiamata, del nuovo patto di stabilità, con la pronta approvazione da parte del Consiglio dei ministri delle norme di attuazione in materia di trasferimento della motorizzazione civile, già da tempo varate ed inspiegabilmente ferme sulla soglia di Palazzo Chigi. Confidiamo, signor sottosegretario, che anche su questi punti arrivino quelle risposte che la comunità valdostana attende.
Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il paese ha bisogno di recuperare piena affidabilità internazionale sul piano economico e finanziario, come la sta positivamente ritrovando in politica estera. È con la dimensione europea che dobbiamo saperci confrontare. Le minoranze linguistiche, per la loro stessa collocazione geografica, avvertono particolarmente quest'esigenza e vogliono pienamente contribuirvi, sulla base di quel necessario, continuo ed irrinunciabile confronto su base paritaria che è fondamento di una rinnovata e condivisa unità del paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Aurisicchio. Ne ha facoltà.
RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, il mio, ovviamente, è un intervento a sostegno del disegno di legge finanziaria. Non si tratta di condivisione dettata dalla disciplina che deriva dall'essere parte della maggioranza che sostiene il Governo. Si tratta, invece, di un sostegno che deriva dalla condivisione della filosofia che ispira questa finanziaria e l'intera manovra economica che, a partire dal DPEF e dal provvedimento del luglio scorso, il Governo e la maggioranza sono impegnati a condurre in porto.
Non dico che la finanziaria proposta non debba e non possa essere migliorata: ci siamo impegnati, come maggioranza, in tal senso nei lavori della Commissione bilancio, ma in tale sede ci siamo dovuti scontrare con un atteggiamento ostruzionistico dell'opposizione. Mi auguro che i lavori dell'aula possano contribuire a realizzare un clima più positivo, utile al miglioramento della legge finanziaria. Sono condivisibili e meritevoli di pieno sostegno gli obiettivi che si vogliono conseguire: risanamento, equità e sviluppo. Si tratta di obiettivi che non sono inventati, non nascono da cervellotiche e fantasiose impostazioni di politica economica, ma corrispondono ad oggettive necessità del paese, per come esso si presenta dopo anni di governo della destra. Negli anni scorsi si sono prodotti gravi danni cui è necessario ora porre rimedio, in termini di una netta inversione di rotta. Riportare i conti sotto controllo non risponde soltanto all'obbligo di sottostare ai parametri definiti in sede europea, ma è la precondizione di ogni politica redistributiva delle risorse e di ogni politica per lo sviluppo. Il DPEF aveva evidenziato come la situazione finanziaria ereditata fosse particolarmente pesante. Tutti gli indicatori economici ci hanno rappresentato un'Italia sostanzialmente in condizioni di stagnazione economica, con una crescita del PIL poco sopra lo zero, con un forte calo di produttività, che si è tradotto in un calo di competitività della nostra economia in Europa e nel mondo.
Le statistiche ci hanno posto di fronte, negli anni scorsi, ad una perdita consistente di posti di lavoro, all'estensione smisurata ed insostenibile dell'area del precariato, alla crescita della fascia al di sotto della soglia di povertà, ed al peggioramento delle condizioni di vita dello stesso ceto medio. Questa è l'Italia che la nuova maggioranza ha ricevuto in eredità dalla destra: un paese in declino senza speranza e senza prospettive di futuro. La strada del risanamento, dell'equità e dello sviluppo è, perciò, obbligata soprattutto se si vuole evitare, come la maggioranza ed il Governo hanno deciso di fare, di seguire laPag. 24via dei due tempi: prima il risanamento e poi l'equità sociale e le politiche per lo sviluppo.
Deriva da questa necessità la dimensione consistente della manovra: 33,4 miliardi, di cui quasi 15 vanno al risanamento ed oltre 18 vanno allo sviluppo e all'equità. Si tratta di uno sforzo importante che va colto e considerato. In particolare, vanno sottolineate le misure previste per lo sviluppo e l'attenzione riposta alle condizioni in cui si trova oggi il Mezzogiorno.
Nella finanziaria si delinea lo schema di una nuova politica industriale - che in questo paese mancava da tempo - con l'istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di due nuovi fondi, strumenti per intervenire in concreto rispetto alle situazione di difficoltà che attraversa il nostro comparto produttivo. Il primo, quello per la competitività e lo sviluppo, interverrà per finanziare i progetti di innovazione industriale individuati nell'ambito delle aree tecnologiche dell'efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie della vita, delle nuove tecnologie del made in Italy e delle tecnologie innovative per il patrimonio culturale. Il secondo, il fondo per la finanza d'impresa, dovrà intervenire per fornire garanzie sui finanziamenti e realizzare partecipazione a capitale di rischio delle imprese. Tale impostazione si completa con la dotazione consistente - 63 miliardi per i prossimi sette anni (2007-2013) - del fondo per le aree sottoutilizzate, che è la sponda necessaria ed imprescindibile per l'utilizzo efficace e produttivo nel Mezzogiorno dei fondi europei.
Nel Mezzogiorno si è sempre auspicato che i fondi europei dovessero essere non sostitutivi dell'intervento ordinario dello Stato, ma aggiuntivi a detto intervento. Finalmente tale auspicio, tale rivendicazione diventa realtà: si tratta della condizione necessaria per lanciare una nuova politica di sviluppo e di crescita del Mezzogiorno, senza la quale non vi può essere ripresa dell'economia sul piano nazionale e rilancio del sistema paese.
Nel Mezzogiorno viene ripristinato, inoltre, il credito d'imposta con un meccanismo automatico e diretto alle imprese e viene sperimentato l'avvio di zone franche urbane che debbono servire ad intervenire in quelle realtà di degrado sociale nelle periferie urbane del Mezzogiorno che presentano proprio in questi giorni gravi emergenze.
Nel Mezzogiorno il cuneo fiscale ha una dimensione doppia rispetto al resto del paese e l'intervento agevolativo è previsto nel meridione a sostegno dell'occupazione femminile.
PRESIDENTE. Onorevole Aurisicchio...
RAFFAELE AURISICCHIO. Concludo, signor Presidente.
Dopo anni di abbandono il Mezzogiorno torna, così, al centro dell'agenda dell'attività del Governo: è la condizione necessaria per far fronte alle esigenze di sviluppo che si vanno determinando, per migliorare le infrastrutture di cui c'è bisogno, ma anche per fare fronte alla grave emergenza che vive larga parte del territorio meridionale (penso a Napoli in questi giorni)...
PRESIDENTE. Deve concludere...
RAFFAELE AURISICCHIO. ...e che vive nel Mezzogiorno la democrazia.
Con la finanziaria si realizza questa svolta, ma credo che essa dovrà continuare con le misure necessarie che seguiranno. La via imboccata ci fa essere fiduciosi...
PRESIDENTE. La invito nuovamente a concludere.
RAFFAELE AURISICCHIO. Credo, quindi, che possiamo essere fiduciosi.
PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato La Malfa, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare il deputato D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei aprire il mio intervento sul disegno di legge finanziaria per il 2007 ricordando a tutti noi le parole sagge ed equilibrate che il Presidente Napolitano ha pronunciato, la settimana scorsa, in occasione dell'inaugurazione del nuovo anno accademico dell'Università Bocconi di Milano. In particolare, il Presidente ha sottolineato l'importanza che ha per l'Italia la partecipazione all'Unione europea, esortando tutto il paese e la classe politica, in primo luogo, a dar prova di europeismo, anche assumendo le difficili decisioni richieste dal rispetto della disciplina comunitaria in materia di conti pubblici e dall'attivazione delle riforme sollecitate dalle direttive europee.
È da qui che dobbiamo muovere per capire ed analizzare l'indirizzo politico che l'attuale Governo intende imprimere a questa legislatura, a cominciare proprio della manovra finanziaria del 2007. Non possiamo nasconderci. Questa è indubbia verità. Il Governo Berlusconi ci ha lasciato in eredità un paese con i conti pubblici in dissesto, un enorme debito pubblico, con un rapporto debito-PIL in crescita, per la prima volta, dal 1994, un avanzo primario praticamente azzerato, nonostante gli ottimi risultati conseguiti nella legislatura precedente, spesa pubblica e deficit in aumento. Tutto questo, senza alcuna contropartita positiva: non un programma in grado di rilanciare la crescita, non un provvedimento serio a favore delle imprese, nessun abbattimento del cuneo fiscale, nulla a favore delle scuole, delle università e della ricerca.
Dobbiamo avere la capacità di spiegare agli italiani il contenuto e il senso di questa manovra e riuscire a trasmettere al paese questo messaggio fondamentale: una finanziaria di queste dimensioni si è resa necessaria e, oserei dire, inevitabile per riportare i conti pubblici all'interno dei parametri europei, condizione imprescindibile per ridare fiducia ai mercati e nuovo impulso alla crescita economica.
Ci conforta, in questa azione, che è stata criticata ed osteggiata, l'ultimo articolo che compare sulla stampa quotidiana, nel quale si dà conto della promozione dell'Italia da parte dell'Unione europea, una promozione conquistata sul campo, con i numeri, non con la politica, non con la demagogia, non con i proclami, ma con una seria azione che, secondo le stime della Commissione, riconduce il rapporto deficit-PIL dell'Italia, nel 2007, al 2,9 per cento (la finanziaria prevede il 2,8); il disavanzo tornerà così sotto il 3 per cento, dopo cinque anni, attestandosi sui livelli del 2002. Sempre il prossimo anno il debito calerà al 105,9 per cento, più di quanto previsto dalla manovra di bilancio in discussione in Parlamento.
Ecco, l'ottimismo dell'Unione europea per il 2007 è accompagnato, come sappiamo, da alcune riflessioni che dobbiamo e vogliamo fare su alcuni comparti importanti che determinano la crescita della spesa. Mi riferisco al comparto sanitario e agli enti locali, altri settori nei quali riteniamo sia importante, improrogabile e giusto intervenire subito.
Il 2006, secondo le stime di Bruxelles si chiuderà con un disavanzo al 4,7 e un debito 107,2. L'Unione europea rivede al rialzo le stime del PIL: la crescita sarà dell'1,7, nel 2006, e dell'1,4, nel 2007.
Queste stime sono più ottimistiche di quelle che abbiamo introdotto nel disegno di legge finanziaria, che avevamo stimato per il 2006 e per il 2007 e che prevedevano, rispettivamente, una crescita dell'1,6 e dell'1,3 per cento.
Dunque, non siamo noi a darci un giudizio, un voto, ma è l'Unione europea che, con i fatti ed analizzando i primi effetti della manovra che promuoviamo e proponiamo, sostiene che siamo sulla strada giusta.
Il disegno di legge finanziaria per il 2007 mira proprio ad assicurare la stabilità finanziaria al nostro paese come prerequisito dello sviluppo. Infatti, come ha giustamente osservato, nei giorni scorsi, il Governatore Draghi, la migliore risposta alle valutazioni delle agenzie di rating sta in un paese che cresce.
È questa la direzione verso cui noi, popolari-Udeur, ci impegniamo a procedere,Pag. 26senza dimenticare l'obiettivo di accrescere la concorrenza e l'efficienza in ogni snodo del sistema produttivo.
Per tali ragioni, questo disegno di legge finanziaria contiene numerosi interventi a favore dello sviluppo e dell'apparato produttivo e non penalizza affatto le imprese, né tanto meno il ceto medio, come dai banchi dell'opposizione si vorrebbe, invece, sostenere, ma, anzi, intende rafforzare l'azione iniziata già nei mesi scorsi dall'attuale Governo, diretta a superare i vincoli strutturali che da noi frenano uno sviluppo sostenuto.
A tale riguardo, vorrei sottoporre rapidamente all'attenzione del Parlamento alcuni dei provvedimenti che sono stati adottati. Si tratta di una semplice elencazione delle misure che, a nostro avviso, assicurano rigore, equità e sviluppo.
Stiamo compiendo alcune scelte riguardanti le famiglie, i giovani e la salute. Si prevedono detrazioni fiscali per le rette degli asili nido; spese per lo sport dei ragazzi fino a 18 anni; affitti per gli studenti fuori sede; ristrutturazioni delle case; estensione delle agevolazioni per i libri di testo anche al primo biennio delle scuole superiori, perché, essendo stato elevato a 16 anni l'obbligo scolastico, anche per questi studenti sono previsti testi scolastici gratuiti.
Le scuole resteranno aperte nel pomeriggio per attività extradidattiche; si metteranno in sicurezza gli edifici pubblici; si prevedono 100 milioni l'anno per costruire nuovi asili nido ed è previsto un nuovo fondo per assistere a casa gli anziani non autosufficienti. Sono previste altre misure nel comparto sanitario quali investimenti per apparecchiature ed ospedali, in particolare nel Mezzogiorno, per recuperare il ritardo esistente. Sono state adottate misure per il lavoro e per combattere il precariato, per sostenere i lavoratori in mobilità e le aziende in crisi.
È prevista, altresì, la riduzione del cuneo fiscale a vantaggio degli stipendi dei lavoratori. Finalmente, diritti per i lavoratori atipici e precari! I lavoratori precari avranno diritto al trattamento di malattia e le madri precarie avranno diritto a tre mesi di astensione dal lavoro per assistere i figli.
Inoltre, scelte per le imprese e per il Mezzogiorno; esclusione del prelievo del TFR per le piccole aziende; nuovi fondi per la competitività e l'innovazione e crediti di imposta a favore di quelle aziende che investono in ricerca scientifica e in ricerca tecnologica; riduzione del cuneo fiscale per le imprese con ulteriori incentivi per il Mezzogiorno. Chi assumerà una donna dopo questo disegno di legge finanziaria conseguirà considerevoli risparmi mensili che vanno da 150 a 170 euro al mese.
Sono previsti fondi per le infrastrutture nel Mezzogiorno; in particolare, i fondi previsti per il ponte sullo stretto di Messina saranno utilizzati per strade, ferrovie, porti e altre infrastrutture in Sicilia e in Calabria. E ancora, scelte per la scuola, per l'università e per la ricerca. Tornano nelle classi gli insegnanti di sostegno.
Sono previsti altri fondi per la sicurezza nelle scuole, nonché investimenti tecnologici e detrazioni fiscali, pari a mille euro all'anno, per gli insegnanti che acquistano un computer. Vengono stanziati, inoltre, 2 miliardi di euro l'anno per la ricerca, nonché altre risorse finanziarie per le ferrovie, per l'alta velocità, per acquistare nuovi treni e nuovi autobus per i pendolari. Sono contemplati, altresì, finanziamenti per completare le opere avviate, in particolare l'autostrada Salerno-Reggio Calabria.
È previsto un nuovo piano per la sicurezza stradale; vi sono fondi e detrazioni fiscali anche per gli interventi di risparmio energetico nelle ristrutturazioni edilizie e nella costruzione di nuovi edifici. Il disegno di legge finanziaria, inoltre, contempla il sostegno ai giovani agricoltori, attraverso l'innalzamento delle esenzioni dall'IVA.
Vi sono scelte di cambiamento nella pubblica amministrazione e risparmi di spesa deriveranno dalla sua riorganizzazione, dalla eliminazione di sprechi e dalla soppressione di enti inutili. Sono previste, altresì, la riduzione dei costi della politica,Pag. 27l'autonomia fiscale dei comuni e risorse finanziarie per garantire l'erogazione dei servizi essenziali ai cittadini; inoltre, saranno assunti più poliziotti nel 2007 e sono contemplate risorse per l'amministrazione della giustizia e della difesa, pur nelle difficoltà esistenti e tenendo conto dell'esigenza del contenimento della spesa da parte di ogni ministero.
È stato assunto un impegno sul versante del prelievo fiscale, rispetto al quale non si deve mai dimenticare che, come è scritto nella nostra Costituzione, si deve chiedere un po' di più a chi ha di più ed un po' di meno a chi possiede di meno; abbiamo previsto, altresì, l'introduzione dell'imposta di successione solamente sui grandi patrimoni miliardari. Non vi sarà, infine, nessun condono per reperire ulteriori risorse finanziarie.
Soprattutto, dobbiamo saper spiegare agli italiani, oltre a questo elenco, che con il disegno di legge finanziaria in esame non chiediamo loro solo sacrifici: al contrario, noi deputati appartenenti al gruppo Popolari-Udeur abbiamo particolarmente a cuore gli interventi a sostegno della famiglia e, più in generale, le politiche sociali e di solidarietà a favore degli anziani e dei disabili. Per tale motivo, riteniamo importanti le novità introdotte in tema di detrazioni IRPEF e di assegni familiari. Esse, nel complesso, mirano a correggere il cosiddetto secondo modulo della riforma fiscale, varato dal centrodestra nella passata legislatura, redistribuendo le risorse ivi impegnate e riducendo il peso complessivo dell'imposizione diretta sui redditi delle famiglie.
Vorrei segnalare, in particolare, che viene aumentato il reddito esente da tassazione; le aliquote e gli scaglioni di reddito, inoltre, vengono ridefiniti in modo da ottenere una riduzione dell'imposta per i redditi medi e bassi. Vengono altresì incrementate le detrazioni per carichi familiari, mentre gli assegni familiari sono aumentati e riformati in modo da eliminare gli attuali scaglioni, i quali oggi determinano drastiche riduzioni degli stessi assegni anche in seguito ad un modesto aumento della retribuzione.
In relazione a queste ultime due misure, ricordo che il gruppo Popolari-Udeur ha proposto sia una rimodulazione delle detrazioni per familiari a carico in favore dei nuclei a reddito medio-basso con figli, sia un aumento delle risorse stanziate per la corresponsione degli assegni familiari. A favore delle famiglie vanno, inoltre, le detrazioni previste per l'iscrizione e l'abbonamento a piscine, palestre ed altri impianti destinati alla pratica sportiva dilettantistica dei ragazzi tra i 5 ed i 18 anni, nonché le detrazioni d'imposta per gli affitti pagati dagli studenti universitari fuorisede.
Tralasciando l'aspetto più strettamente fiscale, vorrei segnalare che le famiglie italiane avvertono, da tempo, la necessità di procedere ad una seria riforma del sistema scolastico. Esso, infatti, deve essere in grado di offrire ai loro figli concrete ed effettive possibilità di inserimento nel mondo del lavoro, attraverso un percorso formativo completo ed adeguato agli standard europei.
Il disegno di legge finanziaria in esame non è, e non poteva essere, lo strumento più idoneo per operare una riforma organica della scuola italiana, tuttavia vorrei rilevare che la manovra per il 2007 getta certamente basi importanti anche in tale settore. Innanzitutto, si passerà dall'oscuro diritto-dovere previsto dal Governo Berlusconi al definitivo innalzamento dell'obbligo scolastico fino a 16 anni, con un biennio obbligatorio di scuola superiore comune a tutti gli indirizzi; conseguentemente, l'età per il primo ingresso nel mondo del lavoro passerà da 15 a 16 anni. Tale elevazione della scolarizzazione (che risulta quasi obbligatoria, dopo le risultanze dell'ultimo rapporto pubblicato dall'OCSE) consentirà all'Italia, così, di allinearsi agli altri paesi europei, aumentandone la competitività.
Al fine di limitare i costi sempre più pesanti delle spese scolastiche, di cui le famiglie si fanno carico, le scuole, le reti di scuole e le associazioni dei genitori potranno noleggiare i libri di testo agli studenti; si potrà usufruire, inoltre, dellePag. 28agevolazioni per l'acquisto dei testi scolastici, le quali vengono estese anche nel biennio delle superiori.
Un altro importante sostegno ai nuclei familiari, nel settore scolastico, viene offerto attraverso la previsione di classi di scuola dell'infanzia appositamente dedicate ai bambini di due o tre anni, seguite da insegnanti adeguatamente formati, considerate le crescenti necessità delle famiglie italiane e le carenze di posti negli asili nidi, nonché l'importanza fondamentale che la cosiddetta istruzione preprimaria riveste nella lotta contro la dispersione scolastica.
Noi Popolari-Udeur vorremmo ulteriormente incrementare le misure previste da questa finanziaria per il sostegno alle famiglie, proponendo ad esempio nuovi interventi a sostegno della maternità e della paternità e per i genitori che assistono un figlio maggiorenne portatore di handicap, nonché l'istituzione di un fondo per il progetto «Un anno in famiglia», destinato all'erogazione di un contributo integrativo per padri e madri che usufruiscono di congedo parentale dopo la nascita e fino ad un anno di vita del bambino.
Il sostegno e l'assistenza alle persone più deboli è un altro dei punti cardine della politica che i Popolari-Udeur intendono perseguire, in collaborazione con gli altri partiti dell'attuale maggioranza di Governo: il nuovo fondo per le non autosufficienze, istituito con questa finanziaria, ne è una prova. Tra gli emendamenti da noi proposti, vi è anche quello mirante ad un aumento delle risorse stanziate per tale fondo, oltre all'istituzione di un ulteriore fondo per la mobilità delle persone disabili, finalizzato alla realizzazione di mezzi da adibire al trasporto di disabili in Italia e all'estero.
Nel rappresentare questa serie di iniziative, ma anche per fare chiarezza e per dare una corretta informazione - perché forse su questo disegno di legge finanziaria si è fatta molta disinformazione, si è parlato di contrasti, si è parlato di una manovra finanziaria che mette tutti contro tutti -, io dico che questo forse è il primo disegno di legge finanziaria che, da qualche tempo a questa parte, viene discusso, viene presentato in Commissione con un testo che è lo stesso sul quale si continua poi a lavorare anche in Assemblea.
Forse negli anni passati eravamo abituati ad una finanziaria che era uno specchietto per le allodole, sulla quale si proponeva un lavoro spesse volte lungo, faticoso ed inutile, per poi arrivare in Assemblea con un maxiemendamento, che di quella finanziaria stravolgeva tutti i connotati, che non faceva discutere e che consentiva al Governo che ci ha preceduto, con tre fiducie consecutive negli ultimi anni, di approvare un testo totalmente diverso da quello al quale le forze parlamentari avevano dato il loro contributo.
In tema di contributi, vorrei ricordare che spesse volte all'opposizione non era riservato alcuno spazio di manovra, per apportare il proprio suggerimento e i propri miglioramenti; cosa che invece noi ci siamo impegnati a fare, pur nella difficoltà dei lavori, che in Commissione si sono spesso arenati su questioni inutili e futili. Si è privilegiato, da parte dell'opposizione, l'aspetto politico e la demagogia, rispetto al contenuto e all'interesse di poter e dover dare un contributo per migliorare tutto ciò che si poteva migliorare. La nostra manovra era aperta e resta aperta. Non è uno specchietto per le allodole, è bensì una manovra che tiene conto di alcuni problemi che abbiamo e che devono essere risolti. L'enorme deficit, del quale ho parlato all'inizio, è un problema che ci siamo posti, e molti interventi previsti in questo disegno di legge finanziaria e molte delle risorse che abbiamo dovuto reperire vanno nella direzione giusta, come è stato riconosciuto dall'Unione europea, di ridurre quel deficit, di ritornare nei parametri che l'Europa ci chiede di rispettare e che finalmente, dopo cinque anni, siamo nelle condizioni di rispettare.
Ma la politica non si ferma di fronte ai numeri, che dimostrano il contrario di quello che ascoltiamo ogni giorno dai banchi dell'opposizione. Infatti qui si continua a parlare di spallate e si continua a parlare di un qualcosa che deve essere cambiato contro la volontà deiPag. 29cittadini. A proposito di spallate, mi vengono in mente quegli attori comici che si preparano con forza a dare la spallata, ma la porta è aperta e così precipitano giù dalla finestra. La porta è aperta, perché questa maggioranza non si è chiusa. La porta è aperta, perché questa maggioranza vuole discutere e vuole dialogare.
Le spallate servono solo per cercare di ridare fiato e speranza a qualcuno che pensa di dover recitare un ruolo da protagonista e che vede che il tempo è sempre più tiranno, perché non gli dà ragione e lo condanna a passare alla storia, tra poco, come un ex, definitivamente ex. Quindi, ci si rassegni e si prenda atto delle valutazioni positive che anche oggi compaiono negli articoli pubblicati dalla stampa.
Rendiamoci conto di una cosa: se vogliamo contenere i costi della politica, abbiamo proposto seriamente che si parta innanzitutto da noi, dall'esempio che noi dovremmo dare nei ministeri e nelle strutture in cui siamo chiamati ad operare.
Allora, io che faccio parte della Commissione bilancio ho sorriso quando i colleghi dell'opposizione hanno obiettato che gli accantonamenti da noi previsti sono, in realtà, tagli. Sono anni che diciamo che ci deve essere un taglio...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
DANTE D'ELPIDIO. ...delle spese e che dobbiamo migliorare i nostri conti. Ebbene, quando facciamo qualcosa di concreto, efficace ed efficiente per riportare i conti sotto controllo, nemmeno va bene! Continueremo su questa strada, dando a questa manovra il nostro sostegno e la fiducia dei deputati del gruppo Popolari-Udeur. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
È iscritto a parlare il deputato Zorzato. Ne ha facoltà.
MARINO ZORZATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, finalmente ci siamo: il Parlamento torna sovrano!
Il programma elettorale della maggioranza trova riscontro nel disegno di legge finanziaria al nostro esame. Scusate: dovrebbe trovare riscontro... Esaurita la fase mediatica, in cui si poteva dire tutto ed il contrario di tutto, ora valgono i documenti al nostro esame. Già l'esame del Documento di programmazione economico-finanziaria aveva mostrato, nel confronto tra maggioranza ed opposizione, le rispettive e diverse linee di politica economica e sociale. Soprattutto, esso aveva fatto emergere con veemenza, sia nelle aule di Commissione, nelle quali si dovrebbe discutere di tali argomenti, sia nei nuovi luoghi della politica (giornali, TV e salotti), le contraddizioni esistenti all'interno della maggioranza. Tutti ricorderanno la generalità e l'indeterminatezza del DPEF, elementi certamente utili a mascherare le diversità di proposte politiche presenti all'interno della maggioranza di centrosinistra.
Ritengo utile ricordare, in questa sede, alcune osservazioni che il ministro ha svolto, con onestà intellettuale, in sede di esame del provvedimento in Commissione. Il ministro ha affermato esplicitamente che l'ultima legge finanziaria di Tremonti era buona (l'ha definita un utile punto di partenza per il lavoro successivo). Con quella che ritengo di poter considerare, come ho già detto, onestà intellettuale, il ministro ha anche riconosciuto: che, negli anni del Governo Berlusconi (e tutti ricordiamo la congiuntura economica italiana in quel periodo), la spesa sociale è passata dal 22 al 23,7 per cento; che la spesa sanitaria è passata, nello stesso periodo, dal 5,8 al 6,7 per cento del PIL; che il modello di riferimento per la sanità è quello delle regioni virtuose (ha citato, in particolare, Veneto e Lombardia, e sappiamo chi le governa); che la spesa per l'istruzione e l'università (è sempre il ministro che lo dice e lo scrive) è stata, negli anni del nostro Governo, nella media di quella europea e che il problema stava nella qualità (se è così, non riesco a capire perché la riforma Moratti venga in qualche modo bloccata); che il rapporto tra addetti al comparto della sicurezza e cittadini è stato, negli anni del nostro Governo,Pag. 30il più alto d'Europa; che gli investimenti veri al sud sono costantemente aumentati negli ultimi cinque anni; che nella ricerca (ricordate le polemiche?) gli investimenti sono (è sempre il ministro che lo dice) nella media di quelli degli altri paesi europei.
Ecco, allora, che, nel Documento di programmazione economico-finanziaria, il ministro sintetizza la volontà di questo Governo in tre parole: crescita, risanamento, equità. Non ci vuole un osservatore particolarmente attento per vedere che avete quanto meno sbagliato le dosi e confuso gli ingredienti: il risultato è indigesto per tutti gli italiani!
Nel merito, quanto alla crescita, dai documenti di bilancio da voi predisposti e votati si evince che la stretta fiscale produrrà una contrazione della crescita nei prossimi anni: l'avete scritto voi! L'avete votato voi! Per cortesia, non cerchiamo giri di parole!
Riguardo al risanamento, la proposta consisteva, preliminarmente, in un intervento massiccio in quattro settori: pubblica amministrazione e pubblico impiego, sistema pensionistico, servizio sanitario nazionale, enti locali.
Con riferimento al pubblico impiego, la polemica sulla copertura del rinnovo dei contratti la dice tutta: proponete nuovi contratti senza coprirli finanziariamente!
Sistema pensionistico: rinvio con polemiche a data da destinarsi. Ne riparleremo. Servizio sanitario nazionale: l'unica cosa che notiamo è l'introduzione di ticket. Enti locali: tagli ed obbligo, di fatto, di introdurre addizionali. Se questo si può definire risanamento! Equità: sembra uno slogan, ma è la realtà, più tasse per tutti!
Come possiamo sintetizzare il vostro lavoro? Con l'aumento delle tasse? Con l'aumento della burocrazia? Con l'aumento della centralizzazione? Con l'abolizione delle nostre riforme, in particolare di quella Moratti e di quella del lavoro? Con il ritorno a trattare il sud come area assistita e non come risorsa per il sistema paese? Con la classificazione degli italiani, in particolare i lavoratori autonomi, come evasori fiscali da colpire o, come direbbe Totò, a prescindere? Con la reintroduzione della lotta di classe cancellata dalla storia che voi volete reintrodurre per legge? Con la introduzione del voto se non di scambio, in cambio? Con la cancellazione del ruolo del Parlamento espropriandolo delle funzioni?
Ricordo a me stesso e, soprattutto, perché resti agli atti, l'autostruzionismo in Commissione da parte della coalizione di Governo che, non pronta a votare, si è impegnata con estenuanti riunioni di maggioranza, vanificando così, di fatto, il ruolo della Commissione. Allora, qualcosa non va!
I vostri primi atti sono in totale dispregio delle vostre promesse elettorali, almeno di quelle esternate, salvo indurci il dubbio che invece stiate pagando pegno a coloro che hanno finanziato le vostre primarie. Mi riferisco alla grande finanza, alle cooperative, ai banchieri, agli imprenditori assistiti. Certo, la traccia del vostro DNA politico si legge, o almeno si legge evidente quello della vostra componente estrema massimalista, in particolare per la voglia di colpire le classi medie. L'aumento della pressione fiscale di due punti percentuali, che nel vostro intento doveva colpire solo professionisti, artigiani, commercianti e quant'altro, in realtà, è stato, alla fine, mal gestito perché colpisce il 90 per cento degli italiani. Sembra quasi che voi vogliate colpevolizzare artigiani, professionisti e commercianti del luogo comune per il quale sono politicamente più vicini a noi, cioè più vicini al centrodestra. Chi ha letto la sequenza dei vostri provvedimenti economici, quali il decreto Visco-Bersani, il decreto fiscale e il disegno di legge finanziaria, questo odio e questa voglia di vendetta li percepisce.
Faccio notare, a me stesso e a tutti noi, come in questo caso i numeri abbiano ballato in modo caotico e controverso, con un impatto nefasto sulla psicologia degli italiani ma, quel che è peggio, sui mercati e, quindi, sul tessuto socio-produttivo del nostro paese. Mi riferisco al balletto delle cifre, alle incertezze del Governo, alle liti dei ministri, ai distinguo della maggioranza e al disordine che regna sovrano.Pag. 31Tutto questo ha certamente influito sullo stato d'animo degli italiani, come risulta evidente dai sondaggi, ormai accettati da tutti, che mostrano una totale sfiducia in questi governanti e una diffusa voglia di cambiare. Il voto di ieri in Molise ritengo ne rappresenti la prima vera cartina di tornasole.
Gli italiani hanno capito che questa manovra economica, immotivata nella dimensione, confusa nella proposta ed imperniata sui soli aumenti, toglie all'Italia che produce l'ossigeno necessario allo sviluppo non intervenendo con i tagli necessari agli sprechi di questo Stato burocratico e faraonico, ma aumentando la pressione fiscale e disperdendo in mille rivoli, che nessuno controlla, le risorse che ricava da questa massiccia tassazione. Non c'è rilancio, non c'è crescita, non ci sono tagli, c'è solo centralizzazione. Il vostro federalismo è aumento delle tasse locali. I soldi sottratti senza motivazione a tutti i cittadini sono dispersi in mille rivoli per assecondare le richieste di singoli ministri, secondo il peggior rituale della prima Repubblica. I timidi segnali di ripresa del sistema Italia vengono repressi sul nascere. Non si tratta di una percezione per cattiva comunicazione, ma è la realtà. Quello che traspare sono solo nuove tasse. Vi ricordate le promesse elettorali? Il motivo ricorrente era: non vi aumenteremo le tasse. Non metteremo le mani nelle vostre tasche. Ecco la risposta: aumento delle tasse ipotecarie, delle imposte di registro, degli estimi catastali, dell'ICI, della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, delle tariffe autostradali, reintroduzione della tassa di successione e di donazione, tassa sugli immobili per l'assicurazione obbligatoria sulla prima casa; aumento dell'Ires, dell'IRPEF (per tutti), della tassa di circolazione per gli autoveicoli, della tassazione sulle piccole imprese, delle tassazioni in agricoltura.
Tralascio gli interventi del decreto e del disegno di legge finanziaria che non c'entrano nulla ma che rispondono solo alle pressioni di singoli ministri, perché la lista sarebbe troppo lunga! Essi mostrano come la concertazione per voi sia un fatto interno ai vostri salotti della politica.
Certo, il caso Pallaro mostra cosa sia per voi la politica: «Mettimi questa posta di bilancio o non te lo voto» Qual è la risposta? «Meglio il tuo voto che rischiare»! E allora non importa il contenuto, ma il voto, che prima chiamavo «in cambio», perché non vorrei chiamarlo «di scambio».
Colleghi, cari colleghi di maggioranza, vi invito ad una riflessione. Sono scesi in piazza migliaia di professionisti, che mai avevano manifestato in questo modo; nel corso delle audizioni svolte, tutti gli auditi hanno pesantemente contestato i vostri provvedimenti di bilancio; le categorie sono in agitazione; gli enti locali, salvo i tre sindaci che sono i vostri ventriloqui, minacciano di portare le chiavi dei municipi qui...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
MARINO ZORZATO. Ancora due minuti, Presidente, e concludo.
PRESIDENTE. No, non li ha due minuti, sono rimasti pochi secondi.
MARINO ZORZATO. Riscrivete la finanziaria...!
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Quanti minuti abbiamo?
PRESIDENTE. Dieci minuti complessivamente.
MARINO ZORZATO. Ancora un minuto! Fatelo per i cittadini, non per i ministri: dite ad Epifani che non spetta a lui la dettatura! 7 mila emendamenti, di cui la metà sono della maggioranza, 200 emendamenti tra relatore e Governo, 50 voti in quindici giorni e solo alcune ore di Commissione in attesa che si concludessero estenuanti e improduttive riunioni di maggioranza: la maratona notturna da noi provocata per non subire il primo voto parlamentare è stato un atto per dimostrare cosa sia il voto di scambio.Pag. 32
Abbiate l'onestà di ammettere che non siete in grado di governate e traetene le opportune conseguenze! Governare è un dovere per la maggioranza, governare contro la maggioranza degli italiani è un atto contro la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Camillo Piazza. Ne ha facoltà.
CAMILLO PIAZZA. Credo sia giusto - seppure con alcune difficoltà e seppure chiaramente lavoreremo in questi giorni in aula per costruire una legge finanziaria più attenta a talune questioni ambientali - dare un giudizio positivo sul disegno di legge finanziaria in esame.
Vorrei ringraziare anche per il lavoro svolto in Commissione bilancio in questi giorni, fermo restando che non do la colpa alla minoranza per l'ostruzionismo, anche se la questione Pallaro è ormai troppo strumentalizzata. Mi dicono che la richiesta di 12 milioni di euro è stata fatta da tutti i deputati eletti dagli italiani all'estero, non soltanto da Pallaro. Non solo, ma tale proposta aumenta di 2 milioni di euro ciò che era già inserito nella vecchia precedente legge finanziaria.
Il nostro obiettivo è quello di migliorare ed è compito del Parlamento introdurre talune questioni in materia ambientale, che già peraltro sono inserite nel disegno di legge finanziaria.
Ritengo che il lavoro principale sia da svolgersi su diversi binari. Da una parte, dall'articolo 21 in poi, vi è la questione delle bioenergie che, a differenza delle vecchie leggi finanziarie, sono state inserite in maniera particolare. Dirò di più: ritengo che questi articoli consentiranno finalmente di far partire il mercato delle produzioni ambientali. Come sapete, l'Italia è il fanalino di coda rispetto al fotovoltaico. La Turchia produce circa il 25 per cento di calore con i pannelli fotovoltaici, l'Italia neanche il 2 per cento. Il fatto poi che a partire dall'articolo 23 vengano favorite tali produzioni, fa dire che, finalmente, il mercato della produzione energetica, attraverso l'utilizzazione dei pannelli, potrà aprirsi.
Molto importante è inoltre l'articolo 26, che riguarda i biocarburanti. In tutto il mondo si sta sperimentando (vedi il Brasile) il bioetanolo, mentre purtroppo soltanto in Italia alcune produzioni di biocarburanti sono state molto rallentate. Su tale argomento la legge finanziaria all'esame dà un forte, concreto e importante indirizzo.
Vi è un aspetto che ritengo giusto sollevare anche in questa sede - vedremo poi durante il percorso in aula come si concluderà la discussione - con riferimento all'articolo 25, dove sono previsti 100 milioni di euro per mitigazione ambientale a chi interviene a livello comunale per creare strutture energetiche. Ritengo sia in parte sbagliato, lo dico in maniera chiara e forte, visto che la maggior parte di queste strutture le costruisce l'Enel.
L'Enel, insieme ad altri enti, l'anno scorso ha attinto alle nostre tasche per quanto riguarda il contributo di due miliardi previsto relativamente all'accordo di Kyoto. Pertanto, credo sia in parte sbagliato prevedere altri 100 milioni con riferimento a questi impianti, posto che le suddette imprese registrano un utile di esercizio di parecchi miliardi all'anno. Detto ciò, è ovvio che la discussione prenderà corpo dalle modalità di conduzione dei lavori in Assemblea.
Oggi ha inizio la discussione sulla manovra finanziaria; poiché nessuno vuole arrivare alla posizione della questione di fiducia, stiamo cercando di individuare delle soluzioni concrete anche per rispettare i tempi relativi all'esame della stessa e per giungere ad una discussione serena: in particolare, dovremmo ascoltare in modo vero e concreto anche le richieste di apportare determinati miglioramenti, provenienti dalle minoranze.
Grazie al lavoro svolto in questi giorni dai sottosegretari e dal relatore, abbiamo ottenuto - si tratta di un aspetto importante e fondamentale - un certo risultato relativamente al demanio marittimo. Finalmente, in Italia vi è l'indicazione che chi gestisce una parte del demanio non può sentirsi padrone all'infinito dello stesso (in Commissione è stata avanzataPag. 33una proposta in questo senso), perché chiunque ha il diritto di utilizzare e di usufruire di spazi pubblici.
Per noi, inoltre, è fondamentale inserire nell'articolo 210, relativamente alla cooperazione internazionale, la questione dell'acqua; l'acqua sta diventando in tutto il mondo l'argomento principale non solo per il benessere, ma per la vita umana. Purtroppo, il mercato del petrolio sta passando in secondo piano, anche con riferimento alle guerre che stanno scoppiando nel mondo. L'acqua rappresenta e rappresenterà sempre di più un aspetto fondamentale nella vita quotidiana.
Noi chiediamo - spero che la nostra richiesta venga recepita dal Governo - che le aziende che operano nel settore delle risorse idriche ne destinino una piccola percentuale alla cooperazione internazionale, in modo tale che l'Italia, che in questi anni ha ridotto sempre di più i fondi necessari per la cooperazione, possa veramente dimostrare che, in ordine a tale aspetto, intende trovare delle soluzioni concrete per chi sta realmente morendo di sete nel mondo. Da un'analisi dell'ONU si è constatato che, soltanto nel 2005, circa 20 milioni di persone, tra bambini e anziani, sono morti per mancanza di acqua.
Il nostro emendamento all'articolo 210 va in questo senso: vogliamo che si dia il segnale concreto che l'Italia, come ha fatto la Francia nella scorsa manovra finanziaria, si adopererà con un piccolo, ma importante contributo per dare dell'acqua da bere alle popolazioni che in questo momento stanno soffrendo e morendo di sete.
Vorrei, inoltre, segnalare la questione relativa alla rottamazione, che potremo discutere in quest'aula. Sono convinto che in Italia uno dei fattori principali di crisi sia rappresentato dall'inquinamento atmosferico. Ogni anno in Italia i costi della mobilità urbana si aggirano intorno a 200 mila milioni di euro. È una cifra esorbitante! Penso che il Governo ed il Parlamento debbano porre alla base della loro azione l'obiettivo del risanamento dell'inquinamento atmosferico. Occorre trovare il modo per favorire questi interventi, anche dando la possibilità a chi non vuole comprarsi una macchina nuova di convertirla a metano o a GPL o, meglio ancora, utilizzando un motore ibrido elettrico; credo che questa sia una delle cose più importanti da chiedere per quanto riguarda il risanamento dell'aria e lo sviluppo economico del nostro paese.
Concludo, dicendo che i verdi apprezzano molto gli argomenti inseriti all'interno del disegno di legge finanziaria e l'impegno di lavorare in questi giorni per migliorarlo, per dargli un senso rispetto alle tematiche ambientali.
Spero che il Parlamento recepisca le nostre problematiche: chiediamo al Governo di procedere in questa direzione, come si è fatto in questi giorni in Commissione bilancio, perché credo sia veramente fondamentale cambiare registro rispetto al passato.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Verro. Ne ha facoltà.
ANTONIO GIUSEPPE MARIA VERRO. Signor Presidente, non era mai successo che la Commissione bilancio non riuscisse a svolgere l'esame della legge finanziaria. Certo, altre volte si è verificato che la discussione non sia stata completata, ma non era mai successo prima d'ora che la Commissione si fermasse ad una valutazione di 25 emendamenti su 7 mila presentati dal Parlamento intero; d'altronde, presentare una finanziaria con 217 articoli significa proprio andarsi a cercare guai. È infatti evidente che, più sono gli articoli, tanto più sono estesi gli interessi toccati, ed allora è inevitabile e prevedibile che la gestione del provvedimento in Parlamento sia complessa. Se poi è il Governo a promuovere fino all'ultimo ritocchi e ripensamenti, la situazione si fa incandescente: ma la soluzione è già pronta, era già pronta fin dall'inizio ed è la fiducia. Il Governo così potrà confezionare e far approvare una finanziaria modificata a suo piacimento, senza correre il rischio di spaccare la sua maggioranza. Questa è una fiducia annunciata, è una gestione scientificamente programmata sin dall'inizioPag. 34per sottrarre l'esame del testo alla stessa maggioranza, evitando così di evidenziare le spaccature esistenti.
Così le promesse di armonia che Prodi ha chiesto all'Unione nello spirito di Villa Pamphili sembrano completamente svanite, mentre la finanziaria galleggia tra ultimatum e veleni. Persino D'Alema è costretto a criticare i troppi tagli alla Farnesina. Non solo, ma al corteo dei Cobas e dei precari dell'altro giorno hanno sfilato dieci sottosegretari di lotta e di Governo, al punto che Gentiloni ha dichiarato testualmente: che accadrebbe se ognuno si mettesse a marciare con i propri referenti sociali? Non c'è un diritto al dissenso governativo. Inoltre, ha aggiunto: penso che Rifondazione faccia i conti con la contraddizione non risolta tra lo stare al Governo e voler rappresentare i movimenti e le lotte alternative al sistema: si decidano.
D'Alema e Prodi, invece, fanno finta di pensare e dichiarano che la manifestazione del 4 novembre è stata a favore e non contro il Governo. Si vede però che al ministro Damiano i consensi non piacciono perché ha espresso la sua giustificata amarezza per i cartelli che dicevano: «Damiano, servo dei padroni, vattene». Intanto, il ministro Ferrero se la prende con il ministro Damiano, imputandogli di aver fatto poco o nulla per i precari.
Cerchiamo di non essere ipocriti: attribuire un carattere neutrale ed imparziale ad un corteo, gremito da rappresentanti di Governo, che bocciava il Governo è falso ed ipocrita. Sullo stesso punto Padellaro su l'Unità ha detto: cosa accadrà il giorno dopo nelle stanze del Ministero del lavoro e in quello dell'economia tra sottosegretari protestanti e ministri protestati? Questo è il problema a cui non è facile sfuggire.
Intanto la legge finanziaria continua la sua inesorabile marcia a tappe forzate contro il Parlamento, i ceti produttivi e il paese. Basare una legge finanziaria sulle tasse piuttosto che sui tagli delle spese e degli sprechi non è solo doloroso per i contribuenti, ma anche un azzardo che potrebbe risultare devastante per i conti del paese. Con il complesso dei provvedimenti di questa manovra il Governo dimostra ancora una volta di percepire lo Stato in termini di sovrano esattore, a fronte di cittadini sudditi. Lo abbiamo sempre detto, con Prodi avremmo avuto il più lucido e temibile avversario di chi pensa che prima viene l'individuo e, poi, lo Stato. L'altro giorno in un bellissimo articolo su Il Corriere della sera Nicola Rossi, giustamente preoccupato, diceva: il fisco non è uno strumento di punizione sociale, è un patto che è o dovrebbe essere tra uguali, che in particolare dovrebbe vedere cittadini e Stato sullo stesso piano, non più sudditi i primi, non più sovrano il secondo. Giustissimo, ma lasciatemi dire innanzitutto che è davvero sconsolante che all'alba del XXI secolo persone serie come Nicola Rossi siano costrette ad invocare - come obiettivo ancora da raggiungere e, per la verità, lontano - principi elementari, affermati almeno con la rivoluzione borghese, quali quello del superamento della sudditanza nel rapporto tra Stato e cittadini. Allora, caro onorevole Rossi, intervenga subito perché questa manovra non è come lei auspica e come tutti noi la vorremmo.
In questo provvedimento il fisco punisce il ceto medio, i piccoli e medi imprenditori, e non mette i cittadini e lo Stato sullo stesso piano. Mettete e fate mettere dagli enti locali le mani nelle tasche dei contribuenti, aumentate pesantemente le tasse agli italiani e fate finta di dare parte di queste risorse agli italiani all'estero, mentre in realtà le utilizzate, in modo vergognoso, per tentare di assicurarvi il voto di fiducia al Senato.
Collega Piazza, non è soltanto il caso Pallaro, che non è isolato. È notizia di oggi che è scattato il «soccorso rosso» con una «leggina» che riapre i termini per la richiesta di rimborso elettorale per due senatori del centrosinistra. È una sanatoria, una legge ad personam che ha soltanto l'obiettivo di consolidare il vostro risicato vantaggio al Senato.
Come da diversi giorni mi sto sforzando di dimostrare, sono nettamente contrario alla filosofia ispiratrice di questa manovra finanziaria. Sono particolarmentePag. 35convinto che, in assenza di una significativa crescita, sia sbagliato, completamente sbagliato, utilizzare la pressione fiscale per la redistribuzione del reddito.
Ciò nonostante, voglio credere alla buona fede delle ripetute affermazioni di Prodi e della sua maggioranza circa il fatto che con questa manovra piangeranno solo i ricchi, mentre il 92 per cento dei contribuenti avrà un vantaggio. Allora, sottosegretario, l'ho già detto in Commissione bilancio: votate il mio emendamento. Ho presentato un emendamento che è un contributo alla coerenza rispetto alle dichiarazioni di Prodi, poiché invoca la clausola di salvaguardia esattamente per il 92 per cento dei contribuenti, ossia per i redditi fino a 55 mila euro, dando loro la possibilità di scegliere il regime fiscale precedente se più favorevole. Temo, però, che la mia speranza e, soprattutto, quella del 92 per cento degli italiani andrà delusa.
Continuate e vi ostinate ad equiparare la ricchezza individuale con l'evasione fiscale e ciò è devastante per l'immagine del Governo e del paese intero. Da combattere non è la ricchezza, ma l'evasione fiscale.
Voi ora mettete nel «cervellone» anche i dati bancari riservati, a causa della legge Prodi-Visco, che forse è incostituzionale, perché trasforma l'anagrafe tributaria in un «grande fratello» fiscale. Proibite l'uso della moneta, imponendo l'utilizzo di assegni e di carte di credito per i pagamenti oltre i cento euro.
Il fatto è che più si legge questa manovra, più si rimane sconcertati. Anche l'operazione del cuneo fiscale, in fondo, è una mistificazione. La strada scelta, infatti, è quella di ridurre l'incidenza del costo del lavoro sulla massa imponibile su cui si applica l'IRAP. Insomma, la detrazione fiscale aumenterà il reddito delle imprese, ma non ridurrà i prezzi dei prodotti e, quindi, non inciderà affatto sulla competitività.
Tra l'altro, questa scelta non favorisce in egual modo tutte le imprese. Per il gioco delle deduzioni, l'operazione cuneo fiscale e il modo in cui viene applicata favoriscono sostanzialmente la grande impresa. Allora, si capisce bene perché Confindustria e i tre sindacati confederali abbiano detto «sì» a questa operazione, giacché i vantaggi sono solo per le grandi imprese, notoriamente più sindacalizzate delle altre.
Per fortuna, come al solito, la gente ha capito prima dei politici. Il consenso, che vi ha consentito, per un pugno di voti, di andare al potere, è già sensibilmente diminuito. Di questo, oltre che della nostra opposizione, non potete non tenere conto. Il conteggio alla rovescia per questo Governo è già iniziato. Speriamo, per il bene della nostra economia e per il bene del nostro paese, di voltare pagina il più presto possibile (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Signor Presidente, la legge finanziaria per il 2007 è certamente ambiziosa per la sua dimensione e per gli obiettivi che si pone. È una finanziaria necessaria per raccogliere le sfide che il paese ha di fronte e che noi dobbiamo affrontare contemporaneamente. Non è infatti possibile una strategia in tempi diversi rispetto alle grandi questioni che sono l'eredità pesantissima che ci ha lasciato il centrodestra.
Questa finanziaria è così non per divertimento, ma per rispondere ai problemi dello stato dell'economia e della finanza pubblica e della condizione sociale del paese.
L'Italia conosce la più bassa crescita tra i paesi europei. Nel periodo 2003-2005 abbiamo avuto una crescita zero. Tale problema non è stato risolto con il miglior andamento del 2006. Se si arriverà all'1,7 o anche al 2 per cento, si resterà sotto il livello di crescita media dell'Europa, e bassa crescita significa perdita di quote del commercio mondiale e di competitività.
Esiste un problema strutturale di scarsa produttività totale dei fattori del nostro sistema produttivo. Il paese è pieno di inefficienze su cui occorre intervenire con liberalizzazioni, minori costi, investimentiPag. 36sulle infrastrutture materiali ed immateriali, sulla ricerca e sul sapere. È ciò che stiamo facendo.
Lo stato della finanza pubblica ci pone continuamente sotto l'osservazione dell'Unione europea, che ieri ha promosso la manovra. Il miglioramento delle entrate nel 2006 non è tale da inficiare i giudizi espressi a giugno sulla drammaticità della situazione. Restano l'espansione in questi anni della spesa pubblica di 2,6 punti di PIL, l'avanzo primario pressoché azzerato, la crescita del rapporto debito-PIL ovvero il dato più negativo per il livello di debito che ha l'Italia, pari ad un quarto di quello dei paesi europei. Resta il dato di capitoli di spesa vuoti a metà anno, con gli stanziamenti della finanziaria 2006 per i cantieri ANAS e Ferrovie dello Stato, o quelli per il fondo sociale quasi azzerato e continuamente ridimensionato. Resta l'alto livello di deficit nel 2006 per effetto della sentenza sull'IVA, ereditata anch'essa dal centrodestra, per cui è incredibile ciò che si è sentito in quest'aula in merito al provvedimento che cerca di porvi rimedio.
Resta un'evasione fiscale a livelli non conosciuti in altri paesi europei. Constato che in Commissione bilancio i parlamentari del centrodestra sostengono la necessità di politiche fiscali basate sul contrasto di interessi. Non può essere l'unica strada, perché occorre un'articolazione di interventi messi in campo con il cosiddetto decreto Bersani, il decreto fiscale collegato alla legge finanziaria e la finanziaria stessa. Tuttavia, ai tempi del primo Governo di centrosinistra sono state adottate, e lo sono anche ora, alcune misure volte al contrasto di interessi. Nei cinque anni di Governo del centrodestra, invece, non ve ne è stata neppure una, ma ora, un giorno sì e l'altro pure, dite che bisogna scegliere quella strada. Ma perché voi non l'avete fatto?
Vi è un problema di equità. L'Italia ha visto l'aumento delle diseguaglianze, bassa mobilità sociale, rafforzamento delle corporazioni, aumento forte della precarietà. È a questi problemi che la finanziaria vuole rispondere ed è per questo che raggiunge i 35 miliardi. Vi è contraddittorietà nei ragionamenti sulla dimensione della manovra che ho sentito da parte del centrodestra. Si dice che sarebbe bastata una manovra da 15 miliardi per restare nei parametri europei. Tuttavia, 15 miliardi non sono una sciocchezza, perché corrispondono a quasi 30 mila miliardi di vecchie lire; già questa è un'ammissione, perché vuol dire che non siamo con i conti in ordine.
Inoltre, si dice che mancano le misure per la crescita. Invece non è così; infatti, se la finanziaria è di 35 miliardi, è proprio perché, se 15 sono destinati al risanamento, 19,5 riguardano misure rivolte alla crescita duratura nei prossimi anni e all'equità. È così perché siamo profondamente convinti dell'intreccio tra crescita, risanamento ed equità. Non vi è crescita senza risanamento ed equità. Se non si riduce il debito pubblico, mancano le risorse per gli investimenti a favore della crescita e si perde competitività rispetto agli altri paesi. Con bassa mobilità sociale e forte precarietà il paese non investe sulle persone, che sono l'elemento fondamentale per lo sviluppo e la crescita.
Ma è anche vero che non vi è risanamento duraturo senza crescita ed equità. Se non aumenta il PIL, il contenimento non basterà nel tempo a consolidare il risanamento. Se tutti non fanno la propria parte, a partire dal pagamento delle imposte, sarà più difficile uno sforzo comune del paese per il risanamento. Ed è altresì vero che non vi è equità senza crescita e risanamento. Per redistribuire ricchezza occorre innanzitutto produrla. Uno Stato pieno di debiti redistribuisce debiti.
Ecco perché una seria politica economica deve affrontare queste tre questioni insieme, come fa la legge finanziaria del Governo Prodi. Questa legge finanziaria avvia una stagione di riforme per la sanità, il federalismo fiscale, la previdenza ed il pubblico impiego.
Vorrei soffermarmi sul federalismo fiscale e gli enti locali. Vi è la volontà politica di dare attuazione all'articolo 119 della Costituzione, mentre tra il 2001 e il 2006 lo si è messo in un cassetto. Si è fatto un gran parlare di devolution, ma poi èPag. 37stata realizzata una politica di neocentralismo. Non vi è soltanto la volontà politica. Nella legge finanziaria vi sono i primi passi in quella direzione. Mi riferisco all'accordo sulla sanità, che responsabilizza le regioni; alla scelta del saldo finanziario per il patto di stabilità interno degli enti locali già dal 2007, abbandonando il criterio dei tetti di spesa; alla volontà di riscrivere il testo unico sugli enti locali in attuazione dell'articolo 117 della Costituzione ed ad alcune anticipazioni nella legge finanziaria.
Questi capisaldi sono rimasti punti fermi all'interno di un testo che, per iniziativa sia del Governo che del Parlamento, ha visto diverse modifiche. Auspico che di altri se ne introducano, come per quanto concerne il personale dei comuni sotto i cinquemila abitanti, le province e più complessivamente, per arrivare ad un accordo pieno, con le associazioni delle autonomie locali. Già ora, però, si può dire che questa legge finanziaria consegue un risultato: assicura più flessibilità alla gestione degli enti locali; mette a disposizione più strumenti per il reperimento delle risorse; dà l'avvio alla compartecipazione dinamica dell'IRPEF; introduce le tasse di scopo; sostiene finanziariamente i piccoli comuni e ne incentiva l'associazionismo.
In sostanza, chiede agli enti locali di contribuire al risanamento della finanza pubblica, ma responsabilizza gli amministratori, sia sul fronte delle spese, sia su quello delle entrate. Non s'impongono tagli dal centro per far tornare solo formalmente i conti, ma si propone un protagonismo nuovo per un risanamento duraturo. È un passo importante nella direzione giusta, dentro una legge finanziaria che riapre la speranza per il futuro del paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il principale errore che questa maggioranza ha compiuto nel predisporre la manovra finanziaria è aver cercato di far credere ai cittadini che essa fosse ispirata alla filosofia della redistribuzione dei redditi, tassando i ricchi e dando ai ceti più deboli.
In realtà, non è così: i ceti più deboli verranno comunque dissanguati dalle maggiori imposte locali che, essendo prive di progressività, si abbatteranno su tutti i livelli di reddito. Così, questa legge finanziaria, che avrebbe dovuto essere redistributiva, diventa invece una legge finanziaria giustiziera. Considerando il nodo politico, il vero fallimento è quello dell'ala riformista dello schieramento del Governo che ha dovuto soccombere alla filosofia della sinistra radicale, contravvenendo così alle linee tracciate nel programma elettorale.
D'altronde, riuscire in così poco tempo a scontentare tutti è stato un vero record: hanno protestato i rappresentanti degli enti locali, e basti pensare a molti sindaci, anche del centrosinistra; hanno manifestato i precari, nei giorni scorsi; si sono dichiarati scontenti i rappresentanti del mondo della scuola, dell'università e della ricerca. A questo riguardo va evidenziato come, in modo del tutto irrituale, attraverso lo strumento della legge finanziaria sia stata in gran parte abrogata la riforma della scuola: ed eravamo noi quelli che, nella scorsa legislatura, venivamo accusati di aver soffocato il dibattito parlamentare sulla riforma educativa!
È stato perciò scelto di aggirare qualsiasi confronto, volendo abrogare alcune parti della legge di riforma, trasformando il Parlamento in un semplice organo di ratifica dei faticosi accordi elettorali dell'Unione. Ritengo che questo, quando si parla di scuola e di educazione, sia veramente molto grave.
Tuttavia, il lato più debole di questa manovra va sicuramente ricercato nella mentalità centralista ancorata a vecchi schemi che si rifanno ad un classismo ormai desueto e all'antica polarità capitale-lavoro. Questo è lo spirito che ha formato la manovra e che preoccupa - e ha preoccupato - la grande maggioranza degli italiani. Lo schema ideologico è semprePag. 38il solito: quello sul quale si muove l'alleanza che tiene insieme le sinistre italiane con una parte del centro moderato, vale a dire la difesa dei ceti popolari, dei lavoratori dipendenti, insieme ad un'intesa con i grandi gruppi economici e finanziari e con i principali centri di produzione intellettuale.
Rimangono fuori i ceti medi, i lavoratori autonomi, i professionisti, i piccoli e medi imprenditori, tutti coloro che cercano di superare il precariato mettendosi in proprio. Queste sono le categorie elevate a nemico principale e sociale. A mio avviso, però, il centrosinistra pagherà - al di là delle contingenze - il suo proverbiale immobilismo, la mancanza di analisi che l'ha portato ad ignorare che l'Italia è profondamente cambiata e che avanzano nuove figure professionali e lavorative (ciò soprattutto nelle zone del nord). Queste sono figure che, anche se non trovano ancora una piena rappresentanza, diventeranno sempre di più la vera forza lavoro sulla quale si baserà il nostro sviluppo. Questa legge finanziaria, con l'intento di punire il ceto medio, ha invece punito tutti gli italiani. L'errore è stato quello di non capire che anche il ceto medio si è ormai dilatato fino ad assorbire quasi tutte le fasce sociali, comprese le classi operaie tanto care alla sinistra.
Oltre a questo allargamento della categoria del ceto medio, esiste altresì una nuova mobilità sociale, positiva ed emergente. La controprova della veridicità di tutto questo, d'altronde, proviene da quanto sta accadendo nella nazione. Mai si ricordano proteste così articolate e diversificate, a riprova del fatto che coloro i quali pensavano di aver penalizzato soltanto le classi più agiate hanno colpito e scontentato, invece, tutti gli italiani.
In questi giorni, dovremo svolgere un dibattito e speriamo ci sia l'opportunità di modificare in Parlamento - noi, come opposizione, insieme alla maggioranza - questo disegno di legge finanziaria. Il pessimismo è d'obbligo, in considerazione dell'ormai troppo frequente ricorso alla questione di fiducia in questa Assemblea, tanto da diventare una consuetudine. Se sarà così, penso veramente che per la maggioranza sarà troppo tardi per correggere questo disegno di legge finanziaria.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bordo. Ne ha facoltà.
MICHELE BORDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo nel corso della discussione sulle linee generali del disegno di legge finanziaria con l'intento di rendere espliciti gli obiettivi il cui raggiungimento sarà consentito al nostro paese da questa manovra economica.
Questo disegno di legge finanziaria è rigoroso ed è stato predisposto con grande serietà. Coniuga bene l'obiettivo del risanamento economico con quelli, altrettanto importanti, dell'equità e dello sviluppo. Con ciò intendo affermare che questa manovra economica è cosa assolutamente diversa dagli esercizi di fantasia contabile e dai trucchi di bilancio ai quali il Governo Berlusconi aveva abituato il paese negli ultimi cinque anni.
Devo dire però che, qualche giorno fa, ho ascoltato in questa Assemblea, con grande interesse, l'intervento per dichiarazione di voto sul cosiddetto decreto fiscale dell'ex ministro dell'economia, l'onorevole Giulio Tremonti. È stato un intervento simpatico, il suo, quasi divertente. Ha provato a fare una lezione, ha cercato di spiegare la maniera attraverso la quale un Governo deve reperire le risorse economiche, il modo in cui un Governo deve agire per far pagare le tasse ai contribuenti. È sembrato un professore, l'onorevole Tremonti, in quella circostanza. Ha tessuto le lodi della sua politica economica e fiscale ed ha parlato come se la politica del Governo nel quale egli è stato ministro dell'economia e delle finanze fosse stata promossa a pieni voti.
La verità è un'altra, come tutti gli italiani sanno. L'onorevole Tremonti è stato non soltanto bocciato dagli italiani in occasione delle ultime elezioni politiche, ed insieme a lui tutto il Governo Berlusconi, ma è stato costretto alle dimissioni dalla carica di ministro dai suoi stessi alleati di Governo, che lo accusavano diPag. 39«truccare» i conti. Allora, prima di provare a fare il professore in questa Assemblea, mediti su tutti gli sfasci che ha prodotto nel paese.
Il punto è questo: il peso dell'attuale manovra finanziaria è interamente da addebitare al Governo che ha preceduto l'attuale e spero che questa sia davvero l'ultima tassa che gli italiani pagano per i cinque anni di Governo della Casa delle libertà. Le cifre, purtroppo, sono tanto chiare quanto spietate: 17 miliardi, circa la metà della manovra economica, serviranno a tappare i «buchi» lasciati da Tremonti, a far ripartire i cantieri di ANAS e Trenitalia, ad onorare il contratto dei pubblici dipendenti e a pagare i fornitori del Ministero della difesa. Cari colleghi del centrodestra, avete lasciato un paese che registrava una crescita pari a zero, un rapporto tra deficit e PIL pari al 4,7 per cento e l'avanzo primario azzerato. Insomma, un paese ormai fuori dall'Europa. Invece, con questa legge finanziaria, noi abbiamo l'ambizione di riportare a pieno titolo l'Italia in Europa, di far ripartire l'economia, di riportare sotto al 3 per cento il rapporto tra deficit e PIL e di puntare allo sviluppo. Lo faremo attraverso una legge finanziaria rigorosa che, al tempo stesso, conterrà interventi di grande rilievo sotto il profilo economico e sociale, a partire dalla rimodulazione dell'IRPEF, che consentirà all'80 per cento delle famiglie italiane di avere importanti benefici economici e di guadagnare fino a 700 o 800 euro in più all'anno. Tutto ciò grazie a questo disegno di legge finanziaria.
Consentitemi, in questa parte del mio intervento, di concentrarmi su alcune misure, contenute nel provvedimento, destinate a ridurre l'accresciuto divario fra il nord e il sud del paese.
Anche in questo caso, le premesse non sono ottimali. Nel 2005 il prodotto interno lordo delle regioni meridionali è diminuito dello 0,3 per cento, mentre nel triennio 2002-2005 al sud sono stati persi circa 70 mila posti di lavoro. L'economia del sud ha, dunque, bisogno di tornare a crescere. Come? Offrendo alle imprese strumenti finanziari adeguati per favorire gli investimenti nell'innovazione e misure fiscali che incentivino le assunzioni in particolari regioni.
Si muovono in questa direzione il cuneo fiscale differenziato, che abbatterà il costo del lavoro restituendo risorse tanto alle imprese quanto ai lavoratori; il credito d'imposta per le nuove assunzioni, finalizzato anche al contrasto della diffusione del precariato; gli incentivi all'assunzione di donne, il cui ingresso nel mondo del lavoro è ulteriormente favorito dalla costruzione di nuovi asili nido. Poi, vi è la progettazione di zone franche urbane, innovativi strumenti di progettazione strategica destinati a contrastare il fenomeno della marginalità territoriale attraverso incentivi alle piccole e piccolissime imprese e all'occupazione stabile.
Inoltre, vi saranno nuovi treni e nuovi autobus per i pendolari, nuovi o più funzionali strade, ferrovie, porti e interporti per le imprese e i cittadini. Per la gente del sud sono a disposizione 3 miliardi di euro destinati a finanziare l'acquisto di apparecchiature sanitarie e la costruzione di nuove strutture con cui cercare di riequilibrare un'offerta sanitaria oggi tragicamente penalizzante per il Mezzogiorno.
Misure fiscali ed incentivi economici, infine, sono e saranno sempre più inseriti in un contesto di migliore e maggiore integrazione tra le politiche di sviluppo dello Stato e quelle dell'Unione europea, per incrementare l'efficacia degli interventi progettati e realizzati con i fondi (120 miliardi) di cui il sud beneficerà nei sei anni tra il 2007 e il 2013.
Insomma, a me pare che emerga con evidenza come il disegno di legge finanziaria per il 2007 ponga le basi per la ripresa del paese e la rinascita del sud dell'Italia, ancor più mettendo in atto le misure di contrasto dell'evasione fiscale.
Berlusconi e Tremonti hanno provocato un grave danno all'Italia, operando per l'affermazione del principio della irresponsabilità civica dei comportamenti individuali, perché altro non è stato l'avere condonato tutto ciò che c'era da condonare,Pag. 40l'aver moralmente assolto gli evasori fiscali, l'aver deciso di scendere a patti con il peggior corporativismo.
Questo dato culturale, invece, deve essere ribaltato. Ciascuno di noi ha il dovere di impegnarsi per affermare il principio dell'equità fiscale, che garantirà a ciascuno di noi la possibilità di pagare meno tasse a patto che le paghino tutti.
Il 2007 - e concludo - sarà, in questo senso, un anno decisivo, così come lo sarà per l'affermazione dello spirito riformista del Governo e della coalizione. È nostro dovere governare...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MICHELE BORDO. ...assumere decisioni responsabili e finalizzate al progresso dell'Italia e al benessere degli italiani. È il mandato ricevuto dagli elettori che dobbiamo onorare con impegno e serietà (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Misiti. Ne ha facoltà.
AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, colleghi, l'attuale situazione economica dell'Italia è certamente di sofferenza. Da 15 anni il PIL non cresce in media più dell'1 per cento. Siamo fuori dai parametri di Maastricht con un rapporto deficit-PIL di poco inferiore al 5 per cento. La produzione industriale è stagnante, e negli ultimi anni le esportazioni si sono ridimensionate, portando in grave deficit la bilancia commerciale e quella dei pagamenti.
Fortunatamente, dall'inizio di quest'anno vi è una certa ripresa dovuta soprattutto alle maggiori importazioni dei grandi paesi asiatici. Certo, il bilancio è condizionato dalla nostra situazione energetica che determina gran parte del deficit commerciale.
Questo quadro è quello trovato dal Governo Prodi formatosi in seguito alla ristretta vittoria elettorale. La maggioranza ed il Governo non potevano affrontare il problema con «pannicelli caldi», ma dovevano farlo con un'azione molto determinata, per mettere a posto i conti del paese. Ne sono scaturiti un disegno di legge finanziaria e provvedimenti collegati che comportano sacrifici per tutti e benefici per la parte meno fortunata dei cittadini. Questa azione, tendente all'equità, richiede sacrifici proporzionati alle entrate in importanti settori dell'attività imprenditoriale, interessando anche i singoli lavoratori autonomi ed i professionisti. Senza queste azioni, è impensabile prevedere lo sviluppo economico e sociale per i prossimi anni. Allo sviluppo devono contribuire tutti. I risultati di queste azioni si vedono già con l'aumento del gettito fiscale verificatosi nell'anno 2006. Tale aumento deve costituire per il futuro la vera, nuova tassa del governo Prodi. Le altre dovranno ridursi gradualmente, in modo tale da consentire l'incentivo agli investimenti da parte dei piccoli imprenditori e delle piccole imprese. In questa direzione va anche la lotta agli sprechi, in particolare agli alti costi della politica e dell'amministrazione. Questa linea, voluta dal governo Prodi e contenuta in parte nel disegno di legge finanziaria, ha trovato già alcune risposte positive in alcune regioni amministrate da ambedue gli schieramenti, che hanno ridotto in questi giorni le indennità dei consiglieri e degli assessori.
Il complesso di norme che va sotto il nome di finanziaria si poteva varare solo all'inizio di una legislatura. Per gli anni successivi vanno previsti solo aggiustamenti e manovre di modesta entità, finalizzati al mantenimento dei parametri europei. L'Europa ci ha incoraggiato a proseguire, approvando l'attuale testo del disegno di legge finanziaria, raccomandando però l'avvio delle riforme strutturali e di non stravolgere in Parlamento il testo analizzato. Nonostante i perfezionamenti possibili, non si può non concordare con le raccomandazioni del commissario Almunia e pertanto sarebbe auspicabile che in quest'aula maggioranza e opposizione si facessero interpreti delle necessità del paese e superassero le pregiudiziali reciproche, per consentire un dibattito ampio e propositivo, senza la necessità, per il Governo, di chiedere la fiducia.Pag. 41
Come Italia dei Valori, siamo convinti che ciò sia possibile, in quanto non è la prima volta che il Parlamento collabora alla rinascita del paese ed oggi il paese deve rinascere, deve conquistare la competitività perduta. Quindi, se cambiamenti vi dovranno essere al disegno di legge finanziaria essi siano finalizzati a creare le basi per un nuovo e più avanzato sviluppo. Investiamo, allora, sulla conoscenza, sulla scuola, sull'università e sulla ricerca scientifica, accogliamo insieme emendamenti su tale grande comparto e rinunciamo ad altre possibili spese, meno urgenti e spesso di carattere corrente.
Per il sud, che - non dimentichiamolo - è il maggior contribuente allo sviluppo in termini di produzione di ossigeno, permettendo all'Italia di partecipare senza sfigurare alla Conferenza sul clima in corso a Nairobi, oltre alle misure previste, è necessario un grande sforzo, anche economico, per contrastare l'illegalità. Raddoppiamo o triplichiamo gli sforzi per dare ai magistrati e alle forze dell'ordine uomini e mezzi per stroncare sul nascere la criminalità organizzata. È questo l'investimento prioritario, senza il quale nessun imprenditore, piccolo o grande, è portato ad investire in tali regioni, nonostante alcune facilitazioni di legge...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Misiti...
AURELIO SALVATORE MISITI. Concludo, signor Presidente. Su questi temi ci aspettiamo il sincero appoggio di una larga parte del Parlamento. Ciò non vuol dire che i parlamentari non possano proporre anche emendamenti alternativi alle linee del disegno di legge finanziaria. Quelli non alternativi, tuttavia, andrebbero accolti, da qualunque parte provengano. Usciremmo, in tal modo, tutti più forti e sarebbe più forte anche l'Italia nel contesto internazionale (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Fitto. Ne ha facoltà.
RAFFAELE FITTO. Signor Presidente, i punti che vorrei affrontare nel mio intervento rispetto alla discussione del disegno di legge finanziaria, sostanzialmente sono tre.
Il primo è la grande anomalia che sta contraddistinguendo il dibattito interno alla maggioranza ed anche al paese, cioè la grande differenza che vi è tra i punti indicati all'interno del DPEF e ciò che successivamente è stato scritto nel disegno di legge finanziaria.
Vorrei esplicitare tale anomalia evidenziando i comportamenti che danno una giustificazione al tutto: non è un caso che il ministro di Rifondazione Comunista, Ferrero, nel Consiglio dei ministri non abbia votato il DPEF ed abbia, invece, votato il disegno di legge finanziaria. Penso che questa sia una prima risposta: gli obiettivi strutturali indicati all'interno del DPEF (la sanità, la finanza territoriale, il pubblico impiego, la previdenza) sono stati oggetto di un rinvio senza data poiché costituiscono il vero nodo che la maggioranza non è in grado di affrontare.
Ho ascoltato i colleghi, ho letto i giornali e ho ascoltato alcuni telegiornali: ho constatato che vengono espresse in forma eccessivamente enfatica le considerazioni rispetto alla valutazione dell'Europa sul disegno di legge finanziaria. Non è vero che ieri c'è stata una promozione: l'Europa ieri ha indicato alcuni punti coerenti con la grande anomalia che caratterizza il centrosinistra. L'Europa, ieri, non solo ha indicato alcuni punti di incertezza sulle entrate, collegati in modo particolare all'evasione, ma ha indicato in modo molto chiaro che la vera carenza di questa manovra è la totale mancanza di riforme strutturali. Quindi, torniamo al punto di origine che caratterizzerà, a nostro avviso in negativo, anche l'azione che dovrà essere portata avanti.
Il secondo punto è strettamente collegato alla suddetta anomalia politica. Questo disegno di legge finanziaria contiene un elenco di tasse che fanno emergere il vero volto della sinistra estrema e la vera impostazione di questo Governo, che nel nostro paese sono più che recepiti dall'opinionePag. 42pubblica. Mi dispiace che molti colleghi, che questa mattina ho ascoltato con attenzione, vogliano mettere da parte il fatto che il paese è in subbuglio: vorrebbe dire non comprendere quanto sta accadendo nel paese.
Nel mio intervento non vorrei indicare l'elenco delle circa settanta nuove tasse che si abbatteranno sugli italiani, ma vorrei fare alcuni rapidi esempi collegati anche al terzo punto che affronterò, relativo al Mezzogiorno, dissentendo anche da considerazioni che ho poc'anzi ascoltato. Tale elenco di tasse muove i suoi passi, ad esempio, dalla riduzione del trasferimento agli enti locali con la facoltà - io direi l'obbligo, come capisce chiunque abbia un minimo di dimestichezza con la realtà delle amministrazioni comunali - di aumentare l'addizionale comunale IRPEF dallo 0,5 allo 0,8 per cento. E penso sia altrettanto importante ricordare una serie di altre tasse che caratterizzano un punto fondamentale, in contrasto con la grande favola raccontata dell'equità sociale in riferimento alla rimodulazione dell'IRPEF per i redditi al di sotto dei 40 mila euro (con una mano si dà, ma con l'altra si toglie abbondantemente quello che viene dato): mi riferisco all'IRPEF, ma anche a tutti gli altri balzelli previsti, che vanno dalla rivalutazione degli estimi catastali, alla tassa sui rifiuti, alla tassa di soggiorno, al bollo auto rivisitato in tutte le versioni, che tocca la maggior parte dei cittadini, fino all'incredibile ticket.
Ho ascoltato toni entusiastici sulle scelte in materia di sanità. In cinque anni, con il Governo Berlusconi, abbiamo aumentato di oltre 30 miliardi di euro il fondo sanitario assegnato alle regioni; oggi, ascoltiamo che la legge finanziaria avvia una seria riforma in materia di sanità. Basta parlare del ticket: si prevedono 18 euro per il codice bianco, 23 euro per il codice verde ed un aumento da 36 a 46 euro per la specialistica. Ciò vuol dire che un cittadino deve sapere preventivamente per quale motivo sta andando al pronto soccorso: se dovesse commettere l'errore di andare al pronto soccorso mentre fortunatamente sta bene, dovrebbe comunque pagare tale sciagurata tassa che si abbatte in una forma illogica e senza precedenti a livello nazionale ed europeo.
Il suddetto elenco di tasse è troppo lungo da esaminare nel suo complesso, ma è stato oggetto di diversi approfondimenti da parte delle categorie, dei ceti produttivi, dei professionisti e dei singoli cittadini che sentono il peso gravissimo di questa legge realmente iniqua perché mette le mani nelle tasche degli italiani. Questo elenco si abbatte in modo specifico anche sul Mezzogiorno, ed in questo caso dobbiamo sfatare un'altra favola che viene raccontata.
Il Mezzogiorno, da questa legge finanziaria, è penalizzato in modo chiaro e dobbiamo avere il coraggio di dirlo, dopo che, per cinque anni, abbiamo ascoltato l'equazione che il Mezzogiorno era penalizzato perché, all'interno del Governo, c'era la Lega e, su questo, si è creata una falsa strumentalizzazione.
I due elementi concreti che di questa legge finanziaria danno la dimensione della non attenzione nei confronti del Mezzogiorno sono: innanzitutto l'articolo 8 del decreto-legge, che blocca i contratti di programma decisi entro marzo del 2005, per un'ipotesi di riprogrammazione (non capiamo cosa ci sia dietro questa scelta); il secondo elemento è quello collegato al fondo per le aree sottoutilizzate. Non si può fare confusione sulle risorse ingenti che giungeranno alle regioni del sud con la programmazione 2007-2013, perché qui è in atto un bluff, quello di mettere insieme, all'interno di un fondo, delle risorse, la cui differenza, negli anni, faceva un totale diverso da quello che, attualmente, esiste in legge finanziaria. Basta andare a leggere la Tabella F di questo provvedimento, per rendersi conto che, nel 2006, il Governo precedente aveva predisposto uno stanziamento per il fondo delle aree sottoutilizzate di 8 miliardi e 500 milioni di euro, che, nel 2007, vi è una previsione di 6 miliardi e 880 milioni di euro e che, realmente, in finanziaria, ci sono 5 miliardi 147 milioni di euro. Quindi, c'è una riduzione di un miliardo e 700 milioni di euro da assegnare alle aree sottoutilizzatePag. 43del Mezzogiorno. Anche per quanto riguarda il 2008, a fronte di una previsione pari a 6 miliardi 130 milioni di euro, vi è una riduzione di 980 milioni di euro. Sto citando le cifre presenti nelle tabelle allegate alla legge finanziaria. Non possiamo, quindi, raccontare che vi sia un'attenzione verso il Mezzogiorno.
La verità è che il Mezzogiorno, da questa legge finanziaria, è fortemente penalizzato, anche perché vi è un'altra scelta grave, che è quella che non consentirà più alle regioni del sud che, fino alla precedente legge finanziaria, avevano le risorse disponibili per una programmazione autonoma a fronte di un importo loro assegnato, a causa della riduzione delle risorse e della previsione del fondo unico, di scegliere in proprio e autonomamente gli interventi da realizzare sul territorio. Andremo a verificarlo da qui ai prossimi mesi, quando le regioni non assumeranno più provvedimenti analoghi a quelli degli anni precedenti.
Questa è la dimensione della legge finanziaria e non possiamo, in alcun modo, accettare una logica, una scelta e una finalizzazione differenti da quelle cui si è fatto riferimento, eludendo gli elettori durante le campagne elettorali. Il malessere complessivo emerge in modo sempre maggiore. In questa direzione, penso che sia altrettanto importante, non fare riferimento ai dati preoccupanti che il Mezzogiorno d'Italia ha vissuto, negli anni precedenti, in una congiuntura economica sfavorevole, a livello nazionale ed internazionale - non poteva che essere così - ma fare riferimento al fatto che, in un momento come questo, nel quale è quanto mai necessario ridurre la pressione fiscale, spingere i consumi, favorire la ripresa economica, ed immaginare e finalizzare risorse destinate, in modo specifico, alle aree maggiormente bisognose. Ma cosa fa questo Governo? Esattamente il contrario: aumenta la pressione fiscale, crea le condizioni per contrarre la crescita del nostro paese e, soprattutto, riduce le risorse a quelle aree svantaggiate che, mai come in questo momento, hanno bisogno di interventi strutturali e finalizzati, che possano andare nella giusta direzione.
Penso sia importante fare una considerazione finale rispetto a questa legge finanziaria. Certamente, da qui a qualche giorno, assisteremo alla giustificazione del voto di fiducia per il numero degli emendamenti presentati. Ma il voto di fiducia sarà motivato, non solo dalla loro quantità, ma soprattutto dalla qualità delle proposte emendative che verranno presentate da numerosissimi parlamentari e partiti del centrosinistra. Questo strozzerà, ancora una volta, il merito della legge finanziaria e, di certo, metterà in piazza la difficoltà di questo Governo, portando inevitabilmente ad una forte protesta e ad una crescita del dissenso sul territorio, che non dobbiamo responsabilmente cavalcare, come ci viene indicato, ma che cerchiamo di intercettare, avendo la consapevolezza piena che, in questo momento, esiste un grande disagio, nel nostro paese. Si tratta di un disagio che, ormai, attraversa, in forma trasversale, non solamente quelle fasce di elettorato o quelle realtà sociali strutturalmente e storicamente legate elettoralmente al centrodestra ma si tratta anche di un dissenso che accompagna e affianca, in modo chiaro e netto...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
RAFFAELE FITTO. ...una valutazione complessiva, che va ben oltre i confini elettorali storicamente a noi vicini.
Svolgo un ultima considerazione, signor Presidente. Le parole d'ordine sono: risanamento, equità e sviluppo. La verità è che, con la scusa del risanamento, si racconta la favola dell'equità, promettendo una grande bugia che è quella dello sviluppo.
È un dato che emerge ormai in forma sempre più chiara e che anche gli esponenti responsabili di questa maggioranza cominciano, in modo chiaro, ad evidenziare all'esterno (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Quartiani. Ne ha facoltà.
Pag. 44
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, a premessa del mio intervento, vorrei ricordare che, da troppo tempo, ad ogni inizio di discussione sulla manovra di bilancio, viene prospettata l'esigenza di riformarne le procedure, salvo poi lasciare che, ogni anno, si ripeta un rito sempre meno in grado di rispondere alle esigenze di un'economia moderna e di un bilancio pubblico che hanno, invece, bisogno di certezze e di rapidità di decisione.
La nostra sessione di bilancio dura, nei due rami del Parlamento, più di tre mesi, circa tre volte più di una normale sessione di bilancio in altre democrazie europee e del mondo. È una sessione di bilancio sempre esposta alle pressioni di lobby, di interessi economici, sociali e culturali che tuttavia, pur legittimamente, concentrano sul disegno di legge finanziaria richieste, proposte, sollecitazioni che dovrebbero avere risposta nella ordinaria modalità di funzionamento del Parlamento, nell'ambito della propria funzione legislativa.
Con queste modalità di funzionamento, rischiamo di perdere di vista, dunque, gli obiettivi fondamentali ai quali penso di fare riferimento con il mio intervento, richiamandoli per quanto attiene gli obiettivi fondamentali della manovra nella loro essenza, una manovra che intende risanare la finanza pubblica, ma che ha l'ambizione, insieme al mantenimento degli obblighi contratti, tramite il patto di stabilità, con l'Unione europea, di produrre crescita economica e maggiore equità sociale.
Una manovra di questa entità ha un obiettivo principale molto ambizioso, ossia riportare il paese sulla via della crescita duratura per molti anni e con un tasso sostenuto di crescita intorno al 2 per cento annuo. Con questa manovra e con le leggi ad essa collegate, che sono parte integrante della manovra finanziaria, vi sono le condizioni per innalzare il tasso di produttività complessivo del paese, ad esempio, tramite corposi interventi tesi a dotare di infrastrutture un paese che ne è sottodotato (penso ad un fondo di 3 miliardi per le infrastrutture) o tramite la scelta di aprire ulteriormente i mercati ancora troppo chiusi (penso ai mercati dell'energia e del credito, ai servizi di pubblica utilità, al sistema pensionistico, alle professioni).
Per accompagnare il paese nella sua crescita, per fare in modo che la crescita del 2006 e quella prevista per il 2007 non siano un fuoco di paglia, si è scelto, dunque, di fissare gran parte della disponibilità finanziaria dello Stato su un impegno atteso sia dalle aziende sia dai lavoratori: la riduzione del costo del lavoro, il cosiddetto cuneo fiscale. Si tratta, a regime, di oltre 8 miliardi di euro, di cui 5 miliardi vanno alle imprese, che così recupereranno in termini di competitività di prezzo dei prodotti sul mercato.
Questo è un intervento duraturo, che vale nel tempo, per tutti gli anni - e non per uno solo - e ha lo stesso effetto che, un tempo, era dato dalle cosiddette svalutazioni competitive della moneta che producevano effetti positivi solo nel mercato per le aziende e non per i lavoratori dipendenti e le famiglie. Invece, con quest'intervento sul cosiddetto cuneo fiscale, le imprese avranno ridotto il costo di impresa del 2-3 per cento, ma ci sarà anche un effetto importante sulle buste paga dei lavoratori dipendenti, spingendo in tal modo la domanda interna e aumentando il potere di acquisto, cosa che con le svalutazioni competitive non si aveva, perché esse producevano inflazione e, dunque, diminuivano il potere d'acquisto.
Credo che si tratti di una grande questione, la quale viene finalmente affrontata con il disegno di legge finanziaria in esame. Tale scelta, a mio avviso, deve essere pienamente valorizzata e la sua importanza deve essere compresa sia dalle imprese, sia dalle famiglie, sia dai lavoratori italiani.
