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Discussione del disegno di legge: S. 1819 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale (Approvato dal Senato) (A.C. 3194-A) (ore 17,15).
(Discussione sulle linee generali - A.C. 3194-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Di Gioia, ha facoltà di svolgere la relazione.
LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, nell'aprire la discussione sulle linee generali con la mia relazione, ovviamente a nome e per conto della Commissione e della maggioranza, vorrei ringraziare i membri della Commissione, il Governo, e se mi consentite, in modo particolare i funzionari e il presidente della stessa il quale ha lavorato con grande determinazione, con convinzione e anche con grande spirito di rispetto delle istituzioni e soprattutto della stessa Commissione bilancio.
Ringrazio con grande convinzione, lo sottolineo, i membri della Commissione bilancio e gli altri parlamentari che hanno avuto la capacità e il senso di responsabilità di modificare semplicemente alcuni articoli che erano stati così emendati al Senato e che - dobbiamo dire con grande obiettività - avevano ricevuto una copertura a nostro avviso impropria: di conseguenza, vi era la necessità e il dovere istituzionale, in base alla Costituzione, di rivedere le coperture e fare in modo che il provvedimento in discussione giungesse all'esame dell'Aula con coperture adeguate.
Nel corso dell'esposizione della relazione espliciterò in modo chiaro gli emendamenti introdotti al Senato che abbiamo modificato. Vorrei anche sottolineare, con fermezza, che bisogna ridare dignità alla Commissione bilancio, all'istituzione, al Parlamento: riteniamo necessario, infatti, tentare di approvare alcune proposte emendative che consentano al provvedimento di approdare in Aula con correzioni e modifiche dirette a determinare una diversa e migliore definizione del provvedimento medesimo. Rivendico tale risultato, essendo un parlamentare eletto dai cittadini italiani; ritengo di svolgere pienamente il compito che mi è stato assegnato.
Signor Presidente, dal quadro economico e finanziario emergono con evidenza due elementi di segno opposto. Per un verso, la situazione economica suscita preoccupazione: ad un livello globale, la crescita continua ad essere sostenuta dall'aumento del commercio internazionale.Pag. 68Tuttavia, le prospettive delle economie avanzate si sono offuscate negli ultimi mesi. Tali economie risentono della turbolenza sui mercati finanziari provocata dalle difficoltà del mercato immobiliare americano e dall'insolvenza dei mutui: per gli Stati Uniti e per l'area dell'euro le previsioni di crescita, sia per l'anno in corso sia per il 2008, sono state riviste al ribasso su valori significativamente inferiori rispetto ai risultati registrati nel 2006. Da ultimo, una ragione di serio allarme deriva dall'inatteso forte aumento del tasso di inflazione nell'area dell'euro, trascinato dal costante incremento del prezzo del petrolio e dalle tensioni sui mercati dei prodotti agroalimentari, in primo luogo dei cereali. Al tempo stesso, il perdurante rafforzamento dell'euro rispetto al dollaro rappresenta sicuramente un ostacolo alla competitività dei prodotti europei nei mercati mondiali. Tutti questi elementi si riflettono sicuramente sull'economia del nostro Paese: è pur vero che, dopo un lungo periodo (dal 2002 al 2006) in cui i livelli di crescita sono stati vicini alla stagnazione, nel 2006 si è manifestata una significativa ripresa che ha portato il tasso di aumento del PIL reale all'1,9 per cento. Tale ripresa, tuttavia, appare già insidiata dalle difficoltà e dalle incertezze che ho sopra richiamato. Le previsioni del Governo confermano, per il 2007, una stima di aumento del PIL dell'1,9 per cento, ma hanno già ridotto, dall'1,9 per cento indicato nel DPEF del luglio scorso all'1,5 per cento (e forse anche meno) contenuto nella Relazione previsionale e programmatica di fine settembre, le previsioni di crescita per il 2008. Non si possono escludere ulteriori revisioni al ribasso.
In questo scenario, una politica di bilancio espansiva ha una sua giustificazione: occorre, infatti, riconoscere che la politica monetaria si trova in un evidente imbarazzo: la Federal Reserve e la Banca centrale europea hanno reagito alle difficoltà dei mercati finanziari con forti immissioni di liquidità; la Federal Reserve ha anche diminuito i tassi di interesse.
Un ultimo intervento, in questo senso, è stato effettuato qualche settimana fa, sia pure soltanto per un quarto di punto. La Banca centrale europea, anche in questo caso, si è mostrata assai più cauta ad intervenire sui tassi di interesse e, senza dubbio, il brusco ed imprevisto aumento dei dati relativi all'inflazione accentuerà la prudenza dei banchieri di Francoforte.
L'onere di evitare che l'incertezza dei mercati finanziari, l'apprezzamento dell'euro rispetto al dollaro e l'incremento del costo del petrolio producano un forte contraccolpo sulle prospettive di crescita dei singoli Paesi europei ricade sulla politica di bilancio. È chiaro, d'altra parte, che a tale onere bisogna far fronte nel rispetto dei vincoli posti a tutela della stabilità e della sostenibilità dei conti pubblici.
Interviene qui il secondo elemento che caratterizza, in questo caso in senso positivo, il contesto in cui si colloca il disegno di legge di conversione in esame. Gli andamenti di finanza pubblica in Italia nel 2006 e nel 2007 sono stati segnati da un dato indiscutibile: un gettito tributario che ha notevolmente superato le previsioni.
Nel 2006 la revisione in aumento delle previsioni relative alle entrate tributarie operata dal Governo - prima con il DPEF di luglio del 2006, poi con la Relazione previsionale e programmatica per il 2007 - è risultata pari, nel complesso, a 16 miliardi di euro.
Analogamente, nel 2007 si è assistito a tre successivi interventi di aumento delle previsioni di entrata, per un totale di 18 miliardi di euro.
Altrettanto indicativi sono i dati che emergono dal confronto rispetto agli anni precedenti: nel 2006 le entrate dello Stato hanno superato l'ammontare delle medesime entrate dell'anno precedente per 35,8 miliardi di euro e nel 2007 le ultime proiezioni permettono di stimare un ulteriore aumento delle entrate dello Stato, rispetto al 2006, di 25,5 miliardi di euro.
L'aumento del gettito tributario può essere ricondotto a tre fattori: il più elevato livello di crescita del PIL, l'effetto di interventi normativi (in particolare diPag. 69quelli volti a recuperare base imponibile e a scoraggiare i comportamenti elusivi) e un'efficace azione di contrasto all'evasione. Non è tuttavia agevole determinare l'incidenza di ciascuno di tali tre fattori e, di conseguenza, diventa problematico stabilire con certezza quanta parte del maggior gettito abbia carattere strutturale e quanta parte, invece, dipenda dal ciclo economico.
L'invito ad assumere un atteggiamento di cautela proviene dalla stessa Relazione sui risultati della lotta all'evasione fiscale, predisposta dal Viceministro Visco e di recente trasmessa al Parlamento in attuazione di apposite disposizioni contenute nel comma 5 della legge finanziaria per il 2007.
Complessivamente, nella citata Relazione, si considera che, all'aumento delle entrate tributarie dello Stato nel 2007 rispetto al 2006, la crescita del PIL avrebbe contribuito per circa 16 miliardi di euro.
Una valutazione ispirata a prudenza impone di considerare tali risorse come interamente dipendenti dalla fase positiva del ciclo economico internazionale.
Secondo le stime del Governo, gli interventi contenuti nella manovra economica per il 2007 hanno determinato un aumento delle entrate di carattere permanente per 3 miliardi di euro. Le maggiori entrate, non spiegate dal ciclo economico o da sufficienti misure contenute nella manovra finanziaria, ammontano dunque a 12 miliardi, dei quali poco meno della metà è considerata dal Governo la conseguenza delle misure normative rivolte a limitare e a rendere più difficile l'evasione e l'elusione, recate dalla legge finanziaria per il 2007.
Anche questo maggior gettito può dunque considerarsi permanentemente acquisito.
I restanti 7 miliardi di euro di maggiori entrate sono attribuiti dal Viceministro Visco al recupero di base imponibile. Tale miglioramento dovrebbe essere imputato all'effetto sulle aspettative dei contribuenti, prodotto dalla rigorosa politica di contrasto all'evasione che il Governo ha intrapreso.
La permanenza di tali entrate nel tempo non può dunque ritenersi assicurata, a causa dei mutamenti anche repentini che possono manifestarsi relativamente a questo genere di aspettative.
Per il futuro, il Governo nota che difficilmente il miglioramento delle entrate proseguirà a ritmi sostenuti come è accaduto all'inizio della legislatura, anche se oggi abbiamo indicazioni che vi è un maggiore incremento del gettito.
Il fatto stesso di recuperare tassazione a una maggiore base imponibile restringe i margini per ulteriori incrementi del gettito nei prossimi anni. Ancor più rilevante è la considerazione che se una parte importante del maggior gettito è dovuta ad un maggior rispetto delle regole, indotto da un cambiamento delle aspettative dei contribuenti, tale comportamento può avere una durata temporale limitata e può esaurirsi di fronte ad un affievolimento della politica di contrasto all'evasione.
È chiaro, quindi, che distinguere la natura strutturale o transitoria delle maggiori entrate è un dato fondamentale per decidere la strategia di utilizzo delle risorse. Il termine «tesoretto» quindi è del tutto improprio in un Paese in cui i conti pubblici sono comunque ancora in deficit, anche se la consistente manovra correttiva effettuata con la legge finanziaria per il 2007 e l'andamento positivo del gettito tributario hanno permesso di riportarli in linea con i vincoli comunitari.
Nel 2006 l'indebitamento netto, anche per effetto di voci di spesa di carattere straordinario, è risultato pari al 4,4 per cento del PIL. Nel 2007 si prevede che esso si riduca al 2,4 per cento e per il 2008, anche tenendo conto delle misure espansive contenute nel disegno di legge finanziaria, si prospetta un valore del 2,2 per cento del PIL.
Si può dunque affermare che è stato ricostituito un significativo margine di sicurezza idoneo ad impedire uno sforamento del deficit dei conti pubblici rispetto alla soglia del 3 per cento del PIL.Pag. 70Per questo motivo, se è del tutto fuorviante pensare a un «tesoretto» da distribuire, si può tuttavia ritenere che, in presenza di risorse maggiori rispetto a quelle previste, il Governo ha valutato la destinazione sulla base delle condizioni economiche e sociali non facili in cui il Paese si trova.
Ancora più fuorviante è il termine «tesoretto» se si pensa all'entità del debito pubblico italiano. La dimensione del debito pubblico in rapporto al PIL in Italia non è soltanto una delle più alte del mondo e richiede un'attenzione costante per evitare che nel lungo tempo possa essere pregiudicata la sostenibilità dei conti pubblici. A questo dato, infatti, si aggiunge che un ammontare complessivo del debito pubblico a livello tanto elevato comporta anche, annualmente, un onere per interessi oltremodo pesante. Si tratta di un esborso pari al 4,9 per cento del PIL, vale a dire poco meno di 80 miliardi di euro. Per tale ragione non possiamo fare a meno di chiederci se le maggiori entrate non potevano essere destinate interamente alla riduzione del debito.
Ha ragione il Ministro dell'economia e delle finanze quando rileva che i conti pubblici vanno meglio di quanto concordato in sede europea (dove si era pattuito per il 2007 un indebitamento netto non superiore al 2,5 per cento del PIL) e che l'anno scorso è stato compiuto uno sforzo straordinario che permette quest'anno di riprendere fiato.
È anche vero che quando le cose vanno bene o, per meglio dire, vanno un po' meno male, è più facile fare qualche sforzo aggiuntivo. Ancora più importante è che la riduzione del debito pubblico permette di dare alla politica economica una prospettiva di lungo periodo che, altrimenti, rischia di perdersi soprattutto se le risorse disponibili sono disperse fra miriadi di interventi, spesso di portata limitata e di carattere episodico.
D'altra parte, come ho brevemente cercato di dimostrare, siamo di fronte ad una situazione nella quale le prospettive di crescita, non soltanto in Italia, sono minacciate da seri fattori di incertezza. Nel nostro Paese, in particolare, si avverte, a livello di percezione comune, uno stato di forte disagio e di generale peggioramento del tenore di vita, e in questo contesto l'impianto del decreto-legge che ci accingiamo ad esaminare appare fondamentale e condivisibile nelle sue linee.
Le risorse che vengono utilizzate provengono in larga parte dalle maggiori entrate tributarie, pari a 5.978 milioni di euro, registrate nel corso dell'esame del disegno di legge di assestamento. Ulteriori risorse per 1.300 milioni di euro si sono rese disponibili per effetto delle rideterminazioni in diminuzione del contributo che l'Italia è tenuta annualmente a versare al bilancio comunitario. Tale riduzione dello stanziamento di bilancio era già stata registrata nel corso dell'esame del disegno di legge di assestamento. È stato inoltre possibile recuperare 1.100 milioni di euro dal Fondo per le aree sottoutilizzate.
Nel complesso, dunque, il decreto-legge ha potuto avvalersi di una disponibilità per circa 8 miliardi e 400 milioni di euro.
Proprio per tener conto, in via prudenziale, dell'incertezza sul carattere strutturale o meno delle maggiori entrate tributarie, si è scelto di utilizzare tali risorse per misure di spesa la cui efficacia si esaurisce nel 2007. Gli effetti finanziari del decreto-legge nel 2008 e negli anni successivi sono trascurabili. Sotto il profilo istituzionale e procedurale, questa scelta significa che il decreto-legge, a differenza di quanto è accaduto più volte in anni recenti con decreti-legge adottati contestualmente al disegno di legge finanziaria, non anticipa una parte consistente della manovra svuotando, di fatto, la legge finanziaria delle misure più rilevanti che dovrebbero costituirne il contenuto.
La finalità che si è voluto privilegiare con l'utilizzo delle risorse disponibili è stata, in primo luogo, la spesa per investimenti pubblici, destinati, in particolare, alla realizzazione di infrastrutture.
Complessivamente il decreto-legge prevede interventi di spesa in conto capitale per oltre 3,5 miliardi di euro, tanto conPag. 71riferimento al bilancio dello Stato, quanto con riferimento al conto consolidato delle amministrazioni pubbliche.
L'impiego di risorse per investimenti nei settori delle infrastrutture appare particolarmente apprezzabile proprio sotto il profilo economico, sebbene gli stanziamenti si riferiscono soltanto all'anno 2007. Essi possono produrre un beneficio di carattere strutturale. Si tratta, infatti, di interventi che consentono l'utilizzo delle risorse su iniziative che, nel medio e lungo periodo, sono idonee a incrementare il potenziale di crescita dell'economia del Paese. Proprio per questa ragione, tali interventi consentono di migliorare la qualità della spesa pubblica.
La seconda finalità che, nell'ambito delle misure adottate dal decreto-legge, assume un rilievo predominante è rappresentata dagli interventi a favore degli fasce più deboli, i cosiddetti incapienti.
Anche in questo caso, diversi profili vengono a giustificare la scelta compiuta: innanzitutto, un criterio di equità sociale, in base al quale una quota delle maggiori risorse disponibili viene destinata alle fasce della popolazione che hanno i redditi più bassi; in secondo luogo, la volontà di cercare di intervenire, sia pure con tutti i limiti di efficacia di una misura limitata ad un solo anno, su situazioni di reale e forte disagio che nel nostro Paese, purtroppo, si stanno estendendo; in terzo luogo, da un punto di vista più economico, un sostegno ai consumi per i quali - come ha osservato di recente la Banca d'Italia - si moltiplicano i segnali di rallentamento.
L'impianto complessivo del decreto-legge risulta, dunque, rispondente alle esigenze imposte dalla situazione economica e finanziaria. Si evitano misure di spesa di carattere permanente a fronte dell'incertezza sulla natura strutturale delle maggiori entrate. Si privilegia la spesa per investimenti e il sostegno alle fasce più deboli.
Un ulteriore intervento relativo alle infrastrutture - mi riferisco a quegli interventi che producono effetti positivi - riguarda l'articolo 2, che prevede la destinazione...
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Di Gioia.
LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, nel momento in cui avrò esaurito il mio tempo, le chiedo di poter consegnare il testo della relazione, quindi, mi interromperà sicuramente...
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, per la verità il tempo a sua disposizione è esaurito.
LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, a questo punto vorrei semplicemente far presente all'Assemblea che la Commissione ha lavorato con grande determinazione, intrattenendo rapporti politici importanti con l'opposizione, e ha lavorato con la maggioranza. In buona sostanza, si è tentato di produrre un testo che andasse nella direzione di recuperare le deficienze che al Senato erano state determinate dall'approvazione di alcuni emendamenti.
Noi abbiamo ritenuto di poter presentare tale testo in Assemblea e, con grande responsabilità, sia in virtù dei tempi brevi, sia in virtù del fatto che questo decreto-legge - come affermavo anche in precedenza - produce effetti importanti sugli investimenti, sull'equità sociale, sui termini e, quindi, anche sugli indirizzi programmatici che questo Governo si è dato, abbiamo ritenuto di poter emendare soltanto alcuni articoli. Lo abbiamo fatto con grande convinzione e con grande responsabilità. Vorrei ancora sottolineare che richiediamo che vi sia, nel prossimo futuro, un rilancio della dignità della stessa Commissione.
Signor Presidente, ringrazio nuovamente i commissari, i parlamentari, il Governo, i funzionari e il presidente della Commissione, che si è adoperato, e chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.Pag. 72
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica per tentare di fornire risposte più puntuali alle osservazioni che gli onorevoli deputati svolgeranno nei loro interventi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alberto Giorgetti. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Signor Presidente, la relazione del relatore - che ringrazio, comunque, in apertura, per lo sforzo che ha profuso nel confronto con l'opposizione - rischia di dare un'idea del confronto avvenuto attorno a questo argomento che, a mio modo di vedere, è fuorviante rispetto agli elementi che devono essere posti all'attenzione dell'Assemblea e del Paese, all'inizio del dibattito, in questa sede, su questo decreto-legge, che è parte integrante e collegato alla legge finanziaria del 2008.
Innanzitutto, signor Presidente, abbiamo il dovere di denunciare un metodo che porta ad avere, oggi, un ruolo della Camera che si è indebolito negli ultimi mesi e che rischia di essere ancora più debole nei prossimi passaggi su materie tanto importanti e delicate che riguardano la situazione dei conti pubblici, del bilancio dello Stato e, più in generale, il tema dello sviluppo dell'economia.
Signor Presidente, abbiamo già denunciato, in sede di presentazione delle questioni pregiudiziali di costituzionalità, che gli elementi inseriti nel decreto-legge originario da parte del Governo potevano essere tranquillamente inseriti in un disegno di legge e affrontati in sede di legge finanziaria, all'interno di un testo più organico che impostasse la manovra finanziaria del 2008, perché, all'interno di questo decreto-legge, gli elementi di necessità e urgenza sono davvero pochi. Solo alcuni temi, che riguardano certi aspetti dell'attività infrastrutturale, meritavano sicuramente delle risposte; per il resto, sono tutti interventi che fanno riferimento alla necessità palese, che si evidenzia più che mai in queste ore, di una tenuta complessiva di una maggioranza che, ormai ovunque, mostra la corda e che, a fronte di pochi euro apparentemente disponibili nelle casse dello Stato, ha avuto la necessità di ripartire tali risorse per incentivare - diciamo così - la permanenza all'interno della maggioranza e la sopravvivenza di questo Governo.
Signor Presidente, attorno a questo problema si stanno giocando anche gli equilibri nel rapporto - come affermavo in precedenza - tra Camera e Senato. All'interno di questo decreto-legge si prevede una serie di interventi microsettoriali che puntano a dare risorse, chiaramente quantificate, nei confronti di alcune realtà che rappresentano indubbiamente settori molto limitati della vita sociale, del mondo del volontariato e della vita reale del Paese, ma che non meritano, certamente, interventi di necessità e di urgenza, che devono essere richiamati e riqualificati come interventi necessari per lo sviluppo.
Questo argomento, ovviamente, sta dimostrando concretamente come si uniscano due problemi: il tema del rapporto tra Camera e Senato, ossia come noi vogliamo interpretare il rapporto con il Senato, e le difficoltà di questa maggioranza.
È evidente che l'esito del lavoro - lo dico con grande serenità al presidente della Commissione, al relatore e al Governo - è particolarmente negativo. È vero che sono stati sistemati alcuni elementi che erano palesemente scoperti a causa di quanto inserito al Senato e ve ne diamo atto. Tuttavia, è altrettanto vero che nulla si è modificato né sul piano politico, né su quello del miglioramento del testo, né, evidentemente, per quanto riguarda gli obiettivi indicati nel titolo di questo decreto-legge. In altre parole, non si è dato vita, fino in fondo, ad un decreto-legge che potesse realmente permettere una crescita ulteriore e un percorso di sviluppo, che sta in questo momento frenando, ma che potrebbe essere sostenuto con maggior vigore.Pag. 73
Pertanto, è evidente come questa Camera - anche alla luce dell'atteggiamento del Premier e della maggioranza - si stia indebolendo pesantemente e come si stia indebolendo il Paese (e questo, evidentemente, ci sta più a cuore).
Infatti, se in questa sede non abbiamo più la possibilità di intervenire, grazie alla conduzione dei lavori della Commissione (che, a mio avviso, deve essere rivista per la prossima legge finanziaria) e se riteniamo di dover cercare una sintesi tra maggioranza e opposizione (improbabili oggi, se non attorno ad alcune grandi questioni, che non vengono mai affrontate), è evidente che rischiamo di trovarci in una «palude», anche con la prossima legge finanziaria.
Riteniamo che il fatto che si rischi - e mi auguro che il sottosegretario Lettieri non venga smentito in tal senso - di assistere alla posizione della questione di fiducia tra qualche ora costituisca anche uno spossessamento dell'attività parlamentare della Camera. Si creerebbe un grave precedente, ossia quello di approvare un provvedimento alla Camera con un voto che non si sarebbe «celebrato» né in Commissione, né in Assemblea. Il fatto che i voti non vengano «celebrati», né in Commissione, né in Assemblea, rappresenta un vulnus palese nei confronti della Camera dei deputati e del sistema bicamerale, che oggi regola la vita e la formazione delle norme in questo Paese.
Tale argomento è nella disponibilità soprattutto della maggioranza, deve riguardare il Presidente della Camera e l'opposizione, ovviamente, ha tenuto fino ad oggi un atteggiamento particolarmente responsabile rispetto ad esso. In Commissione, abbiamo proposto alcuni elementi che consideriamo importanti per il miglioramento del testo, ma la maggioranza non è riuscita a trovare la sintesi. Questa è una presa d'atto che dobbiamo ovviamente fare in questa sede e che ci richiama al lavoro che dovremo svolgere nei prossimi giorni.
Infatti, signor Presidente, vi è un tema che ha trattato il relatore nella parte iniziale del suo intervento e che consiste nel rapporto con l'Europa e nella situazione dei conti pubblici, che stiamo affrontando in questi giorni ma che è frutto, evidentemente, di un percorso che abbiamo visto, in particolar modo, in questi ultimi mesi.
Lo ricordo a me stesso: all'inizio del Governo Prodi, la Commissione Faini - messa in piedi dal Ministro dell'economia e delle finanze - avrebbe dovuto dimostrare la gravità della situazione dei conti pubblici, ipotizzando addirittura come, all'inizio della nostra legislatura, ci fosse uno sforamento assolutamente grave nei confronti degli obiettivi fissati e assunti da parte dell'Italia in sede europea. Quei rilievi mano a mano si sono sgretolati, giorno per giorno.
La Commissione Faini è stata chiaramente smentita anche dal rendiconto 2006 appena approvato. Si è dimostrato concretamente come l'attività svolta dal Governo di centrodestra abbia sostanzialmente mantenuto, all'interno dei parametri stabiliti in sede europea, il controllo della spesa pubblica.
Invece, in questi mesi, grazie alle successive iniziative di ripartizione delle risorse, è apparsa una diversa condizione dei conti pubblici ed è emerso improvvisamente il tesoretto, con una sottostima sia per quanto riguarda le entrate, sia per quanto riguarda la spesa. Riteniamo, infatti, che questo decreto-legge - nonostante i miglioramenti che sono stati apportati nell'ultima serata, cioè ieri, dell'attività della Commissione relativamente alla copertura finanziaria - sia un decreto-legge fondamentalmente scoperto.
Infatti, non ha risolto una serie di questioni. Basti pensare alla vicenda degli LSU in Calabria (si apprestano risorse per il 2007 laddove già vi sono diritti soggettivi garantiti in modo permanente per gli anni successivi) e ad altri interventi che sono stati inseriti e che la relazione tecnica del Governo non ha volutamente affrontato. Non ricordo che durante l'esame della legge finanziaria vi sia stato un provvedimento in cui non sia stato certificato, mediante una relazione tecnica, tutto ciò che è stato inserito al Senato e che non faPag. 74parte del decreto-legge varato dal Governo, che viene di fatto omesso nella valutazione compiuta dagli uffici della Camera. É stato dimostrato, concretamente come buona parte di queste norme siano sostanzialmente prive di copertura finanziaria. Quindi, non vi è nemmeno la virtù del controllo della spesa pubblica, annunciata da parte del relatore. Invece, vi è un problema reale: la spesa pubblica, anche grazie al decreto-legge in discussione cresce e i saldi su cui è stata costruita la legge finanziaria, a questo punto, si presentano molto dubbi. Abbiamo la sensazione che il Paese perda una grande occasione di rilancio per quanto riguarda la propria competitività e l'opportunità di crescere in maniera adeguata rispetto a potenzialità che ancora oggi vi sono, ma che non vengono valorizzate da questi provvedimenti.
Inoltre, in relazione al tema del controllo della spesa pubblica, questione che a noi sta particolarmente a cuore, l'onorevole Di Gioia, nel corso del proprio intervento, ha affermato che la definizione tesoretto sia impropria. Benissimo, si sarebbe potuta compiere una scelta coraggiosa: rendere più efficiente il sistema dei conti pubblici mediante la riduzione drastica del deficit e un intervento più chiaro sul tema del debito pubblico. Invece, è stata fatta un'altra scelta: dare una «mancia» ai cittadini che hanno indubbiamente problemi significativi (che, comunque, noi stessi non disconosciamo, in quanto siamo tutti sensibili al tema degli incapienti). Diciamolo con altrettanta chiarezza: questo intervento rappresenta appunto poco più che una «mancia» per cercare di arrivare - probabilmente - a fine anno senza avere condizioni di difficoltà economica superiori a quelle che vi sono oggi. Tuttavia, non possiamo certo considerarlo un intervento strutturale. L'onorevole Leo ed altri colleghi, hanno già dimostrato concretamente (al di là del fatto che ci si sia tornati a soffermare in maniera positiva sul testo iniziale del Governo) come la norma, come così come è stata scritta, faccia fatica a sussistere, anche dal punto di vista della normativa fiscale. Pertanto, come ho già detto poc'anzi, si tratta di un intervento che complessivamente - e in buona misura - disperde risorse e non si concentra sugli obiettivi fondamentali che l'Italia avrebbe dovuto rispettare in sede europea. Esso inoltre non si concilia con la linea data da Padoa Schioppa al momento all'insediamento sullo scranno di Ministro dell'economia e delle finanze, in occasione del quale aveva tracciato un percorso: controllo e rigore della spesa pubblica (la quale, invece, sta crescendo) e sostegno alla crescita (la quale, invece, si sta riducendo, come voi stessi avete scritto nella nota di aggiornamento al DPEF). Gli interventi adottati intorno al tema dei cosiddetti tesoretti e la legge finanziaria per l'anno 2007 hanno ridotto la crescita.
Non avete affrontato all'interno di questo provvedimento, temi importanti che devono essere affrontati nella prossima agenda della legge finanziaria, che riguardano questioni significative e che avrebbero meritato probabilmente una decretazione d'urgenza ulteriore rispetto a ciò che è stato inserito in questo provvedimento. Vorrei fare un esempio per tutti: l'intervento compiuto nella legge finanziaria nei confronti degli enti locali - di scambio tra trasferimenti dello Stato e comuni da una parte e aumento dell'ICI e modifica delle rendite catastali dall'altra - oggi ha determinato grandissime difficoltà per gli stessi comuni. Già in sede di esame della legge finanziaria avevamo denunciato che la norma ricordata avrebbe costituito un'ulteriore difficoltà per i bilanci degli enti locali. Si è dimostrando, concretamente, come tale difficoltà si stia appalesando. Con questa norma si interviene su un tema, sicuramente importante ma non prioritario: l'avanzo di bilancio dei comuni destinato all'estinzione dei mutui anticipati mediante la previsione di un Fondo di sostegno da parte dello Stato relativamente agli interessi. Dunque, l'impressione è che si vada avanti a tentoni e che gli elementi che tengono insieme questo decreto-legge facciano riferimento ai problemi della maggioranza.
È evidente che, all'interno di questo decreto-legge, i problemi della maggioranzaPag. 75si intravedono in alcune questioni molto concrete che sono le stesse che stanno animando, in questo momento, un confronto molto duro al Senato sul voto finale della legge finanziaria per il 2008. A noi piacerebbe poter discutere di temi diversi: Bersani aveva avviato la sua attività immaginando un lungo percorso di riforme, di liberalizzazioni, di interventi che avrebbero dovuto dare una spinta significativa a determinate situazioni del Paese, di categorie, di realtà imprenditoriali, di giovani che non trovano oggi sbocco in un mercato che viene considerato sostanzialmente bloccato. Penso al tema dell'energia: si affronta in modo maldestro la semplificazione delle procedure in materia di rigassificatori senza risolvere il problema. Non si risolve il problema strutturale della necessità di energia per il nostro Paese, non si affronta con coraggio neanche il tema delle liberalizzazioni. Lo si disciplina in un articolo, a fine anno, laddove il decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, cosiddetto «Letta», prevedeva già, per il periodo successivo al 31 dicembre la necessità, per le aziende municipalizzate del territorio, di partecipare ad una gara. Offriamo alle aziende la possibilità di ottenere ancora concessioni per i prossimi anni facendo slittare, per circa quattro anni, la possibilità di espletare, una volta per tutte, le gare e quindi consentire al mercato di cominciare ad organizzarsi, a realizzarsi sul tema delicato del gas, con la possibilità di ottenere significativi sconti per le famiglie e per le imprese e dando vita, una volta per tutte, ad un percorso di reale concorrenza.
Anche da questo punto di vista i segnali sono contraddittori: da una parte dichiarate la volontà di andare avanti con il percorso di liberalizzazione, dall'altro agite in questo modo garantendo, ancora una volta, i presidi di monopolio. Allora, signor Presidente, quello al nostro esame è un decreto-legge che, ovviamente, manifesta problematiche di carattere metodologico, problematiche strutturali, ormai legate alla vita stessa dei Regolamenti di Camera e Senato. Si tratta di un'interpretazione sempre più difficoltosa delle questioni da affrontare concretamente da parte del Parlamento - della Camera, in particolare - relativamente alle priorità del nostro Paese che vengono in questo modo confuse, «annacquate». È un'interpretazione, insomma, che non risolve alcuna questione strutturale. Si tratta di interventi continui che danno, in qualche modo la stura, giorno per giorno, ad una serie di misure che hanno natura permanente, e che determinano, per necessità di equilibri di maggioranza, una serie di diritti che rappresentano un ulteriore ostacolo e peso per la spesa pubblica. Non diamo segnali concreti sul tema delle liberalizzazioni di cui il nostro Paese ha bisogno e non riusciamo nemmeno a cogliere gli obiettivi di rassicurazione, in sede finanziaria internazionale, su ciò che l'Italia può e deve raggiungere non solo in sede europea, ma anche nella competizione internazionale. Siamo quindi di fronte ad un provvedimento che, non solo non determina lo sviluppo e non contribuisce alla crescita, ma rischia di frenare ulteriormente l'economia a causa di una serie di incertezze laddove le regole del gioco vengono, di fatto, cambiate. Se questa è la premessa per il dibattito che affronteremo sulla legge finanziaria credo, signor Presidente, che ci troveremo ancora una volta a dover celebrare un nulla di fatto per la Camera e ciò perché oggi non esistono le condizioni per fare una sintesi reale.
Nel prosieguo del nostro dibattito sarà molto più opportuno riuscire ad affrontare concretamente le proposte dell'opposizione e della maggioranza. Noi sfidiamo la maggioranza a votare anche gli emendamenti ed a riuscire a discutere concretamente con l'opposizione di un'eventuale riduzione del numero complessivo delle proposte emendative. Come gruppo di Alleanza Nazionale manifestiamo fin da ora la nostra disponibilità: se il tema è la posizione o no della questione di fiducia a fronte di una disponibilità reale al confronto - che non si è avuto in Commissione - siamo anche disponibili a rivedere il numero complessivo degli emendamenti,Pag. 76ma solo a fronte di una vera volontà di affrontare le questioni salienti del Paese, stanziando le risorse indispensabili per le necessità che incombono.
Signor Presidente, concludo, per poi riprendere l'argomento nel corso della discussione sul complesso degli emendamenti e in sede di dichiarazione di voto, ribadendo che questo decreto-legge rappresenta una forzatura rispetto alle esigenze del Paese, di una maggioranza che oggi sta insieme esclusivamente per determinare nuovi livelli di spesa, che va ulteriormente a complicare la tenuta dei conti pubblici e il controllo della spesa e che, quindi, non rappresenta il miglior inizio per una sessione di bilancio che ci vedrà impegnati nei prossimi giorni e che, a nostro modo di vedere, peggiorerà ulteriormente le condizioni dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, per sopraggiunti impegni sono costretto a lasciare Roma. Chiedo dunque che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Fasolino, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Rocco Pignataro. Ne ha facoltà.
ROCCO PIGNATARO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, l'odierna discussione sulle linee generali del decreto-legge recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria avvia nell'aula di questo ramo del Parlamento la discussione sulla manovra finanziaria per il 2008, della quale questo decreto-legge collegato costituisce parte integrante. In particolare, questo provvedimento contiene norme dirette a predisporre la ripartizione delle maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni del Documento di programmazione economico-finanziaria per il 2007, prevedendo, altresì, disposizioni per la riduzione della spesa e per lo snellimento di procedure, al fine di favorire una maggiore rapidità nell'utilizzo delle risorse già stanziate.
