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Si riprende lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Orientamenti del Governo sugli ospedali psichiatrici giudiziari e sulle case di cura e di custodia - n. 2-00871)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00871, concernente orientamenti del Governo sugli ospedali psichiatrici giudiziari e sulle case di cura e di custodia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor sottosegretario per la giustizia Li Gotti, onorevoli colleghi, la questione che con la nostra interpellanza urgente sottoponiamo all'attenzione del Governo e del Parlamento è in realtà una questione urgente per la drammatica attualità ma che presenta una lunga storia. Una storia che è stata oggetto di ripetute analisi e riflessioni da parte di gruppi di lavoro chePag. 50riportiamo nell'interpellanza e che richiamerò sinteticamente nella sua illustrazione.
Quella degli ospedali psichiatrici giudiziari è una vicenda drammatica, spesso tragica, che di tanto in tanto ha anche delle forte ripercussioni, sia pure troppo limitate, sulla stampa di informazione. Proprio sul principale quotidiano italiano alcuni mesi fa nel mese di aprile scorso vi è stata la pubblicazione di una serie di interventi riguardanti gli ospedali psichiatrici giudiziari. Questa fu la ragione per cui presentai un'interpellanza non urgente, ma alla quale si sarebbe dovuto comunque fornire una risposta abbastanza tempestiva; dall'8 maggio scorso - oggi è il 5 dicembre - sono trascorsi circa sette mesi. Quell'interpellanza sostanzialmente analoga a quella che discuteremo oggi nell'arco dei sette mesi non ha ricevuto una risposta né parte del Ministro della giustizia né di quello della Salute cui era stata indirizzata. Per tale ragione ho deciso, in accordo con il mio gruppo, di tramutare quell'interpellanza in una interpellanza urgente.
Della vicenda del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari si parla già a partire dal 1978, quando venne approvata dal Parlamento la legge n. 180 che portò al superamento degli ospedali psichiatrici ordinari. Già da allora si pose il problema, ma non venne affrontato legislativamente il superamento anche degli ospedali psichiatrici giudiziari; sono trascorsi quasi trenta anni. Come alcuni sono a conoscenza, avendone parlato i giornali e come sa perfettamente il rappresentante del Governo, vi è da dire che attualmente in Italia esistono sei ospedali psichiatrici giudiziari, cinque dei quali (Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Aversa, Napoli, Barcellona Pozzo di Gotto) sono a diretta gestione dell'amministrazione penitenziaria, mentre il sesto (Castiglione delle Stiviere) viene amministrato sulla base di una convenzione tra il Ministero della giustizia e l'azienda ospedaliera. Nel testo della mia interpellanza riporto alcuni dati riguardo il numero dei reclusi negli ospedali psichiatrici giudiziari che forse saranno aggiornati dal rappresentante del Governo in sede di risposta. All'epoca della mia interpellanza originaria comunque risultavano esservi 1.057 internati ma credo che attualmente si sia arrivati al numero di 1.200 o 1.300, ma su questo aspetto - ripeto - mi aspetto eventuali precisazioni da parte del Governo. In precedenza, nel 1979 i reclusi erano circa 1,500 e successivamente nel 1983 erano arrivati a circa 1,800.
Quindi negli ultimi anni vi è stata complessivamente - è l'unico aspetto positivo della mia illustrazione - una riduzione, sia pur lieve, degli internati negli ospedali psichiatrici giudiziari.
Nel frattempo sono anche intervenute due importanti sentenze della Corte costituzionale (la sentenza n. 253 del 2003 e la sentenza n. 367 del 2004), nella prima delle quali la Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 222 del codice penale «nella parte in cui non consente al giudice di adottare, in luogo del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario, una diversa misura di sicurezza, prevista dalla legge, idonea ad assicurare adeguate cure dell'infermo di mente e a far fronte alla sua pericolosità sociale». La seconda sentenza che ho citato riconosce e circoscrive l'opportunità di scelta tra internamento e affidamento esterno ai servizi per le misure di cui all'articolo 206 del codice penale.