A proposito di critiche improprie riguardo all'assenza di misure relative al precariato nel mondo del lavoro, signor Presidente e colleghi, vorrei altresì ricordare che l'intervento finalizzato alla riduzione del cuneo fiscale valorizza il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, poiché risultano premiate solamente lePag. 45imprese che assumono lavoratori a tempo indeterminato, dunque non precari. Sappiamo bene, inoltre, che l'abbattimento del cosiddetto cuneo fiscale agisce premiando il lavoro femminile e consente, più o meno direttamente, anche il miglioramento delle condizioni del lavoro giovanile.
Dunque, man mano che si rende sempre più esplicito e chiaro il profilo della manovra economica e finanziaria del centrosinistra, saranno evidenti anche i disegni di riforma che l'accompagnano e la accompagneranno nella sua attuazione, a partire dalle modifiche individuate sia nel Documento di programmazione economico-finanziaria, sia nella risoluzione parlamentare che lo ha approvato. Si tratta dei quattro grandi comparti che hanno bisogno di ammodernamenti: la previdenza, la sanità, la pubblica amministrazione e gli enti locali.
Vorrei rilevare che la manovra di finanza pubblica, oltre a ciò, contiene importanti passaggi e numerose risorse destinate a settori dimenticati, o poco considerati, negli scorsi cinque anni di Governo del centrodestra. Mi riferisco alla ricerca, alla formazione...
PRESIDENTE. La prego di concludere...!
ERMINIO ANGELO QUARTIANI. ... all'ambiente, all'energia, all'interesse manifestato dallo stesso disegno di legge finanziaria sia per il settentrione, sia per il meridione d'Italia ed alle iniziative poste in essere a beneficio delle aree montane. Penso, infine, ad una serie di iniziative che riguardano, in maniera più stringente, la redistribuzione della ricchezza a favore dei redditi medio-bassi, delle famiglie, degli anziani e dei giovani.
Penso, signor Presidente - e concludo -, che, nel corso dell'esame parlamentare, la manovra potrà essere migliorata; tuttavia, ritengo che, anche nella sua versione attuale, essa rappresenti il più importante tentativo, compiuto negli ultimi dieci anni, per far tornare a crescere il nostro paese in maniera stabile e duratura (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signori del Governo e della maggioranza, i primi sei mesi della vostra politica economica, oltre a certificare la volontà punitiva e la voglia di vendetta nei confronti dei ceti produttivi, dei lavoratori, degli artigiani, dei liberi professionisti, dei commercianti e degli imprenditori, consentono di tracciare un primo, fallimentare bilancio della vostra azione.
Si tratta di un bilancio fallimentare perché la vostra prima manovra finanziaria è conformista ed europeista. Essa rende omaggio ai parametri dei «ragionieri di Maastricht», vale a dire coloro che pensano sia sufficiente l'intenzione di controllare i conti, anziché la pratica di rendere competitivo un prodotto per salvare l'azienda! Ciò perché, onorevoli colleghi, il dato reale è che l'Italia, così com'è, non cresce, non crescerà e non sarà sicuramente in grado di fronteggiare le sfide poste dal mercato globale.
Le sinistre, purtroppo, non si preoccupano e non si sono occupate di questo problema. Esse, infatti, hanno rinviato le riforme strutturali che si rendono imprescindibili e necessarie per rilanciare sia i nostri prodotti, sia la nostra capacità di vincere non solo la competizione sul mercato dei beni e dei servizi, ma anche la sfida per garantire la qualità della vita e la giustizia sociale.
Infatti non ci potrà essere una giustizia sociale, senza crescita. Dal Presidente Napolitano al Governatore della Banca d'Italia - che ha bocciato questa manovra finanziaria non vedendone gli interventi strutturali -, si sprecano gli allarmi sulla nostra situazione economica. Purtroppo però nessuno ha il coraggio di dire - solo noi continuiamo a farlo, unici in questo Parlamento - quali sono le vere ragioni della crisi del nostro sistema paese. L'assistenzialismo, primo fra tutti. Le pensioni non coperte da versamenti di contributi sociali: 7 su 10 in Sicilia, che costano qualcosa come 500 milioni di euro l'anno. Ad esse si aggiungono quelle della PugliaPag. 46e della Calabria, per una cifra di 1,4 miliardi, spesi ogni anno in puro assistenzialismo e parassitismo. Per questo non ci sono i soldi per le infrastrutture, né per la ricerca, né per la competitività del nostro paese!
È per questo che servirebbe una riforma strutturale, come quella delle pensioni. Ma non ciò che avete in mente voi, non quella che volete fare ancora una volta ai danni dei lavoratori, quelli veri, quelli che versano i contributi! No! Qui servirebbe una riforma diversa, che finalmente intacchi i privilegi, le baby pensioni e tutta quella forma di clientelismo ed assistenzialismo, che si è stratificata nel corso degli anni. Serve una riforma delle pensioni, che finalmente incida su quel cancro che sono le pensioni di invalidità false. Insomma, serve una riforma strutturale, che finalmente non privilegi i pochi ai danni dei molti.
Inoltre, serve un intervento strutturale sul piano della qualità dei servizi. Voi avete fatto le privatizzazioni senza mercato, che ci hanno consegnato degli oligopoli, che scaricano le loro inefficienze su tutti noi: servizi scarsi, tariffe esorbitanti. Nella bolletta della luce, del gas, così come nel costo della benzina, c'è lo Stato, che puntualmente incassa fior fiore di oneri sociali. Dietro i costi esorbitanti delle nostre banche - le più inefficienti in Europa -, ci sono le cartolarizzazioni volute dalle una tantum di destra e di sinistra.
Insomma, nessuno ha ancora avuto il coraggio di intervenire laddove è necessario. Servirebbero delle vere liberalizzazioni, che voi non siete in grado di fare. Avete gettato fumo negli occhi del paese e dei cittadini con il recente decreto cosiddetto Visco-Bersani, assolutamente un «pannicello caldo», che non ha risolto e non risolverà i problemi del nostro paese.
Sicuramente poi, a proposito di lobby, la sinistra può insegnare molto, in quanto la più forte, la più influente, la più importante - anche dal punto di vista elettorale - è quella che voi state garantendo anche in questa finanziaria e cioè quella del settore pubblico, perché oltre ad essere i primi al mondo per assistenzialismo ed inefficienza dei servizi, lo siamo anche per quanto riguarda la capacità del controllo dello Stato all'interno della vita di tutti noi, tanto è vero che c'è una triste classifica, che ci vede di poco superati da Polonia ed Ungheria, per quanto riguarda la presenza dello Stato all'interno dell'attività delle imprese e più in generale della vita quotidiana di tutti noi.
Questo è dovuto proprio alla presenza di un vero e proprio esercito di dipendenti pubblici, un esercito che costa. Al riguardo, nessuno dei Governi di centrodestra e di centrosinistra è riuscito a dare l'unica risposta possibile: quella della qualità e della meritocrazia, della costruzione di un sistema che, finalmente, rompa con il passato - una volta per tutte - e guardi al futuro, al modello offerto dagli Stati che hanno avuto il coraggio di avviare riforme strutturali, di chiudere i conti con il passato e di affacciarsi alle sfide che il nuovo millennio propone, dotati di una struttura moderna, congrua ed efficiente. È quanto proponiamo, ormai da troppi anni, all'interno delle aule parlamentari: il federalismo. Un federalismo istituzionale e fiscale farebbe finalmente entrare, nel dizionario e nella pratica della politica, due parole che, purtroppo, sono a voi sconosciute: libertà e responsabilità. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
È iscritto a parlare il deputato Giovanelli. Ne ha facoltà.
ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, credo che, di fronte ad un provvedimento importante come quello in esame, dobbiamo valutare non soltanto come esso affronti la realtà contingente, ma anche se e come esso apra scenari evolutivi nuovi ed importanti per il paese.
Non c'è dubbio: il disegno di legge finanziaria in esame fa i conti con una realtà difficile, effettivamente dura, profondamente segnata non soltanto dal dissesto dei conti ereditato dal Governo che ci ha preceduti, ma anche dal fallimento della filosofia con la quale si è cercato di affrontare i temi del rilancio dello sviluppo e della crescita del nostro paese.Pag. 47
Il provvedimento in esame non si piega all'emergenza, non cerca soltanto di fronteggiare, di mettere una «pezza» ad una situazione difficile; oggettivamente, mi sembra che esso cerchi di dare ordine ad un potenziale sviluppo di linee di azione nel quinquennio che abbiamo davanti. È vero: come ricordava il collega Fitto nel suo intervento, si avverte un disagio, nella società italiana, nelle diverse categorie sociali, nel mondo degli enti locali. Saremmo sordi se non lo ascoltassimo!
Tuttavia, ci va dato atto, con onestà, che il disagio non ha trovato orecchie disattente: il dialogo non si è fermato con la presentazione del disegno di legge finanziaria, ma è proseguito. Proprio in questi giorni, in queste settimane, sono stati conclusi accordi importanti, come quello relativo alle risorse necessarie agli enti locali per affrontare la fase difficile della redazione dei bilanci dopo cinque anni di continui tagli da parte dei Governi di centro destra (colgo l'occasione per obiettare al collega della Lega Nord che il disegno di legge finanziaria in esame è molto più federalista di quelli scritti negli anni precedenti dal ministro Tremonti). Sono stati conclusi accordi con le imprese relativamente al delicato tema del TFR accantonato. Inoltre, è stato concluso con i sindacati un accordo concernente il contratto del pubblico impiego, un nodo assolutamente decisivo per i prossimi anni. Le nostre orecchie non sono state disattente; e ciò ha già prodotto risultati già importanti.
La prosecuzione di questo continuo dialogo con la società italiana porrà, a mio avviso, la premessa per l'avvio di una stagione riformatrice alla quale il disegno di legge finanziaria potrà fare da solido piedistallo.
Non si possono approntare riforme serie se non si risanano i conti, se non si dà tranquillità sociale al paese e se non si avviano politiche innovative nel campo dello sviluppo, degli investimenti e della crescita. Tali riforme si intravedono nel disegno di legge finanziaria in esame, bisogna, però, svilupparle coerentemente. Il presupposto è portare in fondo lo sforzo intrapreso con la definizione della finanziaria. Faccio un esempio. L'aver riconsegnato autonomia agli enti locali e aver, quindi, superato la logica dei tetti dei cosiddetti decreti taglia-spese, significa aver aperto una porta decisiva verso una riforma strutturale del rapporto fra Stato centrale ed autonomie locali. In altre parole, si tratta del federalismo fiscale, che è presente nel disegno di legge finanziaria in esame. È necessario, lo ripeto, sviluppare quello che già si intravede in tale provvedimento. Occorre, in particolare, accantonare definitivamente l'illusione di grandi riforme con le quali ci siamo baloccati nei cinque anni precedenti e procedere all'attuazione del Titolo V della Costituzione. Ciò significa affrontare il tema del nuovo codice delle autonomie, quello della innovazione nella pubblica amministrazione e quello delle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali. È necessario dare al paese una base di regole certe e ferme su cui fondare la propria modernizzazione.
PRESIDENTE. Deputato Giovanelli, concluda.
ORIANO GIOVANELLI. Concludo, Presidente. Ritengo che il disegno di legge finanziaria in esame sia ancora perfettibile; a questo proposito, alcuni colleghi hanno già segnalato alcuni aspetti che possono essere migliorati ulteriormente. Non c'è dubbio, comunque, che tale provvedimento può rappresentare fin da ora, per come è e per come è stato modificato dal Parlamento su spinte provenienti anche dal dialogo sociale, un punto di riferimento assolutamente solido su cui fondare la modernizzazione e la competitività del paese in un quadro di solidarietà e di attenzione ai più deboli.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, faccio notare al collega appena intervenuto che a sinistra non tutti la pensano alla stessa maniera. A tale proposito,Pag. 48ricordo che Michele Serra, venerdì scorso, su la Repubblica scriveva: «Passerà alla storia come la manovra di Governo peggio comunicata e peggio gestita di tutti i tempi, con il comico accavallarsi, sulle pagine dei giornali e nei TG, di tabelle che ritoccano quotidianamente cilindrate, bolli, kilowattora, tasse di successione, e riportano emendamenti, patteggiamenti, ritocchi e codicilli quanti ne bastano per non capirci più un'acca.» - concludendo - «La maggioranza, comunque, quanto ad autorevolezza e a riservatezza ne esce con le ossa rotte. Per sapere quali ossa, e rotte come, bisogna però aspettare il prossimo comunicato che rivedrà sicuramente il numero delle ossa e delle fratture». Questo non lo sostiene un esponente di Alleanza Nazionale, ma, come detto, Michele Serra, noto giornalista-compagno su la Repubblica.
Colleghi, la realtà è che, a mio avviso, nella confusione generale ci si è dimenticati che il Governo Prodi aveva promesso che ci avrebbe dato la felicità - alla faccia della felicita! - e, soprattutto, che non avrebbe aumentato le tasse. Però, come sappiamo, sono sessantasette le nuove tasse inserite in questa finanziaria. Trascorrerò il tempo a mia disposizione - cinque minuti - elencandole. Tassa n. 1: l'IRPEF è più cara, a che livello però non lo sappiamo. Tassa n. 2: detrazioni anziché deduzioni; i contribuenti potranno, ad esempio, detrarre dall'IRPEF il coniuge a carico soltanto al 50 per cento. Tassa n. 3: in tema di pensioni è previsto un contributo di solidarietà, pari al 3 per cento, sulle quote e i trattamenti oltre i 5 mila euro mensili. Tassa n. 4: le addizionali comunali; i comuni possono aumentare l'addizionale IRPEF (il Governo di centrodestra, lo ricordo, l'aveva bloccata). Tassa n. 5: l'imposta di scopo; i comuni possono istituire da gennaio 2007 un nuovo tributo e con il ricavato effettuare investimenti sul territorio comunale. Tassa n. 6: le successioni; dopo molti cambiamenti, in questo momento è prevista una tassa minima del 4 per cento per immobili di valore superiore al milione di euro. Tassa n. 7: sulle donazioni (segue i parametri delle successioni). Tassa n. 8: si opera una stretta sulle detrazioni per spese mediche. Tassa n. 9: da gennaio 2007 per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale viene istituita una quota pari a 10 euro. Tassa n. 10: viene istituito un ticket per le prestazioni erogate dal pronto soccorso pari a 23 euro se trattasi di interventi di codice verde, e di 41 euro nel caso in cui siano necessari degli esami. Tassa n. 11: sugli esami clinici se essi non sono ritirati per tempo. Tassa n. 12: sull'intrattenimento; si pensa di introitare 48 milioni di euro sui giochi. Tassa n. 13: sui voli prevedendo un incremento delle tasse di 50 centesimi di euro per ogni passeggero che vola su aeroporti nazionali. Tassa n. 14: passaporti più cari; viene elevato a 75 euro il visto di transito. Tassa n. 15: stangata sul risparmio, si sale al 20 per cento sulle ritenute dei rendimenti. Tassa n. 16: dividendi più salati sui pronti contro termine. Tassa n. 17: cento milioni di euro sull'aumento delle tasse dei tabacchi e delle sigarette. Tassa n. 18 sulla casa: più tasse sulla vendita delle case e quindi aumento anche dell'imposta sostitutiva per le plusvalenze. Tassa n. 19: riportare nell'ICI tutti i nuovi dati che vi arrivano e non vengono detti, altro costo per fare la dichiarazione. Tassa n. 20: nuovo catasto con rivalutazione dei terreni. Tassa n. 21: cambiano le rendite per ricoveri, collegi e caserme con l'aumento del 40 per cento. Tassa n. 22: tasse ipotecarie, modificate le aliquote sulle imposte ipotecarie catastali. Tassa n. 23: gli immobili in leasing, il credito IVA sarà inferiore. Tassa n. 24: le imposte e il catasto, per il riutilizzamento a fini commerciali e i dati ipotecari bisogna aver pagato prima i contributi all'Agenzia delle entrate. Tassa n. 25: calamità, allargamento dell'obbligo di assicurazione per la copertura dei rischi di calamità naturali (in provincia di Alessandria sono felici perché stanno ancora aspettando i contributi del '94 per i bi-alluvionati. Tassa n. 26: il condono marittimo, per il suo recupero degli utilizzi pregressi degli ultimi cinque anni. Tassa n. 27: bollo auto più caro, e su questo si apre una tragicomicaPag. 49commedia su quanto occorra pagare. Tassa n. 28: bollo auto sempre più caro perché le regioni che sfiorano il patto di stabilità possono ulteriormente aumentarlo. Tassa n. 29: il bollo nuovo da applicare sulle moto «euro 0» che viene portato a 26 euro. Tassa n. 30: stangata sull'auto aziendale - e andrò più veloce perché il tempo del mio intervento sta per finire. Tassa n. 31: vengono tassate anche le auto dei disabili. Tassa n. 32: la benzina è più cara dello 0,0258 con efficacia dal 15 luglio. Tassa n. 33: gasolio più caro, aumenta l'accisa sul gasolio. Tassa n. 34: eliminata l'esenzione dell'accisa per il biodiesel. Tassa n. 35: nuove tariffe...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
MARCO ZACCHERA. Siamo solo alla 35! Peccato che devo arrivare alla 67! ...Prego?
ROBERTO GIACHETTI. Ne avevi saltata una!
MARCO ZACCHERA. No, siamo arrivati solo a 35, mentre era di 67, collega, il numero delle tasse da leggere.
ROBERTO GIACHETTI. Tra la tassa n. 20 e quella n. 22, la 21 non l'hai citata!
MARCO ZACCHERA. Chiedo scusa Presidente, ma il richiamo del collega... La tassa n. 21 riguardava il cambiamento delle rendite per le attività commerciali di immobili in categoria B.
PRESIDENTE. Può consegnare il testo, onorevole... Deve concludere!
MARCO ZACCHERA. Concludo, Presidente. Penso che occorra lavorare seriamente per mandare a casa il più presto possibile il Governo Prodi. Mi sembra che in Molise abbiano già cominciato a farlo!
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Maria Leddi Maiola. Ne ha facoltà.
MARIA LEDDI MAIOLA. Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato con molta attenzione gli interventi che si sono svolti fino a questo momento, ascoltandoli con spirito laico, così come con tale spirito ho cercato di cogliere - come dice San Paolo nella lettera ai Tessalonicesi, «esaminate ogni cosa e tenete ciò che è buono» -, ponendo molta attenzione, e forse più negli interventi dell'opposizione che non della maggioranza, per tenere ciò che vi è di buono.
Ho ascoltato cose interessanti, ma anche cose che, francamente, mi lasciano estremamente stupita, in particolare gli ultimi due interventi. Il collega onorevole Zacchera ha elencato le tassazioni e, nel lungo elenco che ha fatto, ha aggiunto anche alcune cose di estremo interesse, ad esempio facendo di ogni erba un fascio e indicando le tassazioni che sono state portate ad uniformità. Allora deve spiegarmi se trova poi così incoerente un aumento oggettivo di tassazione laddove le rendite finanziarie vengono equiparate alla tassazione della rendita da lavoro e perché in questo paese, e negli ultimi cinque anni c'eravate voi al Governo di questo paese, non è stato un gran problema non rendersi conto che vi era una profonda sperequazione tra la tassazione sul reddito da lavoro, e quindi sul reddito che dà lavoro, e la rendita finanziaria che, oggettivamente, è pura transazione, che non dà ricchezza, che anzi immobilizza risorse e le tiene semplicemente ad alimentare i rentier.
Cinque anni di legislatura sono trascorsi da poco: credo vi fossero tutti gli estremi per trovare una soluzione ai problemi degli alluvionati e bi-alluvionati di Alessandria e Asti, senza chiedere di risolvere i problemi a chi è arrivato da pochi mesi. Pertanto, di fronte a problemi concreti si dovrebbe seguire un diverso approccio, se si vuole davvero tentare di risolverli.
Credo che tutto ci aiuti a capire un dato di fatto oggettivo. Oggi giunge al nostro esame una finanziaria dura che solleva molte discussioni, perché si tratta di una manovra assai pesante. Vorrei peròPag. 50sottolineare - quanto ho riassunto prima lo testimonia - un aspetto: una manovra di questa pesantezza, predisposta oggi, anno del Signore 2006, per il 2007, è anche il frutto di un periodo di cinque anni in cui non si sono assunte decisioni. Non dico che in questi cinque anni non siano state predisposte determinate misure. Dico che negli ultimi cinque anni sono state adottate alcune politiche di governo della spesa pubblica che, evidentemente (i cinque anni sono un lasso di tempo sufficiente per tirare le somme e per fare opportune valutazioni), non sono riuscite né a risanare l'economia del paese - vero è che siamo sostanzialmente a crescita zero - né a risanare le casse dello Stato (vero è che non c'è avanzo primario, quindi manca il polmone necessario per muovere l'economia del paese).
Pertanto, oggi dobbiamo adottare alcune misure anche fortemente impopolari, ma necessarie, perché il primo obbligo di un Governo è quello di risanare i conti per fare ripartire l'economia; d'altra parte, nel ventunesimo secolo - credo sia cosa nota e condivisa -, solo i bilanci sani ed il rigore della spesa rappresentano il motore dello sviluppo (sono le regole per far ripartire il paese).
Oggi ci troviamo ad affrontare una manovra di questa pesantezza, perché il Governo si è posto l'obiettivo di far fronte all'ineludibile necessità di risistemare i conti del paese; è ciò che farebbe, con un comune buonsenso, nella gestione di una qualunque azienda o nella gestione del più banale dei bilanci familiari, chi ha interesse a mantenere sana la propria famiglia, la propria azienda e, noi, il nostro paese.
Occorre rimettere in ordine i conti e ciò significa fare due cose: una manovra sulla spesa e una manovra per favorire il rilancio ed il rifinanziamento delle infrastrutture.
Per quanto riguarda la manovra sulla spesa, la finanziaria rappresenta un passaggio. Non è ciò che risolve tutti i problemi; certo, è un indicatore importante, ma alla stessa dovranno seguire altri provvedimenti che credo e mi auguro saranno più incisivi in questo senso.
Bisognerà provvedere al riordino della spesa, per ottenere ulteriori risparmi, ma ancor più bisognerà arrivare ad una spesa che garantisca l'efficienza del sistema, in particolare, della pubblica amministrazione che è un altro presupposto indispensabile, perché il paese riprenda a funzionare adeguatamente e perché il settore produttivo abbia alle spalle un sistema paese che lo aiuti. Ciò è un presupposto fondamentale per rincorrere una ripresa di cui al momento siamo a debita distanza.
Vorrei ricordare, inoltre, la necessità - che rappresenta uno degli elementi di durezza della manovra - di reperire risorse per le infrastrutture. Purtroppo, negli ultimi anni, è aumentata la spesa corrente e si sono svuotate le spese per gli investimenti. Senza infrastrutture, il paese non funziona; non possiamo affidarci sempre alla buona stella e alla buona volontà di chi nel paese opera positivamente.
Infine, sono certa che nella legge finanziaria, che sarà approvata con le dovute modificazioni che il Parlamento dovrà e potrà apportare, ci sia un'attenzione ai ceti produttivi che in questo momento si sono sentiti non adeguatamente valorizzati.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
MARIA LEDDI MAIOLA. In questo senso auspico - e ci sarà l'impegno di tutti - la ripresa del dialogo con una parte indispensabile all'economia del paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei porre una questione a fine seduta: non è necessaria adesso una risposta, ma, eventualmente, nell'ambito delle valutazioni che la Presidenza riterràPag. 51di fare, per il pomeriggio o, comunque, per il prosieguo della nostra seduta. Questa mattina la seduta è iniziata con gli interventi dei relatori. C'è stato un piccolo problema di comprensione e un equivoco rispetto ai tempi che erano stati assegnati al primo relatore, l'onorevole Ventura, il quale ha parlato una decina di minuti in meno rispetto alla sua possibilità di intervenire. Allora, nell'economia dei tempi dati, delle esigenze che debbono essere rispettate dalla Presidenza e dei nostri lavori, volevo chiederle semplicemente se i dieci minuti - o per il medesimo relatore, in un eventuale calcolo dei tempi di replica, ovvero nell'economia del dibattito e, quindi, con la possibilità di ricavare ulteriore spazio - possano essere riconsiderati nel tempo che ci rimane tra questo pomeriggio e domani mattina nell'ambito del dibattito. Ripeto, è una questione che si può analizzare anche nel pomeriggio o domani mattina, la pongo semplicemente adesso proprio per evidenziarla prima del prosieguo dei nostri lavori.
PRESIDENTE. La Presidenza terrà conto di questa sua richiesta e darà una risposta successivamente.
Constato l'assenza del deputato Calgaro, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
Sono così esauriti gli interventi previsti per l'odierna mattinata.
Il seguito della discussione congiunta è pertanto rinviato al prosieguo della seduta che riprenderà alle 14 con l'informativa urgente del Governo.
Sospendo quindi la seduta.
La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 14.
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del regolamento, i deputati Colucci e Cordoni sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati complessivamente in missione sono cinquantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Informativa urgente del Governo sugli episodi di violenza occorsi durante una manifestazione di protesta di lavoratori del petrolchimico di Porto Marghera presso la sede della Regione Veneto.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo sugli episodi di violenza occorsi durante una manifestazione di protesta di lavoratori del petrolchimico di Porto Marghera presso la sede della Regione Veneto.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo, interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.
(Intervento del sottosegretario per lo sviluppo economico)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario per lo sviluppo economico, Paolo Giaretta.
PAOLO GIARETTA, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, i fatti su cui è stata chiesta la comunicazione del Governo si inquadrano nella vicenda occupazionale e produttiva del petrolchimico di Porto Marghera. Nella mattinata di ieri si è tenuta la preannunciata manifestazione delle segreterie territoriali di Filcem-CGIL, Femca-CISL e Uilcem-UIL per protestare contro la mancanza di una valutazione positiva della giunta regionale sul testo di un protocollo di intesa sulle prospettive di Porto Marghera, predisposto tra le aziende, i sindacati e gli altri livelli istituzionali.
La manifestazione prevedeva che i lavoratori del petrolchimico si radunasseroPag. 52alle 8 a Porto Marghera, per poi muoversi verso la città per svolgere un presidio presso la sede del consiglio regionale a palazzo Ferro Fini. Per ogni evenienza, le Forze di polizia avevano comunque predisposto servizi di vigilanza, anche presso palazzo Balbi, sede della giunta regionale.
Nel corso dello svolgimento della manifestazione, alcuni manifestanti, circa una ventina, si sono staccati dal gruppo principale, composto da circa 200 persone, e si sono diretti verso la sede della giunta regionale. Qui, sono riusciti ad introdursi all'interno da una porta secondaria, forzando il blocco assicurato dalle forze dell'ordine, per poi essere fermati dalle stesse nell'androne. Nell'azione rimanevano contuse tre unità di Polizia, cui va naturalmente la solidarietà del Governo.
I manifestanti presenti all'interno di palazzo Baldi, intanto raggiunti all'esterno da tutti gli altri lavoratori, hanno chiesto di incontrare il presidente della regione. In considerazione del fatto che il presidente non era presente in sede, è stata dichiarata una disponibilità a ricevere i manifestanti da parte del capo di gabinetto della regione, proposta però rifiutata. Successivamente, i manifestanti hanno accettato la proposta di incontrare l'assessore regionale alle politiche del territorio.
Durante il colloquio, che si è così svolto senza problemi nelle prime ore del pomeriggio, si è giunti all'intesa di una cessazione delle manifestazioni in corso, dietro assicurazione di essere ricevuti nei prossimi giorni dal presidente della regione. In particolare, oggi si dovrebbe tenere un incontro di una delegazione dei lavoratori con una delegazione della giunta regionale.
È doveroso evidenziare, comunque, che quanto accaduto non ha determinato una occupazione della sede regionale, né ha interrotto in alcun modo i lavori degli uffici, atteso che i manifestanti, dopo essere entrati in contatto con le Forze di polizia, al momento della forzatura del blocco agli ingressi sono sempre stati tenuti sotto il diretto e il pieno controllo del dispositivo di sicurezza.
Si tratta, quindi, di un episodio che va censurato, ma che in nessun modo può essere accostato, come è stato fatto anche in alcune dichiarazioni di esponenti politici, all'episodio che ha visto aggredire a Padova, nei giorni scorsi, il deputato Filippo Ascierto e il padre di Matteo Vanzan, caduto in Iraq, ai quali va tutta la solidarietà del Governo, oltre alla ferma condanna di un atto criminale, che non ha alcuna giustificazione.
Ricordo, piuttosto, che la manifestazione di ieri a Venezia si inserisce in un quadro che vede da tempo una forte preoccupazione e la tensione sociale per l'incertezza delle prospettive della chimica a Marghera, che ancora costituisce un rilevante polo occupazionale e produttivo nell'area del Nord-Est.
Già nel luglio scorso, il Governo aveva aperto un tavolo presso il Ministero dello sviluppo economico per verificare le condizioni di un rilancio della chimica in Italia che vedesse nel polo di Marghera un sito produttivo strategico. In agosto veniva annunciata la chiusura definitiva dello stabilimento Dow di Marghera, con forti preoccupazioni non solo per l'occupazione diretta (circa 180 unità) ma anche per un possibile «effetto domino» su tutto il ciclo del cloro e, più largamente, sull'intero comparto della chimica a Marghera.
L'iniziativa del Governo, in stretto raccordo con le istituzioni territoriali - comune, provincia e regione - si è sviluppata per poter proseguire in condizioni di sicurezza, nonostante la chiusura dello stabilimento Dow, le attività relative al ciclo del cloro, coinvolgendo le aziende disponibili ed arrivando, dopo un lavoro intenso, alla condivisione di un protocollo finale, accettato da tutte le parti in causa, istituzioni locali, imprese e lavoratori. La regione Veneto, pur avendo collaborato per tutto il percorso di predisposizione del protocollo, ha comunicato il giorno della possibile sottoscrizione di non aver ancora potuto completare l'analisi in modo soddisfacente.
Il Governo si augura che la regione possa concludere con urgenza le proprie valutazioni in modo positivo. Il Governo ha fatto fino in fondo la propria parte per dare una prospettiva, occupazionale e produttiva,Pag. 53a questo importante polo produttivo del Paese, in una logica industriale. Ci auguriamo che tutti gli altri livelli istituzionali si assumano la responsabilità per poter concludere in modo positivo tale vicenda. La mancata sottoscrizione di un'intesa da parte della regione avrebbe conseguenze gravissime, non solo sui lavoratori della Dow Poliuretani Italia, ma anche su quelli dell'intero settore della chimica a Marghera e nel Paese, creando un inaccettabile clima di tensione nell'intera area veneziana.
ELIO VITO. Vergogna!
(Interventi)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Martella. Ne ha facoltà.
ANDREA MARTELLA. Signor Presidente, voglio innanzitutto ringraziare il sottosegretario, Paolo Giaretta, per la puntuale informativa da lui svolta, che ha consentito a noi parlamentari di conoscere quanto avvenuto ieri nella sede del giunta regionale del Veneto. Ritengo che sia sempre positivo il fatto che il Parlamento sia immediatamente informato dal Governo in merito ad avvenimenti che possono aver turbato l'ordine pubblico. Ho preso atto della risposta e devo dire che, dalle informazioni avute nel corso delle giornate di ieri e di oggi, nonché dall'informativa resa dal sottosegretario, è del tutto evidente che a palazzo Baldi non vi è stato alcun episodio di violenza né alcuna contestazione che potesse portare ad atti contro qualcuno (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia).
ANTONIO LEONE. Ma come, un poliziotto...
MARCO BOATO. Lasciate parlare!
ANDREA MARTELLA. Di fatto non è accaduto nulla (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia)... Signor Presidente...
PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di lasciar concludere. Avrete modo di contestare quanto si sta dicendo.
ANDREA MARTELLA. Sulla stampa locale, lo afferma il vicequestore di Venezia, dichiarando che non è successo nulla e che non vi è stata alcuna violenza.
Certo, come ha ricordato il sottosegretario, vi è stato qualche attimo di tensione che ha provocato la contusione di alcuni rappresentanti delle forze dell'ordine. Anche a nome del gruppo dell'Ulivo, voglio rivolgere loro piena e completa solidarietà.
Tuttavia, è bene ricordare che questa situazione di incertezza e tensione è originata soprattutto dalle decisioni unilaterali assunte dal presidente della regione Veneto, che nel corso di queste settimane ha deciso di non firmare un accordo, su cui pure la regione ha lavorato negli ultimi mesi, mettendo di fatto a repentaglio un delicato equilibrio costruito per arrivare ad un nuovo compromesso per la chimica di Porto Marghera.
Questa tensione e questa incertezza devono essere comprese. Credo che ai lavoratori debba essere data tutta la nostra solidarietà. Voglio anche ricordare che i lavoratori ed i sindacati di Porto Marghera si sono resi protagonisti, nel corso degli anni e della storia, per aver combattuto contro il terrorismo e per essere stati sempre dalla parte della pace, della non violenza, della tolleranza e del dialogo e sicuramente non dalla parte di chi ha intrapreso azioni violente contro qualcun altro.
Le provocazioni sono venute da chi, come qualche esponente della giunta regionale, ha definito i lavoratori «sedicenti operai», come se non fossero operai del petrolchimico in manifestazione. Le provocazioni sono venute da chi, come presidente il Galan, ha comunicato via fax (in relazione ad un incontro convocato presso il Ministero dello sviluppo economico) che non sottoscriveva quell'accordo su cui si è lavorato nel corso delle ultime settimane.
Non è possibile che accada tutto questo o che sia utilizzato un fax per comunicare che non si intende sottoscrivere un accordoPag. 54o che Porto Marghera sia il luogo dove non si costruisce una condivisa politica industriale, concertata dagli enti locali, ma vi siano atti unilaterali di un uomo solo che, evidentemente, vuole lo sviluppo industriale ed occupazionale di quell'area (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia). Credo che, così com'è bene che il Parlamento sia stato informato di quanto è accaduto, è giusto che sia parimenti informato di ciò che deve avvenire nei prossimi giorni. È bene che tutti si assumano le proprie responsabilità.
È necessario firmare al più presto quell'accordo per risolvere una situazione di tensione, di incertezza e di disagio sociale. È necessario garantire la firma di quell'accordo per l'occupazione di 180 lavoratori e non soltanto di questi che operavano in un impresa ormai chiusa, bensì di tutti quelli dell'indotto. È necessario - e concludo Presidente - garantire tramite quell'accordo la sicurezza dell'ambiente e dei lavoratori, abbassare il costo dell'energia e garantire una vocazione industriale per Porto Marghera.
Da qui, vorrei infine rivolgere un appello ai parlamentari del centrodestra, al presidente della giunta regionale che ci sta ascoltando, affinché vengano meno queste condizioni che hanno portato alla non sottoscrizione di questo accordo e che si possa lavorare velocemente, tramite una convocazione del Ministero dello sviluppo economico, perché si arrivi alla sottoscrizione e si possa veramente mettere fine ad una travagliata vicenda che dura ormai da troppi anni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Elio Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, quando ieri abbiamo chiesto in aula che il Governo venisse rapidamente a riferire alla Camera sugli episodi di violenza che si stavano verificando in quel momento nella sede della giunta regionale della regione veneta che impedivano il funzionamento della stessa e minacciavano l'incolumità dei dipendenti regionali - oltre che averne già compromessa quella di alcuni funzionari delle forze dell'ordine - avevamo espresso forte preoccupazione per quanto stava accadendo.
Ora, se possibile, Presidente, a quella preoccupazione io aggiungo anche lo sconcerto per le gravissime dichiarazioni che ha reso in quest'aula il rappresentante del Governo e - me ne duole - anche il rappresentante della maggioranza a livello nazionale.
Infatti, occorre sgombrare subito il campo da una cosa, colleghi, sulla quale credo che non ci doveva essere discussione: non c'è posizione politica o firma o disaccordo sulla firma di un accordo di programma che possa legittimare e giustificare la violenza politica (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale). Voi avete affermato che la violenza politica è determinata dal fatto che il presidente della regione veneta che - a nostro giudizio - legittimamente ha fatto bene a non sottoscrivere quell'accordo di programma...
ANDREA MARTELLA. Questo lo stai affermando tu!
ELIO VITO. ...che è un'imposizione determinata - all'improvviso - a livello ministeriale. Questo ha determinato ad una situazione di violenza che è sempre e comunque inaccettabile. Noi ci saremmo aspettati, qui, queste parole dal Governo e dalla maggioranza e non invece un attacco...
GABRIELE FRIGATO. Hai capito male!
ELIO VITO. ...a chi non fa altro che difendere una posizione che è stata espressa in una risoluzione del consiglio regionale e che fa seguito anche a tante battaglie compiute negli anni scorsi, anche da chi oggi siede tra i banchi della sinistra tra gli ambientalisti. A tale proposito, si ricordano anche i danni enormi, mostruosi, che sono stati compiuti con riferimento al ciclo del cloro nel golfo di Venezia e a Porto Marghera.Pag. 55
Detto questo, signor Presidente, a nostro giudizio non è possibile minimizzare quanto è accaduto ieri a palazzo Balbi, che deve essere inserito in un contesto di tensione politica e sociale ben più ampio che sta riguardando tutto il Veneto - ha interessato Venezia e anche Padova - e del quale abbiamo già discusso ieri, alla Camera. Forse, sarebbe stato opportuno, signor Presidente, svolgere una riflessione complessiva su questi episodi. Ieri, ha riferito su di essi il rappresentante del Ministero dell'interno e, quest'oggi, il rappresentante del Ministero dello sviluppo economico: non ne capiamo la ragione. Noi abbiamo chiesto al Governo che riferisse sugli episodi di violenza e questo è il punto all'ordine del giorno. Forse, sarebbe stato più opportuno che fosse stato il ministro dell'interno ad informarci. Altrimenti, la prossima volta, quando picchieranno il padre di una vittima o di un eroe della guerra in Iraq, dovremo ascoltare il rappresentante del Ministero degli affari esteri e non il ministro dell'interno (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale)!
Anche questo episodio è testimonianza di come agisce il Governo. Il punto politico che preoccupa è che, un tempo, sulla condanna della violenza politica eravamo tutti d'accordo, tutte le forze politiche; ora, invece, c'è un Governo che è vittima ed ostaggio delle ali estreme della maggioranza e non riesce più neppure a condannare la violenza politica, la violenza sociale e la violenza sindacale. Bene ha fatto il presidente Galan, che saluto e ringrazio per la sensibilità che ha dimostrato nel voler essere presente a questo dibattito alla Camera (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e di Alleanza Nazionale), a non definire violenza sindacale quello è accaduto ieri presso la regione Veneto e, in questo senso, a non definire rappresentanze degli operai coloro che vi hanno preso parte.
Signor Presidente, se dieci, quindici, venti, cento o duecento rappresentanti di qualche categoria, che abbia tante buone ragioni per protestare, fossero entrati nell'androne di palazzo Chigi, avessero distrutto alcuni vetri e la mensa e avessero terrorizzato i dipendenti e ferito due agenti di polizia (Commenti dei deputati del gruppo de L'Ulivo), che cosa sarebbe accaduto nel nostro paese? Complotto, attentato alla democrazia, impossibilità di far funzionare il Governo, attentato a Prodi e alla sua famiglia (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia)! Che cosa sarebbe accaduto? Le prime pagine dei giornali ne sarebbero state interamente occupate, si sarebbero trasmesse edizioni straordinarie dei telegiornali! Qui, invece, il Governo viene a minimizzare? A minimizzare, perché si tratta di una giunta regionale di centrodestra? Perché si tratta di una giunta regionale che rifiuta di firmare un accordo capestro che gli viene sottoposto e alla cui firma è obbligato da parte del Ministero? Ebbene, crediamo che questo sia ancora più grave degli episodi di violenza che si sono verificati!
Signor Presidente, quanto sta accadendo in Veneto è espressione, certamente, di un disagio sociale ed economico, del quale anche noi ci siamo fatti interpreti con la manifestazione di Vicenza, in occasione della quale sono stati pronunciati alcuni slogan che sono stati criminalizzati, parole che si sono poi tramutate in fatti di violenza.
PRESIDENTE. Deputato Elio Vito...
ELIO VITO. Tuttavia, noi vorremmo che quanto si sta verificando non diventi la cartina di tornasole di una sinistra che sostiene il Governo ma che, in alcune regioni, è all'opposizione ed usa anche la violenza politica nei confronti del centrodestra. Noi riteniamo che questo non sia ammissibile. Ci saremmo aspettati e ci auguriamo che sia il ministro dell'interno Amato, direttamente, a chiarire la portata e la gravità degli episodi di ieri. Ci auguriamo anche che su di essi non ci sia l'ombra di una mancata firma - che è legittima - del presidente della regione Veneto e che le forze della maggioranza nazionale abbiano maggiore rispetto per quelle popolazioni e quegli elettori che,Pag. 56invece, nelle loro regioni, le hanno poste in minoranza. Non è possibile parlare di federalismo e di rispetto della volontà popolare e non tenere conto della volontà di quegli elettori che, in tante e tante zone del nord produttivo, vi hanno relegato all'opposizione, anche per queste ragioni (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. Rispetto all'appunto da lei formulato circa la presenza del Governo, onorevole Elio Vito, lei sa, essendone stato protagonista, che ieri mattina è stata sollecitata tempestivamente un'informativa urgente del Governo. Questa richiesta è stata oggetto di valutazione nell'ambito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo. In quella sede, si è svolta una discussione, al termine della quale è stato affidato al Governo il compito e la facoltà di decidere in che modo essere rappresentato e intervenire in questo dibattito. Già nella giornata di ieri, si è svolta un'informativa relativa agli altri fatti ai quali lei faceva riferimento, poco fa, e che hanno riguardato la città di Padova. Quest'oggi, sono presenti i rappresentanti di entrambi i Ministeri, anche del Ministero dell'interno.
ANTONIO LEONE. Fa la bella statuina!
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Dobbiamo parlare in due?
PRESIDENTE. Il Governo ha inteso rispondere nel modo che abbiamo visto.
Ha chiesto di parlare il deputato Ascierto. Ne ha facoltà.
FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, nel prendere la parola ed approfittando anche della presenza del governatore della regione Veneto, vorrei ringraziare i colleghi, i gruppi politici e tutti coloro che hanno espresso solidarietà nei miei confronti per l'aggressione avvenuta l'altrogiorno a Padova. Chiaramente, è un episodio inqualificabile perché è consumato non tanto nei miei confronti, ma nei confronti del papà di un eroe. Si è stabilito, così, in Italia un primato mondiale che è davvero vergognoso: quello di avere malmenato il papà di un eroe!
In Veneto si stanno verificando fatti estremamente gravi e seri, di una violenza politica legata ad aree antagoniste e dei centri sociali. Da ieri abbiamo appreso che anche i sindacati, che più volte si sono contraddistinti nel denunciare atti di violenza, si sono macchiati, a loro volta, di un atto di violenza.
Caro sottosegretario, i due poliziotti rimasti feriti ed il funzionario contuso non si sono feriti tra di loro: sono stati feriti da quei lavoratori o pseudolavoratori che ieri protestavano (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)! Questi ultimi, tra l'altro, hanno causato danni a palazzo Balbi, hanno infranto una vetrina e hanno impedito ai dipendenti di svolgere le proprie funzioni ordinarie. Sarebbe il caso, quanto meno, di rivolgere delle scuse ai cittadini ed alla regione. Non solo: questi danni dovrebbero essere risarciti dai sindacati che quando procurano danni al paese o alle persone, talvolta, se ne dimenticano abbondantemente.
Detto ciò non è possibile manifestare qualsiasi tipo di ragione attraverso la violenza: è una cosa insensata e innaturale.
In Veneto, la regione sta compiendo degli sforzi per riqualificare la zona industriale del petrolchimico, stabilendo dei tempi ben precisi: dieci anni. Il protocollo di intesa non lo si può cambiare quando lo si vuole, peraltro - così come afferma il presidente della regione - operando degli inganni attraverso alcuni cavilli; spetterebbe, invece, al Governo assumersi talune responsabilità.
Volete che non stia a cuore al governo della regione ed ai partiti del Veneto risolvere il problema di quei lavoratori che hanno la necessità di una ricollocazione, qualora l'area venga riqualificata? Certamente, abbiamo a cuore questo problema; ma non possiamo condividere la strada che i sindacati, in modo particolare la «triplice», stanno percorrendo.Pag. 57
Allora, se c'è stata un'ampia convergenza rispetto ai dieci anni necessari per riqualificare questa zona, perché pensare ad ulteriori proroghe?
Talvolta, viene da pensare che o ci siete o ci fate!
ANDREA MARTELLA. Non sai di cosa stai parlando!
FILIPPO ASCIERTO. Io penso che ci fate, perché, se avete a cuore l'ambiente, la riqualificazione, i lavoratori, non potete assolutamente - così come avete fatto ieri o in passato - assumere atteggiamenti di questo genere.
ANDREA MARTELLA. Non sai cosa stai dicendo!
FILIPPO ASCIERTO. Allora, approfitto anche della presenza del sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Lucidi, per dire che nel Veneto gli esponenti istituzionali di Alleanza Nazionale, i sindaci, i consiglieri provinciali e anche il capogruppo alla regione di Alleanza Nazionale si sono autosospesi. Essi, infatti, aspettano che il ministro Amato si rechi in Veneto a presiedere una seduta del comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica, così come ha fatto a Napoli.
Infatti, se Napoli è la capitale della criminalità organizzata e diffusa, tutto il Veneto è la capitale della criminalità organizzata sotto il profilo politico. E se i sindacati non prendono una distanza dai violenti, ne faranno parte anche loro in futuro, proprio a partire da ieri!
Allora, vogliamo che il ministro dell'interno venga in Veneto per riferire quali sono le iniziative che intende adottare nei confronti dei violenti.
Fino a quando non verrà fissata tale data, tutta la parte istituzionale di Alleanza Nazionale della provincia di Padova e anche il capogruppo alla regione Veneto si autosospenderanno dalle proprie funzioni istituzionali (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Sperandio. Ne ha facoltà.
GINO SPERANDIO. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi, a me pare davvero che vi sia un tentativo di ingigantire una vicenda che ha le dimensioni esattamente ricostruite dal sottosegretario Giaretta. Alcuni lavoratori - a farla grande - hanno occupato la sede, anzi la scalinata di uno degli ingressi della giunta regionale, per alcune ore. Mettere assieme questo ad altri fatti, completamente diversi, successi nella regione in questi giorni - come ha tentato di fare, in maniera capziosa, l'onorevole Ascierto - davvero ci pare inutile, miope e sbagliato, come lo è descrivere alla nazione il Veneto come una terra di emergenza democratica, non sta né in cielo né in terra!
Credo che la gestione dei conflitti sociali debba essere fatta in modo da abbassare i toni, per cui, francamente, ritengo che per il presidente della regione, qui presente oggi, sarebbe stato più utile nella sua sede regionale ad accogliere le delegazioni sindacali, piuttosto che in questa sede ad ascoltare questo dibattito...
ELIO VITO. Vergognati!
SALVATORE MAZZARACCHIO. Non puoi dire cosa deve fare il presidente della regione!
ANTONIO LEONE. Non puoi decidere per gli altri!
ELIO VITO. Non ti permettere...
GINO SPERANDIO. No, io mi permetto di dire...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, lasciate svolgere gli interventi (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
Pag. 58GINO SPERANDIO. Per fortuna, non potete ancora decidere quello che io debbo dire o quello che io ho titolo di dire (Commenti)!
PRESIDENTE. Vada avanti, onorevole Sperandio.
GINO SPERANDIO. Stavo dicendo che ho auspicato la presenza del presidente della regione in un luogo anziché in un altro, ritenendo che ciò, comunque, abbassasse i toni di un conflitto che da parte vostra, davvero in maniera miope, si vuole innalzare. Non riesco a capire per quale motivo il conflitto che sta avvenendo in una partita estremamente difficile quale quella della riconversione di Porto Marghera, si voglia ridurre semplicemente ad una questione di ordine pubblico. Se così volete fare, ho l'impressione che produrrete danni alla città di Venezia e all'intera regione.
Ritengo che la questione della riconversione di Porto Marghera vada affrontata in maniera seria. Non ritengo che l'accordo di programma che è stato predisposto riguardo a Porto Marghera sia il migliore degli accordi possibili, ma non per questo credo che la questione debba essere risolta come un problema di ordine pubblico. Se voi tentate di fare ciò, davvero sfuggite (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale) al tema vero. Mettere assieme, poi, come voi avete fatto, episodi davvero diversi per dimensione ed anche per caratura e per provenienza descrive uno stato della regione Veneto che non esiste. Se l'onorevole Ascierto ci viene a dire che nella regione Veneto c'è l'emergenza e c'è la punta della criminalità politica di questo paese, mi pare che stia ormai troppo spesso a Roma e poco a Padova per capire ciò che succede, perché davvero non è così, e lo sa lui meglio di me (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
FILIPPO ASCIERTO. Dovresti vergognarti!
PRESIDENTE. Colleghi, lasciate concludere l'onorevole Sperandio. Invito l'onorevole Sperandio a rivolgersi alla Presidenza!
ANTONIO LEONE. Togli la mano dalla tasca!
GINO SPERANDIO. Concludendo, voglio esprimere, tra l'altro, la solidarietà anche del mio gruppo per i fatti accaduti e per l'aggressione che ha dovuto subire l'onorevole Ascierto, insieme al genitore del caduto in Iraq.
ELISABETTA GARDINI. Dell'eroe!
GINO SPERANDIO. Ma questo davvero nulla c'entra con quanto è successo, tre giorni dopo, a Padova e non c'entra assolutamente nulla con il clima che si sta creando in Veneto. Davvero vi invito, per le grandi responsabilità di Governo che avete in quell'importante regione del paese, a non seguire una china che è sbagliata. I conflitti sociali vanno gestiti come tali e non come problemi di ordine pubblico (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor sottosegretario, divido il suo intervento in due parti: la prima parte è il tentativo di suggerire all'Assemblea il modo in cui si sono svolti i fatti. Credo che lei abbia fortemente minimizzato quanto è accaduto. Vede, vi sono alcuni diritti che vanno sempre tutelati, ma la violenza non può tutelare diritti. Di fatto, non aver ammesso che vi è stata violenza ieri a Venezia è un errore. Infatti, c'era un cordone di polizia, si è tentato di superarlo e lo si è fatto; sono stati provocati danni ai beni della regione e vi è stato un tentativo di occupare un'istituzione. Questo, va sempre detto fino in fondo, non è ammissibile in un paese che vive in regime di democrazia. Tutte le manifestazioni hanno il diritto di essere effettuate, ma non possono essere oggetto e soggetto di violenza.Pag. 59
Onorevole Martella, dire che ciò è accaduto perché il presidente Galan ha provocato è una giustificazione della violenza: non si può assolutamente dire questo. Credo che sia nella legittima attività di un presidente della giunta regionale sottoscrivere o meno un accordo. Gli si può chiedere nelle sedi istituzionali perché non l'ha fatto, ma dire che questa è una giustificazione di quanto è accaduto, significa considerare legittima la violenza provocata in quella sede. Questo è assolutamente inconcepibile e la dice lunga sul tipo di remora culturale che c'è da parte di questo Governo su atti che riguardano le posizioni di violenza espresse nel Veneto.
Il secondo aspetto riguarda il problema della chimica a Porto Marghera. Sono d'accordo che ogni paese avanzato abbia la sua chimica. Purtroppo, abbiamo tentato di smantellare la chimica ed alcune realtà che viviamo a Porto Marghera sono legittimamente di multinazionali straniere, non hanno più aderenza con il tessuto importante di una chimica italiana. Dovremmo cominciare a guardare in profondità cosa sta capitando a Porto Marghera, come a Ravenna, come in Sardegna. È un tema che va affrontato: è stato oggetto di attenzione da parte della Commissione attività produttive della Camera con un'indagine conoscitiva nella scorsa legislatura ed è oggetto di una risoluzione presentata nella stessa Commissione, ancora non calendarizzata, che dovrebbe definire la strategia del Governo. Considerare una soluzione per la chimica italiana la sottoscrizione dell'accordo che le parti hanno raggiunto per quanto concerne Porto Marghera credo sia assolutamente limitativo: tutto va invece incorniciato in un altro ambito.
Sappiamo perfettamente quale sia la delicatezza del sito di Porto Marghera, anche in relazione alla vicinanza con Venezia. Sappiamo perfettamente che tale area, instabile da un punto di vista geomorfologico, ha bisogno di grandi attenzioni. Il progetto della chimica va identificato in una chimica leggera, e non in quella pesante, ma quella degli interventi che sono stati effettuati in questi anni. Credo che il principio che ha informato la decisione del governatore del Veneto sia stato di avere più attenzione e di guardare con maggiore volontà strategica e politica al documento posto alla base di un accordo.
Signor sottosegretario, le chiedo soltanto quale sarà effettivamente il ruolo che ENI vuole svolgere a Porto Marghera in considerazione del fatto che la Dow che ha chiuso...
ANTONIO LEONE. Aspetta, sta telefonando...
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. C'è anche l'altro sottosegretario!
PRESIDENTE. Prosegua, onorevole D'Agrò.
LUIGI D'AGRÒ. Signor sottosegretario, volevo chiederle quale sia la posizione dell'ENI che pareva essere un interlocutore importante in riferimento a Porto Marghera, dopo la chiusura della Dow. Oggi non conosciamo ancora tale posizione perché in Parlamento non è stato detto niente, nemmeno in Commissione attività produttive dove - ripeto - è stata presentata una risoluzione.
Sappiamo perfettamente che, da questo punto di vista, il Governo può dire la sua. Non credo che solo ed esclusivamente la sottoscrizione di un accordo locale, che ha riflessi anche nazionali, possa salvare la chimica, perché ci vuole ben altro. Sotto questo aspetto, il Governo nelle sedi competenti dovrebbe impedire che si raggiungano accordi sotterranei, magari, di parte (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Filippi. Ne ha facoltà.
ALBERTO FILIPPI. Innanzitutto, ringrazio il governatore del Veneto, Galan, per essere qui (Applausi dei deputati deiPag. 60gruppi Lega Nord Padania, Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)), perché è proprio in questo modo che si dimostra di confidare nella risoluzione dei problemi. Certo, capiamo le esigenze e le problematiche dei tanti lavoratori di Porto Marghera, i quali hanno il loro posto di lavoro in bilico. Ma, la violenza, no, non la capiamo. Ribadiamo che è più che inopportuno (e, chiaramente, contro legge) l'assalto alla sede della giunta della regione Veneto a Palazzo Balbi. Dico la verità: ho ascoltato prima i colleghi e ho letto alcune agenzie. La CGIL, alcuni colleghi e la Filcem dicono che non c'è stato alcuno scontro tra dimostranti e forze dell'ordine. Anzi, si dice che le forze dell'ordine ringraziano. Ma allora leggo una agenzia di La7 News, ove si dice: la manifestazione dei lavoratori della chimica di Porto Marghera si è trasformata oggi in una rissa a Palazzo Balbi (...) Sono già al vaglio degli investigatori le immagini raccolte durante le fasi concitate, che hanno portato al ferimento di due agenti, uno dei quali è ricoverato all'ospedale di Venezia. Il poliziotto avrebbe riportato una forte contusione alla schiena. Per entrare nella sede regionale, i manifestanti hanno frantumato i vetri di alcune porte.
Penso che questi siano fatti (ci sono anche registrazioni visive sulla questione). Non capisco, quindi, quanto affermato dal collega di Rifondazione Comunista che dice che, addirittura, la questura di Venezia ammette che ci non sia stato nulla (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia). Questi sono, probabilmente, i due modi, diversi, di vedere le cose. Però, non vi è alcun dubbio sui fatti.
Riguardo alla questione del nostro governatore, anzitutto, va evidenziato che c'è stato un voto unanime del consiglio regionale del Veneto sulla scadenza decennale o, comunque, sulla logica dell'ammortamento degli impianti industriali e, in particolare, sulla produzione del clorosoda e della sua conversione da celle a mercurio in quelle a membrana, imposte dall'attività industriale dell'area. Ribadisco, quindi, che c'è stato un voto unanime da parte della giunta regionale sulla questione.
Va evidenziato inoltre, che vi è una opera veramente importante da parte di tutta la giunta e del governatore Galan, il quale deve chiaramente valutare la questione sotto l'aspetto occupazionale, e non solo. Ricordiamo che ci sono problemi ambientali e che, come ricordava il collega D'Agrò, non sappiamo più se e in che misura la chimica italiana esista. Chi è competente nel settore si domanderà cosa accadrà in futuro e come noi si chiederà quali saranno le strategie dell'ENI e quanto l'Italia voglia investire nella chimica.
Sappiamo che l'Italia non ha petrolio né materie prime. Per competere con i paesi più industrializzati, l'Italia ha bisogno della chimica. Non abbiamo neanche l'energia, visto che il nucleare non è stato realizzato.
PRESIDENTE. Onorevole Filippi...
ALBERTO FILIPPI. Non possiamo perdere il settore chimico.
Se Solvay ci compra le principali aziende, soprattutto quelle impegnate nel settore dell'acqua ossigenata, ma poi chiude la Chimica Bussi spa, se Dow investe in Italia ma poi viene disincentivata, non certo dalla giunta Galan, ma da qualche giudice, è chiaro che chi investe poi scappa. Intanto, l'Italia si ritroverà senza chimica.
Il grande impegno sarà quello di andare a vedere quali saranno le politiche che questo Governo vuole adottare per incentivare o comunque salvare la chimica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, mi atterrò alle dichiarazioni del sottosegretario Giaretta e non accetterò le considerazioni di altri colleghi che gli hanno fatto dichiarare cosePag. 61che egli non ha mai espresso, come, ad esempio, che vi sarebbe una correlazione tra il rifiuto del presidente della regione di firmare questo documento ed fatti accaduti ieri.
Prima però, a nome di Italia dei valori, vorrei esprimere la piena solidarietà al collega Ascierto per l'episodio di cui è stato oggetto qualche giorno fa e, ovviamente, a maggior ragione, anche al padre dell'eroe di Nassiriya.
Mi soffermo, dunque, sulle dichiarazioni del sottosegretario e mi chiedo: possiamo parlare di violenza? Ripassavo mentalmente un saggio di Michaud, «Violenza e politica», e constatavo che, dopo varie discussioni, arrivava alla conclusione che possiamo parlare di violenza, quando vi sono attori che agiscono offendendo le persone nella loro integrità fisica o morale, e faceva una classificazione dei tipi di violenza: nella violenza politica, esiste la violenza contro il potere dal basso, come, ad esempio, le rivoluzioni del settecento, o la violenza del potere dall'alto, volta a stabilire il potere politico e a farlo funzionare oppure la violenza che presuppone un potere centrale suscettibile di essere occupato da gruppi o da partiti.
Mi pare che questo caso non rientri tra le ipotesi definite dai saggisti «violenza»; semmai, possiamo parlare di nervosismo. Anche il nervosismo è un errore, per carità, perché a tutti noi capita di essere nervosi e di trattare male le persone care e di scusarsene, ma da qui a interpretare un fenomeno che potrebbe rientrare nell'ambito del nervosismo politico o sindacale come un atto di violenza, mi pare che ce ne corra.
Non penso che il presidente della giunta della regione Veneto debba obbligatoriamente firmare documenti o protocolli che non condivide, ci mancherebbe! Penso però che rientri tra i compiti del presidente di una regione anche quello di depotenziare possibili situazioni di conflitto.
Ho rivestito una carica più piccola, perché facevo il presidente di una provincia, ma mai mi sono rifiutato di ricevere una delegazione di persone che stavano protestando sotto le finestre del palazzo ove ha sede l'amministrazione provinciale che ho presieduto in passato. Probabilmente, un semplice gesto come quello di ricevere la delegazione che sta protestando, perché vicende che esistono da tanti anni hanno provocato tante situazioni di disagio sociale a Venezia, credo che avrebbe permesso di depotenziare qualunque forma, anche di nervosismo.
Ciò detto, tuttavia, ribadisco che condivido quanto è stato affermato. Non mi sembra, infatti, che vi siano stati episodi tali da richiedere l'informativa all'ordine del giorno, e può darsi che la ragione di questo dibattito debba essere ricercata nelle esigenze di natura politica di qualcuno.
Penso, in conclusione, che il signor sottosegretario possa confermare che, per l'appunto, non si sono verificate situazioni così gravi da rasentare problemi di ordine pubblico (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio i rappresentanti dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'interno, i quali sono intervenuti tempestivamente in Assemblea per rispondere ad una sollecitazione avanzata dalla Camera dei deputati in relazione a quanto è avvenuto ieri a Venezia. A differenza di qualche altro collega, desidero esprimere la mia soddisfazione...
Scusate, se magari si può lasciare ascoltare il rappresentante del Governo...!
PRESIDENTE. Per favore, onorevole collega!
Prego, deputato Boato, prosegua pure il suo intervento.
MARCO BOATO. Come stavo dicendo, esprimo soddisfazione per la comunicazione che il sottosegretario di Stato Giaretta ha reso in merito non solo all'episodio verificatosi ieri a Venezia, presso la sede della giunta regionale, ma anche, siaPag. 62pure stringatamente, rispetto al quadro complessivo in cui tale vicenda si colloca.
Non ho alcuna difficoltà, signor Presidente e colleghi, a denunciare ed a criticare pesantemente le degenerazioni (sia pure limitate, come è stato ricordato) che si sono verificate nella giornata di ieri; tuttavia, credo abbia fatto bene il rappresentante del Governo a distinguere nettamente un episodio di tensione sociale e sindacale, che ha presentato anche alcuni aspetti inaccettabili, da altri episodi di cui abbiamo già parlato in questa stessa aula e che non voglio ricordare.
Ritengo significative, da questo punto di vista, le dichiarazioni rese ieri, subito dopo il verificarsi di quell'episodio di tensione, dal consigliere regionale dei Verdi nel Veneto, Gianfranco Bettin, il quale ha opportunamente evidenziato la necessità di affrontare una «transizione governata» ad una nuova Marghera, di cui anche Galan - ha affermato testualmente - parla giustamente. Si tratta di una transizione - ha dichiarato ancora Bettin - che è del tutto possibile se le parti si confrontano e se le istituzioni decidono tempestivamente e saggiamente.
Il consigliere Bettin ha altresì dichiarato che: «(...) Nei giorni scorsi, con una interrogazione alla giunta regionale, avevo segnalato la crescente tensione sociale derivante dalla drammatica incertezza sul futuro di Porto Marghera. I fatti di ieri lo confermano. Per cinque anni il Governo Berlusconi ha lasciato marcire la situazione, senza dire né sì, né no (Commenti dei deputati del gruppo Forza Italia), né imponendo prescrizioni alle aziende che chiedevano le autorizzazioni per investire. Nel contempo, uno stillicidio di incidenti e di chiusure di reparti o di intere aziende mostravano il doppio volto della crisi di Marghera: crisi da rischio per l'ambiente e la salute e crisi di prospettiva produttiva ed economica. A nessuna di queste emergenze ha risposto il Governo Berlusconi, neanche quando, sul piano locale, uno schema di accordo era stato raggiunto. Oggi il Governo è cambiato e sul nuovo Governo abbiamo spinto perché si impegnasse a fondo. La regione Veneto non ha ritenuto soddisfacente la bozza d'accordo definita tra Governo, enti locali e parti sociali. Dica allora, con chiarezza, cosa intende fare».
Gianfranco Bettin ha sottolineato, infine, che: «(...) È l'incertezza a rendere esplosiva una situazione che, da anni, è pregna di tensione».
Ho letto sulle agenzie di stampa della giornata di ieri che il presidente Galan ha interloquito con tali dichiarazioni del consigliere Bettin, riconoscendo che molte delle denunce da lui fatte sono assolutamente fondate e condivisibili.
Ciò è vero, e su questo punto intendo svolgere la mia riflessione conclusiva. Quando si verifica un episodio di degenerazione di una tensione sociale, la degenerazione va condannata ed io non ho alcuna fatica a farlo, poiché l'ho fatto in qualunque altra circostanza. In questa situazione, tuttavia, bisogna non giustificare, ma capire il motivo per cui si è prodotta quella tensione, nonché comprendere quale sia la possibile risoluzione dei problemi.
Da questo punto di vista, sottosegretario Giaretta (peraltro, essendo veneto, conosce molto bene tali questioni), invito lei, il ministro Bersani - il quale, nella giornata di ieri, ha rilasciato anch'egli dichiarazioni importanti, poiché ha richiamato l'ipotesi di accordo siglata il 25 ottobre, ha rilevato come non vi sia stato il consenso della regione Veneto ed ha auspicato un contributo positivo della stessa regione alla conclusione dell'intesa - ed il Governo ad affrontare nuovamente i termini della questione.
Infatti il nucleo centrale delle difficoltà ed anche delle diversità di valutazioni che ci sono riguarda ovviamente la prospettiva, se viene definita o meno, di sostituzione definitiva del micidiale fosgene nel ciclo produttivo di Porto Marghera. Questo è il problema reale esistente, che peraltro non si è verificato storicamente solo a Marghera. È un problema purtroppo di tensione fra i temi della salute, dell'ambiente e dell'ecologia da una parte e gli aspetti dell'economia, dello sviluppo produttivo e dell'occupazione dall'altra.
PRESIDENTE. La invito a concludere, deputato Boato.
MARCO BOATO. Non è facile realizzare uno sviluppo sostenibile che sia tale sia socialmente, sia ambientalmente ed ecologicamente. Al di là dell'episodio di ieri, credo che il Governo, insieme alle istituzioni regionali e locali e alle parti sociali, debba farsene positivamente carico (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO CAPOTOSTI. Non sono veneto, però mi sento di intervenire perché abito in una città che si chiama Terni, che ospita delle industrie che un tempo si chiamavano Terni Industrie Chimiche e che lavoravano fino a poco tempo fa quasi esclusivamente per la Dow Chemical. Quindi in qualche modo mi sento parte in causa anch'io di questa vicenda, che peraltro avrei preferito ci avesse indotto ad una riflessione ampia sulla chimica, una sorta di analisi dei fatti pregressi che hanno prodotto una situazione che è sotto gli occhi di tutti.
Oggi voglio esprimere una prima riflessione. Certamente la chimica, che è stata un asse portante dello sviluppo della nostra nazione, è oggi in una condizione difficile, alla quale il nostro Governo sta cercando di resistere, evidentemente andando pure, mi pare di capire, a «tappare» qualche buco - scusate l'espressione gergale, ma rende bene l'idea -, lasciato da chi ha gestito precedentemente la situazione. Evidentemente quando trattiamo di interessi così delicati non possiamo lasciare spazio a strumentalizzazioni. Non possiamo pensare di trattare del destino di centinaia di famiglie e del destino in buona parte anche del nostro paese, come se stessimo discutendo di fazioni.
I fatti di oggi - ringrazio il Governo presente in aula per il tramite dei due sottosegretari - ci sono stati riportati correttamente e fanno luce e chiarezza. Se c'è stato un percorso condiviso, ci sono state anche alcune situazioni di responsabilità. Evidentemente ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Questo non vuol dire che giustifichiamo la violenza; anzi, noi la condanniamo, perché riteniamo che con l'avvento della Carta costituzionale essa non possa più appartenere al nostro agire quotidiano, alla convivenza civile.
Quindi, pur comprendendo forse gli animi esacerbati di alcuni lavoratori nel vedere le loro sorti ancora una volta messe in discussione nel momento in cui sembrava che si potessero concludere, condanniamo fermamente gli episodi di violenza fisica, perché questa non si addice alla convivenza civile. Siamo certi che su questo farà chiarezza l'autorità deputata; ci sono i tribunali, le procure ed altri organi che se ne possono interessare. Evidentemente ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Certamente, pensando all'esperienza passata del nostro paese - un paese che ha saputo sconfiggere fenomeni eversivi come quelli delle Brigate rosse, senza ricorrere a strumenti di sospensione dei diritti civili o a strumenti particolari di pubblica sicurezza -, lascia un po' perplessi la denuncia di eversione democratica, la denuncia di organizzazioni quasi complottistiche in corso, e la richiesta di misure conseguenti.
Credo che su questo potranno pronunciarsi gli organi presenti in loco, anche se i fatti di cui si è discusso in aula pochi giorni fa, con riferimento ai quali è intervenuto per conto del mio gruppo il presidente onorevole Fabris, ci hanno consentito di esprimere un orientamento, al quale mi richiamo integralmente. La mia forza politica non tollererà episodi di violenza politica organizzata e quindi si dissocia fermamente da essi, sia che provengano dalla sinistra sia che provengano dalla destra.
La mia forza politica non tollererà, evidentemente, in quanto inammissibile, la violenza fisica come metodo di discussione e di rivendicazione e, di conseguenza, richiederà l'intervento dei tribunali su simili fatti. Tuttavia, e mi rivolgo a tutte le forze politiche, invitiamo tutte le parti in causa a dare un ubi consistam: il GovernoPag. 64ha presentato una sua proposta; la regione, in questo momento, ci sta ancora pensando. In considerazione degli interessi delle famiglie, noi auspichiamo che, in tempi molto brevi, si arrivi a definire una vertenza trascinatasi per troppo tempo, le cui ricadute non sono limitate a Marghera ed al Veneto, ma si estendono a molte altre parti d'Italia, come nella mia Umbria.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GINO CAPOTOSTI. A Terni, 120 persone sono state sospese dal lavoro e, per due o tre mesi, hanno pensato con sgomento al loro futuro. Fortunatamente, non si sono verificati episodi di violenza. Fortunatamente, è bastato discutere. Io spero che non ci siano altri episodi di violenza, che vanno condannati, ma tutti si assumano le loro responsabilità. Grazie.
PRESIDENTE. Grazie a lei.
Ha chiesto di parlare il deputato Rao. Ne ha facoltà.
PIETRO RAO. Signor Presidente, intervengo sui fatti accaduti nella regione Veneto, sugli scontri verificatisi nella giornata di ieri per dichiarare che, a nostro parere, essi sono particolarmente gravi, sia perché hanno causato il ferimento di due poliziotti e di un dirigente della regione, ai quali va la nostra solidarietà, sia perché sono il frutto di un modo di affrontare i problemi sociali e occupazionali contro il quale ci opponiamo vivamente (e che ha molto in comune con ciò che è accaduto, nei giorni scorsi, a Padova, dove è rimasto vittima di analoghi fatti di violenza un nostro collega, l'onorevole Ascierto, al quale ugualmente va la nostra solidarietà). Esprimiamo la nostra solidarietà anche al governatore della regione Veneto, che, a nostro avviso, deve desistere da qualsivoglia pressione venga esercitata per chiudere comunque un accordo di programma che appare frettoloso e che sicuramente non porterà a risultati importanti e seri.
Ciò che noi condanniamo più di tutto è certamente la violenza, anche se mi pare che, in quest'aula, si sia tentato di fare, oggi, un po' di confusione: si è cercato di annacquare il tutto parlando di chimica, di violenza, di sindacato, del più e del meno...
Noi riteniamo che la questione del polo industriale di Marghera vada affrontata in modo serio - credo che il Parlamento sia la sede più opportuna - e che la risposta da dare sia il frutto di un lavoro più allargato che interessi non soltanto quel territorio, ma tutto il futuro della chimica in Italia, che noi vorremmo conoscere. In particolare, sul futuro della chimica vorremmo esprimere anche il nostro parere, considerato che in Sicilia è presente un importante polo chimico dal quale non sono derivati vantaggi per la comunità dal punto di vista del rapporto tra costi e benefici, in cambio di una forza occupazionale molto limitata.
Dicevo che si sta tentando di 'annacquare' il senso di quanto è accaduto minimizzando; infatti, il Governo cerca, appunto, di minimizzare il significato degli atti di violenza verificatisi nei giorni scorsi. Noi riteniamo, invece, che si debbano distinguere le due vicende: una cosa è la questione sulla chimica in Italia, altro sono le manifestazioni di violenza.
In questi giorni, invero, mi pare si stia esasperando un clima di tensione sociale, che è esploso con risultati sicuramente non positivi; ne è stato vittima anche un deputato. Noi riteniamo, pertanto, che il ministro dell'interno debba subito apprestare risposte importanti per evitare il rischio che si apra una maglia ad una deriva che non si arresterebbe più. Dunque, cerchiamo di capire che questi focolai...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.
PIETRO RAO. ...ebbene, cerchiamo di capire che tali focolai di insofferenza devono essere spenti sin dall'inizio con una misura esemplare e incisiva adottata dal Governo.
Questo è quanto ci aspettiamo; nei prossimi giorni presenteremo probabilmentePag. 65un'interrogazione parlamentare per conoscere l'esito delle decisioni assunte.
PRESIDENTE. È così esaurita l'informativa urgente del Governo.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15,12.
La seduta, sospesa alle 15,02, è ripresa alle 15,12.
Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 1746-bis e A.C. 1747)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione congiunta sulle linee generali dei disegni di legge nn. 1746-bis e 1747.
È iscritto a parlare il deputato Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Presidente, siamo in sede di discussione sulle linee generali del disegno di legge finanziaria, una legge che ha un peccato originale molto importante.
Le elezioni dello scorso aprile hanno consegnato al paese un Parlamento con una maggioranza di centrosinistra, ma sostanzialmente si è trattato di un risultato che ha diviso a metà l'elettorato. A fronte di questo dato l'elemento curioso è stato quello per cui non vi è stata una volontà di procedere in modo consequenziale a questo risultato politico. Vi è stata una maggioranza parlamentare, la metà del paese, che ha preteso sin dall'inizio, sin dalle prime nomine dei vertici istituzionali, di procedere in un determinato modo, a nostro avviso sbagliato, non tenendo conto dell'altra metà del paese.
Con questo peccato originale e con questo vizio di origine nasce la presente legislatura, nascono i provvedimenti che l'hanno contraddistinta; nasce anche questa legge finanziaria con in più un'aggravante che viene a sommarsi ai tanti elementi negativi, e cioè il fatto che questa maggioranza ha deciso di svolgere al proprio interno il dibattito sulla finanziaria, così come in precedenza lo ha svolto sul provvedimento conosciuto come Visco-Bersani, e su tutti gli altri provvedimenti e azioni politiche poste in essere dall'inizio della legislatura ad oggi, come se tutto fosse un problema interno al centrosinistra, interno all'Unione e magari lo strumento per risolvere le proprie beghe interne, per appiattire le proprie contraddizioni, cosa che in realtà non è riuscita perché quelle proprie contraddizioni si sono invece esasperate.
Ecco perché non si è aperto un confronto sulle priorità del paese, sull'esigenza di riforme strutturali che pure l'Europa ci impone; non si è aperto un confronto sul quadro generale, che pure alcuni volenterosi avrebbero voluto mettere in campo, al di là delle esigenze e del rispetto giusto e corretto del bipolarismo. Ciò è stato il frutto di una precisa volontà politica imposta dal centrosinistra, e in particolare all'interno del centrosinistra dalla sinistra del centrosinistra che ha prevalso.
Abbiamo quindi non solo una metà che pretende di governare l'Italia per tutti, ma una metà di questa metà che impone la propria visione; e quindi paradossalmente abbiamo un quarto della rappresentanza politica, cioè quella della sinistra massimalista, comunista, verde, che dà una impostazione alla legge finanziaria. Non è un caso che il ministro Ferrero dica: mi trovo più d'accordo oggi con Padoa Schioppa che non con Sergio Cofferati. Lo dice perché questo asse c'è, e perché questa finanziaria è improntata ad una linea politica dettata chiaramente dalla sinistra del centrosinistra, che penalizza fortemente tutto il resto della rappresentanza politica che in questa linea non si riconosce.
Non è un caso che - e lo ringrazio per la sua presenza - isolato, seppure presente in aula, vi è il viceministro Cento, perché degnamente rappresenta l'ispirazione di questa legge finanziaria che noi non condividiamo legittimamente, alla quale ci opponiamo, altrettanto legittimamente, non solo per quel vizio iniziale ePag. 66per quel peccato originale, ma anche per ragioni di metodo. Anche il metodo utilizzato infatti è di fronte agli occhi di tutti. È un disegno di legge finanziaria che è stato consegnato in ritardo in Parlamento, oltre i termini previsti dalla legge, cioè del 30 settembre: arriva in Parlamento il 1o ottobre, e oggi, a novembre ormai inoltrato, non è dato sapere quale sia il testo definitivo di questo disegno di legge di spesa pubblica e di questa manovra.
È evidente che c'è qualcosa che non va. Il Governo ha già fatto cassa, imponendo nuove gabelle con il decreto fiscale. Ed ha ragione chi parla di esproprio del Parlamento perché la Commissione bilancio non può non votare gli emendamenti. Ogni giorno c'è un tavolo parallelo al Parlamento in cui il Governo tratta con i sindacati o con le parti sociali, oppure la maggioranza discute al proprio interno - attraverso continue riunioni e crisi che si aprono e si richiudono tra palazzo Chigi e le aule dei gruppi parlamentari - e continua a portare avanti le proprie trattative, con nuovi emendamenti e nuove versioni dei testi. Esiste, sostanzialmente, un'incompatibilità negli oltre 170 emendamenti che sono stati presentati tra il Governo e il relatore sulla legge finanziaria; in più ci sono tutti gli altri emendamenti della maggioranza (sembra che sia stato dato l'ordine di scuderia di provare a ritirarli perché torna ad aleggiare l'incubo della questione di fiducia).
Sono state già poste otto questioni di fiducia e ci attendiamo che ne vengano poste ancora con la solita scusa, con la solita sceneggiata di qualche ministro o di qualche capogruppo di maggioranza che, quando il provvedimento arriva in aula, comincia a dire che ci sono troppi emendamenti, che non si vorrebbe porre la fiducia ma, ove si continuasse in tal modo, vi si sarebbe costretti: è la solita storia, è la solita scena, la conosciamo molto bene. Allora, ad oggi non conosciamo il testo, non conosciamo l'orientamento effettivo e definitivo del Governo sul disegno di legge finanziaria, non abbiamo certezza di quello che discuteremo se non per linee generali. Forse si può affrontare la discussione perché per linee generali abbiamo capito che le idee del Governo sono poche e molto confuse, ma abbiamo intuito le direttrici. Quando avremo un contenuto più serio, entreremo anche nel merito del provvedimento. È chiaro che i cittadini italiani possono avere ancora qualche tempo prima di sapere se verranno tassati i SUV o, magari, verranno esentati i veicoli euro 4. Ci importa poco, quello che ci interessa e ci preoccupa è che ogni giorno c'è una novità, ma le tasse non diminuiscono, bensì aumentano. L'impostazione generale è quella che ha evidenziato l'Europa, è quella per cui le agenzie di rating internazionali hanno declassato l'Italia: in questa legge finanziaria non ci sono riforme strutturali, la fase 2 non c'è qui e non ci sarà domani perché questa maggioranza non ha la forza di concludere la fase 1, figuriamoci la fase 2, dove si deve ampliare un ragionamento di riforme strutturali più importante e di lungo periodo. Forse si è deciso di rinviare a dopo gennaio la riforma delle pensioni - che, peraltro, è già stata fatta dal Governo Berlusconi - perché non c'era la forza politica né la coesione necessaria nella coalizione di governo: non c'era la coesione sul lavoro, vi manifestate contro tra di voi, figuriamoci se riuscite a mettere le mani sulle pensioni!
Permettetemi una considerazione sul lavoro, anche approfittando del fatto che l'esponente del Governo credibilmente era in piazza l'altro giorno a manifestare contro la propria maggioranza, e forse sarebbe stato il caso che i lavori della legge finanziaria li avesse seguiti e li seguisse anche il ministro Damiano. Una grossa parte della maggioranza parlamentare pensa legittimamente - noi non lo condividiamo - che questo paese sia in balìa del precariato. In questo preciso istante in Commissione lavoro si svolge l'audizione del presidente dell'Istituto nazionale di statistica, Luigi Biggeri, che sta spiegando come, in realtà, i contratti a termine in questo paese corrispondano soltanto al 9,5 per cento dell'intera forza lavoro. Quindi, non c'è un'emergenza precariato, ma legittimamente una parte di questa maggioranzaPag. 67è convinta che il Governo stia facendo poco o nulla per risolvere il problema del precariato. E questo è un punto politico su cui quella parte della maggioranza - l'estrema sinistra, la sinistra massimalista, i Verdi, i Comunisti italiani, Rifondazione Comunista - ha fatto una campagna elettorale forte, ha preso il voto degli elettori, ha chiesto il consenso al suo elettorato con un programma preciso: quello di abolire la legge Biagi. Noi, che ci consideriamo e ci ispiriamo ad un'anima riformista, quella legge la vogliamo difendere.
Qualcuno, sparuto, isolato, forse Capezzone, forse qualcun altro all'interno della vostra maggioranza, la pensa come noi, ossia che la legge Biagi sia una buona legge, che va completata, ma c'è questa frattura.
Allora, prendete una decisione, fate una scelta. Il Governo ha il dovere di fare questa scelta. Il ministro Damiano ha il dovere di adeguarsi, non può rappresentare un ibrido politico tra coloro che vogliono abolire la legge e quelli che vogliono mantenerla, dicendo che la vuole superare.
PRESIDENTE. La prego...
SIMONE BALDELLI. I dati parlano chiaramente: le elezioni in Molise hanno costituito un risultato eccezionale per il centrodestra e, in questo momento, dovrebbero costituire un segnale politico molto forte per la maggioranza parlamentare di centrosinistra.
I cittadini italiani hanno piene le tasche di questo teatrino. Il centrodestra scenderà in piazza, legittimamente e democraticamente, ma la cosa paradossale è che, oltre al centrodestra, è già sceso in piazza il centrosinistra
PRESIDENTE. Deve concludere...
SIMONE BALDELLI. Concludo, Presidente.
Gli elettori, non solo i nostri, ci chiedono quando metterete fine a questa commedia dell'assurdo in cui la finanziaria si va consumando. È un teatrino su cui bisogna riuscire a far cadere il sipario. Speriamo che cada presto su questo Governo, per il bene del paese, per le nuove generazioni e per tutti quelli che hanno davvero a cuore l'interesse dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Francescato. Ne ha facoltà.
GRAZIA FRANCESCATO. Signor Presidente, colleghi, per sintetizzare l'opinione dei Verdi e degli ambientalisti su questa finanziaria potrei fare ricorso al vetusto slogan, ma sempre attuale, del maggio francese: «ce n'est qu'un début, continuons le combat!».
Non è ancora certa la finanziaria che voteremo. Magari avessimo potuto dettare la linea, caro Baldelli: una finanziaria capace di coniugare, in maniera sistematica ed efficace, le dimensioni economiche e le politiche ambientali, per fare quel matrimonio tra ecologia ed economia che, per parafrasare il Manzoni alla rovescia, s'ha da fare e subito, se vogliamo consegnare ai nostri figli un pianeta vivente e non una terra desolata.
Vi rimando al rapporto agghiacciante del WWF internazionale, «Living planet», che ha avuto una vasta eco sulla stampa. Ricordo che l'Italia è al ventinovesimo posto tra le nazioni dissipatrici, con un'impronta ecologica pari a 4,2 ettari per abitante.
Per decenni noi Verdi e noi ambientalisti siamo stati la vox clamantis in deserto, tacciati di catastrofismo e di cieca opposizione allo sviluppo. Non è vero. Noi ci opponiamo allo sviluppo cieco, che è tutt'altra cosa. Noi puntiamo allo sviluppo sostenibile, che rischia ormai di diventare un mantra, spesso evocato, ma raramente tradotto in azioni concrete.
Questa finanziaria era un'occasione, in parte perduta, per fare davvero una scelta verso la qualità dello sviluppo, per segnare quel cambiamento di rotta, che non i Verdi, non gli ambientalisti, ma il precipitare degli eventi richiede con la massima urgenza. Ci siamo riusciti solo in parte. Appunto, è solo l'inizio.Pag. 68
Certo, rispetto al Governo precedente, c'è stato un salto di qualità. Pensiamo ai maggiori stanziamenti per le aree protette, per la difesa del suolo, per la tutela del mare. Pensiamo al fondo Kyoto, dotato di 200 milioni di euro l'anno. Ma non basta, si deve fare di più!
Proprio ieri - lo sapete - si è aperto a Nairobi il vertice mondiale ONU sul riscaldamento globale per preparare la fase due del protocollo di Kyoto. Bisognerà puntare ad un drastico taglio. Gli scienziati chiedono almeno il 50-60 per cento di riduzione dei gas serra, se vogliamo evitare un disastro non solo ambientale, ma anche economico.
Tutti avete in mente i dati del recentissimo «Rapporto Stern», in cui un economista ipertradizionale, non un Verde catastrofista, ex capo dell'ufficio studi della Banca mondiale, Stern, dice che, se non cerchiamo di mitigare la febbre del pianeta, investendo almeno l'1 per cento del PIL globale subito, corriamo il rischio di perdere fino al 20 per cento del prodotto lordo globale. Ci sono dati ancora più raggelanti provenienti da economisti di rango, come Geoffrey Sachs, direttore del Earth Institute della Columbia University.
Ecco perché noi Verdi diciamo che in finanziaria bisognava fare interventi molto più incisivi su questo versante. Ecco perché abbiamo proposto, per esempio, nell'ottica del cambiamento del sistema energetico, che deve basarsi sempre più su efficienza e risparmi rinnovabili (l'Europa pone il traguardo del 30 per cento entro il 2020, noi siamo solo all'8,7 per cento), un emendamento per modificare il testo unico in materia di urbanistica, che renda obbligatoria nei regolamenti comunali l'installazione di pannelli fotovoltaici per le nuove abitazioni. Ecco perché riteniamo una scelta strategica quella di puntare ad una rivoluzione nel settore dei trasporti, che pesa sulle emissioni di CO2 per il 13,5 per cento a livello planetario e oltre il 26 per cento nel nostro paese. Ecco perché abbiamo chiesto l'istituzione di un fondo importante, sostanzioso, non solo simbolico, per la mobilità sostenibile dei trasporti pubblici nelle aree urbane. Altrimenti, come faremo a tagliare le emissioni del 50-60 per cento richiesto dalla fase due di Kyoto?
E ancora, chiediamo la tutela della biodiversità, altro capitolo chiave.
