Sistema radiotelevisivo – I rapporti Stato-regioni

Le competenze delle regioni

Il nuovo assetto costituzionale delineato dalla modifica del Titolo V della Costituzione ha attribuito la materia “ordinamento della comunicazione” alla competenza legislativa concorrente Stato-regioni. Nell’esame dell’articolazione dei rapporti Stato-regioni in tale materia occorre comunque considerare il profilo del pluralismo dell’informazione e più in generale della libertà di manifestazione del pensiero di cui all’articolo 21 della Costituzione (vedi capitolo L’ordinamento della comunicazione).

 

Per quanto concerne il rapporto tra competenze statali e competenze regionali in materia di informazione, occorre evidenziare che, a seguito della modifica del Titolo V,  la Corte costituzionale non ha mutato gli orientamenti già affermati in numerose sentenze antecedenti la riforma del Titolo V[1] ed ha anzi riaffermato il principio secondo cui l’informazione sarebbe riconducibile non tanto ad una materia, quanto ad una “condizione per l’attuazione dei principi propri dello Stato democratico”; in tale ambito, tutti i soggetti o organi rappresentativi investiti di competenze di natura politica non possono, ad avviso della Corte, risultare estranei all’impiego dei mezzi di comunicazione di massa (sentenza n. 312 del 2003[2]). La Corte suggerisce quindi l’opportunità di seguire una “logica concertativa” nella definizione della disciplina della comunicazione.

Nella sentenza n. 318 del 2003 in materia di radiocomunicazioni la Corte ritorna sul “principio della leale cooperazione”, attraverso il quale sono efficacemente rappresentati tutti gli interessi e le posizioni costituzionalmente rilevanti.

 

I principi cui le regioni debbono conformarsi nell’esercizio della potestà legislativa concorrente in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito regionale o provinciale sono stati precisati dall’articolo 16, comma 1, della legge 3 maggio 2004, n. 112, che ha delegato il Governo ad adottare il testo unico delle disposizioni legislative in materia di radiotelevisione, nel rispetto della Costituzione, delle norme di diritto internazionale vigenti nell'ordinamento interno e degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Si tratta innanzitutto dei principi fondamentali contenuti nel Capo I della legge 112/2004 (vale a dire, la garanzia del pluralismo, la tutela della libertà di espressione, l’obiettività, l’imparzialità e la completezza dell’informazione, l’apertura alle diverse opinioni e tendenze, la salvaguardia del patrimonio culturale, artistico ed ambientale, il rispetto della dignità umana, della salute, dello sviluppo fisico, psichico e morale dei minori) nonché di altri principi espressamente elencati dall’articolo 16 (rispetto degli accordi internazionali, della normativa dell'Unione europea e di quella nazionale, rispetto dei princìpi di non discriminazione, proporzionalità e obiettività, nonché rispetto delle disposizioni vigenti in materia di tutela della salute, di tutela del territorio, dell'ambiente e del paesaggio e delle bellezze naturali).

Tali principi sono stati integralmente riprodotti nel Testo unico sulla radiotelevisione (d.lgs 177/2005: cfr. articolo 12, che richiama in via generale le competenze delle regioni). Nel definire i compiti di pubblico servizio in ambito regionale e provinciale, il Testo unico richiama (articolo 46, commi 1 e 2) i principi di cui alle lett. e) ed f) della norma di delega[3], inserendo peraltro una precisazione in ordine al rispetto - da parte delle leggi regionali - delle disposizioni sanzionatorie relative alla tutela dell’utente, contenute nel testo unico.

 

Alla competenza legislativa regionale è ricondotta la definizione degli specifici compiti di pubblico servizio che la società concessionaria è tenuta ad adempiere nell’orario e nella rete di programmazione destinati alla diffusione di contenuti in ambito regionale o, per le province autonome di Trento e di Bolzano, in ambito provinciale; a tal fine, alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano è data la possibilità di stipulare, previa intesa con il Ministero delle comunicazioni, specifici contratti di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale di radiodiffusione (articolo 46).

 

Con riferimento alle competenze amministrative, si ricorda che alle regioni e alle province è attribuito, rispettivamente, il rilascio dell’autorizzazione per la fornitura di contenuti televisivi e dati destinati alla diffusione in tecnica digitale su frequenze terrestri in ambito regionale o provinciale (articolo 18).

 

Sono, infine, previsti specifici compiti del servizio pubblico generale radiotelevisivo concernenti la diffusione di trasmissioni radiofoniche e televisive in lingua tedesca e ladina per la provincia autonoma di Bolzano, in lingua ladina per la provincia autonoma di Trento, in lingua francese per la regione autonoma Valle d’Aosta e in lingua slovena per la regione autonoma Friuli Venezia Giulia; l’articolazione della società concessionaria in una o più sedi nazionali e in sedi in ciascuna regione e, per la regione Trentino-Alto Adige, nelle province autonome di Trento e di Bolzano; la valorizzazione e il potenziamento dei centri di produzione decentrati (articolo 45, lett. p), q) ed r)).

 

Merita, infine, segnalare che la legge n. 112 del 2004 (articolo 13) e il Testo unico della radiotelevisione (articolo 13) hanno confermato l’articolazione su base territoriale dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, che svolge le proprie competenze in materia radiotelevisiva attraverso i Comitati regionali per le comunicazioni (CORECOM), organi funzionali dell’Autorità.

Si ricorda che l’art. 1, comma 13, della legge n. 249 del 1997, ha previsto, “riconoscendo le esigenze di decentramento sul territorio al fine di assicurare le necessarie funzioni di governo, di garanzia e di controllo in tema di comunicazione” i Comitati regionali per le comunicazioni, da istituirsi con legge regionale entro sei mesi dall’insediamento dell’Autorità, ai quali sono altresì attribuite le competenze in precedenza svolte dai comitati regionali radiotelevisivi”[4].

 

 

 



[1]     Vedi, in particolare, le sentenze nn. 348 del 1990 e 29 del 1996 e, con riferimento alla questione dell’individuazione delle sfere di competenza statale e regionale, la sentenza n. 21 del 1991, che aveva già individuato nel “principio di leale cooperazione” tra le istituzioni lo strumento per il contemperamento degli interessi costituzionali coinvolti.

[2]     Vedi anche le sentenze n. 308 e 324 del 2003

[3]     Nell’ambito del comma 2, laddove si afferma che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sono legittimate a stipulare, previa intesa con il Ministero delle comunicazioni, specifici contratti di servizio con la società concessionaria del servizio pubblico generale di radiodiffusione per la definizione degli obblighi di cui al comma 1, nel rispetto della libertà di iniziativa economica della società concessionaria, anche con riguardo alla determinazione dell’organizzazione dell’impresa, nonché nel rispetto dell’unità giuridica ed economica dello Stato e assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubbliche”, viene peraltro omesso il passaggio, contenuto nella corrispondente lettera f) della norma di delega, in base al quale “ulteriori princìpi fondamentali relativi allo specifico settore dell'emittenza in ambito regionale o provinciale possono essere ricavati dalle disposizioni legislative vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge in materia di emittenza radiotelevisiva in ambito locale”

[4]     Allo stato i CORECOM risultano istituiti presso tutte le regioni, fatta eccezione per Trento dove permane il precedente CORERAT (Comitato regionale per il servizio radiotelevisivo, istituito dall’art. 5 della legge n. 103 del 1975 quale organo di consulenza delle regioni in materia radiotelevisiva).