Le diverse posizioni giuridiche degli internati evidenziano una condizione nella quale, al di fuori dell'ospedale psichiatrico giudiziario, appare generalmente assente un'assunzione di responsabilità da parte delle strutture sanitarie competenti, che incide in particolare su coloro - si tratta di una quota di poco inferiore al 70 per cento del totale - che sono reclusi negli ospedali psichiatrici giudiziari perché, in forza dell'articolo 222 del codice penale, sono prosciolti per vizio totale di mente e dichiarati socialmente pericolosi.
Su tutta questa materia, negli anni scorsi, hanno operato due distinti e diversi gruppi di lavoro, anche se entrambi presentavano configurazioni istituzionali. Nel 2002, se non ricordo male la data -Pag. 51l'intervento risale alla precedente legislatura e al precedente Governo, ma fu un'opera meritoria -, è stata istituita una commissione interministeriale giustizia e salute sulla sanità penitenziaria e, due anni dopo, nel 2004, all'interno di essa è stato formato uno specifico gruppo di lavoro per approfondire il tema della sanità penitenziaria, con particolare riferimento ai sei istituti psichiatrici italiani di detenzione.
Quel gruppo di lavoro concluse la sua attività evidenziando la necessità di superare l'attuale assetto attraverso la realizzazione di un sistema integrato di psichiatria penitenziaria. Più recentemente, nel 2006, si è costituito un gruppo di lavoro meritorio ad iniziativa del comune di Montelupo Fiorentino - dove ha sede uno dei sei ospedali psichiatrici giudiziari - congiuntamente con la regione toscana, la provincia di Firenze e il Forum nazionale per il diritto alla salute in carcere.
Nell'ambito di questo gruppo di lavoro, in particolare nelle attività finalizzate ad un convegno, si evidenziava come le persone recluse negli ospedali psichiatrici giudiziari, pur non essendo sottoposte a misure di sicurezza definitive, sono identificabili: nei soggetti in osservazione psichiatrica con condanne definitive o con processi in corso; in coloro a cui sono applicate le misure di sicurezza di cui all'articolo 206 del codice penale; nei ricoveri, sulla base dell'articolo 148 o dell'articolo 212 del codice penale, di chi si trova in esecuzione di pena o di misura di sicurezza detentiva (contro soggetti imputabili) cui sia sopravvenuta un'infermità mentale.
Come avevo affermato, il tema si è riproposto e non soltanto a partire dalla lontana legge n. 180 del 1978 (che però non affrontò la specifica materia). Con il decreto legislativo n. 230 del 1999 - se non ricordo male le date, all'epoca del Governo D'Alema - è stato infatti previsto il superamento, in generale, dell'attuale situazione della medicina penitenziaria, e, più specificamente, anche degli ospedali psichiatrici giudiziari, considerando che ci si trova in una situazione di perdurante mancanza di politica manutentiva degli istituti, che alcuni di questi istituti, anzi quasi tutti, sono vetusti, e che vi è un lento ma inesorabile degrado delle strutture, che ha anche comportato la pur utile chiusura di alcuni reparti, ormai insostenibili, ma a discapito della capienza e della abitabilità complessiva.
Come ho ricordato prima, questa materia, ossia il drammatico tema degli ospedali psichiatrici giudiziari, è stata affrontata in particolare - negli anni precedenti erano stati pubblicati vari altri articoli sempre sul Corriere della sera e su altri giornali o riviste - con l'articolo comparso il 18 aprile 2007 sul primo quotidiano italiano a firma del giornalista Fulvio Buffi, il quale ha condotto l'inchiesta nell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, che, insieme all'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli, ospita il 40 per cento degli internati sul territorio nazionale. In quell'occasione, il Corriere della sera pubblicò anche una tormentata, nel senso di preoccupata, intervista del professor Rotelli, uno specialista della materia. Basta citare il titolo di quell'articolo «Suicidi e AIDS: i matti dimenticati».