Per la prima volta, da molti anni, la manovra predisposta dal Governo risulta particolarmente leggera, pur consentendo il rispetto dei parametri del patto di stabilità e degli accordi raggiunti nel corso della precedente legislatura con la Commissione europea per il rientro del rapporto tra deficit e prodotto interno lordo. Alla luce degli elementi contenuti nella nota di aggiornamento al Documento di programmazione economico-finanziaria, recentemente presentata alle Camere, infatti, il rapporto tra indebitamento e PIL si attesterà al 2,4 per cento nel 2007 e al 2,2 per cento nel 2008, ad un livello, quindi, inferiore a quanto previsto nel DPEF dello scorso anno. Tali risultati sono stati resi possibili dal positivo andamento delle entrate tributarie, che ha consentito al Governo di destinare maggiori risorse agli interventi di carattere equitativo e di sostegno all'economia. È la seconda volta, nel corso del 2007, che registriamo un extragettito. I sei miliardi di euro contenuti del decreto-legge al nostro esame si aggiungono ai 7,5 miliardi di euro di cui al decreto-legge n. 81 dello scorso luglio. Questo risultato rappresenta il segno di come la lotta all'evasione fiscale sia un aspetto fondamentale della politica del Governo dell'Unione, non solo dal punto di vista della finanza pubblica, diretta alla crescita del Paese e alla giustizia sociale, ma anche dal punto di vista del rafforzamento dell'etica e del senso dello Stato.
Questa è la via che abbiamo intrapreso e che rivendichiamo: non maggiori tasse, ma tasse eque, pagate da tutti e rigorosamente utilizzate. In un anno i nostri conti sono usciti dalla zona di pericolo: questa è la chiara verità, che nessuna campagna di disinformazione può cancellare. Come il Ministro Padoa Schioppa ha più volte ricordato, in un anno l'abbandono della pratica miope dei condoni e la serietàPag. 77degli accertamenti fiscali hanno determinato un cambio di rotta davvero forte, ma lo sforzo che il Paese ha compiuto sul piano fiscale, soprattutto alla luce della finanziaria approvata lo scorso anno, necessita oggi di provvedimenti a sostegno della crescita e rivolti ad una maggiore equità. Da questo punto di vista, è sembrata curiosa la polemica portata avanti dall'opposizione, che ha chiesto di destinare l'intero extragettito alla riduzione del debito. L'anno scorso la priorità era far quadrare i conti; quest'anno, passata l'emergenza, è necessario guardare oltre, sostenere i soggetti più deboli della società e passare dal risanamento alla crescita, ma, soprattutto, all'equità.
In tale contesto, l'integrale destinazione, da parte del decreto-legge in esame, dell'extragettito alla riduzione del volume globale del debito avrebbe finito per determinare un rallentamento del trend di crescita e di sviluppo del sistema economico, con tutte le conseguenze negative che ciò avrebbe comportato. In quest'ottica, il Governo ha incentrato la propria manovra non solo sul risanamento dei conti pubblici, ma anche su di un progetto complessivo di rilancio dell'economia. La manovra del 2008 si caratterizza infatti come di restituzione e semplificazione fiscale, di sostegno agli investimenti e allo sviluppo, nonché di rafforzamento del sistema di protezione sociale. In tale quadro si inseriscono le misure recate dal decreto-legge in esame per le infrastrutture, per l'edilizia residenziale pubblica, per l'adempimento di impegni finanziari di sostegno ad interventi per la pace e lo sviluppo, nonché per la lotta a gravi malattie diffusive, per i servizi socio-educativi, per la prima infanzia ed infine per la mobilitazione di risorse a favore della mobilità sostenibile e per il rinnovo del contratto del pubblico impiego. Si tratta - come ben si vede - di impegni che erano rimasti sospesi per troppo tempo, configurando un grave inadempimento, con relativa caduta di credibilità, a carico del nostro Paese.
La manovra per il 2008 dovrà dunque essere non semplicemente lo strumento per risistemare i conti, ma anche un'occasione per dare all'Italia una nuova direzione nella politica economica e nell'uso della spesa pubblica. Questo è l'obiettivo che noi Popolari-Udeur, insieme alle altre componenti della maggioranza, intendiamo raggiungere: e, per tale ragione, il primo passo che così si compie è per noi di fondamentale importanza. Anzi, siamo convinti che debba esserlo anche per l'opposizione, se essa vuole essere seria e costruttiva, poiché è su questo fronte che si gioca il futuro dell'Italia agli occhi degli stessi italiani e della comunità internazionale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, condivido in pieno le considerazioni svolte dal collega Alberto Giorgetti: in particolare quelle relative al metodo con cui si è arrivati a licenziare per l'esame dell'Assemblea il disegno di legge di conversione del decreto-legge, un metodo che non è consono con la dignità e il ruolo dei parlamentari. In proposito, chiediamo quindi con forza che, in sede di esame del disegno di legge finanziaria, tale metodo cambi. Anche alla luce di quel che sta avvenendo al Senato e di quanto è avvenuto in Commissione (ove sostanzialmente non vi è stata la possibilità di discutere di alcunché: questo è il punto essenziale), noi del gruppo della Lega Nord annunciamo l'impegno formale a ridurre il numero delle nostre proposte emendative al minimo necessario: una cinquantina, per noi, bastano e avanzano. Sicuramente, dunque, non sarà colpa nostra se sarà posta la questione di fiducia.
Al di là di questo aspetto, desideriamo tentare di svolgere un intervento leggermente diverso dal normale: tenteremo infatti di dare una lettura del decreto-legge un poco più approfondita, uscendo dai numeri e cercando di esaminare il dato politico. In questo senso, desidero fare riferimento, in particolare, ad un'interessante tesi di Luca Ricolfi, autorevole esponente della sinistra, il quale paventa come la politica del Governo Prodi rischi diPag. 78muoversi contro quel che sta avvenendo nel nostro Paese. Mi spiego. Sostanzialmente, nel suo interessante volume, Ricolfi suddivide la società italiana in tre strutture territoriali e sociali. La prima è «l'Italia delle garanzie» cioè l'Italia dei pensionati, della pubblica amministrazione, degli operai delle grandi aziende. La seconda è «l'Italia del rischio», cioè quella degli operai delle piccole aziende, delle partite IVA, degli artigiani, dei commercianti: l'Italia più attiva ed attualmente maggiormente in difficoltà e vulnerabile, che ha una forte concentrazione in Padania e in particolare nel Lombardo-Veneto.
La terza è «l'Italia della forza», delle zone del Paese dove l'illegalità è diffusa e dove, addirittura, fette del Paese non sono sotto il controllo dello Stato, bensì delle organizzazioni mafiose e criminali: l'Italia dell'illegalità e delle connivenze politiche.
Proviamo a dare una lettura del disegno di legge di conversione al nostro esame alla luce di questi tre modelli.
Vediamo dove e a chi vengono dati i quattrini alla luce di questa tripartizione molto semplice, e da dove si va a recuperarli.
Con riferimento all'«Italia delle garanzie» e, quindi, dell'assistenzialismo, dell'assistenza e dei sindacati che la fanno sempre da padrone osserviamo che all'articolo 12 sono stanziati 150 milioni di euro per la scuola, ma solo perché si rinvia all'anno venturo, con l'obiettivo poi di rinviare all'anno dopo ancora (sappiamo, infatti, come tutto andrà a finire con il «mille proroghe»), la questione dei 47 mila esuberi presenti nel mondo della scuola.
Il Governo Prodi ha varato una legge finanziaria in cui è stabilito un parametro (il famoso 0,4): viene fuori che vi sono 47 mila esuberi nella scuola e si decide, all'articolo 12, di destinare 150 milioni di euro altrimenti non tornano i conti, e di eliminare la clausola di salvaguardia (e, quindi, non vale più il risparmio che andava realizzato secondo il relativo comma contenuto nella legge finanziaria).
Traducendo, tali esuberi ci sono - lo sappiamo e sono tutti convinti che si tratta di esuberi -, ma se ne parlerà domani.
All'articolo 15 sono previsti 1.000 milioni di euro per i contratti della pubblica amministrazione. All'articolo 21 si investe nelle case popolari: si tratta di una questione delicata (e siamo anche d'accordo), ma vi è modo e modo per farlo.
Non si interviene in alcun modo nell'assicurare garanzie ai nostri cittadini. Nel mio paese, di cui fortunatamente sono il sindaco, il primo italiano - non dico lombardo - in graduatoria per le case popolari si colloca al ventesimo posto. Secondo noi, sarebbe il caso di iniziare ad aiutare prima tutti i cittadini italiani; ciò non significa non aiutare anche chi arriva disperato perché in difficoltà, ma noi abbiamo i nostri cittadini che sono disperati e in difficoltà, ed in graduatoria dovrebbero arrivare prima loro.
L'articolo 24, invece, assegna risorse ai comuni in dissesto. È il solito messaggio del tipo: «sbarellate pure con i soldi pubblici, tanto poi arriva mamma Stato che mette una pezza» (al riguardo, la questione della sanità del Lazio e della Campania e dei rifiuti in Campania è nota, e dunque si tratta del solito andazzo).
Vi sono poi gli articoli 27 e 43 sui lavoratori socialmente utili: anche in questo caso sono destinati soldi sempre e solo nell'ottica dell'«Italia delle garanzie» e ciò comporta l'assunzione di persone senza il criterio del merito e senza concorso, magari perché il capo banda di turno ha deciso che andava bene fare così.
Si tratta di tanti soldi; vedremo poi di fare un conto, ma prima vorrei concludere l'elenco dei pagamenti fatti all'«Italia delle garanzie» e dell'assistenzialismo, ricordando l'articolo 44, che prevede 150 euro per gli incapienti. Anche in questo caso noi non siamo contrari a dare soldi alle famiglie povere, ma bisogna definirne bene il criterio ed il modo, poiché vi sono famiglie povere anche perché non dichiarano reddito.
Abbiamo avuto modo di verificare un esempio molto divertente sempre dalle mie parti: una signora anziana, che vive in unaPag. 79casa popolare, mi è venuta a chiedere tutta contenta se anche lei avrebbe ricevuto i 150 euro. Le ho risposto che forse ne avrebbe percepiti anche 300. Ma in realtà, la signora vive in una casa popolare ed ha tre figli con i Suv (i famosi Suv)!
Quindi, bisogna capire fino a che punto sia utile questo tipo di aiuto: vi è modo e modo di aiutare gli incapienti. Il modo migliore, secondo noi, è quello delle detrazioni e di non far pagare le tasse: più che non far pagare le tasse, zero è zero! Andare oltre diventa molto rischioso.
Tornando ai lavoratori socialmente utili, a regime si tratterà di una mega-assunzione di 350 mila persone (il 10 per cento in più rispetto agli attuali tre milioni e mezzo).
In Italia oggi la macchina pubblica è grande tanto quanto quella degli Stati Uniti d'America.
Il PIL dell'Italia è un po' più basso. In Calabria abbiamo gli stessi numeri di guardie forestali del Canada e qualche incendio in più. Evidentemente qualcosa non quadra. Non costituisce una soluzione assumere tutti per ridurre la disoccupazione, ma la soluzione è creare ricchezza e lavoro. Ciò non crea né ricchezza né lavoro. Inoltre, sarà arduo recuperare il punto di PIL negli anni a venire. Infatti, si tratta di una cifra che varia dai 15 ai 20 miliardi in più, perché voi coprite la prima parte per i primi mesi del primo anno. Tuttavia, nelle future leggi finanziarie sarà necessario reperire dai 15 e 20 miliardi di euro in termini di maggiori entrate per sostenere il costo di tali assunzioni. Ovviamente, a vostro avviso il problema non si pone, perché aumenterete ulteriormente la pressione fiscale, sperando che «l'Italia 2», quella del rischio, quella che mantiene l'intero Paese, sia in grado di continuare in eterno. Però è difficile che si possa proseguire con tale livello di tassazione.
Veniamo ora alla terza Italia, quella che Ricolfi definisce l'«Italia della forza», della illegalità diffusa, delle aree del Paese dove addirittura non si sa se è presente la guardia di finanza. Ebbene, cosa date a questa Italia con il decreto-legge in esame? Sicuramente la quota dei lavoratori socialmente utili. Quale garanzia abbiamo che le assunzioni verranno disposte con il criterio del merito? Non so se ricordate la puntata di Report registrata presso il comune di Reggio Calabria e con all'esterno i lavoratori socialmente utili assunti in base al criterio di chi arrivava per primo, con il biglietto, esattamente come al supermarket quando si compra il prosciutto. Questa è la meritocrazia che la sinistra vuole stabilizzare cioè il malaffare, le assunzioni fatte per connivenza politica. E preferisco non andare oltre.
Le altre risorse che attribuite all'«Italia della forza» e dell'illegalità (e di ciò siamo preoccupati) sono una marea di soldi assegnati, senza disputare gare pubbliche. L'articolo 8 del decreto in esame dispone lo stanziamento di quasi 100 milioni di euro che verranno spesi con criteri di urgenza e quindi senza gara pubblica. Perché? Abbiamo qui gli amici, compagni (tale termine si adatta bene nell'attuale collocazione) de l'Italia dei Valori che fanno del rispetto delle garanzie della gara pubblica una bandiera, un mito. Su tale punto non hanno niente da dire? È accettabile spendere 100 milioni di euro senza gara pubblica? Su tale punto intendevamo presentare degli emendamenti. Questi erano gli aspetti su cui volevamo discutere in Aula e che voi, invece, ci impedite di esaminare. Sono aspetti importanti. Allora non stupiamoci se la più grande impresa del Paese è la «mafia Spa», che vanta un fatturato pari a 93 miliardi di euro l'anno. È chiaro! Ma non è opportuno che lo Stato vada ad alimentare questa grande impresa. Inoltre, è necessario controllare, nel dettaglio, fino a che punto servono questi quattrini. È fantastico lo stanziamento di 7 milioni di euro - il collega Filippi lo ha trovato divertente - e a tale proposito abbiamo compiuto un piccolo calcolo. Vengono stanziati 7 milioni di euro per la viabilità secondaria, per un tratto dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria di circa 11 chilometri. Sette milioni di euro per impianti semaforici e attraversamenti pedonali. Se calcoliamo il costo di un impianto semaforico e dividiamo i sette milioni di euroPag. 80per quel costo - pari a 4.000 euro - significa mettere un semaforo ogni 20 metri. Non so se mi sono spiegato bene. Caro sottosegretario Lettieri, è ragionevole costruire un semaforo ogni 20 metri o dovremmo chiederlo anche al Ministro Di Pietro, sempre attento alla legalità e alle opere che si devono necessariamente costruire in questo Paese?
Veniamo ora all'altra Italia, quella del «rischio», quella che tiene in piedi la baracca, che risiede quasi completamente in Padania, se facciamo attenzione ai dati relativi alle entrate fiscali. Cosa date all'«Italia del rischio», cosa restituite del maltolto dei famosi tesoretti? Niente. Con il decreto in esame non date niente alle imprese, alle piccole e medie aziende, agli artigiani, ai commercianti, ai giovani precari che aprono le partite IVA per lavorare (oggi accade questo).
Era interessante il titolo del convegno della Confapi che si è svolto la scorsa settimana a Roma a due passi da qui: «Dal rischio al fisco». È esattamente ciò che ha fatto il Governo Prodi. Le aziende, invece di investire in capitale di rischio per crescere, devono investire in fisco, ossia buttare via soldi per mantenere il carrozzone.
Per dare un'idea del fenomeno, uno studio della Confapi di Torino stima la tassazione in capo alle piccole aziende al 71 per cento. Non so se è chiaro il concetto. Un piccolo imprenditore, tra tassa rifiuti, Ici e quant'altro, arriva a pagare, prima di percepire gli utili, il 71 per cento di tasse. In tal modo gli rimane il 29 per cento del guadagno netto.
È chiaro che la situazione è insostenibile, inconcepibile e immorale. Il termine esatto è immorale. In Spagna una piccola-media impresa è tassata al 25 per cento. Come fa a competere una nostra piccola azienda, tassata al 71 per cento, con una piccola azienda che svolge la medesima attività, peraltro in un Paese che tutela la sicurezza e dove magari un imprenditore può anche andare a casa e dormire tranquillo senza rischiare di trovarsi morto soffocato perché gli entra in casa l'ennesimo delinquente che non è sicuramente né lombardo, né veneto, né piemontese, né italiano? Come facciamo a continuare a competere? Prendete tutti i soldi dalle imprese e, alla fine, non restituite niente.
Mi accingo a concludere, affrontando il tema del mito dell'evasione fiscale. Adesso veramente - lo ripeteremo alla nausea - la situazione deve finire. Infatti, in alcuni interventi svolti in precedenza - e sicuramente in altri che seguiranno - si è parlato del mito del recupero dell'evasione fiscale. Vorrei fornire alcuni dati al riguardo: innanzitutto, dei 23 miliardi di maggior gettito - come ha detto lo stesso Ministro Padoa Schioppa - appena 4,5 miliardi derivano dal recupero di evasione fiscale tout court. Il resto è l'effetto del primo decreto Bersani e di altre operazioni, ma non il recupero dell'evasione. Si tratta, sostanzialmente, di tasse in più. Dei 23 di maggior gettito dell'anno in corso soltanto 4,5 miliardi - secondo la Banca d'Italia soltanto 3,5 miliardi - sono derivanti dal recupero dell'evasione fiscale.
È inoltre interessante analizzare la diffusione ed il livello dell'evasione fiscale in Italia per vedere se l'intervento del Governo sia coerente con la situazione esistente.
Vorrei continuare a prendere in considerazione le aziende perché è ovvio che il lavoratore dipendente, essendo tassato alla fonte, per definizione, non può evadere se non con il lavoro nero, il doppio lavoro, di cui parleremo in seguito. Parliamo dunque di evasione fiscale e di tale fenomeno riguardo alle aziende.
L'IRAP è un ottimo stimatore dell'evasione fiscale. Credo che siamo tutti d'accordo sul fatto che chi evade l'IRAP, per definizione, evade anche le altre tasse. Se prendiamo un interessante studio dell'Agenzia delle entrate - e non della Lega Nord - notiamo come in Lombardia l'evasione IRAP sia pari al 13 per cento. Voi direte che il 13 per cento è tanto. In Francia è al 15 per cento, in Germania a più del 16 per cento, mentre nella civilissima Svezia si attesta al 19 per cento. Quindi la Lombardia è più virtuosa dei migliori Stati europei propri concorrenti.Pag. 81
Dove è, dunque, il problema? Il problema risiede nel fatto che in Italia l'evasione IRAP è al 17-18 per cento, ma se si scende giù dal Rubicone e si arriva in Umbria l'evasione IRAP è al 44 per cento. Le aziende in Campania evadono l'IRAP al 60 per cento e in Sicilia al 65 per cento. Signor sottosegretario, mi dovrebbe spiegare come sia possibile che in Calabria si evada al 94 per cento. Un'evasione IRAP in Calabria al 94 per cento significa che in questa regione la guardia di finanza sostanzialmente non esiste. Pertanto, sarebbe interessante che il nostro Viceministro Visco analizzasse tali dati e facesse qualcosa.
Invece di continuare a spremere dove il limone è già spremuto e dove le aziende chiudono per tasse, nonché a mettere in difficoltà le aziende che tengono in piedi la baracca, perché non si fa qualcosa nelle aree del Paese che Ricolfi chiama l'«Italia della forza», dell'illegalità diffusa, dove non si pagano le tasse, perché si paga il pizzo? Voi direte che non possiamo farci niente. Ma se è così, lasciate in pace le aziende che producono il lavoro e il benessere dell'intera nazione! Oppure, siete eticamente obbligati a riportare il tasso di evasione in misura uguale in tutta Italia. È inammissibile che vi siano aree del Paese dove il tasso di evasione per le aziende è superiore al 60 per cento. È una cosa sostanzialmente inconcepibile, immorale ed eticamente insostenibile.
Voi direte che vi è lavoro nero, ma anche in questo caso i dati non quadrano. Sempre secondo i dati ufficiali dell'ISTAT, il lavoro nero al centro è il doppio pro capite; l'evasione contributiva e fiscale per lavoro nero al centro del Paese è il doppio rispetto al nord e al sud è il triplo. È chiaro che poi si fa davvero fatica a tenere insieme queste tre Italie. Ha ragione Ricolfi quando afferma che, se il centrosinistra, se Prodi non fa qualcosa per tenere insieme queste tre Italie, l'«Italia del rischio» che lavora (risiede quasi tutta in Padania, ma non solo, perché vi è gente che lavora da tutte le parti, ma da noi le piccole e medie imprese ne costituiscono il tessuto normale, quello più diffuso; da noi non c'è il mito di andare a lavorare nella pubblica amministrazione) e l'«Italia delle garanzie», se continuate ad investire solo per le garanzie, solo per quello che dice il sindacato, il rischio reale è che le «tre Italie» poi non staranno più insieme. Non è questione di secessione o meno, ma di non farcela più a stare insieme.
Inoltre, la manovra - vado a concludere davvero - che avete fatto dal punto di vista macroeconomico è demenziale: è prociclica, nel senso che va ad amplificare i cicli in corso di aumento della spesa pubblica. Infatti, abbiamo superato il 50 per cento del PIL in termini di spesa pubblica (non accadeva dal dopoguerra); la pressione fiscale effettiva (il termine è sempre dell'Agenzie delle entrate) si attesta al 53 per cento, mentre quella apparente è al 43 per cento. La pressione fiscale effettiva (cioè in capo a chi le tasse le paga e, considerati i dati che ho citato prima sull'evasione fiscale, ciò dovrebbe far riflettere molto) e calcolata in base a chi le tasse le paga è al 53 per cento. Ciò non esiste in alcun altro Paese avanzato del mondo.
Che cosa fa il Governo Prodi? Continua ad aumentare la spesa pubblica; non fa nulla per ridurre le entrate e non potrà farlo se la logica è pagare le «Italie del malaffare», della forza, dell'illegalità diffusa, regalando miliardi senza nemmeno chiedere di fare le gare pubbliche per i lavori, continuando a dare soldi per un pubblico impiego sostanzialmente inutile e inefficiente. Ricordiamo qualche dato sui dipendenti delle regioni: al nord abbiamo 0,93 dipendenti ogni mille persone in età da lavoro, al centro ne abbiamo il doppio, al sud il quadruplo. Con una forza lavoro quadrupla andate ad assumere altri 350 mila persone! Volete spiegare a tutto il Paese, non solo alla Padania, dove andrete a trovare i soldi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Forza Italia - Congratulazioni)?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor sottosegretario, in questoPag. 82intervento, che svolgo a nome del gruppo de l'Italia dei Valori, desidero innanzitutto ringraziare il relatore e i componenti della Commissione, perché comunque in questi giorni hanno lavorato senza risparmio, nel tentativo di arrivare ad una conclusione, poi purtroppo diversa da quella che noi tutti desideravamo.
Oggi esaminiamo questo provvedimento dopo che la Commissione ha accolto alcuni emendamenti del Governo, tendenti a far quadrare il risultato raggiunto con il testo pervenuto dal Senato. Voglio partire proprio da questo punto, ricordando a tutti che non possiamo immaginare di discutere sulla conversione di questo decreto-legge senza contemporaneamente tener conto anche del disegno di legge finanziaria, perlomeno nei termini che conosciamo attualmente, non essendosi ancora concluso l'iter al Senato. È evidente che chi sostiene che questo provvedimento non contiene interventi per le imprese non può ignorare che nell'altro ne sono previsti in maniera sostanziale, sia per quanto attiene la riduzione e la semplificazione dell'IRES, sia per quanto riguarda l'intervento (veramente sostanziale) per i cosiddetti contribuenti semplificati, «minori», per i quali è previsto invece un intervento molto forte, sia in termini di riduzione dell'aliquota al 20 per cento, sia in termini di riduzione dell'apparato burocratico, di semplificazione amministrativa, della tenuta della contabilità, e così via. Tutto ciò avrà su circa un milione di contribuenti, piccole e piccolissime imprese e artigiani, un impatto molto rilevante.
Non posso non sottolineare il fatto che la lotta all'evasione fiscale costituisce un intervento fondamentale avviato da questo Governo. Piaccia o no, non si può non riconoscere che si tratta di 23 miliardi. Ci sono studi che danno delle cifre diverse, anche se lontane da quelle che sostengono che solo tre o quattro miliardi sono dovuti al miglioramento della tax compliance dei cittadini, ma è evidente che ci sono stati alcuni punti fermi. C'è stata una dichiarazione di principio molto netta sul fatto che non ci sarebbero stati più condoni; c'è stato un intervento anche rapido nello scorso anno per rendere effettiva, ad esempio, l'anagrafe fiscale, uno strumento che in precedenza non serviva a nulla; la sistemazione attuata lo scorso anno permetterà di avere uno strumento informatico che, al di là degli interventi e delle ispezioni dirette, potrà permettere semplicemente, in via informatica, di monitorare e di intervenire in modo mirato nella lotta all'evasione fiscale.
Certo, è chiaro che sul modo in cui sono state utilizzate le risorse che si sono liberate ogni gruppo politico potrebbe avere qualcosa da ridire, soprattutto in una coalizione - non c'è nulla di male a riconoscerlo - che ha delle anime assai diverse al suo interno. Non nego che il gruppo che rappresento, l'Italia dei Valori, avrebbe preferito che in larga misura le risorse fossero destinate alla riduzione del debito, piuttosto che alla spesa corrente. Tuttavia, riconosco che questo Governo ha realizzato alcuni interventi importanti, compresi anche quelli previsti in questo decreto-legge. Non posso dimenticare che quando parliamo di crescita della spesa pubblica dobbiamo anche avere la capacità di distinguere quella parte di spesa che attiene agli investimenti da quella che costituisce spesa corrente. Non posso dimenticare che nella legge finanziaria dello scorso anno, nel decreto-legge collegato ad essa, in questo decreto-legge che stiamo esaminando e nella prossima legge finanziaria ci sono interventi di investimento rilevanti: nel settore ferroviario, nel settore delle opere pubbliche, nel settore delle strade.
Come ha dichiarato in quest'Aula il Ministro delle infrastrutture nel pomeriggio, il Governo è stato costretto a spendere miliardi di euro per pagare debiti già contratti da chi ha semplicemente inaugurato cantieri, senza mettere a bilancio un centesimo per poter far proseguire tali opere. Da questo punto di vista, il Governo è intervenuto in modo massiccio con spese di investimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori): è facile, infatti, aprire i cantieri, ma bisogna poi sapere dove reperire i quattrini per completare quelle opere.Pag. 83
Effettuerò alcuni interventi a macchia di leopardo sul provvedimento: oltre a interventi che sono serviti per tappare «buchi» creati da altri, vi sono anche interventi di un certo rilievo. È vero che siamo dovuti intervenire in alcune regioni con stanziamenti rilevanti per tappare «buchi» creati nel settore della sanità, ma, per le regioni che non sapranno incanalarsi verso un percorso virtuoso in tale settore, l'intervento attraverso il commissariamento, ad esempio, mi pare possa essere di aiuto, così come lo sarebbero una serie di interventi e di contributi al trasporto metropolitano nelle grandi città. A proposito, non vi è solo il sud: vi sono interventi rilevanti che riguardano anche Milano e determinate aree del nord.
Certo, vi sono misure che avremmo preferito fossero mantenute e a tale riguardo abbiamo predisposto proposte emendative affinché con il provvedimento in esame si intervenga, ad esempio, sui cosiddetti costi della politica. Non dimentico che il Governo, nel presentare il provvedimento, aveva immaginato di ridurre i contributi all'editoria del 7 per cento e che il decreto-legge in discussione, nel testo approvato dal Senato, prevede una riduzione del 2 per cento. Volevamo riportare la riduzione di tali contributi alla cifra originaria, perché riteniamo che in larga parte essi servano a tenere in piedi testate che spesso non hanno alcun significato e che, forse, non sono lette neppure da chi le redige. D'altronde, credo che molti colleghi sappiano cosa avviene al mattino, quando i giornali di numerose testate - che ricevono in larga parte contributi pubblici - vengono depositati nella casella postale dei deputati e, subito dopo, finiscono nel cestino.
Credo che su questo si dovrà intervenire in modo molto più significativo e forte, così come ritengo che un buon intervento sia quello volto a favorire, da parte degli enti locali, l'estinzione anticipata di mutui e prestiti obbligazionari. Non dimentichiamo che vi è il fenomeno, ancora non totalmente esplorato, dell'impatto che potrà avere l'uso dei contratti derivati, tematica sulla quale si sta svolgendo ancora una serie di audizioni in Commissione finanze; in un solo anno, però, siamo passati da 500 a 1000 miliardi di mutui basati sui «derivati»: non sappiamo quale effetto ciò potrà determinare sulla finanza pubblica.
Mi sembra, poi, di dover ricordare che da tantissimo tempo non era stato previsto un intervento complessivo sulla casa e sulle politiche abitative. Qualcuno mi dice che ciò non avviene da quindici anni: non li ho contati, ma certamente si tratta di un altro segnale di grande cambiamento.
La destinazione di 550 milioni, con l'aggiunta di 100 milioni previsti in un altro articolo, per la creazione di una società, da parte del Ministero dell'economia, per intervenire ancora in tale settore, significa destinare 650 milioni di euro a politiche abitative: credo che ciò costituisca un cambiamento significativo, perché va considerato anche alla luce delle sofferenze che colpiscono coloro su cui gravano decreti di sfratto, a causa dei quali devono lasciare le abitazioni; anche se questo intervento non potrà probabilmente permettere di sollevare immediatamente tali soggetti, era però necessario.
Allo stesso modo, credo che anche interventi come quelli a favore dell'affidamento dei servizi aggiuntivi nel campo dei beni culturali siano altrettanto importanti. Chi - e io ho avuto la fortuna di continuare a farlo per molto tempo - ha potuto visitare altri Paesi, sa bene quanto i musei siano diventati non soltanto un luogo di fruizione dei beni culturali, ma anche un luogo dove il recupero delle spese per i beni culturali si è realizzato grazie a una serie di servizi collaterali, che in Italia mancano (dai ristoranti all'accoglienza, fino ad arrivare ai servizi editoriali). Anche in questa materia credo che fosse necessario intervenire e mi pare che quanto previsto sia significativo.
Invece, come gruppo parlamentare esprimiamo riserve su una questione che attiene non tanto al reperimento delle risorse per interventi in materia di pubblico impiego, ma al fatto che tali interventi non siano legati al miglioramento della produttività.Pag. 84
In altre occasioni ho segnalato - ultimamente intervenendo nella discussione sul disegno di legge presentato dal Ministro Nicolais - come a mio avviso sia ineludibile affrontare la discussione sulla riduzione della spesa per i dipendenti dello Stato, specie considerando che negli ultimi anni si sono trasferite competenze ad altri enti, e alle regioni in particolare, ma non si è mai trasferita anche la pianta organica del personale dello Stato dedicato a quelle competenze.
Dunque, dobbiamo intervenire in modo rigoroso e drastico, a mio giudizio, sulla mobilità dei dipendenti dello Stato, che non può essere decisa da una contrattazione di natura sindacale, addirittura quando si tratta di spostare un dipendente dello Stato da un piano all'altro. Non si può proseguire in questo modo: non c'entra nulla il problema delle parti sociali, che nessuno contesta, ma il legislatore non può esimersi dal legiferare in tale materia, per rendere la mobilità un istituto effettivo; altrimenti, continueremo ad avere un peso rilevante dei dipendenti pubblici in determinati settori e in determinate aree geografiche, e mancanza di personale in altre aree o in altri settori. Si deve rendere questo processo molto più fluido di quanto non sia attualmente.
Un altro tema del quale vorrei parlare riguarda le disposizioni in materia di sistema digitale terrestre. Temo che molti si stiano dimenticando che vi è una sentenza della Corte costituzionale che da molti anni attende di non essere disattesa e a cui il Governo che ci ha preceduto, con una sorta di meccanismo di «gioco delle tre carte», ha trovato il modo di non dare ancora attuazione.
Non sono d'accordo sul fatto di perseverare su questa strada, rinviando addirittura al 2012 il passaggio al sistema digitale. Dobbiamo avere il coraggio di intervenire in modo più forte e di ridurre tale lasso di tempo. Posso capire che vi siano dei problemi tecnici ma, se noi non arriviamo a questo passaggio entro il termine della legislatura, il rischio concreto è che, se nella prossima legislatura dovesse cambiare la maggioranza, tale passaggio al digitale sarà ulteriormente spostato nel tempo per mantenere uno status quo in contrasto con la nostra Costituzione, così come la citata sentenza ha dichiarato.
Per quanto riguarda altri interventi importanti, vi è una questione relativa alla politica della casa: negli articoli relativi a tale materia è stato aggiunto anche un intervento - credo per 60 milioni di euro - che invece riguarda le zone terremotate del Molise, della provincia di Foggia ed altre, in relazione al quale occorre correggere un errore. Infatti, si tratta di interventi che devono essere necessariamente molto veloci, in quanto legati a calamità naturali, mentre il meccanismo dei contratti di quartiere è tale, rimanendo così l'articolato, da determinare un iter estremamente lungo che, invece, va semplificato. Per tale motivo, noi abbiamo anche presentato un emendamento su questo tema.
Intendo ricordare un altro articolo, che riguarda i soggetti emotrasfusi, sul quale è intervenuto anche un emendamento del Governo perché vi erano problemi copertura. Certamente tutti coloro che sono stati danneggiati da una trasfusione hanno diritto ad essere risarciti, ma voglio ricordare che da cinquant'anni vi sono soggetti danneggiati da un farmaco, che si chiama talidomide, che negli anni Sessanta ha provocato la nascita di migliaia di bambini focomelici (quindi privi di qualche arto e, in qualche caso, totalmente disabili), i quali, tranne che in Italia, sono stati risarciti. Il risarcimento è stato previsto in tutto il resto d'Europa: siamo l'unico Paese in cui, per una legislazione a quel tempo molto carente, la casa farmaceutica non è stata obbligata a risarcire i danni. Sono circa 150 i soggetti che attendono un risarcimento, che oggi hanno una cinquantina di anni, anche se, per la verità, le fatiche più grandi sono state sostenute dai loro genitori, che forse non ci sono più, ai quali si dovrebbe dare un ristoro per i danni patiti in questi anni.
Anche a tale proposito ho presentato un emendamento affinché si potesse estendere a tali soggetti il risarcimento del danno previsto per gli emotrasfusi. MiPag. 85auguro che se non sarà possibile in tale sede, quanto meno nella prossima legge finanziaria si possa trovare il modo di dare soluzione a questo problema.
Un altro tema riguarda i servizi pubblici. Al riguardo sono stati previsti due interventi a mio giudizio parziali e ritengo che si dovesse trovare il modo di completarli. Infatti, si è intervenuti, attraverso l'articolo 26-ter, con la moratoria per quanto riguarda i servizi idrici e successivamente si è previsto un intervento per quanto riguarda il gas, ma si tratta di un interventi parziali; forse si doveva trovare anche in tale ambito un modo per intervenire sull'affidamento di tutti i servizi pubblici e non soltanto di quelli indicati.
