Regime fiscale delle cooperative

Durante la XIV legislatura si sono registrati interventi in materia di società cooperative, sia per quanto riguarda la disciplina civilistica, sia per quanto riguarda quella fiscale.

L’articolo 5 della legge 3 ottobre 2001, n. 366 (Delega al Governo per la riforma del diritto societario) ha previsto i criteri per la riforma della disciplina civilistica, richiedendo fra l’altro la definizione della cooperazione costituzionalmente riconosciuta e riservando ad essa l'applicazione delle disposizioni fiscali di carattere agevolativo. La modifica delle disposizioni del codice civile è stata attuata con il decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 6 (si veda il capitolo sulla riforma del diritto societario). In tale ambito, il nuovo articolo 223-duodecies delle disposizioni per l’attuazione del codice civile e disposizioni transitorie stabilisce che le agevolazioni fiscali previste da leggi speciali si applicano esclusivamente alle società cooperative a mutualità prevalente, come definite dall’articolo 2512 del codice civile[1].

 

Per quanto riguarda il diritto tributario, le società cooperative erano soggette all’imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG), che – con la riforma dell’imposizione sulle persone giuridiche attuata dal D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344 – è stata sostituita dall’imposta sul reddito delle società (IRES): pertanto, la nuova disciplina (v. capitolo Le imposte dirette) si applica anche alle società cooperative.

Disposizioni specifiche sul trattamento fiscale di questo tipo di società sono state introdotte dall’articolo 6 del D.L. 15 aprile 2002, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 giugno 2002, n. 112, e successivamente dall’articolo 1, commi 460-466, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005).

Il citato D.L. n. 63 del 2002 ha previsto le seguenti misure a carattere definitivo:

§      conferma dell’esenzione dalle imposte dirette per la quota di utili netti destinati a riserva minima obbligatoria;

§      non concorrenza dei ristorni[2], se destinati ad aumento di capitale, alla formazione del reddito imponibile e del valore della produzione netta ai fini dell’IRAP, e assoggettamento degli stessi, al momento della distribuzione, all’imposta sostitutiva del 12,50 per cento;

§      applicazione di una ritenuta a titolo d’imposta[3], nella misura del 12,50 per cento, sugli interessi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi ai propri soci persone fisiche, in relazione a finanziamenti che rientrano in determinati limiti.

Lo stesso decreto-legge ha inoltre dettato misure a carattere transitorio, “in attesa di un più compiuto riordino del trattamento tributario delle società cooperative e loro consorzi”, in coerenza con quanto stabilito dalla citata legge di delega n. 366 del 2001.

Tali misure transitorie, applicabili per i due periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2001, consistevano:

§      nel parziale assoggettamento a tassazione degli utili delle società cooperative e dei loro consorzi destinati a riserva indivisibile[4];

§      nella limitazione delle agevolazioni fiscali previste dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 601 del 1973, in favore, rispettivamente, delle cooperative agricole e della piccola pesca e delle cooperative di produzione e di lavoro[5].

Le misure transitorie sopra ricordate non si applicano alle cooperative sociali previste dalla legge n. 381 del 1991.

 

Successivamente l’articolo 1, commi da 460 a 466, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), è intervenuto sulla stessa materia introducendo misure definitive (applicabili a decorrere dai periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2003[6]) analoghe a quelle di carattere transitorio contenute nel D.L. n. 63 del 2002.

La citata legge n. 311 del 2004 prende atto della distinzione tra cooperative a mutualità prevalente e cooperative diverse da queste, introdotta dalla riforma del diritto societario. Per la prima categoria conferma, in misura più favorevole al contribuente[7], il parziale assoggettamento a tassazione degli utili destinati a riserva indivisibile. Conferma inoltre, negli stessi termini, la limitazione delle agevolazioni fiscali concesse dagli articoli 10 e 11 del D.P.R. n. 601 del 1973.

Gli utili destinati a riserva indivisibile delle società cooperative e loro consorzi, diverse da quelle a mutualità prevalente, sono assoggettati a tassazione in misura superiore[8] rispetto agli utili delle società rientranti nella prima categoria.

Le disposizioni sopra illustrate, come quelle del D.L. n. 63 del 2002, non si applicano alle cooperative sociali disciplinate dalla legge n. 381 del 1991.

È stato infine posto un limite alla deducibilità degli interessi passivi corrisposti dalle società cooperative e loro consorzi sulle somme versate dai soci persone fisiche[9].

 



[1]     L’art. 2512 cod. civ. stabilisce che sono società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:

1)       svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;

2)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;

3)       si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.

      Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

[2]     Si tratta, in particolare:

a)       delle somme attribuite ai soci delle cooperative di produzione e lavoro, sotto forma di integrazione retributiva, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi (articolo 3 della legge n. 142 del 2001);

b)       delle somme attribuite dalle cooperative e loro consorzi ai propri soci, a titolo di restituzione di una parte del prezzo dei beni e servizi acquistati o di maggiore compenso per i conferimenti effettuati (articolo 12 del D.P.R. n. 601 del 1973).

[3]     In precedenza tale ritenuta era applicata a titolo di acconto.

[4]     La quota di utili, destinati a riserva indivisibile, soggetti a tassazione è stata fissata:

-          nel 61 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria, per la generalità delle cooperative e loro consorzi;

-          nel 40 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria, per le cooperative agricole e della piccola pesca e loro consorzi.

      Ai sensi della disciplina previgente (articolo 12 della legge n. 904 del 1977) le riserve indivisibili non concorrevano, nella loro totalità, alla formazione del reddito imponibile.

[5]     I citati articoli del D.P.R. n. 601 del 1973 disciplinano uno speciale regime di esenzione dalle imposte dirette per i redditi riferibili, in maniera diretta o indiretta, al lavoro prestato o ai terreni dei soci delle cooperative agricole, della piccola pesca e di produzione e di lavoro. In conseguenza delle nuove disposizioni, tali esenzioni non si applicano alle cooperative agricole e della piccola pesca, per la quota di utili destinati a riserva indivisibile assoggettata a tassazione, né alle cooperative di produzione e di lavoro, salvo che per la quota di reddito conseguente all’indeducibilità dell’IRAP.

[6]     La decorrenza dell’applicazione delle disposizioni contenute nella legge n. 311 del 2004 si ricollega alla scadenza delle misure transitorie contenute nel D.L. n. 63 del 2002.

[7]     La quota di utili, destinati a riserva indivisibile, soggetti a tassazione è fissata:

-        nel 30 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria, per la generalità delle cooperative e loro consorzi;

-        nel 20 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria, per le cooperative agricole e della piccola pesca e loro consorzi.

[8]     La quota di utili, destinati a riserva indivisibile, soggetti a tassazione è fissata nella misura del 70 per cento della quota eccedente la riserva minima obbligatoria.

[9]     Tale limite è stabilito nella misura minima degli interessi spettanti ai detentori dei buoni postali fruttiferi, aumentata dello 0,90 per cento.