In quella circostanza, il direttore dell'ospedale psichiatrico giudiziario di Aversa, dottor Adolfo Ferraro, ha ricordato che il 60 per cento degli internati potrebbe uscire «se ci fossero fuori strutture adatte ad accoglierli e a curarli». Ripeto: il 60 per cento.
Secondo l'inchiesta del Corriere della sera, sono strutture esterne che appaiono o inesistenti o del tutto assenti, giacché ci si basa sulla valutazione di presunti maggiori costi - forse anche reali - di assistenza per ogni assistito rispetto a quelli sostenuti nella condizione di internato. Poiché, quindi, costa di più, sono mantenuti dentro l'ospedale psichiatrico giudiziario in una situazione che induce spesso i giudici di sorveglianza, anche se la pena è stata scontata, ad applicare la proroga della reclusione. Come dice l'articolo, lo chiamano «ergastolo bianco»: nessuno sa quando finirà. È la situazione in cui si trovano molti dei ricoverati negli ospedali psichiatrici giudiziari.Pag. 52
Il giorno dopo è intervenuto, sempre sul Corriere della sera, il dottor Marco D'Alema, consigliere del Ministro della salute Livia Turco, che ha affermato che, in collaborazione con il comitato tecnico delle regioni, il Ministro della salute ha in esame scelte e indirizzi il cui obiettivo sia il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari in tre fasi, che indicava dettagliatamente in tale intervento: una prima, una seconda fase e, infine, una terza fase che dovrebbe comportare la regionalizzazione degli ospedali psichiatrici giudiziari che dovrebbero diventare strutture piccole, a carattere prettamente sanitario, dove l'elemento penitenziario dovrebbe essere ridotto al minimo e dove dovrebbero essere ricoverati solo i casi più gravi.
La chiusura definitiva sarà possibile, secondo il dottor D'Alema, solo modificando il codice penale. Questa materia, del resto, in riferimento al codice penale, è stata affrontata nella commissione di studio di riforma del codice penale presieduta da Giuliano Pisapia, un nostro ex collega, che fu insediata il 27 luglio dello scorso anno presso il Ministero della giustizia.
Il giorno successivo alla lettera del dottor D'Alema, il 20 aprile, sempre il Corriere della sera ha pubblicato un ulteriore intervento, dato che l'inchiesta aveva suscitato una certa reattività istituzionale, consistente in una lettera congiunta del Ministro della giustizia Mastella e del Ministro della salute Turco, i quali ricordavano che questa materia è oggetto di una «seria riflessione da parte degli uffici dei due Ministeri per riuscire a realizzare al più presto iniziative adeguate ad affrontare una situazione che è grave sotto molti profili ormai da lungo tempo». Sono citazioni della lettera di Mastella e Turco.
In primo luogo, si fa riferimento, anche in questo caso, alla piena attuazione del decreto legislativo n. 230 del 1999, che prevede il trasferimento integrale delle competenze in materia sanitaria, ora in capo all'amministrazione penitenziaria, al Servizio sanitario nazionale e alle regioni. In quella lettera, inoltre, si affermava che era necessario affrontare la questione centrale dell'imputabilità degli autori di reato, che forma oggetto delle direttive di prossima presentazione da parte della commissione Pisapia, che ho citato poco fa.
Su tutta questa materia, ha elaborato un ampio rapporto anche l'associazione Antigone (il suo sito si trova on-line), che ha svolto una ricognizione puntuale sulla drammatica situazione che si verifica in ciascuno degli ospedali psichiatrici giudiziari. Nel rapporto - che nel testo dell'interpellanza urgente ho citato più puntualmente e che in questa sede richiamo soltanto perché si tratta di un'opera meritoria - emerge un quadro assolutamente drammatico, sia rispetto alle condizioni...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MARCO BOATO. ... sia rispetto a quella forma di prolungamento della reclusione o dell'internamento nell'ospedale psichiatrico giudiziario, cui ho fatto riferimento in precedenza.