Anche in questo caso, mi auguro che nella legge finanziaria si ponga rimedio a questa mancanza.
Un altro tema che Italia dei Valori vuole ricordare riguarda l'articolo 28 del provvedimento in esame, che prevede la soppressione della Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi (SPORTASS) e sul quale vorrei esprimere una considerazione.
Per carità, gli uffici della Commissione bilancio ci evidenziano che praticamente abbiamo trasferito all'INPS un peso non indifferente, perché nel 2007 sono previste entrate contributive per 600 mila euro e una spesa per prestazioni di 4 milioni e 500 mila euro. La distanza tra entrate contributive e spesa per prestazioni crescerà nel tempo: nel 2017 - pensate - ci saranno 50 mila euro di entrate contributive, quasi 8 milioni di euro di prestazioni. Vi saranno pure delle responsabilità! Capisco che per la tutela degli assicurati, ammesso che abbiano versato contributi adeguati - non lo so -, si possa persino accettare di scaricare sul settore pubblico queste prestazioni. Però, qualcuno dovrà pure pagare se ha permesso che un ente si sia trovato in tali condizioni!
Così come non ci troviamo molto d'accordo, come gruppo, sulle 45 unità da assumere al personale dell'Agenzia nazionale per i giovani. Quando è stata istituita, avevamo presentato un ordine del giorno, che era stato accettato dal Governo, affinché si guardasse con particolare attenzione a questa Agenzia. Oggi, a distanza di un anno, ci viene chiesto di approvare addirittura 45 nuove unità, con un investimento - mi pare - di più di un milione di euro. Mi sembra che il Governo avrebbe potuto meglio tenere conto e considerare l'ordine del giorno che aveva accettato.
È bene che sia previsto il Fondo per le zone di confine, ma bisogna dire e va ricordato che, da una previsione complessiva tra disegno di legge finanziaria e decreto-legge di 40 milioni di euro, siamo scesi a 25 milioni di euro, perché nel disegno di legge finanziaria è sparita la dotazione. Comunque, non può essere questa la strada per affrontare un problema che si sta manifestando nei comuni, nelle regioni e nelle province confinanti con le regioni a statuto speciale.
In questo senso bisognerà pure arrivare rapidamente a delle soluzioni. Non si sa più che fine ha fatto il famoso provvedimento di attuazione del federalismo fiscale, ma non credo che la soluzione sia quella di dare un po' di quattrini ad alcuni comuni. A parte che, a questo punto, qualunque sindaco non potrà che avviare la richiesta del referendum comunale, visto che in seguito gli arriverà qualcosa. Non mi pare che questo intervento, anche sul piano educativo, sia utile, ma credo che la soluzione sia da ricercare in altre modalità.
Vi sono, inoltre, una serie di misure, che giudico positive, per quanto riguarda gli interventi per il miglioramento dell'efficienza energetica e per la riduzione delle emissioni ambientali di autovetture da noleggio e autoambulanze, e una serie di altri interventi. Forse, qualche altra parte politica ne parlerà di più. Però, ne approfitto, perché è notizia di oggi che pagheremo il gas all'Unione sovietica, anzi alla Russia - perché l'Unione sovietica non esiste più - il 15 per cento in più.
È molto opportuno che vi sia la norma sui rigassificatori se, effettivamente, servirà per accelerare la loro costruzione sul territorio italiano, ma è necessario che vi sia la volontà di costruirli e ho la sensazionePag. 86che, in realtà, il citato articolo non risolva il problema. Forse era necessario fornire strumenti di semplificazione ancora più rapidi, perché non è accettabile che si dipenda per il 60 per cento dal gas metano, che esso arrivi soltanto attraverso gasdotti ed essere, così, in totale balia del fatto che la Libia, piuttosto che la Russia, ci possano, in qualche modo, far pesare tale dipendenza. Evidentemente, quando si alza il prezzo del petrolio, la prima cosa che accade è un rialzo del prezzo anche delle altre fonti energetiche.
Dobbiamo investire nella diversificazione delle fonti: il rischio si ripartisce attraverso la diversificazione e anche la nostra dipendenza dai mercati diventa meno importante se disponiamo di più fonti alternative, che non sono solo quelle rinnovabili, ma anche il carbone - oggi si possono costruire centrali a carbone con impatti ambientali molto contenuti - e, perfino, il nucleare. James Lovelock, uno dei padri dell'ambientalismo, dopo anni dedicati ad affermare che non era il caso di andare verso certi tipi di energia, scrive che non riusciremo mai a ridurre l'effetto serra in modo significativo se non ricorrendo anche all'energia di tipo nucleare.
Condivido l'idea di spingere il più possibile su tutte le fonti rinnovabili - ci mancherebbe - ma teniamo presente che esiste un problema strategico di indipendenza del nostro Paese e di possibilità di stoccaggio di determinate fonti, come il gas metano, che, certo, con scorte strategiche diverse, ci permetterebbe di essere meno esposti all'andamento dei prezzi internazionali.
Mi avvio alla conclusione. Mi sembra di avere ricordato i passaggi più significativi che sono contenuti nel decreto-legge. Ritengo che, complessivamente, al di là delle riserve che ho espresso, sia un provvedimento positivo.
È previsto anche un intervento per gli incapienti: sarà certamente, come qualcuno ha affermato, un intervento di poco conto, tuttavia non dimentico che, quando si è svolta l'audizione dei rappresentanti dell'ISTAT presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato riunite, è stata fatta, a tale proposito, un'osservazione piuttosto significativa sull'impatto di questo decreto-legge. Secondo le rilevazioni ISTAT, tale intervento porterà, comunque, una significativa riduzione del numero delle famiglie che si trovano al di sotto della soglia di povertà. Ritengo che, in un Paese in cui si parla di sette milioni di famiglie interessate, non sia un dato irrilevante. Vi saranno comunque, perché 150 euro, forse, sono pochi per chi ha molto, ma per chi ha molto poco anche 150 euro rappresentano pur sempre qualcosa di molto positivo. Non dimentichiamo l'altro intervento sulle pensioni, che ha maturato e prodotto i suoi effetti in termini operativi nelle scorse settimane.
Per questi motivi, in conclusione del mio intervento, annuncio il voto favorevole dell'Italia dei valori su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, signor sottosegretario, ritengo che il provvedimento in discussione ci vedrà distanti dall'attuale maggioranza, non soltanto per il dibattito lungo - troppo lungo - attorno al contenuto del proveddimento stesso, ma per una filosofia che credo valga la pena di ricordare pienamente a titolo generale.
In questi giorni, il Ministro Padoa Schioppa dice di essere molto preoccupato per la perdita di competitività del nostro Paese. La classifica sulla competitività del Business International fornisce dati precisi: la Spagna è al ventiduesimo posto, ed è ormai irraggiungibile per noi che, nonostante tutti gli sforzi, non riusciamo a vedere assolutamente nulla che faccia intravedere la possibilità di un rilancio del sistema Italia.
Il provvedimento da voi elaborato parla di interventi urgenti in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale. Tradotto in altri termini, ciò vuole indicare il modo in cui viene utilizzato l'extragettito, o tesoretto. Ritengo che vi sia prosopopea in questo modo di dire: infatti,Pag. 87se guardiamo bene, è vero che, in qualche modo, avete cercato di risolvere i problemi dei conti, ma lo avete fatto dilatando la spesa pubblica.
In sostanza, riuscite ad entrare nei meccanismi che regolano la nostra partecipazione al consesso europeo e, quindi, a far scendere il debito, rispetto al PIL, del 3 per cento, non attraverso modalità strutturali, bensì attraverso una dilatazione della spesa, che viene assorbita da un maggior prelievo. In altri termini, fate un'operazione una tantum, che rischia drammaticamente, tra un paio di anni, di risultare deleteria per quello che attiene al sistema Paese in termini di competitività.
Quindi, per quanto riguarda i conti, continuate a raccontarci cose giuste. Non abbiamo nulla da obiettare. Quello che affermate è legittimo, ma lo fate nella maniera assolutamente sbagliata, come se questo intervento, in qualche modo, fosse speculare a un Governo che può essere assolutamente limitato nel tempo e che, in qualche modo, può offrire la possibilità di mantenere il consenso tramite provvedimenti di questo genere.
Ritengo che una buona politica in questo Paese, oggi, non consista più nel mantenere il consenso, ma di perderlo per salvare il nostro Paese. Con questo provvedimento, tentate disperatamente di mantenere il consenso elettorale e non trovate un sistema di consenso più ampio in un contesto internazionale che compia in Italia, effettivamente, una sorta di percorso nobile per raggiungere determinati obiettivi.
Pertanto, quando vi abbiamo detto che l'extragettito doveva essere utilizzato per il risanamento, non era per farvene una colpa o per dire che, comunque, siamo antagonisti: era un tentativo per dare diverso spazio politico ad affermazioni di preoccupazione che vengono dal responsabile dell'economia di questo Paese e di questo Governo.
A maggior ragione, non capisco come oggi sia possibile esaltare questo provvedimento affermando, per esempio, che esso aiuta gli investimenti. Porterò alcuni esempi veramente deleteri a dimostrazione del fatto che, al contrario, drammaticamente, questo è un provvedimento di spesa - purtroppo, anche ricorrente (non si tratta, cioè, di un'operazione una tantum) - che rischia di diventare effettivamente devastante per la spesa pubblica nel nostro Paese.
Vi sono alcuni aspetti da sottolineare, in quanto sono estremamente paradossali: l'articolo 13 di questo provvedimento novella l'articolo 1, comma 873, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (ossia, la legge finanziaria per il 2007).
I commi da 870 a 874 della legge finanziaria per l'anno 2007, sono finalizzati alla realizzazione di interventi nel settore della ricerca scientifica di competenza del Ministero dell'università e della ricerca. Drammaticamente, ci accorgiamo che il regolamento sui criteri di accesso e le modalità di gestione di questo nuovo fondo (il FIRST, citato dal comma 873), non risulta ancora emanato. Ciò la dice lunga su come il Governo si sia mosso in tema di sviluppo e di competitività del nostro Paese. Come facciamo a dire continuamente che abbiamo poco denaro pubblico - non ne faccio una colpa al Governo - da destinare alla ricerca e allo sviluppo e poi, drammaticamente, non riusciamo a spendere i soldi della ricerca perché non si emana il regolamento? Sarebbe dovuto avvenire in applicazione della legge finanziaria di un anno fa.
Oggi, il Governo afferma che entriamo dentro «con la gamba tesa», per compiere un'operazione di snellimento. Tuttavia, signor sottosegretario, nella finanziaria per l'anno 2007, di problemi relativi a regolamenti attuativi delle modalità di spesa, ve ne sono a bizzeffe. Quindi, sappiamo perfettamente che il volano della spesa pubblica anche in altri campi dà la possibilità al Paese di aumentare la competitività. Inoltre, se si va ad analizzare in cosa consiste la razionalizzazione del sistema della ricerca, all'improvviso, si trova l'articolo 13-bis, il quale prevede che immediatamente vengano stanziati 3 milioni di euro per garantire il funzionamento del centro di ricerca CEINGE - BiotecnologiePag. 88di Napoli, a proposito della razionalità degli interventi in tema di ricerca e sviluppo!
Per non parlare, poi, della previsione contenuta in un articolo successivo relativa ad un intervento a favore di ENEA e Finmeccanica, ancora in fase di elaborazione, mediante sussidi per la ricerca, che va a vanificare, di fatto, ciò che il FIRST rappresenta: l'elaborazione in un unico complesso - che dovrebbe, in qualche modo, stabilire una vera razionalità - dell'investimento pubblico nella ricerca, funzionale ad obiettivi che siano anche remunerativi in chiave di competitività di sistema. Se sono effettivamente questi, gli interventi mi domando se sono piani di investimento o se si tratta di elargizioni di carattere territoriale o di altro tipo. Non è presente la filosofia sostanziale di quanto avete affermato anche oggi, lo spirito che guarda al sistema Italia con una progressione naturale nel tempo, anziché bloccata esclusivamente ad un termine temporale ben preciso, che può anche essere collegato all'approvazione della legge finanziaria per l'anno 2008.
Onorevoli colleghi, quando ho ascoltato che il provvedimento in discussione è di equità e sviluppo mi sono chiesto, in relazione all'articolo 31, se i contributi a enti ed associazioni corrispondano a tale tema. Questo perché è vero che nell'originario articolo 31 era previsto un contributo straordinario di 36 milioni di euro a favore dell'istituto Gaslini di Genova e un altro di 3 milioni di euro a favore della Fondazione EBRI - e anche da questo punto di vista posso capire perfettamente tutto - ma, per tornare al discorso che stavo svolgendo, al Senato improvvisamente viene previsto che per l'anno 2007 sia concesso un contributo straordinario di un milione di euro a favore dell'Ente nazionale per la protezione e l'assistenza dei sordi, un contributo straordinario per l'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili e per l'Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro.
Insomma, si tratta di una serie di finanziamenti - compreso quello alla Lega del filo d'oro - che mi domando che cosa hanno a che fare - se me lo consentite - con la restituzione ai cittadini di quanto è stato loro prelevato. È una sorta di «mancia»! Secondo la filosofia che avete tentato di spiegarci, il provvedimento non si sarebbe utilizzato a copertura del debito, ma avrebbe cercato di essere produttivo per il sistema del nostro Paese, mentre si è verificata puntualmente, nelle pieghe dello stesso provvedimento una sorta di ingerenza nella quotidianità, una prassi normale di fastidiosa remunerazione di consenso.
Mi sia, poi, consentito fare altre considerazioni. Più volte in quest'aula abbiamo affermato che esistono provvedimenti di sostanza quali, ad esempio, quello sul riordino del sistema energetico italiano ed anche quello relativo ai servizi pubblici: anche in tali settori entrate «a gamba tesa». Infatti, inserendo nel decreto-legge al nostro esame una norma che riguarda i servizi pubblici, in modo particolare quello relativo all'acqua, di fatto espropriate un tema che avrebbe avuto l'opportunità e la necessità di un dibattito ben più sostanzioso all'interno di quest'aula e che, comunque, dovrà essere oggetto di discussione nel disegno di legge in itinere.
Per non parlare poi - se me lo consente, signor sottosegretario - dei provvedimenti spot emanati in tema di energia. Si tratta di un tema importante, lo abbiamo ascoltato: a Roma è in corso una Conferenza internazionale sul tema energetico. Guarda caso, però, in questo provvedimento siete intervenuti anche su tale materia, con piccolissimi dettagli che poi diventano di sostanza e che vanno, in qualche modo, a turbare il quadro generale di riferimento. Esso sconvolge anche la cultura di quanti - parlamentari e non - si interessano del sistema energetico in una cornice che faccia riferimento ad un quadro storico di lunga durata e ad un quadro temporale e ambientale che si agganci anche a quello europeo. Con provvedimenti come questo è difficile consolidare una cultura di insieme del Paese che sia apprezzata anche all'estero, anzi qualche volta, attraverso questi tipi di provvedimenti,Pag. 89pare si voglia dare la «mancia» a qualche amico o a qualche azienda cui quel piccolo provvedimento serve per sentirsi tutelata nella logica della competitività e della concorrenza. Signor sottosegretario, la ricordo come persona estremamente esigente, ma anche capace di dare ragione a coloro che manifestavano dissensi, sia quando era all'opposizione sia, in buona fede, oggi che è al Governo.
Mi permetta però di fare un parallelo: non le racconto ciò che lei diceva al precedente Governo, ma cerco di illustrarle le misure che andrebbero prese per il bene del nostro Paese e sotto tale profilo non vorrà e non potrà dirmi che il contenuto di questo provvedimento renderà l'Italia più competitiva e più giusta. Probabilmente è stato dato qualcosa - lo sappiamo perfettamente - agli incapienti e su ciò non siamo contrari, ma siamo molto preoccupati che tali tipologie di interventi, ripetuti nel tempo, siano frutto di un prelievo fiscale forte e vi sarà un momento in cui tale prelievo dovrà essere ridotto, perché sappiamo che uno dei problemi del nostro Paese, assieme alla burocrazia, è che, anche se si riesce ad allargare la base impositiva si perde di competitività di sistema e non si riesce più a «starci dentro»: brutto termine, ma credo che renda effettivamente i dati che ho finora illustrato.
Allora, non ci venite a dire che questo è un provvedimento che, in qualche modo, aiuta la competitività e sappiate che quando non si aiuta la competitività di sistema, probabilmente, non si aiuta nemmeno la giustizia nel Paese. Mi permetto, quindi, di fare un'ultima battuta: siamo rammaricati di non poter dare al nostro Paese ciò di cui avrebbe bisogno. Su questi aspetti, che sono notoriamente importanti per indicare una filosofia che non sia di destra o di sinistra, ma che abbia capacità innovativa, rimaniamo allibiti nel constatare operazioni del genere di cui abbiamo detto e siamo fortemente rammaricati di dover essere effettivamente e fino in fondo filosoficamente contro questo tipo di provvedimento. Esso non fornisce assolutamente alcuna delle risposte che enfaticamente avete cercato di celebrare in precedenza e al momento della presentazione delle norme che sottoponete alla nostra attenzione (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zorzato. Ne ha facoltà.
MARINO ZORZATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, inizio in maniera inusuale, ringraziando il presidente della Commissione, i colleghi della Commissione stessa e il relatore, perché, comunque sia, almeno nella forma, in questi giorni abbiamo lavorato. A dire la verità - poi tornerò sull'argomento - lo abbiamo fatto con poca soddisfazione, ma devo dire che l'impegno, almeno dei colleghi e del relatore, c'è stato per tentare di produrre qualche risultato. Nutro alcuni dubbi, invece, sullo sforzo che il Governo ha fatto per aiutarci a trovare qualche sintesi, ma tornerò anche su questo argomento. Il provvedimento che stiamo esaminando è uno dei tanti che questo Governo ci ha proposto in materia economica. Francamente, rispetto al titolo del provvedimento stesso, relativo ad interventi in materia economico-finanziaria, sviluppo, rilancio della competitività ed equità sociale ed agli argomenti affrontati, quando si va ad analizzare il testo, intendo quello licenziato dal Senato, qualche dubbio che il titolo corrisponda al testo o che, in qualche modo, il testo stesso mascheri qualche iniziativa che il provvedimento nasconde, ci viene. Siamo abituati ai proclami, alle enunciazioni, ai lanci giornalistici, ai passaggi televisivi e alle interviste in cui la maggioranza dice tutto e il contrario di tutto: il Ministro dice una cosa, il collega ne dice un'altra. Se sommiamo i fatti positivi, questo non è un Governo, sono cinquanta Governi. Se guardiamo alla realtà, probabilmente, è a dir poco fallimentare.
Con lo stesso principio con cui vendono il prodotto all'esterno, molte volte male, anche i provvedimenti hanno la stessa filosofia: entrano in Parlamento in unPag. 90modo e ne escono in un altro, presentano contraddizioni e difficoltà. Vi sono gli enunciati dei proponenti che, alla fine, quando si legge il testo finale, non si trovano più. Rimando a un'analisi, che vorrei non di parte, la verifica dell'efficacia dell'azione di questo Governo e dell'incoerenza tra quanto di solito si annuncia, quanto si approva e quanto, poi, i cittadini troveranno, di fatto, nel loro ordinario vivere. Vi prego di verificare con onestà intellettuale l'efficacia delle «lenzuolate» di Bersani. Ve le ricordate? Ho l'impressione che tra il «lenzuolo» e i fatti ci sia molta distanza! Per quanto riguarda gli aiuti promessi alle fasce deboli, con cui vi siete sempre riempiti la bocca, non so se i deboli si sentono aiutati da questo Governo. Per quanto riguarda il sostegno ai comuni, ci avete accusato per anni di averli dissanguati: vi ricordo che in questi giorni, in quasi tutti i comuni italiani, stanno arrivando note del Ministero dell'interno con le quali vengono ridotti i trasferimenti promessi per le maggiori entrate ICI degli stessi comuni. L'anno scorso avete parlato della revisione degli estimi catastali, che doveva essere a valutazione pari. Era solo una riorganizzazione!
Oggi scrivete ai comuni: vi diamo meno soldi perché, grazie al patto fatto con i vostri cittadini, avete maggiori entrate. Questo è quasi un esproprio; è un furto: e comunque è un dato gravissimo nel rapporto fra le istituzioni. Cito, inoltre, in una battuta il tema delle forze dell'ordine: fra finanziaria e decreto-legge, quest'anno, per la prima volta, il settore riceve minori trasferimenti per un totale di 800 milioni di euro. Ciò proprio nel momento in cui vi riempite la bocca che vi state preoccupando del problema sicurezza: ma non è con le parole che si risolvono i problemi. Potrei continuare sull'argomento, tuttavia mi pare opportuno un accenno alla congiuntura economica che stiamo vivendo in questo momento. I vostri documenti di programmazione economico-finanziaria e i vostri enunciati nascevano tutti da un assunto: sembrava che il mondo cominciasse ad andar bene (sembrava addirittura che tutto andasse bene), che le prospettive economiche fossero buone e che l'Italia sarebbe cresciuta, agganciata a questo treno (anzi, dipingevate l'Italia non come un vagone, ma quasi come il treno stesso di tale crescita). Poi, però, è successo qualcosa che non dipende da noi: il treno sta rallentando. La crisi dei mutui americani sta incidendo sulla nostra economia, il prezzo del petrolio cresce, l'euro ha un cambio troppo alto, l'inflazione aumenta. Così, ai nostri cittadini manca qualche soldo in più per arrivare a fine mese e il Governo chiude gli occhi e se ne frega! Del fatto che qualcosa sta cambiando, il Governo pare non voglia accorgersi: approva i suoi provvedimenti, ma di quel che sta accadendo se ne frega!
In un quadro come questo, il «tesoretto» (questa fantomatica parola) - che potrebbe servire a risolvere i problemi che ho descritto - viene invece dilapidato fra mille rivoli e mille iniziative. È una situazione che peraltro è stata fortemente aggravata da quanto è accaduto al Senato, probabilmente più per interesse di parte che non per interesse di tutti. Piuttosto che spendere male queste maggiori entrate sarebbe stato meglio pensare ad altre soluzioni. Fra l'altro, ho anche il dubbio che si tratti di entrate continuative e non di entrate una tantum: su questo aspetto mi pare che il Governo non sia molto chiaro. Non apro poi la polemica su chi abbia il merito di tali entrate, se il Governo Berlusconi o il Governo Prodi: è una polemica che in questo momento non mi appassiona. Mi basterebbe semplicemente sapere quante di queste nuove entrate sono costanti e quindi spendibili in un ragionamento di prospettiva e quante invece sono entrate spot.
Il collega Garavaglia ha fatto in precedenza qualche cenno interessante alla questione dell'emersione del «nero», di dove il «nero» si trova davvero, di chi paga le tasse e di chi non le paga, del fatto che Visco attacca sistematicamente i contribuenti del nord accusandoli di essere quelli poco virtuosi (a giudicare dai dati esposti dal collega, mi pare che la forbice sia un po' diversa): ma ciò lo ha detto ilPag. 91collega, e resterà agli atti. Probabilmente, nel dubbio sull'utilizzo del «tesoretto», se davvero queste maggiori entrate sono tali, con un debito pubblico che produce 80 miliardi l'anno di interessi, piuttosto che spendere male i soldi si sarebbe potuto lavorare per ridurre appunto il debito. Basta il dato che ho esposto per convincersi che questo decreto-legge non funziona: fra quelli veri e quelli mascherati, si spendono otto miliardi di euro!
Il testo, poi, esce pesantemente peggiorato dal lavoro svolto al Senato, dove la nostra impressione è che le esigenze ricattatorie di una maggioranza fragile abbiano portato a spese che si perdono in mille rivoli: lo hanno detto in precedenza il collega D'Agrò e il collega Garavaglia che hanno descritto tali spese. Non le ripeto, ma credo che sia opportuno fare qualche esempio di tali iniziative ad personam, come le chiamo io: ne voglio citare qualcuna proprio per evidenziare le contraddizioni fra ciò che l'Italia è ed il modo diverso in cui il Governo la vede. In questo provvedimento constatiamo che è gratificato il neo-segretario del Partito democratico Veltroni il quale, come sindaco di Roma, si trova assegnati 500 milioni di euro per pagare i debiti di una metropolitana ancora da fare. Questa espressione è stata adoperata da un collega in Commissione e quindi la cito tal quale: «Debiti di una metropolitana ancora da fare». Poi, dal momento che ciò strideva troppo, si è deciso di dare un contentino anche a Napoli e a Milano.
Ma Firenze, Torino, Palermo, Venezia sono forse capoluoghi di serie B? Non hanno, forse, problemi di metropolitana come gli altri? Forse il sistema metropolitano regionale del Veneto (dal quale io provengo) ha meno dignità rispetto a quello di Roma? Forse il sistema metropolitano regionale veneto deve essere pagato con le tasse dei veneti, e quello di Roma con le tasse di tutti, e quindi anche con quelle dei veneti? È solo un esempio del taglio del decreto-legge al nostro esame, ma potrei continuare.
Sottolineo ancora due questioni. Avete votato - e mi rivolgo al Governo - lo stesso giorno il disegno di legge finanziaria e il decreto. Avevate messo due poste di bilancio - una nel disegno di legge finanziaria ed una nel decreto - di 20 milioni cadauna per le aree di confine rispetto alle regioni a statuto speciale.
Evoco una polemica, credo, molto nota: vi è una sofferenza pesantissima di comuni in difficoltà che confinano con regioni che hanno privilegi enormi, ed i referendum motivati puramente da ragioni economiche stanno proliferando. Il Governo risponde, mandando sul posto il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Letta a dire di aver stanziato 40 milioni di euro per mitigare questo disagio. Ma poi vendete il provvedimento, andate al Senato e tagliate un articolo: da 40 milioni di euro si è passati a 20.
Successivamente, però, approvate un emendamento che riporta lo stanziamento a 25 milioni di euro e affermate: «siamo stati bravi, abbiamo previsto 5 milioni di euro». No, è la prima volta che un provvedimento ha una dotazione di 40, poi la si porta a 25 ed infine lo si vende, sostenendo che essa è stata aumentata!
Mi pare che questo sia il trucco delle tre tavolette: il minimo era ripristinare il fondo!
Citerò poi il collega de l'Italia dei Valori che prima mi ha, in qualche maniera, intrigato, quando ha parlato di mille emendamenti da lui presentati, mentre sa che lui, con la sua maggioranza, non ce li ha fatti votare. Bisogna allora che ci capiamo! Non è possibile cambiare ogni quarto d'ora ruolo (ma su tale aspetto tornerò in seguito).
Allora, mi domando: è mai possibile che un Governo serio scriva, approvi, venda all'esterno e faccia bella figura, ma poi di notte si rimette in tasca le risorse promesse? Mi pare che la cosa, anche a tal riguardo, possa essere in qualche modo discutibile.
Ma vi è ancora una questione: è una domanda che pongo al Governo e che già abbiamo posto in Commissione dove, ovviamente, non ha avuto risposta (conosciamo, infatti, l'esito di questo lavoro in Commissione). È la prima volta che inPag. 92trent'anni il disegno di legge finanziaria - in questo caso il disegno di legge finanziaria e il decreto ad essa collegato - non tengono conto degli investimenti relativi alla legge speciale di Venezia.
Venezia è un patrimonio dell'umanità: essa ha un bacino scolante di 150 comuni veneti, ha un problema di inquinamento che nasce da problemi storici dell'area di Marghera ed ha problemi di balneazione storica. Un Governo serio ogni anno dovrebbe riconsiderare gli investimenti. Ma, a proposito dell'inquinamento, dov'è il Ministro verde Pecoraro Scanio, dove sono gli altri?
Per la prima volta in trent'anni il disegno di legge finanziaria e il decreto al nostro esame non contengono nulla con riferimento alla legge speciale di Venezia. E non confondiamola con il Mose: sono due partite totalmente diverse, due argomenti diversi! Non vorrei che qualcuno ci dicesse: «ma vi è il Mose!». Il Mose è un'altra questione; rientra nella legge obiettivo ed è opera strategica e non c'entra niente con la legge speciale per Venezia.
È la prima volta che un Governo, che si proclama anche ambientalista, dimentica un tema di un valore così importante sul piano ambientale, storico e paesaggistico.
Mi fermo sui contenuti ulteriori del decreto, ma vorrei aprire una valutazione politica sul comportamento, e su quanto è accaduto in Commissione (che ha poi, in qualche modo, ricadute sul lavoro dell'Aula).
Il provvedimento al nostro esame è un collegato alla finanziaria, un «pezzo» della stessa: il decreto in discussione si considera sul piano del lavoro della Commissione come se fosse il disegno di legge finanziaria.
È la prima volta nella mia esperienza, ma credo anche nella storia repubblicana, che nessun emendamento alla manovra finanziaria viene votato in Commissione, salvo tre emendamenti tecnici votati stanotte perché era opportuno correggere sfasature economiche pazzesche che il Senato aveva approvato, ed anche su questo punto entrerò poi sul particolare.
È la prima volta, nella storia repubblicana, che il testo di un disegno di legge finanziaria arriva in Assemblea senza che in Commissione sia stato espresso alcun voto.
Ringrazio la maggioranza perché, con onestà intellettuale, questa volta non ha detto che è stata colpa dell'opposizione: nessun intervento agli atti della maggioranza in Commissione scarica su di noi le responsabilità.
La maggioranza sa, infatti, che abbiamo accettato il dialogo ed il confronto, segnalando pochi emendamenti da porre in votazione. Come hanno affermato i colleghi in precedenza, siamo disposti a ritirare anche in Assemblea quegli emendamenti che il Governo ci chiederà per discuterne in Aula. Tutti i gruppi d'opposizione hanno sottoscritto questo impegno già assunto in Commissione.
E allora abbiamo fatto per sette giorni il teatrino. Si è trattato di un susseguirsi imbarazzante di incontri: incontri di maggioranza, della maggioranza con il Governo, Commissioni convocate, rinviate, incontri tra maggioranza e opposizione in ordine ai metodi di lavoro per arrivare a ieri sera, allorché il presidente della Commissione, con onestà (adopero tale termine ma il suo uso vi dovrebbe preoccupare), ha affermato che non eravamo in grado di votare gli emendamenti al decreto in esame, ma solo - se l'opposizione lo avesse consentito - 3 emendamenti correttivi; questo perché il Senato ha approvato un provvedimento privo di copertura e pertanto la Camera dei deputati è più responsabile ed è necessario assumere l'onere della copertura, ma in ordine ai contenuti del provvedimento la maggioranza è inesistente; vi sono dei problemi (ma successivamente si è corretto, affermando che i problemi erano pochi, perché non poteva affermare che erano gravi) e tali questioni non consentono la votazione degli emendamenti in Commissione. Pertanto, è necessario investire della questione l'Assemblea, facendoci capire, tra le righe, che tutto viene sottoposto alla questione di fiducia.Pag. 93
Credo che sia la prima volta che avviene un simile fatto. Rivolgo a me stesso una domanda e al contempo anche alla Presidenza, che a sua volta dovrebbe riportarla al presidente della Commissione, Violante, che solo qualche ora fa ci intratteneva sui ruoli della Camera e del Senato, e sulla proposta di Stato federale che stiamo discutendo, se non fosse più semplice, rispetto ad una Camera non più esistente, istituire una Camera a sovranità limitata rispetto al Senato, una Camera che deve «beccarsi» il testo che giunge dal Senato, perché se lo tocca «muore», altrimenti decade e perciò non si può modificare; pertanto mi chiedo se tale Camera, rispetto alla riforma che stiamo adottando, abbia ancora un senso. Non sarebbe più semplice abolirla? Avremmo un risparmio in ordine ai costi della politica e anche più coerenza tra quanto facciamo e quanto affermiamo (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
Intendo ora svolgere qualche ulteriore considerazione. Signor Presidente, vorrei che fossero letti gli interventi dei colleghi della maggioranza svolti in Commissione. Sono uguali ai nostri. I colleghi, in Commissione, hanno svolto interventi, e sono gli unici agli atti quelli del collega Ventura che ha testualmente affermato: «Vi erano due obiettivi in questo decreto: sistemare i gravi problemi economici posti al Senato, migliorare ed integrare il testo. Mi scuso con voi, non siamo stati capaci di migliorare il testo». Il collega Crisafulli afferma: «È negativo impedire ai deputati di intervenire in Commissione sui contenuti del provvedimento». Il collega Vannucci sostiene: «Devo concordare pesantemente con il collega Crisafulli». Il relatore Di Gioia, che ho ringraziato perché ci ha provato, dice: «Mi rammarico che non siamo riusciti a lavorare in Commissione». Come faccio a non ringraziarlo? È intellettualmente onesto. Lo ringrazio perché si è impegnato, ma anche perché è onesto intellettualmente. La maggioranza ha abdicato al proprio ruolo e ha deciso che la Camera dei deputati non c'è più. Inoltre, ha stabilito di prestare attenzione, con l'avvertimento che proviene dall'Aula, a cosa avviene al Senato, se approva o meno, tanto quello che approva viene inviato e noi ce lo «mangiamo». Pertanto il problema è sperare che il Senato faccia bene, altrimenti va male per loro e per noi.
Signor Presidente, credo che in questo momento non sia necessario ritornare sui temi affrontati dal provvedimento in esame, ma voglio fare una sola considerazione, rivolgendomi al Governo. Serietà vuol dire anche che se il decreto-legge prevede una spesa per l'anno 2007, la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili comporta una spesa continuativa e ci vuole serietà per affermare che il decreto non dovrebbe contenere una tale misura.
Qualcuno sosteneva in precedenza che, poiché abbiamo tre milioni e mezzo di dipendenti pubblici, sarebbe piuttosto necessario dimagrire, come affermava il collega Borghesi. Come può il collega Borghesi fare tali affermazioni e successivamente esprimere voto favorevole alla conversione di un decreto-legge che, in prospettiva, ne stabilizza 350.000? Non si può dire una cosa e poi farne un'altra.
La maggioranza presenta 500 emendamenti e poi impacchetta il testo senza approvarne alcuno; si tratta di 500 proposte di modifica che voi stessi ritenete opportune. Mi domando: quando andate a casa la sera e vi guardate allo specchio, rispetto al vostro ruolo di parlamentari, cosa vedete? L'impotenza, l'incapacità, il ricatto del Senato su voi stessi?
Voglio svolgere un'ultima battuta che mi preme sottolineare, non da uomo del nord, ma da persona responsabile. Come diceva prima il collega Garavaglia che ha focalizzato la sua attenzione su alcune situazioni di diversità, il disegno di legge finanziaria stanzia 11 miliardi - e vedremo coma torna dopo l'approvazione del Senato - e presta 9 miliardi di euro a 3 - 4 regioni perché hanno dei problemi. Sapete quante regioni hanno problemi di bilancio e vorrebbero dei prestiti da onorare in 30 anni?