Siamo felici che siano stati aumentati i fondi per le aree protette, vergognosamente decurtati dal Governo precedente. Siamo inoltre soddisfatti che la Commissione bilancio abbia approvato l'emendamento, da noi tanto caldeggiato, per sbloccare la cassa, ridando fiato agli enti parco. Ma non basta, perché bisogna completare l'opera con un emendamento che porti ad un ulteriore incremento di 10 milioni di euro l'anno, per tre anni, ed assicurare un effettivo rilancio del nostro sistema di aree protette, che tutela il 10 per cento del territorio italiano.
E non dimentichiamo un'altra battaglia cruciale dei nostri tempi, quella per garantire all'acqua lo status di bene comune, obiettivo che è stato fermamente ribadito anche nel programma dell'Unione. È in questa direzione che va l'emendamento da noi proposto, che destina una quota (lo 0,01 per cento della tariffa) ad un fondo di interventi tesi a favorire l'accesso all'acqua e alla corretta gestione delle risorse idriche nei paesi in via di sviluppo.
Last but not least, non ultimo di certo, almeno per noi Verdi (ma siamo sicuri che ormai la sensibilità verso il benessere degli animali è assai diffusa in Parlamento ed anche fuori di qui), se pur ultimo in ordine di tempo, è l'emendamento per contrastare il randagismo, fenomeno che coinvolge ormai più di 800 mila animali (650 mila cani abbandonati e 200 mila gatti) inselvatichiti, problema che concerne non solo la tutela dei nostri amici a quattro zampe, ma anche l'igiene e l'incolumità pubblica.
L'elenco sarebbe lungo, ma mi sono limitata a segnalare alcuni elementi perché sui punti che rivestono maggior carattere sociale ed economico interverrà in seguito il collega Cassola. Aggiungo che noi Verdi lavoreremo con grande determinazione e daremo battaglia in quest'aula per ottenere una finanziaria sempre più «verde» (obiettivo di lungo termine che ci poniamo),Pag. 69coinvolgendo tutti ed ascoltando tutti. Infatti, riteniamo che una finanziaria davvero «verde» non debba restare un obiettivo soltanto di Verdi ed ambientalisti, ma diventare via via un obiettivo strategico di tutta l'Unione, di tutto il Parlamento e di tutto il Paese (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Armani. Ne ha facoltà.
PIETRO ARMANI. Signor Presidente, sono reduce insieme ai colleghi di maggioranza e di opposizione dalla lunga ma tormentata discussione in sede di Commissione bilancio sulla legge finanziaria. Devo dare atto al presidente Duilio di essere stato molto equilibrato e paziente nel gestire tale discussione. Devo inoltre ammettere che, pur avendo dieci anni di finanziarie alle spalle, questa è stata la più convulsa e disorganica tra tutte quelle da me vissute fino ad adesso.
Per dimostrarlo bastano alcuni dati. Gli articoli della legge finanziaria sono 217; sono stati presentati quasi 180 emendamenti, tra quelli del Governo e quelli della maggioranza, quasi riscrivendo lo stesso provvedimento ab imis. Inoltre, in cinque giorni di discussione, si è proceduto a poco più di 25 votazioni. Si tratta davvero di un modo di procedere assurdo ed inconcepibile. Ormai è maturo porsi il problema di riformare la sessione di bilancio e, soprattutto, di rovesciare il lavoro parlamentare. Per carità, l'Assemblea è sovrana, tuttavia il vero lavoro si svolge in Commissione e avremmo dovuto avere molto più tempo a disposizione per poter discutere, tanto è vero che l'Assemblea ora deve esaminare una marea di emendamenti che non so come potremo gestire.
Fatte queste premesse, il discorso sul disegno di legge finanziaria è già stato anticipato in occasione del decreto fiscale ed è molto semplice. L'intervento assomma a 40 miliardi di euro, circa ottanta mila miliardi di vecchie lire. Nonostante le affermazioni del Presidente del Consiglio Prodi, tale finanziaria non rilancia il paese perché, nel migliore dei casi, la crescita del PIL è prevista intorno all'1,7 per cento nel 2006 e - ahimè - all'1,4 nel 2007, proprio per effetto della manovra fiscale. Il rapporto deficit/PIL, secondo le affermazioni della Commissione europea, si ridurrebbe intorno al 2,9 per cento tra il 2006 e il 2007, senza tuttavia risolvere il problema. Infatti, bisogna chiedersi quanto possa durare tale riduzione del rapporto in assenza di interventi strutturali sulla spesa pubblica corrente e a fronte di probabili nuovi balzelli, di nuove imposte e di aumento di quelle esistenti per contrastare l'incapacità di intervenire sulle uscite correnti.
Per quanto riguarda la lotta all'evasione, come avevamo detto già all'epoca della discussione sul decreto fiscale, non siamo con la linea seguita dal ministro Visco di aumento degli adempimenti e delle forme di rigido controllo per cercare di contrastare l'evasione, anche attraverso gli strumenti informatici. Noi siamo piuttosto per l'introduzione di un contrasto di interessi tra chi fornisce i servizi alla persona e quest'ultima che riceve i servizi medesimi. Questo è uno strumento che in parte già esiste nella struttura del sistema fiscale italiano che, con un riassetto - che speriamo sia efficace - dell'anagrafe tributaria (che il ministro ha annunciato sarà trasformata da anagrafe sull'imposta ad anagrafe sul contribuente), potrebbe essere realizzata perfettamente con poco sforzo, vista la struttura dei flussi di dati che affluiscono all'anagrafe tributaria.
Per quanto riguarda l'IRPEF, si è di fatto realizzata una doppia progressività perché, da un lato, si sono aumentate le percentuali sugli scaglioni esistenti e sono stati aumentati gli scaglioni medesimi (erano quattro e sono diventati cinque) mentre poi, contemporaneamente, è stata creata una progressività sulle detrazioni in quanto, via via che aumenta il reddito, le detrazioni si riducono.
Sappiamo che questa doppia progressività peserà notevolmente sui bilanci delle famiglie, al di là di quei limiti di reddito (40 o 70 mila miliardi di euro, come si dice). In realtà, la doppia pressione degli scaglioni crescenti di IRPEF e delle detrazioniPag. 70decrescenti, man mano che cresce il reddito, porrà un problema di progressività crescente. Pertanto, vista la struttura del nostro sistema reddituale dei contribuenti e vista la storia del nostro paese (il passato e ciò che determinò la riforma Vanoni e, successivamente, la riforma Visentini), a mio avviso, di fatto porterà ad un aumento - piuttosto che ad una riduzione - dell'evasione e dell'elusione fiscale e, soprattutto, alla fuga dei capitali.
Come dimostra anche il decreto-legge che è stato discusso ieri sulla detraibilità dell'IVA, vi è il superamento dello statuto del contribuente il quale, a quanto pare, è stato digerito male dall'amministrazione finanziaria che quando può bypassarlo è davvero felice. Inoltre, quando una sentenza dell'Unione europea impone dei rimborsi, immediatamente con una mano si rimborsa e, con l'altra, si preleva.
Questo sistema, evidentemente, non educa ad un rapporto regolare tra contribuente e fisco e, anche da questo lato, non ci può che essere una sfiducia del contribuente ed una tendenza a trovare forme quantomeno di elusione, se non di evasione fiscale.
Naturalmente, l'imposta di successione è stata reintrodotta con il cosiddetto decreto fiscale. Sappiamo che essa costituirà un altro motivo di fuga dei capitali e, soprattutto, sarà all'origine di problematiche difficili relativamente ai passaggi generazionali delle imprese poiché, come è stato ricordato dal collega Tremonti in questa Assemblea, non ci si pone il problema del passaggio da un fratello ad un altro. Infatti, si pensa di eliminare l'imposta di successione nel passaggio diretto da genitore a figlio, ma non nel passaggio tra fratelli. Questo, nel caso delle imprese, è un fatto importante. Evidentemente, ci possono essere problemi di rapporti, anche di rapporti familiari, e di strategie diverse nella gestione dell'impresa e questo elemento, questa penalizzazione della successione tra fratelli, nel caso di piccole e medie imprese potrebbe portare, di fatto, a liquidazioni, a fallimenti e, successivamente, all'ingresso di altri controllori, o di capitalisti, nella loro gestione.
PRESIDENTE Onorevole Armani...
PIETRO ARMANI. Concludo, signor Presidente.
Per quanto riguarda la riduzione dei trasferimenti agli enti locali, con il contemporaneo aumento delle imposte, ricordo che il cosiddetto decreto fiscale è intervenuto sull'imposta di soggiorno e che, con il provvedimento all'esame, si introduce l'imposta di scopo. Quest'ultima, per come è configurata, è una vera e propria addizionale ICI. Infatti, si finanzia il 30 per cento delle opere pubbliche di interesse comunale utilizzando l'ICI. Tra l'altro, come ho affermato in sede di Commissione...
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Armani.
PIETRO ARMANI. Ho finito, signor Presidente.
Come stavo dicendo, questo produrrà fenomeni negativi perché, evidentemente, si determina un aggravamento dell'ICI anche per immobili che nulla hanno a che vedere con l'opera pubblica da realizzare.
Infine, sottolineo come il TFR sia un debito dello Stato senza emissione di titoli. La Commissione europea ha posto una serie di paletti e, sia pure...
PRESIDENTE. Onorevole Armani, lei è molto oltre il tempo a sua disposizione. Mi dispiace, deve proprio concludere.
PIETRO ARMANI. Sta bene, signor Presidente.
Concludo, ricordando che una sentenza della Corte di giustizia ci ha imposto il rimborso dell'IVA. Per questo, la Commissione europea è stata, per così dire, di manica larga per quanto riguarda il TFR e, tuttavia, ha imposto alcuni precisi paletti sulle caratteristiche non delle entrate ma delle spese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Marantelli. Ne ha facoltà.
Pag. 71
DANIELE MARANTELLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'obiettivo centrale del disegno di legge finanziaria è chiaro: rimettere in moto le migliori energie del mondo del lavoro e dell'impresa, per far ripartire la crescita economica. Questa è la vera sfida che sta davanti all'Italia. Senza nuova ricchezza e benessere, anche politiche sociali condotte nel segno dell'equità rischiano di avere il fiato corto. Dal confronto convulso di queste ultime settimane, non sempre emerge con sufficiente consapevolezza la domanda di fondo che tutte le élite del paese dovrebbero porsi: quali scelte strategiche per l'Italia? Eppure, mai come in questi anni il mondo ha conosciuto trasformazioni tanto profonde, almeno dai tempi delle grandi scoperte geografiche. L'Italia deve essere all'altezza di questi mutamenti con scelte di politica estera ed economica conseguenti e coraggiose. Risanamento, rilancio dello sviluppo e giustizia sociale: questo è l'asse sul quale è costruita la legge di bilancio.
Desidero concentrare la mia breve riflessione su un punto: come può la regione più ricca, la Lombardia, contribuire al rilancio del paese? Intanto, dobbiamo assolutamente accrescere la mobilità sociale e stroncare le resistenze corporative. È molto probabile che il figlio di un notaio intraprenda, a sua volta, la professione notarile ma è molto più difficile che il figlio di un povero rompa la sua gabbia sociale. Se il figlio di un povero che ha talento non ha nuove opportunità, la società non soltanto commette una evidente ingiustizia ma si priva di talenti e di energie preziose per la comunità.
Si è detto da più parti che il Governo sottovaluta le questioni del nord. Fuori da ogni schermaglia propagandistica, è difficile negare che legioni di parlamentari e plotoni di ministri di centrodestra nella scorsa legislatura abbiano realizzato risultati non certo esaltanti per la Lombardia.
Con buona pace di Berlusconi, Tremonti e Calderoli, la Lombardia nel 2001-2006 ha realizzato un triplo zero: zero crescita, zero liberalizzazioni, zero chilometri di strade e ferrovie. Per essere precisi fino in fondo, in realtà il PIL è cresciuto dello 0,2 per cento.
Come può un paese permettersi di sprecare enormi potenzialità in quelle aree, se vuole rilanciare la crescita? Se vogliamo portare l'Italia nel gruppo dei paesi più dinamici, abbiamo bisogno di chiamare il nord al ruolo che nella storia recente ha già saputo svolgere due volte nel secolo scorso: prima, con il grande processo di industrializzazione, poi, con la grande politica dei distretti industriali. La Lombardia produce oltre il 20 per cento del PIL e concorre per oltre il 23 per cento del gettito IRPEF.
Gli impieghi bancari per abitante sono pari a 41.700 euro, a fronte di una media nazionale di 19.700. Vi è, inoltre, una consolidata propensione al rischio, all'innovazione ed una forte propensione, comune al resto del paese, al risparmio. Vi è una radicata cultura della solidarietà. È bene ricordare che ogni cittadino della mia regione contribuisce alla spesa sociale nazionale per 92 euro all'anno e dovrà ottenere in cambio qualcosa. Sanità, scuola, università debbono essere considerati non puri comparti di spesa sociale, ma potenti strumenti di modernizzazione del paese, con una pubblica amministrazione all'altezza delle domande di una società esigente.
Se le imprese pagano i costi elettrici più alti d'Europa (nell'ultimo anno la bolletta è cresciuta del 10,5 per cento), non devono essere costrette a far viaggiare le merci sulle strade, che sono le stesse da trent'anni a questa parte. Tanto più che le merci trasportate in Lombardia sono pari a 22.900 tonnellate per chilometro, contro le 7.100 della media nazionale.
Ma qui sta il «buco nero» su cui il centrodestra ha miseramente fallito. Lo voglio dire ai colleghi estrosi ed ironici del centrodestra: la Lombardia non dispone nemmeno di un interporto; la mitica Lombardia governata pure da 16 anni da Formigoni!
Su questi temi, invece, occorre concentrare gli sforzi, come si sta facendo. Non esiste il nord, esistono «i nord». NellaPag. 72stessa Lombardia la circoscrizione «due», la più popolosa d'Italia, con i suoi oltre 4 milioni di abitanti, comprende sei province: Varese, Como, Lecco, Sondrio, Bergamo e Brescia. Bene, negli ultimi due anni in queste province il saldo fra export e import supera costantemente i 10 miliardi di euro, cioè 10 mila milioni: una risorsa preziosa per il paese.
Ma su questo apparato produttivo pesa il collasso della mobilità. Si viaggia ad una velocità media di 30 chilometri all'ora: autentico piombo nelle ali, con un danno per la competitività delle imprese stimato in aumenti di costo finale del prodotto tra il 15 e il 20 per cento e danni per i consumatori, i lavoratori, oltre che per la stessa qualità della vita.
Allora, una nuova e moderna organizzazione della mobilità deve realizzare - e mi avvio a concludere, signor Presidente - collegamenti ferroviari e stradali efficienti, ed un efficiente sistema aeroportuale. Ecco perché serve la pedemontana: è una priorità. Serve sulla base di risorse effettivamente disponibili selezionare rigorosamente le priorità: questo fa un buon Governo. Serve dialogo e collaborazione con le istituzioni. È positivo l'accordo del ministro Di Pietro con le istituzioni lombarde e il confronto con tutte le regioni italiane. Noi lo incoraggiamo a proseguire su questa strada con realismo, perché sulle infrastrutture...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DANIELE MARANTELLI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente. Sulle infrastrutture non vi è spazio per improbabili miracoli, ma occorre compiere passi nella direzione giusta. In questo disegno di legge finanziaria si pongono le basi per compiere un primo passo coerente e concreto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Martinello. Ne ha facoltà.
LEONARDO MARTINELLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il ministro De Castro nel suo intervento lo scorso ottobre in Commissione agricoltura sosteneva che il disegno di legge finanziaria per l'anno 2007 contiene - cito testualmente - un complesso di interventi articolati che riguardano il settore agroalimentare, che avrebbero dovuto contribuire in modo efficace alla crescita del settore; non escludendo, comunque, che con l'esame di questo Parlamento si sarebbero potute migliorare ed integrare le disposizioni del settore.
Ma non basta migliorare ed integrare: occorre rivedere tutta la materia. Questo è ciò che si sarebbe dovuto fare. Non è assolutamente vero che l'intento di questo Governo sia quello di rilanciare il comparto agroalimentare; ma è quello di metterlo ancora di più ai margini della politica economica del nostro paese. In un primo momento, leggendo il documento di programmazione economico-finanziaria, avevamo pensato che l'azione svolta dal precedente Governo di centrodestra, tesa allo sviluppo della competitività dell'agricoltura italiana e al superamento della crisi del mercato, trovasse significativi elementi di continuità puntualmente disattesi da questo testo di legge.
La manovra economica avrebbe dovuto privilegiare le politiche volte al sostegno della attività di impresa, all'internazionalizzazione del sistema agroalimentare e al rafforzamento della politica di filiera. Questo Governo di centrosinistra, invece, non ha tenuto conto, nel disegno di legge finanziaria, dei problemi dell'agricoltura e, per questo, sarà responsabile del mancato rilancio di tale comparto. Se l'intento era di coniugare sviluppo con risanamento ed equità, si dovevano prendere misure puntuali e significative per rimettere in moto l'apparato produttivo agricolo, sfruttando i segnali di ripresa che hanno iniziato ad intravedersi nel corso del mandato del precedente Governo. Ma questo poteva avvenire solo attraverso salti mirati, in grado di dare una spinta propulsiva, supportata da adeguate risposte, aspetti che in questa finanziaria non ci sono. Si sarebbe dovuta sostenere in modo più cospicuo l'imprenditoria giovanile, attraverso incentivi che riavvicinassero i giovani al mondoPag. 73agricolo e creassero le condizioni per poter esprimere al meglio le loro potenzialità. Gli agricoltori, poi, i cui redditi hanno subito un drastico taglio, dovevano trovare in questa finanziaria strumenti validi ed innovativi, che riducessero i gravi costi produttivi e previdenziali che incidono pesantemente sull'operatività. Debbo ancora esprimere una forte preoccupazione per una totale mancanza, in questa finanziaria, di misure di sostegno alla pesca e all'acquacoltura. Questo Governo non ha pensato di estendere alla pesca alcuni provvedimenti incisivi proposti, per il momento, solo per l'agricoltura: il credito di imposta, ad esempio, per i nuovi investimenti nelle aree svantaggiate. Ciò poteva rappresentare un'importante prospettiva di sviluppo per tali imprese, concentrate soprattutto nel meridione. Si poteva prevedere, inoltre, l'inserimento della filiera della pesca all'interno di alcune misure ideate per il comparto agroalimentare.
Un capitolo a parte riguarda lo sviluppo delle energie, dalle biomasse alle rinnovabili. Non è certamente con la legge finanziaria che si doveva trattare un aspetto così importante per l'agricoltura italiana (ed aggiungo, per lo sviluppo economico del nostro paese). L'intervento previsto dal Governo, in questo provvedimento, trascura aspetti importanti delle bioenergie e non prende in considerazione, ad esempio, i consorzi dei produttori, anziché il riferimento alla filiera nazionale ed all'autoproduzione. Il risultato, purtroppo, sarà un nulla di fatto, perché se vogliamo dare impulso al comparto delle bioenergie si dovrà prevedere un provvedimento ad hoc, che tenga conto di tutti questi aspetti.
Il disegno di legge finanziaria per l'anno 2007, signor Presidente, proposto dal Governo, è tutto qui. Non un intervento serio sulla riforma della previdenza agricola, sulla promozione della qualità delle nostre produzioni tipiche tradizionali, sulla modernizzazione delle infrastrutture della logistica e per l'agroalimentare, sull'urgenza di dotare di risorse idonee i piani nazionali per l'ortofrutta, per l'agricoltura biologica, sull'opportunità di rafforzare gli interventi per l'irrigazione ed il risparmio idrico. A tal proposito, desidero ricordare le dichiarazioni che il ministro De Castro ha pronunciato nel corso dell'assemblea dell'associazione nazionale bieticoltura italiana, lo scorso luglio, annunziando un pacchetto di risorse per fronteggiare l'emergenza, anche dell'acqua. Tutti ricorderanno che in quel periodo il Po era sceso ai livelli più bassi dagli ultimi dieci anni e l'emergenza era scattata non solo per il comparto agricolo, ma anche per quello industriale. Cito testualmente quel che disse il ministro: siamo sulla strada per annunciare lo sblocco di 1,6 miliardi di euro nel triennio 2006-2008 e per il piano irriguo nazionale. Con l'approvazione di quel piano si apre la possibilità di inserire già nella prossima finanziaria - ossia quella in corso - il piano 2009-2013. Di ciò non si è fatto nulla; probabilmente, il ministro ha sbagliato strada, considerata tutta la mancanza di provvedimenti seri in tal senso. Ed allora, siamo alla politica delle illusioni, delle promesse mancate, una politica che è giunta al capolinea. Non si può commentare altrimenti la valenza per l'agroalimentare della prima finanziaria del governo Prodi, che conferma come, a fronte di annunziati interventi articolati, da parte del ministro dell'agricoltura, faccia seguito una realtà ben diversa: tagli e tasse; questa è l'unica strada che sapete ancora percorrere!
Ciò per quanto riguarda il mondo dell'agricoltura, ma altri articoli possiamo prendere a riferimento: l'articolo 76, le disposizioni in materia di organi di governo e sugli enti locali, con la riduzione degli amministratori, la riduzione dei costi della politica, ma intesa come penalizzazione degli amministratori stessi e riduzione dei tempi necessari per lo svolgimento delle proprie mansioni.
Per non parlare, poi, della tassa di scopo - un mio collega prima diceva una nuova ICI - e della tassa sul turismo e di soggiorno, che penalizza chiaramente il settore del turismo in generale perché faPag. 74sì che i turisti cambino paese e non vengano più in Italia: questa è una grave penalizzazione.
Molte altre cose sarebbero da dire. In ogni caso, ritengo che questa finanziaria sia da rivedere o, meglio, da respingere.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Belisario. Ne ha facoltà.
FELICE BELISARIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, nel 1978, con la legge n. 468, il legislatore introdusse una grande novità stravolgendo il sistema preesistente ed affiancando alla legge annuale di bilancio previsionale quella sul bilancio pluriennale che doveva consentire alla contabilità pubblica e, quindi, ai Governi di guardare con largo respiro alle politiche di settore ed alle riforme. Infatti, i cicli economici non si esaurivano nel volgere di un solo esercizio finanziario, ma avevano bisogno di una programmazione da tre a cinque anni. Ebbene, ancora non è stata superata la legge finanziaria intesa come legge di emergenza sia per le contingenze, sia perché rincorsi da un'inflazione galoppante, fino agli anni Novanta, e da un'escalation del debito pubblico e poi, per arrivare ai nostri giorni, da una crisi del sistema economico globalizzato.
Oggi ci troviamo di fronte ad una finanziaria difficile. Lo so che si entra più direttamente in video se, come ha fatto un collega questa mattina, si fa il rosario delle tasse o presunte tali che vengono introdotte dalla legge finanziaria. Fa più spettacolo la protesta del centrodestra e qualche manifestazione, che francamente non ho condiviso, anche di esponenti del centrosinistra. Però, andiamo a guardare se l'Unione si appresta a presentare e ad approvare una legge finanziaria che vuole correggere qualche stortura. Siamo partiti dalla necessità di riequilibrare i conti e ci sono tagli alla spesa pubblica. Abbiamo voluto pensare ad una finanziaria di sviluppo e ci sono misure che vanno in questa direzione.
Vorrei dire ai colleghi dell'opposizione, che peraltro fanno bene il loro mestiere, che non possiamo sentire il giudizio dell'Unione europea e della Commissione europea a giorni alterni: quando ci conviene, siamo bacchettati dall'Unione europea, quando non ci conviene, l'Unione europea non la ascoltiamo. Ebbene, questa manovra trova il consenso di Bruxelles ed anche dei mercati, come vedremo tra giorni. Lo vedremo, perché è una manovra complessa e forte che va nella direzione giusta e, probabilmente, dovrà essere ancora corretta ed adattata. Non è soltanto un problema di comunicazione. Probabilmente, l'ansia dei partiti dell'Unione di comunicare in fretta il cambiamento di passo ha portato anche ad un disordine nella comunicazione. Oggi dobbiamo fare una reductio ad unum, dobbiamo fare sintesi e dobbiamo cercare di trovare le soluzioni.
Vi sono due settori su cui ci osserva l'Unione europea: la sanità, in cui siamo costretti ad introdurre un ticket, che mi auguro sia soltanto transitorio, e gli enti locali, la cui spesa è andata al di là. Non si tratta di penalizzare le amministrazioni, ma il Parlamento si deve rendere conto che il paese non è più in grado di sopportare la proliferazione di enti, di società, di organismi che discendono dagli enti locali - Presidente, mi avvio a concludere - ma figliano consigli di amministrazione che, sulla stregua di quanto avviene nei grossi enti di Stato...
PRESIDENTE. Purtroppo, deve proprio concludere.
FELICE BELISARIO. Concludo. Dobbiamo tagliare i costi e reintrodurre l'originaria stesura degli articoli dal 76 all'80. L'Italia dei Valori ci tiene perché è un segnale: non solo le imprese, non solo i cittadini, ma anche e innanzitutto la politica deve dare un taglio a quei costi che oggi i cittadini considerano davvero insopportabili (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ascierto. Ne ha facoltà.
FILIPPO ASCIERTO. Signor Presidente, ovviamente mi soffermerò sulle questioniPag. 75che riguardano la sicurezza e che in questa finanziaria, in modo sorprendente, non vengono prese nella giusta considerazione. Ciò mi fa ulteriormente meravigliare perché ho ancora vivo il ricordo delle proteste durante l'ultima finanziaria provenienti dai banchi dei DS. Autorevoli colleghi - oggi Minniti è viceministro - sollevavano il problema della maggiore attenzione nei confronti delle forze dell'ordine perché dovevano essere messe in condizione di svolgere al meglio il loro lavoro. Certo, noi ne eravamo estremamente convinti ed anche noi dovevamo confrontarci con una finanziaria che doveva essere nei limiti e nei parametri previsti dall'Europa. Però, ciononostante, avevamo stanziato fondi per i contratti: vorrei ricordare che il Governo Berlusconi ha stanziato 4.500 miliardi tra contratti e riparametrazione, con un incremento di 380 euro mensili in questi anni. Avevamo trasformato tutti gli ausiliari in effettivi, tranne quest'ultima coda che ancora permane, in numeri molto sostanziali: 11 mila unità. Insomma, avevamo affrontato la sicurezza partendo dal rispetto dell'uomo in divisa.
Non pensavamo che questo Governo - che, come abbiamo visto dall'inizio della legislatura, non è certo vicino alle esigenze delle forze dell'ordine e non è certo in linea con principi e concetti di legalità - avrebbe inciso in modo talmente negativo sulla sicurezza da mettere addirittura in discussione le fondamenta della protezione del cittadino, della difesa degli interessi e della libertà stessa del cittadino.
In questa finanziaria ci sarà un taglio di 60 milioni di euro per l'Arma dei carabinieri sulla funzionalità, nonostante la bella asserzione «aiutiamo le forze dell'ordine a svolgere il loro lavoro». Con un taglio ulteriore di 60 milioni di euro chiuderanno le stazioni dell'Arma dei carabinieri, l'elemento più vicino al cittadino e capillare nella sicurezza quotidiana. Vi saranno 100 milioni di tagli alla Polizia di Stato: e poi veniteci a dire che dobbiamo dare più benzina alle macchine della Polizia di Stato! Non so dove volete darla la benzina alle macchine della Polizia di Stato. Si era parlato di più uomini sul territorio. È vergognoso quello che è previsto all'interno di questa finanziaria: mille uomini per tutte e cinque le forze di polizia. Non so se si tratta di una presa in giro nei confronti della sicurezza dei cittadini; e poi parlate di emergenza a Napoli! E poi assicurate maggiore sicurezza in ogni altra parte d'Italia!
In realtà, sapete perfettamente che il turn over nelle forze di polizia, insieme alle vacanze organiche, è di 2.500 unità per ogni forza di polizia e che attraverso un decreto, recentemente convertito in quest'aula, 1.316 poliziotti precari - è una parola che vi sta particolarmente a cuore - sono stati trattenuti fino al 31 dicembre di quest'anno. Gli facciamo festeggiare Capodanno con un licenziamento complessivo?
Come potete notare, mille unità costituiscono un'entità minore rispetto a 1.316, e se a questo aggiungiamo gli ufficiali dell'Arma dei carabinieri in ferma prefissata che occorre trattenere, con i numeri proprio non ci siamo.
Se veramente ci si vuole impegnare in situazioni di emergenza, che si registrano tanto al sud quanto al nord, sono necessari almeno 4.500 uomini per il prossimo anno. Allora, se volete stanziare i fondi per la sicurezza, lo dovete fare in modo molto chiaro, altrimenti annunciate altri provvedimenti.
Abbiamo sentito che nel maxiemendamento saranno previsti fondi per la sicurezza. Vogliamo vedere quanti fondi stanzierete! I contratti per le forze dell'ordine devono essere rispettati, non è possibile che un contratto sia solo dell'1,5 per cento rispetto all'inflazione programmata; occorre prevedere altri 300 milioni di euro con riferimento ai contratti delle forze dell'ordine e al riordino delle carriere.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cassola. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghe e colleghi, le leggi finanziarie dei vari paesi sonoPag. 76generalmente una spia dell'anima dei Governi che le presentano e del loro DNA.
Negli ultimi cinque anni siamo stati abituati ad una legge finanziaria caratterizzata da una filosofia ben precisa: chi più guadagnava più veniva agevolato, chi meno guadagnava meno aiuti riceveva, chi evadeva sistematicamente le tasse veniva premiato con i condoni e chi invece pagava regolarmente le tasse continuava a sponsorizzare chi le evadeva. Di tutto ciò non c'era da stupirsi, in quanto il DNA del Governo Berlusconi non poteva che riprodurre questa specie di filosofia tradotta in legge finanziaria. Quindi, agevolazioni per chi più aveva, compreso magari qualche amico.
La finanziaria al nostro esame si contraddistingue per il capovolgimento della filosofia bislacca del Governo Berlusconi. Al centro della manovra vi è infatti il concetto di equità fiscale e di giustizia sociale; pertanto, si cerca di aiutare chi più ne ha bisogno e poi anche chi ne ha bisogno un po' di meno, ma strettamente in questo ordine cronologico.
Noi Verdi - come già affermato dalla collega Francescato - siamo fieri di far parte di un Governo che sa bene quali sono le vere priorità del paese, ponendo in primo piano le esigenze dei più bisognosi. Ben venga dunque la lotta all'evasione fiscale, ben vengano la diminuzione della ritenuta dal 27 per cento al 20 per cento sui conti in banca e l'aumento dal 12 per cento al 20 per cento per i BOT e i CCT futuri. Questo avevamo promesso in campagna elettorale e la gente apprezza chi mantiene le promesse!
Avevamo promesso di proporre incentivazioni per l'investimento in fonti di energia rinnovabile e questa promessa viene mantenuta. Finora l'Italia ha gravemente peccato in questo campo. Proprio il mese scorso, il 12 ottobre, l'Unione europea ha avviato le procedure di infrazione contro l'Italia per la mancata attuazione del piano per combattere le emissioni di CO2 fino al 2012. Con quasi 80 procedimenti di infrazione aperti dall'Unione europea nei confronti del nostro Governo, nel 2005, l'Italia berlusconiana risulta essere la prima in Europa per scempi ambientali.
L'investimento nelle tecnologie che privilegiano l'energia solare e le altre fonti rinnovabili non solo eviterà agli italiani il pagamento di salatissime multe all'Unione europea, ma servirà anche alla creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro.
Il Governo deve quindi incentivare la ricerca e l'innovazione e deve offrire a quegli industriali italiani che vogliono investire in progetti ecocompatibili la possibilità di esportare il loro know how in materia ambientale in grandi paesi, come la Cina e l'India, che fino ad ora hanno trascurato del tutto l'aspetto ambientale e che adesso hanno un grande bisogno di tecnologia pulita.
A lunga scadenza, l'investimento nel campo delle energie alternative si tradurrà in molteplici benefici: in primo luogo, si migliorerà la qualità dell'aria respirata dagli italiani; in secondo luogo, diminuirà considerevolmente la spesa legata alla cura delle malattie respiratorie ed al restauro di monumenti e di edifici imbevuti di smog; in terzo luogo, diminuiranno le multe pagate a Bruxelles; in quarto luogo, si creeranno nuovi posti di lavoro, in linea con gli obiettivi del piano di crescita e di stabilità dell'Unione europea; in quinto luogo, l'industria italiana avrà l'opportunità di esportare la sua tecnologia ecocompatibile nei nuovi grandi mercati dell'India e della Cina.
Detto ciò, abbiamo fatto bene a correggere quei difetti emersi nel nostro disegno di legge finanziaria. Non si poteva aumentare il contributo fiscale per chi guadagnava tra i 15 mila e i 27 mila euro lordi; non si dovrebbero cancellare le graduatorie permanenti nelle scuole, ma eventualmente bloccarle fino al loro esaurimento naturale.
Bisognerebbe riconoscere valore a chi ha conseguito specializzazioni a livello accademico, sia in Italia sia all'estero. Poi si dovrebbe incentivare la ricerca nelle università e negli istituti di ricerca italiani per dare maggiore possibilità ai giovani di contribuire all'innovamento delle strutturePag. 77industriali ed amministrative del loro paese senza essere costretti ad andare all'estero. E, parlando di università, sarebbe un atto di giustizia equiparare le accademie e i conservatori di musica alle università, pur conservando ciascuno la propria denominazione. Naturalmente, è inoltre molto importante che chi ha parenti disabili a carico possa godere di detrazioni fiscali congrue.
In conclusione, in quanto italiano eletto all'estero, non posso non soffermarmi su alcune tematiche che stanno a cuore ai connazionali nel mondo.
Intanto, occorre fornire l'aiuto e i contributi giusti agli operatori della stampa italiana all'estero, magari concedendo loro anche la possibilità di collaborare alla realizzazione di programmi per la nuova RAI International.
Inoltre, bisogna assicurarsi che migliaia di contrattisti italiani all'estero presso consolati ed istituti di cultura non siano discriminati e possano invece usufruire di detrazioni per figli a carico in misura pari ad ogni altro cittadino residente in Italia. Dobbiamo agevolare il lavoro di coloro che nel futuro immediato saranno indispensabili per la riorganizzazione più effettiva e funzionale dei consolati e dei corsi di lingua e cultura all'estero.
La finanziaria in esame dovrebbe prevedere già da ora la possibilità di far rilasciare o ricevere la carta d'identità presso il proprio consolato all'estero. È veramente assurdo che nell'era telematica ed informatica si debba partire da Stoccolma o Caracas per andare a Canicattì o a Bisceglie a ricevere di persona la carta d'identità italiana.
Infine, se è giusto che chi inquina paga, non è giusto che chi non inquina paghi lo stesso. Pertanto, si dovrebbe riconoscere alle regioni la possibilità di ridurre la TARSU a chi risiede all'estero e usa poco l'abitazione in Italia e magari ai comuni la possibilità di diminuire l'ICI per gli italiani all'estero.
A seguito della correzione dei difetti emersi in questa finanziaria, chiunque abbia a cuore il concetto di giustizia sociale, di equità fiscale e di equa ripartizione delle risorse fra gli italiani non può che esprimere un voto favorevole su questa manovra finanziaria.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Ceroni. Ne ha facoltà.
REMIGIO CERONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, le disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - la legge finanziaria 2007 - e il bilancio di previsione dello Stato per l'anno 2007, nonché il bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009, insieme al DPEF sono tra i provvedimenti più importanti che, nel corso dell'anno, l'Assemblea della Camera è chiamata a discutere e a votare.
Negli ultimi anni, non vi è dubbio che i documenti di programmazione hanno assunto sempre più un ruolo chiave nella definizione delle linee guida di politica economica del paese. I documenti programmatici di quest'anno presentano una valenza particolare, oserei dire fondamentale, perché sono il programma vero del Governo che si è insediato da pochi mesi. Un conto sono i programmi elettorali, un altro i documenti di programmazione, che devono fare i conti con la realtà effettiva del paese. L'occasione è molto propizia per fare il punto sull'operato di questo Esecutivo a distanza di sette mesi dalle elezioni. Se vogliamo esprimere un giudizio sintetico, dobbiamo dire che questo Esecutivo vive una situazione davvero difficile, oserei dire drammatica, che molto probabilmente non riuscirà a superare.
Questo Governo vive una situazione di grande difficoltà innanzitutto perché ogni giorno che passa perde consenso elettorale. Le rilevazioni effettuate da tutte le maggiori case di sondaggi evidenziano che il Governo è in caduta libera di consensi. Anche le elezioni svoltesi in Molise hanno dato luogo ad un risultato eclatante se si considera che solo pochi mesi fa i due poli nel Molise erano praticamente pari come nel resto d'Italia, mentre ieri vi è stata la conferma del governatore uscente con otto punti di vantaggio rispetto allo sfidante (54 per cento alla Casa delle libertà e 46 perPag. 78cento al centrosinistra). Si tratta di un risultato che trova conferma anche nel resto del paese.
Il nostro paese, inoltre, sta perdendo affidabilità anche a livello internazionale. Le più importanti agenzie di rating internazionale, Standard and Poor's e Fitch, hanno retrocesso l'Italia nella classifica, stilata annualmente, che certifica la capacità dei vari paesi di pagare il proprio debito pubblico. Con l'ultimo ribasso del rating, deciso da Standard and Poor's, l'Italia va ad affiancare Botswana e Corea del sud, ritrovandosi sola al penultimo posto nell'area euro, posizione che fino a ieri condivideva con il Portogallo, che ha la classe AA-.
Analizzando i giudizi sul debito di lungo termine di Standard and Poor's si scopre che l'Italia ora vanta lo stesso giudizio di Botswana, Israele, Corea del sud, Kuwait, Malesia, Qatar, Arabia Saudita, Sudafrica, Trinidad e Tobago. In Europa guardiamo dall'alto solo la Grecia e la Polonia, ma siamo dietro a paesi come il Portogallo, la Slovenia e l'Islanda, senza contare che nel resto del mondo anche Cile, Giappone e Taiwan sono più avanti di noi.
Non è certo una bella situazione. Nonostante il prodigarsi dei vari esponenti del vostro raggruppamento elettorale nell'addebitare le responsabilità al precedente Governo, anche i bambini di questo paese hanno capito che l'operato del Governo Prodi fa diminuire la credibilità del nostro paese agli occhi dell'opinione pubblica internazionale. È evidente che non basta vincere il campionato mondiale di calcio, per la cui vittoria non avete certamente alcun merito, per aumentare la credibilità dell'Italia a livello internazionale.
Molteplici sono le cause che hanno determinato questa situazione. Il calo dei consensi elettorali trova ampia giustificazione nelle scelte che il Governo ha fatto dal suo insediamento ad oggi, tradendo tutti gli impegni elettorali fin dall'inizio. Ne voglio ricordare qualcuna. L'aumento del numero dei ministri e dei sottosegretari, fino a 103 poltrone, per formare il Governo più numeroso e più costoso della storia della Repubblica. Il decreto Bersani, che ha un sapore ideologico e punitivo verso quelle categorie che invece rappresentano il motore dello sviluppo e della crescita della nostra nazione. L'invio del contingente italiano in Libano, alla barba dei tanti militanti che hanno dovuto riporre le loro bandiere della pace nel cassetto, come se improvvisamente il mondo sia stato pervaso dalla pace. E poi tutta una serie di provvedimenti fiscali mirati a rastrellare una quantità di risorse impressionanti, come mai aveva fatto un Governo nella storia del nostro paese. Ricordo: la legge n. 234 del 7 luglio 2006, 9,5 miliardi di euro, la cosiddetta «manovrina»; la legge n. 248 del 4 agosto 2006, 4 miliardi di euro; il decreto-legge n. 262, approvato la settimana scorsa, 4,5 miliardi di euro; il decreto-legge, che dovremo votare forse domattina, in materia di detraibilità IVA sulle auto aziendali, altri 5,3 miliardi di euro; lo stesso disegno di legge finanziaria che stiamo discutendo, 40 miliardi di euro.
In pochi mesi avete propinato agli italiani interventi per oltre 50-60 miliardi di euro - 100-120 mila miliardi di vecchie lire - perché alla fine la cifra vera risulterà questa. Tutto ciò senza adottare alcun provvedimento né a favore delle imprese né a favore delle famiglie, fatta salva qualche impresa che ha messo a disposizione i propri mezzi di comunicazione nella campagna elettorale.
Va sottolineato anche il problema delle famiglie che non arrivano a fine mese: fra un po', anche per effetto dei ticket sanitari e degli altri provvedimenti contenuti nella finanziaria, non arriveranno neanche a metà mese!
Vi è poi il discorso dei pensionati. Nella scorsa legislatura avete sorriso nei confronti dell'aumento ad un milione di euro delle pensioni minime, ma voi non date neanche un centesimo alle pensioni minime! Ai pensionati con oltre 75 anni avete riservato un taglio delle imposte minimo. Chi percepisce 1250 euro al mese pagherà 200 euro di IRPEF in meno, ma gli altri tre milioni di pensionati che non prendonoPag. 79neanche la metà di queste risorse quale beneficio avranno da questa finanziaria?
Il declassamento che spudoratamente volete addebitare come eredità ricevuta dal precedente Governo - con la perdita di credibilità sul piano internazionale che ne deriva - è cosa assolutamente non vera, perché il paese sta tornando a crescere, come ha detto ieri anche il direttore generale della Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni. Il 2006 segna il ritorno dell'economia italiana a tassi di crescita vicini al 2 per cento, non certo per merito vostro perché finora non avete saputo produrre alcun provvedimento per raggiungere questo obiettivo. È significativo anche l'incremento delle entrate fiscali di oltre 15 miliardi di euro, perché dimostra che il paese gira.
Credo che questo declassamento derivi dal tradimento degli obiettivi individuati dal Documento di programmazione economico-finanziaria, dove venivano indicati alcuni settori - sistema pensionistico, servizi sanitari, amministrazione pubblica e finanza degli enti decentrati - come punti su cui intervenire per contenere la spesa pubblica. Il Governo non è stato in grado di produrre alcun provvedimento ed è in uno stato confusionale.
Cito solo l'esempio delle pensioni. Ieri l'INPS ha comunicato che nei primi nove mesi del 2006 sono giunte 182.952 domande di pensione di anzianità, con un aumento del 10,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2005. È quanto emerge dai dati del processo produttivo dell'istituto, secondo il quale sono in aumento anche le uscite dal lavoro per vecchiaia, con 247.574 richieste, con un incremento rispetto ai primi nove mesi del 2005 del 12,5 per cento.
Rispetto a questo problema il ministro Damiano dice una cosa, il sottosegretario Ferrero ne dice un'altra. Siamo arrivati anche alla farsa di vedere esponenti del Governo scioperare in piazza contro il Governo stesso. Penso che questo sia davvero incredibile. Pregherei il Presidente Prodi di smettere di prendere in giro gli italiani, perché non si porta avanti questo paese attraverso le bugie.
Per tali ragioni, il nostro voto non può che essere contrario ad entrambi i provvedimenti.
PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Pertoldi, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, si sta concludendo l'iter del disegno di legge finanziaria iniziato nel mese di settembre, circa un mese fa, e nel corso del medesimo qualche forza politica, anche tra i nostri alleati, ha quasi disconosciuto la paternità di questo provvedimento. Noi dell'Italia dei Valori ci sentiamo pienamente genitori del disegno di legge per il suo impianto e perché, naturalmente, a nostro avviso, questa legge finanziaria non rappresenta un intervento a sé stante, rientrando in un quadro più complessivo tratteggiato nel programma dell'Unione per i prossimi cinque anni.
Siamo convinti che il disegno di legge in esame presenti dei difetti ma, in generale, anche alcuni pregi di fondo che consentiranno al nostro paese di riprendere la strada dello sviluppo e, quindi, di affrontare più facilmente negli anni futuri alcune problematiche, come ad esempio quelle relative alle prossime leggi finanziarie, permettendo di recuperare anche quel lieve maggior carico fiscale previsto dalla manovra finanziaria al nostro esame.
Con l'approvazione di questa legge, ci ritroveremo di nuovo a generare quasi un 3 per cento di avanzo primario; avanzo che il Governo precedente aveva totalmente «mangiato», facendo di nuovo aumentare il debito pubblico e, con esso, gli oneri finanziari che paghiamo, inibendo la possibilità di imprimere uno sviluppo al nostro paese.
Il nostro paese si sviluppa se è virtuoso e per essere tale deve, come ogni buona famiglia che vuole pagare i suoi debiti, spendere meno di quanto incassa. Questo è il primo merito di cui avvertiremo gli effetti positivi anche sul piano della credibilità internazionale nei prossimi mesi e nei prossimi anni.Pag. 80
Per l'Italia dei Valori è importante riprendere la lotta all'evasione fiscale, dopo cinque anni di collusione con gli evasori fiscali, perché i provvedimenti che il Governo precedente ha varato in tema di condoni, continui e reiterati, sono stati di fatto interventi collusivi con l'evasione fiscale, con gli evasori fiscali e con quella «non imprenditoria», come io la definisco, che vive nel lavoro nero, nell'economia sommersa e nell'economia nascosta.
La lotta all'evasione fiscale non ha nulla a che fare con il regime poliziesco di cui Berlusconi in quest'aula ha parlato, perché allora dovrebbe egli per primo accusare gli Stati Uniti, da sempre considerati suoi amici, di essere un regime poliziesco. Da trent'anni gli Stati Uniti usano l'informatica e la telematica come strumento per tracciare i redditi, gli incassi delle attività imprenditoriali, per poi colpire duramente alla fine dell'anno: in quel paese, infatti, per evasione fiscale si va in galera, ci si resta e si espia la pena completamente.
Stiamo, pertanto, solo cercando di prendere da quel paese quello che c'è di buono, ad esempio in tema di lotta all'evasione fiscale. Quindi, si tratta di un altro dei pilastri che convince il gruppo dell'Italia dei Valori.
Vi è un terzo pilastro molto importante che adesso, con alcuni emendamenti, sta per essere messo in forse. Per questo, noi chiediamo con forza al Governo di ripensarci, perché alcuni emendamenti, approvati in Commissione, non impediscono l'avvio di quell'azione volta alla riduzione dei costi della politica che noi consideriamo sia un dovere nei confronti dei nostri elettori e che rientra pienamente nel programma di Governo dell'Unione.
Concludo dicendo che a questa finanziaria dovranno seguire immediatamente, a mio giudizio, gli interventi sulle pensioni, sulle liberalizzazioni, ma in modo più sicuro e più forte di quanto non sia avvenuto con il decreto del ministro Bersani.
Preannunzio, pertanto, l'espressione del voto favorevole da parte del gruppo dell'Italia dei Valori sui disegni di legge finanziaria e di bilancio.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pegolo. Ne ha facoltà.
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, il disegno di legge finanziaria che ci accingiamo ad esaminare costituisce certamente un evento eccezionale. Lo è per le sue dimensioni, ma anche per la congiuntura politica in cui esso viene a collocarsi; una congiuntura caratterizzata da una situazione finanziaria del paese molto critica, della quale il centrodestra ha grandi responsabilità, ma anche da una situazione economica precaria rispetto alla quale la ripresa economica in atto non fuga le preoccupazioni e, infine, da una situazione sociale che permane difficile.
Nel dibattito in corso non si è posta adeguata attenzione nei confronti di quest'ultimo aspetto, ma ritengo si dovrebbe partire da questo punto nel momento in cui si affronta il disegno di politica economica.
Le cifre nella loro crudezza dipingono per il nostro paese uno scenario che resta preoccupante, fatto di nuove povertà, di crescente insicurezza e di palesi iniquità. Nel corso degli ultimi anni, le differenze di reddito sono cresciute esponenzialmente. Il livello di disoccupazione rimane significativo nelle regioni del Mezzogiorno e la precarietà del lavoro è ormai un fenomeno di massa.
Al di là delle ricorrenti polemiche sulla spesa previdenziale, le pensioni percepite da milioni di cittadini nel nostro paese restano molto al di sotto delle necessità. Vi è nel paese, infine, un evidente squilibrio in termini di quantità e qualità dei servizi offerti. Queste contraddizioni sono il riflesso di una serie di limiti che il paese ha conosciuto nel suo sviluppo, ma anche l'effetto dei nuovi processi legati alla competizione globalizzata.
Per queste ragioni di fondo, considero importanti nella finanziaria quelle misure che sono state concepite per promuoverePag. 81un processo redistributivo a favore delle fasce a reddito medio-basso e per consolidare lo Stato sociale. Mi riferisco alla revisione delle aliquote IRPEF, alle misure di rafforzamento degli assegni familiari, agli interventi in campo sociale.
Da questo punto di vista, le proposte del Governo, tese a correggere ulteriormente l'impostazione iniziale, rafforzando l'effetto redistributivo sotto i 40 mila euro, non possono che essere apprezzate. Peraltro, dovrebbe essere ovvio che il sostegno al reddito di queste fasce costituisce una misura decisiva se si vuole accrescere la propensione interna al consumo, elemento fondamentale per la stessa crescita economica.
Se ho delle perplessità, invece, queste risiedono semmai nella enorme distanza che continua a permanere fra questi interventi, in sé positivi, e la condizione materiale di milioni di nostri cittadini. Penso alla grande fascia dell'incapienza, concentrata prevalentemente al sud, al problema drammatico della precarietà che l'importante manifestazione di sabato ha riportato all'onore delle cronache o, come dicevo prima, alla condizione miserevole in cui versano milioni di pensionati.
Su questi aspetti decisivi gli interventi previsti nel disegno di legge finanziaria sono ancora carenti e io mi auguro che in questa fase di discussione sia possibile apportare delle modifiche.
Dare coerenza piena ad un disegno redistributivo implica anche la necessità di potenziare e valorizzare al meglio le funzioni dello Stato sociale. Dai banchi dell'opposizione è venuta una critica alla mancanza di rigore, al carattere assistenzialistico di alcuni provvedimenti. Noi sappiamo dove vanno a parare simili critiche: mirano a comprimere la spesa previdenziale, a tagliare le spese per la sanità, a privatizzare i servizi pubblici locali.
Si tratta della solita vulgata liberista che ci propongono ad ogni piè sospinto i rappresentanti di Confindustria: penso che il Governo debba saper resistere al canto di certe sirene. Per questo è stato positivo l'aver stralciato dalla finanziaria il provvedimento sulla previdenza e mi auguro che dall'esito del confronto fra le parti sociali possano giungere soluzioni socialmente non penalizzanti.
Tuttavia, credo anche che altre correzioni vadano apportate alla finanziaria: mi riferisco alle scelte sui ticket o al contenimento della spesa per gli enti locali o alla riduzione delle risorse per l'università. Si tratta di scelte che, a mio avviso, restano discutibili perché in parte contraddicono la stessa decisione di avviare un processo redistributivo, ma anche perché muovono da alcuni assunti di carattere ideologico che dovrebbero essere rimessi in discussione. Penso, in particolare, al provvedimento - considerato allegato alla finanziaria - sulla liberalizzazione dei servizi pubblici, che in nome di una razionalizzazione, peraltro necessaria, finisce tuttavia con l'introdurre il criterio illogico dell'obbligatorietà della messa a gara di tutti i servizi a rilevanza economica.
La manovra economica ha incontrato molte riserve da parte degli imprenditori, che solo dopo la sottoscrizione dell'accordo sull'utilizzo del TFR - quello recente - sembra si siano acquietati. La cosa ha del paradossale, se si considerano i grandi benefici che con questa finanziaria, attraverso il taglio al cuneo fiscale, otterranno le imprese. A tale riguardo, credo che nel ragionare sulla manovra che è stata messa in atto - o che ci si propone di mettere in atto - dovremo porre una certa attenzione, poiché non necessariamente essa sarà destinata ad alimentare un ciclo virtuoso. È probabile, infatti, che in presenza di un sostegno così generalizzato al sistema delle imprese vi sia il rischio che lo stesso si adagi nella solita strategia competitiva, puntando tutto sulla riduzione del costo del lavoro e rinunciando, di fatto - come è stato nel corso di questi anni -, a promuovere un deciso intervento sull'innovazione.
Un'ultima considerazione vorrei riservarla alla partita finanziaria, perché essa costituisce la cornice entro la quale si disegna la manovra. Come è noto, fin dal DPEF, il Governo ha assunto fra i suoi obbiettivi quello del rigore. A tale proposito,Pag. 82noi di Rifondazione Comunista abbiamo espresso le nostre riserve, poiché abbiamo considerato questa impostazione eccessivamente appiattita su un orizzonte monetarista. Ci pare, infatti, un'impostazione che rischia di impedire il conseguimento degli altri due obbiettivi dichiarati, quello dell'equità e quello dello sviluppo. Come è noto abbiamo anche proposto soluzioni alternative, ma la nostra impostazione non è stata accettata. Sappiamo bene che a questo punto non è possibile rimettere in discussione la materia, tuttavia in conclusione vorrei esprimere due osservazioni.
La prima riguarda la scelta del contenimento del debito. Mi pare evidente che se dopo la finanziaria si volesse proseguire con questi ritmi alla compressione del debito, ben difficilmente si potrebbe pensare di affrontare i grandi problemi sociali tuttora irrisolti.
La seconda considerazione riguarda la struttura della spesa. L'attuale manovra è così ampia non solo perché gravata dall'esigenza di comprimere il deficit al 2,8 per cento, ma perché essa interviene anche ad ampio raggio, distribuendo cioè su un numero consistente di soggetti sociali oneri e benefici. In prospettiva, quindi, credo si ponga la necessità di una maggiore selettività nella manovra finanziaria, ma il problema è che la selettività significa, prima ancora che contenimento della spesa, individuazione di ben determinati referenti sociali.
Qui veniamo al punto, poiché nel corso di queste settimane anche importanti settori della maggioranza hanno invocato un chiarimento sui futuri orientamenti del Governo, richiamando tuttavia una svolta rigorista. Si è parlato di riforme strutturali, liberalizzazioni e quant'altro; echi di questa impostazione ho avuto l'occasione di sentirli anche oggi in quest'aula. Ritengo che se di una «fase 2» questo Governo ha bisogno, questa debba andare in una direzione diversa; essa deve muovere dalla positiva assunzione del tema della redistribuzione del reddito per garantire l'effettivo intervento sugli squilibri sociali esistenti nel nostro paese. In ogni caso, per conseguire questo obbiettivo generale, che peraltro risponde ad una domanda sociale in cui il popolo dell'Unione ha dimostrato di riconoscersi, occorre ridurre la compressione del debito, proseguire nella lotta virtuosa all'evasione per l'equità fiscale e promuovere una politica per lo sviluppo ispirata a logiche più selettive, premiando nell'imprenditoria i soggetti virtuosi.
L'augurio che mi faccio è che questa spinta riformatrice sappia vincere le incrostazioni anche culturali rappresentate dal lascito di un pensiero neoliberista che ha egemonizzato in questi anni il dibattito socioeconomico. La riscoperta di una vocazione alternativa al centrodestra credo parta da questo punto, da cui inoltre deve muovere un recupero di consensi nel paese (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Cicu. Ne ha facoltà.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, in questi giorni abbiamo vissuto in maniera intensa i lavori della Commissione bilancio, che - dobbiamo ricordarlo - ha licenziato un testo in cui sono stati esaminati solo 12 articoli sui 217 della legge finanziaria.
Qualcuno della maggioranza, in maniera sprovveduta, anche per giustificare ciò che sicuramente avverrà in queste ore, ha parlato di emendamenti ostruzionistici del centrodestra, addirittura individuandone migliaia. Tutti sappiamo che la realtà, invece, è che vi sono forse solo un centinaio di emendamenti concordati e segnalati presentati in Commissione bilancio, sui quali non è stato possibile trovare nemmeno un momento per un dialogo, un'apertura, un approfondimento. Vi è stato solamente un continuo stravolgimento non per cercare di dare risposte al sistema paese, ma per raggiungere, ancora una volta, un minimo di accordo tra sinistra massimalista e sinistra riformista.
Si cercano soluzioni non per categorie produttive del paese, per i pensionati, lePag. 83casalinghe, le famiglie, ma solo ed esclusivamente per i deputati - prossimamente per i senatori - che hanno solo la necessità di indicare inizialmente la quota di valore di mercato. Tale quota, peraltro, è stata trasferita dall'estero in Italia; infatti, abbiamo vissuto la sceneggiata, la commedia - purtroppo stavolta non solo italiana, ma anche estera - che vede una somma non indifferente non certo utile alla risoluzione dei problemi, ma al solo problema di un voto in più in Senato. Quindi, il senatore Pallaro può definirsi ottimista perché il Governo ha immediatamente accolto le sue istanze e non quelle dei professionisti di questo paese, della piccola e media impresa, degli artigiani, degli allevatori, dei piccoli produttori, di tutti coloro cioè che in questo paese lavorano. Al contrario, è arrivato un solo riferimento istituzionale per accogliere l'emendamento: in ogni caso, è successo qualcos'altro.
In maniera anormale ci eravamo abituati a vivere la piazza come momento di legittimità rispetto allo sfogo, alla necessità di trasferire un messaggio che potesse essere raccolto dalle nostre istituzioni. Signor Presidente, stavolta la normalità è stata abbondantemente superata, poiché abbiamo assistito a cortei in cui i riferimenti delle istituzioni, che fanno parte di questa maggioranza - compresi sottosegretari per l'economia, che oggi siedono ai banchi del Governo - hanno manifestato contro i loro stessi ministri per denunciare i vizi, le carenze, le penalizzazioni che le norme di questa finanziaria porteranno alle categorie del paese.
Credo che sia necessario mettere ordine in un contesto in cui, dopo soli cinque mesi, si parla non solo di far cadere l'Esecutivo da parte degli stessi componenti del Governo, ma anche di mandare a casa i ministri, che rappresentano settori delicati come quello del Ministero del lavoro, dove gli striscioni abbondavano e dove, ripeto, gli stessi colleghi rappresentanti di Governo inneggiavano alla sua caduta.
Certamente, l'orgoglio maggiore può essere trasferito nel contesto europeo dove, come sappiamo dalla lettura dei quotidiani, nel prossimo gennaio la Francia e la Germania usciranno dalle procedure di infrazione per il disavanzo eccessivo. L'Italia invece - ricordo coloro che parlavano di paese normale, di credibilità e di fiducia, di possibilità di superare tutte le situazioni che il Governo Berlusconi aveva realizzato -, guarda caso, si proietta con un deficit tendenziale che salirà al 3,1 per cento nel 2008, mentre il debito raggiungerà quest'anno, grazie anche a questa legge finanziaria, il livello record in Europa del 107,2 per cento, superando addirittura la Grecia.
Ecco, quindi, in che modo ci collochiamo nel 2007 rispetto al PIL dell'Unione europea, che crescerà del 2,4 per cento, un punto percentuale in più rispetto all'1,4 per cento previsto per la nostra nazione. Ecco la ricetta di questo Governo per risanare i conti del nostro paese, che sicuramente crescerà a livello di credibilità e di autorevolezza nel contesto europeo! Dovevano essere i salvatori della patria, quelli che avrebbero messo le cose a posto dopo le dissipazioni e le follie degli anni di Berlusconi, quelli del paese normale, della credibilità, quelli che, dopo cinque mesi, gridano di andare a casa! Questa finanziaria è contro le loro classi nemiche, contro il ceto medio, gli artigiani, le piccole e medie imprese, i commercianti, i risparmiatori, ed è studiata apposta per penalizzare chi, dopo una vita di sacrifici, decide di lasciare qualcosa in eredità ai propri figli o decide di mettere da parte un po' di soldi che verranno falcidiati dal sistema delle tassazioni che il Governo ci propone. Questa enorme quantità di persone sarà soggetta ad una pressione fiscale che lieviterà intorno ai 20 miliardi di euro.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, io, che porto con me la mia «sardità», ho anche e soprattutto la necessità di denunciare un fatto gravissimo contenuto nella finanziaria, che è stato tradotto con una norma all'articolo 102, relativo alla definizione dei rapporti finanziari con la regione Sardegna. Peraltro, ho visto che la sinistra massimalista prosegue nel messaggio che il governatore Soru ha portato inPag. 84Sardegna in questi due anni e mezzo, quello di tassare i ricchi per distribuire il reddito ai poveri, solo che anche lui fa un po' come questo Governo: tassa i poveri e basta, non prende nulla ai ricchi e in più «uccide» l'economia. Infatti, si tassano i porti, il sistema portuale, turistico e agroindustriale, ed oggi la Sardegna ha la più alta percentuale in Italia di disoccupati; la responsabilità di ciò è da attribuire in pieno al governo Soru. Devo anche far rilevare che nell'articolo 102 si modifica l'articolo 8 della legge regionale a statuto speciale, dove si parla di sanità e di trasporto locale: credo che qualche insigne professore di diritto costituzionale potrebbe inorridire per il fatto che si modifichi un articolo di uno statuto speciale, che è equiparato ad una legge costituzionale, con una disposizione contenuta nella legge finanziaria.
Il governo e il popolo sardo, dopo 25 anni di giuste e legittime pretese di ottenere quanto è loro dovuto, vedranno l'applicazione delle disposizioni dell'articolo 102 solo nel 2010 quando il Governo Soru non ci sarà più, per fortuna dei sardi, e quando il Governo Prodi non ci sarà più, per fortuna degli italiani. Allora, credo che il ragionamento vada fatto oggi, non certamente fra quattro anni, rimandando responsabilità storiche per non risolvere ancora una volta i problemi di un popolo che meriterebbe ben altra attenzione e non solo, ancora una volta, un «piatto di lenticchie»!
PRESIDENTE. La prego di concludere.
SALVATORE CICU. Noi deputati della Casa delle libertà e di Forza Italia abbiamo presentato una ventina di emendamenti che vanno nella direzione di dare riequilibrio e giustizia, per restituire quello che è stato tolto in tutti questi anni. Denunciamo ancora una volta che questo Governo non si preoccupa minimamente delle regioni che sono sempre più lontane dall'Italia e, certamente, dal modo di pensare del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Garnero Santanchè. Ne ha facoltà.
DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. Signor Presidente, vorrei cambiare l'approccio degli interventi sulla legge finanziaria, partendo da un dato importante. La legge finanziaria dovrebbe essere l'atto politico ed economico più importante del ministro dell'economia. Bene, vorrei sapere dov'è il ministro dell'economia mentre stiamo discutendo sulla legge finanziaria. Certamente è stato mandato ai vari convegni in Europa, ma mi viene il sospetto abbastanza lecito che, forse, sia stato mandato altrove perché poco si interessasse della legge finanziaria.
Dico questo anche perché in Commissione bilancio, dopo che avevamo studiato e guardato con grande attenzione al Documento di programmazione economico-finanziaria, il ministro Padoa Schioppa ci aveva fatto pensare che, magari, poteva esserci una finanziaria positiva perché grandi erano gli annunci nel DPEF. Infatti, ci aveva parlato di riforme previdenziali, di riforma della pubblica amministrazione e, soprattutto, del contenimento del taglio alla spesa pubblica; ma, ahimè, ci troviamo davanti ad una finanziaria che smentisce il Documento di programmazione economico-finanziaria ed anche lo stesso ministro dell'economia.
Non vorrei tediarvi con quello che è successo nella Commissione bilancio e sono contenta della presenza del sottosegretario Sartor perché ha dimostrato di essere lo specchio del ministro Padoa Schioppa: un sottosegretario che non rispondeva alle domande, che non illustrava gli emendamenti, che spesso era occupato al telefono a parlare. Lo dico perché non vorrei che si incolpasse dell'insuccesso e di questo caos il relatore per la maggioranza, l'onorevole Ventura, o il presidente della Commissione bilancio, che credo non abbiano colpe in tal senso. La colpa è tutta di questo Governo. Ripeto, mi dispiace molto che il ministro dell'economia non siPag. 85materializzi, che non si veda, e che, invece, faccia grandi dichiarazioni quando va in Europa o si presenta ai convegni.
La legge finanziaria è la prova di quanto sia facile predicare bene e, soprattutto, fare le campagne elettorali stigmatizzando l'operato del Governo precedente. Sono passati cinque anni e ricordo che l'allora opposizione, oggi maggioranza di questo Parlamento, diceva che mai avrebbe abusato, come ne avremmo abusato noi secondo voi, dell'istituto della fiducia.
Da quanto tempo governate? Quante sono le questioni di fiducia che il Parlamento ha già votato? Sono certa - ma mi auguro di essere smentita - che anche questa finanziaria sarà approvata con un voto di fiducia.
Poche attenzioni sono state rivolte al Parlamento e alle prerogative dei parlamentari. Lo ha dimostrato il lavoro della Commissione bilancio: a poche ore dal termine previsto per la votazione del mandato al relatore, il Governo e il relatore hanno presentato numerosi nuovi emendamenti, che cambiano completamente questa legge, mostrando non soltanto l'assoluta assenza di unità e di coesione della maggioranza, ma - lo ripeto - anche calpestando le prerogative del Parlamento. Credo che non vi sia mai stata una finanziaria di 217 articoli. È ovvio, quindi, che la Commissione bilancio non ha potuto esaminare tutti gli articoli e, purtroppo, pochi sono stati votati.
Vi è stato anche un altro dato sorprendente. Ogni giorno un ministro faceva a gara per annunciare agli organi di stampa cosa sarebbe stato contenuto nella finanziaria, ma non abbiamo potuto trovarne riscontro nell'attività parlamentare. Faccio soltanto due esempi: quanti esponenti di questo Governo hanno detto che c'era stato uno sbaglio e che sarebbe stato reintrodotto il 5 per mille? Ad oggi, non soltanto non sussiste alcun elemento che ci faccia pensare alla sua reintroduzione, ma in base all'articolo 53 saranno usati i fondi del 5 per mille dell'anno scorso per gli accantonamenti; il secondo esempio riguarda la rideterminazione delle aliquote dell'IRPEF, sulla quale non risulta che vi sia alcuna novità.
Quando questo Governo è stato formato, sono stati scelti grandi professori per dirigere i vari ministeri, ricorrendo anche ad esterni. Ricordo la Commissione Faini, quando è stata fatta la due diligence sui conti pubblici attraverso un organo esterno al Parlamento. Quella previsione catastrofica, che prevedeva conti peggiori anche rispetto al 1992, non si è verificata, grazie a Dio! Abbiamo registrato, anzi, un gettito delle entrate fiscali superiore di 9 miliardi di euro rispetto alle previsioni.
Oggi e ieri abbiamo letto sui giornali quale sia la contentezza del Governo e della maggioranza per l'approvazione dell'Unione europea di questa finanziaria. Ma non so se sono io che non capisco o se questo Governo fa finta di non capire: l'approvazione di questa legge finanziaria da parte dell'Unione europea, riguarda soltanto l'entità della manovra (40 miliardi di euro). Poco importa la composizione della legge finanziaria! Oggi ha detto bene il presidente del mio partito: poco importa se tassano anche le paghette dei bambini! Quindi, l'approvazione dell'Unione europea è soltanto sull'entità della manovra!
Anche qui, siamo di fronte ad un Governo e ad una maggioranza che usano due pesi e due misure. Quando, poco tempo fa, le agenzie di rating hanno declassato il nostro paese, non era certamente colpa di questo Governo! Era colpa del precedente Governo Berlusconi!
Per fortuna, le italiane e gli italiani, dopo l'approvazione di questa finanziaria, potranno decidere. Abbiamo visto ieri, nelle elezioni in Molise, che gli italiani già manifestano con il loro voto che questo Governo è arrivato al capolinea. Lo giudicheranno in modo ancora peggiore quando questa finanziaria diventerà legge dello Stato, sicuramente non ci sarà saldo positivo per nessuna famiglia italiana!
Quando ho visto l'emendamento relativo al fondo destinato alle famiglie del ministro Bindi, l'ho letto con attenzione e devo dire che sono rimasta profondamente delusa, come saranno deluse le famigliePag. 86quando vedranno che quei 215 milioni di euro, stanziati per il 2007, 2008 e 2009, serviranno non alle famiglie italiane, ma a creare il portafoglio del Ministero per la famiglia, che sappiamo bene com'è nato, ossia per spartizioni politiche. Non avendo dotazioni finanziarie, il ministro Bindi ha usato questa finanziaria - lo ripeto: 215 milioni di euro per il 2007, il 2008 e il 2009 - per finanziare il proprio ministero! Abbiamo visto le finalizzazioni: sono indagini conoscitive, osservatori e consulenze.
La grande delusione è dovuta anche all'attenzione di questa manovra finanziaria al Mezzogiorno.
PRESIDENTE. La prego...
DANIELA GARNERO SANTANCHÈ. A parole, tutti gli esponenti del Governo in questi giorni, dopo i fatti di Napoli, alzavano il tono della voce per dire che c'era un'emergenza Sud, rispetto non soltanto alla sicurezza, ma anche all'occupazione! Bene, questa finanziaria dimostra che sono state diminuite le risorse di circa 1.500 milioni di euro per l'occupazione.
Allora - concludo, Presidente - questa finanziaria, che gli italiani aspettavano, credendo fosse una finanziaria che intercettava la ripresa economica della zona dell'euro...
PRESIDENTE. Deve concludere...
DANIELA GARNERO SANTANCHÈ...., invece, penalizzerà le famiglie e i soggetti più deboli (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici di Sinistra e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Rugghia. Ne ha facoltà.
ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, vale per il bilancio della difesa, di cui mi occuperò nel mio intervento, ciò che più volte abbiamo affermato discutendo della legge finanziaria per il 2007.
La prima manovra di bilancio di finanza pubblica del Governo Prodi non può naturalmente non basarsi sui risultati della gestione del Governo precedente. Quindi, con questa legge finanziaria, non stiamo facendo tutto ciò che avremmo voluto fare, bensì ciò che possiamo fare, tenendo conto della pesante eredità del centrodestra che, dopo cinque anni, ci consegna una situazione del nostro paese caratterizzata dall'emergenza finanziaria, sociale ed economica.
Tuttavia, anche in questo contesto, segnato dall'impegno del Governo di operare per il risanamento strutturale della finanza pubblica e per fermare l'indebitamento della pubblica amministrazione, che sono condizioni necessarie per far ripartire l'Italia, è apprezzabile ed è evidente lo sforzo di dotare la funzione difesa delle risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati prima con il DPEF e poi con la finanziaria.
Il Governo, per il Ministero della difesa, ha individuato le seguenti priorità: la riorganizzazione e la razionalizzazione della difesa, da realizzare, tra l'altro, mediante l'accorpamento e la ridefinizione in chiave interforze delle strutture e dei comandi; la professionalizzazione delle Forze armate, da attuare sostanzialmente procedendo alla realizzazione del modello a 190 mila uomini previsto dalla legge n. 331 del 2000, nonché migliorando la gestione delle infrastrutture e dei beni immobili; l'ammodernamento dello strumento militare, da realizzare mediante la predisposizione con mezzi e sistemi in grado di assicurare elevata capacità di schieramento, mobilità e proiezione delle forze anche fuori area, nonché attraverso il potenziamento della ricerca tecnologica e il sostegno allo sviluppo dell'Agenzia europea della difesa; il funzionamento dello strumento militare, da attuare assicurando l'efficienza dei materiali, dei mezzi, dei sistemi e delle infrastrutture, per garantire la piena operatività, in condizioni di sicurezza, e per sviluppare la capacità di operare in contesti internazionali.
Al fine di realizzare tali obiettivi, la spesa complessiva è pari a 18 mila 134,5Pag. 87milioni di euro, con un incremento di 352 milioni di euro circa rispetto al bilancio 2006. Quindi, si tratta del 2 per cento in più. Tali risorse sono destinate allo svolgimento delle funzioni di difesa e sicurezza pubbliche.
Per ciò che attiene esclusivamente alla funzione difesa, nel 2007 sono state stanziate risorse per circa 12 mila 438 milioni di euro, con un incremento, rispetto al 2006, di 330,6 milioni di euro, ossia circa il 2,7 per cento in più rispetto allo scorso anno.
Insomma, è evidente lo sforzo che è stato profuso per sostenere l'operatività dello strumento militare attraverso la formazione, l'addestramento, la manutenzione e la sicurezza del personale e per garantire, con spese per investimenti, impegni già assunti in ambito internazionale con programmi e con contratti già formalizzati.
È bene sottolineare che il precedente Governo negli ultimi anni ha progressivamente operato una notevole riduzione sia della spesa per l'esercizio sia della spesa per l'investimento, che risultano quindi del tutto squilibrate ed insufficienti rispetto alle risorse destinate a sostenere gli oneri del personale. Si tratta quindi di una prima, significativa, positiva inversione di tendenza.
Per la prima volta, con l'articolo 113 viene istituito un fondo pluriennale di investimenti (1.700 milioni di euro per il 2007, 1.550 milioni di euro per il 2008, 1.200 milioni di euro per il 2009) per la realizzazione di programmi per esigenze di difesa nazionale derivanti anche da accordi internazionali. Il fondo pluriennale garantisce una continuità programmatica ed offre maggiori certezze al settore dell'industria nazionale ad elevato contenuto tecnologico che opera per la difesa. I finanziamenti previsti sono consistenti ed incidono fortemente sulla spesa pubblica. In Commissione difesa è stata manifestata l'esigenza di una riflessione sui programmi e sugli accordi internazionali sottoscritti dal nostro paese. Credo che questa riflessione dovrebbe essere funzionale all'obiettivo di realizzare una sempre maggiore integrazione della politica di difesa europea, nel cui contesto occorre operare le scelte necessarie sugli assetti dello strumento militare e sui programmi da sostenere e condividere con gli altri paesi.
Insomma sui programmi di investimento per la difesa, che gravano non poco sulla collettività, credo che, fatte salve le prerogative proprie dei diversi stati maggiori, in particolare dello stato maggiore della difesa, la politica debba esercitare la sua irrinunciabile funzione di indirizzo, programmazione e controllo. Il Governo con l'articolo 57 opera una scelta particolarmente significativa, quella di assumere 1.000 unità nei corpi di Polizia per il 2007. La Commissione difesa si è espressa per incrementare da 1.000 a 3.000 le unità da mettere a disposizione delle forze di polizia. Il Governo sembra orientato ad accogliere questa richiesta e con ciò dimostrerebbe una grande attenzione al tema della sicurezza nazionale, operando una scelta importante per il contrasto della criminalità ed il controllo del territorio. Ogni giorno con angoscia assistiamo, a Napoli, nel sud, e purtroppo in tutto il paese, a fatti di cronaca che colpiscono il senso di sicurezza dei cittadini e delle comunità. Perciò l'assunzione di un numero adeguato di agenti nei corpi di polizia rappresenterebbe una risposta particolarmente apprezzabile. L'incremento dei corpi di polizia permetterà anche di fornire uno sbocco occupazionale, qualificato e stabile, ai volontari in ferma breve e quadriennale delle Forze armate, agli ufficiali dei carabinieri in ferma prefissata, che sono stati prorogati fino al 31 dicembre, con un intervento legislativo in Parlamento, e ai cittadini vincitori di concorso nelle forze di polizia dello Stato, ma non ancora reclutati.
Con la manovra di bilancio per la difesa il Governo manifesta la volontà, all'articolo 17, di mettere a disposizione il patrimonio immobiliare della difesa, consegnandolo all'Agenzia del demanio, con una previsione di entrate pari a 2 miliardi di euro per l'anno 2007 e a 2 miliardi di euro per il 2008. Viene invertita la proceduraPag. 88di individuazione dei beni immobili in uso all'amministrazione della difesa non più utili ai fini istituzionali. Tale attività compete ora direttamente al Ministero della difesa, che vi provvede con decreti da emanarsi d'intesa con l'Agenzia del demanio, e non più a quest'ultima, di concerto con la direzione generale dei lavori e del demanio del Ministero della difesa stesso. Inoltre tali beni non sono più inseriti in programmi di dismissione per le esigenze organizzative e finanziarie connesse alla ristrutturazione delle Forze armate, ma sono consegnati alla medesima Agenzia del demanio, ai fini dell'inclusione in programmi di dismissione e valorizzazione previsti dalla legislazione vigente.
Per cogliere gli apprezzabili obiettivi che ci si prefigge con questa norma, è evidente che è necessario determinare il coinvolgimento degli enti locali, per ottenere, attraverso la destinazione d'uso, la valorizzazione degli immobili. Sono necessari accordi di programma con i comuni, con le province e con le regioni, per operare la dismissione dei beni non più utili alla difesa attraverso una semplificazione del procedimento e riconoscendo alle autonomie locali cointeressate alla valorizzazione del patrimonio immobiliare una quota delle dismissioni, anche con permute da realizzare con il Ministero della difesa.
In conclusione, signor Presidente, signor sottosegretario, questa prima manovra finanziaria del Governo Prodi, per quanto attiene alla difesa compie scelte importanti, pur basandosi sulla fallimentare eredità del precedente Governo. Da qui bisogna partire per una nuova politica della difesa nazionale e per concorrere, con convinzione, ad una comune politica di difesa europea. A sei anni dall'approvazione della legge n. 331 del 2001, che ha fissato il modello a 190.000 uomini, i tempi sono ormai maturi per una riflessione in Parlamento che ci consenta di comprendere quale strumento militare sia oggi necessario al paese, per consentirci di coltivare le nostre ambizioni e per assumerci le nostre responsabilità su scala internazionale, e quale strumento militare sia compatibile con i nostri mezzi e con le nostre possibilità (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, faccio parte di un partito che non ha nessuna voglia di creare problemi esterni a quest'aula relativamente a questo disegno di legge finanziaria, nel senso che ritiene che questo sia il luogo nel quale documentare nei confronti dei cittadini l'entità della manovra, la sua qualità e le risposte per il futuro del paese. Devo però dire con grande amarezza che, proprio partendo da questo dato, il metodo con cui il provvedimento arriva in Assemblea è assolutamente carente e deficitario. In sostanza, è per la prima volta, dopo tanto tempo, che un provvedimento così importante come il disegno di legge finanziaria approda in Assemblea senza il visto della Commissione di merito. Quel tema tanto caro alla sinistra, cioè la possibilità di dibattere, discutere e relazionarsi fra le parti, è quindi venuto meno, e non credo sia esclusivamente per la quantità di emendamenti presentati. Credo che forse ciò sia determinato maggiormente dalla confusione con la quale il Governo e la maggioranza sono arrivati a questo provvedimento.
Vede, signor sottosegretario, il problema è il seguente. Gli emendamenti presentati dalle opposizioni sono normali, mentre gli emendamenti presentati dai singoli ministri, senza il vaglio dell'Esecutivo nel suo insieme, sono un'anormalità. Sono segno e frutto del fatto che in qualche modo è venuta meno - al primo grande e importante provvedimento arrivato in quest'aula - quella collegialità, quel sistema unitario che in qualche modo determina la tenuta della maggioranza e sulla base del quale il ministro dell'economia e delle finanze aveva definito il suo intervento con il DPEF, che rappresentava i saldi della manovra che poi sarebbe arrivata a settembre in Parlamento.Pag. 89
Pertanto, che tipo di ragionamento possiamo fare di fronte ad una manovra di questo genere? Ricordo che quando sono intervenuto in occasione dell'esame del DPEF, ho criticato quella che è divenuta ormai la «liturgia» di questi avvenimenti, come probabilmente è facile criticare la «liturgia» della finanziaria. Ho sentito esponenti della maggioranza dire che è finito il tempo della finanziaria tradizionale e che dobbiamo metterci nella logica di fare una finanziaria di tipo anglosassone. Lo dicevamo anche noi l'anno scorso, ma siamo stati criticati, perché ci si accusava di volerci svincolare dal confronto. Oggi lo dite voi. Noi non diciamo assolutamente niente, ma se le parti si mettono d'accordo e il Parlamento decide che la legge finanziaria, così come viene portata in Parlamento, è un rito ormai consumato in maniera mediocre e che tutto ciò è ormai obsoleto, per carità, visto che c'è la necessità di fare talmente tanta innovazione all'interno di quest'aula (nei regolamenti e nella capacità di rispondere al paese), allora anche il tema della rivisitazione della finanziaria mi va assolutamente bene.
Ma in questo caso credo che la questione riguardi non solo il metodo, ma anche la sostanza, perché gli emendamenti non sono stati frutto soltanto di un episodio contingente, ma vanno a cambiare i saldi complessivi di questo disegno di legge finanziaria: anche questo è un metodo completamente sbagliato, perché siamo partiti da 30 miliardi, poi siamo arrivati a 35 miliardi ed oggi siamo a 40,2 miliardi!
Anche da questo punto di vista, in corso d'opera sono cambiati profondamente non solo i saldi, ma la filosofia stessa del disegno di legge finanziaria. Sono state messe molte pezze qua e là, senza trovare sempre una copertura adeguata. Sono convinto che le pezze introitate con gli emendamenti ai 217 articoli rischiano di far fallire complessivamente il dato di bilancio e che molte poste siano effettivamente fuori controllo dal lato della spesa e soprattutto carenti di copertura.
Un problema balza immediatamente agli occhi. Questa sarebbe dovuta essere una manovra finanziaria ambiziosa. Fin dall'inizio è stato detto che dentro di sé avrebbe dovuto avere tre componenti: il risanamento, lo sviluppo e l'equità. Concordo perfettamente con quanti affermano che sia difficile fare una legge finanziaria. Il Presidente del Consiglio Prodi ha affermato che questo disegno di legge finanziaria è equo proprio perché scontenta tutti. Tuttavia, quando esso scontenta i suoi ministri, immediatamente si provvede a presentare un emendamento, mentre quando scontenta il Paese e noi provvediamo a presentare proposte emendative, queste ultime vengono bocciate. Pertanto, la mia sensazione è che di equità vi sia soltanto il dosaggio nelle forze e nei rapporti all'interno della maggioranza.
Il problema di capire se si sia riusciti a mettere insieme questi tre grandi obiettivi si pone immediatamente nei saldi. Non credo che sia possibile ottenere il risanamento e allo stesso tempo lo sviluppo. È un obiettivo molto difficile se non vi è una strategia forte che comporti un cambio strutturale nella spesa. Tale cambio non è avvenuto. Il tema drammatico che questa finanziaria pone agli occhi di noi parlamentari e alle coscienze del sistema Italia è proprio questo. È una manovra contabile, di prelievo, che non intacca assolutamente i centri di spesa del domani. In sostanza, oggi si fa un'operazione contabile; tuttavia, cosa succederà domani con la legge finanziaria del prossimo anno? Saremo ancora nelle condizioni di rimanere nei parametri contenuti oggi nel DPEF, ovvero nel piano triennale? Credo assolutamente di no, perché il provvedimento portato all'attenzione di quest'aula è non selettivo, bensì esclusivamente di natura contabile. Vi sono tante uscite e tante entrate, in un processo che purtroppo porta a prelevare piuttosto che a tagliare.
Allora, il tema dell'equità di cui si parlava va subito messo in evidenza. Infatti, se per equità si intende il ragionamento sulle aliquote IRPEF, credo che ne sia stata fatta ben poca. Si è tolto un quidPag. 90a chi è ritenuto ricco, senza arrivare al criterio essenziale di spostare davvero grandi risorse finanziarie a favore di chi versa in stato di povertà in questo paese. Si è preferito seguire un criterio ideologico nel cosiddetto riequilibrio dell'equità, senza perseguire quella sostanziale. Inoltre, si è voluto coniugare equità e sviluppo, tanto per essere precisi, magari collegandoli alla misura del cuneo fiscale. Tuttavia, dobbiamo considerare quale impatto ha la manovra sull'artigianato e quindi su una parte importante dello sviluppo. Sul cuneo fiscale so che sono stati fatti aggiornamenti in corso d'opera. Tuttavia, è noto che le imprese nel nostro Paese per il 93 per cento hanno meno di dieci dipendenti. Nella prima stesura questo provvedimento non interveniva assolutamente a favore di tali realtà produttive. Secondo uno studio Isfol, l'impatto della manovra, tra revisione di studi di settore ed aumento dei contributi per lavoratori autonomi ed apprendisti (misura per fortuna modificata, anche se non nella misura conveniente), arriva ad un prelievo in questo settore di oltre 1,5 miliardi di euro. Quindi, anche per questo aspetto si tratta di una manovra finanziaria assolutamente improvvida. Se da una parte «dà», dall'altra, per un concetto di equità, «toglie», operando ancora una volta una manovra di carattere esclusivamente contabile.
E pensare che si tratta della vostra prima manovra finanziaria. Si sa perfettamente che la prima manovra dovrebbe avere una forte caratterizzazione e dare l'impronta per incidere nei prossimi cinque anni nel processo politico della maggioranza. Se questa è l'impronta, probabilmente i cittadini italiani hanno sbagliato a darvi in mano il Governo.
Signor sottosegretario, noi non discutiamo, come alcuni di voi hanno fatto in precedenza, se vi siano stati buchi o su cosa è successo. Purtroppo è un meccanismo infantile, perché quando si governa, si governa per quello che c'è, assumendosi le responsabilità per quello che si trova. Non si può pensare di governare dando sempre la colpa a chi è venuto prima. Altrimenti, l'alternanza altro non sarebbe che dare la colpa di quanto successo al Governo precedente, invece di costituire un sistema democratico e di valori da dove impostare una politica del futuro. Purtroppo l'Italia in questo è maestra. Lo vediamo in merito alle riforme fatte dal centrodestra ed alle capacità riformiste del centrosinistra, che sono soltanto quelle di cancellare quanto fatto dal centrodestra senza proporre qualcosa di alternativo.
Siamo d'accordo sul risanamento, così come lo siamo sul tema della lotta all'evasione fiscale. Ne abbiamo fatto non una battaglia, ma un principio di equità per il Paese, sapendo perfettamente che anche le aziende sane corrono il rischio di essere colpite da questo fenomeno iniquo che imperversa in Italia.
