La legge n. 219 del 2005, ha dettato una disciplina integralmente sostitutiva della normativa vigente in materia di attività trasfusionali relative al sangue umano e ai suoi componenti e dei prodotti emoderivati[1].
Tra le finalità del provvedimento vanno ricordate l’autosufficienza regionale e nazionale di sangue; la tutela della salute dei cittadini attraverso il conseguimento di più alti livelli di sicurezza; l’uniformità delle condizioni su tutto il territorio nazionale, attraverso una puntuale ricostruzione dei livelli essenziali di assistenza (LEA); lo sviluppo della medicina trasfusionale, del buon uso del sangue e di specifici programmi di diagnosi e cura che si realizzino in particolare nell’ambito dell’assistenza ai pazienti ematologici ed oncologici, del sistema urgenza-emergenza e dei trapianti; il potenziamento del coordinamento infraregionale e interregionale, del monitoraggio degli obiettivi e del sistema informativo, stanziando al riguardo nuove risorse finanziarie.
Le principali novità riguardano innanzitutto il sistema
delle competenze dello Stato e delle Regioni, realizzato anche attraverso la
previsione di numerosi Accordi e Intese tra il Governo e le Regioni a livello
di programmazione del settore, di revisione dei moduli organizzativi del
sistema trasfusionale, di nuove linee guida per la qualità del sangue e delle
modalità di autorizzazione e l’accreditamento delle strutture trasfusionali.
Dal punto di vista amministrativo, la disciplina prevede l’istituzione di due nuovi organismi a livello centrale: la Consulta tecnica permanente per il sistema trasfusionale, con funzioni consultive nei confronti del Ministro in ordine agli adempimenti previsti dalla legge; il Centro nazionale sangue che svolge, tra le altre funzioni il supporto alla programmazione nazionale delle attività trasfusionali. A livello di aziende sanitarie, è previsto un comitato ospedaliero per il buon uso del sangue e delle cellule staminali da sangue cordonale, per il controllo sull’utilizzo del sangue e per il monitoraggio delle richieste trasfusionali.
Sul versante della donazione, la legge promuove, da un lato, l’attività delle associazioni dei volontari del sangue, con un ampliamento delle agevolazioni fiscali a loro favore ed inserendo una rappresentanza delle associazioni nel Centro nazionale sangue; dall’altro, assicura la retribuzione a favore di un numero maggiore di soggetti donatori, ivi inclusa l’ipotesi di inidoneità della donazione medesima. Infine, la legge disciplina la fattispecie della donazione di cellule staminali emopoietiche, previa espressione del consenso informato.
Sulla stessa materia è stato adottato il decreto legislativo 19 agosto 2005, che ha recepito la direttiva 2002/98/CE, concernente la qualità e la sicurezza per la raccolta, il controllo la lavorazione la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti. Il provvedimento non concerne le cellule staminali del sangue, oggetto di una specifica direttiva comunitaria.
Obiettivi di fondo del decreto sono una maggiore fiducia
nella sicurezza del sistema ed il conseguimento dell’autosufficienza a livello
comunitario.
Sono definiti i compiti delle regioni e province autonome, con particolare riferimento all’autorizzazione e l’accreditamento dei servizi trasfusionali e alla disciplina relativa alle ispezioni e alle misure di controllo dei servizi trasfusionali.
Sono elencati i compiti ed i requisiti del responsabile dei
servizi trasfusionali e del personale operante nel settore e sono previste misure
atte a garantire il mantenimento di un sistema di qualità, nel rispetto delle
indicazioni fornite dal Ministero della salute e delle disposizioni sulla
tenuta dei documenti relativi al sistema di qualità e dei registri.
Misure specifiche sono dettate per l’emovigilanza, che deve garantire la tracciabilità del percorso dal donatore al ricevente e viceversa e la notifica degli incidenti alla Regione o provincia autonoma interessata nonché all’Istituto superiore di sanità. Sono inoltre contenute norme relative alla qualità e alla sicurezza del sangue e degli emocomponenti, con le informazioni da fornire e richiedere ai candidati donatori e la disciplina delle modalità di conservazione, trasporto e distribuzione del sangue e i requisiti di qualità e sicurezza del sangue.
E’ stabilita la presentazione alla Commissione europea di una relazione triennale sulle attività svolte in applicazione delle disposizioni previste e sono individuate infine le fattispecie di infrazione con le conseguenti sanzioni[2].