Sarebbe stato meglio prestare, invece che 9, 20 miliardi a tutte le regioni per consentire a quelle che avessero sforato iPag. 94conti sulla sanità di utilizzare il prestito per la sanità e a quelle che, invece, avessero avuto bisogno di realizzare opere pubbliche, per la realizzazione di opere pubbliche, con l'obbligo, per tutte, di restituire il prestito in trent'anni allo Stato. Non togliere, ma dare (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania) mi parrebbe cosa buona!
Signor Presidente, concludo il mio intervento con amarezza. Infatti, il problema non è dato dai contenuti - mi scuso con i colleghi che ho ascoltato con piacere per le analisi che hanno svolto sui contenuti del decreto - e sarebbe interessante discutere non tanto delle modifiche - il collega Borghesi propone modifiche, ma sa che non le otterrà e spera che giungano dal Senato che non sa come voterà - ma del ruolo dei parlamentari, il nostro ruolo. Tralascio la questione sulla «casta» e mi pongo la seguente domanda: all'esterno di quest'aula, cosa penserebbero di noi se avessero cognizione del fatto che non contiamo niente perché non possiamo contare niente?
Il rischio qual è? Che la Camera diventi un bivacco di fannulloni. Infatti, chi non produce niente è un fannullone. L'amarezza per chi la sera torna a casa, nel proprio territorio e svolge il suo ruolo è di non sapere cosa raccontare ai propri elettori. Infatti, dopo aver raccontato che io sono all'opposizione e voi siete la maggioranza e governate male, la domanda è: ma insieme cosa fate? Come governate l'Italia?
Se la Camera dei deputati non può intervenire su un provvedimento a causa dell'esigua maggioranza del Senato, è possibile andare avanti così? La responsabilità del ruolo che svolgiamo dove è? Sapete che la nostra possibilità di incidere sulla responsabilità sta tutta in capo a voi e credo che se aveste un sussulto di orgoglio sarebbe opportuno che un po' di responsabilità entrasse nei vostri cuori. Grazie e buon lavoro a tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Aurisicchio. Ne ha facoltà.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 19,35)
RAFFAELE AURISICCHIO. Signor Presidente, il gruppo di Sinistra Democratica è favorevole alla conversione in legge del decreto-legge n. 159 avente ad oggetto interventi urgenti in materia economica e finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale. Esso, infatti, amplifica e consolida la manovra espansiva già avviata con il decreto legge n. 81 dello scorso giugno.
Quel decreto, come si ricorderà, servì ad avviare le prime misure di equità sociale come l'aumento delle pensioni sotto la soglia minima, il sostegno ai giovani per il riscatto ai fini pensionistici degli anni di laurea per il ricongiungimento dei diversi periodi assicurativi e servì a sostenere il rilancio dell'economia, a riavviare i cantieri bloccati per mancanza di fondi, a far fronte alle necessità delle aziende pubbliche, ad onorare gli impegni internazionali dell'Italia e ad allentare i vincoli eccessivamente restrittivi fissati dalla legge finanziaria dello scorso anno per le amministrazioni centrali e per le autonomie locali.
Inoltre, con lo stesso provvedimento, furono estese a banche ed assicurazioni le misure per il cuneo fiscale; si diede attuazione alla sentenza europea in materia di detraibilità dell'IVA sulle auto e sui veicoli aziendali; fu recepito il protocollo di intesa con i lavoratori autonomi in materia di studi di settore; furono assegnati maggiori fondi alle forze di sicurezza e ai vigili del fuoco; furono assegnate maggiori risorse alla scuola, all'università, al servizio civile, alla Protezione civile, alle politiche sociali e al Mezzogiorno.
Il decreto n. 159 al nostro esame va nella stessa direzione. Complessivamente, con i due provvedimenti sono state destinate alla spesa risorse per oltre 13 miliardi di euro di cui 6,5 con il decreto di giugno e 7,5 con l'attuale decreto. Il decreto in esame introduce un incrementoPag. 95netto della spesa primaria pari a circa 5.614 milioni di euro e un intervento una tantum a favore dei soggetti incapienti pari a 1.900 milioni anche se va tenuto conto che, nel corso dell'esame al Senato, questo importo è stato praticamente raddoppiato, evidenziando un problema di copertura cui alla Camera, con il lavoro svolto in Commissione bilancio, si è dovuto far fronte.
Il decreto-legge al nostro esame, come affermato, determina un incremento sia delle spese correnti, sia di quelle in conto capitale.
Le maggiori spese correnti per circa due miliardi riguardano gli interventi per gli arretrati sul contratto recentemente firmato per il pubblico impiego; per la cooperazione internazionale per il mantenimento della pace in Africa; per il fondo per la lotta all'AIDS; per contributi obbligatori all'ONU e ad altri organismi internazionali; per contributi ad organizzazioni umanitarie, che agiscono per la cooperazione allo sviluppo; per la partecipazione dell'Italia a banche e fondi di sviluppo internazionale. Sempre nel campo delle spese correnti, insistono gli interventi per 150 milioni di euro nel campo dell'istruzione, per l'adempimento dell'obbligo scolastico.
Le maggiori spese in conto capitale per oltre 3,5 miliardi di euro riguardano ancora la cooperazione internazionale, l'edilizia residenziale pubblica dove - dopo tanti anni in cui tale tema è stato di fatto accantonato e abbandonato - si ritorna a finanziare in modo consistente per oltre 500 milioni di euro un programma di edilizia residenziale pubblica, che prevede sia la costruzione di nuovi alloggi, sia il recupero e il riadattamento di vecchi alloggi IACP. Sempre in questo settore, si destinano 150 milioni alla costituzione di una società pubblica di trasformazione edilizia per acquisire edifici pubblici e per destinarli alla realizzazione di alloggi economici e popolari.
Riguardano, inoltre, interventi per l'ambiente, per le aree protette e per la difesa del mare, per far fronte ai rischi idrogeologici, per opere pubbliche e per la viabilità, con finanziamento verso alcune strade locali e a favore di ANAS Spa. Sono, inoltre, previsti, interventi per la portualità e il trasporto marittimo, per le ferrovie per oltre un miliardo e a favore delle reti di trasporto metropolitano a Roma, Napoli e Milano.
Sono, inoltre, previsti interventi a favore di Poste Spa, per il Mose di Venezia, per il Fondo a favore dei comuni in dissesto, per l'estensione dei benefici previsti per le vittime del terrorismo e a favore delle vittime di azioni criminose, per aumentare la dotazione del fondo del 5 per mille, per i servizi socio-educativi per l'infanzia, per la stabilizzazione dei lavori socialmente utili in Calabria, per la ricostruzione delle aree terremotate del Molise e della Puglia.
Ci troviamo innanzi ad un programma di interventi ampio ed articolato, che punta a fornire risposte alle innumerevoli necessità che ci propone l'attuale realtà del Paese per come essa è venuta determinandosi a seguito degli anni di Governo della destra. In tali anni vi sono stati spostamenti di risorse dalle fasce di reddito più basse verso quelle più alte e dal lavoro verso l'impresa e la rendita.
Il confronto svoltosi al Senato ha ampliato la portata degli interventi di spesa. Tante volte si è trattato di far fronte ad oggettive necessità. In altre occasioni sono state recepite spinte particolaristiche per corrispondere ad esigenze di tipo microsettoriale, proposte da singoli senatori, da gruppi di senatori e, talvolta, dallo stesso Governo, come efficacemente è dimostrato dal programma di manifestazioni per la celebrazione dei 150 anni dell'unità d'Italia. Ciononostante, non si è modificata la natura del decreto, la sua caratteristica fondamentale, che resta quella di un provvedimento finalizzato ad impegnare sul fronte della spesa le maggiori entrate prodotte per effetto della linea di politica economica perseguita dal Governo a partire dalla legge finanziaria per il 2007.
La politica del Governo sul piano delle entrate si è infatti caratterizzata non già per un aumento della pressione fiscale, come la campagna orchestrata dall'opposizionePag. 96tenta di affermare, ma per la lotta puntuale e determinata all'evasione e all'elusione fiscale, che ha consentito di recuperare maggiore risorse, rispetto a quelle preventivate per oltre 23 miliardi di euro, pari però soltanto a poco più del 15 per cento dell'ammontare totale del fenomeno nel nostro Paese.
Il risultato che è stato raggiunto su questo fronte è molto importante e significativo. Giova sempre ricordare che in Italia, dove la dimensione raggiunta dal debito pubblico costringe ad una spesa annua per interessi passivi di oltre 70 miliardi, il fenomeno dell'evasione e dell'elusione fiscale ammonta ad oltre 100 miliardi di euro ogni anno, una dimensione di gran lunga superiore alla media europea. Le risorse recuperate su questo fronte non hanno carattere episodico: la dinamica innescata ha prodotto uno stabile allargamento della base imponibile destinata a favorire un maggiore gettito, anche nei futuri esercizi finanziari. Non solo non si è depressa l'economia, come le Cassandre della destra avevano previsto, ma sono arrivate maggiori risorse nelle casse dello Stato.
Si è discusso molto in questi mesi dell'utilizzo dei cosiddetti «tesoretti», con argomenti che sono tornati anche nel corso del percorso parlamentare di questo provvedimento. I guardiani dei parametri di Maastricht, i sacerdoti del risanamento prima di tutto e a tutti costi, i fautori della politica dei due tempi (adesso il risanamento e chissà quando lo sviluppo e l'equità), i sacerdoti dell'«iper-liberismo», talvolta presenti anche nelle fila del centrosinistra, avrebbero voluto che le maggiori risorse fossero destinate interamente alla riduzione del debito. In tal senso, qualche esponente politico di primo piano ha parlato della necessità di affrontare il debito pubblico con una «cura shock» che andasse in controtendenza anche rispetto alla linea seguita in Europa, mettendo nel conto effetti recessivi sull'economia. Scegliere di seguire questa impostazione per la destinazione dell'extra-gettito avrebbe avuto lo stesso valore del tentativo di prosciugare il mare con un secchiello. L'unico risultato sarebbe stato un più accelerato percorso di convergenza sugli obiettivi di stabilizzazione del bilancio concordati in sede europea, ma sarebbero rimaste inevase le esigenze del Paese. Insomma, come giustamente ha affermato il Presidente della Consiglio Prodi, il risanamento non può avvenire condannando il nostro Paese alla stagnazione e alla recessione.
Va evidenziato, tuttavia, che la manovra espansiva realizzata con il decreto di giugno e con il decreto-legge n. 159 al nostro esame, ha assorbito un aumento dell'indebitamento pari ad appena l'uno per cento del PIL. Al netto della stessa manovra avremmo oggi un indebitamento pari all'1,5 del PIL, mentre adesso ci troviamo al 2,4 per cento; l'avanzo primario sarebbe stato pari al 2,9 per cento, invece del 2,5 su cui ci stiamo attestando. La verità è che siamo comunque e pienamente dentro i parametri concordati, siamo dentro i limiti stabiliti con il Documento di programmazione economico-finanziaria dello scorso anno e siamo anche al di sotto delle previsioni fatte dallo stesso Governo Berlusconi.
In altri termini, gli obiettivi prefissati non sono messi in discussione: realizziamo lo stesso approdo con passaggi più rallentati. È un percorso che riteniamo più rispondente agli impegni che l'attuale maggioranza ha assunto con i cittadini e più rispettoso della situazione economica e sociale del nostro Paese. In questi anni, infatti, si è accumulato un grande disagio sociale, con larghe fasce di cittadini che non riescono a reggere il ritmo del costo della vita. Tutto ciò si somma ad una cronica insufficienza di interventi verso l'innovazione, la ricerca, la scuola, l'università ed a una cronica inadeguatezza della dotazione infrastrutturale che si è aggravata ancor più negli anni di Governo della destra e che adesso mette a rischio la capacità competitiva della nostra economia. Come avrebbe potuto la maggioranza al Governo di centrosinistra far finta di non vedere queste necessità e non dare alcuna risposta?Pag. 97
Le risposte finora fornite sono ancora certamente insufficienti e non all'altezza della speranza che cittadini e lavoratori giovani avevano riposto nella vittoria del centrosinistra e dell'attuale maggioranza, ma sono tali da fornire una prima soluzione, consentono di tenere in piedi un canale di comunicazione con larghi settori di società e, soprattutto, segnano una svolta rispetto alla legge finanziaria dello scorso anno, pervasa dalla filosofia dei sacrifici per rimettere a posto i conti.
La manovra economica di quest'anno si prefigge, invece, di dare risposte sul terreno dello sviluppo e dell'equità sociale: vi sono il disegno di legge in esame, la legge finanziaria in senso stretto - che il Senato si appresta ad approvare - e il provvedimento sulle pensioni e sul welfare. Complessivamente, si tratta di una manovra che, senza aumentare la pressione fiscale e senza tagli alla spesa sociale, punta a restituire qualcosa ai cittadini, in particolare a quelli con più basso reddito, e a rimettere al centro il lavoro e la considerazione sociale che esso deve avere.
Il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo europeo è favorevole alla conversione del decreto-legge in esame sia per ragioni di merito inerenti ai contenuti propri del provvedimento sia perché esso è un tassello significativo della manovra economica che abbiamo condiviso, che sosteniamo e che vogliamo ancor più migliorare nel corso dei diversi e successivi passaggi parlamentari. Nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, abbiamo lavorato con questo intento e vogliamo conseguire tale obiettivo anche alla Camera. In questo senso erano diretti anche gli emendamenti che avevamo presentato in Commissione bilancio, dove, alla fine, è prevalso l'intento di limitarsi a dare sistemazione a quelle parti del decreto-legge in cui si palesavano problemi di compatibilità della copertura finanziaria. Resta il lavoro svolto e il confronto sviluppato in quella sede: anche per tale motivo voglio ringraziare il presidente della Commissione e il relatore.
Concludendo, evidenzio come la maggioranza, finora, abbia saputo affrontare la tornata parlamentare per l'esame della manovra economica, sia alla Camera sia al Senato, con grande unità e grande serenità, indici di una tenuta politica che, in partenza, non era prevedibile e non le veniva riconosciuta. Se si ascolta maggiormente il Paese e si danno risposte ai bisogni oggettivi di larghe fasce di cittadini, molte divisioni scompaiono e molte difficoltà vengono superate. È il modo migliore per dimostrare che la maggioranza non ha alternative, non solo per lo stato dei rapporti politici e parlamentari, ma perché essa è l'unica forza che, in questo momento, può farsi carico dei problemi del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iacomino. Ne ha facoltà.
SALVATORE IACOMINO. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, il disegno di legge in esame, approvato con modifiche dal Senato, reca la conversione in legge del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, riguardante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale.
In tali ambiti, il provvedimento propone una molteplicità di interventi che vanno dalle imprese pubbliche alla sanità, dalle infrastrutture ai trasporti, dall'edilizia abitativa alla precarietà del lavoro, dai contratti del pubblico impiego ai giovani, dall'editoria alla televisione, dagli enti locali alla scuola e alla ricerca scientifica, dai beni culturali allo sport e allo spettacolo, dalla tutela dell'ambiente all'agricoltura, dalla sicurezza interna alla politica internazionale e, per finire, dal fisco alle liberalizzazioni, impegnando, complessivamente, per il solo 2007, 8.407 milioni di euro. La dimensione quantitativa del provvedimento poggia sugli articoli 1 e 47, che possono riassumersi nei seguenti termini.
L'articolo 1 prevede che «le maggiori entrate tributarie nette rispetto alle previsioni definite con il Documento di programmazione economico-finanziaria 2008-2011 per l'anno 2007, pari a 5.978 milioniPag. 98di euro», ulteriori rispetto a quelle incluse nel bilancio di assestamento e utilizzate a copertura del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, siano destinate, per il medesimo anno, «alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi di finanza pubblica a legislazione vigente, definiti dal predetto Documento di programmazione economico-finanziaria e dalla relativa Nota di aggiornamento».
Tali obiettivi includono gli effetti finanziari degli interventi disposti con il provvedimento in esame, incluse le misure di sviluppo ed equità sociale di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), che destina prioritariamente le maggiori entrate rispetto alle previsioni realizzate nel 2007 agli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica, definiti dal Documento di programmazione economico-finanziaria 2007-2011.
In quanto eccedenti rispetto a tali obiettivi, le eventuali maggiori entrate derivanti dal contrasto all'evasione fiscale sono destinate, se di natura permanente, alla riduzione della pressione fiscale finalizzata al conseguimento degli obiettivi di sviluppo ed equità fiscale, dando priorità a misure di sostegno del reddito di soggetti incapienti ovvero appartenenti alle fasce di reddito più basse, salvo che si renda necessario assicurare la copertura finanziaria di interventi urgenti e imprevisti necessari a fronteggiare calamità naturali ovvero improrogabili esigenze connesse con la tutela della sicurezza del Paese.
L'articolo 47, relativo alla clausola di copertura finanziaria, nel testo approvato dal Senato, quantifica gli oneri netti derivanti dal provvedimento in 8.407 milioni di euro per l'anno 2007, 9,02 milioni di euro per l'anno 2008 e 16,9 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009. A tali oneri si provvede per il 2007, quanto a 5.978 milioni di euro con le maggiori entrate, quanto a 1.320 milioni di euro mediante utilizzo della riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al concorso dell'Italia alle risorse proprie dell'Unione Europea, inclusa per 1.300 milioni di euro nel disegno di legge di assestamento per l'anno in corso, quanto a 1.100 milioni di euro mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa relativa al fondo per le aree sottoutilizzate, e quanto a 5 milioni di euro mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nel fondo speciale di parte corrente.
Per gli anni 2008 e 2009 si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa destinata al medesimo fondo per le aree sottoutilizzate.
Quanto a euro 5 milioni per l'anno 2007, euro 3,62 milioni per l'anno 2008 ed euro 5,6 milioni a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2007-2009, nel fondo speciale di parte corrente.
Dal combinato disposto degli articoli 1 e 47 emerge che per l'anno 2007, a fronte di impegni di spesa e di agevolazioni concesse dalla norma in esame per complessivi 8.407 milioni di euro, ben 5.978 milioni di euro, il 72 per cento circa, derivano dalle maggiori entrate derivanti dalle misure di contrasto all'evasione fiscale. Volutamente parlo di misure di contrasto e non, come abitualmente si usa, di lotta all'evasione fiscale. La locuzione mi sembra politicamente più corretta, in quanto il termine lotta richiama principi di conflitto sociale, che nella fattispecie non sembrano pertinenti, in quanto si tratta di imporre semplicemente la maestà della legge a chi con troppa disinvoltura in questi ultimi anni l'ha costantemente disattesa.
Il provvedimento in esame trova comunque il suo fondamentale presupposto quantitativo nell'azione di recupero delle basi imponibili fiscali, condotta con tenacia e anche a rischio di una palpabile impopolarità dall'attuale coalizione di Governo, la quale era ben consapevole che, per introdurre elementi di equità e di sviluppo nel nostro sistema economico, la strada intrapresa fosse, nelle condizioni date, l'unica realisticamente percorribile.
La coalizione di Governo ha avviato quindi un programma di recupero dell'evasionePag. 99fiscale che ha prodotto i primi risultati, con un forte aumento delle entrate tributarie già nel 2006. Circa un terzo delle maggiori entrate sono derivate da un miglioramento dell'adempimento spontaneo dei contribuenti. In numerosi settori la crescita del gettito è stata superiore alla crescita delle basi imponibili, segnalando l'emersione spontanea di imponibili, come ad esempio nel settore delle costruzioni e del commercio.
L'eliminazione di ogni condono tributario, unitamente a una serie di interventi in campi specifici, hanno dato misura del forte impegno della coalizione di Governo in questo ambito. La robusta crescita del gettito tributario è proseguita nei primi mesi del 2007, confermando che è in atto un continuo recupero di base imponibile, prima nascosta all'erario.
L'evasione in Italia resta tuttavia superiore a quella delle altre economie avanzate, quasi doppia rispetto a quella di Francia, Germania e Regno Unito e sino a quattro volte superiore a quella di Austria, Irlanda e Olanda. Tra i Paesi OCSE, l'Italia sembra avere un sommerso di almeno il 60 per cento più elevato della media, con tutto ciò che questo comporta anche in termini di criminalità, sicurezza e ordine pubblico.
In Italia si nasconde al fisco circa il 17-18 per cento del PIL (230-245 miliardi, secondo l'ISTAT). Dalle dichiarazioni risulta che si evade, secondo i dati dell'Agenzia delle entrate, il 21 per cento della base imponibile IRAP e fino al 33 per cento della base imponibile IVA. Con l'evasione si perdono, in termini di mancate entrate, circa 7 punti percentuali di PIL, vale a dire quasi 100 miliardi l'anno. Se l'evasione scomparisse o fosse ridotta in modo consistente, si potrebbe abbassare il carico fiscale del 15-20 per cento, non vi sarebbe concorrenza sleale tra le imprese e il sistema economico sarebbe più efficiente e più competitivo.
Il contrasto all'evasione è una necessità economica, non solo un dovere civico e un obbligo morale. Ridurre l'evasione ai livelli prevalenti in altri Paesi è possibile: occorre modificare le aspettative, migliorare molto il rapporto tra amministrazione e cittadini contribuenti, ripagare il senso di giustizia che oggi avverte il contribuente.
La strategia della coalizione di Governo ha realizzato tutto ciò pur nelle condizioni di necessità in cui è stata costretta ad avviare la propria politica fiscale, a causa dello stato dei conti pubblici trovato nel 2006. Ma oggi proprio la politica avviata nel 2006 ha creato la possibilità di interventi positivi, come quelli previsti nel DPEF per gli anni 2008-2011 e quello in esame.
Nel 2006 le entrate della pubblica amministrazione sono cresciute del 9,6 per cento, al di sopra della crescita economica, che è stata del 3,7 per cento. Le entrate del bilancio dello Stato sono aumentate di 35,8 miliardi rispetto al 2005, e più del 30 per cento di tale aumento non è ciclico, ma legato al miglioramento dell'adempimento spontaneo, e dunque delle misure di contrasto all'evasione. La crescita del gettito IVA ha costituito il caso più evidente dell'eclatante miglioramento dell'adempimento spontaneo del contribuente. Il buon andamento delle entrate tributarie ha portato a un miglioramento dei conti pubblici nel 2006: l'indebitamento netto è diminuito di 1,7 punti percentuali del PIL, grazie a un aumento delle entrate tributarie di circa 1,6 punti percentuali di PIL, passando dal 4,1 del 2005 al 2,4 del 2006. La spesa primaria corrente è rimasta invariata. Ciò ha portato la pressione fiscale ai valori prevalenti alla fine degli anni Novanta: circa il 42,3 per cento del PIL, al di sotto di Paesi come Francia e Belgio, e 0,5 punti percentuali al di sopra della media europea.
Lo sforzo di politica fiscale del Governo continua a produrre frutti visibili sulle entrate dei primi mesi del 2007: per il primo semestre del 2007 si stima una crescita delle entrate erariali, al netto delle una tantum, di circa il 6 per cento, chiaramente al di sopra della crescita economica, che è stata finora intorno al 4 per cento nominale.
Di fronte a questi risultati non bisogna abbassare la guardia: il recupero delle basi imponibili attraverso misure di contrastoPag. 100all'evasione deve restare uno dei capisaldi della politica fiscale del Governo per i prossimi anni.
La costante riduzione dell'evasione fiscale consentirà di attuare progressivamente le priorità della coalizione di Governo in ambito tributario: ridurre il carico tributario e dare sollievo ai redditi bassi e medi e a quelli delle famiglie numerose, rendere le imprese più competitive e incentivare lo sviluppo economico, semplificare il sistema degli adempimenti e ridurre i costi per i contribuenti, rafforzare il sistema di federalismo fiscale.
Risulta però evidente che il decreto in esame, come l'insieme della manovra che definiremo con la prossima legge finanziaria, non rappresenta una svolta netta per le condizioni economiche e sociali del nostro Paese, ma un'inversione di intendenza all'interno di un percorso che dovrà portare il nostro stato sociale al livello dei più avanzati Paesi dell'Unione europea.
Si compie oggi un'operazione che non piace a molti editorialisti del Corriere della sera, non piace al Governatore della Banca d'Italia e non piace al presidente di Confindustria. Se ne facciano una ragione, perché c'è una grande novità che va nella direzione della redistribuzione della spesa pubblica!
Quando la spesa pubblica è indirizzata a risolvere problemi che valgono 5 miliardi di euro per il cuneo fiscale a beneficio delle imprese, non vi sono questioni. Quando, invece, la spesa pubblica va nella direzione di un minimo di redistribuzione per le classi sociali più deboli, per gli incapienti, per i precari e per la famiglia, allora la spesa pubblica sta andando fuori controllo.
La difficile situazione sociale del nostro Paese presenta peculiarità davvero inquietanti: un tasso di povertà superiore alla media europea, a fronte di un investimento complessivo delle politiche dello stato sociale inferiore alla stessa media europea; persone non autosufficienti, spesso a carico esclusivo delle famiglie; giovani privi di autonomia economica e alle prese con forme di lavoro sempre più incerte e precarie; una critica situazione abitativa quale fonte ulteriore di esclusione e di impoverimento. Sono solo alcuni macroscopici esempi della realtà effettiva con cui milioni di nostri concittadini, giovani ed anziani, quotidianamente devono confrontarsi.
Il provvedimento in esame, nel quadro delle compatibilità finanziarie, interviene su alcuni punti di maggiore rilevanza critica, su cui intendo particolarmente soffermarmi.
Innanzitutto, per quanto concerne il rispetto degli obblighi contrattuali cadenti a carico dello Stato nella sua qualità di datore di lavoro, l'articolo 15 stabilisce che, per fare fronte ai maggiori oneri contrattuali del biennio 2006-2007, relativi al 2007, derivanti dall'applicazione degli accordi e delle intese intervenuti in materia di pubblico impiego nell'anno 2007, è autorizzata, in aggiunta a quanto già stanziato dalla legge finanziaria per il 2007, una spesa massima di 1.000 milioni di euro lordi. Le somme sono destinate a consentire la retrodatazione al 1o febbraio 2007 degli incrementi di stipendio concordati in sede di rinnovo contrattuale con decorrenza successiva al 1o febbraio 2007. Gli importi corrispondenti costituiscono un'anticipazione dei benefici complessivi del biennio 2006-2007 da definire in sede contrattuale dopo l'approvazione del disegno di legge finanziaria per il 2008.
Il decreto-legge n. 159 del 2007, oggetto della discussione di oggi, interviene - è la prima volta dopo sedici anni - in diversi articoli sull'edilizia abitativa per le fasce sociali più deboli. Il disagio abitativo, ovverosia il grave e grande problema della casa, interessa migliaia di famiglie. Lo stesso provvedimento del Governo che ha reiterato il blocco degli sfratti ha evidenziato che la questione della casa è tornata costituire un'urgenza. Se a ciò aggiungiamo coloro i quali con sacrifici si sono fatti carico negli ultimi anni di un mutuo a tasso variabile per comprare la casa e si sono visti aumentare in maniera significativa la rata del mutuo, al punto tale che molti non ce la fanno più, comprendiamo quanto sia diventata un'emergenza nazionale la questione della casa.Pag. 101
L'articolo 21, al fine di garantire il passaggio da casa a casa delle categorie sociali ed ampliare l'offerta di alloggi in locazione a canone sociale, autorizza la spesa di 550 milioni di euro per l'anno 2007 per finanziare, nei comuni ad alta tensione abitativa e nei comuni capoluoghi di provincia confinanti, un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, che prioritariamente dovrà essere finalizzato al recupero e all'adattamento funzionale di alloggi di proprietà degli ex IACP o dei comuni, non assegnati, all'acquisto o alla locazione di alloggi e all'eventuale costruzione di nuove alloggi.
Il programma dovrà essere attuato in modo da garantire il rispetto dei criteri di efficienza energetica, di riduzione delle emissioni inquinanti e di sviluppo delle fonti di energia rinnovabile.
L'1 per cento del finanziamento è destinato alla costituzione e al funzionamento dell'osservatorio nazionale e degli osservatori regionali sulle politiche abitative, al fine di assicurare la formazione e l'alimentazione delle banche dati necessarie per la programmazione degli interventi di edilizia residenziale con finalità sociali, nonché al fine di monitorare il fenomeno della occupazione senza titolo degli alloggi di proprietà degli ex IACP o dei comuni.
L'articolo 21-bis prevede che le risorse originariamente destinate ai programmi di edilizia residenziale in favore dei dipendenti delle amministrazioni dello Stato, impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, non impegnate alla data del 31 dicembre 2007 e stimati in 320 milioni di euro, siano destinate al finanziamento delle proposte, già ritenute idonee ma non risultate beneficiarie di finanziamenti, concernenti programmi denominati «contratti di quartiere II».
L'articolo 41, inoltre, al fine di incrementare il patrimonio immobiliare destinato alla locazione di edilizia abitativa, specie a canone sostenibile, nei comuni con fenomeni di disagio abitativo e ad alta tensione abitativa, prevede la costituzione ad opera del Ministero dell'economia e delle finanze, tramite l'Agenzia del demanio, di una società di scopo per promuovere la formazione di strumenti finanziari immobiliari a totale o parziale partecipazione pubblica, per l'acquisizione, il recupero, la ristrutturazione e la realizzazione di immobili ad uso abitativo, anche tramite l'utilizzo di beni di proprietà dello Stato o di altri soggetti pubblici. Per le finalità della norma in esame è autorizzata, per il 2007, la spesa massima di 100 milioni di euro.
Altra area di intervento del provvedimento in esame è quella relativa alla precarietà del lavoro: l'articolo 27 dispone la concessione alle regioni Calabria e Campania di un contributo rispettivamente di 60 e 10 milioni di euro per il 2007, a valere sul Fondo per l'occupazione e per la stabilizzazione dei lavoratori impegnati in progetti di lavoro socialmente utili o di pubblica utilità.
L'articolo 27 autorizza i Parchi nazionali della Maiella e del Gran Sasso all'assunzione di lavoratori già titolari di rapporto di lavoro precario e degli ex lavoratori socialmente utili, previa procedura selettiva. Dette assunzioni sono autorizzate nei limiti delle somme che residuano dalle procedure di stabilizzazione del personale fuori ruolo, finanziate con uno stanziamento di 2 milioni di euro per l'anno 2007.
L'articolo 43, infine, prevede che le assunzioni in deroga per l'anno 2007, da parte dei comuni con meno di cinquemila abitanti, di soggetti collocati in attività socialmente utili possono essere effettuate anche in sovrannumero, nel rispetto dei vincoli finanziari stabiliti per gli enti non sottoposti al patto di stabilità interno. Viene, tuttavia, precisato che, in caso di assunzione in sovrannumero, i comuni non possono procedere ad altre assunzioni di personale fino al totale riassorbimento delle relative eccedenze.
La misura più qualificante dell'intero provvedimento in termini di equità sociale, a mio avviso, è quella relativa ai soggetti cosiddetti incapienti. L'articolo 44, ai commi da 1 a 4-bis, disciplina le misure fiscali a favore dei contribuenti a basso reddito. In particolare, le disposizioni in argomento attribuiscono per l'anno 2007Pag. 102ai soggetti passivi IRPEF, la cui imposta netta dovuta per il 2006 risulti pari a zero, una detrazione fiscale pari a 300 euro quale rimborso forfetario di parte delle maggiori entrate tributarie affluite all'erario. Detta misura non spetta a coloro che nell'anno 2006 risultino fiscalmente a carico di altri soggetti. Tali disposizioni attribuiscono per l'anno 2007 ai soggetti IRPEF la cui imposta netta dovuta per il 2006 risulta pari a zero, un' ulteriore somma per ciascun familiare a carico, prevedendo che qualora il familiare sia a carico di più soggetti la somma è ripartita in proporzione alle percentuali spettanti secondo la detrazione per carichi familiari. Infine, istituiscono nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze un Fondo per l'erogazione delle somme, con una dotazione pari a 5.000 milioni di euro, derivante anche dall'impiego del 30 per cento del Fondo costituito dai depositi dormienti.
Signor Presidente, Rifondazione Comunista ritiene che questo disegno di legge contenga elementi di forte discontinuità, che sono stati definiti sia con il concorso del Governo, sia con la partecipazione attiva nella discussione delle Commissioni al Senato intorno a materie e contenuto in cui si registra davvero un'inversione di tendenza.
Siamo convinti che il confronto interno alla maggioranza - insieme alla capacità di far pesare il Paese sulle scelte del Governo - permetterà di ritrovare una sintonia forte tra il Governo Prodi e il Paese. Questo è necessario in una situazione in cui il Paese ha bisogno non solo di più certezze, ma anche di prospettive.
Per tutte queste motivazioni, preannuncio il voto favorevole del gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea a questo provvedimento.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentante del Governo, il decreto-legge recante interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale costituisce uno degli strumenti fondamentali della manovra finanziaria del 2008 proposta dal Governo, in coerenza con il DPEF esaminato da quest'Assemblea nel mese di luglio.
Insieme alla legge finanziaria e al disegno di legge che recepisce l'accordo del 23 luglio sul welfare, siamo di fronte ad un insieme di provvedimenti che contingono e consolidano l'opera di risanamento della finanza pubblica, che ha contraddistinto questo anno e mezzo di attività del Governo Prodi, e sviluppano una serie di azioni a sostegno della crescita e di una maggiore equità sociale.
Si tratta di tre obiettivi che partono dalla realtà del Paese. Non è possibile dimenticare, infatti, l'eredità lasciata dal precedente Governo di centrodestra: un Paese che ha conosciuto per diversi anni, sostanzialmente, una crescita pari a zero, e che ha perso continuamente posizioni sul piano della competitività. Ovviamente, ciò non è avvenuto solo a causa delle politiche economiche di quegli anni: scontiamo problemi strutturali presenti da tempo e dopo l'ingresso nell'area dell'euro - che ci ha messo al riparo dalle numerose crisi finanziarie degli ultimi dieci anni, che avrebbero avuto conseguenze deleterie se il nostro Paese non fosse stato inserito nell'area dell'euro - si è resa necessaria una politica a sostegno dell'innovazione e dell'investimento sulla ricerca e sulla conoscenza, perché non è più possibile competere agendo sulla svalutazione della moneta e sull'espansione della spesa pubblica.
Si tratta, quindi, di problemi strutturali, derivanti da situazioni determinatesi nel corso di decenni, ma su cui il Governo di centrodestra non ha inciso, in costante attesa di un miglioramento derivante solo da fattori esterni, senza una politica di sostegno all'innovazione.