Tuttavia, anche in questo caso la risposta da voi data dà la sensazione di essere esclusivamente a carattere poliziesco, senza essere strutturale. Magari si argomenterà sulla necessità di assumere migliaia e migliaia di funzionari della guardia di finanza per controllare in giro, mentre occorre trovare un sistema che in un contrasto intelligente di interessi faccia chiedere ai cittadini la ricevuta fiscale o la fattura in virtù di un vantaggio da trarne. Bisogna studiare questo e non dire soltanto che va colpita l'evasione fiscale. Lo si dice da cinquant'anni e lo sappiamo perfettamente; tuttavia, non si riesce a trovare un modo intelligente per introdurre un vantaggio per chi svolge attività in Italia. Ancora una volta non lo avete fatto e proprio tale circostanza ci preoccupa e ci mette ansia per il futuro del nostro Paese.
In materia di tassazione, ricordo perfettamente quanto dicevate in precedenza, quando abbiamo tagliato alcuni trasferimenti agli enti locali. In quell'occasione avete affermato che avremmo iniziato ad aumentare la tassazione locale. Quindi, ci accusavate di usare un metro falso nel proclamare la diminuzione della pressione fiscale. Ma se noi dicevamo bugie, voi oggi quali bugie dite? Siamo d'accordo sulla necessità di diminuire i soldi laddove vi sono sprechi. Ad esempio, la spesa per il personale tra il 1995 e il 2005 è aumentataPag. 91per le amministrazioni centrali del 45,3 per cento, mentre per quelle locali del 56,5 per cento. Vi è un dato di sperequazione e quindi sono assolutamente convinto che bisogna intervenire.
Vi sono anche altre distorsioni, come per esempio l'incremento degli acquisti di servizi tra il 1995 ed il 2005: per le amministrazioni pubbliche tale dato è pari a 46,5 per cento, mentre per i comuni e le province è pari a 68,7 per cento, vale a dire 22,2 punti in più.
Bisogna intervenire anche in termini di equilibrio e di equità. In che modo? Tagliando a tutti indiscriminatamente oppure operando un riequilibrio delle risorse trasferite? Ad esempio, favorendo quelle realtà locali che in questi anni hanno continuato a tirare la cinghia e che si sono mantenute sempre all'interno del patto di stabilità. Perché occorre tagliare risorse anche a queste ultime e non a quelle che, ormai da decenni, in virtù di un passaggio storico, vedono le fatture pagate a piè di lista e in tal modo - è il caso di molte amministrazioni «rosse» di questo paese - ottengono il rimborso del costo dei servizi ancora in base alla spesa storica e non alla spesa pro capite? Perché non si interviene in questi meccanismi di distorsione per trovare equità? Sono questi i temi sui quali ragionare ed approfondire la materia della finanza pubblica. In caso contrario, signor sottosegretario, il rischio è che, rimanendo inalterati questi rapporti, il prossimo anno avremo ancora un momento indefinito della spesa periferica con tutte quante le remore che il paese avrà in funzione del risanamento.
Tornando al problema delle tasse, devo dire che voi avete messo delle tasse «dormienti». Infatti, quando parlate di addizionale comunale, della possibilità di aumentare l'ICI, l'imposta di soggiorno, la tassa di scopo, questo potenziale aumento di tasse locali ammonta a circa 6 miliardi di euro ed ha un'incidenza sul PIL dello 0,4 per cento. Che cosa eravamo noi all'epoca in cui governavamo? Sbagliavamo noi o sbagliate voi adesso? Se avete detto che noi abbiamo sbagliato, ma perché continuate a sbagliare anche voi in questo modo e con peggiore costanza, addirittura con più accanimento e con minore equità e più tassazione? Queste tasse locali, purtroppo, vanno a pesare molto sui cosiddetti ceti medio-bassi che volete proteggere con le cosiddette trasformazioni delle aliquote IRPEF.
Vi sono poi degli aspetti buffi in questa legge finanziaria. Domando agli amici del centrosinistra se ricordano quando ci hanno fatto una «testa quadrata» - io ricordo Benvenuto, tanto per intenderci - sul fatto di inserire nella legge finanziaria una disposizione che ripagasse i cittadini che hanno investito in bond argentini per l'iniquità da loro subita. Perché non destiniamo l'importo per la copertura del famoso «emendamento Pallaro» a questa finalità? Considerato che bisogna dare al senatore Pallaro un importo di circa 14 milioni di euro per le imprese nel mondo argentino (e sappiamo perfettamente che cosa hanno patito gli investitori italiani in Argentina), non si comprende perché non si effettui uno scambio di questo genere. Sarà una provocazione, però questa proveniva dai banchi dell'allora opposizione; oggi - mi permetterete - avanzo tale provocazione io che sono in un'analoga condizione, ricordando cosa diceva l'opposizione di allora.
Per quanto concerne poi alcuni aspetti relativi alle modalità, questa legge finanziaria, con i suoi 217 articoli, rischia di avere tra le pieghe delle norme abbastanza strane. È difficile anche capire alcuni settori dove, invece dell'interesse generale del paese, si persegue l'interesse particolare di qualcuno. Per esempio, mi riferisco a quanto è accaduto in tema di energia o, meglio, di liberalizzazione del sistema energetico del nostro paese. Di fronte a un emendamento al disegno di legge finanziaria ipotizzato quindici o venti giorni fa, il ministro Bersani ebbe a rispondere immediatamente, con una nota ufficiale, sul fatto che non si sarebbe toccato assolutamente nulla nella finanziaria in relazione al processo di liberalizzazione. Quest'ultimo, peraltro, è presente in un disegno di legge collegato in discussione oggi al Senato. Fatto molto strano, all'ultimo secondoPag. 92queste modifiche sono arrivate, contrastando abbondantemente con le rassicurazioni di Bersani. Pertanto, noi ci troviamo con un emendamento che prevede il riassetto del settore energetico mediante l'accorpamento della cassa-conguaglio per il settore energetico al gestore del sistema elettrico nazionale. Non credo che Bersani sia una persona che non rispetta gli impegni assunti: vorrei capire se questo emendamento è passato collegialmente al vaglio del Governo - visto che ne ha l'imprimatur - ovvero se rischia di essere qualcosa che sfugge alle logiche del controllo della politica ed è più legato ad un interesse di qualche direttore generale.
Un altro aspetto, signor sottosegretario, riguarda il tema dell'università e della ricerca. Nel decreto fiscale è avvenuta una cosa vergognosa: è stato fatto in sostanza uno spoils system decapitando i vertici ed i consigli di amministrazione di alcuni settori importanti della vita della ricerca del nostro paese: mi riferisco, ad esempio, all'ENEA. A me non è mai capitato di vedere che si cambino gli amministratori per decreto, ma voi siete riusciti a farlo. Lo fate in un settore che - ce lo avete sempre detto - è strategico per il paese e funzionale per il riassetto degli equilibri del nostro paese per il futuro. Ricerca e innovazione sono elementi che ci avete sempre detto essere funzionali - e noi siamo d'accordo - per cambiare le ragioni sociali dello sviluppo del nostro paese. C'è voluto il richiamo del vostro ministro Mussi, ma anche quello del Presidente Napolitano, per aggiornare in qualche modo o, comunque, tentare di incrementare le poste che avevate messo in bilancio - leggermente, mi pare - perché altrimenti avreste tagliato anche in questo settore, pur di giocare una partita «spalmata» in mille rivoli che effettivamente non dà il quadro vero della prospettiva della legge finanziaria.
In particolare, quando nella scorsa legislatura abbiamo tagliato risorse destinate all'università, voi avete gridato allo scandalo. Oggi, tagliate all'università la bellezza di oltre il 20 per cento delle risorse! La stranezza è che i rettori, la volta scorsa, si sono addirittura ammutinati mentre oggi non ho ancora compreso dove siano andati a finire. Tanto per intenderci, in questa legge finanziaria di fatto vi sono ben sei articoli che riguardano la pubblica istruzione. Nel contempo, questo significa uno stravolgimento abbondante di quella che è stata la riforma Moratti. Ma come è possibile fare una revisione di una riforma importante come quella della scuola in maniera surrettizia, attraverso la legge finanziaria? Come mai quel mondo della scuola che era sempre pronto a scendere in piazza, questa volta è così silenzioso? Forse è sotto il controllo del sindacato? Questo è un tema che, in qualche modo, dovrebbe emergere alla luce del sole. Infatti, in caso contrario, rischiamo che questa legge finanziaria sia vista solo ed esclusivamente per le poste messe in bilancio. Si trascurerebbe, invece, l'impopolarità sotterranea da essa generata per aver utilizzato strumenti assolutamente non consoni al fine di produrre cambi che avrebbero dovuto trovare, in questo Parlamento, ben altra discussione e ben altra voce di contrasto.
Voi, probabilmente - e credo che sarà esattamente così - presenterete il vostro maxiemendamento che ricompatterà tutto ciò che serve nella vostra maggioranza; presenterete su questo la fiducia ma, nel contempo, cambierete nella sostanza anche parti della cosiddetta contrattazione nella società civile: scuola, energia, ricerca. Farete questo attraverso un provvedimento che avrebbe dovuto essere discusso e formare altresì oggetto di confronto attraverso disegni di legge collegati. State «sgonfiando» fino in fondo anche questi ultimi e, pertanto, non comprendo affatto che ruolo abbiamo noi dell'opposizione in questa legge finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, colleghi, gli obiettivi della finanziaria,Pag. 93come sappiamo, consistono dei seguenti punti: abbassare il disavanzo sotto il 3 per cento (con stime intorno al 2,9-2,8); puntare ad una crescita il cui tasso, almeno dal Presidente del Consiglio dei ministri, è stato valutato intorno al 2 per cento; creare maggiore equità attraverso la redistribuzione. Quindi, tre obiettivi: risanamento, sviluppo, equità; tale è la filosofia ispiratrice della legge finanziaria per il 2007 e del programma di politica economica per il futuro. Come si perseguono tali obiettivi, è noto: 15 miliardi di euro di riduzione dei costi consentirebbero di mantenere il disavanzo al di sotto del 3 per cento mentre circa 20 miliardi, signor sottosegretario Sartor, verrebbero destinati allo sviluppo ed all'equità.
A tale riguardo, per la verità, esistono talune variabili; ad esempio, come abbiamo appreso, il decreto-legge sulla detraibilità dell'IVA, già in discussione ieri, se pienamente eseguito in conformità alla sentenza europea, costerebbe ben 17 miliardi di euro. Analogamente, il fondo che verrà costituito presso l'INPS per il conferimento del TFR rappresenta obiettivamente una partita di giro. Anche il decreto fiscale collegato alla finanziaria, già approvato in prima lettura in questo ramo del Parlamento, determina inoltre una necessità di cassa e, quindi, un ulteriore indebitamento finanziato attraverso il collocamento di BOT, CCT e di quant'altro. Se questa è la manovra, siamo certi, amici e colleghi del centrosinistra, signor sottosegretario, signor Presidente, di raggiungere gli obiettivi fissati? Vedo continuamente, in questa Assemblea, una divisione tra i sostenitori, i quali usano termini abbastanza simili, e gli avversari od oppositori i quali usano tutti i termini possibili ed immaginabili per demonizzare e demolire questa finanziaria. Invece, il ruolo che dovremmo esercitare - tutti, deputati della maggioranza e dell'opposizione - dovrebbe consistere, a mio avviso, nel recare un contributo serio e significativo a che la finanziaria raggiunga gli obiettivi che si è prefissa.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,36)
LUCIANO D'ULIZIA. Personalmente, ho, per così dire, elaborato tre 'controfinanziarie' durante il Governo Berlusconi e tutte le volte le mie previsioni sono risultate corrette; sarebbe perciò la prima volta che sbaglierei una previsione sulla finanziaria. Ebbene, secondo i miei modestissimi calcoli, il primo obiettivo, ovvero il contenimento del disavanzo al di sotto del 3 per cento, è raggiungibile solo se la crescita si mantiene ad un livello almeno superiore al 2 per cento. Quindi, si tratta di fattori concatenati, e non di elementi separati e distinti; a tal fine, occorre stabilizzare i costi in relazione alla crescita.
Dunque, non basta, signor Presidente Castagnetti, annunciare una riduzione della spesa di 15 miliardi di euro ma occorre che tale riduzione delle spese abbia una propria logicità rispetto allo sviluppo; quindi, ribadisco che i costi vanno stabilizzati in relazione alla crescita. Una crescita che, come osservavo, non può assolutamente essere inferiore al 2 per cento; altrimenti, non avremmo tale effetto concatenato e virtuoso.
PRESIDENTE. Ha esaurito il suo tempo ...
LUCIANO D'ULIZIA. Quanto all'equità, essa è stata raggiunta solo per le fasce basse...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Ulizia. Il tempo a sua disposizione è esaurito; mi dispiace, ma mi corre l'obbligo di interromperla.
È iscritto a parlare il deputato Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, anzitutto dobbiamo manifestare il disappunto ed il rincrescimento della Lega Nord per comePag. 94questa finanziaria è giunta all'esame dell'Assemblea. Come sappiamo, in sede di esame in Commissione non è stata minimamente discussa nel merito, pervenendo così all'esame dell'Assemblea, per la gran parte degli articoli, nello stesso testo iniziale approvato dal Consiglio dei ministri; quindi, nel medesimo testo che aveva sollevato tante critiche in gran parte del paese. Si è dunque trattato di una Commissione che, esautorata dei suoi poteri, non ha potuto seguire neanche quelle modalità costruttive con le quali l'opposizione, compresa la Lega Nord Padania, aveva affrontato inizialmente la discussione. Una Commissione che, quindi, è stata completamente esautorata dei suoi poteri. Qualcuno, al riguardo, ha addirittura sostenuto che si è trattato di un grave vulnus istituzionale nel senso che mai era accaduto, negli ultimi decenni, che la Commissione bilancio, nell'esame della manovra finanziaria, non esaminasse seriamente la gran parte dei capitoli; stavolta, invece, ha lavorato su parti minimali della manovra. Non si tratta, peraltro, di una nostra conclusione; come sapete, ciò è stato osservato anche da parte della maggioranza.
Dobbiamo censurare tale aspetto perché si giunge all'esame dell'Assemblea senza aver potuto lavorare seriamente e con il giusto criterio sui tanti interventi importanti di questa finanziaria sugli interessi presenti nel paese. Ciò è dovuto alla mancanza di accordo all'interno della maggioranza che, nelle ultime tre o quattro ore dei lavori della sede referente, ha praticamente riempito i tavoli della Commissione di innumerevoli proposte emendative di maggioranza; proposte che hanno praticamente ingolfato i lavori della Commissione sicché la stessa non ha più potuto lavorare. Abbiamo già denunciato tale circostanza ma credo si debba farlo nuovamente in questa sede.
Una finanziaria che ormai ha scontentato tutti o quasi tutti; da quando questo Governo si è insediato, sono scese in piazza praticamente tutte le categorie produttive. All'inizio, con il cosiddetto decreto Visco-Bersani, sono scesi in piazza, in giacca e cravatta, gli avvocati ed i commercialisti (peraltro, hanno manifestato anche poco tempo fa); sono scesi in piazza i farmacisti ed i tassisti. In questi giorni, vediamo che gli artigiani ormai si riuniscono in tutta Italia per denunciare la gravità di questa finanziaria; le piccole e medie imprese la criticano come anche i commercianti e gli addetti al turismo. La criticano tutti; i precari, che sono scesi in piazza; la criticano addirittura i sottosegretari. Lei, sottosegretario, non è sceso in piazza e ciò ci fa piacere; però, addirittura, taluni sottosegretari hanno manifestato contro la finanziaria. È perciò criticata da tutti, tranne che dalla triplice sindacale; infatti, i sindacati, che per cinque anni sono scesi in piazza - un giorno sì ...e l'altro pure! - e che comunque minacciavano continuamente di scendere in piazza, questa volta, invece, rimangono in silenzio. Ciò, perché sono stati 'pagati' da questo Governo con la promessa di una destinazione della spesa pubblica al rifinanziamento dei contratti dei pubblici dipendenti. Hanno puntato la pistola - in termini politici; consentitemi la metafora - alla tempia del Governo: o ci rifinanziate i contratti dei dipendenti pubblici oppure scioperiamo anche noi! Quindi, avrebbe scioperato tutto il paese; solo i sindacati non lo hanno fatto perché il Governo, come si dice dalle nostre parti, ha letteralmente «calato le brache» dinanzi alle richieste dei sindacati. Da una parte, i precari in piazza, quelli senza lavoro o che hanno il lavoro a rischio; dall'altro, il Governo, che invece finanzia chi precario non è perché sappiamo che i dipendenti pubblici mai sono stati licenziati e non verranno licenziati. Questa è la giustizia sociale, l'equità sociale di questa finanziaria!
Si tratta di un disegno di legge finanziaria da 35 miliardi. Come abbiamo detto varie volte, è una cura da cavallo, corrisponde ad una manovra da 70 mila miliardi di lire. È dal 1992, quando c'è stata la crisi dei conti pubblici, che non si presentava un disegno di legge finanziaria di questo genere. È stato giustificato dalla maggioranza - molte volte è stato fatto,Pag. 95negli ultimi mesi e anche oggi - dicendo bugie, sostenendo che il Governo Berlusconi avrebbe lasciato un «buco» nei conti pubblici. Ormai, tutti sanno che per sistemare i conti pubblici e per portare sotto il 3 per cento il famoso rapporto tra deficit e PIL basta una legge finanziaria da 15 o 20 miliardi di euro. Il resto è costituito da tasse, da spesa pubblica e dalla volontà di questo Governo, il quale non può dire di essersi sbagliato quando, quattro mesi fa, ha gridato che Berlusconi ha lasciato un «buco» nei conti pubblici ed ha affermato di essere stato costretto a realizzare una manovra economica così ampia e criticata, proprio per la sua ampiezza, anche dalla stessa maggioranza. Infatti, anche i rappresentanti della maggioranza sanno che non è necessaria una manovra economica di questa entità, con i sacrifici che comporta per tutto il paese, per sistemare i conti pubblici.
Questo disegno di legge finanziaria è stato giustificato in quanto pone fine alla spesa pubblica. Il ministro Padoa Schioppa, in una recente intervista, ha affermato che sono finiti i tempi in cui la spesa pubblica aumenta, sono finiti i tempi in cui lo Stato e il Governo spendono a destra e a sinistra denaro pubblico. Però noi abbiamo potuto assistere ad una valanga di emendamenti, presentati in Commissione, con i quali questa maggioranza e questo Governo richiedono una ulteriore spesa pubblica. Ne cito alcuni, perché stanno a cuore a noi della Lega Nord Padania. Il nord, infatti, è stato dimenticato e messo all'angolo da questo disegno di legge, non soltanto per il suo disegno complessivo ma anche in virtù degli emendamenti presentati dal Governo in Commissione. Sono state avanzate ancora richieste di finanziamenti per il terremoto del Belice e per il terremoto dell'Irpinia ed altre richieste di finanziamenti per le infrastrutture siciliane, quando sappiamo quanto tempo occorre per percorrere il tratto tra Milano e Bergamo, alle 5 di sera.
C'è, poi, la richiesta del senatore Pallaro: 14 milioni per comperare il voto di un senatore e per finanziare il capitolo del made in Italy! Ci si preoccupa di finanziare le imprese all'estero - questo non è made in Italy - e si bocciano le nostre proposte emendative a favore dei settori calzaturiero, tessile e delle rubinetterie che certamente sono in crisi a causa della concorrenza internazionale. Questo è il made in Italy da tutelare! Invece, noi tuteliamo il made in Italy del senatore Pallaro, perché questo Governo deve restare in carica, deve sopravvivere e, se mancasse quel voto, potrebbe cadere.
Oltre a tutto ciò, abbiamo assistito al cosiddetto assalto alla diligenza. Stando alle agenzie di stampa, oggi Visco ha affermato di non sapere se ci siano o meno le coperture per tutti gli emendamenti che il Governo vuole approvare. Mentre voi state discutendo in qualche aula di questo palazzo, arrivano emendamenti da destra e da sinistra e Visco afferma di non sapere se ci sia o meno la copertura. È tornato l'assalto alla diligenza, è tornata la spesa pubblica con questo Governo che tassa il nord e le imprese.
Ci riferiamo al nord perché siamo convinti che questa manovra economica sia contraria ai suoi interessi e con la definizione di nord intendiamo riferirci alle categorie produttive. Sappiamo che il mondo delle partite IVA, in termini percentuali, è in Padania. Vorrei elencare una serie di gabelle che questo Governo ha introdotto nel tempo, da quando si è insediato, ai danni delle varie categorie produttive. Si tratta di una serie di vincoli e i termini utilizzati sono stati tantissimi.
Non entriamo singolarmente nel merito, ma semplicemente diciamo che questo disegno di legge finanziaria è contrario al nord ed alle categorie produttive. L'ultimo tassello dell'accanimento contro il mondo delle partite IVA è rappresentato da un emendamento presentato in Commissione, secondo il quale un'impresa, per poter compensare le imposte, prima deve chiedere all'Agenzia delle entrate se sia in regola. In altri termini, prima si deve dimostrare di non essere evasori, poi si può ottenere la compensazione: il principio inserito nel provvedimento è una presunzione di evasione fiscale poiché, primaPag. 96di chiedere la compensazione, si deve chiedere allo Stato se lo si possa fare! Non è lo Stato a dover trovare chi abbia evaso e compensato in maniera sbagliata, ma si parte dal concetto che esiste non più il presupposto dell'innocenza, bensì il presupposto della delinquenza, delle irregolarità. Questo tassello va insieme ad un altro, che abbiamo criticato varie volte, quello dello scontrino fiscale.
Sintetizzo il mio intervento poiché successivamente altri colleghi della Lega Nord Padania approfondiranno ulteriori aspetti.
Questo disegno di legge finanziaria prevede soltanto tasse. Non lo abbiamo detto noi, lo ha detto la Corte dei conti, lo ha detto la Banca d'Italia e lo hanno detto illustri economisti, anche vicini al mondo della sinistra.
PRESIDENTE. Onorevole Fugatti...
MAURIZIO FUGATTI. Concludo, signor Presidente, e mi scuso.
Ricordiamo anche le misure relative al TFR, un esproprio proletario; ricordiamo l'aumento dei contributi pensionistici per artigiani, commercianti e lavoratori parasubordinati; ricordiamo l'aumento della ritenuta sulle rendite finanziarie.
Questo disegno di legge finanziaria è spacciato per un intervento di giustizia sociale. A nostro modo di vedere, non è giustizia sociale parlare di redistribuzione del reddito e, al contempo, tassare le auto «euro 0» ed «euro 1», che sono di proprietà dei poveri, non certo dei ricchi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Milana. Ne ha facoltà.
RICCARDO MILANA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, dopo un mese di dibattito e di commenti più o meno interessati e più o meno di parte, la discussione sul disegno di legge finanziaria per il 2007 si è avviata nell'Assemblea di Montecitorio. Si tratta di un provvedimento, a mio giudizio, ambizioso oltreché per i numeri - oltre 34 miliardi di euro - anche, e soprattutto, per gli obiettivi che si propone. Il Governo e la coalizione che lo sostiene si erano prefissi di coniugare, con questa manovra economica, risanamento, equità e sviluppo. L'insieme del provvedimento - che non credo sia necessario ricordare in questa Assemblea - nasce da una proposta del Governo ma vive di un iter di lavoro parlamentare. Le modifiche apportate dalla Commissione, quelle già proposte dal Governo e le altre che sono emerse nel dibattito disegnano un quadro che va in tale direzione. Credo che al termine di questo iter parlamentare ci accorgeremo che avremo saputo raggiungere quegli obiettivi, appunto, di risanamento, equità e sviluppo. È di queste ore la notizia dell'approvazione della manovra economica da parte degli organi di controllo della Comunità europea. Ciò dimostra che le misure previste da questo disegno di legge finanziaria erano necessarie per chiudere quel «buco» di bilancio ereditato dal Governo di centrodestra e dimostra, soprattutto, che questi provvedimenti sono appropriati e non rinviabili.
Anche oggi ho ascoltato battute sull'entità della manovra economica. Qualcuno affermava in precedenza che noi abbiamo formulato accuse relative al «buco» di bilancio. Ero già componente di questa Assemblea e ricordo che il ministro Tremonti intervenne in un telegiornale della sera, nell'agosto di cinque anni fa. A quei colleghi voglio ricordare che è passato appena un anno - ma chi ha memoria corta sembra essersene dimenticato - da quando il ministro Siniscalco fu cacciato e, al suo posto, fu richiamato il ministro Tremonti. È bene ricordare che quest'ultimo, precedentemente, era stato allontanato con l'accusa - almeno così riportarono gli organi di stampa le televisioni - dell'allora Vicepresidente del Consiglio, onorevole Fini, di avere «truccato» i conti. Credo che dobbiamo mantenere viva la memoria di quanto è accaduto e della situazione che ci troviamo ad amministrare. Mi sembra che fosse la legge finanziaria di un anno fa a rimandare i problemi della chiusura del debito, dei conti sballati con l'Europa e del superamento dei limiti di Maastricht ai governiPag. 97che sarebbero subentrati. Quella era l'ultima finanziaria del Governo Berlusconi-Tremonti, quella era la finanziaria che in questi mesi di Governo ci siamo trovati ad amministrare e a dover correggere.
È bene ricordare che quasi la metà della nostra manovra, che voi criticate aspramente, serve a correggere le errate previsioni del vostro Governo in merito alle entrate, allo sviluppo, al rispetto dei limiti di Maastricht. L'altra metà destina risorse all'equità e allo sviluppo. Si restituisce una parte del potere d'acquisto ai ceti più deboli, alle famiglie, quel potere d'acquisto compromesso in questi anni di Governo in maniera drammatica; si intensifica finalmente nel nostro paese la lotta all'evasione fiscale, che è presupposto per l'equità fiscale, con un'azione decisa contro quello che è un crimine nei confronti del nostro paese e di tutti i suoi abitanti; si sostiene lo sviluppo con misure di finanziamento delle opere stradali e ferroviarie, annunciate tante volte, inaugurate altrettante volte, ma mai finanziate dal Governo Berlusconi; si dà una spinta al sistema produttivo con il taglio del cuneo fiscale, che rende disponibili risorse per le imprese e per i lavoratori.
La finanziaria, infine, si occupa di temi centrali nel settore della scuola, correggendo alcune storture precedentemente introdotte, affrontando - poi qualcuno si domanda perché non sono in piazza i lavoratori della scuola! - finalmente e portando sulla strada della risoluzione quel problema di precariato che affligge da anni il nostro sistema scolastico.
Ho sentito parlare del contratto del pubblico impiego, come se in campagna elettorale fossimo andati noi a firmare questo contratto; non ce li ricordiamo i ministri che un giorno sì e un giorno no annunciavano la firma imminente del contratto sul pubblico impiego? Qualcuno si è dimenticato del ministro della funzione pubblica, che battibeccava con i suoi colleghi poco prima della campagna elettorale, quando i voti del pubblico impiego facevano comodo alla coalizione di centrodestra? Oggi, con i provvedimenti presi dal Governo, anche questo problema si avvia alla soluzione, si mette da parte, creandosi le condizioni per ripartire.
È una finanziaria che introduce e contiene misure a favore dei pensionati, dei giovani, di quelli che decidono di praticare una attività sportiva, delle famiglie, con l'introduzione del fondo per gli asili nido. È una finanziaria - mi preme sottolinearlo con piacere mentre mi avvio alla conclusione, per l'esaurimento del mio tempo - che ha voluto difendere in Commissione bilancio il ruolo che in questo paese hanno gli enti locali e quello che devono avere i sindaci, i consiglieri comunali, gli amministratori, che sono coloro che curano l'amministrazione delle città, il loro decoro, il loro funzionamento, ruolo spesso svolto, in tante aree del paese, a rischio della loro incolumità. Essi vanno difesi da qualunque Governo e dal Parlamento democraticamente eletto, nel loro ruolo e nelle loro prerogative.
Concludo, signor Presidente, dicendo che, come spesso accade nel nostro paese, molti di quelli che fino a ieri hanno governato oggi sono prodighi di consigli, possiedono tutte le ricette necessarie per risolvere i problemi italiani; sorge allora spontanea una domanda: ma perché queste ricette miracolistiche non le avete applicate quando governavate?
Noi vogliamo rispondere alla domanda di sviluppo e di equità che sale dal nostro paese; lo faremo governando per gli anni del mandato conferitoci dagli elettori e siamo sicuri che alla fine restituiremo al loro giudizio un paese migliore di quello che voi ci avete lasciato in eredità (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la legge finanziaria rappresenta l'atto che più di ogni altro caratterizza il Governo di un paese, segnando il momento essenziale per l'attuazione delle linee programmatiche con le quali la maggioranza si è presentata agli elettori. Oggi ci troviamo diPag. 98fronte ad un documento che avrebbe dovuto rappresentare, in linea teorica, l'applicazione concreta delle proposte contenute nelle circa 300 pagine che l'Unione aveva indicato come programma di Governo.
Dobbiamo purtroppo rilevare che quelli che erano stati i formali impegni presi dal leader dell'Unione in campagna elettorale sono stati disattesi in gran parte, se si tralascia la pasticciata politica redistributiva del reddito che ha ispirato la ridefinizione della curva IRPEF. In particolare, è venuta meno la promessa che le imposte e le tasse non sarebbero state aumentate.
Sul Documento di programmazione economico-finanziaria del luglio scorso si affermava che la manovra di correzione degli squilibri di finanza pubblica si sarebbe basata fondamentalmente sulla riduzione della spesa pubblica, con tagli ai quattro principali capitoli di spesa corrente (sanità, enti locali, pubblico impiego e previdenza).
Oggi ci troviamo di fronte ad una finanziaria che, complessivamente, considerando anche il decreto fiscale collegato e la delega sui redditi da capitale, si aggira sui 40 miliardi, dei quali solo 11 sono riconducibili a tagli e risparmi di spesa e ad un imprecisato, ma sicuramente corposo, numero di nuove tasse. Una manovra che ha sollevato dubbi e critiche anche da parte di esperti ed economisti di area governativa, che cozzano con i peana che si erano sollevati in campagna elettorale.
Ma quello che troviamo stupefacente è la perdita di credibilità, tra gli stessi elettori, dopo solo cinque mesi di Governo. Un elettorato deluso che ha creduto nella bontà delle ragioni e delle parole dei leader dell'Unione, deluso soprattutto da quell'area moderata dell'Unione, alla quale il ceto medio, gli artigiani, i dipendenti pubblici e privati, i commercianti e i professionisti imputano le maggiori responsabilità di una finanziaria che li vede immolati alle ragioni della sinistra massimalista e radicale.
L'insoddisfazione dell'opinione pubblica nei confronti del Governo non è il rituale, normale e trascurabile atteggiamento di dissenso verso coloro che gestiscono il potere. Nelle strade, negli uffici, negli ambienti di lavoro, sono riscontrabili una consistente preoccupazione ed un forte timore degli operatori economici, delle classi professionali ed artigiane, dei dipendenti e dei commercianti, su cui già pesano i primi effetti delle iniziative legislative poste in essere da questa maggioranza.
È una finanziaria con il bollino rosso, condizionata dalle ali estreme della coalizione, e a farne le spese è stato proprio il ministro Padoa Schioppa, scivolato all'ultimo posto della classifica dei ministri delle finanze europei del Financial Times (vera Bibbia quando si trattava di dare addosso al Governo Berlusconi, ed ora relegato a foglietto di malelingue). Avrebbe tradito le imprese, si legge nell'articolo, e come non dargli torto!
Dopo anni di congiuntura sfavorevole, molte piccole e medie imprese hanno visto finalmente lievitare gli ordini, la produzione e le esportazioni. Si sarebbero aspettate, quindi, una manovra leggera, aiutata anche dal boom delle entrate, e invece si sono viste subito portare via il TFR accumulato dai lavoratori e non indirizzato ai fondi pensione, misura mitigata poi solo in parte dall'esenzione delle aziende con meno di 50 dipendenti, con il rischio di condannare di fatto le imprese al nanismo o alla frammentazione.
L'operazione TFR da una parte danneggerà, forse irrimediabilmente, il decollo della previdenza complementare e, dall'altra, metterà a rischio anche quella che da cinquant'anni è la formula di credito più usata dai lavoratori; mi riferisco alla cessione del quinto dello stipendio, in quanto dimezzando il TFR accantonato verranno meno le garanzie adeguate per la concessione del credito ai lavoratori che ne faranno richiesta.
Quello che emerge, qui come in tutta la struttura del disegno di legge finanziaria, è una impostazione ideologica dirigista, fortemente penalizzante per le piccole aziende, i piccoli imprenditori, fino a comprendere quello che, più in generale, viene chiamato ceto medio.Pag. 99
Le liberalizzazioni del decreto Bersani sono «pannicelli caldi», rispetto ad un mercato ingessato che ha bisogno di una drastica liberalizzazione nel settore dei servizi, per consentire alle imprese di essere competitive ed ai cittadini di ottenere vantaggi veri e non transitori. Questo è tanto più vero se rapportato all'economia meridionale, che rappresenta una opportunità di sviluppo del nostro paese, ma che sconta, rispetto al centro-nord e all'Europa, un gap infrastrutturale che neanche questa finanziaria sembra tenere in conto.
In questo contesto dovrebbe risultare evidente il ruolo delle piccole e medie imprese, strozzate dai vincoli di una competitività che tarda a crescere, a causa di ritardi nell'impiego di nuove tecnologie, al maggior costo del denaro e ad un quadro di legalità minato dalla presenza della criminalità organizzata.
Abbiamo sperato che, governando sei regioni meridionali su sette, il Governo avrebbe posto una particolare attenzione a questa area attraverso una politica fiscale che aiutasse la localizzazione di nuove imprese, che indirizzasse una quota superiore degli investimenti in opere pubbliche al sud, ma purtroppo le nostre attese - e parlo da meridionale - sono state vane.
E come possiamo giustificare la miopia di questo Governo che, nella sua zelante azione fiscale, punisce quella che è una delle più importanti leve per lo sviluppo economico del Mezzogiorno, cioè il turismo?
Riesumando la tassa di soggiorno soppressa nel 1989, il Governo sembra non comprendere che in questo modo si minerà ulteriormente la competitività delle strutture ricettive del nostro paese, sia internamente sia esternamente. Le imprese turistiche europee, infatti, che già godono di un regime IVA agevolato e di numerosi contributi statali, potranno godere di un nuovo appeal rispetto a quelle italiane ed è facile prevedere uno spostamento dei flussi turistici, degli intermediari del settore, verso quelle mete che a parità di benefici praticheranno costi inferiori. E questo accade proprio nel momento in cui le note turbolenze che affliggono le aree del Medio Oriente stanno cedendo all'Europa una consistente quota del mercato turistico mondiale, a favore proprio dell'Italia, della Francia e della Spagna.
Crediamo che il settore turistico abbia bisogno di misure, anche fiscali, che lo rivitalizzino, soprattutto in funzione delle stabili e consistenti ricadute occupazionali che ne deriverebbero.
Abbiamo detto che l'imprimatur vero di questa manovra è sostanzialmente riconducibile all'ala radicale della coalizione, ma il punto è che non si può ricercare ad ogni costo una giustizia sociale sacrificando la crescita, perché in tal modo si innesca un circolo vizioso perdente, in cui tutti sono forse più uguali, ma sicuramente più poveri.
La nuova curva fiscale, ritoccata più volte, non sortirà gli effetti sperati. Non solo, la trasformazione delle deduzioni in detrazioni, abbinata al via libera alle addizionali comunali e regionali ed all'aumento degli estimi catastali, finirà per produrre nuove tasse e nuovi costi per le famiglie indistintamente, senza progressività.
Ci troveremo a commentare il fatto che l'operazione è riuscita, ma il paziente è morto: la rimodulazione delle fasce di reddito ai fini impositivi non è l'arma con cui combattere la povertà, anzi rischia di creare nuove iniquità perché così facendo si attua una redistribuzione, che può anche favorire chi non ha diritto a quei benefici e sfavorire chi non può accedere al regime delle detrazioni introdotto con la nuova disciplina.
Infine, una parola su università e ricerca. La manovra risulta penalizzante e priva di una strategia non solo per la mancanza di risorse adeguate per finanziare gli atenei e gli enti di ricerca, da tempo in grave difficoltà, ma anche per l'introduzione di misure che intervengono su aspetti organizzativi delicati, estranei al contesto della legge finanziaria; mi riferisco alle deleghe in bianco per i concorsi universitari...
PRESIDENTE. Onorevole Zinzi, ha terminato il tempo a sua disposizione.
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, chiedo allora che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Zinzi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, mi trovo in grande imbarazzo, in quanto mi piacerebbe parlare del disegno di legge finanziaria, ma non so se stiamo discutendo del disegno di legge finanziaria presentato in Parlamento o di quello risultante dalla somma di tutte le richieste, pie e meno pie, pervenute dal relatore e dal Governo e volte ad emendare il testo dal quale siamo partiti. Quindi, parlare oggi di finanziaria mi sembra una cosa astratta; dovremmo forse aspettare il working in progress che stanno sollecitando il sottosegretario Sartor e tutti i gruppi politici che compongono in maniera molto variegata l'attuale maggioranza.
Tuttavia, dalla lettura del testo e di tutta la massa emendativa che abbiamo visto giungere in Commissione in questi giorni, mi colpiscono alcuni aspetti fondamentali. Mi colpisce soprattutto l'assoluta indifferenza da parte del ministro dell'economia e delle finanze sulla questione centrale di questa finanziaria, vale a dire i saldi.
Il Governo si è sempre affrettato, anche in un'ultima apparizione - peraltro molto fugace - del ministro dell'economia, ad affermare che i saldi saranno salvaguardati, ma qui sta il problema. Quando si imposta una manovra finanziaria sostenendo che si sarebbero ottenuti 7,5 miliardi di euro dall'evasione fiscale e poi ci si dimentica di dire che dietro ciò vi è un retropensiero che riguarda la competenza e la cassa, ritengo si debba tener ben presenti quali sono gli obiettivi e quali possono essere i risultati. Infatti, dalle prime mosse di questo Governo per quanto concerne l'aspetto fiscale, si vede bene che l'obiettivo è quello di inondare il paese di cartelle esattoriali, che faranno sicuramente competenza per l'anno in corso, ma che sotto il profilo degli incassi reali poco avranno da aggiungere, considerando che non basta inviare le cartelle esattoriali ai contribuenti per poi incassarne il netto ricavato.
Se fosse solo questa la questione, non avremmo nemmeno visto di cosa stiamo parlando anche nella composizione complessiva della finanziaria. Una finanziaria che, come affermato da molti colleghi dell'opposizione, è composta per lo più di nuove tasse e che doveva affrontare questioni centrali per il paese, vale a dire la sanità e il pubblico impiego. Mi pare che per la sanità, al di là di nuovi balzelli e al di là della revisione di alcune politiche di poca rilevanza, non vi sia stato un grande sforzo né una grande attenzione da parte del relatore e del Governo.
Per quanto riguarda il pubblico impiego, invece, la questione è molto più complessa. Il Governo si è presentato con una serie di emendamenti collegati tra loro - ricordo il 58.44 - che sostanzialmente dovevano venire incontro all'istanza proveniente dai sindacati sulla necessità di accelerare le procedure per il pubblico impiego. In tutto ciò, tuttavia, vi è un problema di fondo: non avete spiegato ai sindacati come sia articolato l'emendamento che, d'altra parte, è già stato modificato una prima volta, ottenendo l'assenso della Ragioneria dello Stato, per poi essere ripresentato una seconda volta; e non so se in questa seconda stesura fornirà le garanzie richieste dai sindacati. Qui si ragiona sull'immediata eseguibilità del contratto del pubblico impiego; ma le risorse dove sono?
Infatti, se sono state appostate risorse molto basse per il 2007 e un po' più alte per il 2008, l'immediata esecutività dei contratti significherebbe anticipare di qualche miliardo di euro gli effetti al 2007. Avete i soldi per farlo? Naturalmente viPag. 101sono alcune ipotesi di scuola. Qualcuno di voi è andato a vedere le disponibilità finanziarie - ad esempio di Sviluppo Italia - e ha pensato bene che quelli erano soldi buoni da utilizzare magari per la copertura degli emendamenti. Ma di emendamenti da coprire ne avete tanti!
Basterebbe guardare l'articolo 1 di questo disegno di legge finanziaria: un singolare emendamento del Governo a questo articolo riconosce improvvisamente che ha sbagliato i conti. L'operazione che si è palesata subito dopo la sentenza della Corte di giustizia riguardante la detraibilità dell'IVA ha portato ad una valutazione complessiva di circa 17 miliardi di euro. Ebbene, il Governo se ne esce affermando che 17 miliardi sono stati raccolti anche con le nuove entrate fiscali garantite dal precedente Governo. Sono entrate buone, per carità! Dopodiché vi è stato un esercizio abbastanza singolare in cui si è detto che questi soldi verranno pagati in tre anni: 3 miliardi di euro per ogni anno. Il problema è che tutto questo non raggiunge la cifra che si era stabilita e improvvisamente il Governo, in una resipiscenza, accorgendosi che manca un miliardo afferma che tale somma sarà trovata in qualche modo e, successivamente, verrà aggiunta al resto della manovra finanziaria.
Questa specie di legge finanziaria è piena di errori del genere. Vogliamo parlare di un altro errore? I tagli alla spesa pubblica. Si tratta di un tema centrale del quale avevate scritto pagine e pagine nella finanziaria originaria, cioè nel fascicoletto stretto, quello che dovrebbe essere il documento di partenza. In quella sede avevate detto: faremo grandi tagli e interverremo sui costi della politica, salvo poi, quando si è trattato di affrontare il tema degli enti locali, tornare precipitosamente indietro rispetto all'argomento del costo della politica e dei tagli necessari negli enti locali.
Quindi che fare? Intervenite con un'operazione che solleva dubbi fortissimi di costituzionalità, compiendo una sorta di taglio orizzontale su tutta la spesa pubblica e, in particolare, sulla spesa dei ministeri. La cosa divertente, caro Presidente e caro sottosegretario, è che questo taglio è stato compiuto da solerti funzionari che, nell'elencazione di tutte le leggi a cui fanno riferimento tutti i ministeri, ne hanno, come dire, dimenticato qualcuna. Ci siamo trovati di fronte ad un elenco straordinario in cui, naturalmente, i ministri che hanno potuto avere peso sulle scelte (come il ministro Fioroni, che si è subito attivato per ridurre il taglio a soli 40 milioni di euro per anno nel triennio) si sono accorti improvvisamente - è nota la polemica del ministro D'Alema - che vi erano dei tagli operati su capitoli non si capiva bene come individuati. Così, di esclusione in esclusione, si è arrivati al confezionamento di un articolato, peraltro molto singolare, in cui si tagliano e si accantonano risorse per lo sviluppo economico. Ma lo sviluppo economico non era un tema centrale per questa maggioranza? Che fine hanno fatto le buone intenzioni, visto che vi apprestate a tagliare quasi 500 milioni di euro per lo sviluppo economico? Dove sono andati a finire tutti i vostri buoni propositi? Scopriamo poi che, nel taglio orizzontale che doveva colpire per il 12 o il 13 per cento, ma non si è capito bene, tutta una serie di capitoli, alcuni trasferimenti riguardanti la composizione di commissioni specifiche o spese relative ad un capitolo rispetto ad un altro sono improvvisamente scomparsi dall'elenco. Vi è in questo un atteggiamento quasi truffaldino - far vedere e non far vedere - che rappresenta in fondo la sostanza di questo disegno di legge finanziaria.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ottone. Ne ha facoltà.
ROSELLA OTTONE. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, l'esame del disegno di legge finanziaria approda in questa aula dopo una discussione ed un confronto iniziati subito dopo la sua presentazione lo scorso 29 settembre. Tuttavia, a noi tutti pare un'eternità. La manovra è consistente per la sua entità, paragonabile a quella operata dal Governo Amato nel 1992. È dura per le scelte chePag. 102la caratterizzano, ma è anche equa, perché ogni soggetto è chiamato a fare la sua parte, nessuno escluso.
Non poteva che essere così: un segnale forte di inversione di rotta rispetto al Governo precedente di centrodestra. Emerge la necessità di riportare l'Italia ad essere un paese normale rispetto ad una bolla mediatica che faceva apparire tutto facile, tutto legittimo, tutto possibile, coprendo nel clamore la reale situazione economica e finanziaria del nostro paese. Non abbiamo detto bugie quando denunciammo il disastro dei conti pubblici, a partire dall'azzeramento dell'avanzo primario, dal disavanzo fuori controllo, dalla spesa pubblica corrente cresciuta di oltre il 2 per cento, dall'indebitamento del nostro paese che è tornato a crescere per effetto della politica fantasiosa praticata negli ultimi cinque anni, per ottenere facilmente un consenso e sfuggendo alle responsabilità di una classe dirigente che deve sempre mettere al centro della propria azione l'interesse generale.
Ci sono altre realtà in Europa. Il Belgio, ad esempio, che aveva una situazione simile alla nostra, con un rapporto deficit-PIL preoccupante e analogo indebitamento, nello stesso arco temporale, attraverso una politica accorta, ha invertito la tendenza, ha messo al sicuro i conti pubblici ed è tornato a crescere. La crescita è il vero motore dello sviluppo.
Solo da pochi giorni le agenzie di rating internazionali hanno declassato l'Italia per il debito pubblico. Questo vuol dire che avevamo fatto bene a denunciare lo stato di allarme dei conti pubblici, ma non ci consola aver ragione, perché il segnale poteva ragionevolmente essere lanciato dalle stesse autorevoli fonti prima che i buoi scappassero dalla stalla. Ma non serve fermarci al perché, ora è il momento di affrontare la realtà!
Con il disegno di legge finanziaria diciamo come risanare i conti pubblici rimettendoli a posto, riportando il deficit entro i limiti stabiliti dall'Unione europea, entro il 2,8 per cento nel prossimo anno, dal 4,6 per cento in cui ci troviamo, ricostruendo quindi l'avanzo primario e mantenendo fede ad un impegno che il Governo precedente si era assunto ben sapendo di non potervi far fronte. Noi, invece, siamo qui presenti. Su questo impegno del nostro Governo la Commissione europea proprio ieri ha espresso un giudizio positivo, spronandoci a proseguire con le riforme. È un invito che accogliamo convintamente.
Ci siamo dati un compito difficile. Nel rispetto degli impegni assunti con gli elettori siamo consapevoli che non abbiamo raggiunto appieno tutti gli obiettivi, ma siamo convinti di aver fatto le scelte giuste che dovranno trovare compiutezza nel corso della legislatura. Ma così come succede per ogni finanziaria, le critiche non mancano, anzi sono molto pressanti e, in questa occasione, molto diffuse; flebili ed impercettibili gli interventi a favore. Eppure, l'introduzione del cuneo fiscale, che abbatte in misura considerevole il costo del lavoro per le imprese, soprattutto per le più grandi, improvvisamente perde il suo appeal. Confindustria ha scelto di scagliarsi contro la scelta di trasferire parte del TFR in maturazione ad un fondo INPS per far ripartire le opere pubbliche non finanziate, i cui cantieri dovrebbero chiudere se questa proposta non dovesse passare. L'accordo, tuttavia, è stato raggiunto ed il Governo ha dimostrato con i fatti la disponibilità a trattare.
L'esclusione delle imprese con meno di 50 dipendenti mette al riparo la stragrande maggioranza delle imprese italiane, quale è la realtà delle piccole imprese, beneficiate in misura più modesta dall'introduzione del cuneo fiscale.
Quindi il Governo, in questo tempo che pare un'eternità, ha dimostrato di avere la volontà di trattare e di ricostituire quel metodo di confronto vero e non fittizio fra le parti sociali.
Anche questa mattina il relatore, l'onorevole Ventura, ha sottolineato la volontà del Governo di continuare il confronto con le categorie, soprattutto dell'artigianato e del commercio, per trovare un'intesa sui temi ancora sul tappeto, come ad esempio l'apprendistatoPag. 103che, per decenni, ha rappresentato per molti giovani la chiave d'accesso ad un lavoro qualificato e stabile.
La vicenda del TFR segnala comunque il grave ritardo nell'attuazione dei fondi integrativi di cui il Governo di centrodestra non si è occupato. Lo dobbiamo fare noi per garantire i nostri giovani nel loro futuro, ma segnalo, soprattutto, che i lavoratori, lasciando il proprio TFR in azienda, hanno sostenuto in anni difficili la vita stessa delle imprese nel nostro paese.
Ora è coerente che ciascuno faccia la sua parte nel dare come nell'avere, diversamente dal centrodestra, che ha fatto dell'Italia uno dei paesi europei con la più alta percentuale di disuguaglianza fra i redditi, cresciuta grazie al massiccio spostamento di ricchezze dai ceti medi alle fasce medio-alte.
Questa finanziaria riporta al centro l'equità, concetto guida della nostra azione. Le fasce di popolazione che hanno pagato duramente la politica del facile consenso (si è raggiunta la cifra ormai superiore a due milioni e mezzo di famiglie povere) potranno avere una prima risposta. Siamo consapevoli dei limiti, ma abbiamo cambiato rotta ed avviato una grande operazione di redistribuzione del reddito a loro favore (rappresentano il 90 per cento dei contribuenti italiani). Anche l'assegnazione di due punti del cuneo fiscale ai lavoratori tiene conto del loro contributo alla tenuta del sistema economico ed è un incentivo per riportare il livello dei consumi più in linea con le esigenze delle famiglie. Non ci sono i tempi per ricordare tutti gli interventi a favore delle famiglie - a partire dall'infanzia fino agli anziani - contenuti nella manovra, e ricordo al riguardo l'intervento molto preciso svolto dal nostro capogruppo Franceschini dieci giorni fa.
Però non dimentichiamo che metà della manovra è dedicata ad investimenti per la crescita. Il cuneo fiscale da solo rappresenta 5 miliardi e mezzo, di cui 3 miliardi e 300 a favore delle imprese piccole ed il resto a favore dei lavoratori, con l'impegno di raggiungere un beneficio pari a 9 miliardi entro due anni.
I fondi per la competitività e l'innovazione, il fondo per l'industria, interventi per stabilizzare il lavoro precario, il credito di imposta sono tutte misure virtuose. Non dimentico l'impegno per favorire l'occupazione femminile, soprattutto al sud, con risparmi concreti per le imprese.
Vorrei fare un ultimo cenno all'evasione, tema colossale. Sono grata al ministro Padoa Schioppa per avere finalmente dato la definizione corretta degli evasori: «responsabili di mettere le mani nelle tasche degli italiani» che, correttamente e con fatica, continuano a fare il loro dovere di cittadini.
Quando il 30 per cento del PIL è prodotto al di fuori della legalità, favorito anche da una politica deleteria di condoni prima annunciati e poi attuati, mi auguro che le norme annunciate di assoluto rigore siano affiancate da misure che rendano anche, lo dico fra virgolette, conveniente l'emersione.
È un obiettivo da perseguire con saggezza e costanza, nella consapevolezza che un fenomeno così ampio e persistente da troppo tempo, profondamente radicato, richiede un impegno a lungo termine ed anche un consenso per essere raggiunto (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, credo che le linee di indirizzo di politica economica dei provvedimenti che il Governo ci ha sottoposto ci inducano a ritenere che siamo di fronte ad una riedizione del passato. Il Governo di centrosinistra nella metà degli anni Novanta puntò buona parte dei suoi argomenti politici sulla lotta all'evasione e tradusse, sotto il profilo normativo, quei propositi in una serie di adempimenti tributari che, onestamente, vessarono i contribuenti.
Quale fu il risultato di quel tipo di operazione politico-normativa? Lo abbiamo sotto gli occhi di tutti e, paradossalmente,Pag. 104è l'argomento con cui si attacca il centrodestra, quello relativo alle operazioni effettuate sui condoni tributari che, come forse a pochi è noto, riguardò, per oltre l'80 per cento, gli anni in cui governava il centrosinistra. Il che ci permette politicamente di arrivare ad una prima conclusione: le scelte di politica fiscale di questo Governo sono esattamente le stesse che improntarono l'azione politica del Governo di centrosinistra del 1996. Quel tipo di operazione portò effettivamente ad un aumento dell'evasione fiscale, come dimostrano i condoni che sono stati richiamati in quest'aula.
La lezione al centrosinistra non è servita e oggi, tra l'altro, signor Presidente, vi è uno spaccato divertente, perché il ministro Visco, intervenendo su Il Sole 24 Ore, il più importante quotidiano economico, tenta di dire che, sostanzialmente, la sua è una lotta all'evasione. Allora, spogliandomi dell'ideologia che, purtroppo, dai banchi soprattutto della maggioranza o di certa parte della maggioranza condiziona le scelte di indirizzo politico, mi permetto di chiedere se la lotta all'evasione possa essere portata avanti con gli strumenti individuati dalla maggioranza nei provvedimenti legislativi al nostro esame.
È lotta all'evasione scegliere una platea di contribuenti già esistenti e prevedere, attraverso alcuni meccanismi quali gli studi di settore, un aumento necessario per recuperare gettito, a fronte del quale si dice al contribuente che, se non ci si adegua, è comminata una sanzione, rappresentata naturalmente da un accertamento sotto il profilo tributario? È lotta all'evasione, nei confronti, ad esempio, degli evasori totali, che non rispondono alla amministrazione finanziaria, quella di chi, con sistemi poco eleganti, aumenta la cosiddetta base contributiva?
In relazione alla crescita economica per i prossimi anni, voi ritenete davvero che siano centrabili gli obiettivi a cui qualcuno dei vostri rappresentanti ha fatto riferimento quando si colpiscono al cuore le categorie produttive che hanno consentito in questi anni - checché se ne dica - l'aumento dell'occupazione, che si è andata invece perdendo, per chi non lo ricordasse, nella grande industria? Anche attraverso strumenti contrattuali che il Governo di centrodestra ha previsto ed innovato, vi è stata la possibilità di uno sviluppo nel tentativo di raggiungere determinati obiettivi.
Ciò è comprovato da un dato inequivocabile. Quando Visco tenta di dire, facendo anche un po' pena sotto il profilo politico, che l'aumento delle imposte nel corso del 2006 è relativo alla sua politica o alle strategie di questa maggioranza in termini di lotta all'evasione fiscale, forse dovrebbe rendersi conto che, in realtà, quella gran parte del gettito deriva da due aspetti: il primo è relativo all'aumento dei contributi sotto il profilo fiscale proveniente dai lavori dipendenti, perché si è aumentata la platea di coloro che hanno trovato occupazione, mentre il secondo attiene al fatto che la ripresa economica è relativa, sicuramente fin dai primi mesi del 2006, alle iniziative che il Governo che oggi non c'è più ha posto in essere.
Togliete l'ideologia da questi argomenti e chiedetevi piuttosto se quel condizionamento cui facevo riferimento vi consentirà di centrare quegli obiettivi di crescita economica, perché la sfida è tutta qui.
Vi dirò di più: le pagelline (altro che Unione europea!) le vedremo molto presto, tra pochi mesi, quando dovrete fare una manovra correttiva per quanto riguarda le spese, e alla fine del prossimo anno, quando andremo a misurare la crescita economica. Siccome quest'ultima sarà inferiore a quella di quest'anno, traete fin da ora le vostre conclusioni sotto il profilo politico (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Silvia Velo. Ne ha facoltà.
SILVIA VELO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la discussione che abbiamo avviato oggi in quest'aula parlamentare rappresenta l'atto più importante dell'azione di Governo. La mia affermazione non è solo un'ovvia considerazione di rito, ma si basa sulla convinzione che attraversoPag. 105la legge finanziaria si possa imprimere quel cambiamento di rotta nella politica economica degli ultimi anni di cui il paese sente fortemente il bisogno.
Questa legge finanziaria rappresenta, infatti, la risposta agli impegni assunti dal Governo nel DPEF, e cioè: rilanciare la ripresa economica che da troppo tempo è per l'Italia vicina allo zero e, comunque, al di sotto della media europea; risanare i conti pubblici che i cinque anni di governo precedente hanno compromesso, vanificando l'opera di risanamento in cui il paese si è impegnato dal 1992 al 2001; ridurre le disuguaglianze sociali nel paese. Tale è la missione per la quale questa maggioranza è stata scelta dagli italiani. Questo è il filo conduttore che ha guidato la stesura della legge di bilancio.
Discontinuità, quindi, verso i cinque anni precedenti non solo e non tanto per ovvi motivi di diversa impostazione politica, ma soprattutto discontinuità a tutela dell'interesse nazionale: sviluppo economico, invece di crescita zero; finanza pubblica in ordine, invece dell'allontanamento dai parametri di Maastricht; equità sociale, invece della crescita delle disuguaglianze. Mi chiedo, in tutta franchezza, chi possa dissentire da questi obbiettivi generali, e mi auguro che su questi temi il Parlamento dia vita, finalmente, ad una discussione seria e costruttiva.
Sono molti i provvedimenti contenuti nella finanziaria che si potrebbero citare per rendere evidente il perseguimento degli obbiettivi preposti. Mi preme, però, in questo breve intervento, soffermarmi su quelli che riguardano il settore che seguo più da vicino, e cioè la portualità.
È opinione comune che in questi anni la portualità italiana sia giunta ad una fase delicata, soprattutto perché è mancata una visione ed una politica della logistica. Al di là di alcuni interventi episodici e di facciata, infatti, non si è investito in modo organico nel potenziamento delle reti e dei nodi, nell'ammodernamento dei servizi ferroviari e nel sistema della logistica in generale. Tutto questo in una fase in cui i nostri competitori europei e mediterranei hanno invece realizzato azioni ed investimenti di grande portata. Basti guardare alla Spagna. In Italia, invece, oltre a non investire in un progetto organico di sviluppo, si è dato vita a provvedimenti che hanno contemporaneamente limitato la capacità delle autorità portuali di svolgere il loro ruolo: tagli alle spese e tetto agli investimenti, compresi quelli già coperti dal finanziamento, con risorse proprie, delle stesse autorità portuali.
Questa finanziaria opera, finalmente, una decisa inversione di rotta in questo settore, nella convinzione - il Presidente Prodi lo ha detto più volte - che lo sviluppo della portualità possa rappresentare un importante volano per lo sviluppo del paese. In questo senso, segnalo l'articolo 136 della legge finanziaria, che rappresenta la novità più importante per il settore. Esso riguarda, infatti, l'attribuzione di autonomia di spesa alle autorità portuali che, a tal fine, potranno utilizzare le entrate proprie ed il superamento del tetto di spesa previsto dalla finanziarie precedenti.
L'articolo 135 prevede risorse per la realizzazione di opere strategiche d'interesse nazionale, oltre alle risorse già previste sia nella manovra di luglio sia in questa legge finanziaria per ANAS e Ferrovie.
A seguire, l'articolo 137 prevede 100 milioni di euro per lo sviluppo di hub di interesse nazionale, con particolare attenzione al porto di Gioia Tauro.
Infine, cito l'articolo 118, che prevede risorse pari a 5 milioni di euro l'anno per la predisposizione di un piano generale della mobilità che possa realizzare un quadro programmatico di ampio respiro, anche attraverso il confronto con i soggetti operanti nel settore che hanno dimostrato di apprezzare fortemente questa impostazione. Con queste misure si potrà avviare l'effettivo salto di qualità tanto atteso per la portualità italiana.
Queste misure sono un esempio di quella discontinuità e della politica di sviluppo che questa finanziaria si propone di perseguire. Su queste misure e su altre, naturalmente, credo vi siano le condizioni per avviare una discussione, non ideologicaPag. 106ma di merito, e per realizzare un'ampia convergenza, sempre nell'interesse del paese (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Razzi, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare il deputato Filippi. Ne ha facoltà.
ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, ho circa dieci minuti di tempo a disposizione per parlare di questa finanziaria. Dopo aver trascorso dei giorni in Commissione, compresa una seduta notturna che ha visto i rappresentanti della Lega Nord impegnati - come gli altri - a portare il loro positivo e collaborativo contributo al fine di migliorare il testo del provvedimento in oggetto, mi ritrovo a dover discutere di nuovo. Ma di che cosa? Di quale finanziaria? Stiamo parlando del testo che ci hanno consegnato in Commissione o di quello che verrà votato tra qualche giorno in aula utilizzando lo strumento della fiducia?
In questo modo, ancora una volta, avrete tolto la possibilità ad entrambe le Camere di operare nei modi previsti dalla Carta costituzionale. Del resto, si tratta di un atteggiamento che viene riproposto da circa sei mesi. Agite abusando dei decreti, facendo passare tutto attraverso la minaccia della fiducia. Ormai, colleghi, dovete mettere la fiducia - la mia è una battuta sintomatica - per decidere il menu da scegliere alla buvette, ammesso che qualcuno di voi mangi assieme. Inoltre, prevedete, come già recita l'articolo 53, un'estromissione del Parlamento e della Commissione bilancio dalle poste di bilancio interessate all'accantonamento previsto dal Governo.
Mi soffermerò per qualche minuto su questo articolo 53. Abbiamo capito, anche grazie all'illustrazione di questa mattina del relatore, che si tratta di tagli e non di accantonamenti. Quindi, la prima domanda sorge spontanea: perché, allora, li chiamate accantonamenti? E se sono tagli, perché prevedere la possibilità per il Governo di gestire le risorse accantonate anche potendo cambiare la loro destinazione? Perché tutto ciò può essere fatto senza il placet della Commissione bilancio o del Parlamento?
Il presidente Duilio, nella sala del Mappamondo, ad una Commissione preoccupata da quanto previsto dall'articolo 53, ha preannunciato la presentazione di un emendamento, probabilmente dal Governo, e che la norma di cui sopra, almeno per ciò che concerne il comma 3, verrà cassata. Per la cronaca, non è andata in questi termini; anzi, abbiamo avuto una tabella che riassume - desidero che le mie parole rimangano agli atti - gli stanziamenti in strutture scolastiche previsti per il nostro paese.
In Commissione eravamo in tre a rappresentare la Lega e vi giuro - non so come ciò sia potuto succedere - che siamo riusciti a stento a trattenere l'ira, la collera, la rabbia che tale tabella ci ha fatto provare; quindi, al riguardo, vi leggerò alcuni dati, per poi specificarli meglio.
Per gli stanziamenti di strutture scolastiche nel 2007 la Lombardia avrà 43.950.260 euro, il mio Veneto 31.291.332 euro, la Liguria 9.244.939 euro, la Campania, invece, 184.467.813 euro, la Puglia 99 milioni e 800 mila euro, la Calabria 51 milioni e 600 mila euro.
Quindi, nel 2007, la Lombardia, pro capite avrà 4,83 euro, la Liguria 5,78 euro, il mio Veneto 6,80 euro; invece, l'Abruzzo 23,35 euro, la Puglia 24,96 euro, la Basilicata 18,74 euro, la Calabria 25,80 euro e la Campania - prima! - 32,36 euro: questi numeri parlano più di tante parole.
In Campania, pro capite, vengono stanziati più di 30 euro e in Calabria più di 25 euro, mentre in Lombardia meno di 5 euro, in Liguria meno di 6 euro e nel mio Veneto 6,80 euro. La Carta costituzionale non parla forse di diritto all'istruzione per tutti in Italia in modo uguale? A qualcuno sembra corretto imbrogliare il nord, queste regioni, le famiglie che hanno figli da mandare a scuola e che hanno lo stesso diritto di istruirsi in strutture simili aPag. 107quelle che hanno le altre regioni italiane (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
I colleghi della maggioranza eletti proprio in queste regioni, che hanno subìto una discriminazione, fra qualche giorno dovranno votare la questione di fiducia alla legge finanziaria e, mentre lo faranno, voteranno anche per questa tabella, che, purtroppo, è uno solo dei tanti esempi di ingiustizia e di sprechi presenti in questo provvedimento. Comunque, da domani dovranno spiegare - e noi agiremo da pungolo in questa direzione - alle famiglie della Lombardia, del Veneto, della Liguria, del Friuli, come anche dell'Emilia-Romagna o della Toscana perché i loro figli non hanno uguali diritti rispetto a chi vive in Campania, in Calabria, in Puglia o in Abruzzo. Con molta ingenuità, mi chiedo se questi dati non siano così equi perché in passato la situazione era invertita, cioè in Lombardia e in Veneto si spendeva per infrastrutture scolastiche oltre 30 euro pro capite e in Campania, invece, 4 o 5 euro. Lascio a voi la risposta, non perché noi non l'abbiamo, ma perché, per un veneto orgoglioso come me, avere mille certezze su quanto sia grande l'ingiustizia nei confronti della mia terra provoca troppa rabbia.
A dimostrazione di quanto sia grande la malafede di chi ha creato la legge finanziaria, del Governo e della maggioranza che andrà a votare, comunque, per questo provvedimento, avete poi previsto in questa stessa tabella alcune modifiche per il 2009, per effetto delle quali la Lombardia cresce e la Campania cala. Poiché tali modifiche interverranno solo fra tre anni, viene comunque da chiedersi perché queste modifiche ci saranno, appunto, solo fra tre anni e se non si sarebbe potuto fare, al limite, una media. Forse perché qualcuno magari cerca di rimanere in carica solo per due anni, sei mesi ed un giorno, data che richiamerebbe la maturazione della pensione di parlamentare, e poi succeda quel che succeda, tanto per i soldi assegnati chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto? Inoltre, in tre anni, comunque vada, le cose non potranno cambiare perché questa tabella verrà cestinata e qualcuno potrà modificare i numeri. In ogni caso, chi doveva capire che il nord è ancora una volta discriminato oggi ha comunque capito. Con puntiglio ho operato una media su tre anni rispetto alla tabella, in modo che nei prossimi giorni non si possa dire che si è rettificato dopo nel 2009. Allora, la Lombardia avrà circa 61 milioni e 100 mila euro, con 9 milioni e 100 mila abitanti; la Campania 135,5 milioni di euro, con una popolazione di 5 milioni e 700 mila abitanti, circa meno dei due terzi della popolazione della Lombardia; invece, il mio Veneto, che conta circa 4 milioni e 600 mila abitanti, avrà in media nei tre anni uno stanziamento di 31 milioni e 400 mila euro, meno di un quarto di quello stanziato in media per la Campania (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porfidia. Ne ha facoltà.
AMERICO PORFIDIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in questa finanziaria effettivamente ci sono dei punti molto controversi da parte di tutte le forze politiche, ma nel complesso, con tale manovra, in relazione anche alla difficile situazione economica in cui ormai versa la nostra nazione, era necessario, da un lato, richiedere dei sacrifici a tutti i nostri connazionali e, dall'altro, agire in modo forte contro le speculazioni, i costi della politica - diciamo noi dell'Italia dei Valori - e, soprattutto, contro l'evasione fiscale. Mi vorrei soffermare su un punto in particolare, anche come rappresentante del sud e della Campania. Durante la predisposizione della manovra finanziaria, ma anche nel corso dei dibattiti parlamentari, si è evidenziata la necessità di mettere in campo interventi specifici per sostenere lo sviluppo del Mezzogiorno. Credo che tutto il paese e il Meridione farebbero a meno di questa necessità, ma, purtroppo, dobbiamo prendere atto che, rispetto ad altre zone del paese, il Meridione versa ancora in una situazione di grande difficoltà economica e industriale.Pag. 108
La questione meridionale rappresenta ancora di più un'emergenza, anzi, più passano gli anni, più la situazione diventa insostenibile, come evidenziano gli ultimi fatti di cronaca. Infatti, sappiamo benissimo che al ritardo economico ed industriale di un paese si aggiungono anche effetti sociali molto drammatici, quali quelli che stanno avvenendo nel sud. Devo ammettere che con questa finanziaria il Governo è intervenuto con misure specifiche a favore dello sviluppo del Meridione, misure che spero siano condivisibili da tutti i colleghi del Parlamento.
È fondamentale che tali interventi si accompagnino ad una definitiva quanto necessaria rivoluzione culturale. A mio avviso, occorre pensare che quello del sud non è soltanto un problema del nostro paese, ma questa zona degradata dell'Italia deve essere ritenuta come un luogo che da un problema può far nascere, invece, uno sviluppo economico ed una ricchezza per il nostro paese. Abbiamo degli esempi anche a livello europeo, come il caso dell'Irlanda. Tale paese ha dimostrato come una realtà in difficoltà economica e industriale possa diventare in brevissimo tempo un'area di grandissimo sviluppo economico, anche grazie alle sue peculiari capacità di attirare gli investimenti, come potrebbe accadere nel sud, addirittura dall'estero. Tuttavia, su questo argomento dobbiamo riflettere. Purtroppo, il nostro Meridione è stato per lungo tempo anche il centro di speculazioni.
Quando questi investimenti sono stati utilizzati, purtroppo, se da una parte ciò è stato fatto in modo utile e per lungo tempo, dall'altra parte sono stati oggetto di speculazioni e di interessi di pochi privati. Su questo aspetto voglio invitarvi a riflettere. È necessario monitorare tali incentivi, tenendo alta la soglia di controllo. In diversi casi, infatti, come dicevo, abbiamo dovuto registrare che tali incentivi sono stati semplicemente uno strumento di facile arricchimento per pochi.
L'attivazione di incentivi economici per l'industrializzazione del Meridione o di una qualsiasi zona disagiata del nostro paese, soprattutto del sud, deve essere accompagnata da una politica di controllo - questo è ciò che chiedo e su cui vorrei far riflettere tutto il Parlamento -, per monitorare il modo in cui tali incentivi vengono utilizzati.
Non può essere consentito a pochi di beneficiare di tali misure senza creare lo sviluppo che l'area si attende, uno sviluppo concreto e, soprattutto, di tipo duraturo. Quindi, è necessaria un'attenta politica di controllo, anche per contribuire a rinsaldare il senso di equità sociale e di legalità.
Se si vuole che effettivamente questi strumenti di incentivazione dell'impresa portino a risultati concreti, con la creazione di un tessuto industriale solido e ramificato, è evidente che essi debbono essere monitorati, per evitare strumentalizzazioni. Gli incentivi alla industrializzazione del Meridione e delle aree disagiate restano, secondo me, uno strumento importante, per diversi aspetti decisivo. Però, bisogna assolutamente evitare che essi vengano sprecati e, quindi, è necessario monitorarne il corretto uso.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, la finanziaria 2007 fino ad oggi ha conseguito un risultato, in termini di popolarità, che rappresenta davvero un record. Tutti gli italiani, lungo tutto lo stivale, dalle Alpi alla Sicilia, di qualsiasi categoria sociale ed economica, l'hanno bocciata senza possibilità di appello. È davvero un grande record negativo: 3 italiani su 4, circa il 70,6 per cento, la bocciano perché la ritengono iniqua, specie gli elettori dell'attuale maggioranza di centrosinistra, che la bocciano perché non la considerano ispirata ai principi di equità e di giustizia sociale che hanno rappresentato il messaggio davvero demagogico di Romano Prodi e dell'Unione.
Non sono solo personali considerazioni mie o del mio partito, Alleanza Nazionale, ma lo hanno detto anche esponenti dell'attuale maggioranza; faccio un esempio: il presidente della Commissione attivitàPag. 109produttive, Daniele Capezzone. Ma ciò emerge anche da sondaggi quale, non ultimo, quello della Confcommercio, che è stato effettuato sulla base di interviste, ripartite tra commercianti, piccoli imprenditori, lavoratori autonomi e cittadini rappresentativi della popolazione italiana nel suo complesso. In base a tale sondaggio, la prospettiva di innalzamento delle tasse sui redditi è giudicata negativamente da chi ha redditi superiori a 40 mila euro, ma anche da chi si attesta nella fascia dei 30 mila euro.
Negative sono anche le valutazioni sulla riforma del trattamento di fine rapporto. Per far fronte alla maggiore spesa, commercianti e piccole imprese cercheranno di usare le risorse disponibili, ma non escludono il ricorso, difficilissimo, ai fidi bancari per tamponare situazioni spesso drammatiche, aggravate da una pressione fiscale inaccettabile.
Non sono mancate, inoltre, critiche anche rispetto al cuneo fiscale. È chiaro fin d'ora che almeno il 60 per cento delle piccole imprese non avrà un gran vantaggio. E pensare che il ministro Padoa Schioppa aveva dichiarato sulla stampa specializzata che si sarebbe varata una finanziaria di riforme!
In realtà, se verifichiamo i contenuti della finanziaria e del provvedimento ad essa collegato, vediamo che né i tagli, né le riforme, ma solo le tasse costituiscono il motivo conduttore della manovra. Quindi, di tasse dobbiamo parlare, di incremento di tasse sulle famiglie e sulle imprese, di reintroduzione delle imposte di successione e di tasse sulle pensioni, senza contare l'appesantimento della tassazione sulle auto aziendali.
C'è poi un disagio diffuso nella immensa ed eterogenea categoria degli automobilisti, che contestano l'aumento del bollo auto. Per gli automobilisti italiani quella delle tasse è una storia tormentata, a cominciare dal superbollo per le autovetture a gasolio, introdotto nel 1976; nel 1997 la svolta; a partire dal 1998 viene infine cambiato il criterio di imposizione fiscale, passando alla potenza effettiva, con l'introduzione del principio «chi più inquina, più paga». Nella finanziaria del 1999, infine, a partire dal 2005, è stato introdotto il superbollo diesel per le vetture più vecchie.
Dunque, la manovra è inadeguata e ha prodotto l'isolamento politico del Presidente del Consiglio Prodi. Il dissenso, in termini politici, economici ed anche sindacali, è ormai diventato un coro a più voci, a partire dall'autorevole analisi critica dello stesso Governatore della Banca d'Italia Draghi. Il dissenso è cresciuto in queste settimane, al punto che anche Sergio Cofferati, sindaco di Bologna, ha attaccato Prodi e la finanziaria, entrando in rotta di collisione anche con il viceministro Visco. Cofferati è emblematico quando dice che la finanziaria non è stato un atto collettivo: «Da Padoa Schioppa ci aspettavamo risposte, che non sono arrivate. È stata fatta una scelta sbagliata». Tale delusione è condivisa e coincide con il giudizio negativo del Financial Times, già ricordato in quest'aula, che ha classificato il nostro ministro dell'economia all'ultimo posto come il peggiore tra i ministri europei.
La finanziaria, purtroppo, ha già prodotto effetti fortemente negativi nella pubblica opinione e nella fiducia degli italiani. L'economia è ferma e così anche il turismo, che dovrebbe essere il settore trainante del nostro paese e che volete penalizzare con la famigerata tassa di soggiorno.
È una finanziaria che produce infelicità nei cittadini, che non era mai stata misurata con un sondaggio. Ma ciò è quanto emerge da un'indagine condotta da una società presieduta dal sociologo Enrico Finzi. La crisi di fiducia dei cittadini dopo la finanziaria è totale. Dopo essere salito per più di 12 mesi di fila, l'indice che misura l'ottimismo degli italiani ha subito un brusco calo in coincidenza con il varo della finanziaria 2007. La percentuale di italiani che si dichiarano ottimisti sul proprio futuro nell'anno successivo è scesa dal 53 per cento di luglio al 44 per cento di settembre. Il sondaggio conferma alcune tendenze di medio periodo, che possono essere così sintetizzate: fine del tradizionalePag. 110ottimismo degli italiani, convinzione collettiva che il passato sia migliore del futuro, incertezze sul presente e sul futuro.
Quello che emerge, infine, è la palese contraddittorietà del Governo sull'entità della manovra stessa. Abbiamo appreso un giorno che la manovra era di 33 miliardi di euro, poi di 40, per scendere a 25 e poi risalire ancora. Come se non bastasse, il Governo continua ad emendare il suo testo, al quale, evidentemente, non crede più.
Abbiamo assistito al balletto degli emendamenti, in Commissione bilancio e in sede di Commissioni riunite bilancio e finanze, quando è stato discusso il decreto collegato, sul quale il Governo ha dovuto porre la fiducia proprio per le grandi e palesi difficoltà e diatribe all'interno della maggioranza stessa.
Più volte, in ogni occasione, in Commissione, in sede di audizione del ministro Padoa Schioppa e del viceministro Visco, abbiamo espresso la nostra forte preoccupazione per una finanziaria che ci fa assistere ad un notevole passo indietro anche per quanto riguarda le politiche della famiglia. Si è preferito lo strumento delle detrazioni a quello delle deduzioni, una scelta tecnica che non condividiamo assolutamente, perché il reddito imponibile non si abbatte come si dovrebbe fare. Le detrazioni per i familiari a carico e per i figli sono diminuite di un terzo, se confrontiamo le cifre di questa finanziaria con quella del 2006 del Governo di centrodestra.
Ho sentito magnificare il fatto che questa finanziaria affronterebbe il tema strutturale degli asili nido. Ebbene, in realtà, se leggiamo attentamente la finanziaria, fino al 2013 (anno per il quale l'agenda di Lisbona prevedeva la crescita della copertura sino al 33 per cento dei bambini al di sotto dei tre anni) sarebbero necessari 9 miliardi di euro. In questa finanziaria vengono impegnati 100 milioni di euro per ciascun anno del triennio, per un totale di 300 milioni di euro, con la speranza - si dice - che la situazione migliori.
Per concludere, come ha anticipato oggi il presidente del mio partito, Gianfranco Fini, noi di Alleanza Nazionale abbiamo individuato una decina di argomenti e una quarantina di emendamenti davvero qualificanti su temi che ci stanno realmente a cuore, come la sicurezza, la famiglia e la solidarietà.
Rispetto a questi emendamenti presentati, se non ci sarà la disponibilità ad un confronto democratico per accoglierli, la maggioranza si dovrà assumere la totale responsabilità. Si dovrà insomma assumere la totale responsabilità dell'adozione di una strategia economico-finanziaria che interrompe il cammino di ripresa economica dell'Italia avviato dal Governo di centrodestra.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Con questo intervento voglio segnalare un punto, che il mio gruppo ritiene particolarmente critico, del disegno di legge finanziaria in esame: quello relativo alle spese militari, in particolare il fondo destinato a finanziare i programmi di armamenti. Noi siamo contrari a questa scelta, in considerazione di quello che riteniamo dovrebbe essere un diverso equilibrio tra tagli e incrementi di spesa, sia per ragioni relative alle politiche di difesa che sottendono determinate scelte in materia di armamenti.
Nel rapporto 2006 del Sipri, il più prestigioso istituto di ricerca sul disarmo nel mondo, ci viene consegnato un dato allarmante sulle spese militari a livello internazionale; tali spese sono caratterizzate da un incremento significativo nel 2005: 1.120 miliardi di dollari, ben 83 in più rispetto al 2004; il che costituisce il 2,5 per cento del PIL mondiale.
Gli USA sono ovviamente in testa alla classifica, ma anche l'Italia non scherza, signor sottosegretario. A dispetto dei molti discorsi che vengono fatti da diverse parti sulla pochezza dell'impegno finanziario per la difesa, l'Italia dopo la Germania si trova al settimo posto tra i paesi che spendono in armi, rientrando pienamentePag. 111nel club dei G7 delle spese militari. Ovviamente, per avere un'idea precisa della quantità di fondi destinati a questo settore bisogna andare oltre il bilancio ordinario della difesa, conteggiando in finanziaria i vari fondi destinati alle missioni militari e quelli a copertura di spese di armamenti, come avviene in questa finanziaria, che prevede l'istituzione di un assai sostanzioso fondo destinato a finanziare, appunto, i programmi di produzione militare.
Questo particolare capitolo di spesa, tra l'altro - qui mi rivolgo con particolare urgenza al Governo -, richiede, o dovrebbe richiedere, una specifica ed approfondita discussione, che non è mai avvenuta in passato e che mi auguro invece il Governo dell'Unione voglia predisporre: una discussione non solo sulla valenza sociale della destinazione di così cospicue risorse pubbliche agli armamenti - quando la tendenza storica in atto, in parte confermata da questa finanziaria, è quella di tagliare su voci fondamentali di welfare -, ma anche e soprattutto, dal punto di vista militare, sul significato politico e strategico di tali scelte. A quale strategia di difesa, a quale strategia delle alleanze, a quale ruolo geopolitico dell'Italia sono utili e funzionali tutti quei sistemi di arma elencati doviziosamente nella nota aggiuntiva allo stato di previsione per la difesa per l'anno 2007 (quelli finanziati appunto dal fondo di cui parlavo sopra)?
E ancora: qual è la convenienza economica, in termini di politiche industriali, di questi finanziamenti? Voglio limitarmi, per evidenti ragioni di tempo, ad un solo esempio, quello del Joint Strike Fighter. L'Italia nel 2001, con il Governo Berlusconi, si impegnò ad investire 1.192 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo negli USA dal 2002 al 2012. Tale decisione si basava su diverse considerazioni, che possono essere ricondotte sinteticamente a due. La prima riguardava l'orientamento della marina e dell'aeronautica militare di sostituire i loro velivoli di attacco al suolo, che stanno invecchiando (i famosi AMX e parte della flotta dei Tornado). L'argomento invocato era, di conseguenza, che entro il 2012 le Forze armate italiane avrebbero avuto bisogno di un nuovo aereo tattico d'attacco al suolo, complementare all'Eurofighter, che è un velivolo aria-aria da superiorità strategica.
Il secondo argomento riguardava l'industria bellica, cioè le convenienze che sarebbero derivate al nostro paese dal coinvolgimento nel progetto statunitense GSF come un'occasione unica per l'industria italiana aerospaziale e di difesa, in termini di subappalti e di ricerca tecnologica. Questa scelta - al riguardo richiamo l'attenzione del sottosegretario - è avvenuta al buio, senza nessuna adeguata discussione e trasparenza sui problemi di fondo, come per esempio l'impatto sulla dottrina militare e sulle implicazioni strategiche che la scelta del Joint Strike Fighter comporta.
Questi sono soltanto alcuni dei problemi connessi al programma. Per stessa ammissione dell'areonautica militare, le esigenze di difesa aerea del nostro paese sarebbero già coperte dall'impegno nel progetto di acquisto di una grossa quota di esemplari del caccia europeo di nuova generazione EF-2000 Typhoon, e quindi il progetto GSF, sempre per ammissione delle gerarchie militari dell'aeronautica, potrebbe rivelarsi indirizzato soprattutto ad un aumento di potenza offensiva.
Quindi la scelta è avvenuta - mentre negli ambienti militari si fanno queste considerazioni - espropriando completamente il Parlamento di chiarezza e trasparenza sulle potenzialità strategiche dell'argomento in discussione. Di conseguenza, ci dobbiamo chiedere - lo chiedo a lei, signor sottosegretario - che cosa l'Italia avesse allora in mente (ed abbia oggi in mente, nel momento in cui si reitera il finanziamento al GSF) quando ha compiuto e quando compie tale scelta di armamento. In altre più esplicite parole, quali missioni di bombardamento offensivo - è stata questa una tematica sollevata anche dall'ex capo di Stato maggiore dell'esercito, il generale Fraticelli - l'Italia pensa che sarà chiamata a compiere nellePag. 112future guerre? Contro quale tipo di nemico? E soprattutto, chi chiederà all'Italia di compiere tali missioni?
Il Governo Berlusconi - che su questo ha avuto il grande merito della chiarezza più esplicita - non ha mai nascosto la sua condivisione in ordine alle strategie di guerra, o comunque di invasive operazioni militari, dell'amministrazione Bush. Un programma come il GSF è funzionale a tali strategie. Questo è il punto relativo alle strategie, su cui non c'è trasparenza. Non si capisce a cosa serva questo programma così costoso.
Il Governo Prodi, quindi il nostro Governo, condivide? Che cosa dice sull'aspetto dei costi elevatissimi? Vorrei sapere che cosa dice il Governo sulla valenza strategica e che cosa dice sull'aspetto dei costi elevatissimi. Costi tali che a livello internazionale sono stati sollevati dubbi e perplessità circa la stessa realizzabilità del progetto da un punto di vista della contabilità. Cito i dubbi dell'organo di controllo delle spese del Congresso statunitense, che ha sollevato appunto molte perplessità sull'eccesso, che si incrementa sempre di più, delle spese per il GSF, e cito i dubbi della Corte dei conti olandese, che afferma come la partecipazione allo sviluppo del programma esponga i Paesi Bassi a rischi finanziari. E molte Corti dei conti di altri paesi europei, impegnati come l'Italia nel programma, sono orientate a relazioni di questo tipo.
In conclusione, il nostro gruppo, ed io personalmente, crediamo che il capitolo sulle spese militari destinate alle armi e agli armamenti debba essere radicalmente rivisto, sottratto al cono d'ombra nel quale da troppo tempo è confinato, praticamente delegato agli ambienti militari e all'industria militare, e quindi restituito al controllo e alla decisionalità del Parlamento.
Ciò deve avvenire in stretto collegamento con le nostre scelte di politica estera e nel rispetto del troppo dimenticato articolo 11 della Costituzione. E dunque per l'Italia vi è la necessità di ripensare il concetto di difesa, connesso al tentativo di rilancio dell'ONU al quale sta cercando di contribuire. Insomma, già a partire da questa legge finanziaria, si devono rivedere gli impegni di spesa per armamenti, così incautamente assunti dal Governo e presentati nel provvedimento in esame.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Crosetto, iscritto a parlare: si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Salerno. Ne ha facoltà.
ROBERTO SALERNO. Signor Presidente, innanzitutto affermo di approvare, sostenere e sottoscrivere gli interventi dei colleghi di Alleanza Nazionale. Con il mio intervento voglio aggiungere l'estrema preoccupazione dell'intera minoranza per il fatto che, con la vittoria del centrosinistra alle recenti elezioni politiche, si è purtroppo arrestato e fondamentalmente bloccato il processo di modernizzazione della nazione. Nel 2001 il centrodestra aveva avviato tale processo, che dovremmo definire di normalizzazione piuttosto che di modernizzazione. Nel 2001 la fotografia del nostro paese presentava una nazione ferma agli anni Sessanta per quanto riguarda le infrastrutture. Le reti ferroviarie avevano treni che raggiungevano in media una velocità di circa 70-80 chilometri all'ora. Vi erano autostrade vecchie, strette, non più utili al traffico veloce di una nazione moderna. Gli aeroporti non avevano standard internazionali ed il sistema fiscale era labirintico e punitivo. Vi erano un mercato del lavoro ingessato ed altri problemi.