Nel corso della legislatura sono stati approvati alcuni provvedimenti a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie o di emoderivati infetti, a seguito dell’instaurazione di numerose vertenze giudiziarie.
Il decreto legge n. 89 del 2003[3], prevede uno stanziamento di complessivi 495 milioni di euro circa, nel triennio 2003-2005, per la definizione delle transazioni con i soggetti danneggiati da somministrazione di emoderivati, relative alle azioni di risarcimento tuttora pendenti, ai sensi della normativa vigente[4].
La legge n. 229 del
2005 prevede due nuovi benefici economici (un ulteriore assegno mensile
vitalizio ed un assegno una tantum) a
favore dei soggetti - e loro familiari - danneggiati da complicanze di tipo
irreversibile a seguito di vaccinazioni obbligatorie, i cui importi sono
definiti da una apposita Commissione, per una spesa di 30 milioni di euro annui.
Per accedere a questi ulteriori benefici, i soggetti debbono rinunciare con
atto formale ai contenziosi giudiziali in corso.
Con la legge n. 7
del 2006 sono dettate misure per prevenire e contrastare le pratiche di
mutilazione genitale femminile, quali violazioni dei diritti fondamentali
all’integrità della persona ed alla salute delle donne e delle bambine.
La legge prevede
campagne informative rivolte agli immigrati, provenienti dai paesi in cui tali pratiche sono più
diffuse, al momento della concessione del visto presso i consolati italiani e
del loro arrivo alle frontiere. Tali campagne hanno lo scopo di diffondere la
conoscenza dei diritti fondamentali della persona, con particolare riferimento
alle donne ed alle bambine, e del divieto vigente in Italia delle pratiche di
mutilazione genitale.
Sono previsti corsi
di informazione per le donne infibulate in stato di gravidanza, finalizzati ad
una corretta preparazione al parto ed appositi corsi di aggiornamento per gli
insegnanti delle scuole dell’obbligo per diffondere nelle classi la conoscenza
dei diritti delle donne e delle bambine.
La definizione di
linee guida destinate alle figure professionali sanitarie e quelle che operano
con le comunità di immigrati costituiranno un indirizzo per la realizzazione
delle attività di prevenzione, assistenza e riabilitazione delle donne e
bambine già sottoposte a tali pratiche.
E’ prevista l’istituzione,
presso il Ministero dell’Interno, di un numero verde finalizzato a ricevere
segnalazioni da parte di chiunque venga a conoscenza della effettuazioni delle pratiche di mutilazione.
La legge prevede
anche una modifica delle disposizioni penali per facilitare la repressione di
tale fenomeno, introducendo in particolare una autonoma fattispecie di reato “Pratiche
di mutilazione degli organi genitali femminili”, art. 583-bis. Pesanti pene accessorie sono previste nei
confronti dei medici condannati per mutilazioni genitali, i quali vengono
interdetti dall’esercizio della
professione per un periodo da tre a dieci anni; della sentenza di condanna è
data, inoltre, comunicazione all’Ordine dei medici chirurgi e degli
odontoiatri. (Per ulteriori approfondimenti su tali aspetti cfr. la
scheda Mutilazioni genitali femminili).
La legge n. 31 del 2006 disciplina l’attività diagnostica sui bambini vittime della Sudden Infant Death Syndrome - SIDS, entro un anno di vita, e sui feti deceduti senza causa apparente dopo la venticinquesima settimana di gestazione. La norma prevede che tale riscontro avvenga, previo consenso dei genitori, in centri autorizzati individuati dalle regioni, secondo protocolli definiti dal Ministero della salute. I risultati di tale attività sono comunicati alla prima cattedra dell’Istituto di anatomia patologica dell’Università di Milano, che provvede ad istituire una banca dati nazionale.
Nell’ambito della predisposizione di campagne di sensibilizzazione e di prevenzione di tale patologia sono previsti programmi di ricerca multidisciplinari e l’emanazione di linee guida. Le regioni hanno la possibilità di sviluppare progetti per il sostegno psicologico dei familiari delle vittime.
La legge n. 123 del 2005 è volta a migliorare la cura e l’assistenza delle persone affette da celiachia, e che pertanto soffrono di intolleranza alimentare al glutine, al fine di favorire il loro normale inserimento nella vita sociale. La legge considera la celiachia una malattia sociale, che deve essere inclusa tra quelle individuate dal D.M. 20 dicembre 1961, per cui è compito del Ministero della salute promuovere l'istituzione di appositi centri relativi a tale malattia sociale per la tutela sanitaria della popolazione.