A questo aspetto si è accompagnata un'altra pesante eredità, quella dei conti pubblici, usciti da una situazione di controllo. Sento spesso i colleghi dell'opposizione sostenere che abbiamo drammatizzato la situazione, che non era così gravePag. 103come l'abbiamo dipinta; lo ha affermato anche questa sera il collega Alberto Giorgetti. Non è così.
La Commissione Faini insediata dal Governo Prodi ha evidenziato soprattutto due dati di emergenza: il quasi azzeramento dell'avanzo primario e la ripresa della crescita del debito pubblico, dopo anni di riduzione, alla fine del 2005. Questi due elementi si sono confermati anche alla fine del 2006, seppure condizionati da fattori straordinari, ma determinatisi per le scelte (o le mancate scelte) degli anni scorsi, come la questione dell'IVA riguardo alle auto aziendali e i debiti delle Ferrovie.
Solo nel 2007 si avrà una ricostruzione dell'avanzo primario al 2,5 per cento, il debito pubblico ricomincerà a scendere in rapporto con il PIL, passando dal 106,2 per cento del 2005 e dal 106,8 per cento del 2006, fino al 105 per cento. Pertanto, è possibile, se si continua su questa strada, raggiungere un rapporto inferiore al 100 per cento alla fine di questa legislatura, così come è possibile portare il bilancio in pareggio.
Dopo anni di crescita del peso della spesa pubblica sul PIL - due punti percentuali in più negli anni di Governo del centrodestra -, dal 2006 la spesa si è stabilizzata e si è avviata una metodologia - la spending review - che mi sembra l'unica, se perseguita con costanza, in grado di determinare contenimento, riqualificazione e anche riduzione della spesa pubblica nel medio periodo, perché un risultato significativo sul contenimento della spesa pubblica e sulla sua riduzione non lo si può ottenere in un periodo molto breve.
La terza eredità pesante riguarda le condizioni sociali del Paese: aumento delle disuguaglianze delle aree di povertà, perdita del potere d'acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore.
MAINO MARCHI. ...condizione diffusa di precarietà per i giovani...
PRESIDENTE. Vi inviterei a lasciar parlare indisturbato l'oratore, per favore, colleghi. Onorevole Baldelli, per cortesia.
MAINO MARCHI. Come dicevo, aumento delle disuguaglianze e delle aree di povertà, perdita del potere d'acquisto dei salari, degli stipendi e delle pensioni, condizione diffusa di precarietà per i giovani e per aree sempre più ampie del mondo del lavoro: sono elementi che contraddistinguono questi anni.
Già dopo un anno di Governo Prodi ci siamo trovati di fronte ad importanti fattori di risanamento della finanza pubblica, in gran parte determinati da maggiori entrate. Tuttavia, maggiori entrate non sempre vogliono dire più tasse; significa soprattutto un serio contrasto all'evasione fiscale e al lavoro nero e un'attività intensa di due Ministeri, quello dell'economia e delle finanze, da una parte, e quello del lavoro, dall'altra.
Dopo un anno di Governo Prodi - porto questo esempio - sono emersi 143 mila posti di lavoro nero e anche questo elemento contribuisce al risultato complessivo. Vorrei rammentarlo anche al collega Garavaglia, che richiamava i problemi di illegalità in questo Paese. Ritengo che un vero contrasto all'evasione fiscale e al lavoro nero sia il modo più efficace per combattere l'illegalità e anche le organizzazioni criminali. Spesso, infatti, vi è una connessione diretta tra questi elementi. In un Paese con quasi il 20 per cento di economia illegale, non si può pensare che trionfi la legalità.
Inoltre, una linea chiara sul rigore e sulla chiusura della prospettiva dei condoni sta determinando comportamenti più virtuosi dei contribuenti.
Di fronte a queste maggiori entrate e a un debito pubblico che è il maggiore d'Europa, producendo effetti pesanti, ogni anno, sul piano degli interessi passivi (oltre 70 miliardi di euro), si sarebbe certamente potuto scegliere di destinare le maggiori entrate alla riduzione del debito pubblico. Considero questa posizione del tutto legittima, soprattutto quando è sostenuta da autorità o soggetti senza responsabilitàPag. 104politica. Quando, invece, viene sostenuta dall'opposizione, tale posizione mi sembra meno credibile, in considerazione del fatto che chi ha contribuito all'aggravamento della situazione, chi per anni ha sovrastimato la crescita del Paese, le conseguenti previsioni di entrata e ha, pertanto, aumentato le spese, non mi sembra che abbia proprio tutte le carte in regola per indicare la strada del risanamento.
Soprattutto, però, non trovo condivisibile questo indirizzo per le condizioni reali del Paese. Dobbiamo sempre avere presenti le tre questioni su cui occorre intervenire: risanamento, ma anche crescita ed equità. Nel momento in cui la condizione di risanamento è migliore delle previsioni e si migliora rispetto a tutti gli impegni assunti in sede europea, e nel momento in cui vi è stata una crescita economica di un certo significato nel 2006 (l'1,9 per cento, un dato che non conoscevamo da anni) e si registra anche nel 2007 una situazione simile (tra l'altro, oltre i livelli previsti dalla legge finanziaria, ma con prospettive internazionali di difficoltà per effetto delle turbolenze dei mercati finanziari e con una condizione ancora di arretratezza del nostro Paese sul piano della competitività, oltre ad una condizione di aggravamento della situazione per diverse fasce sociali del Paese), è opportuno utilizzare le maggiori entrate per sostenere la crescita e per politiche di equità.
Si è spesso attaccati dall'opposizione per la questione della pressione fiscale. Ricordo che la finanziaria per l'anno 2006 ha scelto di destinare le eventuali maggiori entrate non solo alla riduzione del debito pubblico, ma anche alla riduzione della pressione fiscale a cominciare dagli interventi per migliorare le pensioni più basse. Questa è la scelta che abbiamo compiuto sia mediante il decreto-legge n. 81 del luglio di quest'anno, sia ora mediante il decreto-legge in esame il quale destina anch'esso maggiori entrate oltre alla riduzione della spesa per il 2007 (da ciò ritengo nasca l'esigenza di un decreto-legge, non di un semplice disegno di legge di accompagnamento, proprio perché si tratta di risorse tutte relative al 2007). In luglio siamo intervenuti soprattutto sulle pensioni più basse, con effetti che si sono già prodotti in questi mesi e con l'avvio di politiche previdenziali per i giovani, che hanno trovato un inquadramento complessivo nell'accordo del 23 luglio, oggetto del disegno di legge collegato alla finanziaria. Con il decreto-legge in esame, interveniamo innanzitutto sugli incapienti, cioè a favore dei redditi più bassi, con il bonus di centocinquanta euro, così com'era previsto nel decreto originario e come ora ripropongono il Governo e la Commissione, dopo la proposta del Governo stesso a correzione delle modifiche introdotte dal Senato. Si tratta di persone che non beneficiano mai delle detrazioni fiscali, perché non hanno un reddito sufficiente per pagare le tasse: è un problema aperto da tempo e che si inizia finalmente ad affrontare. Questi due interventi, sulle pensioni più basse e sugli incapienti, dimostrano come solo con il risanamento e la crescita sia possibile agire per una maggiore equità. Per ridistribuire ricchezza bisogna produrla e occorre una finanza sana, se cresce il debito, probabilmente, si ridistribuisce solo quest'ultimo.
La valenza sociale della legge finanziaria e della manovra complessiva è stata sottolineata anche dall'ISTAT, nell'audizione che si è svolta con i suoi rappresentanti, rilevando vantaggi per 18 milioni di famiglie. Alle politiche sociali, vanno ascritti altri aspetti importanti, come l'aumento delle risorse del 5 per mille per il piano straordinario per servizi socio-educativi e per il Fondo per le politiche sociali, le estensioni dei benefici riconosciuti alle vittime del terrorismo e alle vittime del dovere e della criminalità organizzata, e ancora le risorse per l'obbligo di istruzione. Ricordo inoltre le disposizioni a favore dei soggetti danneggiati da trasfusioni infette e a favore dei talassemici.
Vi è un consistente intervento per l'edilizia residenziale pubblica, per valorizzare il patrimonio demaniale e mettere a disposizione un cospicuo numero di alloggi. La casa è un tema al centro della manovra.Pag. 105Oltre le misure introdotte dal decreto-legge in esame vi sono quelle previste dalla legge finanziaria, come le riduzioni ICI e gli sgravi per l'affitto o la proroga di agevolazioni fiscali già in vigore per le ristrutturazioni edilizie e l'efficienza energetica, le politiche sociali, l'equità, ma anche il sostegno alla crescita e allo sviluppo. In certi momenti si è sostenuto che il risanamento si ottiene, più che agendo sulla finanza pubblica, facendo crescere l'economia. Ricordo vari interventi dell'opposizione in tal senso. A mio avviso, occorre agire su tutti i piani. Tuttavia, è strano che quando si interviene per lo sviluppo, si afferma che è meglio utilizzare le risorse per ridurre il debito. In questo decreto-legge vi sono consistenti risorse per gli investimenti per oltre 3 miliardi e mezzo di euro per vari interventi: ferrovie e trasporto marittimo, ANAS, infrastrutture nelle città per il centocinquantesimo anniversario dell'unità d'Italia, interventi sulle metropolitane e per altre grandi opere pubbliche, quelli che ho ricordato poc'anzi sulla casa, nonché altri interventi per l'ambiente e l'energia. Sento invocare - lo ha fatto l'onorevole Alberto Giorgetti - le liberalizzazioni, che sarebbero previste in questo decreto-legge. Peccato che tutti i provvedimenti portati all'esame di quest'Assemblea siano stati sempre fortemente contrastati dall'opposizione! Il Senato ha ulteriormente sviluppato le azioni che ho testé richiamato. Il collega Garavaglia si è soffermato sulle tasse per le imprese. Ricordo che la più rilevante riduzione delle tasse alle imprese degli ultimi anni è stata varata dal Governo Prodi, con il taglio del cuneo fiscale e la conseguente riduzione dell'IRAP e che nella finanziaria sono previste misure che riducono gli oneri burocratici e quindi, anche le spese attraverso semplificazioni, oltre all'aumento delle detrazioni fiscali per la ricerca.
Si tratta pertanto di scelte positive per l'economia e per la società italiana, cui si aggiungono le risorse per onorare impegni assunti e non finanziati dal precedente Governo per gli aiuti alla cooperazione e allo sviluppo. Inoltre, tra decreto-legge e legge finanziaria si dà copertura agli accordi contrattuali siglati nel 2007. Comprendo le polemiche sindacali di questi ultimi tempi - e anche le manifestazioni - sulle insufficienti risorse per i prossimi rinnovi contrattuali, ma credo che non si possa chiedere a questo Governo di impegnare, in un solo anno, tutte le risorse previste per il periodo 2006-2007 e anche per il prossimo biennio. Per il futuro tali risorse si utilizzeranno nella misura adeguata, quando saranno siglati gli accordi.
Vi sono poi altre misure attese, come quelle che permettono ai comuni di utilizzare gli avanzi di amministrazione per l'estensione anticipata di mutui. Il collega Zorzato ci ha ricordato i problemi di questi giorni sui trasferimenti ai comuni: si deve ricordare che i comuni sono autorizzati ad iscrivere un'entrata pari alla riduzione dei trasferimenti. Si dovrà poi verificare se questa maggiore entrata ICI non vi sarà e allora lo Stato farà le dovute correzioni. Ricordo che la legge finanziaria aumenta anche le risorse per la sicurezza, in particolare per quanto riguarda le assunzioni di personale. Tutto ciò - lo ribadisco - in un quadro di risanamento della finanza pubblica: stiamo parlando di un indebitamento netto del 2,4 per cento nel 2007, quindi ben al di sotto del 3 per cento e migliore rispetto agli obiettivi di una manovra finanziaria rigorosa come quella del 2007. Si tratta di una previsione del 2,2 per cento di indebitamento nel 2008 senza necessità, per la prima volta, di una manovra sul quadro tendenziale, pur intervenendo per una diversa distribuzione delle risorse. Mi sentirei, pertanto, di fare una battuta: il centrodestra ha chiuso la stalla quando i buoi erano già scappati, mentre il centrosinistra la sta aprendo un po', ma avendo rimesso dentro i buoi.
Dopo tali valutazioni di carattere generale e sui contenuti del decreto-legge, mi soffermo sul quadro dopo l'esame del Senato e le scelte che si propongono in questa Camera. Mi pare condivisibile, anche se problematica sul piano del confronto, del dibattito e del lavoro parlamentare, la scelta di confermare, sostanzialmente, il contenuto del decreto-leggePag. 106così come risulta dopo l'esame del Senato. Quest'ultimo - lo voglio ricordare - sta procedendo all'esame e all'approvazione della legge finanziaria con una forte tenuta della maggioranza. Il decreto-legge è stato però approvato dal Senato con alcune mancate coperture finanziarie: in particolare, oltre ai problemi di copertura sul biodiesel ed i talassemici, vi è una sostanziale mancata copertura di 3,1 miliardi su 5 per gli incapienti. Si propone, pertanto, di riportare la misura ad un livello che comporti un onere di 1,9 miliardi, come previsto nella stesura iniziale del decreto-legge. Se da una parte è da considerarsi opera meritoria quella per cui la Camera si preoccupa di approvare un provvedimento dotato di tutte le coperture finanziarie necessarie, dall'altra si pongono alcuni problemi nel rapporto con il Senato. Presenta notevoli profili di problematicità il fatto che il Regolamento del Senato permetta di mettere ai voti emendamenti privi di copertura finanziaria, addirittura in un modo così macroscopico come nel caso degli incapienti. Ciò deve essere oggetto di valutazione per quanto riguarda il rapporto tra le Camere perché francamente è impensabile che possa continuare una situazione per cui, in questa Camera, vi è un rigore assoluto e nell'altra sono ammissibili sostanzialmente tutti gli emendamenti. Credo, però, sia nostro dovere intervenire per riportare la situazione alla massima correttezza; è un dovere della maggioranza perché si deve far carico pienamente di tali aspetti (e già ciò, a mio avviso, è un ruolo importante) ma è un dovere anche dell'opposizione, soprattutto in questo caso, perché sull'emendamento suddetto la maggioranza ha espresso voto contrario in Senato, mentre l'opposizione ha votato a suo favore, anche se esso è stato presentato da un senatore di maggioranza, pur sapendo che vi erano i ricordati problemi di copertura. A me pare che sia la maggioranza sia l'opposizione debbano farsi carico del rispetto pieno dell'articolo 81 della Costituzione e, da tale punto di vista, voglio sottolineare che c'è stata una puntuale risposta del Governo a tutte le questioni evidenziate dagli uffici della Camera. Sul piano delle coperture voglio segnalare al Governo anche un'altra misura: quella introdotta dall'articolo 42-bis, lettera c), con cui si modificano i criteri per individuare i fabbricati considerati rurali a fini fiscali e che può determinare minor gettito ICI per i comuni. Si tratta di questioni ancor più problematiche, considerati i numerosi interventi normativi prodotti e previsti in materia di ICI e questioni di cui, a mio avviso, il Governo deve farsi carico.
Certo, il modo con cui arriviamo all'approvazione del decreto-legge in questo ramo del Parlamento lascia anche elementi di amarezza, soprattutto per i componenti della Commissione bilancio, per il sostanziale mancato confronto in quella sede, come ricordato dal relatore, che ringrazio, e da diversi colleghi intervenuti. Occorre che i prossimi appuntamenti, a partire dalla finanziaria, riscontrino una reale possibilità di confronto sia in Commissione sia in Assemblea. Da questo punto di vista, il collega Zorzato richiamava problemi di funzionamento complessivo del Parlamento. Credo che non si possa dimenticare che tutto ciò è anche effetto della pessima legge elettorale approvata dal centrodestra nella scorsa legislatura, che noi vogliamo cambiare. Credo che questi elementi di metodo, certamente problematici, non inficino la positività della manovra per il 2008 e del provvedimento che stiamo esaminando, che rafforza il Paese (non lo indebolisce, come si è sostenuto in questa sede) e le sue prospettive di sviluppo. Per questo motivo, vi è il pieno e convinto sostegno del gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori, La Rosa nel Pugno e Verdi).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, anch'io voglio iniziare il mio intervento con un ringraziamento. Ringrazio il relatore Di Gioia, il presidente Duilio, il sottosegretario Lettieri, i colleghi e le colleghePag. 107con cui abbiamo lavorato in modo intenso e, credo, al di là dei risultati finali, molto positivo. Peccato che il lavoro svolto sia stato, per così dire, interrotto - come è noto - per le ragioni più volte sottolineate oggi dai colleghi della maggioranza, e che alcuni emendamenti presentati in Commissione siano stati respinti. Ma riprendendo il ragionamento del collega Marchi, la lettura del provvedimento sicuramente è stata pregiudicata - non abbiamo alcuna intenzione di nasconderlo - dalla situazione di delicato equilibrio politico-istituzionale, dovuta, come è noto, ad una legge elettorale - lo diceva testé sempre il collega Marchi - voluta non da chissà chi, ma dalla maggioranza della scorsa legislatura allo scopo di rendere ingovernabile il Paese, con una scelta deleteria che tutti i parlamentari oggi, almeno così sembra, definiscono sbagliata, ma che pesa moltissimo (e non è ancora finita, credo), inevitabilmente, sui livelli elementari del lavoro parlamentare, non solo al Senato, come è prevedibile, ma molto anche in questo ramo del Parlamento. La maggioranza, in sede di Commissione bilancio, ha indicato alcune necessità: non solo quelle di copertura, che il Governo ha poi definito nelle proprie proposte emendative, ma anche altre (non molte, va detto, che recepivano indicazioni delle Commissioni di merito e miglioramenti sensibili al testo). Mi auguro che sia possibile, in sede di dibattito e confronto, soprattutto sulla finanziaria, recuperare il lavoro svolto, compreso il contributo condiviso apportato al medesimo dall'opposizione.
Con questo decreto-legge si entra nel vivo della sessione di bilancio: il provvedimento che stiamo esaminando, anche se non era indicato come collegato alla finanziaria nel Documento di programmazione economico-finanziaria di luglio, è da considerare, a tutti gli effetti, un collegato tecnico alla manovra economica, che esplica i propri effetti principalmente nell'anno in corso. È un provvedimento d'urgenza che si inserisce in pieno nella politica economica generale del Governo e negli obiettivi di risanamento, equità e di sviluppo che il Governo stesso e la maggioranza che lo sostiene hanno posto alla base della propria azione sin dall'inizio di questa legislatura.
Se la legge finanziaria approvata lo scorso anno ha dovuto seguire un'impostazione incentrata sul necessario risanamento dei conti pubblici, con la conseguenza inevitabile di tradursi in una manovra obiettivamente gravosa, il presente provvedimento, così come il decreto-legge n. 81 dello scorso luglio, nonché lo stesso disegno di legge finanziaria ora all'esame dell'altro ramo del Parlamento, si caratterizzano principalmente per interventi di tipo espansivo, orientati soprattutto all'equità e allo sviluppo (Commenti). Signor Presidente, mi perdoni, la pregherei di riprendere i colleghi che continuano a parlare...
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, una collega sta intervenendo e voi parlate ad alta voce, peraltro voltando le spalle alla Presidenza: un comportamento che, come sapete, non si deve assumere.
LUANA ZANELLA. La ringrazio, signor Presidente. Già con il decreto-legge dell'estate scorsa, quello sul «tesoretto», si era provveduto, fra l'altro, ad effettuare una prima, sia pur parziale, azione di redistribuzione delle risorse attraverso nuovi interventi sul welfare, sulle rivalutazioni delle pensioni più basse, sulle pensioni sociali: tutte misure finalizzate a migliorare la situazione delle categorie sociali più deboli del nostro Paese, le stesse - lo ricordo - che hanno subito più di altre un sensibile impoverimento negli anni passati. Si trattava di interventi per oltre 6 miliardi di euro, che venivano finanziati grazie al noto miglioramento dell'andamento del gettito tributario. Il decreto-legge n. 159 del 2007, oggi al nostro esame, trae anch'esso origine dall'emersione di un nuovo extragettito nell'anno in corso, originato prevalentemente dalle misure di contrasto all'evasione fiscale e da quelle che hanno progressivamente consentito di giungere ad un allargamento della base imponibile. Si tratta di un provvedimento che ha effetti finanziariPag. 108per circa 8 miliardi e 300 milioni di euro per l'anno in corso: di questi, quasi tre miliardi di euro - cioè oltre un terzo - vengono positivamente destinati ad interventi di carattere sociale e di equità. Mi riferisco soprattutto al cosiddetto «pacchetto casa» (in particolare al programma di edilizia popolare) ed al rifinanziamento dei servizi socio-educativi per l'infanzia. Allo stesso modo, di grande rilievo è il riconoscimento - finalmente - del «principio di incapienza», che si concretizza in un rimborso monetario diretto a favore dei contribuenti a più basso reddito. Insomma, si comincia finalmente - e con sempre maggior convinzione - a farsi carico del disagio reale e conclamato presente in buona parte della popolazione del nostro Paese.
Queste sono sicuramente le voci più significative in ambito sociale, dal mio punto di vista. Ma bisognerebbe ricordare anche le risorse per integrare il Fondo per le politiche sociali, quelle destinate ai talassemici, agli emofilici, ai soggetti danneggiati da trasfusioni infette e a quelli danneggiati a seguito di vaccinazioni obbligatorie. Ma occorre citare anche i 432 milioni destinati al settore scolastico, i 910 milioni previsti per il ripristino dei contributi agli organismi internazionali per la pace e per gli aiuti ai Paesi poveri e i mille milioni concessi quali anticipo di risorse atte a garantire il rinnovo dei contratti del pubblico impiego. Vorrei sottolineare inoltre un intervento che mi sta particolarmente a cuore, e che finalmente dà risposta ad un problema rimasto aperto troppo a lungo, ponendo rimedio ad una palese ingiustizia.
Mi riferisco all'articolo 34, che estende alle vittime del dovere ed ai loro familiari, nonché alle vittime della criminalità organizzata ed ai loro familiari superstiti, i benefici che l'articolo 5, commi 1 e 5, della legge 3 agosto 2004 n. 206 già prevede per le vittime del terrorismo.
La norma dispone un incremento di benefici economici connessi all'invalidità e alla morte della vittima.
Insomma, molte norme contenute nel decreto al nostro esame rispondono, in modo adeguato, a pressanti esigenze del Paese e del nostro sistema socioeconomico.
Un altro terzo delle risorse complessivamente impegnate con questo provvedimento sono finalizzate alle infrastrutture, e tra queste quelle indispensabili a garantire la continuità degli investimenti effettuati dalla società FS, per assicurare adeguati livelli di investimento e manutenzione straordinaria della rete ferroviaria, e quelle a favore dell'ANAS.
Si tratta di 2.550 milioni di euro, e noi non possiamo non apprezzare questo stanziamento, così come gli stanziamenti previsti per il trasporto metropolitano nelle grandi città, con conseguenti effetti positivi in termini di incentivazione della mobilità sostenibile, e quindi di contributo alla riduzione delle emissioni inquinanti.
Si tratta di stanziamenti, sottosegretario, che però devono essere assolutamente incrementati in sede di legge finanziaria, perché bisogna anche pensare alle altre aree del Paese altrettanto bisognose e magari con progetti pronti per il finanziamento.
In questo senso, in modo trasversale era stato presentato, come lei sa, un emendamento da parte dei parlamentari veneti che continueremo a porre all'attenzione del Governo.
Ricordo che all'articolo 22 - si tratta di un problema ulteriore - viene previsto un parziale rifinanziamento della legge speciale per Venezia: 20 milioni di euro per la rete fissa antincendio e per il nuovo sistema di allertamento per i rischi rilevanti da incidente industriale nella zona di Marghera e 170 per il MOSE, ma nessuno per gli altri interventi tesi alla salvaguardia ed alla rivitalizzazione socioeconomica della città e della sua laguna, come prevede tra l'altro la norma speciale medesima.
Vorrei spiegare al Governo, se mai ve ne fosse ancora bisogno, che il MOSE e l'intervento alle bocche di porto - e prescindo dalla valutazione che per noi Verdi è pesantemente negativa sull'opera stessa, anche dal punto di vista, come si vede,Pag. 109dall'enorme drenaggio di risorse - non può esaurire l'impegno del Governo sulla salvaguardia.
In sede di legge finanziaria bisogna prevedere le risorse adeguate per garantire il flusso di finanziamenti atti ad assicurare quegli interventi e quegli investimenti già previsti e programmati dalla regione, dal comune di Venezia e dagli altri comuni coinvolti.
In questo senso, voglio ricordare e rappresentare al Governo un incontro pubblico con i parlamentari veneti che si è svolto lo scorso lunedì alla presenza della stampa (organizzato dal presidente della regione Veneto, Galan, e dal sindaco di Venezia, Cacciari), in cui ci è stato chiesto di rappresentare il problema al Governo, sottolineando l'esigenza di prevedere, a questo punto, un'azione anche unitaria ed interistituzionale per ottenere attenzione e risposte certe da parte del Governo sui temi della salvaguardia e sugli altri temi (come avremo modo sicuramente di discutere soprattutto in sede di esame del disegno di legge finanziaria che la prossima settimana sappiamo sarà alla nostra attenzione).
Signor sottosegretario, noi valutiamo favorevolmente anche il finanziamento degli interventi per il trasferimento modale e per il collegamento con la Sicilia e per migliorare il trasporto pubblico in Calabria e nello stretto di Messina.
A proposito dello stretto di Messina mi corre l'obbligo di aprire una breve parentesi per rammaricarmi della bocciatura, avvenuta al Senato, dell'emendamento dei Verdi e sottoscritto dagli altri gruppi della sinistra per lo svolgimento e la messa in liquidazione della società Stretto di Messina Spa. È evidente che è nostra intenzione riproporlo nelle prossime settimane in sede di esame della legge finanziaria.
Infine, un rapido accenno alle principali disposizioni previste e alle risorse destinate alla politica ambientale. In tale ambito il lavoro dei miei colleghi al Senato ha consentito, come lei ha sottolineato anche nel corso del confronto in Commissione, di apportare ulteriori miglioramenti al testo iniziale. Viene previsto un contributo straordinario di 20 milioni di euro, che rappresentano lo 0,2 per cento del totale, per poter mettere in atto programmi di intervento per le aree protette e la difesa del mare. Sono stanziati, inoltre, dieci milioni a favore del Ministero dell'ambiente per interventi legati alla lotta ai cambiamenti climatici e di protezione degli ecosistemi, della biodiversità, nonché di difesa del suolo. Per quanto concerne specificatamente il Protocollo di Kyoto, vengono previste due importanti norme; in particolare la disposizione che prevede l'allegato Kyoto al DPEF sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra, dando così seguito all'impegno specifico assunto in sede di approvazione della risoluzione al DPEF 2008-2011.
Secondo un'altra norma molto importante, ai fini del raggiungimento degli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto, i nuovi interventi pubblici devono essere accompagnati da certificazione relativa alla riduzione delle emissioni di gas serra.
Assume una notevole importanza anche la previsione dell'articolo 7 che modifica la legge finanziaria del 2007 in ordine alla riassegnazione delle somme corrisposte a titolo di danno ambientale, ma non erogate per effetto del tetto massimo imposto dalla legge finanziaria 2006 che stabiliva i limiti percentuali alle somme riassegnabili. Si tratta di un tema che abbiamo affrontato anche nel corso della passata legge finanziaria e che ci ha visto molto determinati a definire norme certe in relazione al tema della riassegnazione delle risorse. I piani di riassegnazione delle risorse, infatti, stabiliti dal comma 868 della legge finanziaria del 2007 e ancora non predisposti, vengono integrati con l'inserimento dell'anno 2001 e quindi anche le risorse (tale circostanza ci interessava principalmente) derivate dall'accordo transattivo Stato-Montedison per Porto Marghera vengono recuperate.
Invece, presenta aspetti più problematici la norma di cui all'articolo 46 che prevede procedure autorizzative semplificate per la realizzazione di impianti rigassificatori. Un emendamento migliorativoPag. 110del testo era stato proposto da parte di tutta la sinistra, ma non può essere discusso. Ci auguriamo che in sede di esame del disegno di legge finanziaria il tutto venga ripreso; il sottosegretario sa anche quanto è stato previsto per necessità di copertura in relazione al tema del biodiesel.
Per concludere, signor Presidente, siamo dinanzi ad un provvedimento che si muove nella giusta direzione, che opera una indubbia redistribuzione delle risorse finanziarie, senza compromettere minimamente il risanamento in atto della nostra finanza pubblica e che tende a riqualificare lo sviluppo in senso sostenibile da un punto di vista sociale e ambientale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.
MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, non riprenderò, se non brevemente, alcuni aspetti che hanno contrassegnato l'iter di questa complessa manovra finanziaria e, in particolare, del disegno di conversione in legge del decreto-legge al nostro esame, perché chi mi ha preceduto ha già ben evidenziato la distonia palese che esiste tra l'attività svolta al Senato e quella svolta alla Camera.
Per aggiungere un'ulteriore considerazione, si deve notare come al Senato il decreto-legge del quale stiamo discutendo non è stato considerato (non poteva esserlo) come un collegato alla manovra finanziaria, dal momento che la risoluzione al Documento di programmazione economico-finanziaria approvata al Senato non conteneva tale provvedimento, mentre alla Camera è stato trasformato in un collegato proprio perché al contrario la risoluzione lo ha previsto.
La conseguenza è che l'emendabilità del testo non soltanto è molto più ampia al Senato, ma è addirittura estremamente più ristretta alla Camera per le ovvie regole che presiedono alla presentazione degli emendamenti in questa sede.
Non aggiungerò ulteriori considerazioni sull'altro aspetto, estremamente significativo, relativo alle regole che disciplinano l'adozione dei decreti-legge. Possiamo tranquillamente affermare che con quest'ennesimo esempio la normativa che disciplina l'adozione dei decreti-legge è ormai abrogata implicitamente (vorrei dire esplicitamente) dai continui provvedimenti del Governo come questo. Il provvedimento in esame, con ben 46 articoli e sotto una dizione generica, viola tali disposizioni e rende quindi ancora più difficile, da un lato, l'attività dei deputati alla Camera e, dall'altro, la comprensione delle linee di fondo dell'iniziativa politica economica del Governo e della maggioranza.
Ritengo che il fatto più grave, signor Presidente, sia la considerazione che emerge dai dati economici. Do atto al relatore di avere, con estrema onestà, affrontato un tema che era stato sollevato anche da chi parla in relazione alla comprensione degli effetti sul bilancio delle entrate e quindi anche della chiarezza dei dati che ci accingiamo ad affrontare.
In effetti, il relatore è costretto a ricondurre il gettito tributario a tre fattori: il più elevato livello di crescita del prodotto interno lordo (che non dipende dall'attività del Governo e lo motiverò tra breve); la questione relativa all'effetto di interventi normativi, in particolare quelli volti a recuperare base imponibile e scoraggiare comportamenti elusivi; un'efficace azione di contrasto all'evasione.
Aggiunge il relatore che non è tuttavia agevole determinare l'incidenza di ciascuno di questi tre fattori e, di conseguenza, diventa problematico stabilire con certezza quanta parte del maggior gettito abbia carattere strutturale e quanta parte, invece, dipenda dal ciclo economico.
Signor Presidente, che sul ciclo economico non abbiano effetto i provvedimenti del Governo e della maggioranza è scontato, perché, come ho già avuto modo di dire, non si rinviene nel dato statistico alcun elemento che consenta di attribuire ad interventi del Governo e della maggioranza un maggior gettito.
Anzi, per onor di correttezza e per rispetto al relatore, affermo che probabilmente una parte consistente delle entrate è determinata dalla politica fiscale delPag. 111Viceministro Visco che, confondendo o cercando di confondere la lotta all'evasione con i provvedimenti di allargamento della base imponibile, ha sicuramente determinato un gettito stabile che, purtroppo, non ha effetti positivi per la crescita economica del nostro Paese, ma al contrario, contribuisce a rendere più difficile la crescita del nostro Paese.
I dati, anche recenti, che sono stati pubblicati confermano, tra l'altro, nonostante l'insediamento dell'attuale Governo sia di non breve durata, come l'Italia continui a crescere in percentuale di gran lunga minore rispetto alla media degli altri Paesi europei con cui si confronta.
È evidente, quindi, che tutte le attese messianiche - più volte risuonate anche in quest'aula con l'avvento del centrosinistra - sono senza alcuna ombra di dubbio smentite in termini statistici. La questione ancora più preoccupante è che, proprio in quanto è difficile determinare gli effetti del gettito rispetto alle situazioni cui ho fatto riferimento, ciò comporta una rischiosità molto elevata negli indirizzi di politica economica che il Governo vara. Mi spiego meglio. È evidente che se parte consistente di quel maggior gettito è dovuta alla crescita del prodotto interno lordo non legata a fattori interni, ma condizionata molto spesso da fattori esterni, nel preciso istante in cui quei fattori prenderanno il sopravvento, la crescita diminuirà.
Anche in questo caso è già scritto negli atti, perché basta ripercorrere le considerazioni della discussione svolta al Senato e alla Camera per rendersi conto di come alcuni elementi che si agitano sullo sfondo internazionale rischino di incrinare le certezze che oggi si vorrebbero spacciare qui all'interno anche del dibattito politico che stiamo affrontando. Mi riferisco, in particolare, alle tensioni sui prezzi del petrolio e, quindi, dell'energia, ad alcune situazioni invocate e che si profilano, anche per gli effetti sulla minor crescita americana dell'influenza che potrà esercitare in Europa. Mi riferisco, quindi, a situazioni di rallentamento che possono contribuire a determinare un minor livello di crescita.
Del resto, proprio in occasione del Documento di programmazione economica e finanziaria e della relativa nota di aggiornamento e così come state facendo anche in occasione della discussione sul disegno di legge finanziaria, siete già costretti ad ipotizzare una crescita in diminuzione per il 2008.
Infatti oggi, rispetto alle previsioni iniziali, dite che sarà un bene se raggiungeremo un punto e mezzo di crescita rispetto alle originarie previsioni. Quindi, tale elemento dovrebbe aver fatto scattare nella maggioranza - e soprattutto nel Governo - la responsabilità di individuare, sul fronte di utilizzo di queste spese, la spesa in investimenti (ad esempio infrastrutturale), in nuove iniziative (ad esempio per quanto concerne il comparto dell'energia), in situazioni che possono cioè determinare un aumento dell'accelerazione della capacità interna della crescita. Leggendo il provvedimento al nostro esame, avete sicuramente fatto una scelta che non mi sento di condividere, ma che è determinata dai quarantasei articoli del decreto-legge al nostro esame, cui seguiranno gli ulteriori articoli che stanno per arrivarci sulla testa, riferiti al disegno di legge finanziaria e anche alla normativa, sempre in discussione presso questa Camera, sotto il profilo delle scelte in campo previdenziale.