Dal 2001 abbiamo iniziato il processo di modernizzazione, aprendo i cantieri delle grandi opere. Oggi l'alta velocità è una realtà; non si tratta soltanto di parole, ma di fatti. Il primo tratto del percorso Torino-Milano è stato già inaugurato per almeno 100 chilometri. Quindi, il treno ad alta velocità è diventato una realtà con una sua ferrovia, un suo tracciato ed una locomotiva che sfreccia a 300 chilometri all'ora, come in Francia accade da anni, ma anche in Germania, in Spagna e nei grandi paesi con cui dobbiamo confrontarci.Pag. 113
Questo processo si è fatalmente arrestato. Avete bloccato i cantieri delle grandi opere e non volete saperne di alta capacità o di alta velocità. La vostra volontà è quella di passarvi la palla per nascondervi dietro ad un dito, ma è fin troppo chiaro che volete arrestare il processo delle grandi opere di modernizzazione della nostra nazione.
Nel disegno di legge finanziaria dobbiamo quasi riconoscere un filo conduttore, che inizia con i primi provvedimenti quali il decreto Visco-Bersani e la legge sull'indulto. Tale filo conduttore porta alla vostra incapacità di governare e di capire quello che il sistema paese chiede al Governo. In qualche modo avete riportato indietro le lancette dell'orologio, agli anni precedenti al 2001.
Venendo alle grandi misure previste nel disegno di legge finanziaria di cui tanto si parla, con il cuneo fiscale date «uno» e allo stesso tempo prendete «due», sottraendo liquidità con la misura relativa al TFR. È un provvedimento che va in senso esattamente contrario a quello di fornire incentivi per l'investimento delle imprese. Nel sistema fiscale avete reintrodotto sistemi di punizione e controllo degni di un paese comunista degli anni Sessanta, che costituiscono anche una lesione alla libertà individuale e non solo a quella di impresa.
Avete criminalizzato anche gli omessi versamenti dell'IVA, non legati all'evasione ma ad una semplice crisi di liquidità dell'azienda. Molto spesso anche una grande azienda può accusare un problema di liquidità. Ebbene, il mancato versamento periodico dell'IVA può essere dovuto proprio a tale carenza. Tuttavia, con i vostri provvedimenti in materia di economia, come il decreto Visco e il disegno di legge finanziaria, l'omesso versamento è diventato reato, invece di costituire una violazione amministrativa, pur non essendoci evasione o occultamento di fatturato e quindi di componenti positivi di reddito o di IVA. Esso è diventato un elemento di criminalizzazione non solo inspiegabile, ma anche ingiusto e quasi incostituzionale.
La minoranza è estremamente preoccupata del fatto che con la vittoria del centrosinistra alle recenti elezioni politiche si sia definitivamente arenato questo processo di modernizzazione. Ovviamente non ci arrendiamo, ma oltre a questo avete commesso qualcosa di ancora più grave, reintroducendo un elemento inquietante di disagio sociale. Infatti, avete pagato dazio ai veterocomunisti della vostra coalizione e avete reintrodotto il confronto tra ricchi e poveri, in una sorta di scontro sociale che sappiamo quanto possa essere foriero di vendette e di risentimento in una nazione che, bene o male, aveva superato i momenti più tristi e congiunturali degli anni Settanta e Ottanta, quando vi era stagnazione economica. Bene o male, l'Italia è un paese che sta garantendo, se vogliamo in misura anche eccessiva, molto a tanti. E allora il confronto tra ricchi e poveri eravamo riusciti in qualche modo a scordarlo e a lasciarcelo giustamente alle spalle. Invece, esso ritorna prepotente in questa lotta di classe, elemento di un'ideologia tipicamente comunista, anzi veterocomunista. Lo ritroviamo nel 2006, ovvero nel terzo millennio, che dovrebbe essere quello del progresso, delle grandi partite e dei grandi orizzonti.
In conclusione, tengo ad affermare che avvertiamo la gravità della situazione perché ascoltiamo la protesta nelle piazze. Tuttavia, non ripetiamo quanto accaduto dal 2001 al 2006, quando l'allora minoranza (oggi maggioranza) ha sempre criminalizzato il centrodestra allora al governo. Nella nostra opinione siete totalmente incapaci di governare; tuttavia non abbiamo detto una sola parola che metta in dubbio la vostra legittimità a farlo, al contrario di quanto voi avete fatto per cinque anni, riempiendo la vita politica di polemiche strumentali, di attacchi personali, di scandali pilotati e di inchieste della magistratura politicizzata, quasi in un attacco che delegittimasse e sovvertisse il verdetto democratico delle elezioni e delle urne. Da parte della minoranza non si è levata una sola parola sulla vostra legittimità a governare. Di questo ci sentiamo orgogliosi e in credito verso la vostra maggioranza.Pag. 114
Concludo ribadendo la secca bocciatura della manovra, che blocca ogni processo di modernizzazione dell'Italia, che produce un arretramento sociale e culturale della nazione, che colpisce il sistema produttivo, le piccole e medie imprese, i piccoli imprenditori e quelli individuali, i grandi professionisti ma anche i piccoli, come i tassisti e i panettieri. Essa insomma colpisce tutti e la minoranza è estremamente preoccupata per i danni che potreste ancora fare se governerete a lungo la nazione. Pertanto, spero vivamente che presto si ritorni al voto o quantomeno si arrivi a formare una nuova maggioranza di Governo, in modo che evitiate alla nostra amata Italia un calvario immeritato ed ingiusto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, vorrei esprimere solo due considerazioni per poi consegnare il testo dell'intervento, che lascio agli atti per ragioni di correttezza istituzionale.
Debbo francamente dire che il dibattito mi sembra molto stanco e deludente. Tale è la fase che ci ha accompagnato nel corso di queste settimane. Vi è una preoccupazione di fondo sulla vita politica del paese che mi pervade e mi fa dire che preferirei che in quest'aula vi fosse un contrasto forte tra una maggioranza e un'opposizione sui destini del nostro paese; un dibattito in grado di trascinare l'attenzione della pubblica opinione. Invece, non mi resta che registrare la stanchezza di un confronto tra di noi che rischia di essere troppo rituale.
Mi scuso per questo e mi limito a consegnare il testo del mio intervento, chiedendo alla Presidenza di autorizzarne la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna.
PRESIDENTE. Onorevole Tabacci, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Bellotti. Ne ha facoltà.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Bellotti, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Tomaselli. Ne ha facoltà.
SALVATORE TOMASELLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, nelle scorse settimane una voce autorevole si è levata nel dibattito politico per incitare le classi dirigenti del nostro paese a ritrovare il senso della missione. Era la voce di Carlo Azeglio Ciampi: ma manca la missione!
Questo è il vero problema dell'Italia di oggi: ciò che conta è che oggi non si vede un grande obiettivo, generale e condiviso, che il paese possa comprendere e che dia un senso a tutto ciò che si sta facendo. Una incitazione a ritrovare il gusto dell'ambizione di un progetto importante, che segni una fase storica nelle cose che facciamo, oltre il mero contingente.
Penso che il passaggio delicato dell'approvazione della legge finanziaria 2007 vada collocato dentro questa ambizione. La complessità della proposta di legge finanziaria che il Governo ha presentato è figlia della volontà del centrosinistra di ridare una prospettiva al nostro paese. Allora, l'obiettivo per noi è chiaro: la modernizzazione dell'Italia, da conquistare innanzitutto rimettendo a posto i conti dell'azienda Italia e riprendendo il filo del risanamento interrotto con il Governo Berlusconi-Tremonti. Quest'ultimo ha pressoché annullato l'avanzo di bilancio prodotto negli anni di Governo di centrosinistra, ha ridato spazio alla crescita della spesa pubblica e non ha creato nè riforme strutturali, né crescita per il paese, ma solo una redistribuzione della ricchezza a favore dei ceti più abbienti.Pag. 115
Gli anni passati hanno annullato gli sforzi di risanamento precedenti: il debito pubblico ha azzerato l'avanzo primario e ha ripreso a correre. Gli interessi pari a 67 miliardi annui non sono solo una tassa sull'oggi, ma una grave ipoteca sul futuro e sulle prossime generazioni, sulla capacità del paese di onorare impegni e di sostenere le spese sociali, la scuola, la sanità, la sicurezza. Il risanamento dei conti è per noi la premessa di una rinnovata politica di crescita e di sviluppo ed è lo strumento, non certo il fine, della nostra politica; una politica che ha scelto, ad esempio, di fare delle liberalizzazioni una sfida per il paese intero, un'occasione di superamento dei tanti egoismi e delle tante corporazioni da cui questo nostro paese spesso è attraversato, ma anche il chiavistello per aprire il mercato delle professioni, delle imprese, dei servizi a nuovi soggetti che oggi fanno più fatica di altri o ne sono addirittura esclusi.
Insomma, vorremmo uno Stato meno gestore e più regolatore, dentro cui il cittadino-consumatore veda affermata la sua centralità, e cittadini consumatori lo siamo tutti. Vorrei che non sfuggisse a nessuno come, accanto ed oltre a questa legge finanziaria, il Governo e la maggioranza che lo sostiene siano stati impegnati in queste settimane - e lo saranno ancora subito dopo l'approvazione della legge di bilancio - a discutere ed approvare testi importanti concernenti la liberalizzazione dei servizi pubblici, la tutela dei consumatori, la semplificazione della pubblica amministrazione, l'energia, la riforma del sistema radiotelevisivo e così via. Un corposo ed ambizioso programma di modernizzazione, quindi, nel cui quadro vanno inserite le scelte della manovra finanziaria che rilanceranno la crescita e lo sviluppo del paese.
Nel corso del confronto di queste settimane si sono apportate significative innovazioni rispetto al testo originario, frutto del dialogo con il paese, a cominciare da enti locali e forze sociali. Mi sembra di poter dire che appaiono ormai lontane le strumentalizzazioni in termini di una sorta di volontà punitiva di questo provvedimento nei confronti del cosiddetto ceto medio o verso le piccole imprese. Sono state costruite con il confronto e con il consenso modifiche sostanziali: penso al TFR che esclude le piccole e medie imprese fino a 50 addetti o all'apprendistato per le imprese artigiane. Tali disposizioni confermano, oltre ogni dubbio, come grande sia l'attenzione del centrosinistra verso il ruolo e la funzione che svolgono le piccole e medie imprese nel paese.
In tale direzione, si è in presenza peraltro, già in questo disegno di legge finanziaria, di una parte dei provvedimenti previsti dal disegno di legge Industria 2015, predisposto dal ministro Bersani, con cui torna in Italia, finalmente, la politica industriale, dopo anni di perdita di competitività del sistema produttivo nazionale che ha fatto parlare tanti osservatori di vero e proprio declino. Provvedimenti che sono orientati - e concludo, Presidente - proprio alla ripresa di competitività del sistema produttivo. Ricordo qui i progetti di innovazione industriale, il fondo per la competitività e il fondo per la finanza d'impresa. Di nuove politiche industriali ha bisogno il nostro paese, così come il Mezzogiorno. Abbiamo in mente l'idea di un paese più giusto, più solidale, più coeso, ma anche più competitivo e dinamico nella sfida del mondo globale. Un paese che torni a valorizzare le sue risorse più importanti, a cominciare dai giovani, ai quali offrire opportunità e non solo più precarietà.
Signor Presidente, in conclusione chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Tomaselli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritta a parlare l'onorevole Mungo. Ne ha facoltà.
DONATELLA MUNGO. Signor Presidente, il disegno di legge finanziaria in discussione in questi giorni in aula e nei giorni scorsi nella Commissione bilancio ciPag. 116ha accompagnato per mesi e settimane sugli organi di stampa, purtroppo più in termini polemici che di informazione per i cittadini. Questo ci dispiace e crediamo debba dispiacere a tutti, maggioranza e opposizione. Infatti, la legge finanziaria, soprattutto all'inizio di un percorso come quello che questa maggioranza e questo Governo cercano di affrontare - tra moltissime difficoltà su cui tornerò dopo - avrebbe avuto bisogno di una capacità di comunicare ai propri cittadini, vale a dire ai destinatari della legge finanziaria stessa (forze sociali e soggetti economici) quali fossero gli obiettivi reali che la manovra intende perseguire.
Non mi riferisco chiaramente al dettaglio, sul quale nemmeno io posso adesso soffermarmi in soli dieci minuti, bensì al senso della manovra, composta dal disegno di legge finanziaria in esame ma anche dal decreto fiscale e da altri provvedimenti collegati, che esamineremo nel prosieguo della nostra discussione. Avremmo auspicato che la discussione nel paese si soffermasse maggiormente sui temi veri. Da questo punto di vista mi dispiace non aver ascoltato in aula l'intervento dell'onorevole Tabacci, che però leggerò sicuramente in un secondo momento. Si tratta, certamente, di un altro punto di vista - diverso dal mio - che pone tuttavia un tema importante, quello del futuro di questo paese e della elevazione di una discussione che, per l'appunto, si sofferma su questioni che molto spesso appaiono più macchiettistiche che reali.
Entro nello specifico di uno dei punti forse tra i più controversi di questa manovra, qual è appunto l'utilizzo della leva fiscale. Infatti, come mi è capitato di dire anche in occasione del decreto Visco-Bersani, sicuramente non è facile parlare di imposte, in particolare in questo paese. Non ritengo che le misure previste dal decreto-legge precedente, e dalla manovra finanziaria in genere, siano in sé risolutive di un problema come quello dell'evasione fiscale che, in questo paese, ha proporzioni gigantesche.
È evidente che bisogna creare una cultura differente; in tal senso, più che di una manovra politica «comunista» - che pure la mia parte politica potrebbe auspicare -, mi accontenterei di una manovra «calvinista»: dovremmo, cioè, renderci conto tutti che il paese non può non avere entrate sufficienti per garantire i servizi ed i servizi di qualità.
Ritengo che questa manovra, dal lato delle entrate, agisca in maniera efficace; vedremo naturalmente i risultati e giudicheremo successivamente, ma l'approccio mi sembra quello corretto. È difficile, in questa fase, far fronte ai tagli, da più parti chiesti, sul versante della spesa, a fronte della circostanza che molti tagli sono stati già operati ed in maniera anche indiscriminata dal Governo che ci ha preceduto, entrando, per così dire, nella carne viva del paese. È difficile «tagliare» in questa fase senza condizionare direttamente la qualità dei servizi; ritengo che al riguardo questo Parlamento e questo paese dovrebbero condurre una riflessione collettiva non sulla quantità, ma sulla qualità della spesa. Dobbiamo chiederci cosa noi offriamo ai nostri cittadini in cambio delle tasse che chiediamo loro; ritengo che sarebbe più facile - intervenendo gradualmente nel tempo; si tratta infatti di operazioni che non si possono compiere in pochi mesi - chiedere ai cittadini la compartecipazione che la nostra Costituzione prevede a fronte della prestazione di servizi di qualità. Credo che, invece, in questi ultimi anni vi siano stati un degrado della qualità dei servizi offerti dallo Stato ed una difficoltà, per enti locali e regioni, di far fronte ai nuovi bisogni ed alle esigenze che una popolazione che cambia, sia come composizione sia anagraficamente, obbliga a dovere considerare. Ritengo che, per l'appunto, dovremmo preoccuparci, nei prossimi anni, più che di come ridurre le tasse, di come spendere meglio le risorse che lo Stato riscuote attraverso la leva fiscale.
Ciò premesso, è evidente che attraverso la leva fiscale questa finanziaria si prefigge anche lo scopo di agire sul versante dell'equità. Da un lato si punta al recupero dell'evasione fiscale; dall'altro, si mira a realizzare una reale progressività dell'imposizionePag. 117con maggiore adesione, quindi, al dettato costituzionale, di modo che le fasce più deboli e meno abbienti possano contribuire meno, considerato che guadagnano meno rispetto alle fasce più alte.
A tale riguardo, mi soffermo appena sul profilo dei rapporti tra poveri e ricchi. Vorrei, infatti, mi si consentisse al riguardo di osservare solamente, anche per rispondere a taluni interventi precedenti, che non ne facciamo una questione di lotta di classe (questione che pure la mia forza politica potrebbe porre); piuttosto, si tratta di una presa d'atto di una forbice che si allarga, di una quantità di persone, di famiglie, di giovani e di anziani che in questo paese hanno minore potere di acquisto e minore capacità di far fronte ai propri bisogni. Al contrario, esiste una fascia piccola, che si è ampliata nel tempo, di ricchi e super ricchi i quali hanno continuato a godere, negli anni scorsi, di privilegi e di aiuti consistenti riconducibili all'azione del Governo precedente.
Ci auguriamo che questa finanziaria dia un segnale importante; auspichiamo infatti - e mi rivolgo ai colleghi dell'opposizione - di poter lavorare per cinque anni e di avere, quindi, il tempo per compiere quegli interventi che non possono essere realizzati con una sola finanziaria, specie se varata a legislatura appena iniziata, ereditando, quindi, situazioni che non sono state generate dal Governo in carica.
Esprimo tale osservazione solo per ricordare a me stessa la questione del risanamento dei conti pubblici, che ha richiesto un intervento che si attesta intorno ai 14 miliardi. Certamente senza tale intervento la manovra sarebbe stata, da un lato, più leggera e, dall'altro, maggiormente ispirata agli altri due obiettivi, lo sviluppo e l'equità. Peraltro, ci auguriamo che ciò possa già avvenire dal prossimo anno; ricordo, solo a scopi informativi, che naturalmente la mia forza politica avrebbe voluto distribuire diversamente il peso del risanamento dei conti pubblici, proprio per evitare che sul prossimo anno, per così dire, si abbattesse, ed in tale entità, una così pesante scure. Ma ciò non è stato possibile; ci siamo, quindi, adoperati - noi come le altre forze della maggioranza - per far sì che, comunque, non venissero misconosciuti gli altri due obiettivi, appunto sviluppo ed equità.
Prima di concludere il mio intervento, svolgerò ancora un'ultima considerazione. Ritengo che maggiore attenzione debba essere posta al rapporto tra Stato ed enti locali. Lo asserisco non soltanto in conseguenza delle lamentele dei sindaci, che pure vi sono state e, in alcuni casi, sono anche giustificate. I cittadini, infatti, percepiscono molto il rapporto con il proprio ente locale ed è difficile, per chi amministra, essere posto di fronte alla scelta drammatica di tagliare un servizio o di aumentare l'imposizione. Ritengo che da tale punto di vista vada avviato in maniera più approfondita il dialogo con gli enti locali; ci auguriamo che a tale riguardo, in occasione del varo della prossima finanziaria, si arrivi più pronti, avviando prima il confronto con gli enti locali per evitare che vi possa essere una sovrapposizione di imposizione locale e di imposizione nazionale che, sì, potrebbe davvero danneggiare le fasce più deboli, quelle che noi vogliamo, per l'appunto, tutelare maggiormente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Raisi. Ne ha facoltà.
ENZO RAISI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, questa è una finanziaria partita male, con promesse demagogiche, già sentite in campagna elettorale. Essendo da campagna elettorale, ci aspettavamo che tali argomentazioni, davanti alle gravi responsabilità che aveva dinanzi questo Governo, fossero in qualche modo accantonate e, piuttosto, si intraprendesse, con senso di responsabilità, la scelta decisionista che questo paese attende sulla via delle riforme.
Avete invece continuato a parlare del «buco»; ma, tale buco, non si è capito dove fosse e quale ne fosse l'entità. Avete quindi dichiarato che l'Italia, rispetto all'avanzamento mondiale dell'economia, accusavaPag. 118gravi ritardi, non tenendo conto del fatto che, in realtà, l'economia mondiale, in questi anni, ha, sì, conosciuto risultati estremamente positivi, ma solo con riferimento ai mercati americani e del far east; l'Europa, invece, ha segnato il passo. In Europa hanno segnato il passo soprattutto quei paesi, come Italia, Francia e Germania, che hanno gravi problemi strutturali; verifichiamo dunque tali problemi strutturali del nostro paese, che indubbiamente hanno destato preoccupazione in questi ultimi anni. Deficit strutturali che derivano dall'incapacità di comprendere cosa significhi la globalizzazione per le nostre imprese; deficit strutturali nel campo energetico e in quello delle infrastrutture (con conseguente incapacità di essere competitivi sul versante dei trasporti); deficit anche per quanto concerne i conti pubblici.
Dunque, ci attendevamo altro da questa finanziaria, che Prodi definirebbe «importante» ma noi soltanto imponente per i numeri: 34 miliardi di euro; se si aggiungono, poi, i 6 miliardi del decreto Visco-Bersani, la manovra finanziaria nel suo complesso raggiunge i 40 miliardi di euro. Di questi, solo 14 miliardi sono destinati al raggiungimento dell'obiettivo, da voi considerato importante e fondamentale, del famoso 3 per cento del rapporto deficit-PIL; percentuale che, peraltro, le ultime statistiche ci dicono sia già stata raggiunta nel primo semestre di quest'anno.
Dunque, quando i numeri sono questi - 14 miliardi solo per il taglio alle spese, ed il resto, in realtà, per un presunto impegno per lo sviluppo -, i dati, chiari ed evidenti, mostrano cosa significa questa manovra finanziaria.
Ma vediamo in termini costruttivi cosa avete fatto rispetto a quei deficit strutturali sui quali ritengo che qualsiasi persona di buon senso, che conosca l'economia del nostro paese, concordi.
Dopo gli impegni importanti assunti dai precedenti Governi, anche grazie alla legge obiettivo, avete sospeso ogni possibilità di rilancio delle grandi infrastrutture di questo paese e addirittura alcune, come il ponte sullo stretto di Messina, le avete cancellate.
Poco o nulla è previsto nel campo dell'energia, ahimé, e lo sottolineo perché fui relatore, nella scorsa legislatura, di un provvedimento in materia. Avete cancellato l'impegno - fra l'altro, bipartisan - assunto da questo Parlamento con la legge sulla internazionalizzazione per investire nel settore degli sportelli unici internazionali e nell'aiuto e accompagnamento delle nostre imprese all'estero. Cito, come elemento vergognoso, il fatto che l'unico finanziamento che siete riusciti a ricavare attiene all'articolo 128-bis; mi riferisco ai famosi 14 milioni di euro che avete regalato ad un senatore eletto all'estero per finanziare, immagino, qualche giornalino o qualche manifestazione culturale. Avete comprato questo senatore con 14 milioni di euro!
Nessun seguito avete dato al significativo impegno che avevamo assunto nella scorsa legislatura in materia di commercio estero...
PRESIDENTE. Onorevole Raisi...
ENZO RAISI. Questo disegno di legge finanziaria non presta la minima attenzione allo sviluppo delle nostre imprese e non rivela alcuna intenzione di proseguire sulla via maestra del superamento del deficit infrastrutturale che abbiamo e che sicuramente penalizza le nostre imprese. Avete riciclato vecchi leit-motive come quello dei contributi per la rottamazione dei frigoriferi. Mi domando per quale motivo...
PRESIDENTE. Onorevole Raisi, la domanda se la ponga nel corso di un altro intervento, per favore!
ENZO RAISI. ... tra tutti gli elettrodomestici che ci sono in una casa solamente il frigorifero benefici dei contributi per la rottamazione. Basta verificare chi produce i frigoriferi in Italia!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
Pag. 119
PIETRO RAO. Signor Presidente, contrariamente all'onorevole Tabacci - di cui comprendo la delusione, per così dire, nell'osservare un Parlamento quasi disinteressato alla discussione di un provvedimento tanto importante quale è il disegno di legge finanziaria - considererò virtualmente presenti sia il ministro competente sia il Presidente del Consiglio dei ministri.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, il neonato Movimento per l'Autonomia, che rappresento e che per la prima volta, per ovvi motivi, è presente come componente del gruppo Misto in Parlamento, nel contesto di un dibattito sul disegno di legge finanziaria non può assolutamente esimersi dall'esprimere la propria posizione ed il proprio giudizio critico sulle misure che stanno per essere approvate.
Ciò che maggiormente ci ha colpito in queste ultime settimane è stato il turbinoso valzer di cifre che il ministro dell'economia ha tentato di porre all'attenzione di tutte le forze politiche. Inoltre, è apparso in maniera chiara e inequivocabile come proprio sui numeri lo stesso ministro dell'economia «scivoli», per le enormi difficoltà che incontra sia nel definire le cifre della manovra economica per l'anno 2007 sia nel riferirle correttamente in Parlamento.
Tanto per cominciare, si era ipotizzata una manovra da 35 miliardi di euro. Tuttavia, i dati relativi alla forte crescita delle entrate avevano convinto i tecnici, su sollecitazione degli alleati più riottosi, a ridurre in misura sostanziale la stangata, portando la manovra economica a 30 miliardi di euro. Successivamente, è stata portata a 33,5 miliardi di euro e, quindi, ulteriormente aumentata per dare maggiore impulso alle dinamiche economiche. In queste ultime ore, con una scansione temporale quasi cronometrica, assistiamo ad altri ritocchi.
In tali condizioni, restiamo esterrefatti e privi di orientamento, in quanto è difficile individuare punti di riferimento e motivi di critica politica. Signor ministro, a questo punto ci viene spontaneo chiederle, tutto considerato, se non sia il caso di mettersi d'accordo, oltre che con se stesso, anche con gli altri rappresentanti di Governo e con tutti i partiti che compongono questa maggioranza, nonché con tutti i suoi tecnici, e se non sia il caso di farsi spiegare come mai i conti non tornino, prima di presentarsi ad un appuntamento non certo di secondaria importanza, come quello di una manovra finanziaria.
Appare chiaro che il modo in cui è confezionato questo disegno di legge finanziaria, fatto di bozze diramate e poi smentite dopo che tutti i settori interessati hanno alzato barricate, trovando, spesso, una sponda in qualche partito di maggioranza, non può non essere considerato al limite dell'irrazionale. Appare chiaro, inoltre, quanto confuse e poco chiare siano le idee all'interno di questa maggioranza. Dal disegno di legge finanziaria di questo Governo, o dal suo cilindro magico, esce ogni giorno una sorpresa. Prima, l'imposta di successione sparisce, travestita da tassa di registro; poi, ricompare come d'incanto. Avevate proposto a tutte le imprese, piccole, medie e grandi, di trasferire il TFR all'INPS. Invece, secondo le ultime notizie ne sono esentate tutte le imprese il cui numero di dipendenti arrivi a 50 unità. Compaiono l'aumento dell'imposta di bollo sui SUV e l'esenzione dal bollo per le autovetture euro 4 che, poi, scompare. Ci informate di massicce assunzioni nel mondo della scuola ma, secondo le ultime notizie, saranno «tagliati» 50 mila posti per tutti i precari. Ci pare che regnino veramente molta confusione e poca capacità di gestione di questa manovra economica.
Non si può certamente governare all'insegna dell'improvvisazione. Ci rendiamo perfettamente conto dei tira-e-molla che esistono tra tutti i partiti dell'Unione e di come non sia facile conciliare posizioni contrapposte, specie quando nell'aria aleggiano minacce di non supportare il provvedimento con il voto. Ne abbiamo avuta esperienza in sede di Commissione bilancio, in cui un modesto dibattito si è svolto sull'emendamento a favore del senatore Pallaro, quello concernente i 14 milioni di euro: questa ne è la più palese testimonianza.Pag. 120
Nella storia della Repubblica non avevamo mai assistito alla discesa in piazza di tutte le categorie professionali che manifestavano la propria protesta. A tale proposito, per una forma di rispetto e di sensibilità, noi invitiamo il Presidente del Consiglio dei ministri a chiedere scusa a tutti gli italiani per aver dichiarato di non tenere in debita considerazione le proteste di piazza da parte di tutte le categorie poiché, con queste dichiarazioni, ha mancato di rispetto nei confronti di chi lavora e produce nel nostro paese. Le categorie professionali, con la manifestazione del 12 ottobre scorso, hanno esternato tutto il loro dissenso, sottolineando anche come questo Governo abbia abrogato, di fatto, se non di diritto, lo statuto del contribuente, continuamente violato e calpestato quando si tenta di introdurre il concetto della retroattività delle norme in materia fiscale, cosa mai accaduta prima. Chiediamo, in virtù di ciò, che si abbia maggiore rispetto per famiglie, imprese e professioni, sempre che questi principi rientrino nelle logiche di una sinistra radicale.
Mi faccio portavoce di queste categorie per esprimere tutte le preoccupazioni del caso perché il decreto Bersani-Visco, prima, e il disegno di legge finanziaria, oggi, offrono forti motivi di apprensione. In particolare, riteniamo doveroso intervenire nel merito dei tanti provvedimenti normativi che, direttamente o indirettamente, recano danno a tutti i lavoratori autonomi, fingendo di perseguire obiettivi di liberalizzazione e di sviluppo del paese. Non si può legiferare senza ascoltare le parti sociali, senza aprire un tavolo di concertazione e aumentando e imponendo d'autorità, e nella assoluta mancanza di rispetto, le incombenze burocratiche (si vedano l'articolo 35, comma 2, della legge n. 223 del 2006, il decreto Bersani-Visco, l'obbligo di allegare l'elenco clienti e fornitori, l'obbligo di apertura di un conto corrente e così via). Con questo dibattito parlamentare cercheremo di porre rimedio alle tante vessazioni che si vogliono imporre con un autoritarismo e uno statalismo di basso livello.
Ancora brutte sorprese per le piccole e medie imprese, per le quali il tanto decantato cuneo fiscale non sortirà effetto alcuno. Come se non bastasse, a loro carico volete imporre l'innalzamento dei contributi previdenziali, l'aggravio di dieci punti percentuali per gli apprendisti e il mancato sgravio delle aliquote INAIL per l'artigianato.
Oltre al danno, la beffa! A nostro avviso, questa legge finanziaria è assolutamente sbilanciata sul lato delle entrate, con un aumento notevole della pressione fiscale, e poco incisiva sul versante della spesa. In ultima analisi, è una manovra iniqua e fortemente punitiva per tutte le categorie sociali.
Ci sembra opportuno darle un consiglio: non vesta i panni di Robin Hood, che toglie ai ricchi per dare ai poveri, perché, molto sinceramente, è un ruolo che non recita molto bene e che non le si addice.
Il malumore serpeggia in tutte le categorie e rischia di creare un insieme di situazioni che possono innescare forti conflitti sociali, di mettere una contro l'altra le varie categorie produttive del paese quando vengono accusate da questo Governo di essere tutte composte da evasori fiscali. Altro che unire il paese!
Pur condividendo le buone intenzioni di questo Governo di combattere l'evasione fiscale, certamente non possiamo condividere gli strumenti, che sono a dir poco fortemente repressivi, al limite della limitazione della libertà dei cittadini, se così li possiamo ancora chiamare dopo questa manovra.
Questi provvedimenti rischiano di provocare effetti disastrosi sulla capacità di spesa e sui consumi delle famiglie italiane e, quindi, sulle attività del comparto. La manovra andrà ad incidere ancora nei bilanci delle famiglie a causa degli aumenti che vengono introdotti su molti fronti di spesa dei cittadini.
Auspichiamo una inversione di tendenza, con significative modifiche di quella linea politica del Governo, linea che pensavamo fosse ormai definitivamente tramontata. Anche in questo senso ...
PRESIDENTE. La ringrazio....
PIETRO RAO. Mi perdoni, Presidente, ma abbiamo 19 minuti a disposizione!
PRESIDENTE. Sì, ma il suo gruppo ha deciso che lei poteva utilizzare solo 9 minuti e 30 secondi.
PIETRO RAO. No, si era detto di utilizzarli tutti, se mi permette.
PRESIDENTE. Mi dispiace, ma il suo gruppo ha iscritto anche altri colleghi.
PIETRO RAO. Ne avevamo 19 a disposizione!
PRESIDENTE. Mi dispiace per lei, ma qui ho scritto 9 minuti e 30 secondi. Il suo tempo è esaurito.
PIETRO RAO. Presidente, mi pare che questa fiscalità sia eccessiva, se mi consente.
PRESIDENTE. Non è una questione di fiscalità: lei ha ampiamente superato il tempo che le è stato assegnato.
PIETRO RAO. Noi avevamo 19 minuti assegnati! Mi perdoni se insisto.
PRESIDENTE. Mi permetta di insistere nel precisarle che domani mattina è iscritto un altro collega della componente del suo gruppo, l'onorevole Reina, per i minuti restanti.
PIETRO RAO. Allora, Presidente, chiedo l'autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.
GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, utilizzerò i miei dieci minuti per svolgere una considerazione sui numeri generali di questa manovra finanziaria e per affrontare due temi specifici: TFR ed enti locali. Scelgo questi due temi perché penso che al riguardo il Parlamento debba fare uno sforzo per migliorare la bozza di legge attuale. Ritengo infatti che, così come è stato predisposto, il provvedimento sia del tutto insoddisfacente.
Questa manovra è di 33, 4 miliardi di euro, di cui solo 14,8 servono per riportare il deficit tendenziale del 2007 sotto il 3 per cento; per intenderci, per rispettare il famoso patto che abbiamo sottoscritto con l'Europa. Gli altri 18,6 miliardi di euro sono una scelta autonoma di questo Governo, che ha deciso di intervenire in vari settori.
Mi permetto di sottolineare che 14,8 miliardi di euro rappresentano per questo paese una manovra normale, non una manovra straordinaria; se questo Governo avesse scelto solo di rientrare nei parametri di Maastricht, senza fare altri interventi, sarebbe dovuto intervenire, per questa cifra - circa 15 miliardi di euro -, con una manovra rientrante nella media di tutte le manovre finanziarie realizzate negli ultimi dieci anni. Quindi, essa non avrebbe avuto un grande impatto per i cittadini italiani. Tengo a dire questo perché non è vero quanto si afferma sui giornali e nelle trasmissioni televisive, cioè che si è stati costretti a predisporre una manovra così imponente per l'eredità lasciata dal precedente Governo.
Quello che non torna, in questi numeri, è il confronto tra il DPEF e la legge finanziaria. Per la verità, tornano i numeri, ma non tornano i contenuti. Se noi andiamo a vedere il DPEF, che questo Parlamento ha votato alla fine di luglio, le idee della maggioranza erano molto chiare; si sosteneva che per reperire i 35 miliardi che servono per gli interventi strutturali e per il rientro nei parametri del patto di Maastricht si doveva intervenire in maniera forte su quattro settori della spesa pubblica: il sistema pensionistico, il servizio sanitario, l'amministrazionePag. 122pubblica e gli enti locali (questo perché l'80 per cento della spesa pubblica è concentrata proprio in questi comparti).
Davanti a questo discorso così chiaro della maggioranza, fatto a luglio in sede di discussione del DPEF, noi avemmo dei dubbi su come votare, perché lo consideravamo molto logico. Mi ricordo che il discorso che mi convinse di più fu proprio quello dell'onorevole Tabacci, che disse che tale ragionamento, però, era così generico che avrebbe lasciato al Governo le mani libere per stravolgere i contenuti del DPEF al momento della presentazione del disegno di legge finanziaria. E così è avvenuto!
Quando andiamo ad esaminare la finanziaria, vediamo che non c'è più alcun collegamento con il DPEF. E guardate che il DPEF è proprio l'anticamera della legge finanziaria, ne indica le linee programmatiche! Tra quei quattro, ci si è dimenticati di due settori fondamentali: il sistema pensionistico e l'amministrazione pubblica. Non intervenendo su quei due settori, chiaramente non si è agito sulla spesa, ma si è dovuto agire sul lato delle entrate. Se andiamo ad esaminare la manovra nel suo complesso, constatiamo che i 35 miliardi sono composti per l'81 per cento da nuove imposte e da nuove entrate e solo per il 19 per cento da tagli alla spesa. Se ai tempi del DPEF avessimo saputo che la ripartizione nella ricerca dei fondi sarebbe stata questa, saremmo stati i primi a sostenere che la manovra andava ridotta nel suo complesso.
La manovra di 35 miliardi aveva un senso se si operava sulla spesa; non ha più senso nel momento in cui si punta sulle nuove entrate. Non ci vuole un economista di rilievo per capire che in un momento di espansione economica, come quello che stanno vivendo l'Europa e l'Italia in questo periodo, va evitata assolutamente una manovra volta ad aumentare le imposte ai cittadini ed alle imprese, perché così non si fa altro che ridurre i consumi delle famiglie e ridurre la produzione di beni e servizi da parte delle imprese, portando il paese in una nuova recessione.
Se noi avessimo saputo che l'idea era questa, probabilmente vi avremmo chiesto di contenere la manovra nei 15 miliardi e di lasciare perdere quelle manovre, che voi chiamate per lo sviluppo, di 20 miliardi. Quelle manovre, che pur ci sono - il cuneo fiscale è una di queste, per l'amor di Dio! - , sono compensate da maggiori imposte che gravano sulle imprese e sulle famiglie. Praticamente, togliamo da una parte per dare dall'altra, solo che creiamo squilibri sociali molto forti.
Ho scelto di parlare del TFR perché penso che la soluzione individuata nell'accordo raggiunto fra Governo, sindacati e Confindustria sia peggiore della soluzione che era stata ipotizzata nella prima bozza della finanziaria, che parlava di un trasferimento forzoso del TFR inoptato rispetto ai fondi integrativi, nella misura del 50 per cento, dalle imprese all'INPS, che lo avrebbe utilizzato per interventi infrastrutturali. Secondo l'accordo raggiunto con i sindacati e Confindustria, sono escluse le aziende che hanno meno di 50 dipendenti, mentre quelle che hanno più di 50 dipendenti devono trasferire il 100 per cento del TFR.
Così noi procuriamo un doppio danno; il primo al sistema economico, perché stiamo dicendo alle imprese piccole, quelle che hanno meno di 50 dipendenti, che conviene loro rimanere piccole, mentre se c'è un problema che questo paese ha dal punto di vista industriale è proprio quello della dimensione troppo piccola delle imprese che devono stare sul mercato globalizzato.
Queste aziende hanno bisogno di crescere, perché nella crescita trovano la competitività con le altre imprese. È chiaro che, così facendo, a nessun imprenditore che ha 40-45 dipendenti scatterà quella molla imprenditoriale per crescere ulteriormente. Condanniamo, come è stato detto più volte, al nanismo imprenditoriale il nostro sistema economico.
Operiamo anche una grande discriminazione fra i lavoratori. Mi dite perché il lavoratore di un'azienda con 48 dipendenti può beneficiare del suo TFR, lasciandolo all'imprenditore, con una sicurezza moltoPag. 123forte e, invece, il lavoratore che svolge la propria attività in un'azienda con 51 dipendenti si vede trasferire interamente il suo TFR all'INPS? Per il lavoratore non è la stessa cosa!
Non voglio fare del terrorismo, ma se esiste un credito tutelato è proprio quello del dipendente verso l'impresa a causa del TFR. In questo caso, in primo luogo vi è la solidità dell'impresa a garanzia del lavoratore, ma in mancanza, nel caso di fallimento dell'impresa, il TFR è un credito privilegiato rispetto a tutti gli altri crediti. Se ciò non bastasse, esiste un fondo di garanzia dello Stato che interviene a favore del dipendente perché rientri in possesso del suo TFR. Nella mia breve carriera professionale non ho mai visto un lavoratore di un'impresa fallita non rientrare in possesso del suo TFR. Invece, quando questo fondo andrà all'INPS, il TFR del dipendente sarà soggetto alle decisioni politiche dei Governi che si succederanno da qui a 35 anni; quindi, si tratterà di un credito poco tutelato. Ritengo che su tale tema il Parlamento debba intervenire ulteriormente, al fine di evitare l'attuazione di una discriminazione così forte.
Per quanto riguarda gli enti locali, tale problematica è rimasta ancora sul tavolo; non lo dico solo io, ma anche sindaci di centrodestra e di centrosinistra. L'accordo raggiunto con gli enti locali è falso. Vi è una diminuzione di tagli pari a 600 milioni di euro che viene compensata escludendo dal patto di stabilità le grandi opere del CIPE. Occorre che il Parlamento intervenga, in quanto gli enti locali non possono sopportare un taglio pari a 2,2 miliardi di euro, altrimenti dovranno agire aumentando le tasse locali; mi riferisco in particolare all'IRPEF, all'ICI, alla tassa di soggiorno e a quella di scopo.
L'addizionale IRPEF è un'imposta odiosa, in quanto colpisce sia i redditi bassi sia quelli alti, senza alcuna distinzione. In tal modo, si viola l'articolo 53 della Costituzione. L'ICI colpisce la prima casa anche di coloro che hanno acceso un mutuo per poterci rimanere dentro. Ritengo che, con riguardo agli enti locali, si debba procedere ad un miglioramento dell'accordo raggiunto, nell'interesse dei cittadini, degli enti locali stessi e dei sindaci.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fiano. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, prendo spunto dall'intervento dell'onorevole Galletti, per il quale nutro profonda stima. Sarebbe augurabile che tutte le critiche alla finanziaria fossero formulate con questa razionalità e con questa calma. Se c'è una cosa che emerge dal ragionamento che stiamo svolgendo sulla legge finanziaria, è che il ruolo del Parlamento dovrebbe essere non quello di battagliare per mero schieramento, ma di contribuire insieme ad un miglioramento.
Avendo a disposizione pochi minuti, imposterò il mio ragionamento relativamente a due questioni: la prima riguarda il merito della finanziaria, che difendo; la seconda concerne il metodo con il quale giungere al disegno conclusivo della finanziaria, sul quale forse alcune critiche sono anche plausibili.
Con riferimento a questo secondo punto, posso solo affermare che la centralità del Parlamento e del dibattito dovrebbe essere sempre salvaguardata.
Per quanto riguarda invece il merito, partiamo da un ragionamento, presente già nel DPEF, che si concentrava in tre slogan: rigore, equità, sviluppo. Su questi tre slogan la finanziaria mantiene le promesse.
Ci siamo trovati nell'esigenza forte di attuare una politica di rigore, cioè di risanamento. Infatti, questa maggioranza, al momento del suo insediamento, ha dovuto risanare un rapporto deficit-PIL pari al 4,6 per cento; ricordo che la manovra stanzia per il risanamento 15,2 miliardi di euro per riportarlo nel corso dell'anno prossimo al 2,8 per cento, vale a dire al di sotto di quel 3 per cento che per cinque anni non è mai stato raggiunto da chi ci ha preceduto. La manovra di risanamento è in totale pari all'1,8 per cento del nostro prodotto interno lordo, cioè più del doppio di quanto previsto dal GovernoPag. 124Berlusconi. Noi, con questa manovra di risanamento, riporteremo l'avanzo primario al 2 per cento.
Sono dati poco percepibili dai cittadini che ci ascoltano, ma riguardano la salute o la malattia dei conti complessivi di un paese. Aver trovato l'avanzo primario a zero e riportarlo al 2 per cento significa aver pensato al futuro, a medio e lungo termine, di questo paese e non soltanto al confronto politico sui numeri di questa finanziaria.
Siamo convinti che la manovra incida sulla struttura dei conti e, per tale motivo, ci aspettiamo di poter ridurre il peso fiscale sul contribuente a partire dal 2008.
Una critica ricorrente è che il peso obbligatorio di questa manovra avrebbe potuto essere solo di 15 miliardi di euro, comprendendo soltanto i soldi necessari a risanare il buco. Ma se avessimo pensato solo a quella parte della manovra, con un intervento pari a 15-16 miliardi, sarebbe stata esclusa qualsiasi politica di investimenti pubblici. Invece, abbiamo avvertito la necessità di finanziare opere pubbliche, di far riaprire i cantieri autostradali e di finanziarie le ferrovie.
Le entrate in questa manovra crescono di circa 23 miliardi di euro, ma ciò non vuol dire che la manovra sia di 23 miliardi di peso fiscale sui contribuenti. Infatti, da questi 23 miliardi vanno sottratti i 6 miliardi del TFR, 7 miliardi sono imputabili al recupero dell'evasione fiscale e solo alcuni miliardi sono imputabili all'aumento del peso fiscale.
Quindi, con questa manovra si mantiene quanto sostenuto già nel DPEF, vale a dire una politica di rigore, equità e sviluppo. In ciò crediamo e difenderemo in Parlamento questa finanziaria (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole De Corato. Ne ha facoltà.
RICCARDO DE CORATO. Signor Presidente, rappresentante del Governo, credo che questa finanziaria - lo ha detto poco fa l'onorevole Galletti - abbia fatto pagare un conto molto pesante agli enti locali.
Ricorderò in quest'Aula non quanto sostenuto dal sindaco di Milano, ma quello che hanno detto i sindaci di grandi città, dal sindaco di Bologna, Cofferati, al sindaco di Venezia, Cacciari, che addirittura è sceso in piazza. Quest'ultimo, credo, sia l'unico sindaco, ad oggi, ad essere sceso in piazza insieme ad una categoria come quella degli artigiani. Inoltre, le dichiarazioni del presidente dell'ANCI, il sindaco di Firenze Domenici, testimoniano che il taglio operato nei confronti degli enti locali è duro e ve ne accorgerete tra qualche mese, quando - qualcuno lo sta già facendo - gli enti locali dovranno presentare i bilanci: saranno durissime notizie per gli italiani!
Dove governiamo, come a Milano, spiegheremo che le mani nelle tasche dei milanesi le ha messe Prodi, che i tagli che vi saranno agli stanziamenti per gli anziani, ai disabili, ai servizi sono dovuti al suo operato, perché, quando in una città come Milano si opera un taglio di 100 milioni di euro, è chiaro che si interviene sulla parte corrente e, quindi, sulla spesa sociale, soprattutto quella destinata alle categorie più bisognose. Questa è l'operazione che avete fatto con la legge finanziaria. Costringete i comuni a fare da gabellieri. Dove governiamo noi, cercheremo di non fare da gabellieri, come ci costringete a fare. A Milano, per esempio, cercheremo di non aumentare l'ICI, come voi ci inducete a fare avendo aumentato l'aliquota e, anzi, tenteremo addirittura di ridurla per fasce dirette; né, peraltro, intendiamo introdurre tasse di scopo, come voi invece ci autorizzate a fare.
Questa è una legge finanziaria soprattutto contro il nord e contro Milano, nonostante qualche mese fa abbiate dato dei segnali diversi, ma era solo fumo. È bastata la presentazione della finanziaria e quello che era il «tavolo per Milano», inaugurato dal Presidente del Consiglio e dal sottosegretario Letta, si è rivelato, almeno per il momento, soltanto un tavolo di fumo. Per Milano e per gli enti locali - ad eccezione di Roma, che è stata largamente premiata, ma non è una novità che venga premiata a scapito non solo diPag. 125Milano ma anche di tutti gli altri grandi comuni - non vi è stato alcun occhio di riguardo, nonostante siano state attivate diverse «falegnamerie» istituzionali. È stato istituito un tavolo, ma il Governo di centrosinistra, appena presentata la finanziaria, ha dimenticato Milano e la Lombardia, in particolare il suo ruolo di traino dell'economia nazionale, perché Milano non è un comune assimilabile agli altri proprio perché, appunto, fa da traino all'intero paese.
La manovra ha dimenticato le infrastrutture; ad eccezione della Pedemontana, di tutto il resto, delle opere pubbliche di cui hanno bisogno Milano e la Lombardia non si parla più. Ciò che è peggio è che per Milano, essendo uno dei pochi grandi comuni italiani considerato virtuoso in quanto è rimasto nei parametri del patto di stabilità interno, la buona amministrazione diventa addirittura un handicap, perché la finanziaria toglie ai comuni virtuosi la possibilità di grandi recuperi lavorando sulla macchina comunale.
Vorrei concludere riferendomi brevemente alla sicurezza...
PRESIDENTE. Ha già abbondantemente superato il tempo a sua disposizione. Affronterà questo tema nel suo prossimo intervento.
Constato l'assenza dell'onorevole Ferrari, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, rappresentante del Governo, colleghi, la legge finanziaria è lo strumento attraverso il quale il Governo, nel rispetto delle linee guida del DPEF, deve disegnare una strategia economica e definire gli strumenti operativi di finanza locale.
Questa legge finanziaria 2007 è fortemente lacunosa sia nella definizione di una strategia economica sia nella individuazione di strumenti per attuarla. Essa si caratterizza per una produzione normativa senza precedenti, che agisce e interferisce in tutti i settori strategici senza rendere il sistema Italia più equo, più efficace e più efficiente.
Non interviene significativamente sulla spesa pubblica e, letta insieme al decreto Visco-Bersani del luglio scorso ed al decreto-legge collegato, ora all'esame del Senato, crea un freno allo sviluppo del paese. Essa, a causa di misure incomprensibili, per certi versi punitive dei ceti sociali produttivi, rischia di non far cogliere al nostro sistema economico le opportunità di crescita che il contesto internazionale offre.
La manovra Padoa Schioppa è piena di tasse, locali e nazionali, di addizionali e di adempimenti punitivi a carico del contribuente. A causa di questa manovra l'Italia diventa, tra i paesi dell'Unione europea, quello con la più alta pressione fiscale.
Contrariamente a quanto promesso in campagna elettorale, il Governo mette le mani nelle tasche degli italiani. Oltre i due terzi della manovra, infatti, si basano su aumenti di imposte. Tale approccio al sistema di tassazione è il risultato di una concezione punitiva del fisco, un sistema che fonda il suo programma sull'auspicio che «anche i ricchi piangano» e che fa dell'invidia sociale un metodo di aggregazione politica. Un vero sistema fiscale di approccio liberale dovrebbe invece essere il meno invasivo possibile e garantire l'equità sociale senza accanimenti verso il frutto del lavoro e della ricchezza.
Quello che ancora di più stupisce nel provvedimento è che il Governo considera ricchi coloro che dichiarano 40 mila euro di reddito lordo l'anno. Si evidenzia la volontà di rivalersi verso il ceto medio, che è storicamente lo zoccolo duro del voto moderato di centrodestra.
Sul fronte del contenimento della spesa pubblica, la manovra è del tutto inefficace ed è quasi esclusivamente basata su nuove entrate, mentre il sistema di assistenza sociale viene minato alla base a causa dei cospicui tagli agli enti locali.
Gli interventi su scuole ed università non sono legati a veri meccanismi di meritocrazia ed anche per la ricerca si è fatto poco o nulla, se è vero che, addirittura,Pag. 126era stato dimenticato di inserire nel provvedimento anche il riferimento al 5 per mille.
La perseguita equità sociale è un obiettivo solo annunciato che non si coglie nella manovra di bilancio. Una equità autentica non si ottiene con una semplice rimodulazione degli scaglioni fiscali: l'equità si ottiene rendendo servizi essenziali - penso alla sanità, alla scuola, ai servizi sociali - disponibili a tutti ed a costi accessibili. La manovra, invece, sacrifica alla rimodulazione della progressività delle imposte sulle persone fisiche una vera e giusta equità fondata sulla capacità di rispondere alle richieste dei cittadini a livello locale. Per di più, il sistema ideato è basato sulle detrazioni e non sarà efficace verso tutti i contribuenti con redditi inferiori ai 40 mila euro. Molti pagheranno di più e, per evitare questo, sarebbe stata necessaria una clausola di salvaguardia - noi avevamo presentato un emendamento in tal senso - che garantisse quantomeno il trattamento di maggior favore tra i due sistemi fiscali.
La vera solidarietà e sussidiarietà si sarebbe dovuta realizzare attraverso politiche volte ad aiutare gli incapienti, dando a coloro che sono ai margini del sistema produttivo un'occasione per essere reinseriti nel sistema lavorativo con incentivi ed aiuti mirati. Occorreva, inoltre, una vera rivisitazione della politica fiscale a favore della famiglia, aiutando concretamente - e non solo a parole, come si fa in questa finanziaria - le famiglie numerose, e quelle con anziani e handicappati. Ha ragione quel lettore de l'Unità che su Internet ha scritto che grazie a questa finanziaria potrà finalmente comprare un frigorifero nuovo, ma che avrà difficoltà a poterlo riempire. Questa legge finanziaria preoccupa il cittadino comune, soprattutto quello a reddito medio basso o senza reddito, perché, a fronte di una limitata riduzione di pochi euro di IRPEF, si troverà a dover fronteggiare incrementi di imposte locali, addizionali varie e ticket per servizi anche sanitari.
Gli investimenti per lo sviluppo sono finanziati con un artificio contabile basato sulla iscrizione nelle entrate del prelievo del TFR dalle aziende, che invece rimane pur sempre un debito verso i lavoratori.
L'iscrizione nelle voci attive di questa posta di bilancio è del tutto pretestuosa e tecnicamente errata e non potrà essere fonte di finanziamento di opere pubbliche.
Un discorso più approfondito meritano gli enti locali. Per tali istituzioni è improponibile il taglio previsto. I comuni, in particolare, sono il terminale di quella giustizia sociale e di quella sussidiarietà verso i cittadini meno abbienti; cittadini che non possono e non devono rimanere soli, senza una rete di protezione sociale. Ma ancora più grave è il fatto che gli enti locali, per far fronte alle spese incomprimibili, saranno autorizzati e di fatto invogliati ad inserire un livello di tassazione locale ancora più invasivo e dannoso. Penso alla tassa di soggiorno, che è in palese contraddizione rispetto a quelle politiche di «marketing territoriale» che tutti i territori pongono in essere per attrarre turisti. Paradossalmente, da un lato incentiviamo le visite alle nostre città e, dall'altro, tassiamo i turisti ed i visitatori.
Lo stesso dicasi per le tasse di scopo, introdotte in questo disegno di legge finanziaria, che rischiano di divenire la fonte di finanziamento di opere pubbliche che, invece, dovrebbero essere a carico dello Stato.
Questa manovra, anche nella parte della riduzione del cuneo fiscale, si rivela inefficace. Il taglio previdenziale si traduce in una partita di giro per le aziende ed il beneficio per il lavoratore non appare sufficiente. In più, viene sottratto alle aziende uno strumento di autofinanziamento vitale per fare fronte ad investimenti in beni a fecondità ripetuta.
Le imprese saranno costrette ad indebitarsi verso il sistema bancario, dovendo quindi far fronte anche al costo del denaro che, ultimamente, tende a crescere a causa di un indebito innalzamento dei tassi di interesse.
Non meno gravi sono gli effetti degli adempimenti fiscali in genere, che si traduconoPag. 127in un maggior costo di gestione delle attività commerciali ed imprenditoriali.
Già molti adempimenti fiscali sono stati introdotti con il decreto Bersani-Visco. Altri sono stati introdotti con il decreto-legge attualmente all'esame del Senato e che questa Camera ha approvato poco tempo fa. In particolare, con il decreto Bersani-Visco si è tornati indietro di anni, nel momento in cui si è pensato di eliminare per alcune fattispecie la valutazione catastale.
Inoltre, il Governo, sulla base di un suo emendamento, ha previsto di non poter più procedere all'utilizzo automatico dei crediti nel modello F24 per i pagamenti delle imposte e tasse. Una previsione sicuramente punitiva; è, infatti, grave che il Governo abbia proposto una misura che prevede che per l'utilizzo di crediti vantati dal contribuente si debba preventivamente chiedere l'autorizzazione all'Agenzia delle entrate tramite comunicazione telematica.
Tutto ciò è un'involuzione culturale che individua nel contribuente il nuovo suddito che, anche per far valere i propri diritti, deve essere autorizzato preventivamente. Si spezza definitivamente il rapporto di collaborazione tra fisco e contribuente a danno dell'intero sistema.
Qualche anno fa il Parlamento ha approvato lo statuto del contribuente. Si era detto che si trattava di una norma civile che avrebbe fatto fare un passo in avanti al nostro paese in campo fiscale. Purtroppo, in sei mesi di Governo Prodi abbiamo visto che lo statuto del contribuente è stato continuamente e ripetutamente dimenticato e calpestato.
Tutto ciò non è sicuramente giusto! L'intera legge finanziaria, quindi, non ci piace. Fa tornare indietro il paese di anni e pone le premesse, contrariamente a quanto affermato dal Governo, per un aumento dell'evasione e del contenzioso tributario. Tutto questo - ripeto - ci fa tornare indietro di anni (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fabbri. Ne ha facoltà.
LUIGI FABBRI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghi, vorrei svolgere una riflessione sui tre slogan che vengono ripetuti frequentemente anche in quest'aula: mi riferisco al risanamento, allo sviluppo ed all'equità. Li abbiamo sentiti anche in sede di esame del DPEF e, quindi, ho l'impressione che siano veramente degli slogan, perché al Governo, come ho già detto qualche collega, bastavano 14,8 miliardi per riportare il deficit tendenziale nel 2007 dal 4 al 2,8 per cento e ciò serviva per rispettare gli impegni con l'Unione europea.
La manovra però è molto più consistente. È passata dai 34 miliardi ai 40 con gli interventi che si sono resi necessari per compensare la sentenza sull'IVA per l'auto aziendale. Quindi 18,6 miliardi di euro servono per finanziare scelte discrezionali di politica economica.
Queste misure vengono definite pomposamente politiche a sostegno dello «sviluppo» - è la prima delle tre parole magiche - e fra queste rientrano sia il taglio del cuneo fiscale, legato dirigisticamente ai contratti a tempo determinato, sia semplici iniziative di spesa, come il rifinanziamento dei cantieri delle ferrovie, il rinnovo contrattuale del pubblico impiego, appena compiuto, nuovi finanziamenti alle poste, la missione in Libano, compresi fondi vari a disposizione dei singoli ministeri, il più delle volte insufficienti. Penso al fondo infrastrutture (è insufficiente), a quello per la famiglia, per i portatori di handicap e per l'occupazione (sono del tutto insufficienti). È stata utilizzata anche un po' di finanza creativa (di cui è stato sempre rimproverato al ministro Tremonti). Faccio un esempio per tutti: il trasferimento all'INPS del TFR, invece, di dirottarlo alla previdenza integrativa che così, grazie a voi, non decollerà.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 20,30)
LUIGI FABBRI. La manovra prevede più di 7 miliardi di entrate tra misurePag. 128antievasione e antielusione che, per loro natura, sono difficili da quantificare.
Di sicuro, nella finanziaria vi è uno sbilanciamento a favore delle entrate che tutti noi dell'opposizione abbiano sottolineato.
Il Governo parla di «risanamento» dei conti - è la seconda parola magica, il secondo slogan - ma in questa finanziaria non fa quasi nulla per riprendere il controllo della spesa pubblica. Lo dico perché non è possibile quantificare le entrate con precisione, dato che una parte di queste o dei risparmi non dipende dal Governo, ma da come gli enti locali utilizzeranno l'autonomia impositiva che viene loro concessa.
Nel caso in cui gli enti locali rispettassero i vincoli imposti dal patto di stabilità e dall'accordo sul contenimento della spesa sanitaria - il che significa più tasse e più ticket per tutti! -, le entrate contribuirebbero alla manovra per ben 24 miliardi di euro, di cui 7 dovrebbero arrivare dagli studi di settore e dagli inasprimenti dei controlli fiscali.
I tagli alla spesa sono pari a solo 9 miliardi. Le entrate, quindi, rappresenterebbero il 70 per cento della manovra; per la precisione, il calcolo è da un minimo del 64 per cento ad un massimo dell'84 per cento. I cinque sesti della manovra sono rappresentati da tasse, da entrate. Il che vuol dire più tasse per tutti ed è per questo che tutte le categorie hanno contestato questa finanziaria.
Solo il Presidente del Consiglio ha affermato che se la finanziaria ha reso molti scontenti, probabilmente, è stata fatta una cosa giusta. Questo è il concetto di «equità» - terzo slogan - che il Governo si propone!
Signor Presidente, i Governi di solito scrivono dei DPEF molto belli, con tante buone intenzioni che vengono poi smentite nella finanziaria ed il Parlamento, il più delle volte, offre un forte contributo per un ulteriore peggioramento.
Questa volta il Governo ha fatto tutto da solo. Non so se abbia fatto un calcolo politico, ponendo in essere una finanziaria difficilmente peggiorabile. Al Senato, peraltro, non ci sono i numeri per ragionare su cosa serva al paese per migliorarlo.
Un paese immobile da anni come il nostro per vari motivi non dovrebbe porsi come priorità né l'assunzione in ruolo di tanti precari né questa sorta di giostra, di girotondo che vorrebbe redistribuire la torta, chiamandola equità.
La legge finanziaria esiste dal 1968; era l'epoca della solidarietà nazionale, ma mai nessun Governo da allora aveva tentato di usarla per ridistribuire il reddito a favore di classi colpite in precedenza.
Lo sviluppo e la crescita di un paese non dipendono da nessuno di questi interventi. Il nostro dovrebbe essere un paese attraente per gli investimenti altrui, perché si cresce anche con i soldi degli altri.
Sono necessari innovazione, capitale umano, competizione, concorrenza, ma, purtroppo, non è questa l'anima della finanziaria! L'anima della finanziaria è tutta volta a voler cambiare il passato. Nel DPEF si dice di voler ridurre la spesa pubblica e non lo si fa.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 20,32)
LUIGI FABBRI. La riduzione va operata nell'interesse del paese e non solo perché dall'anno scorso abbiamo aperta a Bruxelles una procedura per deficit eccessivo. Quando i nodi vengono al pettine ci si deve assumere la responsabilità di scelte lungimiranti anche se impopolari nell'immediato. Parlando di equità, mi viene in mente che il primo Governo di Tony Blair chiuse 42 scuole pubbliche scadenti per motivi di equità, perché le scuole scadenti fanno male ai figli dei meno abbienti che non possono permettersi altro. Da noi, invece, si vogliono assumere 150 mila precari della scuola, senza concorso. Auguri!
Equità non è cercare di ridistribuire il reddito, facendolo per legge o privilegiando, magari, alcune categorie o, in modo particolare, gli iscritti al sindacato.Pag. 129
Faccio presente che il comparto pubblico ed i pensionati sono lo zoccolo duro degli iscritti al sindacato.
Ho il sospetto che anche i 40 mila euro, che rappresentano il limite al di sopra del quale la finanziaria e, soprattutto, il fisco cominciano a mordere, siano il tetto relativo allo stipendio medio di un dipendente pubblico.
Equità non significa operare un condono previdenziale: faccio riferimento all'articolo 178, per il quale si dovrebbe gridare «vergogna». Attraverso di esso, peraltro, si certifica che CGIL, CISL e UIL rappresentano i co.co.pro dei call center, anche laddove non vi sono i sindacati. In quei due articoli si estinguono anche i reati. Signor Presidente, è stato il sindacato a dettare questa finanziaria! Uno di questi articoli sana anche il profilo penale degli imprenditori che non hanno rispettato la legge Biagi: è questa l'equità? Riferendomi all'articolo 176, è equità la rottamazione dei lavoratori che hanno meno di cinquant'anni? Ditemelo voi!
In relazione a Don Camillo, si ragiona come Peppone, per cui certi contratti sono cattivi, quindi il cuneo viene ridotto solo considerando quelli a tempo indeterminato. I lavoratori autonomi sotto tutti cattivi ed evasori, quindi si minaccia di chiudere un esercizio per un'omissione. Le scuole private sono cattive, quindi niente detraibilità delle rette dei nidi privati. Credo che non si faccia equità con misure grezze come questa o come quella attraverso cui si tassano i redditi da lavoro. Ritengo che il mondo, Presidente Tremonti, non si fermi all'IRPEF. Si produce sviluppo con la rottamazione dei frigoriferi o aiutando la FIAT a rottamare i lavoratori con meno di cinquant'anni in barba al concetto che si deve rimanere di più al lavoro (mi riferisco all'articolo 176)?
Tra il 1979 e il 1989 Margaret Thatcher rivoluzionò l'economia inglese riducendo la spesa dal 45 per cento al 39 per cento del PIL. Oggi in Italia, paese in cui non si fa quello che fece la Thatcher - cioè tagliare le spese, privatizzare, liberalizzare - la spesa pubblica è al 39 per centro, mentre negli Stati Uniti non arriva al 28 per cento.
Signor Presidente, concludo il mio intervento affermando che questa finanziaria fallisce l'obbiettivo principale, che è quello di favorire lo sviluppo dal quale dipendono l'occupazione, la ricchezza, il benessere di un paese. Essa punisce la gran parte dei cittadini, tassandola ulteriormente e reprimendone i consumi: questa non è equità! La finanziaria disattende il DPEF non operando i necessari tagli, poiché si debbono accontentare le categorie e i gruppi organizzati vicini ai partiti della maggioranza.
Signor Presidente, risanamento, sviluppo ed equità sono davvero soltanto slogan di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, non sono passati neanche sei mesi dal suo insediamento e il Governo Prodi, assieme alla sua maggioranza, ha già battuto tutti i record negativi, tanto da conquistarsi larghissimi spazi di critiche e di scherni da parte dei mass media. Mi riferisco, tra l'altro, non solo agli italiani di destra, ma anche a quelli di sinistra, loro grandi e dichiarati sostenitori durante la campagna elettorale, e a quelli di destra e di sinistra di quasi tutto il mondo.
L'ultimo velo era caduto con il decreto Bersani che, spacciato come il provvedimento delle cosiddette liberalizzazioni, rappresentava, invece, un grave abuso, una sorta di spedizione punitiva, mirata ed a freddo, nei confronti di talune categorie di lavoratori autonomi ree di non essere catalogabili tra quelle di riferimento dei veri poteri forti di questo paese, ai quali soltanto spetta, per diritto di autoinvestitura, concedere e garantire perpetui privilegi. Rimaneva solo la maschera, ma ora il Governo e la sua maggioranza hanno tolto anche quella ed hanno finalmente portato allo scoperto il volto e le intenzioni, tenuti prudentemente nascosti durantePag. 130la campagna elettorale. Con questa finanziaria, infatti, essi sono passati immediatamente alle vie di fatto rendendosi responsabili di due delitti. Il primo, commesso direttamente, finalizzato a tartassare a sangue gli italiani e il secondo, affidato per commissione, ad obbligare i sindaci e gli amministratori degli enti locali a dare il colpo di grazia ai propri concittadini.
In entrambi i delitti appare, in tutta la sua evidenza, la vera vocazione manifestatasi sempre nella storia della sinistra: mi riferisco all'accanimento indiscriminato contro tutti, con la sola eccezione di alcuni privilegiati. Per giustificare questo assurdo salasso, la sinistra ha fatto ciò che l'ha sempre contraddistinta - in questo paese ed altrove -, cioè ricorrere alla menzogna. Le schiere dei ministri e dei sottosegretari, appena entrate nelle stanze dei bottoni, si sono affrettate a recitare la formula di rito: «I conti pubblici sono un disastro: la colpa è del centrodestra, quindi bisogna correre ai ripari». Non potendo stampare più soldi, come si faceva un tempo, si sono stampate pagine di articoli e commi per inventare balzelli di ogni genere. Altro che finanza creativa di tremontiana memoria, demonizzata e messa per cinque anni alla berlina! Essa non solo stava riuscendo a risollevare l'economia nazionale e a ridare fiducia e speranza agli italiani, ma veniva e viene ancora presa a modello in molti altri paesi europei.
Adesso con questo Governo e con questa maggioranza siamo passati alla tassazione fantasiosa che, garantendo solo a pochissimi i grandi privilegi e combattendo astiosamente contro la ricchezza, assicurerà miseria e povertà per tutti.
È stato il presidente di Confindustria - quel Montezemolo che negli anni scorsi ha alacremente lavorato per preparare l'avvento di questo Governo - a dichiarare, stizzito e sfiduciato, che ormai vi è una tassa al giorno, riprendendo i temi di un'unanime disapprovazione che ha già accomunato tanta gente: il Governatore della Banca d'Italia, la Corte dei conti, le agenzie internazionali di rating e gran parte della stampa straniera. Contro questa tremenda «spedizione punitiva», che sottrae immediatamente dalle tasche degli italiani 40 miliardi di euro - laddove bastava un equilibrio di meno di 15 per onorare pienamente i nostri impegni comunitari -, sono scesi già in campo liberi professionisti ed artigiani, commercianti e pensionati, accademici e ricercatori, governatori e sindaci, al di là e al di sopra delle stesse appartenenze politiche.
I nostri governanti, guidati dalla ideologia della criminalizzazione dell'agiatezza e della distribuzione forzata della miseria di massa, hanno cercato di contrabbandarci questa rapina scientifica come una nobile operazione di redistribuzione delle risorse tra ricchi e poveri.
In conclusione, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, chi vi parla non si illude minimamente sull'esito scontato di questo dibattito. Nessun suggerimento di Forza Italia e degli altri gruppi dell'opposizione verrà accolto e alla fine l'ennesimo voto di fiducia suggellerà malinconicamente la fine di inutili giorni di discussione. Per carità, nessuna meraviglia, poiché si tratta di un film già visto in questo squallido e antidemocratico inizio di legislatura.
È più forte di me, ma il pensiero corre spontaneo ai proclami preelettorali della sinistra, alla sicumera moralistica, alla promessa di partecipazione miseramente crollata, a Prodi che diceva: «Vincerò nel nome della sinistra, ma poi governerò nel nome di tutti gli italiani». Egli fece un'ulteriore promessa: «Non una tassa in più rispetto al passato». Invece, a volerli contare, almeno settanta balzelli aggiuntivi sono stati appioppati sul groppone di tutti coloro che lavorano e producono. DallaPag. 131tassa di successione al bollo auto, Padoa Schioppa e Visco si sono cimentati in una vera e propria caccia al tesoro - si fa per dire - privato degli italiani. Soltanto di lorsignori, come titolano la Repubblica e l'Unità: niente affatto! Di tutti gli italiani, soprattutto della povera gente che non sa più a quale santo votarsi, sballottolata com'è tra i ticket per il pronto soccorso, l'aumento del costo delle medicine e le altre punitive invenzioni dei titolari del Ministero dell'economia.
Sul fronte dell'impegno militare internazionale è doveroso rivolgere una domanda al Presidente Bertinotti, al suo compagno di comunismo, onorevole Diliberto, e al ministro Pecoraro Scanio; con loro, a tutto lo zoccolo della sinistra e ai «teneri» della Margherita che si sono lasciati rimorchiare su un tema così delicato.
Nel corso di quest'anno le spese militari sono notevolmente aumentate; ciò nonostante non si ha il piacere di vedere in giro alcuna fiaccolata per la pace. Eppure, l'intervento in Libano è di quelli pesanti - basta farsi i conti - e poi qualche militare di tanto in tanto, purtroppo, muore ancora o rimane ferito in terra di Afghanistan. Come durante la guerra in Kosovo - l'unica vera guerra combattuta dall'Italia repubblicana con bombardamenti tricolori e un impegno militare di stampo «amerikano» - non si vedeva in giro nessun corteo per le vie del bel paese e personaggi illustri come il premio Nobel Dario Fo sembravano spariti dalla circolazione, anche oggi non si vede alcuna fiaccolata per le vie di Roma e di Milano. Evidentemente, sono tutti troppo impegnati a spartirsi la torta della finanziaria e, poi, hanno pur bisogno di riposarsi dopo gli anni defatiganti della mobilitazione continua contro il Governo Berlusconi.
Dario Fo merita una menzione a parte e mi dovete scusare se ve la propongo. All'incirca verso mezzanotte di qualche domenica fa si è esibito in una performance su RAI 3 in cui, complice la TV di Stato, ha sciorinato un ignobile repertorio niente meno che nei confronti di Papa Benedetto XVI.
Ho pensato che se lo potesse permettere perché personalmente non corre alcun pericolo, come, ahimè, corrono altri; anzi, i cattolici italiani continueranno a pagare il canone per un canale che li offende ed una televisione spazzatura. Come mai il Mezzogiorno, Presidente Prodi, è letteralmente sparito dall'agenda del Governo e da questa legge finanziaria? Grandi opere bloccate, niente ponte sullo stretto di Messina, come se l'asse Berlino-Palermo non debba più essere considerato il corridoio europeo n. 1 e la necessità di accorciare le distanze dalla sponda africana sia questione che riguarda una coalizione partitica e non piuttosto il Mezzogiorno, l'Italia e l'Europa intera. Sia chiaro, lo sviluppo delle regioni meridionali passa attraverso la realizzazione delle infrastrutture strategiche, oltre che per la via della parificazione del credito alle condizioni vigenti nelle altre aree del paese.
Mi preme ricordare il tentativo operato, quando era in carica il precedente Governo, dal ministro Tremonti per l'istituzione della banca del sud. Nessuno di questi obiettivi è perseguito nella strategia del Governo e tanto meno in questa finanziaria, che si configura sempre più come un'ulteriore grande occasione mancata, soprattutto perché bastava continuare sulla strada virtuosa intrapresa dal Governo Berlusconi e completarne il cammino. Invece, per il Mezzogiorno solo proclami e disinganni. Abbiamo tutti davanti agli occhi - noi meridionali e campani - la pantomima a reti unificate di Prodi, Bassolino e Rosa Russo Jervolino nella Napoli di questi giorni, sull'altro grande tema della questione campana e meridionale: l'ordine pubblico e la criminalità organizzata.
Di fronte ad una catena di quasi settanta morti ammazzati dall'inizio dell'anno, allo spadroneggiare della camorra, ad una disoccupazione sempre più drammatica - mentre giovani e ragazzi arruolati dai clan per lo spaccio di droga ricevono stipendi mensili superiori ai 2 mila euro -, di fronte al dolore delle madri e delle famiglie, cosa hanno detto sePag. 132non parole vuote, mentre le uniche che napoletani e campani si attendevano sono rimaste cucite sulle loro labbra? Parlo di Bassolino, della Jervolino e di Romano Prodi. La gente non si aspettava programmi siderali, ma almeno un impegno a mantenere le strade pulite, i cassonetti vuoti, ad organizzare un ciclo completo di smaltimento dei rifiuti solidi urbani nelle cinque province campane, la raccolta differenziata, un'assistenza sanitaria degna di un paese civile, con poli di eccellenza ed eliminazione del turismo sanitario. La gente si attendeva l'impegno a chiudere i reparti inutili, a nominare i dirigenti primari ospedalieri attraverso una graduatoria di merito e non più per motivi di bassissima politica clientelare. Poi si aspettava un'altra frase magica, cioè che si sarebbero revocate tutte le convenzioni milionarie in euro elargite a man bassa dall'ineffabile e impunito Bassolino a professionisti di comodo, e si sarebbero chiusi i battenti di tutte le società miste inutili (una di esse paga profumatamente venticinque amministratori per un solo dipendente, il tutto senza una minima attenzione da parte della magistratura penale e contabile).
I cittadini della Campania dovrebbero credere ad una vera volontà di lotta contro la camorra quando il malaffare è palesemente anche dentro il «palazzo» e se i poliziotti andranno nelle strade, ci sarà qualcuno che andrà a rovistare nelle stanze del potere napoletano? Questo è l'esempio offerto ai giovani disoccupati e alle loro famiglie, che si rompono il capo alla ricerca di un lavoro dignitoso, quando invece per trovarne uno basta rivolgersi ai clan o frequentare assiduamente una sezione politica oppure prestare assistenza ad un assessore comunale.
Presidente Prodi, perché non ha colto questa grande opportunità e perché, invece, con i suoi balbettii ha lasciato Napoli e la Campania ancora più disorientate e perplesse?
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GAETANO FASOLINO. Ora tutti sanno che nulla cambierà, ma in compenso su la Repubblica, L'Unità e Il Mattino continuerà ad essere sbandierata la vecchia favola di una città neorinascimentale, che però ha bisogno di un esercito di poliziotti in assetto di guerra per consentire ad un tabaccaio di tornare a casa dopo una giornata di onesto lavoro senza correre il rischio di venire ammazzato. Inoltre, ai giovani sa offrire soltanto due prospettive: oltre alla disoccupazione a vita, l'impiego al soldo dei clan e/o la vendita dell'anima al potente di turno, che naturalmente è di centrosinistra.
PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Rampelli, iscritto a parlare; si intende che vi abbia rinunziato.
È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei svolgere qualche considerazione a conclusione di questa lunga giornata. Parto da una osservazione sulla legge finanziaria in generale e mi collego a quanto detto questa mattina dal relatore Ventura. Credo che nessuno di noi ne possa più della legge finanziaria in generale e che sia davvero il tempo - non lo sarà, ma lo dico esortativamente - di considerare una drastica revisione del procedimento di bilancio in questo paese. Ritengo che sarebbe bene ispirarsi al modello inglese. Saremmo tutti più contenti di vedere il ministro arrivare con la sua valigetta e presentare al Parlamento un bilancio molto più snello, non la finanziaria in cui, di fatto, può entrare tutto e il contrario di tutto. Il Governo ci avrebbe lavorato, come in questo caso, mesi prima, lo avrebbe presentato al Parlamento, quest'ultimo ne avrebbe discusso e, poi, si sarebbe espresso in modo contrario o favorevole.
Forse sarebbe la fine degli «assalti alla diligenza», forse per tanti deputati e per molti di noi non ci sarebbe più modo di togliersi qualche soddisfazione localistica, ma credo che sarebbe un segno di modernità, di trasparenza e anche di serietà.
Stiamo discutendo di una finanziaria che non sappiamo come finirà non solo alPag. 133Senato, ma anche alla Camera. Non sappiamo quale sarà il contenuto finale vero della finanziaria che voteremo o meno. Credo che il bilancio sia l'atto fondamentale di un Governo, che il voto sul bilancio sia in se stesso un voto di fiducia e che dovrebbe esserlo senza la sceneggiata cui evidentemente, indipendentemente dalla nostra volontà, siamo condannati.
Vorrei esprimere, invece, qualche considerazione su questa finanziaria. Colleghi, voi siete partiti, senza saper invertire la marcia, con la retorica dell'eredità e del baratro lasciati dal centrodestra. Registriamo tutti - lo registrano gli analisti - che questa eredità non è un baratro, sia in termini di crescita, sia in termini di bilancio pubblico.
L'aumento del gettito - guardavo prima i dati - è consistente e, probabilmente, oltre ogni previsione. Voi non avete voluto tenere conto di quello che succedeva: il paese cominciava a crescere e il gettito fiscale è aumentato. Avete comunque voluto intervenire in modo pesante, come se nulla fosse successo, con un riflesso pavloviano, tassando e, in questo modo, pregiudicando anche i livelli della crescita futura, come del resto già l'Unione europea ha previsto. Lo avete fatto con lo slogan della redistribuzione.
Invito i colleghi del centrosinistra a guardare cosa succede negli altri Parlamenti europei, dove il centrosinistra governa, per vedere se c'è ancora qualcuno nel 2006, non nel 1976, che affronta il bilancio dello Stato con lo slogan delle spade sguainate nel nome della redistribuzione, una categoria che in Europa nemmeno a sinistra viene più considerata.
I temi sono altri: quelli dei servizi pubblici, della scuola, della sanità, cosa fare, come investire, se privatizzare oppure no. Questo interessa ai cittadini, non una presunta redistribuzione, che si risolve in qualche manciata di euro al mese.
Solo in Italia, in nessun altro paese europeo, nemmeno in quelli guidati dal centrosinistra, in una legge di bilancio si prevede l'aumento della tassa sui redditi, seppure semplicemente con una variazione degli scaglioni. Che la logica sottesa sia quella punitiva lo dimostra il fatto che qualcuno in questo Parlamento - parlo di persone autorevoli nel centrosinistra - abbia semplicemente ipotizzato di aumentare l'aliquota sul reddito delle persone fisiche dal 43 per cento, che già è troppo alto, al 45 o al 47 per cento. Questa è la politica che Ernesto Rossi avrebbe definito «politica della carestia», la spartizione della miseria. Non c'è nessuna visione di fiducia. Non c'è nessuna visione su quanto il paese possa fare. Ci si accontenta di tentare di spartirsi le spoglie di quello che c'è.
Sulla crescita, oggi sul Financial Times abbiamo letto l'intervista di Romano Prodi, che afferma: «L'Italia deve alzare la crescita alla media europea o sarà perduta». Io temo che l'Italia, se Prodi durerà con questa impostazione della politica economica e fiscale, sarà necessariamente perduta.
Qualcuno forse scommetterebbe un euro - non dico di più - sul fatto che questa finanziaria davvero possa aiutare la crescita, non quella del 2006 che, per fortuna, grazie a ciò che è successo prima, ha viaggiato, seppur di poco, al di sopra delle aspettative? Qualcuno scommetterebbe un euro sul fatto che la crescita per il 2007 sarà aiutata dai provvedimenti che sono stati proposti, con il presupposto che i conti erano peggiori rispetto al 1992? È una cosa falsa in modo talmente lampante che, forse, sarebbe stato bene rifletterci per qualche secondo e cambiare impostazione.
La stessa Unione europea stima la crescita per il 2007, in considerazione e in conseguenza della finanziaria che stiamo discutendo, all'1,4 per cento nel 2007, contro l'1,7 per cento del 2006. C'è anche chi si spinge a previsioni più ottimistiche per il 2006, mentre c'è chi prevede per il 2007 solo una crescita dell'1 per cento. Credo che la crescita non si fermerà all'1 per cento, ma grazie non alla finanziaria, quanto agli imprenditori e ai lavoratori italiani.
Ci hanno detto che l'Unione europea ha promosso la manovra. Se si andasse a leggere i documenti, come sarebbe semprePag. 134bene fare in tali casi, si scoprirebbe che è vero che l'Unione europea e, in particolare, il commissario Almunia hanno riconosciuto che l'aggiustamento previsto più o meno è corrispondente alle raccomandazioni dell'Ecofin. Al tempo stesso, Almunia afferma che le misure, tuttavia, non hanno incluso un pacchetto di riforme strutturali a medio termine e, finora, ci si è basati sul fronte delle entrate solo su questo, con effetti di medio termine.
Ci sono considerazioni molto preoccupate anche per quanto riguarda la lotta all'evasione e al trasferimento del TFR. I due punti cardine di questa manovra (lotta all'evasione e trasferimento del TFR) sono dati molto aleatori.
Visto che il tempo è poco e l'ora è tarda, passo subito a parlare del TFR. Credo sia semplicemente una follia la previsione del trasferimento del TFR inoptato all'INPS. Non solo è una follia in generale, ma è anche un artificio contabile, perchè lo Stato accende nei confronti dei lavoratori un debito che si trasforma in una entrata. Sono volate accuse pesantissime sulla contabilità creativa negli anni precedenti, ma, poiché questa contabilità creativa clamorosa viene fatta dal centrosinistra, poco o nulla succede.
Ma è una follia anche introdurre questa assurda soglia dei 50 dipendenti! Sfido chiunque dell'opposizione, anche gli onorevoli deputati presenti, a spiegare a qualcuno, non dico in Italia, ma all'estero, che voglia investire in questo paese, il fatto che è stata prevista una nuova soglia, tra le tante che ci sono (vedi l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori), ossia quella dei 50 dipendenti; oppure a spiegare cosa succederà all'imprenditore che ha 51 dipendenti e che, magari, è sufficiente che rinunci ad uno per non avere l'onere di ricorrere al mercato bancario per quella parte di finanziamento che gli deriverebbe dal mantenere il TFR inoptato in azienda; o a spiegare cosa succederà a quell'imprenditore che, avendo 49 dipendenti, sa che il giorno dopo l'assunzione del cinquantesimo dovrà trasferire all'INPS il flusso del TFR inoptato e chiedere alle banche il denaro, pagando nuovi interessi bancari.
È una follia, eppure questo è uno dei punti qualificanti. Il Governo ci ha pensato a lungo, ha modificato radicalmente la propria posizione, ma a questo è giunto.
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Della Vedova.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiudo proprio sulla questione del TFR. Vedete, colleghi, io sono favorevolissimo ai fondi pensione. Penso, anzi, che bisognerebbe ragionare in termini tali da prevedere i fondi pensione, quindi la previdenza privata a capitalizzazione, seppur entro la cornice di regole, come base del sistema previdenziale italiano.
Noi però rischiamo di illudere gli italiani, in particolare i lavoratori più giovani, inducendoli a ritenere che la mossa di trasferire il TFR ai fondi pensione rappresenti la soluzione del loro problema, quello in prospettiva, quello della pensione. Ricordiamoci di spiegare ai giovani lavoratori che noi stiamo semplicemente chiedendogli, incentivandoli, obbligandoli, a sostituire uno strumento previdenziale, per quanto anomalo, quello della liquidazione ...
PRESIDENTE. Dovrebbe proprio concludere, onorevole Della Vedova.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. ...con un altro strumento, quello dei fondi pensione. Si rinuncia alla liquidazione e si investe nei fondi pensione, contando sul fatto che renderanno di più. Qualcosa di più renderanno, ma in cambio i lavoratori giovani non avranno la liquidazione e, quindi, la loro vita comunque non cambierà. Questo, fintanto che non si avrà il coraggio di affrontare il vero nodo, quello della previdenza obbligatoria e quello dell'aliquota al 33 per cento. Sul punto rivolgo un invito alla maggioranza: non aprite il dossier pensioni! Sapete come andrebbe a finire? Andrebbe a finire come è andata a finire con le tasse: si avrebbe solo l'effetto di peggiorare la situazione italiana.Pag. 135
Se siamo responsabili, teniamoci lo «scalone»! È una misura che è stata votata dal Governo precedente, che ha qualche elemento di «rozzezza», ma almeno è una misura precisa e certa, che va nella direzione giusta.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi previsti per la giornata odierna.
Il seguito della discussione congiunta è rinviato alla seduta di domani.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Mercoledì 8 novembre 2006, alle 9:
1. - Seguito della discussione congiunta dei disegni di legge (per la discussione sulle linee generali):
Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (1746-bis-A).
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009 (1747).
- Relatori: Ventura, sul disegno di legge 1746-bis-A e Piro sul disegno di legge 1747.
(al termine)
2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 953 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 settembre 2006, n. 258, recante disposizioni urgenti di adeguamento alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee in data 14 settembre 2006 nella causa C-228/05, in materia di detraibilità dell'IVA (Approvato dal Senato) (1808).
- Relatore: Fogliardi.
3. - Dimissioni del deputato Boco.
4. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2007 e bilancio pluriennale per il triennio 2007-2009 (1747).
- Relatore: Piro.
La seduta termina alle 21,05.
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO MICHELE VENTURA IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 1746-BIS E N. 1747.
MICHELE VENTURA, Relatore sul disegno di legge n. 1746-bis. La manovra di bilancio per il 2007 si sostanzia in tre direttrici: il risanamento dei conti pubblici per rientrare dopo 5 anni finalmente nei parametri del Patto di stabilità europeo; il sostegno allo sviluppo; il ripristino di un minimo di equità sociale.