In conclusione - la ringrazio, signor Presidente -, la mia e la nostra richiesta al Governo riguarda sia gli indirizzi legislativi che il Governo intende assumere al riguardo, le misure amministrative che intende affrontare, gli indirizzi della commissione Pisapia e, infine, la questione del riordino della medicina penitenziaria, cui ho fatto più volte riferimento.
PRESIDENTE. Saluto, anche a nome dell'Assemblea, gli studenti di una classe dell'Istituto tecnico commerciale e professionale «Gesualdo» di Avellino, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza urgente dell'onorevole Boato e di altri parlamentari, si premette che il progetto di legge delega elaborato dalla Commissione per la riforma del codice penale non prevede la misura del ricovero negli ospedali psichiatriciPag. 53giudiziari, in ciò adeguandosi ai mutamenti delle prospettive terapeutiche e sociali che hanno determinato, sin dal 1978, l'abolizione di tali istituti e che non possono ignorarsi nel riformare un sistema penale che contempla una forma, in verità giustamente edulcorata, di manicomio criminale, come gli ospedali psichiatrici giudiziari.
Pertanto, la legge delega ha individuato diversi tipi di cosiddette risposte sanzionatorie per i non imputabili, diversificate in considerazione della causa di non imputabilità: in primo luogo, quelle di tipo terapeutico per gli infermi di mente; in secondo luogo, quelle finalizzate alla disintossicazione per i tossicodipendenti o per gli alcolisti; infine, quelle rieducative per i minori.
In dettaglio, la riforma prevede, con riferimento ai soggetti non imputabili, la possibilità da parte del giudice di disporre, tenendo conto delle diverse necessità, una pluralità di misure di cura e di controllo: ricovero in strutture terapeutiche protette o in strutture con finalità di disintossicazione; ricoveri in comunità terapeutiche; libertà vigilata associata a trattamento terapeutico; obbligo di presentazione, eventualmente associata a trattamento terapeutico; affidamento a servizi socio-sanitari; infine, svolgimento di un'attività lavorativa o di un'attività in favore della collettività.
La durata della misura di cura e controllo non potrà eccedere quella della pena che si applicherebbe all'agente imputabile e si stabilisce, inoltre, che l'esecuzione della misura possa essere interrotta quando non risulti più necessaria a fini riabilitativi.
Il lavoro di riforma è ancora allo stato progettuale e non può escludersi che il complesso procedimento legislativo possa mutarne alcuni caratteri, ma non c'è dubbio che la linea di tendenza segnata dalle conclusioni della commissione Pisapia non ha, allo stato, altre attendibili alternative.
Le prospettive di un futuro che cammina verso il superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari non ci induce tuttavia ad ignorare i formidabili problemi posti dalla loro attuale esistenza e dalla loro quotidiana gestione, problemi che l'onorevole Boato ha evidenziato con grande ricchezza di dettagli.
Su tutte le questioni sollevate in questa sede riferisco sinteticamente, forse in forma interlocutoria, evidenziando comunque i fatti e le valutazioni maggiormente significative ai fini della definizione delle linee di condotta dell'amministrazione.
Si premette che l'organizzazione strutturale dei sei ospedali psichiatrici giudiziari in attività sul territorio nazionale è piuttosto eterogenea. Mentre Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere sono di recente costruzione, gli altri istituti sono ricavati dal riadattamento di edifici antichi storicamente nati per altre funzioni. Solo Barcellona Pozzo di Gotto è stato edificato come manicomio giudiziario.
Negli ultimi tempi si sono resi necessari profondi interventi manutentivi e di ristrutturazione in diversi ospedali psichiatrici giudiziari e ciò ha causato conseguenti fenomeni di sovraffollamento (è stato di recente chiuso, in via provvisoria, per difetto di adeguate condizioni igienico-sanitarie, l'ospedale psichiatrico giudiziario di Napoli).