Tutti questi provvedimenti si contraddistinguono per una crescita costante della spesa di parte corrente. Un esempio banale, per quanto di rilievo sociale? L'aumento relativo ai dipendenti con l'elemento in termini di bilancio (da considerarsi abbastanza divertente, coprendolo esclusivamente per l'anno in corso), ma che si riferisce ad un aumento costante di quella spesa e che tra l'altro crea ulteriori problemi non indifferenti. Da un lato, vi è il fatto di dover attingere molto spesso a situazioni ormai incancrenite e dall'altro vi è l'aumento, anche per quanto riguarda gli enti locali, della pressione della spesa, con un'altra conseguenza non considerata nei provvedimenti al nostro esame: l'aumento già consistente della tassazione a livello periferico, che fa capo agli entiPag. 112territoriali e che ha registrato un aumento nell'anno in corso rispetto al precedente di una percentuale molto consistente già incidente sui bilanci familiari.
Quindi, quando metterete insieme una volta per tutte questi elementi, forse comincerete a rendervi conto che questa manovra è contraddistinta da errori in termini di politica economica, che difficilmente potranno essere ovviati in futuro.
È evidente, una volta che aumenta la spesa corrente come nel caso che ho citato, non è possibile ridurla; anzi, il paradosso è che magari si tratta di persone con età elevata che sono al servizio, seppure indiretto, della pubblica amministrazione, mentre non è possibile ritagliare un margine per inserire giovani laureati di cui c'è sicuramente bisogno in molti comparti. Si poteva determinare un margine di riduzione della spesa automaticamente, con la richiesta di non procedere, attraverso provvedimenti normativi, al turn over. Perché l'aumento, ormai, delle rivendicazioni che si traducono in termini di contratti collettivi e quindi di questo differenziale che pesa sulla spesa pubblica, è ormai ampiamente tale da non consentire più alcuna possibilità di recupero, e quindi di risparmio e di azione politica e amministrativa.
La questione ancora più grave è il tentativo di voler spacciare alcuni interventi come se avessero una portata tanto rilevante, quando in realtà si tratta semplicemente di questioni facilmente oggetto di critica. Porto brevemente alcuni esempi, partendo intanto da una considerazione politica, la più evidente. Anche in questo caso, signor Presidente, attingo alle dichiarazioni rese dal Viceministro Visco al Senato, per evitare di essere tacciato di interpretazioni senza far riferimento alla fonte ufficiale. Intervenendo al Senato, leggo testualmente, il Viceministro Visco dichiara: «l'uscita dalla fase di emergenza dei conti pubblici (...) è stata conseguita grazie ad una crescita importante e strutturale del gettito erariale, a sua volta derivante da un sostanziale mutamento delle aspettative dei contribuenti». Il Viceministro Visco è quindi costretto a riconoscere quanto abbiamo sempre dato tutti per scontato, ovvero che l'aumento del gettito è dovuto esclusivamente, o meglio in larga misura, lasciando da parte la considerazione sulla crescita del prodotto interno lordo, all'aumento della pressione fiscale. Come è noto, prosegue - e questa è la parte più divertente -, «una combinazione equilibrata di controlli e sanzioni riduce la convenienza ad evadere». Io sono convinto che se recuperassi qualche antico documento del Partito comunista dell'Unione sovietica troverei sicuramente delle considerazione analoghe a quelle fatta dal Viceministro Visco su questa equilibrata combinazione di controlli e sanzioni che riduce la convenienza ad evadere. Ma quanto mi ha lasciato più perplesso dell'intervento al Senato è un altro passaggio, il seguente: «Rispetto agli strumenti che il Governo può utilizzare, certamente la pressione fiscale, che ha raggiunto livelli pressocché ineguagliati nella storia del dopoguerra» - si è svegliato anche il Viceministro Visco! - «non può essere più incrementata». Si tratta, peraltro, di una dichiarazione non vera, perché in realtà ciò accade proprio con questi provvedimenti. «Quanto alla spesa corrente, viceversa, più che l'Esecutivo sarà il Parlamento a dover individuare le misure per eliminare la spesa corrente improduttiva e ridurre drasticamente gli sprechi», ha aggiunto.
Ora, trovo abbastanza singolare che un Viceministro del Governo attribuisca la responsabilità delle scelte, come quella sulla riduzione della spesa, al Parlamento e non all'iniziativa del Governo, soprattutto quando questa iniziativa si estrinseca, come accade questa sera, attraverso il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza. È una capacità eccezionale quella di quest'uomo di riuscire ad un tempo a sostenere punti di vista differenti e a tentare di ingannare la realtà, insieme ai riconoscimenti che fa, sia per quanto riguarda l'aumento della pressione fiscale, sia per alcune operazioni. È stata vantata anche in questa sede la famosa manovra di riduzione di 5,5 punti dell'aliquota dell'imposta sulle società; ebbene, è semprePag. 113il Viceministro Visco a ribadire poi che l'allargamento della base imponibile e la riduzione di 5,5 punti dell'aliquota non sono un effetto reale, ma solo finanziario. È sostanzialmente quanto abbiamo sempre sostenuto, è il gioco delle tre carte. Si interviene sotto il profilo della perfetta correlazione, o del tentativo di riportare questa correlazione, tra il bilancio fiscale e il bilancio civilistico, contemporaneamente si allarga la base imponibile in termini di diritto tributario per fare in modo che l'operazione sia sostanzialmente indolore.
Ma la questione sulla quale il Governo si supera, con il provvedimento in esame, è quella relativa all'innovazione tecnologica. Si tratta, in effetti, di un provvedimento che, come è stato citato anche da qualche oratore che mi ha preceduto, viene sbandierato come fondamentale per poter dar corso agli interventi previsti dal Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica.
Peccato, però, che, leggendo il provvedimento in questione, ci si accorga di un elemento fantastico, che potrebbe o avrebbe dovuto comportare la correzione, tra l'altro, del preambolo relativo alle ragioni per le quali si interviene d'urgenza. Leggendo le schede tecniche relative al provvedimento, infatti, si scopre che il Ministro competente e il Governo, appoggiati dalla maggioranza, avevano approvato, con l'ultima legge finanziaria, un provvedimento che aveva lo scopo di istituire il Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (cosiddetto FIRST), facendovi confluire il Fondo per le agevolazioni alla ricerca (il famoso FAR) e il Fondo per gli investimenti della ricerca di base (il FIRB).
Tra l'altro, la questione interessante riguarda il fatto che, sempre nell'ultima legge finanziaria approvata da tutti i grandi sostenitori della rincorsa all'innovazione tecnologica, si precisava che la ripartizione delle risorse sarebbe avvenuta con decreto interministeriale emanato dal Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in attuazione delle indicazioni contenute nel programma nazionale della ricerca.
Il risultato è che il provvedimento non è mai stato adottato: ciò ha comportato un ritardo, rispetto alla realizzazione di quegli investimenti, che esattamente data dall'approvazione della legge finanziaria fino al decreto-legge sul quale si sta discutendo. Pertanto, il provvedimento in esame, che semplifica l'attribuzione dei fondi confluiti in quello citato, non è da salutare come innovativo, ma dimostra l'incapacità del Ministro competente e del Governo di predisporre i provvedimenti attuativi delle norme inserite nella legge finanziaria, che riguardano, guarda caso, decine e decine di milioni di euro finalizzati proprio a dare impulso alla ricerca e all'innovazione tecnologica, ossia a quei campi con riferimento ai quali venite a raccontarci la storia dell'orso.
Mandate via i ministri che non sono in grado di attuare le norme che essi stessi chiedono al Parlamento di approvare! Ritengo che tale elemento sia abbastanza indicativo non delle scelte di lungo respiro della politica economica di questo Governo, ma degli errori che si continuano a ripetere. A proposito di errori di lungo respiro, permettetemi di richiamare - mi avvio alla conclusione - un'altra norma abbastanza interessante. Mi riferisco alla transazione fra Finmeccanica ed ENEA: sostanzialmente 450 milioni di euro di finanziamenti, attribuiti a Finmeccanica e considerati dall'Unione europea come aiuti di Stato, vengono giustamente recuperati e attribuiti dallo Stato a mo' di rimborso ad ENEA, che li deve restituire direttamente, per gli oneri legati all'abbandono dell'energia nucleare in Italia.
Quando sento qualche collega salutare con enfasi l'articolo 46 del decreto-legge, riferito ai rigassificatori, ho due obiezioni da avanzare. Prima di tutto, il provvedimento forse servirà - ce lo auguriamo anche dai banchi dell'opposizione - a porre fine agli ostacoli che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare continua a interporre nei riguardi di tutte le iniziative che erano giàPag. 114state avviate sotto l'egida del tanto vituperato Governo precedente. Potrei citare, ad esempio, il rigassificatore di Brindisi o anche il tentativo di restituire in termini di innovazione un'altra importante centrale, che non è molto distante da qui; potrei ricordare l'atteggiamento del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare volto a impedire la realizzazione di queste importanti infrastrutture. Atteggiamento che fa il paio con le lacrime di coccodrillo di alcuni ministri, che si preoccupano dell'andamento dei prezzi del petrolio, vengono in questa sede a strapparsi le vesti e cercano di indicare, con emendamenti che poi vengono respinti, una sorta di osservatorio sui prezzi (con riferimento agli oneri gravanti sulle famiglie in relazione a tali costi), ma che, in verità, sono i principali nemici dell'innovazione.
Attenzione cari amici, perché gli errori sul nucleare li abbiamo fatti a suo tempo e li stiamo ancora pagando profumatamente - vorrei dirlo anche in termini divertenti, se non fossero soldi dei contribuenti - con questa ennesima transazione, la cui giustificazione affonda le radici in scelte che furono improvvide e sbagliate.
Signor Presidente, mi permetto anche di svolgere un'ulteriore considerazione, che spero non sia ritenuta offensiva dall'Aula. Non so se alcune misure sarebbero state considerate ammissibili anche alla stregua dell'ordinamento parlamentare della Camera, allorché il provvedimento fosse stato presentato in questo ramo del Parlamento. Mi riferisco, in particolare, a un contributo di 3 milioni alla fondazione European Brain Research Institute (EBRI), che, come rammentato dalla relatrice al Senato (attingo sempre dai resoconti del Senato, perché non voglio aggiungere nulla di personale), è un'organizzazione senza scopo di lucro, nata con la missione di studiare il sistema nervoso centrale, dai neuroni al cervello, in condizioni normali e patologiche. In proposito, mi è venuto in mente qualcosa che ha attinenza con il nostro sistema tributario, ma tralascio di soffermarmi. L'istituto è stato fondato e ispirato scientificamente dal premio Nobel, professoressa Levi Montalcini, il cui straordinario curriculum non consente illazioni di alcun tipo. Signor Presidente, non ne faccio e mi limito a ricordare che l'insigne professoressa Levi Montalcini è senatore nominato, con designazione diretta, come è noto, dal Presidente della Repubblica, che in questo momento sarà impegnata, come mi auguro e come è suo dovere, nelle votazioni che si stanno svolgendo al Senato.
Signor Presidente, concludo con un altro riferimento importante, l'articolo 40, che intende trasformare nell'Agenzia ivi indicata ciò che un tempo e che ancora oggi è l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Signor Presidente, abbiamo cercato di capire quale strategia fosse alla base di questa indicazione, ma non abbiamo ottenuto alcuna risposta. Sempre dai documenti del Senato, ho scoperto perché non abbiamo ottenuto alcuna risposta su questa ulteriore strategia. In questo caso, il sottosegretario Grandi, intervenendo nella seduta dell'11 ottobre 2007 al Senato, ha testualmente affermato: si fa al riguardo presente che il Governo prevede di affidare a una società di consulenza il compito di elaborare una proposta sulla riorganizzazione dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato. Dunque, signor Presidente, come direbbe qualcuno, a me sorge spontanea una domanda: ma come si fa a indicare un modulo organizzativo come quello dell'Agenzia, se si deve ancora assegnare l'incarico di consulenza per scoprire come deve avvenire questa organizzazione?
Signor Presidente, non vorrei che in realtà il tentativo effettuato attraverso l'articolo 40 fosse rivolto ad altri scopi, magari a cancellare i vertici dell'Amministrazione dei monopoli di Stato, che sono invisi, come risulta tra l'altro da una discussione emersa anche in Commissione finanze della Camera dei deputati, a qualcuno dei vertici politici del Ministero.
Mi permetto semplicemente di contribuire all'eventuale richiesta di curricula alle società, perché, come leggo da Il Secolo XIX del 6 novembre 2007, esisterebbe una società qualificata che potrebbe, eventualmente, essere indicata al sottosegretarioPag. 115competente. Si tratta della Government Procurement Services Consulting Srl, detta anche GPSC Srl, di cui il giornale scrive: la GPSC vince gare con enti controllati dal Ministero dell'economia e delle finanze; tra i soci figurava il segretario del Viceministro e oggi risultano l'ex segretario e il cugino del braccio destro. Attingo sempre dal contesto dell'articolo: «la GPSC ha sede nello stesso immobile in cui si trovano gli uffici della Nuova Economia Nuova Società (NENS), associazione privata fondata dal Viceministro Visco con il suo collega Pierluigi Bersani». Signor Presidente, non ho dubbi che siamo di fronte a una nuova economia e, purtroppo, anche a una nuova società. Il problema che mi pongo è se la nostra società abbia bisogno di questi economisti. Per me la risposta è scontata (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Zinzi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Filippi. Ne ha facoltà.
ALBERTO FILIPPI. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevole Filippi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti, come vede con il applauso dei colleghi.
È iscritto a parlare l'onorevole Ulivi. Ne ha facoltà.
ROBERTO ULIVI. Signor Presidente, per snellire i lavori dell'Assemblea anch'io chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Ulivi, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole D'Elpidio. Ne ha facoltà.
DANTE D'ELPIDIO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole D'Elpidio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO ENZO LUPI. Signor Presidente, non consegno il testo del mio intervento perché mi sembra importante: considerato che il presidente della Commissione, l'amico Duilio, e il relatore hanno atteso con ansia il contenuto del mio intervento, vorrei dialogare con loro ed esporre le ragioni che mi hanno spinto ad aspettare fino ad ora per potere intervenire, ovviamente con dovizia di particolari e di argomentazioni, che lascerò poi alla valutazione dei colleghi e amici. Al di là delle battute...
PRESIDENTE. Sì, anche perché l'onorevole Duilio era disposto ad invitarla a cena.
MAURIZIO ENZO LUPI. Sa, signor Presidente, in questo periodo è meglio non formulare tali inviti a cena, in particolare nei pressi del Senato, perché altrimenti qualcuno potrebbe avere qualche dubbio...
PRESIDENTE. Mi perdoni l'interruzione, onorevole Lupi.
MAURIZIO ENZO LUPI. Il disegno di legge di conversione che è sottoposto allaPag. 116nostra attenzione - molti colleghi sono già intervenuti, in particolare il collega Zorzato, fornendo un quadro generale dell'analisi e delle critiche ad esso - contiene, come devo riconoscere che ha affermato con molta correttezza il relatore, una parte importante e fondamentale dedicata al tema delle infrastrutture. Anzi, proprio nella relazione iniziale il collega Di Gioia ha affermato esattamente che uno dei punti qualificanti del decreto-legge in esame consiste nel permettere di destinare risorse all'attuazione del programma infrastrutturale del Paese, addirittura 3,5 miliardi di euro, e ha sottolineato l'importanza che ciò può rappresentare e potrebbe rappresentare per lo sviluppo complessivo del Paese, ed è quindi strettamente attinente al titolo e all'obiettivo che il decreto-legge in esame si pone.
Nel mio intervento vorrei sviluppare due aspetti, partendo da una considerazione che tutti i colleghi dell'opposizione hanno svolto, declinandola secondo due punti di vista. Il primo è il seguente: è vero quanto affermato dal relatore Di Gioia e quanto sostenuto ormai da diciannove mesi anche dal Ministro di Pietro, e cioè che le infrastrutture sono un obiettivo strategico dell'attuale Governo e che le risorse che stanziate permettono e hanno permesso o permetteranno la realizzazione di infrastrutture nel nostro Paese, colmando finalmente questo gap?
Passo alla seconda domanda che vorrei porre al relatore e al Governo: tutti abbiamo sostenuto - il famoso tesoretto ne è un'esemplificazione molto chiara - che, a fronte di un aumento di tassazione, il Governo si è trovato con un surplus di entrate. L'aumento di tassazione non è una nostra opinione, ma ormai sono dati che anche il Ministero dell'economia ci fornisce: il prelievo fiscale nel nostro Paese è aumentato al 43 per cento grazie all'ultima legge finanziaria; addirittura, dal primo gennaio al 30 settembre del 2007, cioè nell'anno corrente, 40 milioni di contribuenti hanno erogato e sborsato nei confronti dello Stato 271 euro in più a testa (sono dati che ovviamente ci vengono forniti).
Come vengono utilizzati - ecco la seconda domanda - i denari di questo famoso tesoretto (ricavato secondo una logica che assolutamente non condividiamo, perché nasconde la concezione che ha guidato tutta la politica economica dell'attuale maggioranza, cioè quella secondo la quale prima lo Stato preleva tutto e poi, a seconda della discrezionalità o dell'intenzione o del potere distribuirà, se avanzerà, a chi vuole: questa è la filosofia generale)? Come viene utilizzato, anche nel decreto-legge sottoposto alla nostra attenzione, questo aumento di tassazione?
Vorrei esemplificare e dare risposta a questa seconda domanda toccando alcuni articoli del decreto-legge fiscale, oggetto della nostra discussione, e spiegando come la linea generale di tutta la politica economica e fiscale sia quella di aumentare la tassazione, non per ridurre il debito o per rilanciare l'economia, bensì per aumentare la spesa pubblica, secondo il principio più nobile che vede nell'aumento della spesa pubblica il mezzo attraverso il quale uno Stato può rilanciare il sistema Paese e secondo un principio meno nobile, per il quale, siccome vi è un problema di tenuta del sistema politico, è solo aumentando la spesa pubblica che si riesce, secondo la vecchia concezione migliana (del professore di scienze della politica Miglio), a tenere unita la maggioranza, ovverosia la classe politica.
Per questa ragione, viene affrontato il tema dei precari e degli LSU, che costituisce una bandiera della sinistra estrema. Pertanto, attraverso l'aumento della tassazione si determinano maggiori entrate, che si devono ridistribuire non per diminuire la spesa, ridare efficienza al sistema, rilanciare l'economia e permettere la massima libertà dell'iniziativa economica, bensì per accontentare quel tipo di classe politica che è fondamentale affinché la maggioranza possa andare avanti e reggersi.
Così ci si comporta (per esemplificare in molto banale e semplice, considerato che ognuno di noi - io ho tre figli - è padre di famiglia) come chi, non bastandogliPag. 117lo stipendio a fronte di una famiglia indebitata con mutui e quant'altro, improvvisamente ottiene un aumento una tantum dalla propria azienda. Cosa fa questo padre di famiglia indebitato? Da una parte, avrebbe la possibilità con questa una tantum che riceve (una sorta di quattordicesima, quindicesima o sedicesima) di diminuire il proprio debito, quindi di andare in banca a ridurre il mutuo; oppure, dall'altra parte, quella di comprare, come tutti normalmente siamo tentati di fare, un nuovo telefonino al figlio, in altre parole, di aumentare complessivamente le spese. Questo decreto-legge fiscale si comporta esattamente in questo modo.
Faccio alcuni esempi per dimostrare come non sia ideologica la nostra opposizione al provvedimento, ma proprio di merito e nel merito diamo un giudizio globalmente negativo, perché in esso si nasconde una concezione che non possiamo condividere e che porta, sta portando e porterà questo Paese allo sbando.
Gli articoli 21 e 21-bis del provvedimento in esame - l'onorevole Di Gioia lo sa - sono dedicati ad un tema fondamentale, ovverosia la riqualificazione urbanistica, il rilancio del territorio e i contratti di quartiere. L'articolo 21 ha un titolo importante: «Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica». Tuttavia, improvvisamente, non troviamo solamente l'edilizia residenziale pubblica e i contratti di quartiere: troviamo - guarda caso - un aspetto che avevamo già criticato. Infatti avevamo avvisato con forza in campagna elettorale di stare attenti alla previsione, nel programma dell'Ulivo, di un modello di gestione e di innovazione dello Stato che avrebbe portato ad un'implementazione degli organi, degli osservatori, delle Authority, eccetera, perché più si allarga questa macchina, più è possibile controllare tutto e tutti e sarà possibile accontentare tutto e tutti. Puntualmente, in ogni provvedimento che da diciannove mesi ci viene presentato, nasce un nuovo osservatorio. Così nasce l'osservatorio nazionale e gli osservatori regionali sulle politiche abitative.
Se fosse semplicemente un ennesimo organo istituzionale cui qualcuno deve partecipare, potremmo pure discutere della sua funzione. Ho rivestito la carica di assessore all'urbanistica del comune di Milano e credo che sia fondamentale un sensore, in materia di sviluppo e di politiche abitative del territorio, della domanda e dell'offerta. Credo, altresì, che nella società vi siano tanti di questi sensori da non esservi il bisogno di un'ulteriore istituzione da parte dello Stato; però, se si vuole aggiungere qualcosa di questo genere, ben venga.
Vi è però un piccolo particolare: tutto ciò costa e aumenta la spesa pubblica. Si tratta di 5,5 milioni di euro, ovverosia addirittura l'1 per cento delle risorse dedicate all'edilizia residenziale pubblica, alla riqualificazione urbana e alla possibilità che nelle grandi metropoli si possa rispondere al dramma della domanda abitativa e della riqualificazione. L'1 per cento - lo ripeto - viene destinato ad un organo pletorico che, tra l'altro, mi chiedo quali funzioni dovrà svolgere. Magari si tratterà di funzioni già previste da altre leggi o, magari, si tratterà di tavoli che già esistono nei Ministeri.
È giusto? Ci si comporta da buon padre di famiglia o si segue quella logica che dicevo?
Un'altra scoperta che si fa leggendo - per chi non è esperto, per chi ci ascolta credo che sia interessante fare queste analisi - è che tendenzialmente questo decreto fiscale è stato costruito perpetrando la logica dell'unione della maggioranza e dell'accontentare la classe politica e la rendita politica per tenere unita la maggioranza: puntualmente, in ogni articolo di tutto il decreto fiscale, troviamo la declinazione di questa rendita, positivamente in alcuni casi, meno positivamente in altri. Guarda caso, la troviamo nascosta in un comma dell'articolo 21 sulle politiche abitative. Per forza di cose e per coerenza, il Senato ha dovuto cambiare il titolo in modo che al «Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica» si aggiungono «Risorse per opere di ricostruzione delle zone del Molise e dellaPag. 118provincia di Foggia colpite da eventi sismici». Puntualmente nell'articolo 21 sono previsti ulteriori stanziamenti legati alla regione Molise e si è aggiunta - forse, per concessione del Ministro Di Pietro, che non vuole essere accusato di avere qualche interesse nella regione Molise - anche la regione Puglia con la previsione della provincia di Foggia.
In Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici abbiamo lavorato molto su questo aspetto e ci è stato reso noto quanto è stato erogato dal 2002 al 2007 dallo Stato per fare fronte a questo avvenimento grave e importante che ha colpito una parte notevole del territorio del nostro Paese con drammi non indifferenti. Con i 110 milioni di euro che vengono dati con il decreto-legge al nostro esame, siamo arrivati a 3 miliardi di euro in cinque anni, erogati ovviamente per la riqualificazione di questi territori. Sono certo e sono sicuro che l'utilizzo di tali risorse non sarà identico a esperienze purtroppo drammatiche e a modelli negativi che si sono verificate in altre parti del Paese sui medesimi problemi.
Proseguiamo, perché è altrettanto interessante quello che è previsto nell'articolo 8 del decreto-legge al nostro esame. In esso sono scritti un nome e un cognome chiari. Lo ha denunciato il collega della Lega Nord Padania. Siamo rimasti tutti strabiliati in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici: devo dire che correttamente il relatore lo ha inserito nella sua relazione. Improvvisamente, scopriamo qualcosa di nuovo rispetto all'osservazione iniziale del collega Di Gioia, secondo il quale le infrastrutture sono un problema e un tema fondamentale di questo Paese, la grande scommessa di sviluppo. Certamente: la grande scommessa di sviluppo di questo Paese si gioca tra Scilla e Bagnara per un programma di semaforizzazione di 7 chilometri di strada per 7 milioni di euro: un milione di euro a chilometro!
Ognuno di noi, se ha governato un'amministrazione piccola o grande, sa quanto costa un semaforo o quanto costa un passaggio pedonale, eccetera. Crediamo che quei 7 chilometri di strada diventeranno il modello di strada non europea, ma mondiale! Arriveranno da tutto il mondo a vedere come si possono spendere 7 milioni di euro per 7 chilometri in un tratto fondamentale e nevralgico per il sistema, per il corridoio 5, per il corridoio tirrenico, il passante!
Mi domando: è questo il modo o quell'emendamento ha un nome e un cognome ed è legato solamente ad essi? È questo che fa male al Governo e al Paese! Non ci si occupa di rispondere ai bisogni di questo Paese, indifferentemente da chi governa, ma ci si preoccupa di restare in piedi.
Di quale regione stiamo parlando? Di quale provincia stiamo parlando? Di quale senatore stiamo parlando, che rappresenta il partito dei consumatori? Credo che tutti coloro che ascoltano e i colleghi, che non sono stupidi, possano dare un nome e cognome.
Prendiamo in considerazione un altro articolo, che segue sempre la stessa logica: più tasse e aumento della spesa pubblica: ciò avviene secondo un criterio di efficienza? No. Si tratta dell'articolo 26: in Commissione su questo punto il collega Di Gioia è stato uno dei protagonisti, perché molto ha combattuto e lavorato affinché insieme si potesse determinare una legge per l'istituzione di nuovi parchi nel nostro Paese. Per un anno e mezzo la Commissione ambiente ha lavorato su proposta della maggioranza, in dialogo con l'opposizione, per individuare quali aree strategiche fossero importanti nel nostro Paese riguardo alla tutela ambientale e all'istituzione di nuovi parchi e quant'altro.
Tutte le volte che il Governo è giunto in Commissione ambiente ha affermato che quella legge non poteva passare, pur avendo l'accordo di tutti, perché mancava la copertura. Improvvisamente, scopriamo che al Senato - guarda caso - si trovano le risorse per la copertura e per istituire parchi che non hanno nulla a che vedere con un disegno strategico e che immagino possano, invece, avere a che vedere con l'interesse, anche giusto, o particolare, di qualcuno, di qualche senatore. Si istituisconoPag. 119i parchi delle Egadi, delle Eolie e degli Iblei in Sicilia. Ma, per esempio, ci si dimentica di Pantelleria; abbiamo discusso a lungo sul parco di Portofino; vi è la proposta - su cui si è battuto più volte il relatore Di Gioia, che è sempre rimasta ferma al palo - relativa all'istituzione del parco del Sub Appennino Dauno. Con quale criterio si pianifica e si è strategici? Una legge è la risposta vera e chiara ad un bisogno che si individua. E come si utilizzano le risorse?
Tralascio l'articolo 28 che, invece, finalmente, dà una notizia fondamentale sulla politica giovanile, che il Paese aspettava da molti anni. Alla politica giovanile, infatti, secondo una sana concezione di sussidiarietà - in base alla quale mettiamo tutti nelle condizioni di agire e forniamo le risorse per farlo - mancava l'istituzione - finalmente, i nostri giovani non aspettavano altro! - di un'Agenzia nazionale per i giovani. Volete mettere? Addirittura, in questo provvedimento, viene allegato un pamphlet in cui si spiega cosa farà questa Agenzia nazionale per i giovani! E - addirittura! - viene detto che essa viene istituita nel nostro Paese perché rientra in un programma europeo! Ci si dimentica di spiegare al Parlamento e ai cittadini che tale Agenzia costerà adesso 25 milioni di euro e, ogni anno, a regime, 75 milioni di euro!
Domando ai colleghi qui presenti, al relatore di cui conosco la sensibilità, al Governo, al presidente della Commissione bilancio: se questi 75 milioni di euro fossero stati impiegati per incentivare e per dare risorse a coloro che già intervengono nella società, che sono attivi e che vogliono essere protagonisti, non sarebbero stati usati, forse, meglio, piuttosto che pagare 75 milioni di euro in stipendi, prima ancora di fornire risorse, perché, finalmente, il Ministro Melandri sia a capo oltre che del suo Ministero (che non conta niente), addirittura di un'altra agenzia, per poter affermare che fa una politica per i giovani? Questa è la logica del bene comune e dell'interesse comune?
Passiamo al secondo aspetto. Sono convinto che, finalmente, il bluff del Ministro Di Pietro, dopo diciannove mesi, verrà scoperto. Prima o poi, caro sottosegretario, le carte si vedono; bisogna giocare la partita! Il Ministro ha potuto dire, dopo i primi tre mesi, che occorre vedere, che la sua maggioranza non vuole farlo agire. Oggi abbiamo assistito ad un altro siparietto, in cui il Ministro si arrabbiava con il collega Locatelli, esponente di Rifondazione Comunista della Lombardia, che gli diceva che non si sarebbe dovuta istituire la Bre.Be.Mi Spa, e gli rispondeva che li sfidava a recarsi nel loro territorio, con il problema del traffico, e così via. Il Ministro Di Pietro parlava sempre con il suo solito tono, in modo da conquistare in maniera demagogica il consenso. Cosa sta facendo?
È vero che questi 3,5 miliardi di euro ci permettono di rilanciare le infrastrutture? Nella precedente legge finanziaria sono stati destinati complessivamente 6 miliardi di euro per le infrastrutture. Si tratta del 12 per cento in più, per correttezza, di quanto aveva destinato l'ultima legge finanziaria del Governo Berlusconi. Il problema che tutti noi conosciamo è che si possono stanziare le risorse e metterle anche in bilancio: il collega Verro è stato, insieme a me, assessore al demanio e conosce benissimo quante risorse abbiamo iscritto in bilancio, dicendo che erano disponibili; ma se, poi, non si spendono, se non si creano le condizioni perché i cantieri si aprano e perché si affidino gli appalti, è come mettere quelle risorse in un libro dei sogni.
Ho domandato oggi al Ministro Di Pietro - credo che conosca molto bene questo dato, lo conoscono anche l'ANAS, le Ferrovie dello Stato, le imprese che stanno lavorando e lo conosce, purtroppo, il Paese ma, credo, non lo conosciate voi - se sa, dal 2007 ad oggi, quanti di questi 6 miliardi stanziati e destinati sono stati erogati come flusso di cassa. Siamo a meno dell'8 per cento. Quest'anno il flusso di cassa (cioè i soldi che si pagano e che vengono erogati per i lavori in corso) ammonta, al massimo, a 480 milioni di euro.Pag. 120
È questo il bisogno infrastrutturale che il Paese ha in termini di apertura dei cantieri? Abbiamo affermato - sono dati che lo stesso Ministro Di Pietro ha riconosciuto - che, nel periodo del Governo Berlusconi dal 2003 al 2006, fino alle elezioni, abbiamo aperto 54,8 miliardi di euro di cantieri cantierati, tanto è vero che oggi il Ministro Di Pietro, in maniera molto accesa (infatti, si dimentica sempre di essere in Parlamento e ogni tanto ha il vizio di fare ancora il PM), diceva di aver dovuto trascorrere mesi a pagare i nostri debiti.
Innanzitutto, se sono trascorsi mesi, ciò non è stato, eventualmente, per pagare i debiti, caro signor Presidente, ma semplicemente per pagare finalmente i cantieri aperti, cioè le opere e i cantieri che si realizzano. Se si lavora, infatti, c'è da pagare! Se si aprono i cantieri, vuol dire che le strade si stanno costruendo e che l'alta velocità finalmente si realizza nel nostro Paese, mentre se non si lavora, non c'è da pagare niente, come, ovviamente, si sta facendo ora!
Il dato più impressionante è quello de Il Sole 24 ore e di tutti gli osservatori e consiste nel fatto che, purtroppo, drammaticamente (il Ministro Di Pietro lo sa ed è per questo che non è detto che servano i 3,5 miliardi di euro stanziati in questo decreto-legge), nei primi sei mesi del 2007 abbiamo avuto una flessione del 65 per cento dei bandi di gara emessi dalle Ferrovie dello Stato, una flessione del 20 per cento dei bandi di gara emessi dall'ANAS ed una flessione complessiva del 18 per cento degli appalti generali dei comuni. Ci troviamo drammaticamente di fronte a tale realtà.
Domani sarà presentata in Parlamento una ricerca su «i costi del non fare» per quanto riguarda le infrastrutture del nostro Paese. Si tratta di una ricerca oggettiva e interessante, realizzata dalla Bocconi. Secondo tale ricerca - lo dico perché questa responsabilità non può non vedere uniti maggioranza e opposizione, tranne qualcuno cui, ovviamente, interessa ancora continuare a pensare solamente al volo dei gabbiani che poi, forse, vengono deviati dal ponte sullo Stretto, mentre non gli interessa che questa regione rimane isolata e non ha la possibilità di dimostrare tutta la sua potenzialità - è stato stimato che, dal 2005 al 2020, i costi del non fare, nel nostro Paese, ammonteranno a 338 miliardi di euro a danno della collettività! Si tratta di danni!
È stato stimato altresì - non è una ricerca di parte, del centrodestra - che i costi di quanto è stato fatto, con la legge obiettivo, nei tre anni, sarebbero ammontati a 63 miliardi di euro (se non si fosse fatto) e, invece, poiché si è fatto e si è realizzato certamente non tanto, ma qualcosa, ciò ha portato un beneficio di 72 miliardi di euro.
Ciò dimostra qual è il dramma che viviamo e qual è la grande responsabilità che abbiamo. Non ci servono Ministri che fanno i bluff o che cercano di «succhiare» dalla propria maggioranza solo per ottenere il consenso, ma devono assumersi la responsabilità di realizzare e se non si fa, si va casa! Ci si dimette se si capisce che la maggioranza non vuole che si faccia, che non vuole l'alta velocità e non vuole il Mose! Se si capisce che vi è una maggioranza che non condivide una questione così fondamentale per il Paese, non si può continuare a parlare contro la stessa maggioranza, rimanendo Ministro del Governo e non facendo nulla. Si va a casa! Ci si dimette! Si dice: ragazzi, si torna alle elezioni, perché è più giusto!