Come ha ben sintetizzato il ministro dell'economia, la manovra «propone una vera e propria svolta nella vita economica e sociale del paese: l'uscita dei nostri conti da una zona di pericolo, una redistribuzione del reddito attraverso il sistema fiscale e parafiscale, uno spostamento della pubblica spesa dal mantenimento di apparati amministrativi pesanti a programmi di sviluppo economico e di equità sociale, l'avvio di riforme profonde nei campi del federalismo fiscale, della sanità, della previdenza e dello Stato sociale. Si avviano cambiamenti importanti e si getta il seme per più ampie riforme future».
Da ormai un decennio, l'Italia è in coda alla Comunità europea. Da questa semplice constatazione è cresciuta la consapevolezza che una politica in due tempi, prima il rigore e poi la crescita, non sarebbe stata appropriata. La manovra finanziaria perciò non solo consegue il rigore, ma libera risorse significative e nePag. 136cambia destinazione a favore della crescita. La crescita è la mission di questa manovra economica.
Un primo intervento è volto a ridurre la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro e la retribuzione netta effettivamente ricevuta dal lavoratore, il cosiddetto cuneo fiscale e contributivo.
La riduzione del cuneo dà fiato al sistema delle imprese, le quali sono, in effetti, il settore più fortemente beneficiario dell'intera manovra, per la consapevolezza che esse, non altri, sono il motore della crescita e dello sviluppo; da esse dipendono l'innovazione e l'investimento; esse si battono sul fronte della competizione internazionale; da esse dipende che la ripresa congiunturale in atto divenga crescita duratura.
Non vi è altra via per l'Italia che quella di recuperare terreno sul fronte della produttività: è ora indispensabile che la riduzione del cuneo si accompagni ad una ripresa di crescita della produttività in assenza della quale la stessa riduzione del cuneo rischierebbe di essere vanificata in breve tempo.
Abbiamo constatato che le risorse stanziate per investimenti in infrastrutture, innovazione e ricerca, servizi essenziali, quali strade e ferrovie, per la cultura, l'ambiente, la difesa del suolo, il turismo e molti altri campi erano state ridotte, soprattutto con l'ultima legge finanziaria, a livelli semplicemente insostenibili.
Vengono, quindi, destinate, o riorientate in tal senso, risorse imponenti che, al netto di quelle necessarie per finanziare la riduzione del cuneo fiscale, ammontano a oltre 20 miliardi nel prossimo triennio, dei quali circa 8 saranno disponibili già nel prossimo anno.
Rilevanti sono anche gli investimenti previsti in infrastrutture immateriali e in capitale umano che, nell'economia della conoscenza, sono condizione essenziale per una crescita sostenuta della produttività.
La legge finanziaria destina, quindi, ulteriori risorse ad agevolare attività con forti esternalità positive, quali gli investimenti in ricerca e sviluppo e la creazione di reti d'impresa. Essa si propone allo stesso tempo di alleviare i vincoli che, dal lato del mercato finanziario, penalizzano le imprese minori e scoraggiano gli investimenti innovativi, creando a tal fine un fondo per la finanza d'impresa.
Perchè una manovra di questa portata?
Non si può non ricordare che l'ampiezza di questa manovra è stata determinata dalla situazione dei conti pubblici lasciataci in eredità dal centrodestra. Non solo per i saldi negativi, ma per altri due motivi: a causa di quella che è stata definita «la desertificazione» di terreni essenziali della spesa pubblica e perché è stata raschiata dal Governo precedente tutta la parte discrezionale della spesa pubblica.
Certamente questa manovra di bilancio per il 2007 è una delle più ambiziose degli ultimi 15 anni. Lo testimoniano le cifre stesse. La manovra del Governo Amato per il 1993 al fine di evitare la bancarotta dello Stato fu di 46,9 miliardi di euro; quella di Prodi, per l'anno 1997, al fine di agganciare l'euro nel 1997 fu di 32,3 miliardi di euro; l'ultima manovra del Governo Berlusconi per il 2006, per cercare in qualche modo di limitare i danni di una finanza pubblica tornata «allegra», fu di 27 miliardi.
Per il 2007 viene proposta una manovra di 34,7 miliardi di euro.
Una serie di critici ha teso a contestare la necessità di una manovra così gravosa. Secondo questa tesi era sufficiente correggere il tendenziale o poco più e per il resto lasciar fare il mercato. Chi ragiona in questo modo dimentica semplicemente il contesto in cui si inserisce questa manovra, un contesto segnato da tre emergenze: un'emergenze di finanza pubblica; un'emergenza sociale definita dalla perdita di potere d'acquisto delle retribuzioni in un quadro di calo dei consumi interni, di aumento della povertà, di una crescita delle rendite e delle disuguaglianze; e, soprattutto un'emergenza relativa alla nostra economia connotata dal declino dellaPag. 137produttività e della competitività, dalla perdita di quote di mercato nel commercio internazionale.
È stato chiesto - anche autorevolmente - quale è la «mission» di questa manovra. La risposta, al di là di evidenti carenze di comunicazione, è semplice: fare ripartire l'Italia, darle un futuro, rimettere in moto le migliori energie del mondo imprenditoriale, del lavoro, dei giovani. Ridare fiducia. L'obiettivo è la crescita.
Certo l'Unione europea presidia i parametri di finanza pubblica e così i mercati finanziari, ma siamo noi che ci siamo dati l'obiettivo della crescita della nostra produttività ed abbiamo definito i termini di una gestione della finanza pubblica funzionale e co-essenziale al conseguimento di questo obbiettivo.
Anche senza il vincolo esterno del Patto di stabilità dovremmo comunque impedire un'ulteriore crescita della spesa pubblica corrente primaria in rapporto al Pil, perché la crescita incontrollata (2,7 per cento del Pil in 5 anni) di tale spesa è uno dei principali fattori di depressione della nostra capacità competitiva. Infatti, non solo divora risorse che potrebbero altrimenti essere destinate alla promozione dello sviluppo, soprattutto, divora «futuro», perché azzera l'avanzo primario, e, per questa via, torna a far crescere il volume globale del debito.
Se il Governo avesse proposto una manovra di 15 miliardi non si sarebbero potuti fare investimenti, si sarebbe completamente bloccato, ad esempio, il sistema dei cantieri dell'ANAS e delle FS, non si sarebbe finanziato il rinnovo dei contratti del pubblico impiego che è un atto dovuto, non si sarebbe finanziato la missione in Libano, non si potrebbe diminuire il costo del lavoro per le imprese e così via.
Va, innanzitutto, capita fino in fondo la situazione dei conti pubblici. Anche per riportare a normalità i conti pubblici, infatti, non sarebbe stato sufficiente correggere il solo tendenziale, operazione già di per sé piuttosto impegnativa. L'indebitamento tendenziale non include le spese per far funzionare ANAS e FS (circa 4 miliardi di euro), non include le risorse per prorogare le agevolazioni fiscali varie a favore dell'industria, dei servizi e dell'agricoltura (circa 1,5 miliardi di euro), non prevede le risorse per il Fondo per le politiche sociali o i cofinanziamenti per i programmi europei, non prevede le risorse per i contratti in essere sottoscritti da imprese pubbliche e dalla Difesa di cui una certa quantità sottoscritti in chiusura della precedente legislatura semplicemente «scordandosi» di reperire le risorse finanziarie necessarie (circa 1.700 milioni l'anno), e così via.
Voglio inoltre ricordare che sulle pensioni, il Governo precedente ha disatteso l'applicazione della legge Dini del 1995 in base alla quale, nel 2005, avrebbe dovuto rivedere i coefficienti di calcolo delle prestazioni.
È stato relativamente facile per il Governo precedente correggere, anche se del tutto parzialmente, i conti, dopo avere peraltro fatto correre la spesa corrente, tagliando spese che, anche se formalmente non sono «obbligatorie», costituiscono in realtà degli atti dovuti, lasciando così al Governo attuale tutte le «patate bollenti».
Questi sono i veri «buchi» che abbiamo trovato nei conti pubblici e che ci sono stati lasciati in eredità, questa è la vera «imposta di successione» dell'onorevole Tremonti.
Oltretutto, anche per i saldi tendenziali «formali» la situazione ereditata era pesantissima. Il Governo ha trovato un deficit tendenziale per il 2007 pari al 4,3 per cento del Pil, che ha raggiunto il 4,6 per cento come effetto della sentenza della Corte europea sul rimborso dell'Iva per le auto aziendali. Quella sentenza, in realtà, era attesa e prevedibile dopo che la Commissione si era pronunciata in modo chiaro sui limiti della indetraibilità dell'Iva per le vetture aziendali, tanto che nella legislatura che fu governata dal centrosinistra l'Italia aveva subito avviato le trattative per compiere un graduale rientro nella regola europea, stabilendo già nel 2001 una prima riduzione del limite di indetraibilità che, originariamente, riguardava il 100 per cento dei costi.Pag. 138
Purtroppo quel percorso di rientro è stato completamente abbandonato nella legislatura successiva, ignorando anche la presentazione del ricorso alla Corte di giustizia promosso nel 2004 dalla Stradasfalti srl.
Il Governo ha dunque dovuto intervenire a giugno, appena insediato, con una prima manovra correttiva che ha ridotto questo deficit tendenziale dello 0,5 per cento, ed in ottobre, con delle disposizioni correttive sull'IVA relativa alle auto aziendali, per un altro 0,3 per cento del Pil. Resta un residuo del 3,8 per cento. Per ridurlo la manovra di bilancio destina 15,2 miliardi di euro. L'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni scenderà al 2,8 per cento.
In conclusione, il totale delle misure correttive del disavanzo adottate dal Governo attuale per il 2007 è dell' 1,8 per cento del Pil, più del doppio rispetto allo 0,8 per cento ipotizzato dal Governo Berlusconi per lo stesso anno.
L'avanzo al netto degli interessi sul debito, che era stato praticamente azzerato dal precedente Governo, salirà al 2 per cento e di conseguenza il rapporto debito/Pil interromperà la crescita di questi due ultimi anni.
Il declassamento da parte delle agenzie di rating: l'esame avviato sull'affidabilità dell'Italia dalle agenzie Fitch e Standard&Poor's si è recentemente concluso con due declassamenti di rating. Il rating a lungo termine di Fitch è passato dalla «AA» alla «AA-» mentre quello di S&P's è passato dalla «AA-» alla «A+». Entrambe le agenzie hanno sostenuto che le prospettive sono ora stabili, giudizio confermato da Moody's che ha confermato il rating AA2 sostenendo che nulla è cambiato rispetto alle loro precedenti valutazioni.
Va sottolineato però che i due declassamenti sono stati annunciati al termine di un processo di verifica avviato da Fitch con «negative credit watch» lo scorso maggio e da S&P's con outlook negativo dall'agosto del 2005. Si tratta di un allarme ampiamente previsto: le analisi sono esattamente le stesse denunciate dal Governo sin da subito tanto da approntare una finanziaria rigorosa e impegnativa.
Sono dunque chiare le conseguenze dell'eredità del precedente Governo.
Le due retrocessioni erano talmente attese che i mercati finanziari hanno reagito in maniera abbastanza indifferente. I rendimenti si sono mossi solo di qualche punto base (e in armonia con quelli americani). Se davvero ci fosse la possibilità per l'Italia di perdere il controllo della finanza pubblica, ben altro sarebbe stato il giudizio dei mercati. Insomma, i giudizi delle due agenzie non sembrano aver avuto molte conseguenze pratiche. I motivi della mancata reazione dei mercati finanziari sono molteplici. Il primo è semplice: il declassamento di rating era atteso da mesi e pertanto i grandi investitori si erano già alleggeriti dai titoli italiani. Il secondo è, invece, addebitabile al miglioramento dell'economia e della finanza pubblica, basti pensare agli ultimi dati sulle entrate fiscali e sul fabbisogno.
L'abbassamento del rating viene giustificato dal rapporto Fitch con il deterioramento delle finanze pubbliche che ha visto una risalita del debito e una forte riduzione dell'avanzo primario ma allo stesso tempo le prospettive vengono alzate da negative a stabili. In sostanza, il rating non poteva che essere abbassato perché la situazione presente è pesante ma, come dice il rapporto, «con una ripresa in corso, una risposta della politica di bilancio e bassi tassi d'interesse reali, le dinamiche del debito non sono avverse, e questo conforta la prospettiva di stabilità». Del resto, la stessa Banca d'Italia nell'audizione del Governatore, per la prima volta da molti anni, non ha messo in dubbio il risultato finale in termini di effetto sui saldi.
Ma i declassamenti confermano che una manovra correttiva di queste dimensioni era indispensabile. Le decisioni delle agenzie di rating testimoniano proprio che la situazione dei conti pubblici era preoccupante e, al contempo, mettono ben in luce come il processo di risanamento dei conti pubblici non sia concluso. In questo senso, l'aspetto più importante è che laPag. 139manovra ha carattere strutturale. In primo luogo, il rientro dal disavanzo non è temporaneo. L'impatto crescente delle riduzioni di spesa previste nella legge finanziaria dovrebbe permettere di ridurre il prelievo fiscale fin dal 2008 e nel contempo consentire all'indebitamento netto di collocarsi stabilmente al di sotto del 3 per cento, anche in assenza di ulteriori interventi. Soprattutto, il calo del disavanzo non è affidato a misure impercorribili e insostenibili da un punto di vista economico e sociale, come l'azzeramento dei fondi per interi capitoli di spesa in conto capitale. Che la manovra di risanamento incidesse inizialmente soprattutto dal lato delle entrate era probabilmente inevitabile. Anche nel 1993 e nel 1997 la pressione fiscale registrò un forte aumento per poi scendere successivamente. Il verdetto sulla qualità della politica economica non può essere dunque definitivo.
Inoltre, Fitch ha riconosciuto in un report post-declassamento che il debito pubblico italiano è gestito bene e che l'allungamento delle scadenze e l'accesso capillare nei mercati dei capitali nell'area dell'euro rimangono un supporto importante per il profilo del credito e dunque contribuiscono a mantenere la doppia «A». La singola «A+» dell'Italia non comporta comunque alcun problema per la consegna dei titoli di Stato come garanzia collaterale nelle operazioni di finanziamento della Banca centrale europea, problema che si crea solo quando i titoli di debito non vantano una sola singola «A» (e prima che l'Italia scenda nella categoria della «B» occorrerebbero altri 12 declassamenti).
Segnalo infine che la terza agenzia di rating, la Morgan Stanley, ha recentemente affermato che: «le agenzie di rating potrebbero essere costrette a rialzare il loro giudizio prima del previsto, osservando che il potenziale di crescita dell'Italia migliora e che il deficit pubblico si riduce. Gli investitori - conclude l'analisi - invece, non aspetteranno il loro via libera per investire in Italia».
Il Contesto internazionale: nel 2006 l'economia internazionale è cresciuta a ritmi sostenuti, anche se negli ultimi mesi sono emersi segnali di rallentamento. Nel complesso, tuttavia, le prospettive rimangono favorevoli. Sulla base delle più recenti indicazioni degli organismi internazionali, si stima che l'espansione annua del PIL mondiale sia pari o leggermente superiore al 5 per cento nell'anno in corso, mentre nel 2007 il PIL mondiale è previsto aumentare del 4,8 per cento.
Il commercio internazionale dovrebbe arrivare all'8,9 per cento per poi scendere al 7,6 per cento nel 2007.
Negli Stati Uniti, la crescita in termini reali del PIL é in decelerazione a causa del calo della spesa delle famiglie e pertanto si stima una crescita del 3,4 per cento per l'anno in corso e del 2,9 per cento nel 2007, nonostante siano presenti rischi consistenti di un rallentamento più significativo. Anche nei paesi emergenti dell'Asia, secondo gli indicatori, la crescita del PIL in termini reali sembra indebolirsi lievemente, anche se le esportazioni continuano a espandersi rapidamente. Si prevede comunque un consolidamento della crescita nel 2007, con un forte incremento del prodotto in Cina ed in India.
La fase di crescita della domanda internazionale ha provocato una sostenuta crescita dei prezzi delle materie prime. I rialzi nei prezzi delle materie prime e la crescita mondiale hanno generato un aumento dell'inflazione a livello globale. Si tratta per il momento di aumenti abbastanza contenuti ma sufficienti per tenere l'inflazione distante dagli obiettivi delle banche centrali che, di conseguenza, hanno rivisto l'orientamento espansivo degli anni passati. I tassi, comunque, restano ancora su livelli bassi.
Per quanto riguarda i tassi di cambio, a partire dal 2007 quelli delle principali valute sono previsti oscillare sostanzialmente sui livelli medi del 2006 e quindi l'euro dovrebbe stabilizzarsi su un valore pari a 1,28 dollari.
I principali rischi provengono dalla recente forte correzione del settore immobiliare americano (che potrebbe ripercuotersi sulla spesa delle famiglie statunitensi e di conseguenza sull'andamento dell'interaPag. 140economia mondiale), dai prezzi delle materie prime e in particolare del petrolio, a causa del loro possibile impatto sulla crescita e sull'inflazione, a un disordinato riassorbimento degli squilibri economici internazionali.
Per quanto riguarda l'Europa, l'andamento positivo dell'economia mondiale ha coinvolto anche l'area euro, che sta registrando tassi più elevati rispetto agli anni passati, principalmente grazie all'andamento degli investimenti, mentre si è registrato un rallentamento della dinamica dei consumi, che riflette le pressioni inflazionistiche dovute al prezzo del petrolio. Sia le esportazioni che il mercato del lavoro mostrano andamenti positivi.
L'inflazione al consumo continua a rimanere al di sopra del 2 per cento, prevalentemente a causa di persistenti spinte al rialzo sui prezzi dei beni energetici, tanto un nuovo rialzo del costo del denaro nella zona euro è pressoché assicurato per dicembre; per il 2007, invece, la Banca centrale europea non sembra voler prendere impegni, anche se i timori legati all'abbondante liquidità lasciano la porta aperta a ulteriori strette monetarie l'anno prossimo. La Bce prevede una ripresa tanto robusta da poter sopportare un ritorno verso una posizione di neutralità della politica monetaria che potrebbe, quindi, perdere l'orientamento di sostegno alla crescita. Se, come è certo, la Bce porterà il tasso ufficiale dall'attuale 3 al 3,5 per cento a fine 2006, si determinerà un inevitabile aggravamento del peso della gestione del debito pubblico. Peraltro, l'innalzamento dovrebbe ridurre il divario con i tassi americani nella parte finale dell'anno, con un conseguente rafforzamento dell'euro e conseguenti effetti restrittivi sulla crescita economica anche nel nostro paese.
La congiuntura rimane comunque favorevole, anche se continuano ad emergere segnali di rallentamento. Sulla base di questi elementi, in linea con le stime dei principali Organismi Internazionali, per l'anno in corso si prevede una crescita del PIL dell'area pari al 2,3 per cento e una leggera decelerazione per il 2007 (2,1 per cento), coerentemente con il ridimensionamento della crescita mondiale. Le esportazioni dovrebbero continuare a beneficiare della crescita del commercio internazionale. Il tasso di crescita degli investimenti dovrebbe rimanere sostenuto, beneficiando di condizioni di finanziamento ancora favorevoli, così come la crescita dei consumi dovrebbe continuare a rafforzarsi, in linea con l'andamento del reddito disponibile reale e con l'ulteriore miglioramento delle condizioni nel mercato del lavoro.
L'economia italiana. Il ripreso vigore dell'area Euro riguarda anche l'Italia, con un Pil 2006 che le principali istituzioni internazionali stimano compreso tra 1'1,5 per cento e 1'1,8 per cento e che il Governo stima ora pari all'1,6 per cento (anziché 1,5 per cento come nel Dpef di luglio). L'Italia quindi, dopo un lungo periodo di difficoltà, riprende finalmente a crescere.
In media d'anno, i consumi, beneficiando dell'andamento favorevole dell'occupazione e del reddito disponibile, dovrebbero accelerare rispetto al 2005 e crescere ad un tasso pari all' 1,6 per cento. Il rafforzamento del ciclo internazionale si dovrebbe ripercuotere favorevolmente sulle nostre esportazioni così da crescere a tassi elevati (5,3 per cento). I rialzi delle materie energetiche si sono riflessi sui prezzi delle importazioni, anche se le imprese esportatrici, a fronte delle tendenze dei prezzi internazionali e dopo aver mantenuto per diversi anni politiche di prezzo volte più al consolidamento dei margini di profitto, sembrano orientate ora a praticare prezzi più contenuti. Pertanto, il deficit di parte corrente della bilancia dei pagamenti si dovrebbe attestare intorno al 2,4 per cento.
Dal lato dell'offerta, la crescita sarà sostenuta dal settore dei servizi privati e di quello dell'industria in senso stretto. L'occupazione dovrebbe continuare a crescere, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 7,1 per cento.
Il problema è che già per il 2007 è attesa una frenata della crescita in tutta Europa e l'Italia, con il suo tasso diPag. 141crescita stimato tra 1'1,2 per cento e 1'1,4 per cento (1,3 per cento secondo le stime del Governo) continuerà ad avere il tasso più basso delle tre maggiori economie europee. Questo perché la ripresa dell'economia italiana presenta ancora carattere congiunturale e non sembra in grado di scalfire il divario di crescita con il resto dell'Europa.
Nel 2007, di conseguenza, lo sviluppo dell'economia italiana subirà un lieve rallentamento rispetto all'anno in corso. Ciò nonostante, le esportazioni, nonostante il minor dinamismo del commercio mondiale e l'apprezzamento dell'euro, continueranno a mostrare una dinamica ancora positiva seppure in decelerazione, così come gli investimenti che dovrebbero registrare un leggero rallentamento.
La crescita continuerà comunque ad essere sostenuta dalla domanda interna e il deficit corrente della bilancia dei pagamenti in rapporto al PIL registrerà un miglioramento. Anche la dinamica dell'occupazione decelererà mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe, per la prima volta da molto tempo, scendere sotto il 7 per cento.
La composizione della manovra: i tagli alle spese. La stabilità finanziaria delle pubbliche amministrazioni è una premessa a qualsiasi politica per lo sviluppo.
Riguardo al recente passato, non è per spirito polemico che intendo ricordare come è stato sperperato, in questi ultimi anni, il regalo fattoci dall'euro: entrare nell'euro ci ha permesso di risparmiare sulla spesa per gli interessi del debito un valore pari al 2 per cento del Pil.
La spesa corrente primaria che nel 2000 era pari al 37,3 per cento del Pil, nel periodo in cui ha governato il precedente Esecutivo, era stata portata in media al 39,9 per cento; nel 2007 si attesterà su questa percentuale interrompendo la sua crescita, ed a partire dal 2008 si ridurrà. La manovra non determina dunque, e non potrebbe in un tempo così ravvicinato, un'inversione di tendenza della spesa, ma certo non si può negare che ci sia una correzione del trend.
La manovra determina, peraltro, un'inversione di rotta vera e propria sui saldi: il rapporto deficit/Pil, come già ricordato, si prevede in discesa al 2,8 per cento nel 2007, dopo essere costantemente cresciuto ed essersi mantenuto sempre sopra il tetto del 3 per cento fissato dal Trattato di Maastricht, dal 2001 al 2006; il rapporto debito/Pil si stima tornerà a diminuire nel 2007, dopo essere aumentato sia nel 2005 che nel 2006; l'avanzo primario salirà al 2 per cento nel 2007 da meno 0,3 per cento di questo anno e dallo 0,4 per cento dell'anno 2005; la spesa sanitaria complessiva si prevede in diminuzione nel 2007 rispetto a questo anno (da oltre 102 miliardi a 101,7 miliardi), dopo essere cresciuta a un tasso medio annuo del 5,7 per cento nel 2000-2005.
La manovra è strutturale perché produce una correzione che si rafforza nel tempo, e questi effetti crescenti vanno a beneficio delle spese per lo sviluppo e l'equità.
Altri risparmi non si potevano ottenere con l'accetta. Anche perché un'altra delle eredità negative ricevute è quella dell'irrigidimento delle spese. In sostanza, il Governo precedente aveva tagliato tutte, o quasi tutte, le spese discrezionali, anche oltre il ragionevole. Così il bilancio si è squilibrato diventando, come ha sottolineato il ministro dell'economia, difficilissimo da risanare. La politica dei tagli era dunque molto ardua e, in ogni caso, se fatta senza criterio, poco produttiva.
Cosa si può «tagliare» in due mesi? Si possono bloccare i pensionamenti per un anno, si può colpire la sanità pubblica senza razionalizzarla, si possono ridurre ancora di più i trasferimenti agli enti locali, si può negare ai pubblici dipendenti il rinnovo dei contratti. Per questa via non solo avrebbero pagato il conto i soliti noti, ma si sarebbe innescato un peggioramento dei servizi pubblici.
I tagli veri non si possono fare con la scure del tipo meno 10 per cento alla Sanità oppure meno 5 per cento alle procure della Repubblica, od ancora meno 2 per cento per tutte le UpB relative a spese correnti: il metodo usato dal passatoPag. 142Governo con i risultati noti. Noi vogliamo ottenere risparmi veri, e dunque si dovrà procedere con i tempi necessari che non sono quelli necessariamente ridotti di una manovra finanziaria: i tagli fatti con la scure servono più spesso a tagliare arti sani che infetti. Gli sprechi esistono ma vanno colpiti caso per caso, non alla cieca. Essi richiedono tempi compatibili con analisi serie ed interventi conseguenti.
Prendiamo esempio dalla procura di Bolzano la quale ha eliminati gli sprechi e dimezzati i costi con un attività di riorganizzazione durata due anni. Con la collaborazione di una società di consulenza e coinvolgendo tutto il personale, i costi della procura si sono dimezzati - dico: «dimezzati» - e così i tempi dei processi. La riduzione dei costi ha comportato un miglioramento della qualità del servizio.
In un paese con le caratteristiche dell'Italia (bassa produttività totale dei fattori, esiguità dei tassi di attività di donne e giovani, trend demografico sfavorevole, arretratezza delle infrastrutture, nanismo industriale, arretratezza dei mercati finanziari) risalta la differenza tra «tagli» e «riforme strutturali». Se ci si limita a ridurre i livelli delle grandezze economiche senza modificare il rapporto tra le parti e la loro composizione interna, questa tanto invocata politica dei tagli si rivela del tutto insufficiente se non controproducente. La spesa pubblica va innanzitutto riqualificata.
I tagli ai Ministeri. In ogni caso, a chi abbia accusato questa Finanziaria di essere poco incisiva sul fronte dei tagli, specie nei confronti della spesa delle pubbliche amministrazioni, è possibile opporre quelli previsti dall'articolo 53 che tante polemiche hanno suscitato a dimostrazione che risparmiare sulla spesa pubblica non è mai un'operazione agevole.
In esso si stabilisce, infatti, che sia accantonata e resa indisponibile, in maniera proporzionale, una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni di euro per il 2008 e a 4.922 milioni di euro per il 2009, delle dotazioni delle unità previsionali di base iscritte nel bilancio dello Stato a legislazione vigente relativamente a: consumi intermedi; trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche, con esclusione degli enti territoriali, degli enti previdenziali e degli organi costituzionali, del Fondo ordinario delle università statali e della Protezione; trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private, a imprese e a estero, con esclusione dei trasferimenti all'estero aventi natura obbligatoria, delle pensioni di guerra e altri assegni vitalizi, delle erogazioni agli istituti di patronato e di assistenza sociale, alle confessioni religiose; altre uscite correnti; tutte le categorie di spese in conto capitale, con esclusione dei limiti di impegno già attivati, delle rate di ammortamento mutui, dei trasferimenti agli enti territoriali, delle acquisizioni di attività finanziarie, del Fondo per le aree sottoutilizzate - limitatamente ad una quota pari al 50 per cento del suo stanziamento, e della Protezione civile.
Gli accantonamenti relativi alle unità previsionali di base del Ministero della pubblica istruzione si limitano ad un importo complessivo di 40 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2007-2009 (corrispondente ad un accantonamento indisponibile pari al 2,4 per cento).
Di fronte all'iniquità inevitabile in un meccanismo di taglio lineare sia pure modulato, è necessario far presente come l'articolo 53, grazie alle modifiche introdotte dalla Commissione bilancio, rifletta ora sia un importante elemento di flessibilità, rappresentato dalla possibilità che il ministro dell'economia e delle finanze, entro il 31 marzo di ciascun anno, proceda a variazioni degli accantonamenti (entro i limiti previsti ed al fine di perseguire l'obiettivo del miglioramento dell'efficienza della spesa pubblica), sia un essenziale fattore di trasparenza e correttezza nei confronti del Parlamento, poiché lo schema di decreto del ministro dell'economia dovrà acquisire il parere delle Commissioni competenti. Inoltre, la previsione di determinate esenzioni, parziali o totali,Pag. 143relative a taluni tipi di spesa, costituisce il riflesso di priorità stabilite sulla base di precise scelte strategiche.
Già alcune riforme strutturali destinate ad eliminare gli sprechi nella spesa pubblica sono contenute nella Finanziaria.
Molti ministeri semplificano le loro strutture. Nel campo della scuola c'è l'avvio del processo di avvicinamento del rapporto alunni/insegnanti alla media europea. Nel campo del pubblico impiego e delle diverse strutture ministeriali sono previsti numerosi cambiamenti; c'è una modifica della struttura del bilancio dello Stato che riduce i capitoli di spesa, consente una maggiore flessibilità di gestione e quindi economie. La riorganizzazione e razionalizzazione della PA darà risparmi per 3,9 miliardi di euro.
Con i sindacati si discuterà di previdenza per adeguare il nostro sistema alla crescita delle aspettative di vita sia pure tenendo conto che non tutti i lavori sono uguali. Sulla sanità ci sono già i primi risultati ed è cominciato un percorso. Con le autonomie si è finalmente aperto il cantiere del federalismo fiscale sulla base del binomio autonomia/responsabilità. Non ci nascondiamo le difficoltà. Ci vorranno determinazione e tempo, ma il processo è avviato.
Le misure per lo sviluppo. Come ho già sottolineato, la crescita è l'obiettivo centrale della manovra di bilancio.
Le misure per lo sviluppo si basano, oltre che sul taglio del cuneo fiscale e sul Piano Bersani, sul credito di imposta per i nuovi occupati, per spese di investimento e per spese di ricerca e sviluppo. Ripartono, anche se in misura ancora insufficiente, gli investimenti infrastrutturali. Nel quinquennio 2001-2005 la quota della spesa in conto capitale è stata mediamente del 4 per cento; per il 2007 la Finanziaria destina agli investimenti risorse in misura tale che la quota della spesa pubblica in conto capitale raggiunge il 4,6 per cento del Pil.
Risorse per 7 miliardi per il 2007 e 19 miliardi di euro nel triennio sono destinate al Fondo per la competitività e lo sviluppo, al Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), al Fondo per la ricerca industriale e di base, ad infrastrutture, alle reti ferroviarie e stradali, al Mezzogiorno.
Misure specifiche sono previste per il turismo, la cultura, l'agricoltura, l'ambiente, i Fondi per l'occupazione e le politiche sociali, la famiglia (asili nido e anziani), le donne, le politiche abitative, il diritto allo studio, la cooperazione internazionale.
Noi veniamo da un lustro sconfortante in questo senso: le risorse per investimenti, infrastrutture, innovazione e ricerca, servizi essenziali quali strade e ferrovie, per la cultura, l'ambiente e la difesa del suolo, il turismo e tanti altri comparti, non hanno fatto altro che ridursi costantemente, fino a livelli insostenibili con la manovra per il 2006.
Mi soffermo un momento su alcuni interventi, i più rilevanti, per le imprese: la riduzione del cuneo fiscale è l'operazione-cardine del Governo per il primo impulso allo sviluppo e alla crescita del paese.
Come è noto, il cuneo è la differenza tra il costo del lavoro che l'impresa sostiene e l'importo che il lavoratore riceve in busta paga. Il «cuneo fiscale» è quindi composto dai contributi per la previdenza obbligatoria, dai contributi per malattia, maternità e assegni famigliari, dall'Irap dovuta sul costo del lavoro e dall'Irpef pagata dal lavoratore sulla sua retribuzione lorda.
In Italia, per un lavoratore-tipo (seguendo la definizione OCSE, un single senza figli con reddito al livello del lavoratore medio), il cuneo fiscale e contributivo è pari al 47,6 per cento del costo del lavoro. Tale dato colloca il nostro paese al di sopra sia della media OCSE sia della media UE-15, rispettivamente del 37,3 e del 42,1 per cento.
Dal punto di vista delle imprese, l'intervento consiste in una deduzione di parte del costo del lavoro dalla base imponibile Irap. In particolare, vengono dedotti tutti gli oneri sociali - contribuzione a carico del datore e del lavoratore - corrispondenti ai soli lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e per ciascuno di questi lavoratori è dedotta anche unaPag. 144somma fissa di 5.000 euro in tutto il territorio nazionale, ai quali si aggiungono altri 5.000 euro nelle regioni del Mezzogiorno.
Sono esclusi dall'applicazione delle nuove agevolazioni il settore bancario e finanziario, quello assicurativo e il settore delle cosiddette utilities.
Entrambe le agevolazioni sono subordinate all'esplicita autorizzazione dei competenti organi comunitari. La loro entrata in vigore sarà graduale per l'anno 2007: partirà dal mese di febbraio 2007 e verrà applicata in misura ridotta fino al mese di luglio; a partire dal mese di agosto le nuove deduzioni diventeranno fruibili per l'intero ammontare.
La misura a regime comporta una riduzione di tre punti del costo del lavoro. In realtà, l'intervento è ancora più consistente per i lavoratori con retribuzione inferiore alla media (che sono molto più della metà dei lavoratori), dato che una parte della misura è concessa in somma fissa ed è quindi proporzionalmente più favorevole per le retribuzioni più basse.
Inoltre, rispetto ad una analoga riduzione dei contributi sociali, una riduzione di 3 punti via Irap è equivalente ad una riduzione di 4,5 punti di contribuzione sociale, poiché mentre l'Irap non ha effetti sul reddito d'impresa, una riduzione dei contributi, coeteris paribus, avrebbe effetti sulla base imponibile Ires, aumentando l'imposta dovuta.
Per favorire la crescita dell'occupazione nelle zone più svantaggiate è previsto un incremento del coefficiente di abbattimento dell'IRAP da 3 a 5 volte per l'assunzione delle donne.
Si dispone che nelle aree geografiche del nostro paese, in cui le donne hanno un tasso di disoccupazione di due volte e mezzo superiore alla media europea e pari a un 165 per cento circa di quello degli uomini (sono queste le cosiddette aree geografiche al livello NUTS II, che in Italia corrispondono alle aree prima denominate obiettivo 1) e nelle aree individuate dalla Carta italiana degli aiuti a finalità regionale (Abruzzo, Molise e zone depresse delle regioni del centro-nord) l'assunzione delle donne sia incentivata con un incremento del «coefficiente di abbattimento» dell'IRAP (oggi 20.000 euro in tutto il territorio) pari a 5 volte nelle aree ex obiettivo 1 e a 3 volte nelle altre aree (ad esempio, considerando un'aliquota Irap medio-bassa, tra il 4,25 per cento e il 5 per cento dell'imponibile, nelle aree beneficiarie assumere una donna con la nuova norma costerà tra i 150 e i 170 euro in meno al mese con un vantaggio compreso tra i 1.700 e i 2.000 euro all'anno).
Nel disegno di legge finanziaria è confluito anche il contenuto del cosiddetto «Progetto industria 2015», proposto dal ministro per lo sviluppo economico per il rilancio del settore industriale italiano e per il recupero di competitività nei confronti dei partners europei ed internazionali: tre le direttrici degli interventi: per la competitività, per la crisi d'impresa ed in materia di brevetti.
Riguardo ai brevetti, in particolare, il mantenimento della tassazione ha lo scopo di favorirne l'abbandono quando non più di interesse per il titolare, a sostegno del passaggio della tecnologia a tutta la collettività, gratuitamente: norma che, in particolare, favorisce l'accesso alle innovazioni da parte delle piccole e medie imprese.
Perno della strategia di rilancio industriale saranno i Progetti di innovazione, che prevedono il finanziamento con risorse pubbliche di settori considerati strategici.
Trecento milioni di euro sono stanziati dalla finanziaria per il Fondo unico per la competitività, per il finanziamento sia dei progetti di innovazione che altri di sostegno alle imprese di competenza del ministro per lo sviluppo economico. Confluiranno nel Fondo per la competitività le risorse destinate al Ministero per lo sviluppo economico dal riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate e le risorse del Fondo per gli incentivi alle imprese, che viene soppresso.
Viene istituito il Fondo per la finanza d'impresa - sarà reso operativo da un successivo decreto interministeriale - con un finanziamento iniziale di 600 milioni diPag. 145euro (300 indicati in finanziaria, altrettanti saranno trovati in un'opera di recupero di finanziamenti residui non utilizzati in diversi capitoli di spesa per le imprese) e rappresenta l'impegno del Governo per i prossimi tre anni per facilitare l'accesso al credito e la partecipazione al capitale di rischio da parte delle piccole e medie imprese.
Le modifiche intervenute in Commissione bilancio ad opera di emendamenti del relatore e della X Commissione hanno mantenuto intatta la strategia di fondo del progetto iniziale puntualizzando alcuni aspetti. In primo luogo è stato rafforzato il ruolo della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome prevedendone l'intesa anziché solo il parere, per l'adozione dei decreti del ministro dello sviluppo economico relativi all'approvazione dei progetti di innovazione industriale ed è stata, di conseguenza, eliminata la disposizione che prevedeva l'approvazione dei progetti anche in mancanza del parere decorso il termine di 60 giorni. L'intesa con la Conferenza permanente è stata inserita anche per l'adozione del decreto del ministro dello sviluppo economico, con cui vengono stabilite le modalità di funzionamento del Fondo per la finanza d'impresa.
Inoltre è previsto che entro il 30 giugno di ogni anno il Governo presenti al Parlamento una relazione concernente l'operatività delle misure di sostegno previste dall'articolo, con particolare riferimento ai risultati ottenuti e alle somme erogate.
Sono stati infine aggiunti due nuovi articoli da un emendamento del relatore e da uno del Governo che prevedono disposizioni per il potenziamento della misura di assistenza tecnica delle imprese e un ampliamento delle finalità del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese.
Il primo articolo aggiuntivo valorizza le attività di sostegno alla nascita delle imprese innovative prevedendo una associazione delle misure di aiuto già esistenti con gli incentivi del Fit (Fondo di innovazione tecnologica). In tal modo, nell'ambito dei progetti elaborati dai soggetti convenzionati con il Ministero dello sviluppo economico per l'attuazione degli interventi di promozione e assistenza tecnica per l'avvio di imprese innovative operanti in comparti ad elevato impatto tecnologico, possono essere previsti anche programmi di ricerca e sviluppo svolti dalle imprese innovative di nuova costituzione. L'istruttoria dei suddetti programmi di ricerca e sviluppo delle neoimprese può essere affidata agli stessi soggetti convenzionati con il Ministero dello sviluppo economico che attuano le azioni di sostegno alla nascita di imprese innovative.
Il secondo articolo aggiuntivo estende l'ambito di operatività del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca (FRI) alle leggi regionali di agevolazione degli investimenti produttivi e della ricerca. Gli oneri finanziari derivanti dall'utilizzo del Fondo rotativo saranno a carico delle regioni che utilizzeranno questa opportunità. Qualora le iniziative regionali risultino coerenti con gli obiettivi ed i contenuti dei progetti di innovazione industriale previsti dall'articolo 104 della legge finanziaria, gli oneri per l'accesso al fondo rotativo potranno essere posti a carico del Fondo per la competitività secondo le procedure previste dal medesimo articolo.
Le piccole e medie imprese. Esse costituiscono tradizionalmente la spina dorsale dell'economia italiana. Esse hanno retto con coraggio le difficoltà economiche dell'ultimo decennio, ma, ancora oggi, il 95 per cento di queste resta sotto i 10 dipendenti e solo una piccola parte appare pronta a compiere un salto dimensionale sempre più indispensabile; è un salto che si può compiere rafforzando, in primo luogo, la propria competitività e sviluppando l'innovazione tecnologica, elementi indispensabili per affrontare gli scenari internazionali. Non dimentichiamo che, nell'ultima missione di Governo e Confindustria in Cina, la maggior parte delle 700 imprese lì rappresentate erano piccole e medie. Alcune misure della legge finanziaria, in particolare quelle sul TFR, nella loro prima versione, hanno destato preoccupazione fra queste imprese.Pag. 146
Ma vorrei sottolineare che gli interventi contenuti nella Finanziaria, dal cuneo fiscale al fondo per l'innovazione, dai crediti d'imposta fino alla fiscalità di vantaggio per il Sud, sono destinati all'intero settore produttivo italiano, una realtà costituita per il 97,8 per cento da piccole e medie imprese. Se si guardano gli interventi per lo sviluppo contenuti nella manovra è evidente che il soggetto di cui ci siamo più occupati è proprio quello delle piccole e medie imprese.
Ma il mondo delle piccole imprese, così importante per la vita economica del paese, doveva e deve essere maggiormente coinvolto nelle decisioni che lo riguardano. E su questo aspetto è opportuno rafforzare il confronto. Come è opportuno non perdere più tempo in discussioni ideologiche sul ruolo delle piccole e medie imprese. Questo non può essere messo in discussione: esse fanno parte delle prospettive del rilancio italiano per il quale questa maggioranza e questo Governo stanno lavorando.
Principalmente, i problemi delle piccole imprese sono i costi, l'innovazione organizzativa e tecnologica e la semplificazione amministrativa.
Riguardo ai costi, la manovra prevede la riduzione del cuneo per un recupero di competitività. Questa riduzione si rivolgerà, in particolare, ai settori ad alta intensità di manodopera più esposti alla concorrenza internazionale. Sono escluse tutte le imprese che non si rivolgono a concorrenza internazionale o interna. Questa misura riguarderà, in particolare, i settori di tradizione dove si concentrano in gran parte delle piccole imprese con una penalizzazione che oggi è difficilmente sostenibile.
Per quanto concerne l'innovazione organizzativa, è stato previsto un credito di imposta automatico del 10 per cento dei costi delle imprese in ricerca precompetitiva e per lo sviluppo di nuovi prodotti, che si alza al 15 per cento per i costi che derivano da contratti con università e centri di ricerca pubblici. Si è messo un tetto a questi contributi per evitare che vengano assorbiti soltanto dalla grande impresa. Si tratta di una cifra rilevante: 600 milioni di euro l'anno.
Sono state ripristinate le tasse sul mantenimento dei brevetti per consentire di ridurne i tempi di sfruttamento esclusivo e, quindi, permettere un accesso delle piccole imprese alle innovazioni sviluppate dalle grandi imprese; risorse sono state indirizzate per appoggiare l'accesso ai brevetti per le piccole e medie imprese.
Nel Mezzogiorno viene stabilizzata una politica di credito di imposta per i nuovi investimenti, e gli sgravi, sempre al Sud, per gli occupati. In particolare, viene allestito un fondo per la finanza d'impresa dedicato a quelle di piccole e medie dimensioni che si riveli utile per accompagnare ristrutturazioni finanziarie, con sostegno a strumenti innovativi o più tradizionali come i consorzi di garanzia ed i consorzi fidi. Questo tema e lo sviluppo di questa politica possono costituire una risposta, che il Governo e la maggioranza sono pronti a discutere con le piccole e medie imprese, al disagio che esse possono soffrire in seguito al decollo dei fondi pensionistici integrativi che assorbiranno gli accantonamenti relativi al TFR di un certo numero di lavoratori.
In Finanziaria vi sono inoltre molteplici e più specifici interventi, capaci di animare l'attività delle piccole imprese; ci limitiamo a ricordare l'intervento sull'efficienza energetica, a cominciare dal potenziamento degli sgravi per la ristrutturazione degli edifici con finalità di risparmio energetico.
Nei progetti di innovazione industriale esiste la previsione di privilegio per quelli presentati in filiera, fra grandi e piccole imprese, per consolidare questo tipo di rapporti; e nel disegno di politica industriale (DdL «Industria 2015») si cerca di dare una configurazione giuridica al concetto di «rete di impresa» che consenta a nuovi soggetti aggregati di operare sul mercato in condizioni più vicine a quelle oggi consentite ad un gruppo. Il Governo fa molto affidamento sul fatto che questa nuova figura giuridica possa dare una mano per l'approccio a temi come ilPag. 147credito, il marketing, la consulenza aziendale integrata ed eventualmente anche ad incentivi di natura fiscale.
Infine, il Governo ha presentato norme sulla semplificazione amministrativa che sono all'esame del Parlamento.
Certo, rimangono aperte questioni sulle quali è possibile tornare, nel rispetto delle norme europee, a cominciare dalle fusioni e dagli accorpamenti della piccola impresa. Si tratta di una Finanziaria molto complessa che, cogliendo il principale obiettivo di un risanamento effettivo di una finanza pubblica in grave squilibrio, ha tuttavia fatto molti e riconoscibili sforzi per incrociare le esigenze delle imprese.
Il Governo attuale avrebbe avuto bisogno di maggiori risorse, ma se il precedente Governo non avesse sprecato 2,5 punti di prodotto interno lordo (ben 33 miliardi di euro) nell'aumento della spesa pubblica corrente, che non ha portato né maggior servizi né maggiori infrastrutture, né ha aiutato le piccole e medie imprese nella competizione internazionale così agguerrita e feroce degli ultimi anni, si sarebbe potuto fare di più.
I Distretti e il made in Italy. I distretti sono stati, e continuano ad essere, la vera forza del made in Italy, basta pensare che impiegano circa il 45 per cento dell'occupazione complessiva del settore manifatturiero italiano e che circa il 40 per cento delle imprese italiane opera all'interno di reti, forme riconducibili ai distretti industriali. Il 46 per cento dell'export di prodotti manufatti proviene dai distretti. Alcuni di essi detengono quote di mercato intorno al 35-40 per cento sui mercati mondiali (ceramiche a Sassuolo, calze a Mantova).
Molti presentano quote di mercato mondiale intorno al 10-15 per cento del loro settore di attività.
Sotto questo punto di vista, i distretti industriali, presi nel loro insieme, rappresentano una forza economica paragonabile a quella dei grandi gruppi industriali di vere e proprie multinazionali.
Questi sistemi locali di imprese rappresentano, nella loro anomalia, un'esperienza così positiva da essere stati copiati e presi a modello per le politiche di sviluppo persino in Cina.
Per il sostegno allo sviluppo dell'apparato produttivo sono stati inseriti in Commissione bilancio due nuovi articoli nella legge finanziaria con i quali si dispone un cofinanziamento statale di progetti regionali in materia di distretti industriali riconoscendo una agevolazione per un ammontare massimo del 50 per cento delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto e si autorizza un contributo quindicennale di 3 milioni di euro a decorrere dal 2007 per gli interventi infrastrutturali relativi alla Fiera del Levante di Bari, Fiera di Verona, Fiera di Foggia e Fiera di Padova.
L'articolo 128 che reca interventi a favore del made in Italy è stato modificato attraverso alcuni emendamenti del relatore che hanno incrementando il rifinanziamento del Fondo per le azioni a sostegno del made in Italy, fissato in 20 milioni di euro per ciascun anno del triennio 2007-2009, di ulteriori 6 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
Tale incremento è finalizzato anche a favorire la penetrazione commerciale dei mercati esteri da parte delle imprese, attraverso l'adozione di strumenti di marchio consortili aventi natura privatistica ed è riservato prioritariamente a quelle aziende che siano in possesso del documento unico di regolarità contributiva. Inoltre a valere sul Fondo 1 milione di euro per ciascun anno è finalizzato al finanziamento di studi e ricerche diretti alla certificazione di qualità e salubrità dei prodotti tessili cardati, realizzati con materie prime secondarie, che valorizzino la tipicità delle lavorazioni e le caratteristiche ecologiche dei manufatti.
Per rafforzare la lotta alla contraffazione è stato approvato un emendamento che include, ai fini dell'integrazione del reato di importazione ed esportazione per la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza, l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dall'Italia ai sensi della normativa europea.Pag. 148
Il comma specifica inoltre che le false e le fallaci indicazioni di provenienza o di origine non possono comunque essere regolarizzate quando i prodotti o le merci siano stati già immessi in libera pratica.
Un'ulteriore attenzione, nel corso dell'esame parlamentare della finanziaria, dovrà essere rivolta al mondo dell'artigianato, con riguardo agli artigiani contoterzisti che lavorano sulla base di committenze.
Al mondo dell'artigianato viene chiesto un contributo oneroso alla manovra che può forse trovare delle misure parzialmente compensative in termini di riduzione dei premi Inail, oppure intervenendo a modificare almeno in parte la norma sull'aumento dei contributi per gli apprendisti, oppure ancora aumentando la no tax area relativa all'Irap per le piccolissime imprese. Su questi aspetti il confronto è aperto.
Il sostegno al settore turistico. La manovra 2007 interviene per sostenere le attività turistiche sia con disposizioni specifiche per lo sviluppo del settore sia con interventi per la valorizzazione del territorio.
Le risorse per lo sviluppo e la competitività del settore. L'articolo 182, al comma 1, autorizza una spesa di 30 milioni di euro nel triennio 2007-2009 per il «sostegno del settore turistico». Le modalità di intervento saranno definite con regolamento su proposta del Dipartimento del turismo.
Nel medesimo articolo, al comma 2, per sviluppare il turismo, incentivare l'unione tra proprietà e gestione dei beni ad uso turistico-ricettivo, e la crescita delle imprese turistico-ricettive si prevede uno stanziamento per complessivi 144 milioni di euro nel triennio.
Per il monitoraggio della domanda e dei flussi turistici e per la individuazione di strategie di interesse nazionale per lo sviluppo e la competitività del settore si autorizza una spesa di 6 milioni di euro nel triennio da destinare all'Osservatorio nazionale per il turismo.
I nuovi canoni demaniali marittimi. L'articolo 16 della finanziaria interviene sui canoni demaniali marittimi per finalità turistico-ricreative, con l'obiettivo di razionalizzare e di rendere più equo il sistema di determinazione dei canoni.
Innanzitutto si abroga l'articolo 32 del decreto-legge 269/2003, varato dal Governo Berlusconi che prevedeva, in caso non si fosse provveduto con decreto interministeriale ad adeguare la misura dei canoni in modo da assicurare maggiori entrate non inferiori a 140 milioni di euro all'anno, una rivalutazione del trecento per cento delle misure previste dalle tabelle in vigore.
Si modifica la disciplina vigente (il decreto-legge 400/93) che, in base ad un periodo di durata delle concessioni pari a sei anni, stabiliva la misura dei canoni classificando aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei in tre categorie: cat. A ad alta valenza turistica; cat. B a normale valenza turistica; cat. C a minore valenza turistica.
L'ammontare del canone era commisurato alla durata dell'effettivo utilizzo del bene oggetto di concessione.
Occorre precisare che le competenze in materia di concessione dei beni del demanio marittimo sono state conferite alle regioni (con il decreto legislativo 112/98) che a loro volta le hanno delegate ai comuni. La nuova disciplina stabilita dalla finanziaria interviene pertanto anche per garantire criteri uniformi nella determinazione dei canoni nelle diverse aree territoriali.
La nuova disposizione della finanziaria prevede che le regioni provvedano a riclassificare aree, manufatti, pertinenze e specchi acquei sulla base delle sole categorie di riferimento A e B (scompare pertanto la cat. C «a minore valenza turistica»).
In attesa che le regioni provvedano a tale riclassificazione, viene assunta quale categoria di riferimento la «B» (cosiddetta «a normale valenza turistica»).
I canoni annuali dovranno essere rideterminati distinguendo: le concessioni demaniali marittime che abbiano ad oggetto aree scoperte o sulle quali siano presenti opere amovibili (come, ad esempio, gliPag. 149arenili, gli stabilimenti o le aree su cui si trovano i campeggi) o sulle quali siano presenti opere inamovibili ma non costituenti ancora pertinenze demaniali marittime ai sensi dell'articolo 29 del codice della navigazione; specchi acquei; concessioni comprensive di pertinenze demaniali marittime adibite ad attività commerciali.
Le prime mantengono i canoni attuali, aggiornati in base agli indici ISTAT, in relazione alle categorie A e B.
Per le concessioni comprensive di strutture permanenti che costituiscono pertinenze demaniali marittime adibite ad attività commerciali, l'ammontare dei canoni annuali - limitatamente a tali strutture - è commisurato ai valori correnti di mercato forniti dall'Osservatorio del mercato immobiliare per analoghe attività nella medesima zona.
Il calcolo del canone annuo complessivo per tali concessioni sarà effettuato sulla base del prodotto tra la media tra i massimi e i minimi canoni OMI mensili, la superficie delle strutture, e un coefficiente «K» che tiene conto della stagionalità dell'attività e dei lavori di manutenzione straordinaria a carico del concessionario (su base annua «K» è 6,5).
Un'ulteriore riduzione del canone viene praticata in proporzione diretta alla superficie della struttura (se la struttura copre una superficie inferiore a 200 mq la riduzione è pari a 0; se questa è compresa tra 200 e 500 mq è il 20 per cento; oltre 500 e fino a 1.000 è il 40 per cento; oltre 1.000 è il 60 per cento).
Occorre tenere conto che per determinati utilizzi - meritevoli di tutela - sono mantenute le riduzioni del canone annuo già previste. È il caso dei canoni per le concessioni alle società sportive dilettantistiche senza scopo di lucro affiliate alle società sportive nazionali (ma da queste agevolazioni sono esclusi le strutture per attività commerciali, terziario-direzionali e di produzione di beni e servizi).
I nuovi criteri di determinazione dei canoni per le concessioni demaniali turistico-ricreative sono estesi anche alle concessioni dei beni del demanio marittimo e di zone del mare territoriale dove vengono realizzate e gestite le strutture dedicate alla nautica da diporto.
Per il prossimo triennio, la rideterminazione dei canoni sulla base dei nuovi criteri consente maggiori entrate per 153 milioni di euro nel 2007, 158 nel 2008 e 160 nel 2009.
Concessioni demaniali marittime più lunghe. Un' importante novità riguarda la durata delle concessioni: le concessioni con finalità turistico-ricreative di aree, pertinenze demaniali marittime e specchi acquei per i quali si applichino le disposizioni relative alle utilizzazioni del demanio marittimo possono avere anche durata superiore a sei anni e comunque non superiore a cinquanta anni in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare.
Indennizzi per le occupazioni non regolari del demanio marittimo, recupero di sanzioni e ripristino dello stato dei luoghi. La finanziaria prevede inoltre l'individuazione e il recupero di indennizzi dovuti per gli ultimi cinque anni per le occupazioni «a qualunque titolo» non regolari sul demanio marittimo; per tutti gli immobili non regolari costruiti sul demanio marittimo si prevede il recupero degli indennizzi dovuti per gli ultimi dieci anni. Nei casi non conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi è dovuto l'indennizzo a valore di mercato per il periodo di occupazione non regolare ferma restando l'applicazione delle sanzioni vigenti, compreso il ripristino dello stato dei luoghi. Il recupero di tali indennizzi consente un'entrata una tantum di 225,1 milioni di euro per il 2007, 470,7 nel 2008 e 736,8 nel 2009.
Politiche a sostegno dei giovani e delle attività turistico-ricreative. Un'altra disposizione della Finanziaria che potrà contribuire alle politiche a sostegno dei giovani e delle attività turistico-ricreative è l'articolo 17 che prevede la valorizzazione del patrimonio pubblico, in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale, in modo che questo possa costituire, nell'ambito del contesto economico e sociale, un elemento di stimolo e di attrazione d'interventiPag. 150di sviluppo locale. A questo scopo, sono finanziati gli studi di fattibilità per «programmi unitari di valorizzazione dei beni demaniali per la promozione e lo sviluppo dei sistemi locali» con le risorse dell'agenzia del demanio per l'acquisto, la manutenzione e la valorizzazione dei beni del demanio e del patrimonio statale e per gli interventi sugli immobili confiscati alla criminalità organizzata.
La norma prevede espressamente la valorizzazione del patrimonio pubblico mediante la ridestinazione a funzioni di interesse sociale, culturale, sportivo, ricreativo, per l'istruzione, la promozione delle attività di solidarietà e per il sostegno alle politiche per i giovani e per le pari opportunità.
Detraibilità dell'IVA per il turismo d'affari. Un'importante sostegno al cosiddetto «turismo d'affari» deriva dall'applicazione dell'articolo 20, comma 12 della finanziaria.
L'attività turistica connessa a convegni, congressi, eccetera, rappresenta un peso sempre più rilevante sul volume d'affari complessivo del settore turistico e ha un ruolo importante per superare i limiti derivanti dalla «stagionalità» delle iniziative turistiche e per valorizzare tutto l'indotto che ruota intorno alle strutture di soggiorno.
La finanziaria introduce una disposizione da tempo richiesta dagli operatori del settore: la detraibilità dell'IVA assolta sulle prestazioni alberghiere nei giorni in cui si svolgono congressi o convegni.
La norma avrà un significativo impatto sul settore considerando che secondo i dati dell'Osservatorio congressuale italiano risulta che le giornate di presenza congressuale all'anno sono pari a circa 30 milioni, con pernottamenti pari a circa 12 milioni all'anno. Basti pensare che si stima che il numero dei pasti consumati nei convegni e nei congressi siano pari a circa 42 milioni all'anno.
La normativa italiana diviene così più coerente con la sesta direttiva CEE del 1977, consentendo al settore di raggiungere gli stessi livelli di accoglienza di turismo d'affari di altri paesi dell'Unione europea.
Le misure per il Mezzogiorno. Finalmente, dopo anni di latitanza, riappare una politica per la crescita del Mezzogiorno.
Il Mezzogiorno è al centro di una nuova iniziativa di rilancio degli investimenti e dell'occupazione. Si è già detto della differenziazione territoriale nella riduzione del cuneo: il costo del lavoro nelle aree meridionali diventa quindi per le imprese relativamente più basso che nelle altre aree del paese senza effetti sulla busta paga del lavoratore.
Un ulteriore incentivo è previsto, come ho già detto, sempre in deduzione dalla base imponibile Irap, per l'assunzione di lavoratrici, dal momento che il Mezzogiorno presenta tassi di occupazione femminile tra i più bassi d'Europa.
Nel Mezzogiorno viene poi reintrodotto un credito d'imposta automatico per gli investimenti. Dal periodo d'imposta 2007 gli investimenti in macchinari, impianti, attrezzature, brevetti e programmi informatici per le piccole e medie imprese, per la parte eccedente l'ammortamento relativo agli stessi beni e nelle intensità consentite dalla disciplina comunitaria, torneranno a dar luogo a crediti d'imposta automatici da indicare in dichiarazione l'anno successivo. Le imprese possono così di nuovo avere certezza della relativa agevolazione nella definizione dei propri investimenti. Questa misura consente complessivamente una riduzione del carico fiscale stimata pari ad un miliardo di euro.
La novità di quest'anno è che le misure a sostegno del Mezzogiorno introdotte dalla finanziaria 2007 sono il risultato della concertazione con le regioni del Sud e con le parti economiche e sociali ad un tavolo «Mezzogiorno» coordinato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dal Ministero dello sviluppo economico.
L'Intesa in sede di Conferenza unificata Stato-regioni del 3 febbraio 2005 (recepita dal Quadro strategico nazionale in corso di definizione) ha previsto una programmazionePag. 151unitaria dei fondi nazionali ed europei destinati alle politiche regionali: l'articolo 105 della finanziaria, in coerenza con tale programmazione, prevede stanziamenti per il Fondo aree sottoutilizzate per i prossimi sette anni.
A questo scopo il Fondo aree sottoutilizzate è incrementato di 63.273 milioni di euro tra il 2007 e il 2015, per la realizzazione di interventi di politica regionale per il periodo di programmazione 2007-2013.
Questo consente di incrementare la percentuale di risorse destinate allo sviluppo del Mezzogiorno sul totale destinato all'intero territorio nazionale dal 38,6 per cento (media del periodo 2000-05) al 42 per cento per il periodo 2007-2011 con un aumento - in termini percentuali - del 3,4 per cento. È importante sottolineare che il totale delle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate consente inoltre di garantire il cofinanziamento nazionale delle risorse assegnate al Mezzogiorno dal nuovo Quadro comunitario di sostegno (28,826 miliardi di euro). Una importante novità, a questo proposito, è che le somme necessarie al cofinanziamento nazionale dei fondi comunitari, in particolare quelle destinati alla realizzazione di infrastrutture - sono impegnabili sin dal primo esercizio finanziario.
Tra gli interventi più significativi per il Mezzogiorno occorre segnalare il «Fondo per le zone franche urbane». Il Fondo ha una dotazione di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009 per favorire lo sviluppo economico e sociale anche attraverso il recupero urbano di aree e quartieri degradati nelle città del Mezzogiorno.
Il Fondo è destinato al cofinanziamento dei programmi di intervento delle regioni del Mezzogiorno.
Le politiche agricole. Diverse misure intervengono in finanziaria per rendere più moderna e sostenere la nostra agricoltura. Voglia ricordare la conferma per l'anno 2007 dell'aliquota agevolata dell'Irap all'1,9 per cento. Le altre misure riguardano i settori di seguito elencati.
Società commerciali: le società di persone (snc e sas) e le società a responsabilità limitata, con qualifica di «società agricola» ai sensi del digs n. 99/2004, potranno optare per la tassazione fondiaria, di cui all'articolo 32 del Tuir, come avviene attualmente solo per le persone fisiche e le società semplici; ricambio generazionale: istituzione di un fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura con una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all'anno per il periodo 2007-2011 destinato a finanziare i passaggi generazionali in azienda; commercio dei prodotti agricoli: emanazione di un decreto ad hoc a cura del Ministero delle politiche agricole per stabilire requisiti uniformi e standard, con partecipazione degli imprenditori agricoli e con riferimento alle modalità di vendita e trasparenza dei prezzi; internazionalizzazione sistema agroalimentare: detrazione pari al 25 per cento del valore degli investimenti in attività promozionali pubblicitarie realizzati dalle imprese del comparto agro-alimentare nei mercati esteri per gli anni 2007-2008-2009; rifinanziamento del comparto.: contributo per 1 milione di euro per il 2007 e 800 mila euro per il 2008 assegnato al Ministero delle politiche agricole per l'organizzazione del Congresso mondiale dell'Organizzazione mondiale della vigna e del vino (Ovi) e incremento di 4 milioni di euro il contributo per il 2007 destinato all'Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs).
Contributo di soggiorno. Possibile delibera dei comuni per l'istituzione di un contributo di soggiorno per i soggetti non residenti che alloggiano in via temporanea anche in alloggi agro-turistici.
Riduzione del cuneo. Per le persone fisiche e società semplici è previsto un contributo fino a 5 mila euro per ogni lavoratore dipendente a tempo indeterminato impiegato nel periodo d'imposta da scontare ai fini Irap, oltre alle conosciute e confermate detrazioni per Inail, apprendisti, disabili e personale assunto con contratto di formazione.
Pesca in aree svantaggiate. Credito d'imposta non cumulabile con gli aiuti de minimisPag. 152per il periodo 2007-2013 a favore degli imprenditori del settore pesca commisurato al valore dei nuovi beni strumentali acquisiti anche in leasing (programmi informatici, macchinari, brevetti, eccetera) eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo d'imposta.
Agroenergia. Per i soggetti che immettono in consumo benzina e gasolio a decorrere dal 1o gennaio 2007 corre l'obbligo di immettere in consumo una quota minima di biocarburanti, che inizialmente è fissata al 2,5 per cento di tutto il carburante commercializzato nel 2006.
IRAP. L'aliquota ridotta pari all'1,9 per cento prevista per l'anno 2005 è confermata anche per l'anno 2006 mentre l'aliquota al 3,75 per cento, disposta per l'anno 2006, è rinviata di un anno con decorrenza dal 1o gennaio 2007.
Pesca costiera e lagunare. Per la salvaguardia dell'occupazione della gente di mare, i benefici di cui agli articoli 4 e 6 del decreto legge 30 dicembre 1997, n. 457 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 1998, n. 30, sono estesi per l'anno 2007 nel limite del 70 per cento, alle imprese che esercitano la pesca costiera, nonché alle imprese che esercitano la pesca nelle acque interne e lagunari.
Piccola proprietà contadina. Prorogate a tutto il 2007 le disposizioni relative all'agevolazione relativa alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà contadina.
Pensioni. Possono accedere al pensionamento dal 1 o giungo 2008 i lavoratori che conseguono la pensione di anzianità a carico delle gestioni per i coltivatori diretti.
Progetti integrati. Contributi a sostegno di progetti promozionali e di internazionalizzazione realizzati da consorzi misti tra piccole e medie imprese dei settori agroalimentare e turistico-alberghiero, per attrarre il turismo straniero.
Controlli nell'agroalimentare. Le funzioni vigilanza al rinominato Istituto centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, con incremento dell'organico.
Bioenergia. Incremento dei contingenti annui da utilizzare con specifica assegnazione dietro autorizzazione del ministro dell'economia e delle finanze di concerto con quello delle politiche agricole e forestali.
Fondo per la montagna (articolo 201). Per il finanziamento del Fondo nazionale per la montagna, di cui all'articolo 2 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, è autorizzata la spesa di 25 milioni di euro per l'anno 2007.
Qualità dello sviluppo: l'investimento in capitale umano. L'investimento sul capitale umano del nostro paese rappresenta uno dei capitoli sui quali si comincia a percepire un'inversione di tendenza rispetto al recente passato.
Per la ricerca nel suo complesso sono previsti due miliardi di euro nel triennio. Oltre al credito d'imposta per le imprese (quelle che investiranno in ricerca potranno ricevere un credito d'imposta fino al 10 per cento dei costi sostenuti e questa percentuale salirà al 15 per cento se le imprese si avvarranno di contratti con università ed enti pubblici), la finanziaria prevede la nascita del FIRST (Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica) che riunisce in un fondo unico i precedenti 4 fondi esistenti presso il ministero e per il quale sono previsti fondi aggiuntivi pari a 300 milioni di euro per il 2007, 300 per il 2008 e 360 per il 2009. A queste somme si aggiungono i fondi Cipe e i fondi precedenti pari a 200 milioni di euro per il 2007.
Sono stanziati 20 milioni di euro per il 2007, 40 milioni per il 2008 e 80 milioni per il 2009 per un piano straordinario triennale di assunzione dei ricercatori stimato in 2000 unità. Il concorso sarà indetto entro marzo 2007.
Per la scuola è prevista l'assunzione di lavoratori precari di cui 150 mila nuovi docenti e 20 mila Ata, amministrativi tecnici ausiliari, in 3 anni dal 2007 al 2009. Tenuto conto che si tratta di immissioni in ruolo di personale già in servizio l'iniziativa non dovrebbe determinare un incremento di spesa.Pag. 153
L'obbligo scolastico, a decorrere dall'anno scolastico 2007/2008, verrà elevato a 16 anni con l'istituzione di un biennio unitario e il conseguente innalzamento dell'età per l'accesso al lavoro dai 15 ai 16 anni.
Infine, sono previste misure per il diritto allo studio nella scuola dell'obbligo e per gli studenti universitari, per i quali sono previste anche agevolazioni per l'affitto di una casa.
È stata approvata, nel corso dell'iter in Commissione bilancio, in sede di riscrittura dell'articolo 53 l'esclusione del Fondo ordinario delle università statali dai tagli previsti per le spese di tutti i ministeri. Il Governo propone anche che il Fondo sia aumentato per l'anno 2007 di 50 milioni di euro.
Il Governo propone poi, con un suo emendamento, l'avvio di un programma straordinario di assunzione di ricercatori nell'ambito degli enti pubblici di ricerca vigilati dal Ministero dell'università e della ricerca e l'istituzione di uno specifico Fondo pari a 20 milioni di euro per il 2007 e 30 a decorrere dall'anno 2008, volto a stabilizzare i ricercatori degli Enti di ricerca.
Le principali proposte emendative del Governo riguardanti il settore della scuola evitano di ridurre le dotazioni complessive di bilancio del Ministero della pubblica istruzione (le cosiddette «clausole di salvaguardia»).
Le principali proposte emendative del Governo che intervengono in favore dei beni culturali prevedono un'integrazione di 40 milioni di euro per il 2007 per l'editoria che porta il fondo a 30 milioni di euro, il rifinanziamento, per l'anno 2007, del centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee per l'importo di 25 milioni di euro.
Qualità dello sviluppo: sulle fonti energetiche rinnovabili si volta pagina. Dopo le finanziarie del precedente Governo, tutte connotate da un impatto pesantissimo sulle politiche ambientali, determinato dai pesanti tagli e, in particolare, dalle disastrose sanatorie dei reati edilizi e urbanistici, nella finanziaria di quest'anno si coglie un «salutare» segnale di svolta.
Il rispetto del territorio e la salvaguardia dell'ambiente riacquistano lo status di valore. Si passa dall'incentivo al saccheggio del territorio, agli incentivi per lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia, dai «bonus» di Tremonti per l'edilizia abusiva, ai fondi per contrastare l'abusivismo edilizio nei parchi. Certo, non parliamo di cifre esagerate, l'articolo 159 stanzia complessivamente allo scopo 9 milioni di euro per un triennio ma, viene da dire: pochi soldi ma buoni, per il fine e per «l'alto valore simbolico aggiunto».
La novità più evidente è, però, rappresentata dalle norme contenute negli articoli dal 22 al 24. Da queste disposizioni arriva un importante, deciso contributo all'efficienza energetica e alla promozione dell'utilizzo di fonti rinnovabili di energia. L'articolo 22 contiene misure per la promozione dell'efficienza energetica nell'edilizia: si tratta di agevolazioni tributarie nella forma di detrazioni dall'IRPEF di un importo pari al 55 per cento di quanto speso per la qualificazione energetica complessiva degli edifici; per la riduzione delle perdite di energia attraverso pareti, pavimenti, solai e finestre; per l'installazione di pannelli solari termici e per la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione. La detrazione è ripartibile in tre anni e spetta fino a importi da 30.000 a 100.000 euro a seconda del tipo di intervento.
L'articolo 23 istituisce un Fondo per la realizzazione di edifici ad alta efficienza energetica.
L'articolo 24 prevede consistenti agevolazioni per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni con apparecchi ad alta efficienza e per l'acquisto e l'installazione di motori industriali ad elevata efficienza e di altri apparati per aumentare l'efficienza dei motori elettrici, determinando un rilevante risparmio energetico e una significativa opportunità di rilancio della capacità competitiva delle nostre imprese. Complessivamente tali misurePag. 154valgono circa 150 milioni di euro. Non poco se si pensa al quadro generale nel quale sono inserite.
Un ulteriore apporto alla promozione delle fonti rinnovabili arriva, poi, dal riordino del sistema degli incentivi per i biocarburanti, che, fra l'altro, interrompe le procedure d'infrazione avviate nei confronti del nostro paese da parte della Commissione europea, e dal restringimento del campo di applicazione dell'IVA agevolata agli usi che garantiscano risparmio ed efficienza energetica ed utilizzo di fonti rinnovabili. Si tratta di misure che non costano nulla, anzi potrebbero comportare un beneficio per l'erario e un beneficio ancor maggiore per l'ambiente.
Infine, vale la pena soffermarsi sulle risorse disponibili per la tutela dell'ambiente marino, per la realizzazione delle misure indirizzate all'attuazione del protocollo di Kyoto, con priorità per quelle riconducibili alla promozione delle fonti rinnovabili, e per ulteriori progetti finalizzati allo sviluppo sostenibile: sono altri 250 milioni spesi bene.
Infrastrutture e trasporti. Il sistema dei trasporti è oggetto di un complesso di disposizioni, all'interno delle quali sono rintracciabili alcuni elementi caratterizzanti, riassumibili nel rilancio degli investimenti infrastrutturali; nel miglioramento degli standard di sicurezza; in una rinnovata attenzione nei confronti delle modalità a minor impatto ambientale.
In campo ferroviario i principali interventi riguardano gli stanziamenti finalizzati alla prosecuzione degli interventi relativi al Sistema alta velocità/alta capacità pari a 900 milioni di euro per il 2008 e 1.200 per il 2009; 400 milioni nel 2007 a titolo di aumento di capitale delle FS SpA per l'attuazione del piano investimenti di Trenitalia; 311 milioni per il 2007 per l'adeguamento dei corrispettivi degli oneri di servizio relativi al contratto di programma di Rete ferroviaria italiana (RFI) e dei contratti di servizio di Trenitalia stipulati dalle regioni; 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 per la rete tradizionale delle ferrovie nazionali (articolo 134).
Per la prosecuzione delle grandi opere previste dalla legge obiettivo vengono stanziati contributi quindicennali pari a 100 milioni annui, a decorrere dal 2007, di cui una quota (5 e 3 milioni) è destinata alle esigenze delle capitanerie di porto e alla guardia costiera (articolo 135).
Per lo sviluppo della logistica degli hub portuali di interesse nazionale, che sempre di più devono essere messi in grado di intercettare i flussi commerciali provenienti dall'Asia via Suez, e per il potenziamento della intermodalità e del transhipment sono stanziati 100 milioni di euro per il 2008.
Per favorire l'innovazione tecnologica dell'industria cantieristica, nel quadro della disciplina europea per gli aiuti di Stato a tale settore, è previsto uno stanziamento di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009, per progetti ad alto contenuto innovativo.
A favore dell'Anas, in qualità di gestore stradale, in tabella D si prevedono 1120 milioni di euro nel 2007, 1.560 rispettivamente nel 2008 e 2009, per spese di funzionamento e per investimenti sulla rete, da ridefinire in un nuovo piano quinquennale, oltre ai 500 milioni nelle disponibilità del Fondo centrale di garanzia per le autostrade e ferrovie metropolitane (le cui finalità si sono esaurite da tempo), risorse queste ultime da destinare al completamento della Salerno-Reggio Calabria (articolo 142, comma 7) cui andranno a sommarsi le risorse già destinate a Fintecna (2,4 miliardi) per il ponte sullo Stretto, d'ora in poi indirizzate ad altre infrastrutture calabresi e siciliane, grazie alle disposizioni contenute nell'articolo 14 del decreto-legge 262/06.
Per la realizzazione di infrastrutture connesse alla viabilità del Mezzogiorno si stabilisce che non meno del 30 per cento delle risorse aggiuntive del Fondo per le aree sottoutilizzate siano destinate al loro finanziamento.
Ulteriori risorse per 200 milioni di euro annui sono destinate ad Anas dall'applicazione di nuovi sovrapprezzi tariffari sui percorsi autostradali, in ragione degliPag. 155oneri sostenuti per la realizzazione delle infrastrutture viarie di adduzione alla rete autostradale.
Sul fronte della sicurezza si registra lo stanziamento di 60 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009 per l'attuazione e l'aggiornamento del Piano nazionale della sicurezza stradale (articolo 144) e lo stanziamento di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009 per l'ammodernamento tecnologico dei sistemi di sicurezza dell'infrastruttura ferroviaria e del materiale rotabile (articolo 145).
Per favorire, infine, il potenziamento, la sostituzione e l'ammodernamento dei traghetti utilizzati per il servizio di trasporto locale per via marittima, fluviale e lacuale sono previsti 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009 (articolo 147).
Per il riequilibrio modale degli spostamenti quotidiani dei pendolari in favore del trasporto pubblico locale è istituito un Fondo di 100 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009, destinato a contributi, nella misura massima del 75 per cento, volti all'acquisto di veicoli ferroviari per i servizi di competenza regionale, per linee metropolitane e tranviarie e per autobus a minor impatto ambientale (articolo 143).
Mentre per garantire la continuità dell'espletamento delle funzioni in materia di trasporto pubblico locale, delegate alle regioni, secondo quanto previsto negli accordi di programma, è stanziata la somma aggiuntiva di 60 milioni di euro, a decorrere dall'anno 2007 (articolo 183).
Dunque, si tratta di un insieme di misure e di interventi infrastrutturali di una certa consistenza.
Mercato del lavoro. Le misure riguardano principalmente il contrasto al lavoro irregolare e precario (attraverso l'adozione del Documento unico di regolarità contributiva e di indici di congruità ma anche attraverso l'inasprimento delle sanzioni). A questo proposito vengono previsti due provvedimenti di regolarizzazione: uno per i lavoratori che non figurano nelle scritture e uno per quanti sono destinatari di collaborazioni fittizie. Vengono infine previste alcune misure in materia di ammortizzatori sociali.
Più specificamente, sono previsti una serie di interventi a carico del Fondo per l'occupazione: adozione di un programma e istituzione di un Fondo per l'emersione del lavoro irregolare per il finanziamento di servizi di supporto allo sviluppo delle imprese che attivino i processi di emersione (10 milioni annui); rifinanziamento della proroga a 24 mesi della Cigs nel caso di programmi finalizzati alla ricollocazione dei lavoratori (25 milioni di euro per il 2007); possibilità di concedere la Cigs ai lavoratori del commercio e delle agenzie di viaggio con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti (45 milioni di euro); sostegno a programmi di riqualificazione e reinserimento di collaboratori a progetto di aziende in crisi (15 milioni annui); autorizzazione per il Ministero del lavoro a stipulare con i comuni con popolazione inferiore a 50.000 abitanti convenzioni per lo svolgimento di ASU e per misure di politica attiva del lavoro per lavoratori impegnati da almeno sette anni in ASU (1 milione per il 2007); possibilità per il ministro del lavoro di disporre annualmente di una quota del Fondo per l'occupazione per interventi in materia di lotta al lavoro sommerso ed irregolare, promozione di nuova occupazione, tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, iniziative in materia di protezione sociale.
Viene esteso anche ai trattamenti in pagamento dal 1o gennaio 2007 l'aumento del trattamento di disoccupazione ordinaria (in scadenza il 31 dicembre 2006).
Per quanto riguarda il contrasto al lavoro irregolare e all'evasione contributiva, sono previste una serie di misure relative alla comunicazione di dati agli enti previdenziali, alla definizione di indici di congruità del rapporto tra la qualità dei beni prodotti e dei servizi offerti e la quantità delle ore di lavoro necessarie, al vincolo del possesso del documento unico di regolarità contributiva per godere di benefici normativi e contributivi, all'innalzamento delle sanzioni in materia di lavoro, legislazione sociale, previdenza e sicurezza nei luoghi di lavoro, all'obbligo diPag. 156comunicazione, al Servizio per l'impiego, dell'instaurazione del rapporto di lavoro.
Due articoli di estrema importanza riguardano l'emersione del lavoro irregolare e la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, che consentono ai datori di lavoro di presentare istanza di regolarizzazione dei rapporti di lavoro pregressi, sia che si tratti di rapporti non risultanti da scritture oppure di collaborazione. Nel primo caso il versamento di due terzi di quanto dovuto alle Gestioni assicurative dei lavoratori dipendenti comporterà l'estinzione dei reati in materia di versamento di contributi e premi e di ogni altro onere connesso ai mancati adempimenti e saranno sospese per un anno ispezioni e verifiche. La concessione delle agevolazioni è condizionata al mantenimento in servizio del lavoratore per un periodo non inferiore a 24 mesi dalla regolarizzazione del rapporto di lavoro. Nel secondo caso la stipula di un contratto di lavoro subordinato e il versamento alla gestione separata di un ammontare pari alla metà della quota di contribuzione a carico del committente stesso per il periodo di vigenza del contratto di co.co.co. che si intende regolarizzare consentirà di estinguere i reati previsti da leggi speciali in materia contributiva e le sanzioni amministrative e ogni altro onere accessorio.
Ma vi sono anche importanti misure riguardanti gli ammortizzatori sociali. Sono, infatti, previste procedure di mobilità lunga per 6 mila lavoratori, i quali potranno andare in pensione di anzianità anche dopo il 2008 con le attuali regole e utilizzare la mobilità triennale con contributo statale, mentre per gli anni successivi, fino al raggiungimento del pensionamento, gli oneri - compresi quelli relativi alla contribuzione figurativa - saranno interamente a carico delle imprese. Vengono inoltre concesse Cigs, mobilità e indennità di disoccupazione su base territoriale in caso di programmi per la gestione di crisi occupazionali finalizzati al reimpiego dei lavoratori coinvolti e la proroga degli ammortizzatori già concessi per queste aree di crisi, proroga vincolata alla riduzione del 10 per cento dei destinatari dei trattamenti scaduti il 31 dicembre 2006, che diventa 30 per cento per la seconda proroga e 40 per cento per le proroghe successive. E, infine, prorogata la possibilità di iscrizione nelle liste di mobilità per i lavoratori delle piccole imprese - meno di 15 dipendenti - licenziati per giustificato motivo oggettivo connesso a riduzione, trasformazione o cessazione di attività o di lavoro, nonché la possibilità di stipulare contratti di solidarietà per le imprese non rientranti in tale disciplina.
È stato, infine, presentato dal Governo un emendamento mirante a uniformare le sanzioni, in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali da parte dei datori di lavoro agricolo, a quelle previste per la generalità dei datori di lavoro.
Il trattamento di fine rapporto. L'articolo 84 anticipa al 1o gennaio 2007 l'avvio della previdenza integrativa - secondo le norme del decreto legislativo n. 252/2005 - e le compensazioni già previste, quale condizione per la destinazione di parte del TFR maturando ai fondi integrativi o all'INPS, che gestirà un Fondo, per conto dello Stato, su un apposito conto corrente aperto presso la Tesoreria statale. In esso confluirà parte del TFR - maturato a decorrere dal 1o gennaio 2007 - non destinato alle forme pensionistiche complementari.
In sostanza, il nuovo Fondo non si configurerà come un fondo pensione, dal momento che il lavoratore non riceverà una rendita pensionistica, bensì il capitale (più un rendimento che presumibilmente sarà lo stesso del TFR, 1,5 per cento + 75 per cento di rivalutazione del costo della vita). Si tratterà più semplicemente di uno smobilizzo di parte del TFR che manterrà comunque la sua natura di capitale differito.
Per quanto riguarda le imprese, verrà estesa anche alla quota di TFR destinata all'INPS la deduzione dal reddito d'impresa (4 per cento) attualmente prevista per la sola quota di TFR destinato a forme pensionistiche complementari. Dal 1o gennaio 2007 le imprese saranno inoltre esonerate integralmente (in misura pari allo 0,2 per cento del monte retributivo) dalPag. 157versamento al Fondo di garanzia per la quota di TFR trasferita a previdenza complementare o al Fondo INPS; dal 1 gennaio 2008 entreranno infine in vigore gli ulteriori esoneri dal versamento parziale di alcuni contributi sociali a carico del datore di lavoro.
Per il 2007 si stima che confluiranno nel Fondo 5 miliardi, così destinati: Fondo competitività (100 milioni); Fondo investimenti ricerca scientifica (150 milioni); imprese pubbliche (500 milioni); autotrasporto (520 milioni); apporto capitale Ferrovie spa (400 milioni); rete tradizionale FS (2 miliardi); Fondo per le spese della Difesa (180 milioni); rifinanziamenti spese di investimento (1,3 miliardi).
A quanti hanno sostenuto che l'ammontare del Fondo è a rischio di bocciatura da parte di Eurostat, che potrebbe considerarlo debito pubblico, bisogna ricordare che la stessa Eurostat include le erogazioni annuali di TFR nella funzione «old age and survivors» della spesa pensionistica (uno dei motivi per cui la spesa italiana risulta sempre sovradimensionata nei confronti internazionali).
Di conseguenza, se la spesa è considerata pensionistica, specularmente si potrebbe considerare lo stanziamento come contribuzione pensionistica.
Eppure, lo smobilizzo del TFR ha provocato reazioni molto negative, anche se è bene ricordare che, come ha sottolineato il ministro Padoa Schioppa «chi ha parlato di rapina per il trasferimento di parte del TFR all'Inps ha dimenticato che il TFR appartiene al lavoratore ed è prestato all'impresa con un tasso di favore» e, inoltre, che il TFR smobilizzato è solo quello maturando a partire dal 1o gennaio 2007, mentre il monte maturato fino al 31 dicembre 2006 rimarrà a disposizione delle imprese.
A seguito dell'accordo tra Governo, Confindustria, CGIL, CISL e UIL sul Trattamento di fine rapporto e della previdenza integrativa, il Governo ha presentato un emendamento che riscrive l'articolo 84, i cui elementi aggiuntivi possono essere sintetizzati come segue:
Per tutte le imprese con almeno 50 dipendenti sarà integralmente destinato all'INPS il trattamento di fine rapporto che matura dal 1 gennaio 2007 e non affluito alla previdenza integrativa mentre le imprese con meno di 50 dipendenti potranno mantenere in azienda il TFR (nell'accordo tra Governo e parti sociali si è previsto il riesame di questa disposizione nel 2008).
La liquidazione del TFR e delle relative anticipazioni spetterà per la parte di competenza o all'azienda o all'INPS.
Il termine di adeguamento alle norme del decreto n. 252 per tutte le forme pensionistiche è fissato entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto del ministro con cui sono definite le modalità di espressione della volontà del lavoratore circa la destinazione del TFR, mentre in trentuno giorni è fissato quello a decorrere dal quale solo le forme pensionistiche complementari che hanno provveduto agli adeguamenti richiesti e hanno ricevuto la relativa autorizzazione o approvazione anche tramite procedura di silenzio-assenso, da parte della COVIP, possono ricevere nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del TFR.
Riguardo all'esonero dal versamento parziale di alcuni contributi sociali a carico del datore di lavoro la somma stanziata ammonta a 414 milioni di euro per il 2008 e 460 a decorrere dal 2009. Nel memorandum siglato con le parti sociali, il Governo si è impegnato a rivedere nel corso del 2007 il trattamento fiscale dei fondi integrativi al fine di allinearlo a quello applicato alla previdenza integrativa degli altri paesi europei e a riprendere e concludere la discussione aperta con il sistema bancario, al fine di trovare forme per venire incontro alle imprese che trovassero difficoltà nell'accesso al credito. In questo ambito si studierà la costituzione di un fondo di garanzia.