Oltre a sensibili diversità sul piano dell'organizzazione strutturale, i sei ospedali psichiatrici giudiziari divergono anche sul piano dell'organizzazione funzionale. Quelli a gestione diretta del Ministero della giustizia prevedono la presenza di personale della polizia penitenziaria, mentre la struttura di Castiglione delle Stiviere è caratterizzata dall'esclusiva presenza di personale sanitario, inquadrato secondo i profili professionali e gli accordi collettivi nazionali di lavoro delle aziende sanitarie. Questa impostazione organizzativa ha profondi riflessi sulle finalità prevalentemente di cura che dovrebbero avere gli ospedali psichiatrici giudiziari.
Per quanto concerne l'organizzazione dell'assistenza sanitaria, le risorse finanziarie stanziate sul relativo capitolo di bilancio 1761/3 sono state gestite attraverso il documento di programmazione stilato dalla direzione generale detenuti ePag. 54trattamento del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, che ha invitato i provveditorati regionali, nel procedere alle assegnazioni di competenza, ad assicurare il mantenimento ed anzi il miglioramento degli standard assistenziali ivi garantiti.
Di fatto, le disponibilità finanziarie degli ultimi anni non hanno consentito di incrementare i servizi sanitari esistenti presso gli ospedali psichiatrici giudiziari. Per quanto riguarda la tipologia delle categorie giuridiche dei soggetti presenti si distinguono: gli internati prosciolti per infermità mentale sottoposti a ricoveri in ospedale psichiatrico giudiziario in quanto socialmente pericolosi; gli internati con infermità mentale sopravvenuta, per i quali è stato ordinato l'internamento in ospedale psichiatrico giudiziario o in casa di cura e custodia; gli internati provvisori (imputati sottoposti alla misura di sicurezza provvisoria in ospedale psichiatrico giudiziario in considerazione della presunta pericolosità sociale in attesa di un giudizio definitivo); gli internati con vizio parziale di mente, dichiarati socialmente pericolosi e assegnati alla casa di cura e custodia eventualmente in aggiunta alla pena detentiva, previo accertamento della pericolosità sociale; i detenuti minorati psichici; i detenuti condannati in cui l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena; i detenuti dei quali deve essere accertata l'infermità psichica, per un periodo non superiore a 30 giorni.
Risulta evidente, pertanto, che la popolazione ospitata presso queste strutture è alquanto eterogenea. Ciò ne rende problematica la gestione con riguardo alle diverse esigenze di sicurezza e allo sviluppo di progetti trattamentali-riabilitativi.
Si sottolinea inoltre che qualsiasi intervento terapeutico-riabilitativo svolto negli ospedali psichiatrici giudiziari necessita, al fine del reinserimento sociale e, quindi, della dimissione, di una stretta collaborazione con i servizi psichiatrici territoriali per garantire la presa in carico degli internati e la continuità terapeutica.
Risulta fondamentale la creazione di una rete di interventi su tutto il territorio: la precoce presa in carico dei soggetti interessati permette, infatti, di avviare i contatti con i servizi psichiatrici del territorio per garantire la dimissione di quei ricoverati che, per cessata o scarsa pericolosità con compenso psicopatologico, non hanno ragione di rimanere nell'ospedale psichiatrico giudiziario, così come di coloro che sono ormai giunti alla scadenza della misura di sicurezza. Favorire, incoraggiare, pretendere l'inserimento nel territorio salvaguarderebbe i pazienti per i quali si profilano ingiustificate proroghe della misura di sicurezza (famiglie inesistenti o non disposte ad accogliere il paziente, servizi territoriali non disponibili alla presa in carico). Ovviamente ciascuna ASL risponde con le risorse a propria disposizione, per cui l'intervento dei servizi territoriali è ancora disomogeneo sul territorio nazionale. Sarebbe auspicabile la presenza di un maggior numero di strutture intermedie capaci di accogliere i pazienti in dimissione e garantire un graduale ritorno al territorio di appartenenza.