I principali interventi previsti sono di carattere socio-sanitario e vengono predisposti dalle regioni, attraverso la realizzazione di progetti rivolti a sviluppare le attività di diagnosi precoce e di prevenzione. Si prevede in particolar l’erogazione gratuita di prodotti senza glutine ai soggetti affetti da celiachia, che possono, altresì, richiedere alle strutture scolastiche ed ospedaliere di avere pasti, senza la presenza di tale ingrediente. È previsto, inoltre, che il foglietto illustrativo dei medicinali rechi con chiarezza l’indicazione che il prodotto può essere assunto anche dai soggetti affetti da celiachia.
La legge n. 55 del 2005 disciplina le modalità di utilizzo e di vendita del sale alimentare arricchito con iodio, nonché la partecipazione del Ministero della salute a campagne pubblicitarie per favorire la "iodioprofilassi".
Il provvedimento è finalizzato a contrastare la carenza iodica (di cui il gozzo endemico è la manifestazione più frequente), indicando nella sostituzione del normale sale da cucina con il sale arricchito di iodio la soluzione più efficace per i Paesi economicamente avanzati.
La Commissione
igiene e sanità del Senato ha svolto un’indagine conoscitiva sui problemi
socio-sanitari connessi alla patologia osteoporotica, provvedendo
all’audizione di studiosi, enti, associazioni ed aziende farmaceutiche, nonché
all’acquisizione di dati e documenti; l’indagine si è conclusa con
l’approvazione di un documento (Doc. XVII n. 12) che sottolinea i seguenti aspetti:
§ inclusione dell’osteoporosi tra le malattie
croniche e invalidanti, con conseguente inserimento della stessa tra gli
obiettivi prioritari di prevenzione del Servizio sanitario nazionale;
§ inserimento degli studi sull’epidemiologia e
la prevenzione della patologia osteoporotica tra i settori principali della
ricerca biomedica e sanitaria, con conseguente valutazione della possibilità di
una raccolta specifica di dati statistico-epidemiologici, anche attraverso
l’istituzione di registri nazionali delle “prime fratture”;
§ promozione di campagne informative ed
educative rivolte alla popolazione ed al personale sanitario, con eventuale
inserimento di un capitolo ad hoc
nella prossima Relazione sullo stato di salute della popolazione;
§ valutazione adeguata della patologia, da
parte dell’Osservatorio sui livelli essenziali di assistenza, onde suggerirne
una giusta collocazione nell’ambito dei
LEA.;
§ valutazione, da parte delle Regioni,
dell’inserimento dell’osteoporosi come emergenza sanitaria nei rispettivi piani sanitari.
La Commissione
igiene e sanità del Senato ha svolto altresì un’indagine conoscitiva sul
fenomeno dell’endometriosi come malattia sociale, procedendo
all’audizione di rappresentanti della pubblica amministrazione e di organismi
dello Stato e Ministeri, di studiosi, ricercatori, associazioni di pazienti e
società scientifiche di settore. Dal documento conclusivo (Doc. XVII n. 24) emerge che più del 50 per cento delle
donne malate di endometriosi in Italia è
collocato nella fascia di età compresa tra 29 e 39 anni, ma non è trascurabile
il riscontro di una quota di adolescenti pari allo 0,4 per cento. La
Commissione sottolinea in particolare la necessità di riconoscere l’endometriosi
come malattia sociale, di istituire una giornata dedicata alla patologia e di
registri regionali e nazionali, di promuovere campagne di educazione, di
individuare percorsi di esenzione nei trattamenti farmaceutici e di garantire
adeguato sostegno all’attività di ricerca dedicata alla patologia.
Su tale tema vedi il
capitolo Commissione Infanzia: salute e minori.
[1] Di cui alla legge n. 107 del 1990, di cui è disposta l’abrogazione.
[2] Sui problemi di coordinamento tra le due discipline sopra analizzate, con particolare riferimento alla materia delle sanzioni, cfr. il dossier del Servizio Studi Esito pareri n. 13.
[3] Convertito nella legge n. 141 del 2003.
[4] Con il D.M. 3 novembre 2003 sono fissati i criteri relativi alla definizione transattiva delle controversie in atto.