Una manovra troppo sbilanciata sulle entrate? È stato affermato da più parti che questa manovra è troppo sbilanciata sulle entrate.Pag. 158
Certo anche le maggiori entrate fiscali e contributive sono una parte cospicua di questa manovra. Come ho già avuto modo di rilevare, stante la situazione dei conti pubblici ereditata, in un primo tempo, queste misure erano in qualche modo inevitabili.
Ma a conti fatti, se si considera che le maggiori entrate Irpef sono destinate a far pagare di meno le famiglie con redditi più bassi, altre risorse sono destinate a ridurre l'Irap per le imprese (5 miliardi di euro a regime), il peso della maggiorazione delle entrate sul complesso della manovra si ridimensiona. La parte fiscale della manovra prevista dal Governo comporta un aggravio della pressione tributaria di 0,2 punti percentuali di PIL.
Molte di queste misure fiscali e contributive hanno peraltro un segno preciso: quello del riequilibrio sociale del peso fiscale e contributivo.
Abolizione del secondo modulo della riforma Irpef di Tremonti, destinando le risorse ai redditi più bassi ed al sostegno dei nuclei familiari, l'adeguamento dei contributi previdenziali alle aliquote di computo per tutti i lavoratori, inclusi i dipendenti, riducendo anche il divario (che rimane però pari a più di 10 punti) tra autonomi e lavoratori dipendenti, l'aliquota unica al 20 per cento per le rendite finanziarie, sono tutte misure finalizzate al riequilibrio ed all'equità.
Le misure concernenti l'aumento dei contributi erano peraltro, in larga misura, previste dalla normativa vigente sia pure con più gradualità; si è dovuto accelerare il passo per la loro attuazione. È un momento in cui tutto il paese deve compiere uno sforzo.
Inoltre, con il sistema di computo delle prestazioni previdenziali con il metodo contributivo, l'aumento dei contributi per i lavoratori (dipendenti, autonomi e parasubordinati) va considerato come pagamento a fronte di una prestazione pensionistica futura, piuttosto che come «tassa».
La lotta all'evasione. Ma non tutte le entrate aggiuntive previste possono essere considerate aumenti fiscali. Già il ministro dell'economia ha ricordato come il maggior gettito derivante dalla lotta all'evasione non sia computabile tra gli aumenti dovuti ad un maggior carico fiscale, ma, viceversa, è da attribuire ad una maggiore efficienza della PA nel fare pagare il dovuto a tutti i contribuenti.
Credo che gli ultimi dati diffusi dall'Istat siano estremamente eloquenti anche facendo la tara per alcune categorie delle attività cosiddette «marginali» che possono in parte falsare le statistiche. Nella sua audizione, lo stesso Governatore della Banca d'Italia ci ricordava come l'imponibile sottratto al fisco abbia nel nostro Paese raggiunto un livello patologico pari al 15 per cento del Pil, ossia abbia raggiunto e superato i 200 miliardi di euro. Gli ultimi dati disponibili sull'evasione, relativi all'anno 2005, forniti dall'Agenzia delle entrate ci informano che circa 250 miliardi di euro sono ogni anno sottratti all'imponibile, il che significa che praticamente ciascun contribuente paga in media quasi 2.000 euro in più del dovuto per sostituire queste mancate entrate.
L'evasione opera sulle diverse imposte ma in particolare sull'Iva, imposta che in Italia, nonostante un'aliquota base tra le più alte rispetto agli altri paesi europei, ha un rendimento assai minore in termini di gettito effettivo a causa proprio di massicci fenomeni di evasione ed elusione.
Di tale ammontare complessivo di imponibile sottratto alla tassazione, circa metà deriva dall'utilizzo di lavoro non regolare e l'altra metà da sottodichiarazione di fatturato ottenuto con occupazione regolare. Negli ultimi anni si osserva una preoccupante inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti, con una crescita complessiva del sommerso stimabile fino a circa 0,5 punti percentuali di PIL, nonostante la notevole riduzione di lavoro irregolare dovuta alla sanatoria di quasi 700 mila immigrati clandestini. In sintesi, al netto dell'economia sommersa, la pressione tributaria e contributiva raggiunge livelli estremamente elevati: circa 7 punti percentuali in più rispetto a quantoPag. 159calcolato in riferimento al Pil ufficiale che, come noto, include anche la stima dell'economia sommersa.
La lotta all'evasione è dunque una vera e propria emergenza nazionale. È l'evasione fiscale che costringe il nostro paese ad una pressione fiscale tra le più alte della Unione europea in riferimento al Pil «ufficiale», imposte che pagano innanzitutto le imprese corrette, i lavoratori dipendenti e i lavoratori autonomi in regola con il fisco. L'evasione distorce la concorrenza e la sua riduzione a livelli fisiologici è una delle premesse indispensabili per il rilancio complessivo del nostro sistema-paese. Su questo non torneremmo indietro.
Non si vuole criminalizzare nessuna categoria, tant'è che gli stessi lavoratori autonomi onesti con il fisco sono i primi a chiedere un'efficace contrasto all'evasione. Ma certo gli ultimi dati diffusi dall'Istat danno da pensare: la gran parte dei lavoratori autonomi guadagnerebbe meno di un metalmeccanico. Sono tutti elementi di un quadro inaccettabile.
Ci deve essere in merito una presa di posizione chiara ed unanime delle forze politiche e del Parlamento: la lotta all'evasione è l'operazione di recupero di denaro sottratto allo Stato, ai contribuenti veri, al paese intero e pone le basi per una futura riduzione delle tasse per tutti.
Su questo terreno la manovra vuole iniziare con determinazione un percorso quinquennale di riduzione dell'area dell'evasione a livelli fisiologici simili a quelli degli altri paesi europei.
In termini prudenziali una parte del maggior gettito atteso è conteggiato per un totale di circa 13 miliardi, se si considerano i 5 miliardi prodotti dalle disposizione del decreto-legge n. 223 (Bersani-Visco) ed i circa 8 miliardi derivanti dalla finanziaria e dalle norme del decreto-legge fiscale collegato.
A quelli di luglio, si aggiungono i provvedimenti varati con la manovra per il 2007: in particolare, l'introduzione del reverse charge per il versamento dell'Iva (a carico del cessionario e non del cedente), già prevista a luglio nel settore dell'edilizia nei rapporti tra impresa appaltatrice e subappaltante, è ora estesa ai settori della telefonia, dell'informatica e di altre prestazioni di servizi, nonché per le attività estrattive. Si prevede anche un rafforzamento dei poteri dell'Agenzia delle dogane per l'accertamento delle violazioni negli scambi intracomunitari e per il controllo sulle accise. Nel campo delle frodi sull'Iva intracomunitaria, si modificano le regole che consentono l'importazione cosiddetta parallela di autoveicoli (attraverso, cioè, intermediari e non direttamente attraverso i rappresentanti delle case produttrici) in quanto oggi si prestano ad essere facilmente aggirate. Il decreto-legge del 3 ottobre provvede ad alcune correzioni e precisazioni delle norma già varate con il decreto-legge 223/2006. Tra queste assumono particolare rilievo le norme che non fu possibile introdurre a luglio. Tali norme allargano anche al caso del leasing immobiliare lo scorporo dal valore del canone relativo al fabbricato quello imputabile al terreno: ai fini dell'ammortamento in bilancio potrà essere portato in deduzione solo la parte rimanente. Viene infine aumentata l'aliquota dell'imposta sostitutiva da applicare alle plusvalenze realizzate tramite cessioni a titolo oneroso di immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, portandola dal 12,5 per cento al 20 per cento in linea con l'aliquota dell'imposta sostitutiva che sarà applicata alle rendite di tipo finanziario.
Più in generale, con le disposizioni presenti nel decreto del 3 ottobre viene impressa un'accelerazione all'attività di controllo, accertamento e recupero di base imponibile in modo specifico contro l'impiego del lavoro non regolare, il gioco illegale, le frodi negli scambi intracomunitari e con paesi esterni al mercato comune europeo, cui vengono affiancati interventi di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali e di potenziamento e riordino dell'amministrazione finanziaria.
Il Governo si è apprestato ad una riforma del meccanismo degli studi di settori in funzione della mutata realtà economica e del contesto competitivo.Pag. 160
Le modifiche principali rispetto alla normativa vigente sono le seguenti: la cadenza della revisione degli studi di settore sarà triennale, non più quadriennale; introduzione di un nuovo strumento: l'analisi della coerenza rispetto ai comportamenti posti in essere da coloro che rientrano negli studi di settore ; elevazione del limite massimo di ricavi o compensi dichiarati cui si applicano gli studi di settore, dagli attuali 5.164.569 euro a 7,5 milioni di euro; il Ministero dell'economia ha la facoltà di differenziare il limite sopradetto per ciascun settore, in funzione di peculiarità economiche, numero dei contribuenti etc.; lo studio di settore sarà applicato anche ai periodi di imposta interessati dalla cessazione dell'attività' e dall'avvio dell'attività, se questa avviene entro sei mesi dalla cessazione (si tratta di fattispecie che prima erano escluse dagli studi di settore); gli studi di settore verranno applicati anche ove l'inizio dell'attività è una mera prosecuzione di attività svolte da altri soggetti (anche questo caso nella normativa precedente era escluso dagli studi di settore); l'applicazione delle nuove disposizioni in materia di studi di settore si applicano a partire dal periodo di imposta in corso al 1o gennaio 2007, tranne i casi descritti nei precedenti punti 3) e 4), che si applicheranno a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2006; viene inserita anche la possibilità, per l'amministrazione finanziaria, di controllare, nei casi in cui non si applicano gli studi di settore a causa di cessazione o liquidazione dell'attività, eventuali ricavi non dichiarati o l'impiego di lavoro irregolare; stretta anche per le società di capitali, quelle in particolare che iniziano l'attività e quindi sarebbero escluse dagli studi di settore. Si intende definire dei requisiti minimi per il proseguimento dell'attività. L'attenzione è puntata soprattutto a quelle società di capitali che poco dopo l'inizio di attività risultano fiscalmente inattive (e sul quale si appuntano i sospetti elusivi dell'amministrazione finanziaria); gli studi di settore si applicheranno anche nei confronti dei soggetti che hanno un periodo di imposta diverso da dodici mesi (es. le attività stagionali); viene ribadita la valenza probatoria degli studi di settore ai fini dell'accertamento; sono elevate le sanzioni previste nei casi di omissioni, errori e informazioni distorte nelle dichiarazioni rese negli studi di settore.
È stata sollevata l'obiezione che i contribuenti che si sono adeguati agli studi di settore hanno adempiuto al loro dovere fiscale e che, pertanto, una revisione degli studi di settore non può essere ascritta alla lotta all'evasione, ma rappresenterebbe a tutti gli effetti un aumento dell'imposizione. È un modo di ragionare assai parziale. Innanzitutto l'Irpef è la stessa per tutti i contribuenti. Certo, si tratta di contribuenti che sono in regola con il loro dovere fiscale. Ma l'adesione agli studi di settore di fatto, realizza un pagamento forfettario dell'imposta dovuta, il contribuente può avere un reddito uguale o, più probabilmente, superiore; l'adesione può anche essere data per evitare controlli da parte della Finanza. Il forfait è dunque una sorte di compromesso tra il giusto e il fattibile, stante l'impossibilità per l'amministrazione finanziaria di controllare milioni di posizioni fiscali.
Sul fenomeno dell'evasione-elusione, tuttavia, non si deve fare demagogia, né semplificare. Una corretta analisi del fenomeno è indispensabile per articolare un ventaglio di misure per riportarla a livelli «normali», ossia quelli caratteristici degli altri paesi sviluppati. E, infatti, un fenomeno complesso dove, accanto alle diffuse patologie etiche e carenza di spirito civico, si trovano anche sacche di evasione-elusione che alcuni definiscono «necessaria», radicatasi come risposta compensativa alle inefficienze di contesto. Il nostro paese si è progressivamente integrato nel mercato europeo e globale senza realizzare le riforme strutturali necessarie. Tale carenza è stata per un ventennio in parte compensata da evasione fiscale, spesa pubblica improduttiva e svalutazione della Lira. Conclusasi l'insostenibile fase della svalutazione competitiva, sull'evasione si sono almeno parzialmente scaricati i costi dei ritardi nelle riforme. Per alcune imprese - le più piccole - l'integrazione senza riformePag. 161ha reso irresistibile la spinta all'evasione-elusione. Reprimere è necessario anche se sgradevole, ma non sufficiente. È anche necessario accompagnare l'eliminazione degli spazi normativi per l'elusione, il potenziamento dei controlli e l'innalzamento della quota di riscossione effettiva, con l'abbassamento delle aliquote e, soprattutto, con le riforme strutturali che consentano alle imprese di competere nella legalità. Non a caso, il decreto n. 223 del 4 luglio scorso e la manovra di bilancio contengano un'ampia gamma di interventi per la concorrenza in mercati fondamentali alla competitività delle imprese. Non a caso, il Governo riforma anche le pubbliche amministrazioni.
Infine, voglio sottolineare che in parallelo alla lotta all'evasione sono state previste misure per contrastare il lavoro irregolare e precario (attraverso l'adozione del Documento unico di regolarità contributiva e di indici di congruità ma anche attraverso l'inasprimento delle sanzioni). A questo proposito vengono previsti due provvedimenti di regolarizzazione: uno per i lavoratori che non figurano nelle scritture e uno per quanti sono destinatari di collaborazioni fittizie.
Sembrerebbe esserci un accordo generale sull'impegno a contrastare l'evasione; il dissenso è semmai sulle metodologie da seguire. È stato affermato che la via scelta dal centrosinistra e dal viceministro Visco per combattere l'evasione è sbagliata, che ci avrebbe portato dal 1996 al 2000 ad avere il record dell'evasione in Italia. Mi permetto di non essere d'accordo. Ma soprattutto non sono d'accordo le cifre: dal 1996 al 2001, le riforme fiscali e l'efficacia dei controlli amministrativi hanno portato ad una significativa riduzione dell'evasione fiscale. Tra il 1998 ed il 2001 l'eliminazione di 24 imposte e la riduzione di contributi sociali avrebbe dovuto determinare una caduta di gettito per oltre 4 punti percentuali del Pil. Il gettito è, invece, rimasto costante intorno al 42 per cento del Pil. In altri termini, si sono recuperate risorse facendo pagare meno i contribuenti in regola, ma facendo pagare di più quanti evadevano. Esattamente il contrario di quanto avvenuto nel quinquennio scorso con la stagione dei condoni a catena.
L'impegno del Governo man mano che si potrà contare su risorse maggiori provenienti da queste misure è quello di ridurre il carico fiscale sulle imprese e sui contribuenti. Se la pressione fiscale inevitabilmente aumenterà nel corso del 2007, essa è in prospettiva destinata a diminuire in maniera strutturale ed equilibrata. Questo è il nostro progetto, questo è l'impegno del Governo. A qualcuno potrà non piacere, ma non ci saranno più condoni e tutti devono cominciare ad abituarsi a vivere in un paese normale, dove tutti pagano al fine di pagare meno tutti.
La crescita delle disuguaglianze. La distribuzione del reddito delle famiglie italiane presenta un indice di Gini (che è il più noto indice per misurare la disuguaglianza dei redditi personali) peggiore di quello di tutti i paesi continentali europei come risulta da un'indagine della Banca d'Italia.
L'indice di povertà relativa, misurato con la metodologia comunitaria, è in Italia al 19 per cento: molto al di sopra della media europea, che risulta essere pari al 15 per cento. Siamo tra i paesi europei con più alta disuguaglianza dei redditi.
Il dato riflette, in parte, il fatto che il nostro paese dedica una quota relativamente inferiore di risorse al sostegno dei redditi più bassi e precari e delle responsabilità familiari, nonché alla fornitura di servizi sociali ed abitativi alle famiglie e ai soggetti non autosufficienti. L'aumento delle occupazioni precarie e l'incremento della volatilità dei redditi familiari, inoltre, hanno aggravato il dualismo del mercato del lavoro ed accentuato il senso di vulnerabilità delle famiglie. La bassa crescita dell'economia italiana ha drammaticamente aggravato, nell'ultimo decennio, le situazioni di oggettiva difficoltà in cui si è venuta a trovare una parte significativa dei nostri cittadini.
In particolare, nella redistribuzione del reddito nazionale il lavoro dipendente è stato particolarmente penalizzato nell'ultimo decennio. Dai conti nazionali dell'IstatPag. 162si desume che i redditi unitari dei dipendenti nel decennio 1993-2003 sono aumentati del 35 per cento contro un aumento del Pil del 61 per cento. I redditi da capitale, che in Italia sono soprattutto le rendite, sono invece aumentati dell'87 per cento, cioè molto più del Pil. Si è attuata nell'ultimo decennio un'enorme redistribuzione alla rovescia dai salari alle rendite (ma anche ai profitti).
Il secondo modulo della riforma Tremonti (che è costato 6 miliardi di euro) ha provocato un ulteriore peggioramento per via fiscale della distribuzione personale dei redditi.
La riforma dell'Irpef e il sostegno alle famiglie. Su questi aspetti di equità il Governo è intervenuto correggendo sia pure parzialmente tale dinamica. Si è molto polemizzato sui «ricchi che piangono». Consiglierei sommessamente di lasciar perdere l'ideologia e gli slogan, e mi permetterei di osservare come l'equità sociale, in particolare nel nostro paese dove i dati reddituali ai fini fiscali sono falsati dal peso cospicuo del fenomeno evasivo, non può essere raggiunta solo per via fiscale, ma da un complesso di misure che migliorino la vita di tutti i nostri cittadini che devono, non dico tutti ridere, ma almeno sorridere. Inoltre, va ricordato come una più equa redistribuzione del reddito migliora l'allocazione delle risorse. Essa rappresenta una misura per l'efficienza e la crescita del nostro sistema-paese perché consente di rendere più dinamica la domanda interna.
La riforma dell'IRPEF operata con la manovra vale per i redditi del 2007, dunque i lavoratori dipendenti vedranno gli effetti in busta paga a partire dal 1o gennaio, autonomi e professionisti vedranno gli effetti in sede di dichiarazione dei redditi del maggio-giugno 2008, quando si dichiarano i redditi del precedente periodo d'imposta.
Credo che il meccanismo introdotto dalla riforma fiscale sia noto a tutti, sullo spirito che la informa vale quanto appena ricordato in merito alle disuguaglianze.
Solo per chiarezza, segnalo che gli scaglioni e le relative aliquote tornano ad essere cinque: fino a 15 mila euro si paga il 23 per cento; da 15 mila a 28 mila il 27 per cento; da 28 mila a 55 mila il 38 per cento; da 55 mila a 75 mila il 41 per cento; oltre i 75 mila il 43 per cento.
Ma non sono solo gli scaglioni e le aliquote a dirla tutta su questa riforma, ciò che cambia radicalmente è lo sconto fiscale per le famiglie: si torna al sistema tradizionale delle detrazioni (calcolando le aliquote sui vari scaglioni, poi dal netto da pagare si sottraggono le detrazioni per figli e coniuge) al posto delle deduzioni (che riducono, invece, l'imponibile sul quale si applica l'aliquota).
Queste detrazioni diminuiscono progressivamente al crescere del reddito fino ad annullarsi a 95.000 euro.
Anche con riguardo alle riduzioni per il lavoro si passa alle detrazioni. A ciò vanno aggiunti gli aumenti per gli assegni familiari, per lavoratori dipendenti e parasubordinati che a loro volta decrescono con il crescere del reddito.
La no tax area sale a 8 mila euro per lavoratori dipendenti, a 7.750 euro per i pensionati, da 4.500 a 4.800 per gli autonomi.
A fronte del 20 per cento dei contribuenti che ci «perde», vi è un 80 per cento che guadagna. Ma basta guardare chi e quanto ci perde o guadagna per comprendere l'etica di fondo.
L'obiettivo dell'equità ha guidato questa riforma, il risultato è che diminuisce l'imposta per i redditi bassi e medi.
La riforma è finanziata, e ciò ha un fondamentale aspetto di equità sociale, anche dalle risorse recuperate attraverso l'azione di contrasto all'elusione e all'evasione fiscale, che dovrebbero portare nelle casse dello Stato risorse aggiuntive pari a 7 miliardi di euro.
Per poter avere un'idea chiara della riforma, la revisione degli scaglioni IRPEF è inscindibile dagli incrementi introdotti al sistema delle detrazioni e dall'incremento degli assegni familiari, che sono ora più «progressivi» e raggiungono scaglioni più elevati rispetto a prima, e per i quali sono stati messi a disposizione 1,4 miliardi di euro per ciascun anno del triennio 2007-2009.Pag. 163Ricordo che il Governo precedente aveva rimodulato l'importo degli assegni in modo che la riduzione fosse molto drastica al passaggio da un'aliquota all'altra.
Le risorse disponibili non hanno consentito di introdurre meccanismi di sostegno per gli incapienti, né di estendere gli assegni familiari agli autonomi, ci auguriamo nel futuro di poter correggere anche queste mancanze.
La riforma dell'Irpef e la disciplina degli assegni al nucleo familiare (ANF) è stata perfezionata da un emendamento del Governo che ha introdotto alcune modifiche alla disciplina contenuta nel testo originario della legge finanziaria con la finalità di evitare un possibile aggravio fiscale anche per alcune tipologie di reddito al di sotto della soglia dei 40.000 euro di reddito complessivo. Questa cifra è infatti il limite che l'Esecutivo ha indicato come discrimine da cui iniziano a prodursi effetti negativi in termini di aggravio d'imposta per i contribuenti.
Le incongruenze segnalate successivamente alla presentazione della legge finanziaria in relazione ad andamenti non coerenti con quanto dichiarato dal Governo, per alcune tipologie di reddito, sono state determinate principalmente delle storture che presenta la situazione vigente in cui i guadagni di imposta non seguono né un profilo regolarmente decrescente all'aumentare del reddito né crescente in relazione ai carichi familiari. In pratica i benefici netti che ciascun contribuente può godere sono direttamente proporzionali alle incongruenze presenti nel sistema attuale.
La riforma dell'Irpef ha l'obiettivo di correggere tali distorsioni e lo ha fatto attraverso una maggiore progressività dell'imposta articolata in cinque scaglioni di reddito; reintroducendo il sistema delle detrazioni per redditi e per carichi di famiglia al posto del sistema delle deduzioni che generavano una distorsione della progressività effettiva dell'imposta in quanto il risparmio d'imposta dovuto è tanto maggiore quanto più elevata è l'aliquota, cosicché esso aumenta ogni volta che si passa da uno scaglione a quello successivo; prevedendo una modifica sostanziale degli assegni al nucleo familiare che eviti l'andamento a «scalini» ora presente nel sistema e che, al passaggio da uno scaglione all'altro di reddito familiare, determinano riduzioni notevoli dell'assegno anche dell'ordine di 300 euro l'anno per figlio. La conseguenza di questo andamento «a scalini» degli assegni è la creazione delle cosiddette «trappole della povertà»: a un aumento del reddito guadagnato dal lavoratore corrisponde una riduzione del suo reddito disponibile, ossia del reddito che il lavoratore trova in busta paga.
La riforma dell'Irpef contenuta nella legge finanziaria originaria corregge tale situazione incongrua in relazione alla tendenza divergente esistente tra risparmi d'imposta (crescenti) e consistenza degli assegni (decrescenti) determinando una nuova situazione in cui il risparmio di imposta e gli assegni aumentano insieme regolarmente all'aumentare dei familiari a carico.
Le modifiche da apportare alla disciplina dell'Irpef con l'emendamento del Governo realizzeranno una correzione più incisiva della tendenza divergente suddetta determinando una situazione in cui il risparmio di imposta aumenta ancora di più rispetto alla versione originaria e gli assegni aumentano regolarmente all'aumentare dei familiari a carico.
L'onere complessivo aggiuntivo per tali modifiche è infatti rilevante ed è pari, in relazione alle minori entrate IRPEF, a 915 milioni di euro per il 2007, 1.414 milioni di euro per il 2008 e 1.261 milioni di euro per il 2009.
In particolare in merito ai trattamenti dedicati al sostegno dei redditi familiari si è intervenuto nei termini seguenti:
a) Modificando la detrazione per il coniuge a carico con la rimodulazione del profilo con cui la detrazione diminuisce all'aumentare del reddito complessivo in modo tale da aumentare l'importo effettivamente percepito, in particolare per i redditi fino a 40.000 euro. La situazione che si determina estende, nel caso di contribuente con solo coniuge a carico, iPag. 164vantaggi della riforma fino a 40.000 euro di reddito per il lavoratore dipendente, a 35.000 euro per il pensionato ed a 32.000 euro per il lavoratore autonomo. Tale modifica coniugandosi con le detrazioni per figli a carico e con la nuova disciplina degli assegni al nucleo familiare determina una situazione finale in cui i vantaggi della riforma arrivano fino a oltre 40.000 per il lavoratore dipendente. Le addizionali regionale e comunale limano appena questi risultati;
b) Chiarendo un nodo interpretativo per il calcolo della detrazione nel caso di più figli, specificando che ai fini del calcolo della detrazione spettante l'incremento di 15.000 euro si applica per ogni figlio e pertanto nel caso di due figli l'importo base di 95.000 euro diventa 110.000 per entrambi, e così a seguire;
c) Consentendo una diversa modalità di ripartizione tra i genitori delle detrazioni per figli permettendo di attribuire al genitore con reddito più elevato il cento per cento della detrazione, in luogo della ripartizione del 50 per cento prevista nel testo originario. In tal modo si consente, nel caso di incapienza di uno dei due genitori, la fruizione totale del beneficio attraverso il genitore fiscalmente capiente;
d) Introducendo la possibilità per il contribuente, nel caso di famiglia monoparentale, di scegliere di usufruire per il primo figlio della detrazione prevista per il coniuge a carico;
e) Prevedendo un aumento, dai 70 euro previsti nel testo originario a 220 euro, delle detrazioni spettanti per ogni figlio portatore di handicap;
f) Introducendo direttamente nella legge finanziaria la nuova disciplina degli assegni al nucleo familiare con nuovi livelli di reddito e nuovi importi degli assegni, al fine di consentire la piena operatività dello strumento già a partire dal 1o gennaio 2007.
Tre le caratteristiche principali dei nuovi assegni: l'aumento degli importi base rispetto ai livelli attuali, l'andamento regolarmente decrescente dell'assegno all'aumentare del reddito che supera l'attuale struttura a «scalini» e le trappole di povertà che ne derivano, l'innalzamento dei livelli di reddito massimi ai quali si finisce di usufruire degli assegni che permette di sostenere anche le famiglie con redditi medio-alti. Inoltre l'emendamento apporta ulteriori modifiche alla normativa dell'imposta sul reddito delle persone fisiche prevedendo:
a) l'introduzione per i contribuenti di età superiore ai 75 anni al cui reddito complessivo concorrono redditi di pensione di un sistema di detrazioni più favorevole rispetto a quello previsto per i redditi da pensione generale innalzando sia i livelli di reddito minimi esenti dai 7.500 ai 7.750 euro, utili ai fini del calcolo della detrazione d'imposta spettante, sia l'importo stesso della detrazione goduta;
b) L'esenzione dal pagamento dell'imposta per i contribuenti che percepiscono solo redditi da pensione non superiori a 7.500 euro l'anno accompagnati da redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e dalla rendita catastale dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale. Era questo l'unico caso in cui un pensionato avrebbe subito una perdita rispetto al regime vigente. In tutti gli altri casi, l'innalzamento del minimo esente già previsto nel testo originario da 7.000 a 7.500 euro grazie alla detrazione introdotta comporta già una sensibile riduzione di imposta dovuta;
c) L'introduzione per i redditi da lavoro dipendente di ulteriori detrazioni per evitare le riduzioni di reddito disponibile anche nelle fasce di reddito medio-alte;
d) Esclude dal godimento delle detrazioni i redditi d'impresa di cui all'articolo 55 del TUIR sia perché la determinazione di tali redditi avviene su base analitica, sia perché tale esclusione è conseguente alla reintroduzione delle detrazioni in luogo delle deduzioni per tipologia reddituale;Pag. 165
e) Introduzione di una «clausola di salvaguardia» in merito alla tassazione dei trattamenti di fine rapporto, sulle indennità equipollenti e sulle altre somme connesse alla cessazione del rapporto di lavoro che consente di applicare, se più favorevole, le aliquote e gli scaglioni di reddito vigenti al 31 dicembre 2006.
A copertura di tale ulteriore intervento migliorativo della curva Irpef e degli assegni al nucleo familiare sono previste alcune misure.
Si inseriscono norme dirette a contrastare l'indebito utilizzo delle compensazioni IVA mediante la previsione di una preventiva comunicazione da trasmettere telematicamente all'Agenzia delle entrate da parte dei soggetti titolari di partita IVA entro il giorno 10 del mese in cui intendono effettuare l'operazione di compensazione.
Si modifica quanto disposto nel testo originario della finanziaria che consentiva, in deroga alle disposizioni vigenti, la detraibilità dell'IVA relativa a prestazioni alberghiere ed alla somministrazione di alimenti e bevande in occasione di partecipazione a convegni, congressi ed eventi similari. Ora si restringe la detraibilità solo alle prestazioni alberghiere.
Si propone una nuova struttura del bollo auto disponendo che il bollo venga calcolato sulla classificazione del motore (Euro 0, Euro 1, Euro 2, Euro 3, Euro 4, Euro 5) e sui Kilowatt incrementali oltre i primi 100. In pratica si introduce un sistema «a scaglioni» per i kw, differenziato in funzione della classificazione del motore, applicando una maggiorazione del 50 per cento dell'imposta solo sui kw eccedenti i primi 100.
Si interviene in materia di invio telematico dei corrispettivi all'Agenzia dell'entrate da parte dei commercianti. La norma che si va a modificare (articolo 37, commi 32.37 del decreto-legge 223/2006) prevede che tutti i registratori di cassa immessi sul mercato debbano possedere la funzione di trasmissione automatica dei corrispettivi all'Agenzia delle entrate. A riguardo si prevede ora che l'adeguamento alle nuove disposizioni decorre dalla data progressivamente individuata, per singole categorie di contribuenti, con un provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate. Inoltre per favorire l'adozione dei misuratori di cassa si consente la deduzione totale del costo di acquisto dei medesimi nell'esercizio in cui è stato sostenuto, esentando altresì i misuratori in esame dalla verifica annuale.
Sanità e politiche sociali. Con la manovra finanziaria 2007 e con l'approvazione del Patto per la salute, accordo sottoscritto dal ministro della salute, dal ministro dell'economia, e dal Presidente della Conferenza delle regioni, possiamo affermare di essere ad una vera e propria svolta nelle politiche di tutela della salute nel nostro paese.
Dopo anni di permanente conflittualità istituzionale tra Governo centrale e governi regionali, per la prima volta si è raggiunto un accordo unitario. Con il Patto si trasferiscono alle regioni risorse certe e nel contempo precise responsabilità. L'accordo, in linea di principio, si fonda sull'accoglimento delle proposte delle regioni e su una finanziaria che non toglie ma dà nuove ed aggiuntive risorse al Servizio sanitario nazionale. Dopo anni di sottostime del fondo sanitario e di assenza di politiche di investimenti a lungo termine, con questa finanziaria avremo una riduzione degli sprechi, una stabilizzazione della spesa nonché un miglioramento della qualità dei servizi e delle prestazioni, anche attraverso il superamento del divario tra Nord e Sud.
Le risorse messe a disposizione dallo Stato centrale saliranno da 91,2 miliardi del 2006 a 97 miliardi per il 2007 comprensivi di un fondo di accompagnamento di 1 miliardo per sostenere il risanamento delle regioni attualmente non in linea con i livelli di spesa concordati (articolo 88). Inoltre si hanno sia maggiori investimenti per 3 miliardi per l'ammodernamento degli ospedali o l'apertura di nuovi servizi sanitari sia più fondi per la ricerca medica e sanitaria. D'altra parte sono previsti meccanismi di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica come riduzionePag. 166prezzi dei farmaci in fascia A, dei dispositivi medici e della diagnostica o l'introduzione di un meccanismo di compartecipazione alla spesa - così come già previsto con diverse modalità in 12 regioni - in caso di ricorso al pronto soccorso per prestazioni non seguite da ricovero. Compartecipazione da cui sono, comunque, esentate tutte quelle categorie di cittadini già esenti da ticket e su cui si profilano ulteriori ipotesi di esenzione.
Le politiche sociali sono state le cenerentole delle ultime cinque finanziarie. Nella finanziaria diverse misure iniziano ad attuare alcuni dei punti qualificanti del programma elettorale del Governo: il sostegno alle famiglie ed ai settori di disagio.
Gli aiuti proposti riguardano, oltre agli incrementi delle detrazioni per carichi familiari e degli assegni al nucleo familiare: l'incremento di 215 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 - 2009 del Fondo per le politiche della famiglia; lo stanziamento di 100 milioni per ciascun anno del prossimo triennio per gli asili nido; l'incremento di 115 milioni di euro (rispetto alla dotazione prevista pari a 10 milioni di euro) del Fondo per le politiche giovanili; l'istituzione del Fondo per la non autosufficienza, con particolare riguardo alla condizione degli anziani; l'introduzione di una serie di «strumenti» per affrontare e individuare le linee di intervento per un Piano nazionale per la famiglia.
Con l'emendamento del Governo sull'Irpef si propone che le cooperative sociali ed i loro consorzi possono scegliere per le prestazioni socio-sanitarie ed assistenziali dagli stessi erogate il regime di esenzione riservato alle ONLUS dall'articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, oppure quello di cui alla tabella A, parte II allegata al decreto del Presidente della Repubblica 633/72 che prevede l'applicazione dell'aliquota IVA al 4 per cento. Tale interpretazione permette per i soggetti suddetti la possibilità di portare in detrazione l'IVA pagata sugli acquisti, ora non detraibile per effetto del pro-rata.
Il riordino delle pubbliche amministrazioni. Sono in molti a sostenere che una buona parte del differenziale di crescita economica tra i paesi sia spiegabile proprio dal funzionamento delle istituzioni. La qualità del servizio delle amministrazioni ministeriali, della scuola, della sanità, degli enti locali è determinante perché lo Stato sia un propulsore di sviluppo e non un freno. L'Italia è lontana da una condizione di accettabile efficienza. Il rapporto del World economic forum, pubblicato qualche giorno fa, ci colloca al settantunesimo posto nel mondo per ciò che riguarda l'efficienza della burocrazia pubblica. Nella manovra, il Governo compie passi per il miglioramento di questa miserevole condizione, passi maggiori di quelli compiuti da molti anni, del tutto insufficienti a coprire la distanza che ci separa dalla condizione di eccellenza cui dobbiamo aspirare. Innanzitutto, il disegno di legge finanziaria avvia una riorganizzazione e razionalizzazione di diverse componenti dell'amministrazione pubblica, mirando a un duplice scopo: aumento dell'efficienza e riduzione dei costi. Il contenimento dei grandi capitoli di spesa pubblica italiana non può certamente avvenire per decreto e richiede che si ponga mano a «strozzature» organizzative, procedure, comportamenti, incentivi, stile di direzione e sistema di valori. Con la finanziaria si comincia ad intervenire nei campi più importanti dell'apparato amministrativo italiano.
Per quanto concerne l'organizzazione delle amministrazioni statali: l'articolo 32 prevede un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri, finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l'adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, su proposta di ciascuna amministrazione. Tra gli interventi previsti si registrano la riduzione degli uffici dirigenziali e l'accorpamento delle strutture periferiche facenti capo a una amministrazione in un unico ufficio regionale oppure mediante trasferimento delle funzioni svolte all'interno delle prefetture-uffici territoriali del Governo. L'articolo 35 reca modifiche all'assetto organizzativo dell'amministrazione della pubblica sicurezza e all'ordinamentoPag. 167del personale della polizia di Stato, finalizzate al conseguimento di risparmi di spesa, a tal fine disponendo, a decorrere dal 1o gennaio 2007, la soppressione delle direzioni interregionali della pubblica sicurezza e la razionalizzazione delle strutture per la formazione e l'aggiornamento del personale. L'articolo 37 reca disposizioni dirette ad agevolare l'attività dell'amministrazione della pubblica sicurezza attraverso lo snellimento sia delle procedure relative alle attività negoziali e ai pagamenti necessari per l'attuazione delle misure di emergenza, sia delle modalità di utilizzazione dei beni sequestrati o confiscati affidati in uso alle forze di polizia. L'articolo 38 stabilisce che il ministro dell'interno, o per sua delega i prefetti, possono stipulare convenzioni con le regioni e gli enti locali al fine di realizzare programmi straordinari volti ad incrementare i servizi di polizia a tutela della sicurezza dei cittadini.
L'articolo 77, che subordinava l'organizzazione degli uffici periferici delle amministrazioni statali nelle nuove province di Monza e della Brianza, di Fermo e di Barletta-Andria-Trani, istituite con le leggi n. 146, 147 e 148 del 2004, ai princìpi di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche contenuti negli articoli 33, 34 e 35 del disegno di legge finanziaria, è stato soppresso dalla Commissione bilancio.
Per il riordino degli Enti pubblici, l'articolo 39 reca disposizioni in materia di riorganizzazione e riallocazione di determinate categorie di personale degli enti pubblici non economici nazionali e delle agenzie, prevedendo, in particolare, che il personale impiegato nello svolgimento delle funzioni di supporto non possa eccedere il 15 per cento delle risorse umane complessivamente utilizzate e che a tal fine debbano essere adottati i necessari provvedimenti di riorganizzazione e riallocazione del personale, riducendo contestualmente le dotazioni organiche. L'articolo 47 ridefinisce il processo di riordino, trasformazione e soppressione di enti ed organismi pubblici previsto dall'articolo 28 della legge n. 448 del 2001, fissando il nuovo termine del 30 giugno 2007 e individuando specifici principi e criteri direttivi.
Pubblico impiego. Per quanto riguarda le assunzioni di personale nella pubblica amministrazione, sono previste, con l'articolo 57, assunzioni per l'anno 2007 sia per quanto riguarda i Corpi di polizia, che potranno effettuare 1.000 assunzioni, sia soprattutto per quanto riguarda la stabilizzazione di personale non dirigenziale a tempo determinato che ne faccia domanda, abbia prestato servizio per almeno tre anni nell'ultimo quinquennio e sia stato assunto mediante procedure selettive. Prove selettive sono invece previste per stabilizzare personale assunto mediante procedure diverse. Il personale è comunque mantenuto in servizio fino alla conclusione delle procedure.
Per gli anni 2008 e 2009 le amministrazioni dello Stato potranno procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 60 per cento rispetto alle cessazioni: in sostanza ogni 5 cessazioni, 2 posti di lavoro non saranno sostituiti, 1 sarà destinato a nuovo personale assunto per concorso, 2 saranno utilizzati per stabilizzare personale a tempo determinato con anzianità almeno triennale. Le amministrazioni non interessate al processo di stabilizzazione possono procedere ad ulteriori assunzioni nel limite di un contingente complessivo di personale corrispondente ad una spesa annua lorda pari a 75 milioni di euro a regime. Possono inoltre essere convertiti in rapporti di lavoro a tempo indeterminato i contratti di formazione e lavoro più volte prorogati dalle ultime leggi finanziarie senza che si sia mai proceduto ad assunzioni, nonostante il superamento delle prove selettive, a causa dei blocchi previsti (niente viene invece previsto per la stabilizzazione dei parasubordinati). Ma la finanziaria interviene anche per restringere ulteriormente il limite, già previsto dalla scorsa finanziaria, all'utilizzo di personale con lavoro flessibile: dal 60 per cento della spesa sostenuta nel 2003 al 40 per cento.
Ma è stata rivolta attenzione anche al tema delle collaborazioni coordinate ePag. 168continuative: in un emendamento del Governo è previsto l'avvio di un processo finalizzato alla progressiva eliminazione dei contratti di lavoro parasubordinato, attraverso la riserva di una quota del 50 per cento del totale dei posti programmati nel bandire le prove selettive relative all'assunzione di personale a tempo determinato.
Per quanto riguarda i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, mentre la scorsa finanziaria prevedeva la sola corresponsione dell'indennità di vacanza, è stato stanziato quanto dovuto: per il 2007 le risorse ammontano a 807 milioni di euro per la contrattazione collettiva (aggiuntivi a quanto già stanziato dalla scorsa legge finanziaria per la sola corresponsione dell'indennità di vacanza contrattuale) e dal 2008 di 2.193 milioni di euro. Un emendamento depositato dal Governo e l'accordo siglato con i sindacati prevedono che la procedura di certificazione dei contratti collettivi debba concludersi entro un tempo limitato dall'ipotesi di accordo, decorsi i quali i contratti sono efficaci, senza possibili interruzioni o sospensioni.
Per il personale in regime di diritto pubblico le risorse sono incrementate di 374 milioni di euro per il 2007 e dal 2008 di 1.032 milioni di euro (di cui 304 milioni di euro e di 805 milioni di euro specificamente destinati per il personale delle Forze armate e dei Corpi di polizia).
In attesa di una revisione delle strutture retributive finalizzata alla soppressione - analogamente a quanto avvenuto per la generalità del pubblico impiego - degli automatismi stipendiali per anzianità e all'introduzione di specifici elementi di valutazione della produttività, per le categorie di personale che ancora fruiscono di progressioni automatiche, ossia quelle in regime di diritto pubblico (magistrati, docenti e ricercatori universitari, dirigenti dei Corpi di polizia e Forze armate), la finanziaria prevede la riduzione del 50 per cento del valore delle classi di stipendio e degli aumenti periodici biennali, anche se va sottolineato che per tener conto delle peculiarità delle categorie interessate un emendamento depositato dal Governo stabilisce l'applicazione della norma soltanto per il biennio 2007-2008 e sulle retribuzioni superiori a 53.000 euro, prevedendo che per queste ultime l'adeguamento automatico venga corrisposto nella misura del 70 per cento.
Dal lato del contenimento della spesa, viene specificato inoltre che la normativa relativa ai trattamenti accessori massimi del personale dirigenziale include anche i vertici di Corpi di polizia e Corpi armati.
Riduzione dei costi della politica. L'articolo 63 prevede una riduzione del 30 per cento del trattamento economico dei ministri e dei sottosegretari di Stato di cui alla legge n. 212 del 1952, a decorrere dal 10 gennaio 2007. L'articolo 76, modificato dalla Commissione, reca disposizioni in materia di organi di governo degli enti locali. Tra le misure previste si evidenziano: la riduzione del numero degli assessori delle giunte comunali e provinciali ad un numero non superiore ad un quarto (anziché ad un terzo), del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tal fine il sindaco e il presidente della provincia; la riduzione dell'entità massima delle indennità di funzione spettanti al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane, (70 per cento della misura prevista per il comune di maggiore popolazione); l'esclusione della possibilità per gli organi degli enti locali di incrementare le indennità di funzione e i gettoni di presenza determinati con regolamento ministeriale (gli eventuali incrementi già disposti devono essere eliminati dalle amministrazioni locali entro un mese dall'entrata in vigore della legge finanziaria); la modifica della disciplina dei rimborsi per spese di viaggio degli amministratori locali, con soppressione dell'indennità di missione.
Con l'articolo 79 si mira a razionalizzare i processi di revisione delle circoscrizioni provinciali e di istituzione di nuove province, istituendo a tal fine una commissione di studio presso la Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali e sospendendo, nelle more della sua attività, i procedimenti in corso.Pag. 169
L'articolo 80, modificato dalla Commissione, reca ulteriori misure di contenimento della spesa degli enti territoriali. Si limita l'entità massima dei compensi spettanti ai consiglieri di amministrazione delle società totalmente partecipate dagli enti locali sia il numero complessivo dei componenti i relativi consigli di amministrazione. Tale limite non si applica agli amministratori delegati. Nel caso di società partecipate da più enti locali la riduzione del compenso lordo annuale del presidente e dei componenti del consiglio di amministrazione deve essere calcolato in percentuale delle indennità di maggiore importo tra quelle spettanti ai rappresentanti degli enti locali soci.
Sicurezza e Forze di polizia. L'articolo 57 detta disposizioni in ordine alle assunzioni di personale da parte di pubbliche amministrazioni. In particolare, si prevede al comma 1 la possibilità per i Corpi di polizia di effettuare assunzioni di personale per un contingente complessivo non superiore a 1.000 unità, mentre il comma 4 prevede che, per gli anni 2008 e 2009, alcune amministrazioni dello Stato, tra le quali i Corpi di polizia, possono procedere, per ciascun anno, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite di un contingente di personale complessivamente corrispondente ad una spesa pari al 20 per cento di quella relativa alle cessazioni avvenute nell'anno precedente.
Le Autonomie. L'impegno di razionalizzazione della spesa richiesta al sistema delle autonomie è particolarmente rilevante. Come sapete è però intervenuto dopo la presentazione della legge finanziaria un accordo tra il Governo e le Associazioni degli enti locali.
L'accordo prevede minori tagli ai comuni ed alle province per un ammontare di 600 milioni di euro. Saranno dati 260 milioni di ulteriori finanziamenti ai piccoli comuni ed alle comunità montane, e 266 milioni per le opere pubbliche cofinanziate dall'Unione europea. Il tutto per un ammontare complessivo di circa 1,1 miliardi di euro.
Le risorse necessarie sono state rinvenute conteggiando in maniera più precisa gli aumenti di gettito derivante da misure già inserite nella manovra.
È stato eliminato, inoltre, il tetto del 2,6 per cento all'indebitamento e si torna alla norma vigente che prevede un tetto del 12,5 per cento. Si è così rimosso un vincolo che avrebbe condizionato negativamente gli investimenti sul territorio.
Nel corso dell'esame della V Commissione sono state apportate modifiche significative agli articoli sul patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali, sulle disposizioni in materia di organi di governo degli enti locali e sulle regole per il contenimento della spesa degli enti territoriali.
Nella disciplina per il Patto di stabilità interno per le Regioni, la finanziaria prevede ancora per il 2007 un'evoluzione controllata della spesa: contestualmente dispone che, a decorrere dal 2007, venga avviata una sperimentazione, con le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, finalizzata ad assumere, quale base di riferimento per il patto di stabilità interno, il saldo finanziario, in sostituzione del criterio di contenimento della spesa introdotto a partire dal 2002.
I vincoli alla spesa - corrente e in conto capitale - disposti nella precedente legislatura - saranno quindi progressivamente superati per giungere all'individuazione di un obiettivo, per il patto di stabilità, definito in termini di «disavanzo» (inteso come differenza tra entrate e spese).
Definire l'obiettivo da raggiungere per risanare la finanza territoriale in termini di saldo non solo è coerente con i vincoli di Maastricht - che chiedono il rispetto dei «saldi» e non delle singole componenti - ma l'introduzione del nuovo criterio sarà progressiva e negoziale dopo una fase di sperimentazione dove sarà possibile valutare vantaggi e inconvenienti dei due differenti criteri per il riequilibrio dei conti regionali.
I vantaggi di definire le regole per il patto di stabilità per le regioni in termini di disavanzo sono evidenti: l'obiettivo puòPag. 170essere ottenuto in termini più flessibili, perché il disavanzo può essere contenuto sia agendo sulle spese, che, a parità di spesa, sulle entrate. La fissazione di un rigido tetto di spesa riduce inevitabilmente i margini di manovra per gli enti territoriali e locali, perché non è possibile intervenire sulle entrate per mantenere il disavanzo al livello degli anni precedenti. L'obiettivo di stabilizzazione della spesa, sia per la parte corrente che per quella in conto capitale, tra l'altro, incide in misura maggiore proprio sugli enti che, avendo una spesa corrente «storica» più bassa (tipicamente quelli più poveri del Mezzogiorno) e dovendo impiegare più risorse in conto capitale per gli investimenti necessari ad un territorio poco attrezzato restano così inchiodati ad una situazione di servizi inadeguati e di sottosviluppo delle infrastrutture.
Occorre considerare che la sperimentazione prevista dalla finanziaria 2007 introduce un criterio di «flessibilità contrattata» nel patto di stabilità tra Stato e regioni: infatti, sulla base degli esiti della sperimentazione che sarà subito avviata nel 2007, si potrà procedere - anche nei confronti di una sola o più regioni o province autonome - a ridefinire con legge le regole del patto di stabilità interno e l'anno di prima applicazione dei nuovi criteri. Nasce così un metodo che, per approssimazioni successive, punta ad individuare forme di stabile collaborazione - senza inutili, e dannose, contrapposizioni - tra Governo centrale ed enti decentrati che divengono in tal modo sempre più compiutamente autonomi e capaci di autogoverno.
Con una modifica approvata in Commissione è stato stabilito che, qualora in corso d'anno vengano ridefinite le regole del patto di stabilità nei confronti di una sola o più regioni sulla base degli esiti della sperimentazione, le nuove regole dovranno comunque tener conto del saldo sia in termini di competenza che di cassa; in particolare, il saldo di competenza dovrà essere calcolato come differenza tra accertamenti e impegni, per la parte corrente, e differenza tra incassi e pagamenti per la parte in conto capitale.
Per la parte corrente, si considera dunque il criterio della competenza giuridica; per la parte capitale, si considera invece il criterio della cassa. In questo caso, pertanto, il saldo tenderà ad avvicinarsi all'indebitamento netto, che è calcolato in termini di competenza economica e quindi al saldo rilevante, a livello comunitario per l'individuazione di disavanzi eccessivi e per il rispetto del patto di stabilità e crescita.
Contestualmente, sempre per definire l'aggregato di spesa sottoposto al patto in una accezione più simile a quella utilizzata a livello europeo per il patto di stabilità e crescita un'altra modifica ha previsto che le spese finali rilevanti ai fini del patto di stabilità interno per le regioni siano determinate sia in termini di competenza che in termini di cassa.
In considerazione dell'elevato livello di indebitamento, le regioni, per l'ammortamento dei mutui in essere, potranno continuare a vincolare in bilancio fino al 25 per cento delle entrate proprie di natura tributaria (titolo primo dell'entrata).
Alcuni interventi approvati dalla V Commissione hanno meglio precisato le regole del patto di stabilità per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano: in particolare è stato stabilito che, sulla base degli esiti della sperimentazione, le norme di attuazione statutaria del patto di stabilità delle regioni a statuto speciale debbano prevedere disposizioni per assicurare in via permanente il coordinamento tra le misure di riequilibrio finanziario previste dalla manovra di finanza pubblica del Governo centrale e l'ordinamento della finanza regionale regolato dagli statuti e dalle relative norme di attuazione, nonché le modalità per il versamento dell'IRAP e dell'addizionale IRPEF. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano avranno facoltà di applicare le regole del patto di stabilità interno non solo agli enti ed organismi strumentali ma anche agli enti ad ordinamentoPag. 171regionale o provinciale. La verifica del rispetto degli obiettivi del patto di stabilità interno, sarà effettuata da ciascuna regione a statuto speciale e dalle province autonome sulla base di proprie norme di attuazione statutaria del patto di stabilità. Nella fase transitoria, fino all'emanazione delle predette norme di attuazione statutaria, il contributo delle regioni a statuto speciale e delle province autonome al patto di stabilità sarà individuato dalla prevista intesa tra tali enti e il ministro dell'economia e delle finanze sulla misura e sulle modalità di tale concorso, in ossequio alle potestà e alle prerogative stabilite dai rispettivi statuti speciali.
Per il patto di stabilità interno per gli enti locali, sono state introdotte modifiche all'articolo 74 che accolgono significative istanze degli enti locali: sono state così incluse nel patto di stabilità le spese in conto capitale cofinanziate dall'Unione Europea e le spese per gli investimenti previsti dalla legge obiettivo. Contestualmente, è stato disposto che le maggiori entrate derivanti dall'introduzione dell'acconto del 30 per cento sull'addizionale comunale all'IRPEF (secondo la relazione tecnica un maggiore gettito, in termini di cassa, di 500 milioni di euro per l'anno 2007) concorrano al conseguimento degli obiettivi del patto.
In Commissione sono stati inoltre precisati meglio i contenuti della manovra sugli enti locali: il saldo di riferimento per la verifica dell'obiettivo del patto di stabilità interno è quello comprensivo dei trasferimenti statali, delle entrate per riscossione di crediti e delle spese per concessione di crediti.
Dal computo delle entrate in conto capitale riscosse nel triennio 2003-2005, sono state escluse quelle derivanti dalla dismissione del patrimonio immobiliare, destinate nel medesimo periodo all'estinzione anticipata di prestiti.
Le modifiche approvate determinano una riduzione della manovra sugli enti locali prevista dalla finanziaria per l'anno 2007 non inferiore a 56 milioni per le province e a 266 milioni per i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti. Per il 2008 e il 2009 la manovra si riduce, per le province, rispettivamente di 83 e di 110 milioni e, per i comuni, di 413 e di 562 milioni.
È stato altresì precisato che gli enti che presentano una media triennale positiva del saldo di cassa, determinano l'entità del loro concorso al patto di stabilità applicando solo i coefficienti relativi alla spesa corrente.
In considerazione delle intese tra Governo ed enti locali, è stata introdotta una modifica che ha l'obiettivo di eliminare i «picchi» di spesa determinati da eventi straordinari dal calcolo dei coefficienti che individuano l'entità della manovra. L'obiettivo di miglioramento della spesa di ciascun comune risulta così contenuto entro un «tetto» massimo stabilito.
Per gli enti locali che abbiano subìto lo scioglimento dei consigli per fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso la Finanziaria 2007 prevedeva che fossero assoggettati al patto di stabilità a partire dall'anno in cui, dopo la rielezione degli organi istituzionali, fosse disponibile una base di calcolo su cui applicare le regole del patto. Un emendamento approvato in Commissione ha meglio precisato che gli enti locali commissariati a decorrere dall'anno 2007 siano soggetti alle regole del patto a partire dall'anno successivo a quello della rielezione degli organi istituzionali. Sono inoltre stati esclusi dal rispetto degli obiettivi del patto di stabilità per l'anno 2006, che fissavano limiti all'incremento delle spese, gli enti locali i cui organi consiliari siano stati commissariati nel 2004 e gli enti gestori delle aree naturali protette.
In Commissione sono state soppresse le norme che prevedevano che gli enti soggetti al patto di stabilità, unitamente ai piccoli comuni e alle comunità montane - che ne sono esclusi - fossero tenuti a concorrere al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica anche attraverso il contenimento del proprio debito.
Con una modifica all'articolo 204 del T.U. degli enti locali, è stato ampliato il limite massimo ammissibile di indebitamentoPag. 172previsto per gli enti locali, elevando l'entità massima della spesa per interessi dal 12 per cento al 15 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli dell'entrata del rendiconto del penultimo anno precedente. È stata conseguentemente modificata, per adeguarla al nuovo dettato dell'articolo 204 del T.U. enti locali, la norma della finanziaria 2005 che prevedeva un percorso di riduzione del livello di indebitamento degli enti locali fino al raggiungimento del limite del 12 per cento entro il 2013: la percentuale del 15 per cento dovrà essere raggiunta entro la fine del 2010.
Inoltre, nel pieno rispetto della capacità di autodeterminazione degli enti, sono state abrogate le norme della legge finanziaria 2006 che prevedevano limitazioni all'acquisto di beni immobili da parte dalle amministrazioni pubbliche, comprese le amministrazioni locali, a decorrere dall'anno 2006.
La Commissione ha approvato significative misure di intervento a sostegno dei piccoli comuni. Nei comuni con meno di 5.000 abitanti con una presenza di anziani e bambini, sul totale della popolazione, superiore alla media, sarà incrementato il contributo ordinario: secondo la relazione tecnica allegata all'emendamento del Governo, la misura - che vincola il 50 per cento del contributo a interventi di natura sociale e socio-assistenziale - interessa 818 comuni (con un numero di anziani ultrasessantacinquenni superiore al 30 per cento della popolazione complessiva) e 788 comuni (con una presenza di bambini al di sotto dei 5 anni superiore al 5 per cento della popolazione complessiva). Il 50 per cento di quest'ultimo contributo è finalizzato a interventi di natura sociale. Ventinove comuni, che superano i limiti previsti per presenza di anziani e bambini, saranno doppiamente beneficiari. Anche per i comuni che non siano beneficiari delle provvidenze disposte per quelli con significativa presenza di anziani o bambini, è previsto un contributo a valere su una disponibilità complessiva di 57,4 milioni di euro. Per i comuni più piccoli - con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti - tra loro associati o che abbiano delegato funzioni alle comunità montane - sono state incrementate le risorse per investimenti di 42 milioni di euro. La norma approvata prevede l'assegnazione, per l'anno 2007, di un contributo di 10.000 euro per ogni singolo ente: i beneficiari sono 4.126.
Nel corso dell'esame in Commissione sono stati approvati interventi necessari ad affrontare il fenomeno dei comuni sciolti per infiltrazione o condizionamenti di tipo mafioso: sono state introdotte innovazioni normative e provvidenze economiche a sostegno delle commissioni straordinarie chiamate alla gestione degli enti e al ripristino della legalità.
Per non gravare il bilancio di tali enti delle spese relative agli organi di gestione straordinaria, le spese sia per compensi che il rimborso spese delle commissioni straordinarie saranno a carico dello Stato, che provvederà al rimborso di eventuali anticipazioni degli enti locali; i rimborsi saranno considerati «spese di investimento».
Per assicurare il regolare funzionamento dei servizi degli enti i cui organi consiliari siano stati sciolti per infiltrazioni di tipo mafioso è stata inoltre autorizzata la spesa di 5 milioni di euro, a valere sulle risorse del fondo ordinario, a copertura degli oneri derivanti dall'assegnazione, in via temporanea, in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di altre amministrazioni ed enti pubblici. Tali spese di personale sono oggi finanziate con proventi derivanti dalla vendita di beni confiscati alla organizzazioni criminose, sistema che non offre la dovuta garanzia di regolarità temporale ai rimborsi sulle anticipazioni fatte per queste spese dai prefetti, a ragione delle difficoltà e dei ritardi delle procedure di vendita dei beni oggetto di confisca.
A richiesta delle commissioni straordinarie degli enti locali i cui organi consiliari siano stati sciolti per infiltrazioni di tipo mafioso, il ministro dell'Interno potrà prevedere l'erogazione in un'unica soluzione sia dei trasferimenti erariali sia dellaPag. 173quota di compartecipazione al gettito dell'IRPEF dovuti per l'intero esercizio. Le commissioni si trovano infatti di frequente a dover affrontare emergenze operative con limitate disponibilità di bilancio, anche per le difficoltà incontrate nella riscossione di entrate pregresse.
Per rilanciare gli investimenti in tali comuni, che hanno frequentemente una situazione socio-ambientale di grave degrado, è stato altresì disposto un contributo di 50 milioni di euro per il 2007, a valere sulle risorse del fondo ordinario, per la realizzazione e la manutenzione di opere pubbliche.
Enti locali: la nuova autonomia tributaria. In più punti il DPEF e la finanziaria ribadiscono che il nuovo patto di stabilità intende coniugare rigore finanziario con più ampia autonomia fiscale.
Molte le novità della finanziaria 2007 sul fronte dei tributi locali.
Si modificano i termini di variazione dell'aliquota di compartecipazione dell'addizionale comunale all'IRPEF.
Non esiste più il vincolo di un incremento massimo annuale di 0,2 punti percentuali: l'aliquota può essere deliberata con l'unico limite di non oltrepassare un incremento di 0,8 punti percentuali.
A decorrere dal 1o gennaio 2007 i comuni hanno facoltà di istituire tributi di scopo per la realizzazione di opere di particolare interesse a livello locale; il prelievo dovrà avere una durata massima; il regolamento comunale dovrà individuare l'opera pubblica da finanziare con l'imposta (la finanziaria predispone un elenco, che in sede parlamentare può essere anche ampliato, per prevedere, ad esempio, il finanziamento di interventi per fronteggiare l'emergenza abitativa, il recupero urbano e la riqualificazione delle periferie etc.) l'importo della spesa da coprire, l'aliquota dell'imposta e le modalità di versamento (così i contribuenti potranno conoscere a quali infrastrutture concorre il gettito dell'imposta). Il gettito complessivo dell'imposta non potrà essere superiore al trenta per cento dell'ammontare della spesa dell'opera pubblica da realizzare. Nel caso di mancato inizio dell'opera pubblica entro due anni dalla data prevista dal progetto esecutivo i contribuenti possono chiedere il rimborso degli importi versati entro il termine di cinque anni dal giorno del pagamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione.
A decorrere dal gennaio 2007 i comuni potranno anche deliberare l'istituzione di un contributo di soggiorno, anche per periodi limitati dell'anno, il cui gettito sia destinato ad interventi di manutenzione urbana ed alla valorizzazione dei centri storici (tale nuovo tributo ha fatto infuriare albergatori e commercianti: perché non prevedere che il gettito del tributo possa essere destinato anche al miglioramento dei servizi ricettivi e di ristorazione, al decoro e all'igiene di tali luoghi, al miglioramento e al potenziamento di tali servizi?). Il contributo - stabilito entro la misura massima di cinque euro per notte - sarà dovuto dai soggetti non residenti che prendono alloggio, in via temporanea, in strutture alberghiere, campeggi, villaggi turistici, alloggi agro-turistici ed in altre analoghe strutture ricettive situate nel territorio comunale. Sono esenti dal contributo i soggetti che alloggiano nelle strutture destinate al turismo giovanile ed in quelle espressamente previste dal regolamento comunale (che può prevedere eventuali riduzioni ed esenzioni, determinate in relazione alla categoria ed all'ubicazione della struttura ricettiva, alla durata del soggiorno, alle caratteristiche socio-economiche dei soggetti che devono versare il contributo, avuto riguardo, tra l'altro, alla numerosità del nucleo familiare, all'età ed alle finalità del soggiorno).
La finanziaria abroga il «tetto» della tariffa del canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari (prima fissato al 25 per cento delle tariffe stabilite per l'imposta comunale sulla pubblicità - ora sostituita dal «canone» - deliberate l'anno precedente). La norma potrebbe determinare disparità tra i comuni che continuano ad applicare l'imposta (soggetta al vincolo del 25 per cento) e quelli che adotteranno il canone (senza limiti).Pag. 174
Numerose disposizioni della finanziaria hanno lo scopo di realizzare - per i tributi locali - un sistema unitario sui meccanismi e sui termini di accertamento e riscossione. Tra questi, in particolare, l'articolo 11 in tema di unificazione dei termini di accertamento, di semplificazione e «manutenzione» della base imponibile. L'articolo 10 della finanziaria consente di mettere a disposizione degli enti locali i dati sull'addizionale comunale e provinciale al consumo di energia elettrica, cosa che permetterà di controllare i versamenti relativi a tali tributi.
In materia di tasse sui rifiuti, la finanziaria prevede anche per il 2007 la possibilità di rinviare l'adozione del sistema a tariffa; prevede inoltre l'utilizzo della superficie catastale come base imponibile sia per la tassa sullo smaltimento che per la tariffa sul servizio di gestione dei rifiuti.
In attesa della piena attuazione del federalismo fiscale, è istituita, in favore dei comuni, una compartecipazione del 2 per cento al gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche. La compartecipazione sull'imposta decorre dal lo gennaio 2008 con corrispondente riduzione annua costante, di pari ammontare, a decorrere dalla stessa data, del complesso dei trasferimenti a valere sul fondo ordinario per i comuni (la quota di compartecipazione attribuita è pari alla riduzione dei trasferimenti, in modo tale da garantire l'invarianza delle risorse). A decorrere dal 2009, l'incremento del gettito compartecipato, rispetto all'anno 2008, derivante dalla dinamica dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, è ripartito fra i singoli comuni secondo criteri definiti con decreto del ministro dell'interno, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze e il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa da realizzare in sede di Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Il riparto delle risorse «dovrà tenere primariamente conto di finalità perequative e dell'esigenza di promuovere lo sviluppo economico.»
La finanziaria 2007 stabilisce le regole per il definitivo passaggio del catasto ai comuni.
La nostra politica estera. Per quanto concerne gli italiani all'estero un emendamento del relatore approvato in Commissione prevede la spesa di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008, 2009 per le politiche generali concernenti gli italiani all'estero (promozione culturale, integrazione, informazione, sostegno agli imprenditori, coordinamento delle iniziative per il rafforzamento della rete diplomatico-consolare).
La previsione di uno stanziamento significativo a favore delle collettività italiane all'estero è assolutamente coerente con lo spirito della recente e largamente condivisa innovazione costituzionale che riconosce agli italiani all'estero un ruolo importante nella vita democratica del nostro paese.
Se il vincolo tra l'Italia e gli italiani che vivono e lavorano in tutto il mondo deve essere reale, sostanziale e non semplicemente un artificio retorico occorre che l'investimento sulle politiche che li riguardano inverta il progressivo depauperamento delle risorse loro riservato negli ultimi tre anni.
L'istituzione di un viceministro con delega a questi temi non poteva non essere accompagnata da una dotazione finanziaria adeguata ai compiti che gli sono stati attribuiti.
Per questi motivi, stupisce l'atteggiamento che l'opposizione ha riservato a questa proposta, in presenza di una tradizionale sensibilità al tema da parte di larga parte di quelle forze politiche. Soprattutto in presenza di documenti ufficiali della Farnesina, prodotti in questa sessione di bilancio, che hanno sottolineato con chiarezza l'assoluto bisogno di un incremento delle risorse umane e finanziarie per il miglioramento dei servizi e delle strutture dedicate alle anagrafi consolari, alla rete delle rappresentanze italiane in aree in cui è nostra ambizione recuperare ruolo e influenza, per le indispensabili attività di tutela e assistenza in paesi che non assicurano standard adeguati, nonché a favore della attività educative, scolastiche e culturali.Pag. 175
D'altra parte nel dibattito svolto in Commissione affari esteri si è spesso sottolineato l'interesse bipartisan nell'investire in questi settori e, da parte degli esponenti dell'opposizione, ci si è detti addirittura perplessi sui tagli che avrebbero inciso sulla rete diplomatico-consolare e sulle attività di sostegno alla presenza italiana nel mondo.
Per le missioni militari, a seguito di accordi intervenuti con i gruppi di maggioranza, la proposta emendativa del Governo in merito all'articolo 188 della legge finanziaria 2007 prevede al primo comma il mantenimento di un fondo triennale per il finanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali, come previsto anche nell'originaria stesura dell'articolo. Verrebbe meno, invece, il meccanismo di finanziamento annuale delle missioni internazionali, disciplinato originariamente dai commi 2-5 dell'articolo 188, a seguito della decisione di affrontare la questione in una sede diversa da quella della legge finanziaria.
Conseguentemente, proprio allo scopo di evitare che anche in seno al Consiglio dei ministri la questione del finanziamento delle missioni internazionali con cadenza annuale venisse ad essere affrontata nelle more dell'approvazione della legge finanziaria - essendo i decreti di rifinanziamento delle missioni internazionali in scadenza alla data del 31 dicembre 2006 - è stata concordata, e prevista dal secondo comma dell'attuale articolo 188, una proroga dei termini stabiliti nei decreti di rifinanziamento alla data del 31 gennaio 2007.
Cooperazione allo sviluppo. Un significativo passo in avanti viene compiuto in materia di stanziamenti aggiuntivi per l'aiuto pubblico a favore dei paesi in via di sviluppo nella finanziaria 2007. Gli stanziamenti previsti nella Tabella C, infatti, pari a 600 milioni di euro, comportano un incremento di quasi il 50 per cento rispetto a quanto previsto dalla finanziaria del Governo Berlusconi e segnano così una decisa inversione di rotta rispetto ai tagli degli ultimi anni. Si era, infatti, passati da 618 milioni di euro nel 2003, a 616 nel 2004, a 588 nel 2005 a soli 400 milioni di euro stanziati con la finanziaria del 2006.
L'attuale previsione a favore della cooperazione non consente ancora di rispettare gli impegni formalmente assunti dai paesi europei in occasione del Consiglio europeo di Bruxelles nel maggio 2005, ossia il raggiungimento di una quota di stanziamenti pari allo 0,51 per cento del PIL entro il 2010, e allo 0,7 del PIL entro il 2015.
Tuttavia si tratta, senza dubbio, di un segnale confortante che si iscrive nel percorso virtuoso che, nel corso dei prossimi anni, potrebbe progressivamente portare a un sostanziale avvicinamento all'obiettivo previsto.
Sempre in materia di cooperazione è poi da segnalare l'articolo 210, che riformula l'articolo 5 della legge 209/2000 in materia di misure per la riduzione del debito estero dei paesi in via di sviluppo. La modifica proposta consente all'Italia, anche in assenza di un'intesa multilaterale, e in aggiunta ai casi già previsti dallo stesso articolo 5 della legge 209/2000 (ossia catastrofi internazionali e gravi crisi umanitarie), di effettuare la conversione o l'annullamento del debito concessionale al fine ulteriore di permettere l'efficace partecipazione dell'Italia ad iniziative promosse dalla comunità internazionale. Come confermato dalla stessa relazione governativa, l'obiettivo della disposizione dovrebbe essere quello di facilitare il perseguimento da parte del nostro paese degli «obiettivi di sviluppo del Millennio», riconosciuti dall'Unione europea e dai suoi stati membri come riferimento sostanziale e centrale delle politiche di supporto ai Pvs.
L'inversione di tendenza registrata sui fondi alla cooperazione, che restituisce un margine di azione alle Ong e all'attività di volontariato, particolarmente sacrificate dalle politiche dell'ultimo Governo, e il disposto dell'articolo 210, confermano l'attenzione che Governo e maggioranza di centrosinistra riservano a temi assolutamente trascurati dal centrodestra, in attesa dell'auspicata riforma della legge sullaPag. 176cooperazione su cui esiste un chiaro impegno del Governo e della maggioranza parlamentare.
DIFESA. Le previsioni a favore del Ministero della difesa in finanziaria tendono a riequilibrare il depauperamento delle risorse per i consumi intermedi, la manutenzione e l'addestramento e gli investimenti operato negli scorsi anni e che ha portato sull'orlo del collasso il sistema difesa italiano.
In particolare è previsto: nell'ambito delle risorse destinate ai rinnovi contrattuali, lo stanziamento di 304 milioni di euro nel 2007 e di 805 milioni di euro per il 2008, specificatamente a favore del personale delle Forze armate e di Polizia (articolo 58); un Fondo per i programmi di manutenzione, ripristino della infrastrutture e costruzione degli alloggi di servizio dotato di cinquecento milioni di euro per ciascuno dei prossimi tre anni (articolo 187); un Fondo destinato al sostegno dell'industria della difesa dotato di 1.700.000 euro nel 2007, 1.550.000 euro nel 2008 e 1.200.000 euro nel 2009 (articolo 113); uno stanziamento a favore delle capitanerie di porto (manutenzione e costruzione nuove strutture) di 8 milioni di euro per ciascuna delle prossime tre annualità.
Il meccanismo di questi Fondi pluriennali ne prevede la ripartizione a seconda delle esigenze con un decreto ministeriale della Difesa di attribuzione specifica delle somme.
Da segnalare, invece, tra i contenimenti di spesa e i tagli, una riduzione di 120 milioni di euro all'anno, pari a circa il 30 per cento, sui fondi per il reclutamento (articolo 61) nonché i riflessi che le norme generali per la pubblica amministrazione, relative alla razionalizzazione e alle nuove modalità di verifica più penetranti sulle spese, potranno comportare, in particolare, anche sull'Amministrazione della difesa.
Importante, infine, la previsione dell'articolo17 nel quale si specifica che il Ministero della difesa dovrà individuare e trasferire al Demanio, in scadenze successive indicate dalla norma, la titolarità di beni immobili ai fini della dismissione e della valorizzazione per un valore di due miliardi entro il 2007 e ulteriori due miliardi entro la fine del 2008.
I lavori della Commissione bilancio. I lavori della Commissione bilancio hanno consentito di esaminare solo 11 articoli su 217 mentre 38 sono state le modifiche apportate al testo. Di fatto abbiamo impiegato quasi un intera nottata per approvare un solo emendamento che destinava 14 milioni di euro ai nostri connazionali residenti all'estero. Come sapete gli interventi in Commissione sono solo parzialmente regolamentati. Si è affermato, non senza qualche ragione, che alcune delle cause della poca produttività del lavoro della Commissione sono da fare risalire ai ritardi, ai ripensamenti, all'inefficacia del filtro dell'Esecutivo nei confronti delle numerose sollecitazioni tipiche della sessione di bilancio. Ma mi permetto di osservare come non si è potuto nemmeno affrontare alcuni grandi capitoli pronti - nel senso che erano stati depositati i relativi emendamenti governativi - quali la riforma dell'Irpef e le modifiche da apportare alle norme sul TFR.
Faccio rilevare come negli anni scorsi, il Governo precedente presentava emendamenti marginali in Commissione per poi riscrivere quasi daccapo la finanziaria con i maxiemendamenti in Aula. Ora, dobbiamo dare atto al Governo di avere depositato già in Commissione emendamenti importanti e significativi come quelli relativi all'articolo 53 sui tagli alle spese dei ministeri, sul TFR, sull'Irpef, sul Patto di stabilità interno, sui contratti del pubblico impiego.
Il testo della finanziaria di questo anno è particolarmente corposo con ben 217 articoli. Rilevo però che quando si presentano 7mila emendamenti, di cui 4mila dell'opposizione e tremila da parte dei gruppi della maggioranza, è ben difficile poi ottenere un iter ordinato e minimamente approfondito delle proposte di modifica. Anche il numero degli emendamenti segnalati per l'esame in Commissione dai vari Gruppi ha raggiunto la cifra di ben 900 proposte emendative.Pag. 177
Con questi numeri mai raggiunti in precedenza (salvo che in una sessione degli anni '90 nella quale un solo deputato presentò 120mila emendamenti) i difetti delle regole che governano la sessione di bilancio, rilevati da più parti negli anni scorsi, si sono trasformati in patologie.
Più che rimpallarsi le responsabilità, che pur ci sono, tra Governo e Parlamento, tra opposizione e maggioranza, servirebbe un impegno comune per avviare da gennaio in poi e con una certa urgenza una modifica condivisa della sessione di bilancio. È, io credo, un interesse di tutte le parti. So bene che i tentativi anche nel recente passato non sono mancati. Segnalo soltanto che abbiamo raggiunto un punto critico di non ritorno che rischia di vanificare nei fatti una corretta dialettica su questo terreno tra Esecutivo e Parlamento. Non è un caso che il Governo di centrodestra nella scorsa legislatura, pur godendo di una confortevole maggioranza, abbia ricorso alla fiducia per approvare le ultime finanziarie relative al 2004, al 2005 ed al 2006.
In conclusioni, la manovra di finanza pubblica per il 2007 propone una vera e propria svolta per la vita economica e sociale del paese attraverso: il risanamento dei nostri conti pubblici, risanamento che sarà strutturale, crescente nel tempo, definitivo, i nostri conti usciranno da una zona di pericolo; uno spostamento della spesa pubblica dal mantenimento di apparati amministrativi pesanti a programmi di sviluppo; una redistribuzione più equa del reddito e della pressione fiscale complessiva attraverso modifiche al sistema fiscale e parafiscale come avvio di un processo che definirà un minore carico sulle imprese e sui redditi più bassi; l'avvio di riforme profonde sul terreno del federalismo fiscale, della sanità, della previdenza, della PA e dello Stato sociale.
Tutti, partiti di maggioranza e di opposizione, rappresentanti delle forze produttive e sociali, siamo chiamati a dare al nostro paese risposte al di sopra di particolarismi e corporativismi esasperati.
Nel disegno di legge finanziaria che ci accingiamo a discutere non c'è soltanto il grande e difficile sforzo compiuto ai fini del risanamento. C'è un disegno, c'è una strategia di lungo periodo.
È qualcosa a cui non eravamo più avvezzi da qualche anno, ma contempla la parte più «alta» della politica: si insegue spesso il consenso immediato, altrettanto spesso a scapito degli interessi del Paese e del suo futuro.
La dignità di una classe politica risiede nella sua lungimiranza, nella sua capacità di compiere scelte improrogabili per la salvaguardia del paese e in nome di frutti futuri.
INTERVENTI DEI DEPUTATI SALVATORE IACOMINO E LUCA BELLOTTI IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 1746-BIS E N. 1747
SALVATORE IACOMINO. «Caro Presidente, vi siete imbarcato in uno sforzo duplice, di ripresa e di riforma: ripresa dalla crisi e varo di quelle iniziative e riforme sociali che sono attese da troppo tempo. Per il primo compito velocità e rapidi risultati sono essenziali. Anche il secondo compito può essere urgente: ma la fretta sarebbe nociva ed è più importante la saggezza dei propositi a lungo termine che il conseguimento di risultati immediati. Sarà il successo nel realizzare la ripresa in tempi brevi che farà crescere il prestigio della Vostra amministrazione e che Vi darà così la forza necessaria per portare a termine riforme di ampio respiro.
D'altro canto anche sagge e necessarie riforme possono, in qualche modo, impedire e complicare la ripresa. Infatti turberanno la fiducia nel mondo degli affari e indeboliranno gli attuali stimoli all'azione prima che Voi abbiate avuto il tempo di mettere a loro posto nuove motivazioni. Esse possono anche rendere troppo gravoso il compito della VostraPag. 178macchina burocratica, che il tradizionale individualismo ... e il vecchio spoyls system non hanno per nulla rafforzato. E le stesse riforme confonderanno le idee e i propositi Vostri e della Vostra amministrazione, mettendo da subito troppa carne a fuoco».
Il passo richiamato descrive con estrema concisione la difficile situazione che attraversa il nostro Governo nell'attuale congiuntura politica ed economica, stretto come è, dallo sforzo di coniugare rigore dei conti pubblici, crescita economica ed equità sociale. Non deve sorprendere che il cronista d'eccezione, estensore delle brevi note citate, risponda al nome di John Maynard Keynes che così si esprimeva in una «Lettera a Roosevelt» pubblicata sul The New York Times del 31 dicembre 1933. Non deve stupire che gli sforzi a cui siamo stati chiamati dal corpo elettorale ed i connessi rischi che dobbiamo correre per il perseguimento degli interessi del paese trovi una così puntuale coincidenza con la fase storica del New Deal, anzi ciò ci deve rendere consapevoli delle difficoltà cui andremo incontro nel processo di risanamento avviato con la legge finanziaria, ma al tempo stesso responsabilmente orgogliosi del fatto che i nostri cittadini abbiano ritenuto opportuno affidare a noi il difficile compito di affrontare una congiuntura tanto sfavorevole che una corretta amministrazione, frutto di una rigorosa ed equa manovra finanziaria, potrà trasformare in una nuova fase di riforme della politica economica e sociale simile, per i sacrifici che richiede e le prospettive che lascia intravedere, a quella che è passata alla storia con il termine di New Deal.
Il Governo, nato nel maggio scorso, ha ereditato una situazione di grave squilibrio dei conti pubblici certificata dall' avanzo primario, passato dal 6,6 per cento del Pil del 1997 allo 0,4 per cento del 2005, dall'indebitamento netto, salito nel 2005 al 4,1 per cento del Pil, e dal debito pubblico che, in rapporto al Pil e dopo un decennio di continua discesa, è tornato ad aumentare nel 2005, per assestarsi al 106,6 per cento del Pil, un valore superiore a quello di tutti i paesi dell'Unione Europea.
Ma al di là del preoccupante deterioramento dei saldi, come ha ricordato il ministro Padoa Schioppa, nell'ultimo quinquennio è anche accaduto che i conti pubblici siano divenuti più difficili da risanare, sia per la crescita a ritmi non sostenibili della componente più rigida e strutturale della spesa e sia per il prosciugamento delle risorse per molte funzioni pubbliche essenziali, quali le spese in conto capitale, i finanziamenti per le infrastrutture, le reti ferroviarie e stradali, gli investimenti in ricerca e sviluppo. Era richiesto al paese uno sforzo straordinario per rimediare al disordine dei conti pubblici, alla bassa crescita ed alle condizioni economiche sempre più diseguali dei cittadini cui il Governo, responsabilmente, non si è sottratto predisponendo una manovra finanziaria che, per finalità e dimensioni, si colloca tra le maggiori degli ultimi lustri.
L'importo complessivo della manovra di finanza pubblica per il 2007, includendo oltre la legge finanziaria il decreto-legge collegato ed il disegno di legge delega in materia di tributi statali, dovrebbe ammontare a circa 40 miliardi di Euro, pari a circa il 2,6 per cento del Pil, destinati per 20,15 miliardi di Euro, corrispondenti all'1,33 per cento del Pil, a misure di carattere espansivo o comunque oneroso volte al finanziamento di spese non eludibili, il rinnovo dei contratti del pubblico impiego per esempio, ed alla realizzazione di interventi di sviluppo o di carattere sociale e per 19,9 miliardi di Euro, corrispondenti all'1,3 per cento del Pil, alla correzione dei conti pubblici per garantire il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica di cui 5,3 miliardi (0,35 per cento del Pil) per la copertura delle minori entrate derivanti dalla recente sentenza della Corte di giustizia europea sulla detraibilità dell'Iva sugli autoveicoli e 14,6 miliardi, pari a circa 1'1 per cento del Pil, per la correzione necessaria a ricondurre il disavanzo tendenziale agli obiettivi indicati nel Documento di programmazione economico-finanziaria.Pag. 179
Gli effetti finanziari della sola manovra di bilancio 2007 si possono riassumere, da nostre elaborazioni dall'apposito dossier predisposto dal Servizio studi della Camera, in maggiori entrate fiscali per 5.377 milioni di Euro, maggiori entrate previdenziali per 10.378 milioni, maggiori entrate dal comparto sanitario per 1.401 milioni, altre maggiori entrate per 85 milioni, minori spese correnti per 10.029 milioni, minori spese in conto capitale per 1.474 milioni, maggiori entrate e risparmi di spesa da tabelle della legge finanziaria per 390 milioni, per complessivi 29.134 milioni di Euro di maggiori entrate e contenimenti di spese, a fronte di minori entrate fiscali per 3.711 milioni di Euro, minori entrate previdenziali per 683 milioni, minori entrate del settore sanitario per 1.290 milioni, maggiori spese correnti per 7.379 milioni, maggiori spese in conto capitale per 4.157 milioni, minori entrate e maggiori spese da tabelle della legge finanziaria per 2.550 milioni, per complessivi 19.769 milioni di Euro di minori entrate e maggiori spese. L'effetto netto delle maggiori e minori entrate e delle minori e maggiori spese previste della legge finanziaria risulta, quindi, di 9.365 milioni di Euro.
Le maggiori entrate fiscali, 5.377 milioni di Euro, sono principalmente imputabili alla revisione ed aggiornamento degli studi di settore per 3.288 milioni, alle disposizioni in materia di valorizzazione del patrimonio pubblico per 500 milioni, alla modifica delle tariffe delle tasse automobilistiche per 452 milioni, alla riforma della disciplina dell'Irpef per 303 milioni, alla modifica della disciplina sulle ritenute sui corrispettivi dovuti dal condominio all'appaltatore per 110 milioni ed all'aumento della tassazione sui tabacchi per 100 milioni.
Le maggiori entrate previdenziali, 10.378 milioni di Euro, dovrebbero derivare, sostanzialmente, per 5.017 milioni, dall'istituzione di un Fondo, gestito dall'Inps, per l'erogazione del trattamento di fine rapporto lavoro e, per 4.247 milioni, dall'incremento delle aliquote contributive per i lavoratori e gli artigiani da considerare come pagamento a fronte di una prestazione pensionistica futura, piuttosto che come un' ulteriore tassa.
Le maggiori entrate per il comparto sanitario, 1.401 milioni di Euro, sono esclusivamente attribuibili alla proroga del meccanismo di incremento automatico delle aliquote.
L'insieme degli interventi contenuti nella legge finanziaria sul versante delle entrate ribadisce che la lotta all'evasione ed all'elusione fiscale e previdenziale costituisce una priorità dell'azione di governo. Le stime più recenti dell'economia informale indicano in una percentuale intorno al 15 per cento del prodotto interno lordo il valore aggiunto del sommerso che sfugge all'erario. Si tratta di circa 200 miliardi di Euro di cui circa 100 miliardi derivano dall'utilizzo di lavoro non regolare e più di 93 miliardi dalla sottodichiarazione di fatturato conseguito con occupazione regolare. In termini di imposte e contributi evasi siamo nell'ordine del sei, sette per cento del Pil, quasi l'equivalente della spesa sanitaria nazionale. Il contrasto all'evasione comporta la messa in atto di una strategia generale di controlli ed accertamenti che, per le piccole imprese ed i lavoratori autonomi, è stata incentrata su strumenti indiretti di definizione delle basi imponibili quali possono essere gli studi di settore. La legge finanziaria interviene su diversi aspetti degli studi di settore in modo da renderli più aderenti alla realtà economica a cui si riferiscono e, soprattutto, più efficaci nel recupero di gettito quantificato, per il 2007, in più di tre miliardi di Euro.
Le minori spese correnti, previste in 10.029 milioni di Euro, discendono, tra l'altro, dall'applicazione del Patto di stabilità interno per regioni, 1.760 milioni, province, 378 milioni e comuni 2.242 milioni, dall'adozione di misure strutturali per il contenimento delle spese sanitarie, 944 milioni, dalle misure di contenimento della spesa farmaceutica, 800 milioni, dall'abbattimento delle tariffe per le prestazioni automatizzabili, 226 milioni, nonchéPag. 180da misure di razionalizzazione della pubblica amministrazione, 2.329 milioni e del pubblico impiego, 348 milioni.
Le riduzioni di spesa necessarie a procurare risorse per finanziare il risanamento del bilancio e gli investimenti destinati allo sviluppo sono sempre molto complesse e controverse perché la spesa corrente del nostro paese è già ai livelli tra i più bassi dei principali partner europei. La spesa primaria in Italia rappresenta il 39,9 per cento del Pil, contro il 41,2 per cento della Germania ed il 46 per cento della Francia senza considerare gli oneri sul debito pubblico che, essendo nettamente maggiori che in tutti gli altri paesi dell'Unione, condurrebbero ad una spesa primaria al netto degli interessi ancora più bassa di quella tedesca e francese. In tale situazione risulta oltremodo complesso reperire le risorse incidendo ulteriormente sulla spesa per cui, a meno di non immaginare una drastica politica deflativa, risulta necessario agire, ai fini di una manovra bilanciata, anche sul versante delle entrate. Ciò non significa abbassare la guardia nella lotta contro gli sprechi della spesa pubblica, ma solo contrastare la semplicità dei vuoti proclami degli strenui assertori della riduzione della spesa pubblica senza alcuna altra qualificazione.