Secondo la ricerca, infatti, per evitare tutto questo, dovremmo realizzare 5 centrali a carbone e 16 a gas, rispettivamente da 1.000 e 800 MegaWatt ciascuna, 4.800 chilometri di nuovi elettrodotti, 3 rigassificatori, 109 termovalorizzatori, 80 impianti di compostaggio, 4 impianti per il recupero di scarti da cantiere, 1.926 chilometri di nuove tangenziali a pedaggio e autostrade. Ripeto: 1.926 chilometri! Questa è la situazione in cui ci troviamo e, purtroppo, abbiamo perso diciannove mesi.
In conclusione, credo che - lo dico per correttezza - tutti i nodi vengono al pettine. Arriviamo alla questione: mi va bene, collega Di Gioia, che lei dica che iPag. 1213,5 miliardi di euro ci sono - ben vengano! -, ma questi 3,5 miliardi di euro sono solo uno specchietto per le allodole o si crede veramente che le infrastrutture servono a questo Paese e lavoriamo e lottiamo perché si facciano, perché le modifiche ci siano e perché la legge obiettivo sia attuata?
Lei sa che, ancora oggi, l'ANAS non ha ancora attuato il contratto di programma? Siamo nel novembre 2007, il CIPE e la Corte dei conti non hanno ancora dato il via libera all'ANAS per attivare le risorse previste nel 2006.
Si lavora per competenza di mesi, tant'è che nel decreto-legge del quale lei è relatore - come ha potuto constatare con attenzione il presidente Duilio - mi sembra si destinino circa 230 milioni di euro per l'ANAS, ovviamente per evitare che collassi. Lei pensa e pensiamo tutti seriamente - concludo - che si possa fare una politica infrastrutturale solo con gli accordi di programma, gli intenti scritti e gli annunci? Questa era l'accusa che muovevate al Governo Berlusconi. Allora, la realtà è la realtà e i fatti sono i fatti. Purtroppo, ripeto, ancora una volta ci troviamo di fronte ad una concezione che vede un aumento di tasse non per migliorare l'efficienza, non per liberare risorse e ridurre la spesa pubblica, bensì per aumentare la stessa spesa pubblica, perché l'unica cosa che vi interessa non è governare per rispondere al bene comune, bensì per mantenere le poltrone (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Ulizia. Ne ha facoltà.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, non avendo un intervento scritto, sarei disposto a svolgerlo domani mattina, in quanto qualora lo svolgessi stasera impiegherei tempo, lo dico subito. Scelga lei.
PRESIDENTE. Non possiamo svolgere una contrattazione. Lei è iscritto a parlare questa sera.
LUCIANO D'ULIZIA. Mi rivolgo ai colleghi.
PRESIDENTE. Lei non sta «minacciando» nessuno. È suo diritto intervenire ed io, ovviamente, non ho alcuna disponibilità a contrattare.
LUCIANO D'ULIZIA. Siccome ho avuto sollecitazione dai colleghi per chiedere di rinviare il mio intervento a domani mattina, dal momento che è piuttosto lungo, le ho chiesto se vi fosse tale possibilità, signor Presidente. Se così non è, procedo a svolgere il mio intervento. La ringrazio.
Signor sottosegretario, colleghi che siete rimasti, la lettura del decreto-legge in discussione, a mio avviso, non può essere compiuta se non si considerano anche la legge finanziaria e i saldi di finanza pubblica, nonché le relative correzioni. Infatti, parlare solo del decreto-legge in discussione (al di fuori della legge finanziaria e dei saldi di finanza pubblica) diventa un esercizio molto parziale, incompleto e che non fornisce i riferimenti necessari per suggerimenti al Governo e affinché il nostro sia un lavoro utile. Ad esempio, non possiamo non tener conto - in quest'Aula finora non l'ho ascoltato, probabilmente altri colleghi lo diranno - che da parte dell'opposizione si fa molta propaganda. Ho ascoltato interi comizi, slogan e altro.
Per tacitare i nostri interlocutori basterebbe dire - però, signor sottosegretario, fino ad oggi non lo ho sentito dire - ad esempio, che il saldo della massa del debito pubblico del primo semestre di quest'anno era di 1.632 miliardi di euro. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, sapete quant'è il saldo del secondo semestre, limitatamente ai primi due mesi? 1.620 miliardi di euro. Praticamente, siamo riusciti a diminuire la massa del debito pubblico di 12 miliardi di euro. Se si fa una semplice proiezione o equazione ciò significa che al termine dell'esercizio corrente avremo un risparmio, in termini di massa debitoria, di oltre 30 miliardi. Come fa l'opposizione a dire che questo decreto-legge e questa legge finanziaria siano basati sull'aumento della spesa? Probabilmente, qualcuno non conosce l'algebra e deve andare a scuola di economia politica, perché questo è il datoPag. 122fornito dalla Banca d'Italia. Purtroppo, le persone come l'onorevole Lupi, l'onorevole Contento e l'onorevole Zorzato, lanciano strali, fanno propaganda, ma poi non rispondono a queste domande.
Infatti se il saldo complessivo della massa debitoria è diminuito - e sappiamo che in economia politica ciò significa una tendenza - vuol dire che, a fine anno, si avrà un risparmio netto di oltre 30 miliardi di euro. Allora, mi chiedo: a quanto ammontava l'incremento della massa debitoria del Paese nel periodo del Governo Berlusconi? Consideriamo i dati della Banca d'Italia: è stato di oltre 380 miliardi di euro! Un terzo del debito pubblico italiano è stato creato dal precedente Governo che, in pratica, non ha fatto pagare le tasse, ma al prezzo di indebitare in maniera sproporzionata lo Stato italiano. E poi in quest'Aula, signor Presidente, dobbiamo ascoltare delle lezioni di economia politica da persone che non sanno cos'è l'economia politica, che non sanno fare una somma algebrica, che affermano che noi siamo affezionati alle poltrone, che insultano il nostro Presidente del Consiglio! Ho sentito insulti al Presidente del Consiglio in quest'aula e sono convinto che le predette persone non sono degne nemmeno di fare i servitori del Presidente del Consiglio!
PRESIDENTE. Onorevole D'Ulizia, si limiti ad apprezzamenti politici.
LUCIANO D'ULIZIA. Noi siamo stati offesi perché ci hanno accusato di essere qui perché siamo attaccati alle poltrone, non è forse un'offesa questa? Rispondo a tali offese dicendo che i colleghi di cui ho parlato non hanno la capacità per fare le osservazioni di cui si è detto: sono stato in quest'Aula ad ascoltarli, questi signori, e ci sarò anche domani. Si tratta, piuttosto, dell'inverso: noi stiamo varando una manovra che ha un'anima di equità sociale e di sviluppo economico. Questa è la verità e lo dimostrerò esaminando il decreto-legge n.159 del 2007. Tale sforzo, però, è stato ancora più evidente perché abbiamo come valuta l'euro che sicuramente ci difende da alcuni fenomeni esterni, ma non ci difende, purtroppo, da alcune attività che esercitiamo sul mercato globalizzato.
Ricordo che il primo Governo Prodi diede incarico al CNEL di articolare la formula del change over finanziario ossia del cambio lira-euro. Il CNEL, chiamò, pertanto, a raccolta una serie di economisti - mi ricordo che ancora era vivo Sylos Labini e partecipò anche Leon, oltre a tutti gli economisti del «clan». Tale formula era basata sullo scambio finanziario, ossia teneva conto di tutte le valute mondiali; quindi coniammo una formula che portò a 1936,27 il rapporto di cambio lira-euro. Esso, però, valeva per i mercati finanziari! L'errore che è stato commesso - lo dobbiamo riconoscere - è non aver elaborato una formula per gli scambi commerciali interni che avrebbe dovuto tener presente le monete dell'euro-mercato ossia dell'Europa dei quindici. L'errore è stato commesso sia da parte nostra sia da parte dell'Europa e oggi lo stiamo scontando. Perché, però, gli altri paesi dell'Unione europea non pagano questo prezzo? Con riferimento alla Germania, la spiegazione risiede nel fatto che essa aveva una valuta consolidata e forte, con un valore di mercato tale da poter essere confrontata con valute forti come il dollaro. Noi e la Francia, che invece risentiamo dell'euro forte, avevamo una valuta abituata alle svalutazioni competitive: ricorrevamo alla svalutazione della lira per rimanere competitivi sul mercato. È stato, pertanto, commesso questo errore: non abbiamo studiato il doppio cambio - quello finanziario e quello commerciale - all'interno dell'Europa a quindici e oggi ci troviamo con un euro forte che, da una parte, difende la nostra macrofinanza - soprattutto quella statale - dall'altra, però, indebolisce la situazione dei salari, degli stipendi e dei poteri d'acquisto.
Constatiamo che questo decreto-legge ha un'anima e cerca di venire incontro alle persone più bisognose, ma, allo stesso tempo, ha un'anima di sviluppo economico. Il problema è che dobbiamo discutere di questo provvedimento, mentrePag. 123avremmo dovuto discutere complessivamente appunto del decreto-legge n. 159 del 2007, della legge finanziaria e dei saldi di finanza pubblica e relative correzioni, perché isolando il discorso su questo provvedimento non riusciamo ad avere un panorama definito e completo. Dovrò dunque inserire in questo mio intervento non solo il decreto-legge n. 159 del 2007, ma anche la legge finanziaria per l'anno 2008 che ancora non è al nostro esame, che non sappiamo come verrà compiutamente definita dal Senato e sulla quale dovremo lavorare nei prossimi giorni. La manovra è di equità sociale e di sviluppo economico; quindi ha un'anima, una strategia per arrivare a ottenere risultati sia in termini sociali sia in termini economici. Quando veniamo accusati di non avere alcun tipo di iniziativa, credo che stiano parlando, signor Presidente, dell'esercizio precedente, ossia dell'Esecutivo precedente, ossia della maggioranza precedente. Chi è che ha fatto lo sviluppo? Ci si accusa di non aver determinato uno sviluppo pari a quello tedesco, ma questa maggioranza, questo Governo hanno determinato uno sviluppo. I dati oggi testimoniano che quest'anno chiuderemo fra l'1,7 e l'1,9 di incremento percentuale del PIL. Riscontriamo le medie ottenute dal precedente Esecutivo e dalla precedente maggioranza: hanno sfiorato lo zero per cento di crescita e se non fosse stato per la cooperazione, che in quel periodo ha aumentato il proprio PIL del 5-6 per cento, il Paese sarebbe andato in recessione!
Oggi il Parlamento, grazie a questa maggioranza e a questo Governo, ha dato un riconoscimento dovuto al movimento cooperativo, perché esso ha reso un grande servizio al Paese non mandandolo in recessione. Basta fare le somme algebriche che qualcuno non sa fare, perché, se le sapesse fare, avrebbe ragionato in modo diverso. Perché questa finanziaria, signor Presidente, signor sottosegretario, è di equità e di sviluppo? È di equità perché quando mai abbiamo visto che su un solo capitolo si spendono 389 milioni (previsti all'articolo 18) per aiutare i Paesi in via di sviluppo? Questa è la nostra sensibilità! Essere, cioè, in tensione con il resto del mondo che muore di fame, che ha bisogno non solo del pesce per sfamarsi, ma della canna. Investiamo ingenti risorse per la sovvenzione alimentare delle popolazioni bisognose, come constateremo meglio successivamente, con altri provvedimenti del Governo. Queste sono le sensibilità del centrosinistra! Eccolo il centrosinistra che viene, con la sua tensione, verso gli altri che non hanno da mangiare, e che debbono imparare a produrre: 389 milioni di euro per i Paesi in via di sviluppo in termini di investimenti per creare lavoro e occupazione.
L'articolo 21 si riferisce all'edilizia sociale: ma quanti anni sono che aspettiamo l'edilizia sociale? Chi si ricorda che durante il Governo Berlusconi vi è stato un solo articolo, un solo milione di euro per fare le case per i lavoratori e per i meno abbienti? Ecco l'anima che esce, ecco il centrosinistra che sta cercando di dimostrare il suo impegno sociale. Cosa ci sentiamo dire? Cercano di «comprarci» i senatori, sperano che qualche senatore a vita - che è convinto del voto che dà, perché sa che è un voto giusto e di solidarietà per lo sviluppo - magari abbia qualcosa che lo costringa a rimanere a casa. Abbiamo una minoranza che non ha le sensibilità necessarie per lo sviluppo sociale. Non c'è solo l'edilizia! Per il recupero del patrimonio pubblico edilizio non utilizzato sono previsti 100 milioni di euro.
Il precedente Governo - il Governo Berlusconi - ha dimezzato il Fondo per le politiche sociali: noi lo abbiamo riequilibrato e lo stiamo rifinanziando. È questa l'anima di questo provvedimento e del disegno di legge finanziaria. Quanto alla questione del basso reddito, ci si obietta che a chi ha redditi bassi abbiamo dato solo 150 euro, cioè 50 centesimi al giorno. Sapete però qual è l'impegno complessivo derivante da tale norma? È pari a 1.900 milioni di euro. Vi pare un impegno da poco? È qui che si trova l'anima di questo decreto-legge e del disegno di legge finanziaria.Pag. 124
Vi è poi la questione dello sviluppo. Su tale fronte, non è possibile dare una lettura del decreto-legge n. 159 del 2007, di cui stiamo discutendo senza un esame anche del disegno di legge finanziaria: sarebbe come leggere un libro saltando le pagine - alla fine, la lettura sarebbe incomprensibile. Pensiamo allora, ad esempio, alla questione dell'ICI che viene pagata dalle cooperative agricole. Se un grande produttore - potrei fare nomi, ma non voglio - produce l'uva, la trasforma e imbottiglia il vino nella sua azienda, allora non paga l'ICI: se invece piccoli produttori del movimento cooperativo si mettono insieme per fare la stessa operazione, debbono pagarla. Quale senso ha tale differenza? In questo modo, viene meno il rispetto dell'articolo 45 della Costituzione, che riconosce la funzione sociale della cooperazione a fini di mutualità: viene cioè meno una prerogativa fondamentale del nostro assetto costituzionale e del nostro vivere democratico. Il decreto-legge al nostro esame prevede invece che se i produttori sono associati vale per essi quel che vale per il singolo. Questa è una norma con cui si fa giustizia: non è - come qualcuno afferma - una regalia alle «coop rosse». È un provvedimento in linea con l'economia di mercato, poiché altrimenti i produttori associati sarebbero svantaggiati rispetto al produttore singolo, che quasi sempre è molto grande ed utilizza tutte le possibilità a sua disposizione.
Pensiamo poi ai biocarburanti: anche su questo fronte, ci si preoccupa di salvaguardare l'ambiente, introducendo una produzione nuova, eco-compatibile e che dà ulteriori prospettive all'agricoltura. Ricordiamo peraltro, signor Presidente, che nei cinque anni del Governo di centrodestra l'agricoltura italiana ha perso il 5 per cento del PIL. Constateremo in seguito se, grazie a queste norme, l'agricoltura perderà ulteriori punti o ne guadagnerà: già sin d'ora, comunque, riscontriamo che l'azione che abbiamo messo in atto ha prodotto un recupero in termini di PIL agricolo. Perché è sempre a questa cartina di tornasole che è necessario ricorrere: occorre verificare se gli assunti e le enunciazioni politiche corrispondono poi ai risultati della matematica, che è una scienza abbastanza esatta. Ebbene, noi crediamo che alla fine sarà così. Ma l'aspetto più importante nell'ambito del programma di sviluppo è l'abbattimento di 5 punti dell'IRES per le imprese. E a chi ci obietta che però, a fronte di questa norma, abbiamo unificato il bilancio fiscale e quello civilistico, rispondo che aver eliminato la doppia funzione del bilancio societario mi pare un fatto assolutamente positivo. Del resto, gli stessi industriali e la stessa Confindustria lo hanno apprezzato. E se l'abbattimento dei cinque punti dell'IRES serve a favorire lo sviluppo e a ridare competitività al nostro Paese, così è pure per il sia pur lieve abbattimento dell'IRAP. Se tutto questo è vero, signor Presidente, credo che dobbiamo rinviare al mittente le accuse che ho ascoltato in quest'Aula: sono accuse che giudico assolutamente propagandistiche e non fondate su assunti ed analisi oggettive ed obiettive.
Ho sentito in quest'Aula accuse rivolte al Ministro Di Pietro: ma scusate, guardate le strade ed i progetti! Faccio un solo esempio: la statale 77. I lavori erano fermi da cinque anni; arriva il Ministro Di Pietro e i lavori riprendono (abbiamo già realizzato dieci chilometri di strada). E lo stesso si può dire con riferimento ad altre situazioni.
Il presidente Berlusconi - lo dico con il massimo rispetto - ha fatto i disegnini sulla carta, quando prendeva parte alla trasmissione Porta a porta, mentre noi abbiamo realizzato e stiamo realizzando le strade e le infrastrutture. Questa è la verità!
Noi abbiamo messo i soldi che non c'erano, operando un aggiustamento di finanza pubblica che darà i frutti in futuro.
L'Italia dei Valori, quindi, non ha bisogno di essere attaccata, utilizzando questioni di basso cabotaggio, come quando si sostiene che noi daremmo il «contentino» al Molise. Andate a dirlo ai molisani che hanno avuto il terremoto, i bambini morti, le scuole devastate! Se ne avete il coraggio,Pag. 125andate in Molise a dire queste cose! Lì vorrei vedere la denuncia che muovete ad una persona seria, impegnata e che parla in modo chiaro come il Ministro Di Pietro!
Certo, noi abbiamo il difetto di dire le cose in maniera meno forbita, meno colta, meno universitaria ed accademica, ma io accetto le sfide anche sul piano culturale e sul piano economico, perché vedo da quella parte una incultura economica.
Quindi, non si tratta di una difesa d'ufficio: noi facciamo le cose, mentre voi non le avete fatte; noi lo possiamo dimostrare, mentre voi fate propaganda!
L'Italia dei Valori, signor Presidente, voterà in modo convinto il decreto al nostro esame ed il disegno di legge finanziaria, perché sa che sta facendo insieme a questa maggioranza e a questo Governo un servizio al Paese ed a coloro che hanno di meno, i quali erano stati dimenticati ed hanno bisogno di sentire vicino il Governo, la maggioranza e le forze del centrosinistra.
Noi siamo orgogliosi di stare in questa maggioranza e porteremo avanti questo progetto, e credo che le spallate che qualcuno vuole dare saranno rinviate al mittente. Domani il Senato approverà il disegno di legge finanziaria: vorrò vedere, allora, la resa dei conti nella casa del centrodestra.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Antonio Pepe. Ne ha facoltà.
ANTONIO PEPE. Signor Presidente, signor sottosegretario, colleghi, ancora una volta siamo di fronte ad un decreto che non affronta in maniera efficace le problematiche economiche presenti nel Paese, ad un provvedimento disomogeneo sul quale il giudizio è sicuramente negativo.
Ho sul punto, evidentemente, un'opinione diversa da quella del collega D'Ulizia che mi ha preceduto, così come ho sicuramente un'opinione diversa da lui sul Governo Prodi, ma il basso gradimento del Paese nei confronti del Governo Prodi mi conforta nella mia opinione.
Traspaiono, colleghi, dal provvedimento in discussione le contraddizioni presenti nella maggioranza tra il partito della spesa e quello delle riforme, una contraddizione che ha caratterizzato tutto il primo anno e mezzo del Governo Prodi in ordine tanto alla legge finanziaria approvata nel dicembre scorso, quanto a quella oggi all'esame delle Camere ed ai vari provvedimenti che sono stati approvati in questo periodo.
Il risultato di questa vostra contraddizione, la conseguenza di questa vostra impossibilità a governare è lo stallo in cui versa il Paese ed il disagio che avvertono gli italiani, che chiedono anche in campo fiscale leggi eque, chiare e coerenti.
Aiutare i grandi giganti industriali, le cooperative rosse e i grandi centri commerciali, come ha fatto il Governo Prodi in odio alle necessità di tanti cittadini, di tanti dipendenti e di tanti professionisti e piccoli imprenditori che con il loro lavoro e le loro piccole e medie attività hanno fatto crescere l'economia italiana, non è una politica da apprezzare.
Quello delle riforme economiche è un tema centrale per la crescita anche sociale del Paese. Si parla di risanamento della finanza pubblica, ma il risanamento non si ottiene, come è stato fatto in questo anno e mezzo, aumentando le tasse, la spesa corrente e quindi, di fatto, il deficit.
Non si realizza il risanamento facendo dell'Italia il Paese europeo con la più alta pressione fiscale e con il maggior numero di adempimenti a carico dei contribuenti, anche grazie alle leggi approvate durante il Governo Prodi (mi riferisco non solo alla legge finanziaria, ma anche ai decreti Bersani-Visco).
Un buon Governo è al servizio del contribuente e non lo considera, come sta facendo la maggioranza, un suddito. Non è certamente con i piccoli interventi, con i piccoli cambiamenti, con qualche norma che potrei chiamare «norma-mancia» contenuta nel provvedimento in esame, con la propaganda, che si assicura una vera giustizia sociale, specie per le fasce sociali più deboli.
I dati ISTAT ci ricordano che nell'anno in corso (questo è il risultato del Governo Prodi) i poveri e le famiglie non abbienti del nostro Paese sono aumentate e ciò nonPag. 126è piacevole. L'aumento dei prezzi, la riduzione del potere di acquisto e quindi l'insufficienza di salari e stipendi, la difficoltà di acquistare o solo di prendere in locazione case adibite ad uso abitativo, la difficoltà di pagare i mutui e quindi la presenza di rate insolute, che sono fonte di preoccupazione e causano notti insonni a tanti italiani, sono notizie di tutti i giorni.
Per chi svolge attività politica aiutare le fasce sociali più deboli, i poveri, chi non riesce ad arrivare a fine mese, o meglio ha già difficoltà dopo la seconda settimana, è un dovere irrinunciabile ma, colleghi, occorre aiutarli seriamente e non prendendoli in giro, facendo promesse o rappresentando una situazione che non rispecchia la realtà. La vera realtà, invece, è che, grazie alla politica del Governo di centrosinistra, abbiamo un Paese più povero, più insicuro e probabilmente proprio le difficoltà e l'insicurezza sono la causa scatenante di tante manifestazioni di intolleranza cui abbiamo assistito anche negli ultimi giorni. È grave che il Governo, nonostante la situazione, investa poco in sicurezza.
Con l'approvazione finale della legge finanziaria e dei suoi provvedimenti collegati avremo un quadro complessivo degli interventi del Governo, ma certamente ciò che emerge sino ad oggi conferma il quadro di incertezza, disorganicità e direi incapacità o comunque impossibilità della maggioranza ad assumere decisioni realmente utili per il Paese, per assicurare quel processo di sviluppo essenziale a competere in un mercato sempre più globalizzato e per realizzare una politica capace di coniugare sviluppo e solidarietà.
In tale quadro di riferimento, si inserisce il decreto al nostro esame. La prima domanda che dobbiamo porci e che poniamo alla maggioranza ed al Governo è se le risorse che il provvedimento in esame utilizza, anche alla luce delle tante modifiche introdotte in Senato, sono realmente disponibili. Per la verità, in Commissione bilancio i componenti di opposizione hanno avanzato richieste e dubbi sul punto, ma senza che il Governo offrisse risposte esaurienti. Un Governo che si è chiuso a riccio anche di fronte ai tanti emendamenti della maggioranza, che testimoniano che la stessa maggioranza non condivideva e tuttora non condivide molti punti del decreto e che di fatto è stato esautorata, nelle sue scelte, dal Governo stesso e dalla impossibilità di conciliare le varie proposte emendative.
Limiterò il mio intervento a brevi considerazioni su alcuni articoli aventi rilevanza fiscale. L'articolo 19, per esempio, che interviene in tema di pagamenti della pubblica amministrazione, consente al Governo di diminuire indiscriminatamente la soglia, oggi fissata legislativamente in 10 mila euro, a partire dalla quale le amministrazioni pubbliche, prima di procedere a pagamenti, devono verificare se il beneficiario è inadempiente all'obbligo di versamento di una o più cartelle di pagamento. Non porre alcun limite a tale facoltà discrezionale può essere causa di arbitri in danno dei soggetti interessati, che a volte, specie se si tratta di soggetti con piccoli volumi di affari, hanno bisogno proprio di incassare i loro crediti per far fronte alle loro obbligazioni.
Vi è poi l'articolo 20 che disciplina il cosiddetto 5 per mille. Il fondo, voglio ricordarlo, fu istituito grazie ad un'intuizione del Governo di centrodestra, nella profonda convinzione che aiutare la ricerca ed il volontariato è cosa estremamente positiva per la crescita e la solidarietà nel Paese. Sono risorse che su mandato del contribuente vengono destinate a beneficiari particolarmente meritevoli per la loro attività e quindi se è positivo aver reintegrato il fondo di 150 milioni di euro, l'articolo testimonia che la necessità dell'intervento legislativo è dovuto all'errore compiuto dal Governo nella scorsa legge finanziaria. Ricordo, in ordine a tale punto, che il Governo voleva addirittura cancellare il fondo realizzato con il 5 per mille, così come era previsto nel testo originario della scorsa legge finanziaria, ma il fondo è stato successivamente reintrodotto grazie all'intervento del Parlamento.
Un cenno merita anche l'articolo 21 che disciplina un programma straordinarioPag. 127di edilizia residenziale pubblica. A mio avviso, l'articolo presenta alcuni aspetti di indeterminatezza che probabilmente impediranno di realizzare ciò che l'articolo stesso prevede. Aiutare le giovani coppie ad acquistare o prendere in locazione la casa di abitazione è un obiettivo da tempo all'attenzione di Alleanza Nazionale e ricordo che ho presentato proposte di legge, oggi all'esame in Commissione, che procedono in tale direzione.
Il testo proposto dal Governo è indeterminato, caro sottosegretario, e finirà con l'essere solo un manifesto di propaganda. Cosa si intende, caro sottosegretario Lettieri, per basso reddito? Il testo non lo dice. E quali sono i requisiti per individuare le giovani coppie e per poterle definire tali? Si deve fare riferimento all'età e, se è così, quale è l'età per rientrare nell'agevolazione? Tutto questo non è chiarito nel testo, né si rimanda ad un decreto per individuarne i requisiti.
Non mi soffermo, per economia di tempo, su altri articoli che pure presentano aspetti di criticità e che, comunque, hanno rilievo fiscale, come l'articolo 26-bis che reca modifiche al comma 33 del decreto-legge n. 262 del 2006 in materia di variazioni colturali e quindi interviene sul reddito dominicale dei terreni, ricordando, peraltro, le proteste ed i disagi che il provvedimento procurò nel mondo agricolo.
Con riferimento all'agricoltura devo far osservare che l'avere modificato, così come fa il provvedimento in esame, con l'articolo 42-bis, i criteri per individuare i fabbricati considerati rurali anche ai fini fiscali e quindi non oggetto di tassazione autonoma, avrebbe dovuto comportare come conseguenza anche una modifica, almeno sino al 31 dicembre del 2007, del termine, oggi a legislazione vigente, previsto al 30 novembre 2007. Si tratta del termine entro e non oltre il quale i contribuenti devono dichiarare al catasto i fabbricati rurali per i quali vengono meno i requisiti della ruralità.
Ma se oggi cambiamo, caro sottosegretario, i criteri per individuare la ruralità stessa, se la legge di conversione entrerà in vigore, probabilmente a fine mese, come faranno i cittadini a sapere cosa fare per rispettare la normativa? Occorre un maggior coordinamento e, purtroppo, se il Governo porrà la fiducia ciò non potrà avvenire.
Voglio però soffermare l'attenzione mia e dei colleghi sull'articolo 41, che prevede che il Ministero dell'economia debba costituire, attraverso l'Agenzia del demanio, una società di scopo per promuovere la formazione di strumenti finanziari immobiliari per l'acquisto e il recupero di immobili abitativi. Il costo previsto è di 100 milioni di euro ed il Governo, addirittura, aveva previsto una spesa di 150 milioni di euro.
Caro relatore, caro sottosegretario, si parla tanto della necessità di risparmiare, di ridurre gli sprechi, di risanamento, di aiutare le fasce sociali più deboli, le famiglie, specie quelle numerose e poi, in un momento di difficoltà economica, si crea un'altra società che dovrà forse affiancare la Patrimonio Spa già in essere per creare magari altri posti in consiglio di amministrazione e sistemare amici o amici degli amici. La norma, quindi, non ci convince.
Non posso, colleghi, non soffermare la mia attenzione sull'articolo 44, che contiene misure a sostegno dei contribuenti a basso reddito. Si parla, nell'articolato, di detrazioni fiscali. Caro relatore, la detrazione è una somma che si detrae dall'imposta da pagare all'erario. Nella norma il beneficio è destinato a soggetti passivi IRPEF la cui imposta netta nel 2006 risulta pari a zero. Mi chiedo, quindi, come faccia il contribuente a detrarre da zero la somma che pure legittimamente gli spetta e che deve ricevere così come previsto dalla disposizione.
Mi chiedo se siamo in presenza di un rimborso forfettario e quindi di una somma che il contribuente riceverà direttamente, oppure operiamo nel campo del credito di imposta e quindi si tratta di una somma da compensare con altre imposte? La norma, com'è scritta, non chiarisce tutto ciò e speriamo che il chiarimentoPag. 128verrà dal decreto previsto al comma 4 dell'articolo che giustamente è stato introdotto dalla Commissione bilancio.
Inoltre, ha fatto bene la Commissione, nelle poche modifiche apportate, a cancellare il richiamo al fondo costituito dai depositi dormienti che, lo ricordo, dovrà essere utilizzato per indennizzare i risparmiatori vittime di frodi finanziarie.
Ciò che maggiormente contesto è che la norma, com'è scritta, poiché destinata ai soggetti IRPEF con redditi da lavoro o da pensione, esclude proprio dal beneficio i più bisognosi, cioè coloro che sono così sfortunati da non possedere alcun reddito. Con la norma si aiuta chi in un anno ha prodotto reddito fino a 50 mila euro anche se poi, magari, le spese straordinarie sostenute e l'imposta netta risulterà pari a zero e non si aiuta chi versa nello stato di estremo bisogno.
È quanto previsto dalla norma; infatti, per poter accedere al beneficio, bisogna avere comunque un reddito da lavoro o da pensione. Esprimo pertanto un «no» convinto al provvedimento in esame che vuole essere anche un «no» a tutta la politica economica e fiscale di questo Governo e di questa maggioranza, con la speranza che si possa presto voltare pagina e nell'interesse del Paese si possa porre presto fine all'esperienza del Governo Prodi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Beltrandi. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il decreto-legge fiscale in esame oggi alla Camera è uno dei ben sette strumenti legislativi di cui si compone la manovra finanziaria per il 2008. Malgrado ciò, nella versione licenziata dal Consiglio dei Ministri, esso consta di ben quarantotto articoli e di ben sessantanove articoli nella versione che ci giunge dal Senato (considerando anche gli articoli bis, ter, quater, quinquies e così via). Tali articoli, per giunta, riguardano una pluralità di materie assai differenti. Quindi, costituiscono già di per sé una sorta di piccola legge finanziaria, con tutto il corollario di interventi piccoli e grandi, di interesse nazionale, settoriale o territoriale. Per fortuna, trattandosi di conversione di un decreto-legge, i parlamentari non possono aggiungere con emendamenti altre materie o spezzoni di riforma, altrimenti non dubito che un provvedimento siffatto vedrebbe aumentare il numero di articoli di cui è composto ad ogni passaggio parlamentare.
Tale quadro ci fa già comprendere come, malgrado i vari proclami di riforma della finanziaria che ogni anno le forze politiche fanno all'indomani della sua approvazione, malgrado i solleciti del Capo dello Stato, anche quest'anno la legge finanziaria manterrà il carattere di provvedimento omnibus, composto da tante misure diverse, sovente di dubbia coerenza, sulle materie più diverse, sottoposto alle richieste di ogni lobby, corporazione, ente politico, esigenze di collegio di deputati e senatori, quasi come se quello che non viene accluso alla legge finanziaria non potesse esserlo in un alcun altro provvedimento.
Una tale impostazione evidenzia la debolezza del Governo in questo procedimento, dati anche gli stravolgimenti che il Parlamento impone ai diversi provvedimenti del disegno di legge finanziaria, ma anche la debolezza dell'istituzione parlamentare, che vede nella legge finanziaria così concepita il momento principale, se non unico, di legislazione attraverso cui far passare spezzoni di riforme, che meriterebbero un esame a parte, più approfondito e attento.
Siamo convinti, quindi, che occorra con urgenza una riforma della procedura della legge finanziaria, che veda un ruolo e una responsabilità maggiore attribuita all'Esecutivo, di quanto non avvenga oggi, così come avviene negli altri Paesi europei nel nome di un interesse generale che molto difficilmente può essere tutelato altrettanto efficacemente da un Parlamento frammentato come il nostro.
Venendo poi al merito del provvedimento al nostro esame, su cui il gruppo La Rosa nel Pugno, non c'è dubbio, anchePag. 129nella sua componente radicale, esprimerà un voto positivo, non mancano le misure di interesse generale certamente positive. Cito, a titolo di esempio, i fondi destinati alle infrastrutture ferroviarie e a Trenitalia che sconta un pesante arretrato da parte dello Stato ad assolvere gli obblighi finanziari di propria competenza. Ecco, quindi, perché i fondi sono rispettivamente relativi all'anno 2007 e al biennio 2006-2007. Sono positivi anche i finanziamenti a singole infrastrutture, quali i sistemi di trasporto metropolitano, di Roma, Napoli e Milano o quelli destinati al trasporto in Calabria e Sicilia.
Da tale punto di vista, si osserva una scelta privilegiata per le regioni del Mezzogiorno e una certa discutibile disattenzione per le regioni del nord-est. Tuttavia, è comunque inevitabile che, in regime di risorse scarse, il Governo faccia delle precise scelte di priorità, comunque necessarie anche quando non pienamente condivisibili. Positivo è l'articolo 16, che sposta al 2012 lo switch off della televisione digitale terrestre, essendo l'attuale data del dicembre 2008 assolutamente irrealistica, così come le misure per la diffusione dei televisori digitali, che ricevono anche su questa tecnologia.
Inoltre, sono positive le misure di edilizia residenziale pubblica di cui all'articolo 21 e quelle per il rispetto del protocollo di Kyoto, per citarne due. Viceversa, suscita una certa perplessità, l'articolo 27 con cui si stanziano sessanta milioni di euro per la Calabria e dieci per la Campania per la stabilizzazione dei lavoratori precari e socialmente utili e dei lavoratori di pubblica utilità.