Le minori spese in conto capitale, previste in 1.474 milioni di Euro, sono ascrivibili, per 1.210 milioni, alle misure di razionalizzazione della pubblica amministrazione.
Le minori entrate fiscali, 3.711 milioni di Euro, sarebbero imputabili soprattutto alla riduzione del cosiddetto cuneo fiscale, con particolari agevolazioni per i lavoratori del Mezzogiorno e le donne lavoratrici per 2.450 milioni ed a diverse proroghe di agevolazioni fiscali, anche per il settore agricolo, per 1.125 milioni.
Le minori entrate previdenziali, 683 milioni di Euro, dovrebbero scaturire soprattutto dalla riduzione dei premi Inail per l'autotrasporto per l'importo di 120 milioni, mentre le minori entrate del comparto sanitario, 1.290 milioni di Euro, riguardano esclusivamente minori interventi correttivi per il controllo della spesa sanitaria.
Le maggiori spese correnti, 7.379 milioni di Euro, derivano, in buona parte, dai rinnovi contrattuali del pubblico impiego per 1.070 milioni, dalla rideterminazione dei livelli dell'assegno familiare per 1.400 milioni, dal finanziamento delle missioni militari di pace per 1.000 milioni, da interventi per l'autotrasporto per 520 milioni, dall'integrazione del Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese pubbliche (Anas Spa, Enav, Poste Italiane Spa e Ferrovie dello Stato Spa) per 500 milioni, dall'istituzione di un Fondo per il funzionamento dello strumento militare per 400 milioni, dalla proroga dell'aumento del trattamento di disoccupazione ordinaria per 320 milioni, dall'aumento delle dotazioni finanziarie delle Agenzie fiscali per 200 milioni, dall'istituzione di un Fondo per le esigenze connesse all'acquisizione di beni e servizi del Ministero della giustizia per 200 milioni, dalla destinazione all'Anas del nuovo sovrapprezzo istituito sulle tariffe di pedaggio di tutte le autostrade per 150 milioni ed, infine, dall'incremento del Fondo per l'estinzione dei debiti pregressi contratti dalle amministrazioni centrali dello Stato per 100 milioni.
Le maggiori spese in conto capitale, 4.157 milioni di Euro, derivano, in massima parte, dalle misure di razionalizzazione della pubblica amministrazione per 300 milioni, da investimenti in favore di Ferrovie dello Stato Spa per 2.400 milioni, dall'esclusione dalla cosiddetta regola del 2 per cento delle spese degli enti pubblici non territoriali relative a progetti cofinanziati dall'Unione europea per 550 milioni, dall'istituzione del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica per 150 milioni, dall'istituzione del Fondo per la competitività e lo sviluppo per 100 milioni, dall'inapplicabilità alle autorità portuali della cosiddetta regola del 2 per cento per 100 milioni ed, infine, dall'istituzione di un Fondo per l'acquisto di veicoli adibiti al trasporto pubblico locale per 100 milioni.Pag. 181
Gli interventi relativi al Fondo per la competitività e per lo sviluppo, al Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica, al Fondo per i trasferimenti correnti alle imprese pubbliche, all'autotrasporto ed alle Ferrovie dello Stato, insieme ai finanziamenti previsti dall'intera tabella D della legge finanziaria, per un totale complessivo di circa 5 miliardi di Euro, sono finanziati a valere sulle risorse del Fondo trattamento fine rapporto gestito dall'Inps e nei limiti delle risorse affluite al Fondo medesimo. Tali risorse potranno essere utilizzate solo subordinatamente alla decisione da parte di Eurostat sul trattamento contabile del Fondo e solo in caso di riconoscimento della compatibilità della relativa disciplina con gli impegni assunti dall'Italia in sede europea.
La sommaria esposizione dei molteplici effetti finanziari della manovra rende solo parzialmente conto della sua complessità e delle finalità che sottendono ad alcune scelte, risultate anche alquanto impopolari, e la cui adozione si è resa necessaria per la precaria situazione dei conti pubblici del nostro paese.
In tale difficile contesto si è cercato, comunque, di adottare misure di redistribuzione del reddito nella consapevolezza che l'obiettivo dell'equità non può essere perseguito solo con la lotta all'evasione, ma anche con interventi mirati sulle imposte dirette al fine di migliorare la progressività del sistema fiscale nel suo complesso. In particolare l'intervento del centrosinistra sull'Irpef e sugli assegni familiari corregge il cosiddetto secondo modulo di riforma varato dal centrodestra. Cambiano le aliquote di imposta e gli scaglioni di reddito, crescono i risparmi di imposta mediante detrazioni sia per la produzione del reddito sia per i carichi di famiglia ed aumentano anche gli assegni familiari. Il risultato di queste tre operazioni messe insieme (scaglioni, riduzioni di imposta ed assegni) lascia invariata una parte dei benefici del secondo modulo per i redditi più alti, ma fa crescere il denaro disponibile per i redditi medi e bassi, recuperando risorse per sostenere i bilanci delle famiglie, specie di quelle con figli a carico. Vengono in particolare sostenuti i redditi dei lavoratori dipendenti e autonomi e quelli dei pensionati e, di conseguenza, anche la capacità di spesa della maggior parte delle famiglie italiane. In questo modo si ottengono più equità, una maggiore capacità di spesa e di consumo, a cominciare da quelli primari, e, dunque, anche una spinta espansiva per l'economia. Nel complesso, la riforma ridistribuisce le risorse impegnate dal centrodestra con il secondo modulo e riduce il peso complessivo dell'Irpef sulle famiglie di altri 600 milioni circa di Euro. Le deduzioni da lavoro e pensione sono trasformate in detrazioni d'imposta ed elevate. Il reddito su cui non c'è prelievo (no tax area) sale per i pensionati da 7.000 a 7.500 Euro, allineandosi al livello attuale dei dipendenti per i quali, se si tiene conto delle maggiori spese per il lavoro, si arriva a 8.000 Euro, mentre per i lavoratori autonomi il minimo imponibile è aumentato da 4.500 a 4.800 Euro. Il ridisegno di aliquote e scaglioni riduce l'imposta dovuta per oltre il 90 per cento dei contribuenti che vivono con meno di 40.000 Euro di reddito lordo annuo. Il sostegno ai redditi alle famiglie avviene mediante le deduzioni per carichi familiari, trasformate in detrazioni di imposta uguali per tutti ed aumentate in misura consistente, e gli assegni al nucleo familiare per i dipendenti ed i parasubordinati, aumentati e riformati in modo da eliminare gli attuali scaglioni che determinano drastiche riduzioni dell'assegno anche per un piccolo aumento della retribuzione («trappola della povertà»).
Nel campo dei provvedimenti sulla redistribuzione del reddito e sull'equità sociale un dovuto richiamo meritano gli interventi a sostegno della famiglia attuati mediante gli stanziamenti al Fondo delle politiche per la famiglia, al piano degli asili nido ed al Fondo per la non autosufficienza cui si accompagnano detrazioni fiscali per il canone di locazione per gli studenti universitari fuori sede e detrazioni d'imposta per l'iscrizione dei minori nelle palestre. Sono previste, inoltre, misure per la tutela della maternità e per l'assunzione delle donne al Sud, per ilPag. 182reinserimento lavorativo, per la stabilizzazione dei lavoratori precari e per l'inclusione degli immigrati, cui vanno ad aggiungersi specifici provvedimenti per la tutela dei diritti umani, contro la violenza sulle donne e la discriminazione per orientamento sessuale, nonché per le pari opportunità ed uguaglianza tra uomini e donne.
Non sono trascurati i giovani che vedono incrementate le risorse del Fondo nazionale per le politiche giovanili e la deduzione forfetaria delle spese sostenute nella produzione dei redditi derivanti dalla utilizzazione economica di opere dell'ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico. Nell'ambito della legislazione economica sociale, ricordava Luigi Einaudi, « l'intervento dello Stato opera nel senso di cercare di avvicinare, entro i limiti del possibile, i punti di partenza e si sviluppa secondo due linee: una è quella dell'abbassamento delle punte; l'altra quella dell'innalzamento dal basso (...) L'abbassamento delle punte per mezzo delle imposte richiede un assai elevato senso civico ed un uso delle imposte che vada veramente a vantaggio della collettività (...) Le imposte allora sono vantaggiose alla collettività quando le minoranze, che soprattutto sono chiamate a pagarle, sanno che non l'odio e l'invidia le hanno determinate, ma il vantaggio pubblico del raggiungimento di fini universalmente reputati buoni (...) Dopo l'abbassamento delle punte che si ottiene soprattutto con un efficace e nel tempo stesso stimolante uso delle imposte, c'è l'innalzamento dal basso (...) Si tratta di giungere per vie diverse ed adatte a far sì che ogni uomo in una società sana disponga di un certo minimo di reddito».
La manovra è andata proprio nella direzione dell'abbassamento delle punte e dell'innalzamento dal basso come suggeriva Einaudi. Le scelte sono state compiute, infatti, nella consapevolezza di operare una redistribuzione del reddito nell'ottica dell'equità ritenendo non giusto imporre ulteriori limitazioni, oltre quelle accettate quotidianamente, a chi stenta a fine mese né ai 7.475.636 cittadini con una pensione fino a 500 Euro mensili, per un importo medio annuo corrisposto di 3.986 Euro, o ai 5.869.735 cittadini con una pensione fino a 1.000 Euro mensili, per un importo medio annuo corrisposto di 8.304 Euro. Perché, piaccia o non piaccia, questa è la realtà dell'universo delle pensioni italiane: il 73,8 per cento delle indennità erogate non supera i mille Euro mensili e solo il restante 26,2 per cento supera i mille Euro mensili. Tre pensioni su quattro sono a livello di semplice sussistenza per cui quando, a proposito e a sproposito, si parla di pensioni non si dovrebbe discettare solo dell'innalzamento dell'età pensionabile, ma anche del livello miserevole delle indennità erogate.
La finanziaria comunque, e sempre nell'ottica dell'equità, ha agito anche sulle pensioni più elevate introducendo un contributo triennale di solidarietà nella misura del 3 per cento a carico dei trattamenti pensionistici i cui importi risultino complessivamente superiori a 5.000 Euro mensili.
Accanto all'obiettivo dell'equità, lo sviluppo e la crescita dell'economia sono al centro delle politiche che il Governo propone con la manovra. Il primo grande segnale, come indicato nel programma dell'Unione, consiste nella riduzione di cinque punti del cuneo fiscale e contributivo che, come è noto, rappresenta la differenza tra il costo del lavoro che l'impresa sostiene e l'importo che il lavoratore riceve in busta paga. La riduzione delle tasse del lavoro sarà del 40 per cento a favore dei lavoratori e del 60 per cento a favore delle sole imprese che hanno alle proprie dipendenze lavoratori stabili o che si impegnino a stabilizzarli. Dal punto di vista delle imprese, l'intervento consiste in una deduzione di parte di costo del lavoro dalla base imponibile Irap. In particolare, vengono dedotti tutti gli oneri sociali - contribuzione a carico del datore e del lavoratore - corrispondenti ai soli lavoratori dipendenti a tempo indeterminato e per ciascuno di questi lavoratori è dedotta anche una somma fissa, su base annua, diPag. 1835.000 Euro per le imprese del Centro - nord e di 10.000 Euro per le imprese del Sud, con una ulteriore deduzione per gli incrementi occupazionali relativi a lavoratrici donne assunte nel Mezzogiorno. Dall'agevolazione sono escluse le banche, gli altri enti finanziari ed altre imprese in concessione.
Ma gli interventi a favore dello sviluppo e della crescita non si limitano alla riduzione del cuneo. In materia di lavoro sono previsti interventi volti a stabilizzare i rapporti di lavoro, per favorirne la piena trasformazione da co.co.co e co.co.pro. in lavoro subordinato mediante accordi aziendali ovvero territoriali, tra datore di lavoro (committente) ed organizzazioni sindacali, fino al 30 aprile 2007. La norma introduce un percorso consensuale di stabilizzazione dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto. Favorisce, dunque, i giovani e contribuisce al contrasto della precarietà, agendo sulle convenienze offerte dall'ordinamento, in sinergia con le altre misure varate in materia di occupazione stabile.
La finanziaria, in una molteplicità di interventi, delinea una vera e propria strategia volta a favorire l'emersione del lavoro nero, prevede interventi in materia di ammortizzatori sociali e misure di sostegno all'apparato produttivo mantenendo anche l'attuale livello dell'indennità di disoccupazione.
È prevista l'istituzione - presso la Tesoreria dello Stato - del Fondo per l'erogazione dei trattamenti di fine rapporto gestito dall'Inps, in cui far confluire, dal 1 gennaio 2007, il 50 per cento delle liquidazioni maturande non destinate a previdenza complementare. Le risorse del Fondo saranno utilizzate, oltre che in funzione della stabilizzazione dei conti pubblici, anche per interventi di sviluppo economico e di finanziamento di infrastrutture. Sono, inoltre, stabilite compensazioni, da garantire alle imprese per il versamento di quote del trattamento di fine rapporto, che consistono nell'esonero dal pagamento dei contributi sociali, a cominciare da quelli per assegni familiari, maternità e disoccupazione, per gli anni 2008 e 2009.
La manovra prevede l'incremento dell'aliquota contributiva per i parasubordinati per migliorare il trattamento pensionistico, fissandola nella misura del 23 per cento per coloro che non siano iscritti ad altre forme di previdenza o non siano pensionati e dispone la corresponsione di un'indennità di malattia a carico dell'Inps entro il limite di 20 giorni nell'anno solare ed un trattamento economico per congedo parentale. È prevista la rideterminazione al 10 per cento della contribuzione ai fini previdenziali dovuta dai datori di lavoro per gli apprendisti artigiani e non artigiani, nonché l'estensione ai lavoratori assunti con contratto di apprendistato delle disposizioni in materia di indennità giornaliera di malattia, secondo la disciplina generale prevista per i lavoratori subordinati.
Il Mezzogiorno è al centro di una nuova iniziativa di rilancio degli investimenti e dell'occupazione. Alle imprese che effettuano acquisti di beni strumentali nuovi relativi a macchinari, impianti ed attrezzature varie destinati a strutture produttive già esistenti o di nuova costituzione ubicate nelle aree delle Regioni Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Basilicata, Sardegna, Abruzzo e Molise è attribuito un credito di imposta commisurato alla quota del costo complessivo dei beni eccedente gli ammortamenti dedotti nel periodo di imposta relativi alle stesse categorie di beni d' investimento della stessa struttura produttiva. La misura del credito d'imposta oscilla, a seconda della dimensione dell'impresa e della sua ubicazione, dal 15 per cento al 50 per cento del valore netto degli investimenti realizzati.
Il credito d'imposta è riconosciuto per gli acquisti effettuati a partire dal periodo d'imposta che inizia a decorrere dal 1 gennaio 2007 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso alla data del 31 dicembre 2013. La stabilizzazione del credito d'imposta consente alle imprese di disporre, nella fase di decisione degli investimenti, di maggiori e stabili certezze inPag. 184materia di utilizzo dei benefici fiscali. Tale misura, associata alla riduzione del cuneo fiscale, contribuirà a rendere più solido e competitivo, anche sui mercati internazionali, il sistema produttivo meridionale.
Per il Mezzogiorno è garantita, per la prima volta, la copertura finanziaria per un arco di sette anni, rispetto agli attuali tre, al Fondo per le aree sottoutilizzate, consentendo di coordinare la programmazione nazionale con quella comunitaria, definita nel nuovo Quadro strategico nazionale. Le risorse ammontano a circa centoventi miliardi di Euro nel settennio, di cui 63 a carico dei fondi nazionali e circa 55 a carico dei programmi cofinanziati UE. Le Amministrazioni che beneficeranno delle risorse potranno impegnare, fin dal 2007, tutti gli importi loro assegnati, programmando gli interventi per l'arco dei sette anni. Gli interventi finanziari saranno concentrati sulle priorità necessarie allo sviluppo del Mezzogiorno, puntando su infrastrutture, ricerca, competitività, scuola, conoscenze e sicurezza, a tutto vantaggio della qualità della vita delle persone e della competitività delle imprese. L'intervento consentirà di coordinare la programmazione nazionale con quella dei programmi comunitari: avere come parametro sette e non più tre anni significa dare certezza e stabilità alla programmazione, fare riferimento su una massa di risorse più ampia e finanziare progetti di sviluppo a medio e lungo termine.
La finanziaria prevede, con uno stanziamento, nella prima fase di applicazione, di cento milioni di Euro nel prossimo triennio, la sperimentazione di misure riservate alle aree metropolitane meridionali, con particolare riferimento alla Campania, caratterizzate da forte degrado socio - economico (cosiddette zone franche urbane). In tali aree potranno essere concesse esenzioni fiscali e contributive per la nascita ed il consolidamento di piccole e medie imprese e realizzati interventi di recupero urbano.
La manovra, infine, destina a Calabria e Sicilia, in aggiunta a quanto già previsto, le risorse originariamente attribuite alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, per completare nell'immediato interventi infrastrutturali essenziali per il loro sviluppo.
Le risorse messe a disposizione per il Servizio sanitario nazionale ammontano a 97 miliardi di Euro, 5,8 in più rispetto all'anno in corso, a cui vanno sommate le risorse regionali previste per giungere ad un importo complessivo di 101,3 miliardi di Euro. La manovra destina tre miliardi di Euro in più agli investimenti volti all'ammodernamento degli ospedali ed all'apertura di nuovi servizi sanitari, con particolare attenzione ad apparecchiature di radiodiagnostica e radioterapia, con priorità al Sud, a strutture residenziali per malati terminali, a strutture per assistenza odontoiatrica pubblica, all'istituzione di nuove unità spinali in aree sprovviste, all'incremento degli screening oncologici ed a iniziative per la salute della donna. Con la finanziaria salgono a 349,5 milioni di Euro i fondi per la ricerca medica e sanitaria con un aumento netto di 80 milioni di Euro rispetto al 2006. Sono previsti interventi di razionalizzazione della spesa e di miglioramento dell'efficienza di Asl ed ospedali con un risparmio di tre miliardi di Euro. Gli interventi individuati riguardano la riduzione dei farmaci in fascia A, la riduzione dei prezzi dei dispositivi medici (provette, siringhe, valvole cardiache, etc.), attraverso aste pubbliche di acquisto con prezzi calmierati a pari qualità, nonché la riduzione delle tariffe dei laboratori di analisi con relativi benefici a favore dei cittadini.
La finanziaria prevede l'innalzamento dei ticket per le prestazioni specialistiche per 811 milioni di Euro e l'introduzione dei ticket per il pronto soccorso per 101 milioni di Euro. Si è introdotta, in tal modo, una tassa iniqua ed odiosa che, sotto la motivazione di una maggiore responsabilizzazione dei cittadini alla spesa sanitaria, ha di fatto colpito i ceti più deboli e bisognosi. Si invita, a tal proposito, il Governo a recepire proposte e rimodulazioni delle entrate e delle spese sanitarie nella direzione degli emendamenti già formulati dal partito della RifondazionePag. 185comunista. Nel comparto scuola la finanziaria prevede l'assunzione di 150 mila nuovi docenti e 20 mila Ata (Amministrativi, tecnici ed ausiliari), in tre anni dal 2007 al 2010, nonché il blocco delle graduatorie permanenti dal 1 gennaio 2010 e l'attivazione di nuove regole di reclutamento del personale docente per evitare la formazione di nuovo precariato.
La scuola è stata oggetto di particolare attenzione da parte del Governo che ha previsto risorse aggiuntive per l'edilizia e per le autonomie scolastiche; l'innalzamento a sedici anni dell'obbligo scolastico e l'istituzione di un biennio unitario con il conseguente innalzamento dell'età per l'accesso al mondo del lavoro dai quindici ai sedici anni; la riorganizzazione e razionalizzazione di diciannove enti di servizio da cui nascerà l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica; l'inserimento dell'educazione degli adulti nell'Ordinamento nazionale dell'istruzione mediante il rafforzamento e la qualificazione dell'offerta per il recupero scolastico degli adulti, l'alfebetizzazione degli stranieri e lo sviluppo della formazione lungo tutto l'arco della vita; il noleggio e l'estensione delle agevolazioni sull'acquisto dei libri di testo per le scuole medie inferiori anche al biennio delle superiori; l'istituzione delle classi primavera dedicate ai bambini fra i due ed i tre anni; il progressivo superamento dell'astratto parametro di un insegnante di sostegno ogni 138 studenti non diversamente abili con l'individuazione del numero degli studenti diversamente abili aventi effettivo diritto; lo stanziamento di 30 milioni di Euro l'anno a servizio degli studenti; la defiscalizzazione di mille euro per tutti gli insegnanti, anche quelli con incarico per un anno, per l'acquisto di personal computer; il ripristino del Fondo per le scuole paritarie, nonchè la riorganizzazione dell'istruzione e formazione tecnica superiore per favorire un'offerta formativa post-diploma ad alta specializzazione, alternativa al percorso universitario, la cui promozione dovrà valorizzare la cultura tecnico-scientifica. In materia di Università la finanziaria prevede il blocco delle Università telematiche, il blocco della proliferazione universitaria e delle convenzioni per cui non si potranno convalidare più di sessanta crediti per una laurea triennale per il progetto Laureare l'esperienza. Gli studenti fuori sede potranno ricevere un credito di imposta, nella misura massima di 2.633 Euro annui, per l'affitto di una casa se la sede universitaria prescelta dista almeno cento chilometri dal luogo di residenza. I professori universitari potranno beneficiare, per l'acquisto di un personal computer, di un credito di imposta fino a mille euro, vedranno invariato l'incremento automatico annuale mentre, nell'ambito del contenimento della spesa per la dirigenza statale, subiranno una riduzione del 50 per cento dei loro incrementi automatici biennali. La finanziaria prevede 20 milioni di Euro, 10 milioni per l'edilizia e 10 milioni per il funzionamento, per le accademie di belle arti ed i conservatori, nonché 147 milioni di Euro per l'edilizia universitaria e le residenze studentesche.
In materia di ricerca la finanziaria prevede la costituzione dell'Agenzia nazionale della valutazione università e ricerca; lo stanziamento di 300 milioni di Euro l'anno per tre anni per un credito di imposta fino al 10 per cento, elevabile al 15 per cento per i contratti stipulati con Università ed Enti pubblici di ricerca, dei costi, fino a 15 milioni di Euro l'anno, sostenuti dalle imprese che investono in ricerca; il Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica che riunisce in un unico fondo quelli preesistenti presso il Ministero; l'assunzione di ricercatori nel limite dell'80 per cento del budget delle entrate correnti complessive degli enti di ricerca; la stabilizzazione del personale precario nel limite del 40 per cento del turn over; l'assunzione nelle università e negli enti di ricerca, per i prossimi tre anni, di personale senza alcun limite di qualifica sul 100 per cento del turn over sull'anno precedente, nonché un piano straordinario triennale di assunzioni di ricercatori, stimate in 2.000 unità, perPag. 186un impiego di risorse, nel triennio, di 140 milioni di Euro con concorso da indire entro il mese di marzo 2007.
In chiusura mi sia consentito il richiamo ad un grande poeta italiano.
Giacomo Leopardi, nel mai abbastanza citato «Discorso sopra lo stato presente dei costumi degli italiani», lamenta, a più riprese, che la mancanza di quella società a significazione più ristretta, come egli definiva le elite, la classe dirigente, ha privato il nostro paese, a differenza delle altre nazioni civili, di alcun fondamento alla morale pubblica e privata per cui « gli italiani hanno piuttosto usanze e abitudini che costumi (...) usanze e abitudini seguite piuttosto per sola assuefazione che per ispirito alcuno o nazionale (...) perché lo spirito pubblico in Italia è tale che (...) lascia a ciascuno quasi intera libertà di condursi in tutto il resto come gli aggrada, senza che il pubblico se ne impacci, o impacciandosene sia molto atteso, né se ne impacci mai in modo da dar molta briga e da far considerare il suo piacere o dispiacere, approvazione o disapprovazione. Gli usi e costumi in Italia si riducono generalmente a questo, che ciascuno segua l'uso e il costume proprio, qual che egli si sia». Dalle amare parole del nostro Poeta emerge un paese, a differenza di altre nazioni civili, senza una classe dirigente all'altezza dei propri compiti cui si accompagna, in molteplici circostanze, un popolo di cittadini senza regole, cinici come egli li definisce, senza un sentimento di appartenenza alla collettività e privi di un benché minimo spirito nazionale. Nei giorni scorsi, il Presidente Ciampi, che dei valori nazionali è strenuo paladino, ha lamentato l'incapacità di trasmettere il senso di una missione che il paese non intravede perchè i politici non riescono ad inventarsela e farla capire e condividere. Sommessamente io dico che la vera missione per l'Italia è quella di provare a dotarsi, finalmente, di un adeguata classe dirigente che tenga sì nel giusto conto l'approvazione o la disapprovazione del pubblico, ma sappia anche imporre il rispetto delle regole, dei costumi e non sia assuefatta ad usanze ed abitudini in contrasto con gli interessi della maggioranza del paese. Una classe dirigente adeguata, tanto per cominciare, non difende interessi di bottega, posizioni e comportamenti indifendibili, non promuove manifestazioni di piazza contro provvedimenti che non si è avuto il coraggio e la responsabilità di assumere, non strizza l'occhio ai troppi evasori che, in una reazione estrema e solo perchè messi di fronte alle loro responsabilità di cittadini contribuenti, hanno, in alcuni casi, addirittura intrapreso la via dell'esportazione dei capitali all'estero manifestandosi, nella circostanza, ancora una volta eversori della convivenza civile e disertori della necessaria operazione di risanamento dei conti pubblici avviata dal Governo. Bisogna smetterla una volta per tutte col considerare, per assuefazione, la classe politica l'unico corpo dirigente del paese in quanto chiunque investito di una qualche responsabilità è da considerarsi tale. Un genitore, un insegnante, un professionista, un dirigente, un imprenditore, un impiegato, un operaio sono anche essi, uomini e donne, classe dirigente nella misura in cui, con i loro comportamenti, influenzano i costumi della società nella quale vivono ed operano. I meccanismi di selezione e formazione del nostro paese si sono come inceppati, la nostra collettività non produce gruppi dirigenti capaci di costruire istituzioni adeguate a rappresentare uno Stato moderno, equo, efficiente, affidabile e portatore degli interessi generali. L'anomalia italiana, come già rilevava Giacomo Leopardi, è stata ed è la debolezza ed, in certi periodi, addirittura l'assenza di una classe generale che, come tale, difenda l'interesse collettivo e non si lasci sopraffare dalle corporazioni e dai mille interessi particolari che esse rappresentano. È sotto gli occhi di tutti la virulenza delle scomposte reazioni inscenate in questi mesi dalle più disparate categorie che sono state solo sfiorate da una modesta azione di riforme, di liberalizzazioni e di risanamento dei conti pubblici. Esse certamente non manifestano di avere a cuore l'interesse generale e soprattutto la consapevolezza della difficile, ma necessaria, opera diPag. 187ammodernamento e di rifondazione economica, civile e morale di cui ha urgente bisogno l'intero nostro paese.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il ministro De Castro ha recentemente dichiarato che questa finanziaria pone il settore agricolo, agroalimentare e della pesca al «centro» dell'azione di governo per il risanamento e lo sviluppo del paese.
Noi di Alleanza Nazionale non siamo d'accordo su questa dichiarazione e crediamo sia vero il contrario. Vorrei dimostrarvelo. Intendiamoci, ho stima del ministro De Castro. È persona equilibrata e preparata. Ma anche uno specialista, di fronte all'assenza di un progetto di sviluppo del paese, può fare ben poco.
Cari colleghi, anche gli agricoltori sono cittadini e, come gli altri cittadini, saranno tartassati da questa finanziaria e, quando si parla di difficoltà delle imprese, ci si dimentica che anche i soggetti agricoli sono spesso imprese e che anche l'indotto che gravita attorno al mondo del primario italiano è costituito da imprese. La riforma del TFR, grande farsa di un'entrata che si traduce subito dopo in un debito, colpirà direttamente ed indirettamente anche gli imprenditori agricoli.
La tassa di successione reintrodotta, le tasse sulla sanità, le carenze infrastruturali, le addizionali Irpef, la tassazione del risparmio e tutti gli altri mezzucci partoriti per batter cassa si abbatteranno duramente anche sugli agricoltori. Personalmente non sono contrario a logiche redistributive di finanza pubblica, ma qui si arriva direttamente all'esproprio. Che anche i ricchi piangano! Sarebbe bene che consideraste che in questo modo sicuramente i ricchi piangeranno, ma i poveri non lo faranno per il semplice fatto che tassate loro anche le lacrime su cui hanno cercato di costruire la loro sopravvivenza, agricoltori compresi. Non eravate voi a dire che eravamo sull'orlo del baratro? Ebbene, con questa finanziaria faremo tutti un bel passo avanti!
Ma parliamo pure di agricoltura. Un pareggio fuori casa, diceva la Cia. Noi diciamo invece di fare attenzione ai tempi supplementari, perché la partita è truccata. Nelle parole di De Castro, infatti, che dovrebbe essere teoricamente l'arbitro, ricorre troppo spesso la parola rigore. Lasciamo pure perdere il discorso delle quote latte che, a seguito del recente aumento di imprenditori agricoli coinvolti nelle infrazioni, segneranno un forte ridimensionamento dei contributi della Pac azzerando, così, i cosiddetti ed eventuali «benefici» di questa finanziaria. Ne riparleremo in altra sede. Mille milioni di euro per il primario! Mille milioni... Una cifra enorme alla prima lettura, che si perde e svanisce, però, in mille rivoli e viene cancellata dalle mille tasse. Dunque, a conti fatti, bisognerà valutare per ogni singolo intervento le variazioni che essi apporteranno. Ciò che, invece, colpisce è che non mancano misure di riforma organica e strutturale per il settore agricolo. Dieci articoli su 217 totali si occupano di agricoltura. Meno di un ventesimo e pensare che l'agroalimentare italiano rappresenta oltre un quarto del totale dell'occupazione e quasi un terzo del Pil. Certo, ci sono altri settori cui provvedere, ma in effetti non si può neppure dire che l'agricoltura abbia ottenuto il ruolo centrale che il ministro De Castro rivendica con toni trionfalistici. Confagricoltura dice che solo una delle richieste fondamentali presentate dalle associazioni agricole è stata soddisfatta, e riguarda i biocombustibili. Guardiamo allora a questo settore. Innanzitutto non è per nulla vero che è il centrosinistra che permette di avviare la filiera, come ha dichiarato all'Agi De Castro. La filiera l'ha attivata il centrodestra! Prova ne sia che la finanziaria si limita a modificare di uno 0,5 per cento la quota obbligatoria di inserimento di biocombustibili nelle benzine fossili fissata dalla legge n. 81 del 2006, approvata dallo stesso centrodestra. Quindi evitate per favore queste penose bugie sulla vostra presunta paternità. Certo che vi siete dati da fare! Nulla sul superamento dell'accisa per l'olio vegetale puro, in modo da garantire un riutilizzo dello stesso all'interno dell'azienda agricola; nulla sulla rimodulazionePag. 188dei certificati verdi per premiare l'agricoltura che produce energia; nulla sul settore del biogas; nulla di concreto, se non le buone intenzioni, per la riconversione degli stabilimenti saccariferi, che non possono più produrre zucchero ma che devono essere utilizzati per la produzione di bioetanolo. Tra parentesi: a questo proposito ricordo che ci sono posti di lavoro in ballo e non è davvero opportuno temporeggiare.
Insomma, possiamo dire che quello su cui siete veramente bravi è il rivendicare per voi i buoni risultati della politica agricola del centrodestra!
Con il conferimento dei poteri in materia di razionalizzazione del sistema irriguo nazionale alle regioni dimostrate, poi - cari colleghi della maggioranza -, che non avete alcuna intenzione di occuparvi in modo organico del riassetto idrogeologico del paese. Non che la misura sia di per sé negativa, ma ci si aspettava sinceramente qualcosa in più. Il Governo ha ampiamente dimostrato di voler tappare i buchi delle falle ambientali del paese dando la colpa a qualche capro espiatorio, come i cacciatori, e contrapponendosi alle opere pubbliche di cui il paese ha bisogno. Se volete degli esempi basterà citare la Tav oppure la criminalizzazione degli agricoltori che piantano mais o riso, per il problema della crisi idrica del Po. È una finanziaria di rigore, risanamento e sviluppo dice De Castro. Se sviluppo ci sarà lo dovremo agli interventi precedenti del centrodestra. Sul rigore siamo d'accordo, e pure sul risanamento, solo che lo fate attraverso nuove tasse e con l'aumento delle misure fiscali. Il comparto primario è chiamato a contribuire al risanamento dei conti pubblici per 900 milioni di euro nel 2007 e 1300 milioni preventivati per il 2009. Questo, secondo le parole dello stesso De Castro. Tutto ciò sotto forma di aggiornamento del catasto, per tassare i terreni, ed una stretta sui redditi dominicali delle società che non sono titolari di coltivazioni agricole.
Così, secondo il ministro dell'agricoltura, ora gli addetti del settore dovrebbero ringraziare, perché lo Stato erogherà meno di quanto riceve in tassazione, dato che, consegnando allo Stato 1300 milioni di euro più le tasse sopraccitate non inserite nel settore agricolo, ne ricevono di ritorno ben 1000, compresi probabilmente gli sgravi per la riduzione del cuneo fiscale. E gli agricoltori - secondo De Castro - dovrebbero, poi, pure ringraziare ulteriormente perché è stata mantenuta la stabilità fiscale!
Mi rendo conto, tra l'altro, che il settore agricolo non è il solo colpito dalla finanziaria. Autonomi, piccole e medie imprese, privati, risparmiatori, ceto medio saranno tutti coinvolti dall'onda in piena di questo guazzabuglio di tasse e provvedimenti parziali e raffazzonati. Molte correzioni sono indispensabili ed in ogni caso non basterebbero a cancellare la negatività che è insita in ogni pagina di questo provvedimento. Comunque non mi si venga a dire che l'agricoltura vi dovrebbe ringraziare, cari membri del Governo! L'unica speranza che riuscite a dare al primario, all'agricoltura, agli agricoltori, ed al paese è che questa finanziaria sia per voi l'ultima.
TESTO INTEGRALE DEGLI INTERVENTI DEI DEPUTATI DOMENICO ZINZI, BRUNO TABACCI, SALVATORE TOMASELLI, PIETRO RAO E CARMINE SANTO PATARINO IN SEDE DI DISCUSSIONE CONGIUNTA SULLE LINEE GENERALI DEI DISEGNI DI LEGGE N. 1746-BIS E N. 1747
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, la legge finanziaria rappresenta l'atto che più di ogni altro caratterizza il Governo di un paese, segnando il momento essenziale per l'attuazione delle linee programmatiche con le quali la maggioranza si è presentata agli elettori.Pag. 189
Oggi ci troviamo di fronte ad un documento che avrebbe dovuto rappresentare, in linea teorica, l'applicazione concreta delle proposte contenute nelle circa trecento pagine che l'Unione aveva indicato come programma di governo.
Dobbiamo purtroppo rilevare che, quelli che erano stati i formali impegni presi dal leader dell'Unione in campagna elettorale sono stati disattesi in gran parte, se si tralascia la pasticciata politica ridistribuiva del reddito che ha ispirato la ridefinizione della curva Irpef.
In particolare è venuta meno la promessa che le imposte e le tasse non sarebbero state aumentate.
Sul Documento di programmazione economico-finanziaria del luglio scorso, si affermava che la manovra di correzione degli squilibri di finanza pubblica si sarebbe basata fondamentalmente sulla riduzione della spesa pubblica, con tagli ai quattro principali capitoli di spesa corrente (sanità, enti locali, pubblico impiego e previdenza).
Oggi ci troviamo di fronte ad una finanziaria che, complessivamente, considerando anche il decreto fiscale collegato e la delega sui redditi da capitale, si aggira sui 40 miliardi, dei quali solo 11 sono riconducibili a tagli e risparmi di spesa, ed ad un imprecisato, ma sicuramente corposo, numero di nuove tasse.
Una manovra che ha sollevato dubbi e critiche anche da parte di esperti ed economisti di area governativa, che cozzano con i peana che si erano sollevati in campagna elettorale.
Ma quello che troviamo stupefacente è la perdita di credibilità, tra gli stessi elettori, dopo solo cinque mesi di governo.
Un elettorato deluso che ha creduto nella bontà delle ragioni e delle parole dei leader dell'Unione, deluso soprattutto da quell'area moderata dell'Unione, alla quale il ceto medio, gli artigiani, i dipendenti pubblici e privati, i commercianti ed i professionisti imputano le maggiori responsabilità di una finanziaria che li vede immolati alle ragioni della sinistra massimalista e radicale.
L'insoddisfazione dell'opinione pubblica nei confronti del Governo non è il rituale, normale e trascurabile atteggiamento di dissenso verso coloro che gestiscono il potere.
Nelle strade, negli uffici, negli ambienti di lavoro, è riscontrabile una consistente preoccupazione ed un forte timore degli operatori economici, delle classi professionali ed artigiane, dei dipendenti e dei commercianti sui cui già pesano i primi effetti delle iniziative legislative poste in essere da questa maggioranza.
È una finanziaria con il bollino rosso, condizionata dalle ali estreme della coalizione e a farne le spese è stato proprio il ministro Padoa Schioppa, scivolato all'ultimo posto della classifica dei ministri delle finanze europei del Financial Time (vera Bibbia quando si trattava di dare addosso al Governo Berlusconi, ed ora relegato a foglietto di malelingue).
Avrebbe tradito le imprese, si legge nell'articolo, e come non dargli torto.
Dopo anni di congiuntura sfavorevole molte piccole e medie imprese hanno visto, finalmente, lievitare gli ordini, la produzione e le esportazioni.
Si sarebbero aspettate, quindi, una manovra leggera, aiutata anche dal boom delle entrate, ed invece si sono viste subito portare via il TFR accumulato dai lavoratori e non indirizzato ai fondi pensione, mitigato poi solo in parte dall'esenzione di quelle con meno di 50 dipendenti, con il rischio di condannare di fatto le imprese al nanismo o alla frammentazione.
Senza dimenticare poi che l'operazione TFR, da una parte, danneggerà, forse irrimediabilmente, il decollo della previdenza complementare e, dall'altra, metterà a rischio quella che da cinquant'anni è la formula di credito più usata dai lavoratori, mi riferisco alla cessione del quinto dello stipendio, in quanto dimezzando il TFR accantonato verranno meno le garanzie adeguate per la concessione del credito ai lavoratori che ne faranno richiesta.
Quello che emerge, qui come in tutta la struttura della finanziaria, è una impostazione ideologica dirigista, fortemente penalizzante per le piccole aziende, i piccoliPag. 190imprenditori, fino a comprendere quello che, più in generale, viene chiamato ceto medio.
Le liberalizzazioni del decreto Bersani sono pannicelli caldi, rispetto ad un mercato ingessato che ha bisogno di una drastica liberalizzazione nel settore dei servizi, per consentire alle imprese di essere competitive ed ai cittadini di ottenere vantaggi veri e non transitori.
Questo è tanto più vero se rapportato all'economia meridionale, che rappresenta una opportunità di sviluppo del nostro paese, ma che sconta, rispetto al Centro-nord e all'Europa, un gap infrastrutturale che neanche questa finanziaria sembra tenere in conto.
In questo contesto dovrebbe risultare evidente il ruolo delle piccole e medie imprese, strozzate dai vincoli di una competitività che tarda a crescere, a causa di ritardi nell'impiego di nuove tecnologie, al maggior costo del denaro e ad un quadro di legalità minato dalla presenza della criminalità organizzata.
Abbiamo sperato che, governando 6 regioni meridionali su 7, il Governo avrebbe posto una particolare attenzione a questa area attraverso una politica fiscale che aiutasse la localizzazione di nuove imprese, che indirizzasse una quota superiore degli investimenti in opere pubbliche al Sud, ma purtroppo le nostre attese, e parlo da meridionale, sono state vane.
E come possiamo giustificare la miopia di questo Governo che, nella sua zelante azione fiscale, punisce quella che è una delle più importanti leve per lo sviluppo economico del Mezzogiorno, e cioè il turismo?
Riesumando la tassa di soggiorno soppressa nel 1989, il Governo sembra non comprendere che in questo modo si minerà ulteriormente la competitività delle strutture ricettive del nostro paese sia internamente che esternamente.
Le imprese turistiche europee, infatti, che già godono di un regime IVA agevolato e di numerosi contributi statali, potranno godere di un nuovo appeal rispetto a quelle italiane ed è facile prevedere uno spostamento dei flussi turistici, degli intermediari del settore, verso quelle mete che a parità di benefici praticheranno costi inferiori.
E questo accade proprio nel momento in cui le note turbolenze che affliggono le aree del Medio-Oriente stanno cedendo all'Europa una consistente quota del mercato turistico mondiale, a favore proprio di Italia, Francia e Spagna.
Crediamo che il settore turistico abbia bisogno di misure, anche fiscali, che lo rivitalizzino, soprattutto in funzione delle stabili e consistenti ricadute occupazionali che ne deriverebbero.
Abbiamo detto che l'imprimatur vero di questa manovra è sostanzialmente riconducibile all'ala radicale della coalizione, ma il punto è che non si può ricercare ad ogni costo una giustizia sociale sacrificando la crescita, perché in tal modo si innesca un circolo vizioso perdente, in cui tutti sono forse più uguali, ma sicuramente più poveri.
La nuova curva fiscale, ritoccata più volte in Commissione, non sortirà gli effetti sperati.
Non solo, la trasformazione delle deduzioni in detrazioni, abbinata al via libera alle addizionali comunali e regionali ed all'aumento degli estimi catastali, finirà per produrre nuove tasse e nuovi costi per le famiglie, indistintamente, senza progressività.
Ci troveremo a commentare il fatto che l'operazione è riuscita, ma il paziente è morto: la rimodulazione delle fasce di reddito ai fini impositivi non è l'arma con cui combattere la povertà, anzi rischia di creare nuove iniquità perché così facendo si attua una ridistribuzione, che può anche favorire chi non ha diritto a quei benefici, e sfavorire chi non può accedere al regime delle detrazioni introdotto con la nuova disciplina.
Infine una parola su università e ricerca. La manovra risulta penalizzante e priva di una strategia non solo per la mancanza di risorse adeguate per finanziare gli atenei e gli enti di ricerca, da tempo in grave difficoltà, ma anche per l'introduzione di misure che intervengono su aspetti organizzativi delicati, estranei alPag. 191contesto della legge finanziaria: mi riferisco alle deleghe in bianco per i concorsi universitari ed al taglio degli scatti per le retribuzioni dei docenti come misura di riduzione della spesa.
La manovra finanziaria è l'occasione per tradurre in strumenti blindati alcune scelte strategiche su cui è mancato totalmente il confronto parlamentare.
Il disegno di legge di conversione del decreto-legge, approvato la settimana scorsa con la fiducia, ha smantellato i meccanismi di valutazione del sistema universitario e della ricerca.
Un emendamento governativo ha disposto il riordino degli enti nazionali di ricerca con regolamento governativo.
Si tratta di una lesione grave dell'autonomia degli enti, che peraltro, è garantita dalla Costituzione.
Tali misure hanno provocato una reazione della comunità scientifica che registra la beffa di un Governo che, dopo aver promesso di puntare alla formazione, alla ricerca ed all'innovazione, dimostra di non avere una politica di rilancio per l'università e per la ricerca e di perseguire obiettivi come l'azzeramento dei vertici degli enti.
In conclusione, dall'esposta succinta disamina, emerge la totale e complessiva insoddisfazione nei confronti delle proposte formulate dal Governo, contenute nella manovra contabile, sottoposta all'esame del Parlamento, proposte che, privilegiando l'imposizione fiscale, l'inasprimento della tassazione e la contrazione della spesa, provocheranno una profonda crisi nel nostro sistema produttivo nonché la crescita del debito pubblico, rendendo ancor più vulnerabili i conti della finanza statale.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, con questa legge finanziaria, il Governo Prodi sta sbandando pericolosamente, condizionato da quella parte della sua maggioranza che sembra attratta più dal mito della lotta di classe che dalla cultura del buon governo. A luglio il Governo parlava con la faccia di Bersani. E noi l'avevamo sfidato ad andare avanti sulla via delle liberalizzazioni e dell'apertura dei mercati.
Dall'opposizione si può contrastare un Governo, ma per spingerlo a fare di più nell'interesse generale.
A distanza di due mesi, lo stesso Governo parla con la faccia di Visco. Una faccia occhiuta, non serena, quasi vendicativa, con una filosofia da Robin Hood.
Noi in questi anni non abbiamo certo atteso Visco, che già aveva fatto il ministro delle finanze per cinque anni, per segnalare che nel nostro paese c'è una scandalosa evasione fiscale e una progressiva erosione della base imponibile. E per formulare delle proposte coerenti. Magari erano un po' snobbate da Tremonti, ma erano giuste.
Un quarto dell'economia in nero non è compatibile con una condizione di civiltà.
Ma non lanciamo anatemi contro questa o quella categoria. La diffusione dell'evasione è troppo ampia per ricondurla a qualche area specifica.
Facciamo la proposta di un nuovo patto fiscale. Che ha bisogno per affermarsi di un rinnovato rapporto di fiducia. Visco propone un «grande fratello» fiscale, un'overdose di controlli incrociati con la tracciabilità dei percorsi monetari.
Vuol mettere un finanziere alle spalle di ogni cittadino.
Noi non siamo contrari alla predisposizione di controlli più efficaci. Ma riteniamo si debba introdurre nei rapporti fiscali un principio più forte: quello del contrasto di interesse tra i prestatori di servizi e gli utilizzatori finali.
Lavorando sulla struttura delle detrazioni è possibile creare le condizioni perché ogni servizio pagato possa essere documentato e portato in tutto o in parte in detrazione.
Abbiamo presentato emendamenti a questo scopo. Si può cominciare a sperimentare su base settoriale. Non mi pare che il Governo vi abbia prestato una particolare attenzione.
È la via per affermare un nuovo costume fiscale, anche tenendo conto della base familiare. Allargare la base imponibilePag. 192è la condizione per introdurre un vero federalismo fiscale. Che non può essere la cifra distintiva di un egoismo localista, ma la concreta partecipazione ad un percorso di piena responsabilità. La finanziaria era l'occasione per affrontare altresì la qualità della spesa pubblica. Nel nostro paese lo Stato forse non spende troppo, ma certo spende male in diversi settori. E il cittadino trae un'impressione sgradevole, come se la macchina dello Stato non fosse al suo servizio ma rispondesse ad una logica assistenziale.
Per misurare la qualità della spesa e la sua percezione dobbiamo chiederci: le istituzioni scolastiche sono organizzate per gli studenti? O per altri? Le strutture sanitarie e ospedaliere sono vissute in funzione degli ammalati? O per altri? Le istituzioni giudiziarie sono pensate per il cittadino che ha sete di giustizia (penale, civile, fallimentare)? O per altri? La struttura amministrativa e burocratica si muove in funzione del dinamismo degli operatori economici? O per altri? La spesa previdenziale tiene conto dei nuovi equilibri demografici o penalizza i più giovani?
La spesa pubblica non può essere concepita come lo specchio di uno Stato sociale finto che invece di tutelare i più deboli interpreta con crescenti rigidità la cittadella dei garantiti.
Quanti soldi sono stati sprecati per ricapitalizzare Alitalia, senza affrontare con serietà un piano industriale efficace di fronte ad un profondo rivolgimento del trasporto aereo nel mondo?
Ora c'è addirittura chi evoca la necessità di compagnie regionali. Ma io come cittadino che utilizza questo sistema di trasporto nella tratta Roma-Milano e viceversa ho bisogno di un aereo efficiente e a basso costo, non di un aereo lombardo.
Ci saremmo attesi una finanziaria che come primo atto rilevante del nuovo Governo avesse una forte carica riformatrice.
Invece no. Anzi, Prodi annuncia che le riforme le farà. Temo sarà smentito.
Dopo aver fatto alcune privatizzazioni in modo incauto con il suo primo Governo, come insegnano le esperienze di Autostrade e Telecom, era lecito attendersi un'adeguata autocritica e l'indicazione di come organizzare il passaggio dallo Stato imprenditore allo Stato regolatore.
Invece, i nuovi monopolisti operano indisturbati minando la base di competitività del sistema economico. Il cittadino consumatore, la famiglia consumatrice, la piccola impresa utilizzatrice paga troppo i servizi venduti dai nuovi monopolisti.
I servizi bancari, quelli assicurativi, i costi dell'energia elettrica e del gas, le tariffe autostradali, le bollette della telefonia fissa e mobile, le parcelle dei liberi professionisti, le tariffe dei servizi pubblici locali pesano in maniera sempre più consistente.
Dobbiamo raccogliere la sfida dell'apertura di questi mercati. Il Parlamento deve sfidare il Governo a mettersi in gioco. Prodi si è limitato all'effetto annuncio. Ma la montagna ha partorito un topolino. E che topolino! A Roma, anche grazie alla mediazione di Veltroni, abbiamo subito i blocchi stradali di luglio, le licenze dei taxi sono per ora solo sulla carta aumentate, ma le tariffe sì.
Certo, per guidare questi processi non si può inseguire l'interesse particolare ma individuare e attestarsi sulla linea dell'interesse generale. La manifestazione della sinistra antagonista di ieri l'altro è la conferma di una rincorsa particolarista. Non si scende in piazza a scodinzolare dietro ogni protesta corporativa, ma si indica la via dell'interesse prevalente. Quello del cittadino consumatore, condizione nella quale si trova ognuno di noi. È questo l'interesse prevalente da tutelare.
Dobbiamo rappresentare l'Italia del buon senso, che c'è anche se appare timida e minoritaria di fronte agli eccessi di un bipolarismo muscolare.
Non si governa sugli estremi, non si governa dagli estremi. L'estremismo evidenzia un limite culturale, di sensibilità, di costume. Esaspera i propri «diritti» e richiama i «doveri» degli altri.
Ecco dove sta la radice della nostra crisi: una crescente divaricazione tra la stagione dei diritti e il muoversi dei doveri e delle responsabilità. Chi non ha cultura di governo parla astrattamente di un dirittoPag. 193al lavoro. Disconosce che tale diritto origina dal dovere di ciascuno di concorrere alla produzione della ricchezza. Se si blocca il processo di sviluppo, il diritto al lavoro diventa astrazione.
Dobbiamo operare per una ricomposizione culturale, sociale e civile che viene generata da un intreccio fecondo di diritti e di doveri.
Politicamente tra i nostri doveri c'è quello della lealtà verso il nostro paese.
Dopo oltre un decennio di esperienza in questa seconda Repubblica abbiamo il dovere di segnalare come avere preso talune scorciatoie ha portato effetti negativi. Non vogliamo tornare indietro, ma neppure perseverare nell'errore.
Guardiamo con preoccupazione a tentazioni referendarie che puntano alla semplificazione del bipartitismo, come se non bastasse l'evidente crisi del bipolarismo, e alla conferma della cooptazione servile come strumento di selezione delle classi dirigenti.
La qualità di questa politica è davvero modesta; appare totalmente incapace di fare riforme profonde perché preoccupata di un consenso che si sfilaccia sempre di più. Ma con l'immobilismo non recupera il consenso.
Ci vuole coraggio. Mi ha colpito il manifesto politico del leader conservatore inglese David Cameron. Sta facendo sull'altro versante lo stesso percorso innovatore di Blair.
Ecco, se c'è da copiare qualcosa dalla apolitica inglese è la forza dello svecchiamento programmatico sia sul versante laburista che su quello conservatore. Onestamente mi pare che il suo Governo, Presidente Prodi, batta la strada del galleggiamento, che impone il ricorso al voto di fiducia. Staremo a vedere dove la porterà questa scelta.
SALVATORE TOMASELLI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, nelle scorse settimane una voce autorevole si è levata nel dibattito politico per incitare le classi dirigenti del nostro paese a ritrovare il senso della missione. Era la voce di Carlo Azeglio Campi.
«Manca la missione. Questo è il vero problema dell'Italia di oggi (...) Quello che conta e che oggi non si vede» - dice l'ex presidente della Repubblica - «è un grande obiettivo, generale e condiviso, che il paese possa comprendere e che dia un senso a tutto ciò che si sta facendo».
Una incitazione a ritrovare il gusto dell'ambizione di un progetto importante, che segni una fase storica nelle cose che facciamo oltre il mero contingente.
Ecco, io penso che il passaggio delicato della approvazione della legge finanziaria 2007 vada collocato dentro questa ambizione.
La complessità della proposta di legge finanziaria che il Governo ha presentato è figlia della volontà del centrosinistra di ridare una prospettiva al nostro paese.
Ed allora l'obiettivo per noi è chiaro ed è quello di modernizzare l'Italia.
Una modernizzazione da conquistare, innanzi tutto, rimettendo i conti a posto dell'azienda Italia, riprendendo il filo del risanamento interrotto con il Governo Berlusconi-Tremonti, che ha pressoché annullato l'avanzo di bilancio prodotto negli anni di governo del centrosinistra, che ha ridato spazio alla crescita della spesa pubblica, che non ha prodotto né riforme strutturali né crescita per il paese ma solo una redistribuzione della ricchezza a favore dei ceti più abbienti.
Gli anni passati hanno annullato gli sforzi di risanamento degli anni precedenti; il debito pubblico - azzerato l'avanzo primario - ha ripreso a correre - 67 miliardi annui di interessi - non è solo una tassa sull'oggi ma è una grave ipoteca sul futuro, sulle prossime generazioni, sulla capacità del paese di onorare gli impegni, di sostenere le spese sociali, la scuola, la sanità, la sicurezza.
Il risanamento dei conti è per noi la premessa di una rinnovata politica di crescita e sviluppo, è lo strumento non certo il fine della nostra politica.
Una politica, infatti, che ha scelto, ad esempio, di fare delle liberalizzazioni unaPag. 194sfida per il paese intero, una occasione di superamento dei tanti egoismi e delle tante corporazioni da cui questo nostro paese è attraversato ma anche il chiavistello per aprire il mercato delle professioni, delle imprese, dei servizi a nuovi soggetti che oggi fanno più fatica di altri o ne sono addirittura esclusi.
Vogliamo costruire, con le riforme e con il più largo confronto, uno Stato forse più leggero ma certamente più efficiente e più utile ai cittadini; uno Stato che si ponga con realismo ma senza indugi il tema dell'efficienza della pubblica amministrazione, se è vero che nella classifica annuale del World Economic Forum siamo al 71o posto.
Insomma, uno Stato meno gestore ma più regolatore, dentro cui il cittadino-consumatore veda affermata la sua centralità e cittadini-consumatori lo siamo tutti.
Vorrei, cioè, che non sfuggisse a nessuno come, accanto ed oltre a questa legge finanziaria, il Governo e la maggioranza che lo sostiene siano impegnati, in parte già in queste settimane e poi subito dopo l'approvazione della legge di bilancio, a discutere ed approvare testi importanti come la liberalizzazione dei servizi pubblici, la tutela dei consumatori, la semplificazione della pubblica amministrazione, e poi l'energia, la riforma radiotelevisiva, e così via.
Un corposo ed ambizioso programma di modernizzazione, dentro il cui quadro vanno inserite le prime scelte della finanziaria che rilanceranno la crescita e lo sviluppo nel paese.
Nel corso del confronto di queste settimane si sono apportate significative innovazioni frutto del dialogo con il paese, a cominciare da enti locali e forze sociali. Mi sembra di poter dire che appaiono ormai lontane le strumentalizzazioni verso una sorta di volontà punitiva di questa legge verso il cosiddetto ceto medio o verso le piccole imprese.
Sono state costruite con il confronto modifiche sostanziali - penso al TFR che esclude le piccole e medie imprese fino a 50 addetti - penso all'apprendistato per le imprese artigiane - che confermano, oltre ogni dubbio, come grande sia l'attenzione del centrosinistra verso il ruolo e la funzione che svolgono nel paese le piccole imprese.
In tale direzione va, peraltro, la presenza, già in questa finanziaria, di una parte dei provvedimenti previsti dal disegno di legge Industria 2015 predisposto dal ministro Bersani, con cui torna in Italia la politica industriale dopo anni di perdita di competitività del sistema produttivo nazionale, che hanno fanno parlare tanti osservatori di vero e proprio declino.
Provvedimenti che sono orientati proprio alla ripresa di competitività del sistema produttivo: ricordo qui i «Progetti di innovazione industriale» attorno a cui ruota la strategia di rilancio industriale; meccanismi di incentivazione selettivi che privilegino settori strategici in grado di produrre maggiore valore aggiunto sul complesso dell'industria nazionale, da finanziare mediante il nuovo fondo unico per la competitività; ed ancora il fondo per la finanza di impresa con cui si vuole dare un contributo decisivo all'annoso problema della debole patrimonializzazione delle nostre imprese, specie le piccole e medie imprese, e nel contempo facilitarne l'accesso a capitali di rischio e a garanzie creditizie.
Insomma, torna l'idea e se ne individuano i primi strumenti, per ridare al paese una politica industriale degna di questo nome.
E di nuove politiche nazionali ha bisogno il Mezzogiorno.
Chi parla viene da un luogo del Mezzogiorno, Brindisi, in cui vi è da decenni una grande presenza industriale: il più grande polo energetico del paese, uno dei poli nazionali della chimica e dell'aeronautica. Non appartiene più a noi da lungo tempo l'idea di chiedere sussidi ed assistenza, rivendichiamo, invece, dallo Stato nuove politiche industriali nazionali che possano rappresentare un'occasione di valorizzazione anche del nostro patrimonio e che possano aiutarci a superare anche crisi e difficoltà.Pag. 195
A differenza del Governo delle destre, il centrosinistra dimostra, cioè, di avere un progetto moderno per il Mezzogiorno e ne dispiega già in questa prima legge finanziaria della nuova legislatura alcuni significativi provvedimenti:il cosiddetto «cuneo fiscale differenziato»; il credito d'imposta per le regioni svantaggiate; l'introduzione di zone franche urbane.
Si delinea un ciclo di programmazione 2007-2013 in cui tra Fondi per le aree sottoutilizzate e Fondi provenienti dall'Unione Europea sono previsti investimenti di grande consistenza fino a 120 miliardi di euro. Con un incremento di risorse per il FAS che passa dal 38,6 per cento (media 2000-2005) al 42 per cento per il periodo 2007-2011 con incremento pari al 3,4 per cento in termini percentuali.
Il quadro di riferimento non è dei migliori. Il rapporto Svimez 2005 parla di un paese che non cresce dove il Mezzogiorno continua lievemente ad arretrare. Negli ultimi anni l'economia del Mezzogiorno ha mostrato segnali di recessione: nel 2005 - secondo la Svimez - il PIL meridionale si è ridotto in termini reali dello 0.3 per cento a fronte di un aumento dell'anno precedente dello 0.7 per cento. L'occupazione, che tra il 1997 e il 2002 era aumentata al Sud di 450 mila unità, negli ultimi 3 anni ( 2002-2005) è scesa di 69 mila unità. Sono eventi che non si verificavano da tempo e che indicano l'impatto sociale della crisi economica del paese nelle aree più deboli.
Siamo convinti che nel Mediterraneo e sulle rotte commerciali provenienti dal lontano oriente si gioca una delle partite più importanti per le regioni del Sud. È diffusa l'aspettativa di un Mezzogiorno come piattaforma logistica dell'Italia del Mediterraneo. In questo contesto, il tema della portualità e dell'intemodalità nei trasporti diventa centrale. Nella proposta di legge finanziaria si investe sullo sviluppo dei porti hub di interesse nazionale e sull'autonomia finanziaria delle autorità portuali delineando una nuova fisionomia nel settore.
Abbiamo in mente l'idea di un paese più giusto, più solidale, più coeso ma anche più competitivo e dinamico nella sfida del mondo globale, un paese che torni a valorizzare le sue risorse più importanti, a cominciare dai giovani ai quali offrire opportunità e non più solo precarietà e indeterminatezza del futuro.
PIETRO RAO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il neonato Movimento per l'Autonomia che io rappresento e che per la prima volta, per ovvi motivi, è presente con una sua componente politica in Parlamento, nel contesto di un dibattito sulla finanziaria non può assolutamente esimersi dall'esprimere la propria posizione ed il proprio giudizio critico sui provvedimenti che stanno per essere varati da questo Parlamento.
Ciò che maggiormente ci ha colpito in queste ultime settimane è il turbinoso valzer di cifre che il ministro dell'economia ha tentato di porre all'attenzione di tutte le forze politiche.
È, inoltre, apparso in maniera chiara ed inequivocabile come sui numeri il ministro dell'economia scivoli per le enormi difficoltà che incontra nel definire le cifre della manovra per l'anno 2007, e nel riferirle correttamente in Parlamento. Tanto per cominciare, si era ipotizzata una manovra da 35 miliardi di euro, ma i dati sulle entrate in forte crescita avevano convinto i tecnici, sollecitazione degli alleati più riottosi, a dare una sostanziale riduzione alla stangata portando la manovra a trenta miliardi di euro.
Successivamente la manovra viene portata a 33,5 miliardi di euro, quindi viene ulteriormente aumentata per dare maggiore impulso alle dinamiche economiche e in queste ultime ore, con una scansione temporale quasi cronometrica, assistiamo ad altri ritocchi.
In queste condizioni restiamo esterrefatti e privi di orientamento, in quanto torna difficile individuare punti di riferimento e motivi di critica politica.
Signor ministro, a questo punto ci viene spontaneo chiederle se, tutto considerato, non sia il caso, oltre che con se stesso, diPag. 196mettersi d'accordo con gli altri rappresentanti del Governo e con tutti i partiti che compongono questa maggioranza, oltre che con tutti i suoi tecnici e farsi spiegare come mai i conti non tornano, prima di presentarsi ad appuntamenti non certo di secondaria importanza come quelli di una manovra finanziaria.
Appare chiaro che, per il modo in cui viene confezionata, questa finanziaria, fatta di bozze diramate e poi smentite, dopo che tutti i settori interessati hanno alzato le barricate, trovando spesso una sponda in qualche partito di maggioranza, non può che essere considerata al limite dell'irrazionale.
Appare chiaro, inoltre, quanto confuse e poco chiare siano le idee all'interno di questa maggioranza.
Dalla finanziaria di questo Governo, o dal suo cilindro magico, signor ministro, esce ogni giorno una sorpresa.
Sparisce prima l'imposta di successione, travestita come tassa di registro per poi ricomparire come d'incanto. Avevate proposto a tutte le imprese, piccole, medie e grandi, di trasferire il TFR all'INPS, mentre notizie dell'ultima ora ci dicono che sono, invece, esentate tutte le imprese con un numero di dipendenti fino a cinquanta. Compare l'aumento dell'imposta di bollo sui «Suv» e l'esenzione dal bollo delle Euro 4 e poi ricompare. Ci informate di massicce assunzioni nel mondo della scuola e notizia ultima è che vengono tagliati 50 mila posti per tutti i precari.
Ci pare che regni veramente molta confusione e poca capacità di gestione di questa manovra.
Non si può certamente governare all'insegna dell'improvvisazione.
Certo, ci rendiamo perfettamente conto dei tira e molla che esistono tra tutti i partiti dell'Unione e come non sia facile conciliare posizioni contrapposte, specie quando nell'aria aleggiano minacce di non supportare il decreto con il proprio voto.
Non avevamo mai assistito nella storia della Repubblica al fatto che tutte le categorie professionali scendessero in piazza per manifestare la propria protesta.
A tal proposito, signor Presidente del Consiglio, per una forma di rispetto e sensibilità, lei dovrebbe chiedere scusa a tutti gli italiani, quando dichiara che non tiene in debita considerazione le proteste di piazza da parte di tutte le categorie, poiché con queste dichiarazioni lei manca di rispetto verso chi lavora e produce in questo nostro paese.
Tornando alle categorie professionali, nella manifestazione del 12 ottobre esse hanno manifestato tutto il loro dissenso, sottolineando anche come questo Governo ha abrogato di fatto, se non in diritto, lo statuto del contribuente, poiché viene continuamente violato e calpestato quando si tenta di introdurre il concetto della retroattività delle norme in materia fiscale, cosa mai successa.
Le chiediamo, in virtù di ciò, che si abbia maggior rispetto per famiglie, imprese e professioni, sempre che questi principi rientrino nelle logiche di una sinistra radicale. Mi faccio portavoce di queste categorie per esprimere tutte le preoccupazioni del caso poiché il decreto Bersani/Visco prima e la finanziaria oggi offrono forti motivi di apprensione. In particolare riteniamo doveroso intervenire nel merito dei tanti provvedimenti normativi che direttamente o indirettamente arrecano danno a tutti i lavoratori autonomi fingendo di perseguire obiettivi di liberalizzazione e di sviluppo del paese.
Non si può legiferare senza sentire le parti sociali, senza aprire un tavolo di concertazione, aumentando, imponendo loro d'autorità e nell'assoluta mancanza di rispetto, le incombenze burocratiche (vedi articolo 35, comma 2, legge 223/2006 decreto Bersani-Visco, vedi obbligo di allegare elenco clienti e fornitori, obbligo di apertura di un conto corrente, eccetera).
Con questo dibattito parlamentare cercheremo di porre rimedio alle tante vessazioni che si vogliono imporre con autoritarismo e statalismo di basso livello.
Ancora brutte sorprese per le piccole e medie imprese per le quali il tanto decantato cuneo fiscale non sortirà effetto alcuno e, come se non bastasse, a loro carico volete imporre l'innalzamento deiPag. 197contributi previdenziali, l'aggravio di dieci punti percentuali per gli apprendisti, il mancato sgravio delle aliquote INAIL per l'artigianato. Oltre il danno la beffa.
A nostro avviso, questa finanziaria è assolutamente sbilanciata sul lato delle entrate con un aumento notevole della pressione fiscale, peraltro poco incisiva sul versante della spesa.
In ultima analisi, è una manovra iniqua e fortemente punitiva per tutte le categorie sociali e ci sembra opportuno darle un consiglio: non vesta i panni di «Robin Hood» che toglie ai ricchi per dare ai poveri perché, molto sinceramente, è un ruolo che non recita molto bene e non le si addice.
Il malumore serpeggia in tutte le categorie e rischia di creare un insieme di situazioni che possono innescare forti conflitti sociali, di mettere le une contro le altre varie categorie produttive del paese quando vengono accusate, da questo Governo, di essere, tutte, evasori fiscali. Altro che unire il paese.
Pur condividendo le buone intenzioni di questo Governo di combattere l'evasione fiscale, certamente non possiamo condividere gli strumenti, che sono a dir poco fortemente repressivi, al limite della restrizione della libertà dei cittadini, se così li possiamo ancora chiamare dopo questa manovra.
Questi provvedimenti rischiano di provocare effetti disastrosi sulle capacità di spesa e per i consumi delle famiglie italiane e quindi sulle attività del comparto.
La manovra andrà ad incidere, ancora, nei bilanci delle famiglie a causa degli aumenti che vengono introdotti su molti fronti di spesa dei cittadini.
Auspichiamo una inversione di tendenza con significative modifiche di questa linea politica del Governo, linea che pensavamo ormai definitivamente tramontata. Anche in questo senso, lei, signor Primo ministro, è riuscito a mentire agli italiani.
Tutte le rappresentanze sociali hanno commesso l'errore iniziale di credere a tutte le sue promesse e alla descrizione catastrofica della situazione economica nazionale del nostro paese.
In questo senso la sua azione politica ha avuto successo, ma crediamo anche che lei e il suo ministro per l'economia siate due generali senza esercito.
Siamo fortemente dispiaciuti che questo Governo abbia individuato che il male del nostro paese sia quello che fino a poco tempo fa era il vero punto di forza del nostro sistema paese, cioè «la voglia di fare impresa».
In questa fase politica, questo Governo ha usato una metodologia inusitata che ha visto tradire, senza esitazioni, il principio della concertazione, iniziando prima dal decreto Bersani/Visco e continuando in questa occasione.
Un atteggiamento, questo, che rende il giudizio molto critico, soprattutto alla luce delle dichiarazioni di tutt'altro tenore fatte da questa maggioranza in campagna elettorale. «Altre menzogne».
Non ci stancheremo di ribadire quanto questa manovra penalizzi i settori produttivi più deboli, proprio nel momento in cui si avvertono sintomi di ripresa economica, e proprio quando sarebbe stato necessario, se non indispensabile, favorire il rilancio e la crescita per agganciarci saldamente alla ripresa.
Speriamo si possa ritrovare quel modus in rebus» che ci faccia recuperare un minimo di equilibrio rispetto a queste misure, altrimenti sarà un vero disastro sociale. Nell'inevitabile giorno del dare e avere, la finanziaria delle piccole e medie imprese si chiude con un bruciante segno meno.
Tra le promesse svanite c'è proprio quella del cuneo fiscale, sul quale questo Governo ha scommesso in campagna elettorale e solo ora, a pochissimo tempo di distanza, quelle promesse si vanno scoprendo del tutto evanescenti. Ancora una volta avete mentito!
È con sincera preoccupazione che dico queste cose, in quanto sono fortemente convinto che il tanto decantato risanamento, che questo Governo cerca di perseguire, darà come unica risultante la perdita di competitività delle imprese italiane.Pag. 198
Per quanto riguarda gli obiettivi redistributivi di reddito, punto forte di questa manovra, appare del tutto evidente il limite dell'uso della sola leva fiscale, in quanto i benefici di sgravio sono quasi nulli per tutti quei soggetti che, per reddito e per condizione particolare, ricadono al di sotto della linea di pagamento delle imposte (sono quasi dodici milioni di cittadini).
Per contro, stante l'attuale situazione dei tagli per gli enti locali, questi provvederanno ad un generale aumento delle imposte locali.
In particolare aumenterà l'addizionale dell'IRPEF (prima tassa) e le rendite catastali dei fabbricati con conseguente aumento dell'ICI (seconda tassa); la tassa di soggiorno di cinque Euro al giorno per ogni tipo di turista (terza tassa); la tassa di scopo per la realizzazione di opere pubbliche (quarta tassa); aumento della benzina e del bollo auto per tutte quelle regioni che sfondano i tetti di spesa nel settore sanitario per tutti i residenti di quelle regioni (quinta tassa).
Con tutte queste misure, sia di carattere nazionale sia di carattere locale, saremo costretti ad indossare una armatura medioevale per blindare quel poco che si può salvare dalle vessazioni fiscali.
Questa rappresenta una stangata fiscale mai vista nella storia della Repubblica.
Mentre tutti gli altri paesi europei stanno procedendo sulla via opposta, limitando la leva fiscale, noi andiamo in controtendenza.
Tredici miliardi di tasse, ben 67 sono le nuove tasse introdotte da lei, onorevole Visco, il «Rain Man», l'uomo della pioggia, pioggia di tasse s'intende.
Nel leggere attentamente tutti i vostri provvedimenti ci siamo accorti come in questa manovra manchi la riconferma della scelta del cinque per mille da parte dei cittadini a favore di quelle trentamila realtà del non-profit, basate sul volontariato, e che da questo aiuto economico traevano respiro per espletare la loro azione nel sociale.
Per quanto riguarda il Sud e la Sicilia in particolare, visto che sono siciliano, sullo sfondo di questi provvedimenti ho avuto l'impressione che aleggino interrogativi pesanti circa l'effettivo interesse di questo Governo nei confronti di un meridione e della Sicilia in particolare che si vuole irrimediabilmente avviare verso una deriva che fa comodo solo come fornitrice di braccia e di cervelli per l'apparato produttivo del Nord e per il blocco di potere conservatore.
Nella politica nazionale la Sicilia conta sempre meno e viene ricordata solo quando si tratta di sbarcare carichi di rifiuti per solidarizzare con le altre regioni mentre per contro ci viene offerto il contentino di 50milioni di euro per risarcirci del danno del mancato realizzo del ponte sullo Stretto. Non permetteremo che la Sicilia diventi la pattumiera del Mediterraneo.
Ci avete tagliato i fondi per il finanziamento della fondazione del centro ricerche di biotecnologia con l'università di Pittsburg con l'eliminazione dell'articolo 190, che chiediamo venga reinserito.
Chiediamo l'abrogazione della norma che prevede la soppressione delle prefetture, delle questure e dei comandi dei vigili del fuoco nei comuni con meno di 200 mila abitanti. Infine, nessuna sorpresa sul voto della Camera che ha messo il sigillo del «no» al ponte sullo Stretto, ritenendo inutile, non prioritario e velleitario il progetto.
Questo «no» rappresenta la vittoria della sinistra radicale e ambientalista.
Con questa scelta il Governo punta l'indice contro la Sicilia e contro i siciliani, contro un progetto di progresso e di sviluppo economico e sociale.
Noi siciliani non possiamo arrenderci supinamente a una tale decisione di una maggioranza ottusa e poco oculata, di una maggioranza che si rifiuta di dialogare con le popolazioni locali, contrariamente a quanto avveniva quando si protestava sulla TAV.
Anche in questa occasione avete mentito.
Con questa decisione vengono infranti 35 anni di sogni e di speranze.Pag. 199
Trentacinque anni di smanie e di desideri che vengono destinati ad affogare non nelle acque dello Stretto ma in un baule pieno di planimetrie, disegni, mappe, tavole, progetti e grafici.
Lì dentro si vuole chiudere tutta la storia di un ponte e la storia di un desiderio di sviluppo di un popolo, il popolo siciliano, che tante speranze aveva riposto in tale opera. La più colossale opera del secolo, dieci anni di lavori, infranti da una decisione ottusa e poco oculata, ma di sicura valenza politica, quasi una ripicca e una vendetta contro il Sud.
Il popolo siciliano aveva puntato tutto su questa striscia di speranza che poteva unire l'isola al continente non solo geograficamente ma anche economicamente, un'opera che ha fatto sognare mezza Italia e che ci lascia orfani, orfani persino dei nostri sogni.
Noi, come Movimento per l'autonomia, non ci rassegneremo a tale decisione e continueremo la nostra battaglia politica nel nome del popolo siciliano che tanto fortemente desidera la realizzazione di un tale progetto.
Noi porteremo avanti un'operazione senza precedenti, un'operazione di grande portata popolare, l'operazione «ponte fai da te» perché questo ponte ce lo faremo da soli con la collaborazione di tutte le forze politiche che vorranno aderire a questo progetto.
Per finire non posso esimermi dall'affermare che la politica economico-sociale portata avanti da questo Governo, una politica di riformismo radicale di tipo moderno, viene caratterizzata, sul piano fiscale, da una politica di regime, improntata al terrorismo fiscale e a tutta una serie di norme e provvedimenti fortemente vessatori e limitativi della libertà dei cittadini e quindi improponibili in un paese civile e democratico.
In alternativa ai provvedimenti proposti noi ribadiamo la necessità di applicazione di sistemi e procedure di semplificazione per non perderci in una serie di adempimenti di tipo burocratico che tolgono ore di lavoro e quindi prodotto interno lordo.
Riteniamo necessario predisporre una serie di strumenti atti a migliorare i rapporti con i contribuenti e ridurre il contenzioso fiscale.
Annotiamo ancora come, nonostante le enfatiche dichiarazioni di questo Governo, questa manovra non è in realtà idonea ad offrire una adeguato sostegno alle famiglie né ad incidere significativamente sulla competitività del sistema paese né tanto meno ad intervenire sulla dinamica della spesa. Rilevo, quindi, come gli interventi di sgravio fiscale appaiono scarsamente incisivi.
Chiudo, signor Presidente del Consiglio, ricordandole che in piena campagna elettorale, quando le fu detto che se la sinistra avesse vinto le elezioni avrebbe inevitabilmente alzato le tasse, lei, che è uomo d'onore, replicò molto indignato «Questa è delinquenza politica» accusando la destra di seminare il panico fra gli elettori.
Non crede oggi che, alla luce di tutti i provvedimenti proposti, fosse lei a mentire e che oggi stia dando una coltellata alla schiena a tutto il popolo italiano?
Lei ha mentito agli italiani, ha mentito in Parlamento anche in occasione della vicenda Telecom gestita da lei in prima persona e sulla cui vicenda ha ottenuto solo una solidarietà formale dai suoi alleati. Ci pare opportuno darle un ulteriore consiglio, che: alla luce di tutte queste menzogne, lei dovrebbe, con un gesto di dignità politica, rassegnare le dimissioni non prima però di avere chiesto scusa agli italiani.
CARMINE SANTO PATARINO. Non sono passati neanche 6 mesi dal loro insediamento e il Governo Prodi e la sua maggioranza hanno già battuto tutti i record negativi, tanto da conquistarsi larghissimi spazi di critiche e di scherni da parte dei mass-media, non solo quelli italiani di destra, ma anche quelli di sinistra, loro grandi sostenitori dichiarati durante la campagna elettorale, e quelli di destra e di sinistra di quasi tutto il mondo.
Non ho, sia chiaro, alcuna intenzione di soffermarmi a parlare di quei record, anche perché se lo facessi solo limitatamentePag. 200all'elenco e a qualche commento, avrei bisogno almeno del doppio del tempo a mia disposizione. Mi atterrò, invece, al tema della finanziaria.
L'ultimo velo era caduto con il decreto Bersani che, spacciato come il provvedimento delle cosiddette liberalizzazioni, rappresentava, invece, un grave abuso, una sorta di spedizione punitiva, mirata, ed a freddo, nei confronti di talune categorie di lavoratori autonomi ree di non essere catalogabili tra quelle di riferimento dei veri poteri forti di questo paese, ai quali soltanto spetta, per diritto di autoinvestitura, concedere e garantire perpetui privilegi. Rimaneva solo la maschera.
Ora, il Governo e la sua maggioranza hanno tolto anche quella e hanno finalmente portato allo scoperto il volto e le intenzioni tenuti prudentemente nascosti durante la campagna elettorale.
Con questa finanziaria, infatti, sono passati immediatamente alle vie di fatto, rendendosi responsabili di due delitti: il primo commesso direttamente, che è quello di tartassare a sangue gli italiani; il secondo, affidato per commissione, che è quello di obbligare i sindaci e gli amministratori degli enti locali a dare il colpo di grazia ai propri concittadini.
E, in entrambi i delitti appare, in tutta la sua evidenza, la vera vocazione manifestatasi sempre nella storia della sinistra, che è quella dell'accanimento indiscriminato contro tutti; con la sola eccezione di alcuni privilegiati.
E, per giustificare questo assurdo salasso, che fa questa sinistra? Quello che la sinistra ha sempre fatto, qua e altrove: ricorre alla menzogna.
Appena entrate nelle stanze dei bottoni, le schiere dei ministri e dei sottosegretari si sono affrettate a recitare la formula di rito studiata e concordata precedentemente: i conti pubblici sono un disastro. La colpa è del centrodestra. Bisogna correre ai ripari immediatamente. E, non potendo stampare più soldi, come si faceva un tempo, si sono stampate pagine di articoli e commi per inventare balzelli di ogni genere.
Altro che finanza creativa di tremontiana memoria, demonizzata e messa per 5 anni alla berlina. Quella, non solo stava riuscendo a risollevare l'economia nazionale e a ridare fiducia e speranza agli italiani, ma veniva e viene ancora presa a modello in molti altri paesi europei.
Adesso, con questo Governo e con questa maggioranza siamo passati alla tassazione fantasiosa che, garantendo solo a pochissimi i grandi privilegi e combattendo astiosamente contro la ricchezza, assicurerà miseria e povertà per tutti.
È stato il Presidente di Confindustria, quel Montezemolo che ha negli anni scorsi alacremente lavorato per preparare l'avvento di questo Governo, a dichiarare stizzito e sfiduciato, che «ormai c'è una tassa al giorno», riprendendo i temi di una unanime disapprovazione che ha già accomunato il Governatore della Banca e la Corte dei conti, le agenzie internazionali di rating e gran parte della stampa straniera.
Contro questa tremenda spedizione punitiva, che sottrae immediatamente dalle tasche degli italiani 40 miliardi di euro laddove bastava un riequilibrio di meno di 15 per onorare pienamente i nostri impegni comunitari, sono scesi già in campo liberi professionisti ed artigiani, commercianti e pensionati, accademici e ricercatori, governatori e sindaci, al di là ed al di sopra delle stesse appartenenze politiche.
I nostri governanti, guidati dall'ideologia della criminalizzazione dell'agiatezza e della distribuzione forzata della miseria di massa, hanno cercato di contrabbandarci questa rapina scientifica come una nobile operazione di redistribuzione delle risorse tra «ricchi» e poveri, laddove per ricchi si devono intendere coloro che hanno un reddito appena sufficiente ad una vita quotidiana senza angosce, ed invece stanno mettendo coscientemente in campo una macchina infernale che sottrarrà a tutti senza dare a nessuno, con l'effetto di impoverire la società italiana nel suo complesso e di tarpare le ali, colpendo investimenti e consumi, di una ripresa economica che pure si stava annunciando, e che avrebbe da sola potuto riequilibrare anchePag. 201i conti pubblici, come dimostra il fortissimo quanto spontaneo aumento delle entrate fiscali in tutto l'anno in corso.
Se infatti qualcuno non ci rimetterà immediatamente per effetto della revisione al rialzo delle aliquote IRPEF, che di per sé aggraverà il prelievo già sui redditi intorno ai 30 mila euro, e si sarà anche salvato da quell'ulteriore truffaldina torchiatura rappresentata dalla sostituzione del sistema delle deduzioni con quello delle detrazioni, saranno gli altri salassi (69 tasse nuove o inasprite) contenuti in questa finanziaria e nel decreto fiscale collegato a rovistare anche nelle sue povere tasche, rendendo più povero chi è già povero perfino per questa sinistra superpauperista per la quale anche un modesto funzionario è un nababbo da tartassare.
L'aumento delle tasse locali (ICI, IRPEF, TARSU) di fatto imposto dal Governo, come ho già detto, attraverso il taglio dei trasferimenti agli enti locali e la contestuale autorizzazione agli stessi ad aumentarle; l'ulteriore aumento della tassazione sulla casa per effetto della prevista revisione degli estimi catastali; la maggiorazione di bolli e super-bolli sulle auto; l'innalzamento del prelievo dal 12 al 20 per cento su BOT e CCT; l'aumento dei contributi previdenziali sul lavoro autonomo, su quello dipendente e financo, con intenti punitivi che saranno pagati soprattutto dai lavoratori stessi, su quello precario; il ripristino della tassa di soggiorno; il ripristino degli «aggi» esattoriali ossia di una vergognosa tassa sulla tassa, che peraltro si aggiunge - contro ogni assicurazione pre-elettorale - alla riedizione della tassa sulla morte (successioni e donazioni), sono soltanto alcuni dei balzelli che rincareranno il costo della vita per tutti, gravando inevitabilmente di più sui già precari tenori di vita delle componenti sociali più deboli.
Né sarà indolore per nessuno il trattamento di rapina riservato al nostro sistema di imprese ed al lavoro autonomo in genere, a partire da un inasprimento degli «studi di settore» da cui il viceministro Visco si propone di succhiare 4 miliardi di euro e dai pesanti costi che comporterà per tutti il sistema inquisitorio posto in piedi dallo stesso Visco che invaderà ogni aspetto della nostra vita quotidiana nel trionfo della cultura del sospetto e della criminalizzazione generalizzata, o la confisca del TFR sia pur soltanto per imprese medio-grandi che determinerà comunque una pesante disincentivazione alla crescita delle imprese, o l'irrigidimento di un mercato del lavoro la cui maggiore apertura è invece la sola strada per ampliare l'occupazione, o il blocco dell'ammodernamento infrastrutturale sull'altare di un paralizzante fondamentalismo pseudo-ambientalista: tutti fattori di depressione dello sviluppo, di inevitabile perdita di produttività e di competitività del sistema-Italia, di impoverimento complessivo della nostra società, da cui i primi a non salvarsi saranno gli italiani più poveri, e quindi più abbisognevoli di sviluppo economico e di occasioni di lavoro, sui quali prioritariamente ricadranno anche i costi di una crescita dell'inflazione che inevitabilmente conseguirà all'aumento dei costi di produzione e di distribuzione.
A fronte di tutto questo, l'unica vera posta attiva di questa finanziaria, che è il taglio del cuneo fiscale, è stata fortemente diluita rispetto agli impegni originari di Prodi e compagni, e soprattutto avvantaggerà quasi esclusivamente le grandi imprese ed i loro dipendenti. E, quanto al Mezzogiorno, nella finanziaria c'è un taglio secco di trasferimenti per due miliardi ed ottocento milioni di euro rispetto alle precedenti statuizioni del Governo Berlusconi, mentre ricadranno più pesantemente sugli italiani i tagli agli enti locali, molti dei quali nel Sud non riescono a garantire nemmeno la propria sopravvivenza: una vera e propria «macelleria sociale».
Se, infine, si vuole una prova finale della anti-socialità di questa finanziaria, si consideri che essa aveva «dimenticato» di confermare la possibilità del 5 per mille a favore degli organismi di assistenza e di beneficenza, ed infierisce perfino contro gli oratòri, tartassando anch'essi.
Pag. 202
A fronte di tutto, se da parte del Governo e della maggioranza non vi sarà alcuna volontà di rivedere le proprie decisioni, modificando radicalmente l'intero impianto di questa finanziaria e si continuerà ostinatamente sulla strada del muro contro muro e della totale chiusura al dialogo, allora una mobilitazione di massa è il minimo che si possa immaginare, quantomeno per bloccare l'andazzo di «una nuova tassa al giorno», per respingere un disegno sadico e prepotente che vorrebbe mettere le famiglie italiane nella condizione non più soltanto di »non arrivare alla fine del mese", come è stato detto per 5 anni, ma addirittura di non poterlo nemmeno iniziare.