Ciò particolarmente per il fatto di non prevedere assunzioni basate su selezioni pubbliche per merito, come dovrebbe sempre essere nella pubblica amministrazione e così com'è previsto all'articolo 27-bis sulle assunzioni. Discutibile è anche l'articolo 43, che consente ai comuni con meno di cinquemila abitanti di assumere anche in soprannumero i lavoratori impiegati in attività socialmente utili. Rileviamo anche come l'articolo 42 destini somme rilevanti ancora una volta all'agricoltura, un settore assai sovvenzionato e non solo in ambito nazionale, come è noto. In conclusione, rifacendomi per tutte le altre misure a quanto osservato dal collega relatore Di Gioia, preannunzio il nostro voto positivo alla conversione in legge di questo decreto-legge, sia per le misure positive contenute sia per una considerazione di politica generale. Noi riteniamo che questo Governo e, ancora di più, questa legislatura debbano andare avanti, perché ci sono processi politici che hanno cominciato a delinearsi e che devono ancora sviluppare i propri effetti, e che solo la durata della legislatura, e prima ancora di questo Governo, potranno consentire. Pertanto, oltre al merito, il nostro voto positivo si esprimerà anche su di un percorso di Governo, di questa maggioranza e di questa legislatura (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, il decreto-legge n. 159 del 2007 reca il titolo: «(...) interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale». Evidentemente ho una visione molto diversa da quella dell'onorevole D'Ulizia: ritengo che mai titolo fu più inadeguato e meno rispondente al contenuto. Fra l'altro, faccio una piccola parentesi, credo che l'onorevole D'Ulizia - con tutto il rispetto - sia l'ultimo baluardo a difesa della maggioranza, del Governo e del Presidente del Consiglio. Ma detto questo e ritornando al testo in esame, credo che gli interventi previsti dal decreto-legge non siano altro che fievoli speranze enunciate nel titolo, mentre in realtà vengono attuati solo timidi interventi che non incidono in maniera così decisa rispetto alle numerose problematiche che affliggono il Paese e che quotidianamente vengono portate alla nostra attenzione dai cittadini; non dai partiti di opposizione, lo ripeto, dai cittadini stessi.
Analizzando in concreto l'articolato, in alcuni punti si nota come siano stati messiPag. 130in moto interventi a pioggia, ancora una volta, che incidono solo marginalmente sul nostro sistema economico-sociale e sui reali problemi del Paese. Ne è un chiaro esempio l'articolo 2 (che riguarda le imprese pubbliche), in cui il Governo ha deciso di intervenire sulle ferrovie, autorizzando un contributo di ulteriori 235 milioni di euro finalizzati all'attività di manutenzione straordinaria sulla rete. La questione che riguarda la ferrovie, lo sappiamo tutti, è complessa e va affrontata con le dovute cautele e con la massima concretezza. Sappiamo tutti che non ci sono le risorse sufficienti nella legge finanziaria per realizzare il piano delle ferrovie 2007-2011 che il Governo ha già approvato nelle sue linee guida. Abbiamo bisogno - lo sottolineo - non di nuovi interventi a pioggia, ma di fare anzitutto un esame analitico, preciso e puntuale delle cause dell'arretramento delle nostre ferrovie rispetto a quelle europee. Le ferrovie sono costate lo scorso anno più di 19 milioni di euro, ovvero quanto una finanziaria, e non sono riuscite a dare, in termini di qualità e di affidabilità, ciò che ci si aspettava. Le ferrovie hanno bisogno di una programmazione e di una verifica. È necessario investire nella sicurezza. Il numero di molestie, furti e aggressioni sui nostri treni sta crescendo a vista d'occhio e il motivo è che le ferrovie, in nome di un fantomatico risparmio, hanno completamente tagliato la sorveglianza, affidata a vigilantes privati, facendo ricadere il peso di tutta la sicurezza - dai vagoni alle sale delle stazioni, sino ai parchi dove viene custodito il materiale rotabile - sulle spalle della polizia ferroviaria, che evidentemente da sola non ce la fa. È una decisione che ha fatto risparmiare alle ferrovie appena 1,5 milioni di euro, ma che in compenso ha spalancato le porte alla delinquenza.
Dai dati diffusi dal Ministero dell'interno, infatti, emerge che i furti a bordo dei treni italiani, nei primi sei mesi del 2007, sono cresciuti del 24 per cento. Negli anni scorsi, invece, la situazione stava migliorando e, nei primi sei mesi del 2005 - durante il Governo Berlusconi - e del 2006, il numero dei casi era sceso, rispettivamente, dal 14 al 9 per cento. L'articolo 4 - sul quale desidero soffermarmi - reca disposizioni in materia di commissari ad acta per le regioni inadempienti in materia sanitaria. Si tratta di una misura sicuramente importante, ma che rischia di essere vanificata se lo Stato non è in grado di verificare in modo puntuale il rispetto dei piani di rientro concordati con le regioni. Si corre il rischio, infatti, di giungere alla nomina di un commissario ad acta solo in seguito alla chiusura dell'esercizio finanziario, con conseguente penalizzazione dei cittadini e dell'impresa mediante un aumento dell'imposizione fiscale.
Procedendo nell'analisi del provvedimento, l'articolo 5 modifica i meccanismi di rimborsabilità dei farmaci da parte del Servizio sanitario nazionale. Esso rischia, così - anche ad avviso del Garante della concorrenza e del mercato, Antonio Catricalà - di rallentare la dinamica concorrenziale tra produttori di farmaci innovativi e non incoraggia lo sviluppo delle imprese produttrici di farmaci generici. La regolazione delle diverse fasi della filiera farmaceutica, infatti, dovrebbe incentivare le imprese a svolgere adeguatamente la propria attività di ricerca e sviluppo, incentivare l'ingresso di farmaci di importazione parallela a minor costo e promuovere, al contempo, la concorrenza tra farmaci privi di copertura brevettuale, al fine di incoraggiare l'ingresso di imprese produttrici di farmaci generici. È necessario anche in tale ambito adottare criteri che incentivino i premi alle imprese impegnate ad investire nell'attività di ricerca e sviluppo. La quota delle risorse incrementali, destinate dal decreto-legge al rimborso delle spese effettuate dalle aziende più innovative si rivela, a tal fine, insufficiente: per tale motivo, sarebbe opportuno incrementarla, riducendo la percentuale di risorse attribuite alla totalità delle imprese in base a quote storiche.
Un altro aspetto degno di nota riguarda l'articolo 21, che si prefigge, nell'intenzione, di finanziare un programma straordinario di edilizia residenziale pubblica:Pag. 131un problema importante, sul quale Alleanza Nazionale ha sempre posto l'accento, come ricordava l'onorevole Antonio Pepe, con interventi normativi e proposte di legge. L'aspetto singolare contenuto nel testo del decreto-legge è che, al comma 4 dell'articolo 21, viene indicata la costituzione di un osservatorio nazionale e di diversi osservatori regionali sulle politiche abitative. Ancora osservatori! Siamo, spero, ormai tutti convinti dell'assoluta inutilità di tali strutture, che non sono altro che ennesimi «carrozzoni» in cui si sperpera denaro pubblico, che potrebbe esser investito in modo produttivo e utile. Mi domando, poi, quale dovrebbe essere la mission di tali osservatori: secondo quanto indicato dall'articolo 21, essa sarebbe quella di «assicurare la formazione, l'implementazione e la condivisione di banche dati necessarie per la programmazione degli interventi di edilizia residenziale». La situazione dell'edilizia residenziale nel nostro Paese è disastrosa e insufficiente: non è necessario spendere 5 milioni 500 mila euro per farcelo dire da un osservatorio!
L'articolo 41 è volto ad incentivare l'ampliamento del mercato della locazione abitativa, attraverso la costituzione di un'apposita società di scopo - come ha ricordato l'onorevole Antonio Pepe - che dovrà promuovere la formazione di nuovi strumenti finanziari immobiliari, finalizzati all'acquisizione, al recupero, alla ristrutturazione e alla realizzazione di immobili ad uso abitativo. Ancora, quindi, una società, uno sperpero, un'ennesima tassa che nulla fa per ridurre le spese pubbliche. Si sarebbero potuti utilizzare tali risorse, ad esempio (o si potrebbero, mi auguro, utilizzare), per interventi volti a mitigare l'incidenza delle voci di spesa relative ai mutui immobiliari, che si sono aggravate a seguito del mutato andamento dei tassi, conseguentemente all'esplosione della crisi americana dei subprime e ad un ricorso ai mutui da parte della stessa popolazione italiana. Tale ricorso, secondo quanto è stato rilevato, dipende soprattutto dalla circostanza che ora si cerca di mantenere un certo livello di vita, con una concezione completamente diversa, quindi, da quella con la quale, in precedenza, si ricorreva al mutuo e ai finanziamenti bancari.
In Italia, a differenza degli altri Paesi europei, sono in preoccupante aumento i pignoramenti, che registrano un aumento del 26 per cento medio in 17 città italiane, con punte di più del 40 per cento rispetto all'anno precedente. Insomma, gli interventi attuati dal Governo sono per lo più inutili o, comunque, insufficienti a dare quella spinta economica che si vorrebbe dare al Paese attraverso questi interventi e questo provvedimento. Ne è un esempio lampante l'articolo 44, recante la misura fiscale di sostegno a favore dei contribuenti a basso reddito, in cui il Governo dà un'elemosina di 150 euro per il solo 2007 ai soggetti la cui imposta netta per l'anno 2006 risulti pari a zero. Il contributo era stato aumentato a 300 euro durante la discussione al Senato, con un emendamento appoggiato anche da Alleanza Nazionale, ma è stato poi riportato agli originari 150 euro per mancanza di copertura. Non c'è bisogno di dire che si tratta di un gran bel guadagno. Finalmente gli incapienti, ovvero quelle persone che non arrivano a un livello di reddito tale da dover pagare le tasse (parliamo di cittadini che nella propria dichiarazione dei redditi sono al di sotto dei 7.550 euro l'anno), potranno usufruire di ben 12,50 euro al mese, che equivalgono a 41 centesimi al giorno, cioè a mezzo caffè!
Insomma, colleghi, ho fatto qualche esempio, ma potrei andare ben oltre. La verità è che questo Governo sta distruggendo l'economia del Paese, anzi l'ha già in parte distrutta, dando dei contentini che suonano solo come una presa in giro - come il mezzo caffè - nei confronti di cittadini che non riescono ad arrivare a fine mese. I cittadini sono tartassati da un fisco iniquo. Basti pensare che nei primi nove mesi dell'anno ogni contribuente ha pagato circa 271 euro in più di tasse. Da gennaio a settembre, secondo i dati forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze, si è registrato un maggior gettito tributario complessivo di 15,7 miliardi diPag. 132euro. Vorrei ricordare che il comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 stabiliva che, se si fosse registrato un maggior gettito derivante da tributi rispetto alle previsioni, lo si sarebbe dovuto destinare alla riduzione del disavanzo, e quindi del debito pubblico. Invece, il maggior gettito è stato in parte destinato al decreto-legge n. 81 dello scorso luglio, per 7.403 milioni di euro, in parte al decreto-legge n. 159 del 2007, per circa 6 miliardi di euro, e per la parte restante alla legge finanziaria per il 2008. Pertanto, a causa di questa dissipazione e dei cosiddetti tesoretti, il disavanzo è cresciuto del 2,5 per cento del PIL nel 2007 e il debito pubblico è destinato ad aumentare.
Tratto infine dell'articolo 46-ter, che riguarda il sostegno all'imprenditoria femminile. Si prevede di integrare la disciplina del Fondo per la finanza di impresa, istituito dal comma 847 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, di cui non sappiamo nulla e non abbiamo conto, prevedendo che le modalità di funzionamento del Fondo stesso siano definite, per quanto attiene agli interventi a sostegno dell'imprenditoria femminile, anche con il concerto del Ministro per i diritti e le pari opportunità.
Signor Presidente, signor sottosegretario, l'Italia sta mancando l'obiettivo delle pari opportunità: l'occupazione femminile registra un tasso del 47 per cento, ben lontano dall'obiettivo del 60 per cento, che dovremmo raggiungere come Paese dell'Unione europea nel 2010, e nulla si sta facendo in merito. È un ritardo gravissimo, che ci fa perdere Fondi europei a sostegno dell'obiettivo e che ci è valso l'ottantaquattresimo posto nel rapporto del World economic forum sui Paesi che rispettano le pari opportunità nel mondo. È evidente che, davanti a questa totale assenza di attività da parte sua, il Ministro Pollastrini, che si è invece profusa a difesa dei Dico e di altre sigle simili, vuole essere consultata almeno per il Fondo a sostegno dell'imprenditoria femminile, che è di competenza di un altro ministero. Dunque, siamo al limite del paradosso. In conclusione, faccio riferimento alle dichiarazioni del Ministro Padoa Schioppa che, dopo la riunione dei Ministri delle finanze dei Paesi dell'area euro, ha affermato che l'Italia continua a perdere competitività, che la sensazione diffusa è che andiamo verso un periodo di peggioramento delle previsioni e che l'obiettivo di pareggio di bilancio per il 2010 si fa sempre più lontano.
Il Presidente Prodi afferma che o l'Italia corre oppure entrerà in una crisi irreversibile. Forse sarebbe il caso di avvertire il Presidente Prodi e il Ministro Padoa Schioppa che è grazie al loro Governo che il Paese versa in tali condizioni.
Pertanto dico «no» al decreto-legge in esame e al Governo, al quale mi sento di offrire un ultimo consiglio: se davvero l'attuale maggioranza e il Governo vogliono perseguire interventi in materia economico-finanziaria per lo sviluppo e l'equità sociale, un primo passo che il Governo può compiere è quello di andarsene a casa.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baiamonte. Ne ha facoltà.
GIACOMO BAIAMONTE. Signor Presidente, il decreto-legge in esame, che viene definito un provvedimento di equità e sviluppo, a me, cari colleghi, non sembra proprio tale.
Vorrei focalizzare la mia attenzione su un articolo: infatti, da medico e da professore universitario che da quarant'anni esercita questa professione, mi ha colpito molto l'articolo 4 del decreto-legge in esame. Esso prevede la nomina di un commissario ad acta (da parte del Presidente del Consiglio, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, sentito il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali) in quelle regioni che siano poco virtuose. A parte il fatto che si dovrebbero valutare bene i criteri del «virtuosismo», secondo le varie patologie esistenti su tutto il territorio nazionale e secondo il numero dei cittadini e delle persone anziane.
Ma non vorrei puntualizzare solo tali aspetti, bensì evidenziare che queste regioni,Pag. 133che vengono definite poco virtuose, sono cinque o sei, e tra esse vi è la mia regione, la mia Sicilia.
Signor Presidente, purtroppo a lei è occorso un episodio spiacevole nella mia terra e ha potuto apprezzare quale sia la professionalità di certi medici, ma mi auguro che non sia un avvenimento frequente per tutti i cittadini.
Proprio i cittadini della mia regione, il 5 novembre ultimo scorso, aprendo il giornale locale hanno letto dello stop all'assistenza domiciliare per 100 mila pazienti. Sfogliando le 247 pagine del documento che dovrebbe controllare e razionalizzare la spesa sanitaria siciliana, attraverso un programma mirato a parecchi tagli, con necessari sacrifici da parte del cittadino, si parla della revisione della distribuzione gratuita e dei costi attuali dei presidi ed ausili sanitari, annunciando che entrerà in vigore un adeguamento ai livelli minimi di assistenza delle prestazioni valorizzate, relativo alle medicazioni per piaghe da decubito, ad integratori per patologie di stato di mal nutrizione, nefropatie ed insufficienza respiratoria. L'adeguamento di cui si parla andrà a colpire le tasche di molta gente, come è il caso della signora Fatima Torregrossa, la quale ha scritto al Giornale di Sicilia per manifestare tutta la sua rabbia e tutto il suo rammarico: «Sono figlia di una paziente affetta da diabete mellito da oltre trent'anni, a cui è stato amputato un dito del piede destro. Mia madre necessita di cure molto costose e percepisce ogni mese la modica cifra di 450 euro di pensione. Le medicazioni costano veramente tanto. Abbiamo speso anche 800 euro. Pagare tutto da soli significa fare sacrifici veramente insostenibili» - e lo credo benissimo, lo crediamo tutti - e prosegue chiedendo «perché il piano di rientro non è basato sui tagli degli sprechi, piuttosto che sulla povera gente?»
L'assessorato alla sanità della regione siciliana, interpellato sull'argomento anche tramite la lettera della signora che ho citato, ha risposto che i criteri con i quali si individuano i livelli essenziali di assistenza - i famosi LEA - sono decisi a livello ministeriale e la Sicilia si limita ad applicarli. Ecco quali sono i principi sui quali vorrei richiamare la vostra attenzione: mi riferisco ai criteri di valutazione dei LEA. Inoltre, quale altro problema si è verificato per i cittadini siciliani? Il giorno 6 novembre - il giorno dopo - su Il Giornale veniva pubblicata la seguente notizia: «esami clinici a pagamento da giovedì prossimo», cioè dal giorno 8 novembre 2007. Praticamente, l'assessorato alla sanità ha eliminato la convenzione con diversi laboratori di analisi perché ovviamente doveva rientrare nei limiti della spesa sanitaria. Ricordo che tali laboratori di analisi sono fondamentali per sopperire alla carenza del servizio pubblico e che diversamente i cittadini dovrebbero aspettare per vari mesi. A tal proposito, abbiamo assistito al caso della signora di cui parlavo poc'anzi, la quale, essendo diabetica, se deve sottoporsi a dei controlli ovviamente viene inserita in lista d'attesa e chissà quando potrà sottoporsi a tali controlli. Inoltre per il mancato rispetto dei piani di rientro è prevista anche un'altra importante sanzione: l'inasprimento della pressione fiscale sui cittadini e sulle imprese, cioè dell'IRAP e dell'IRPEF. Tutto ciò conferma la tendenza dell'attuale Governo all'aumento del prelievo fiscale.
Perché cito questi casi? Perché a mio parere - l'ho ripetuto diverse volte - i criteri di valutazione per quanto riguarda l'assistenza gratuita dovrebbero ovviamente essere altri, e considerare principalmente il reddito del cittadino paziente. È inutile togliere l'assistenza a quella povera signora, che dispone di 450 euro mensili di reddito e fornire la stessa assistenza a chi dispone di redditi maggiori. È questo che vado dicendo continuamente, ma il Governo tutto ciò non lo ascolta e non lo vuole ascoltare, richiamandosi ad un principio di assistenza egualitaria per tutti i cittadini. Ma i cittadini non sono tutti uguali, considerato il loro reddito, nei riguardi dello Stato, signori miei! Dobbiamo tenere conto di questi principi, altrimenti creeremmo disuguaglianza tra i vari cittadini e disagioPag. 134sul territorio, in particolare in determinate regioni in cui i problemi sono maggiori.
Per quanto riguarda l'argomento secondo cui molto spesso l'aumento della spesa sanitaria è determinato dall'accreditamento delle strutture sanitarie private, devo fare rilevare che molto spesso tale accreditamento, al contrario, crea un certo vantaggio, in quanto con esso si realizza un certo risparmio da parte della sanità pubblica, perché lo Stato usufruisce di strutture pagate dal privato, che comprendono tutte le apparecchiature e il personale, insomma tutto ciò che è necessario, mentre lo stesso Stato si limita a pagare per ogni caso clinico, senza avere a carico ulteriori spese, i noti DRG (Diagnosis Related Groups), il costo della prestazione erogata al cittadino. Tutto ciò ha un'importanza notevole, signori miei, quindi teniamolo in considerazione. Non prendiamo decisioni che possono essere lesive per i nostri cittadini, tali da creare disagio, ma anche ineguaglianza e mancanza di assistenza al cittadino-paziente, che, veramente, quando è indigente ne risente molto di più.
Su questo articolo concludo. Vorrei soltanto puntualizzare un aspetto sull'articolo 20. Riguarda qualcosa che non è un vantaggio: vorrei vantare un po' il precedente Governo su quello che era il 5 per mille. Si parlava, in precedenza, di abrogarlo, invece, plaudo all'attuale Governo che ha rivisto la sua posizione e lo ha riattivato. Infatti, rendiamoci conto che l'istituto del 5 per mille è stato creato soltanto per il volontariato e per la ricerca scientifica. Teniamo conto che nel nostro Paese la ricerca scientifica è veramente mortificata rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo: noi destiniamo alla ricerca scientifica l'uno per mille del PIL. Onorevoli colleghi, è una situazione molto grave. Quando diciamo che è stato fatto questo, dobbiamo aggiungere a questi usufruttuari - se così possiamo definirli -, la ricerca ed il volontariato, anche le strutture sportive dilettantistiche in possesso del riconoscimento ai fini sportivi rilasciato dal CONI. Signori miei, cerchiamo di non aggiungere ulteriore mortificazione alla ricerca. Il CONI può benissimo prendere i fondi dall'attività sportiva professionistica e non dal 5 per mille che è destinato - lo ripeto - al volontariato e alla ricerca.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevole collega - siamo, infatti, rimasti in pochi - in poche parole vorrei cercare di cogliere l'occasione per fare ciò che avrei dovuto fare in Commissione finanze e in Commissione bilancio, abbandonando ogni sorta di riflessione sui molti temi che questo provvedimento contiene. Ho una piccola premessa da fare: sono dispiaciuto perché l'opposizione ha consumato una buona parte del suo tempo nella parte iniziale del dibattito, considerato come sta andando l'esame di questo provvedimento. Senza nulla togliere alla maggioranza che ha avuto e ha sempre l'occasione per affrontare i suoi temi, sarebbe stato meglio lasciare all'opposizione più tempo per cercare di evitare di arrivare a quest'ora. Comunque, mi rendo conto che all'interno della libertà di espressione forse la richiesta è eccessiva. Ripeto, però, che la stessa maggioranza ha fatto riflessioni su cui potremmo fare alcune precisazioni.
Detto questo, passo subito alla questione che mi preme. Il provvedimento è stato modificato soltanto riguardo agli incapienti. Non sussiste, quindi, la giustificazione della non modificabilità, del fatto, cioè, che deve rimanere così. Caro Governo, se ho capito bene, la categoria di incapiente è stata anche quantificata. Vi sono due preoccupazioni: la prima riguarda il fatto che per la prima volta ci soffermiamo su un soggetto cui attribuiamo un diritto che non è definibile, perché incapiente è anche chi non beneficia della detrazione ICI. Dato il valore dell'immobile, è calcolata l'imposta sull'immobile applicando la detrazione ICI. Poiché nei comuni la detrazione è fissa entro centocinquanta euro e la stiamo portando a un valore maggiore, ogni voltaPag. 135che un soggetto, che è tra quelli più indigenti, ha una ricchezza e l'imposta su tale ricchezza è inferiore alla detrazione fissa, vale a dire a livello di detrazione, gliela restituiamo. Penso, a mio modo di vedere, che - a quest'ora è inutile fare un dibattito politico e, quindi, siamo al di là di esso - ci stiamo incamminando su un sentiero tortuoso perché avremo, nei giorni futuri e negli anni futuri, soggetti che continueranno a chiederci di restituire importi che vengono stabiliti di tensione o, quanto meno, di compensazione.
So che il termine «incapiente» non è di vostra invenzione e, quindi, non esprimo una dichiarazione di opposizione.
La seconda questione - ho quasi terminato - riguarda le modalità per l'individuazione dell'incapiente. Mi spiego. Il primo requisito è l'imposta netta dovuta per l'anno 2006 pari a zero: il contribuente non ha dichiarato niente, non ha fatto la dichiarazione dei redditi, perché l'imposta è pari a zero. Il secondo requisito è essere lavoratore dipendente, lavoratore autonomo o assimilati nel 2007. La domanda (spero che il Governo la affronti e mi risponda, perché può essere utile) è la seguente: colui che nel 2007 non fa dichiarazione dei redditi, è un incapiente? Oppure sarò costretto, caro Presidente - come ho affermato in Commissione finanze - ad invitare tutti gli italiani che possiedono i requisiti a fare una dichiarazione, anche con cinquanta euro di reddito, perché, visto che sono previsti anche gli assimilati, possiedono il requisito? Non ho capito e non ho potuto chiedere al Governo, perché non siamo riusciti a verificarlo in Commissione, ma come si fa (facciamolo, quindi, insieme!) a individuare, per quanto riguarda l'IRPEF, l'incapiente? Nel regolamento affermeremo che è colui che fa la dichiarazione nel 2007 e, poiché fa ciò, ha il requisito relativo all'imposta dovuta per il 2006 pari a zero; inoltre, possiede il requisito di essere stato censito come non a carico e quello dell'imposta pari a zero nel 2007.
Pertanto, paradossalmente coloro che vogliono ricevere il contributo - chiamiamolo pure in questo modo, perché sarà una assegno diretto al soggetto - dovranno fare la dichiarazione dei redditi. Tecnicamente è proprio così! Ritengo che la copertura di questo beneficio deve essere prevista in modo da ricomprendere tutti coloro che, potenzialmente, possiedono il requisito: come fate a stabilire sette milioni di euro, piuttosto che dodici, visto che vi sono gli assimilati? Inviterò i soggetti a fare la dichiarazione dei redditi!
Detto ciò, rispondo alle dichiarazioni compiaciute di chi sostiene questo decreto-legge e afferma che stabilirebbe un vantaggio per i contribuenti. Certamente si tratta di un vantaggio, ma non è un vantaggio all'insegna della giustizia, perché - lo hanno affermato anche altri colleghi - vi sono contribuenti, la cui imposta è pari a zero, che sono più ricchi di contribuenti che non hanno imposta.
A mio modo di vedere, anche per non affrontare questioni diverse da quella in esame, ritengo che spendere una buona parte delle risorse dello Stato per dare una mano a soggetti che non sono la parte più debole non ci deve lasciare con la coscienza a posto. Se volevamo utilizzare le risorse per contribuire ad aiutare i più deboli, era molto più semplice verificare chi fossero i più deboli, perché essi sono gli indigenti che, in molti enti locali, sono censiti.
Ritengo che questo provvedimento possa incontrare problemi di applicazione e determinare spreco di risorse per soccorrere soggetti che, alla fine, forse, non possiedono tutti quei requisiti che venivano richiesti per alleviare le sofferenze di famiglie che abbiano bisogno di un piccolo contributo.
Concludo dicendo che non ci troviamo in una fase di valutazione politica dell'attività del Governo; siamo in una fase - che dovrebbe essere quella propria del Parlamento e, in particolare, della Camera - di intervento legislativo e di modifica degli obiettivi del Governo. Se si è pensato ad un Governo che deve, poi, presentare i suoi provvedimenti al Parlamento, lo si è fatto proprio in funzione di ciò.
Vi sono, pertanto, due rischi: il primo è che autorizziamo, purtroppo, i GoverniPag. 136del futuro ad avere questo atteggiamento nei confronti del Parlamento; il secondo - da quanto ho ascoltato - è che autorizziamo i Governi a presentare provvedimenti che, al loro interno, già considerano quale siano i punti di opposizione. Vi è, quindi, un Governo che vara un provvedimento e, al di là di esso, predispone norme che possono essere criticabili, quasi prevedendo quale possa essere la riflessione dell'opposizione. Nel provvedimento, quindi, già vi sono le risposte.
Ritengo che con questo modo di operare, si rechi un grave danno al Parlamento e alla Camera.
Signor Presidente, visto che sono tra gli ultimi ad intervenire, vorrei rivolgere una richieste alla Presidenza. Ho concluso, quindi, l'intervento che riguarda la conversione del decreto-legge in esame; esprimerò di nuovo la mia valutazione al riguardo quando interverrò per dichiarazione di voto alla fine dell'iter di conversione. Tuttavia, ribadisco la preoccupazione riguardo al metodo, censurabile con riferimento alla funzione del Parlamento.
Signor Presidente, vorrei far presente - e lo faccio adesso, dato che sono tra gli ultimi ad intervenire - che ho presentato un'interrogazione in data 25 gennaio...
PRESIDENTE. Lei sa che, in merito a tale richiesta, dovrebbe intervenire in altra sede, al termine della seduta.
GIOACCHINO ALFANO. Sono l'ultimo, forse, proprio per questo...
PRESIDENTE. No, non è l'ultimo.
GIOACCHINO ALFANO. Allora intervengo dopo.
PRESIDENTE. Poiché l'ultimo iscritto a parlare per la seduta odierna è l'onorevole Zacchera, lei avrà l'amabilità di ascoltarlo. È iscritto a parlare l'onorevole Zacchera. Ne ha facoltà.
MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, è abbastanza surreale parlare per ultimo questa sera ed è un piacere che, almeno, ci sia un collega che mi aspetta! A mio avviso, la domanda da porre in questo dibattito è la seguente: si tratta di un fisco che, alla fine, diventa usurpatore o che considera i cittadini un po' come burattini?
Io ritengo che si debba anche prestare attenzione verso coloro che ci ascoltano (anche se il mio è l'ultimo intervento, al di là delle dichiarazioni che farà il collega), dalla posta, alle persone che stanno al guardaroba, ai commessi: è inutile fare la questione tanto lunga, è un gioco delle parti! Tuttavia, ci troviamo quasi tra amici, più che tra colleghi!
Pochi minuti fa, mi trovavo fuori dall'aula e ho scaricato dal sito: «Analisi politica - Commenti on-line su politica e società» un'indagine, svolta ieri, su come la pensano gli italiani anche sul fisco (nello specifico, tale indagine era relativa alla criminalità e ad altre questioni, tra cui anche il fisco). Ebbene, amici, se questi sono i dati veri (secondo l'indagine svolta da Ferrari Nasi e Grisantelli, che non conosco dal punto di vista politico, ma non penso che siano politicamente schierati), la situazione è devastante.
Non vi è attenzione nei nostri confronti come parlamentari, come da parte di quest'Aula che, a quest'ora, giustamente è vuota: il Paese non sta più con noi, è fuori, ha altri problemi. E allora, la domanda (che, considerata la tarda ora, vi rivolgo in amicizia) è la seguente: ma questo decreto-legge ci aiuta ad andare verso i cittadini o ci allontana da essi?
Un decreto-legge che (basta guardare il nostro fascicolo) è composto da ben 155 pagine più gli allegati, non ci avvicina ai cittadini, ma è un'ulteriore complicazione dal punto di vista fiscale. È come prendere vestiti sempre più vecchi e, anziché sostituirli, aggiungere toppe sempre più nuove, ma che spaccano il vestito vecchio!
Dentro questo provvedimento vi è di tutto: dallo Stretto di Messina agli aiuti a Trenitalia, ma la gente vorrebbe capire perché deve metterci tutte queste ore per arrivare a Reggio Calabria e, da qui, passare in Sicilia, visto che adesso non si sa se il ponte si farà o non si farà!Pag. 137
Si arriva fino a Trenitalia, la cui realtà è costituita da servizi fatiscenti (abbiamo due milioni di pensionati che, tutti, giorni, si arrabbiano perché non trovano le coincidenze, né la qualità dei servizi ) e dove il servizio ferroviario è tra i peggiori in Europa: queste sono le realtà!
Che poi vi siano articoli tramite i quali qualcuno guadagna e qualcuno perde, per carità! Abbiamo un tesoretto: si è cercato di distribuirlo un po' fra tutti. Io posso criticare una distribuzione (ma magari è giusta, vi è una possibilità di fondo), tuttavia non è stato risolto niente!
Di fondo vi è stato un surplus fiscale che viene assegnato, così, a qualcuno; molto viene sprecato dall'apparato e, alla fine, ai cittadini - come diceva poc'anzi Germontani - vanno 41 centesimi al giorno (cioè nulla), ma sicuramente non è stato risolto il problema di nessuno, per cercare di non scontentare nessuno!
Era l'occasione buona - per la prima volta, con dei fondi disponibili - per risolvere non dico il problema di qualcuno, ma un problema di sistema, per farlo funzionare meglio! In questo vedo, obiettivamente, una critica al Governo, perché non è stato capace di fare ciò e alla fine ha tirato da tutte le parti e ha adottato il solito decreto-legge che, se andiamo a leggere riga per riga, è incredibilmente difficile persino da capire dagli addetti ai lavori, ma non abbiamo assolutamente risolto nulla.
Allora, per esprimere le mie opinioni, non vorrei far perdere tempo, considerando i 30 minuti previsti dal Regolamento; è meglio sospendere la seduta, anche perché non aggiungeremo nulla di nuovo ad una battaglia in cui anche l'opposizione ha le proprie responsabilità.
Perché dobbiamo soltanto criticare il Governo? Io critico anche l'opposizione, perché, forse, in altri contesti, avrebbe dovuto dire come avrebbe speso il tesoretto, proponendo una, due, tre o quattro ipotesi.
Il problema è che ciascuno di noi può avere opinioni diverse. Ma il Paese perde la «cabina di regia» e non sa più effettivamente dove andare, alla fine diventa come ho detto inizialmente.
Concludo per la gioia di tutti e non posso neanche dire: dopo di me spegnete la luce, perché l'onorevole Alfano deve fare ancora una comunicazione alla Presidenza. È un peccato, altrimenti sarei stato come Pajetta che leggevo da bambino (il Presidente sorride e mi fa piacere).
Anche l'opposizione ha le proprie responsabilità, perché forse dovrebbe a volte essere più chiara o, per lo meno, indicare delle priorità.
Tuttavia, obiettivamente, a mio avviso questo disegno di legge approvato dal Senato non risolva assolutamente nulla e fa perdere una bella occasione, perché per la prima volta abbiamo soldi da spendere. Poi, tutti possiamo avere - concludo veramente - delle priorità.
Oggi in Commissione affari esteri - io mi occupo di tale materia - abbiamo visto che senza 100 milioni di euro da spendere (che non sono un granché) la rete consolare italiana va in flop, in crisi. Non lo ho affermato io stesso, bensì i funzionari del Ministero degli esteri.
Allora se, per ipotesi, vogliamo risolvere quel problema, è una cosa risolta. Facendo in tal modo, alla fine 41 centesimi a testa non risolvono assolutamente nulla e - ahimè - aumenta, credo, il distacco tra il Paese legale e Paese reale, e mi riferisco all'opposizione o al Governo, di oggi o di domani: questo è il vero problema al quale tutti continuiamo a non dare delle risposte. Vi ringrazio per l'attenzione.
PRESIDENTE. Il seguito della discussione sulle linee generali è rinviato alla seduta di domani. Ai sensi dell'articolo 36, comma 1, del Regolamento, secondo le iscrizioni che risultano alla Presidenza, nella seduta di domani potranno svolgersi ulteriori 34 interventi.