Per cercare di ovviare alle problematiche sopradescritte, l'amministrazione ha intrapreso alcune iniziative. Innanzitutto gli organi periferici sono stati stimolati a sottoscrivere protocolli di intesa con le ASL, finalizzati alla presa in carico dei pazienti con patologia psichiatrica. Attualmente tutti gli ospedali psichiatrici giudiziari hanno sottoscritto tali intese con l'ASL territorialmente competente; alcuni, ad esempio Reggio Emilia, anche con quelle di tutto il territorio regionale. Nel 2004 è stato attuato un programma esecutivo di azione (PEA) dal titolo: «Realizzazione reparti per osservazione psichiatrica di cui all'articolo 112 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000 in ogni provveditorato».
L'allestimento di tali reparti ha consentito di evitare l'esclusivo invio negli ospedali psichiatrici giudiziari di tutti i detenuti nei confronti dei quali deve essere accertata l'infermità psichica, armonizzando così il principio della tutela della salute con quello della territorialità della pena e scongiurando, anche se per un breve periodo, allontanamenti del ristrettoPag. 55dal nucleo familiare che, proprio nei momenti di fragilità psichica, potrebbero risultare ancora più destabilizzanti. Tale iniziativa ha peraltro contribuito a ridurre il costo delle traduzioni.
In forza di questo programma d'azione sono stati realizzati reparti di osservazione psichiatrica nelle seguenti case circondariali: Torino (due reparti, uno riservato ai collaboratori di giustizia ed il reparto Sestante, attivo già dal 2000, con dodici posti letto); Monza (un reparto maschile con cinque posti letto); Bologna (un reparto maschile con quattro posti letto); Firenze Sollicciano (due reparti, di cui uno destinato alla detenzione femminile con cinque posti letto); Roma Rebibbia (un reparto maschile con quattro posti letto); Lanciano (un reparto maschile non ancora attivo); Reggio Calabria (un reparto maschile con quattro posti letto); Palermo Pagliarelli (un reparto maschile con cinque posti letto); Cagliari (un reparto maschile con cinque posti letto). Questi reparti si aggiungono ad altri due preesistenti: quello ubicato nell'istituto di Livorno (nove posti letto) e quello istituito a Napoli Secondigliano (sedici posti letto).
È in via di progettazione un altro programma da avviare nel prossimo anno, finalizzato alla realizzazione di almeno tre reparti (nord, centro e sud) in cui offrire idonei strumenti di cura e riabilitazione psichiatrica assegnandovi, per il tempo strettamente necessario, gli imputati e i condannati nei confronti dei quali, nel corso della misura detentiva, sopravvenga un'infermità psichica che non comporti, rispettivamente, l'applicazione provvisoria della misura sicurezza del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario o l'ordine di ricovero in OPG o in case di cura o custodia nonché, per l'esecuzione della pena, i soggetti condannati a pena diminuita per vizio parziale di mente.
La commissione interministeriale per la proposta di possibili modelli innovativi, istituita con decreto ministeriale del 20 gennaio 2004, ha affidato ad un gruppo tecnico ristretto lo studio di soluzioni operative da applicare negli ospedali psichiatrici giudiziari, in linea con gli indirizzi terapeutico-assistenziali adottati dal servizio sanitario nazionale. Le conclusioni proposte nel mese di novembre 2006 dal gruppo tecnico necessitano, per la pratica attuazione, di un confronto diretto tra i due dicasteri coinvolti e dell'elaborazione di specifici atti di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome. Le proposte operative del gruppo tecnico si basano sulla normativa già esistente e possono essere applicate in più fasi sequenziali, mediante provvedimenti amministrativi.
Nell'ottica di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari risulta essenziale la riduzione del numero dei ricoverati, i quali dovrebbero essere ospitati in strutture diverse dalle attuali, di capienza ridotta e articolate in modo differenziato. Tali strutture dovrebbero essere distribuite sul territorio.
In conformità a quanto evidenziato nel documento di Montelupo, va senz'altro previsto un confronto diretto tra il Ministero della giustizia e quello della salute, con l'elaborazione di specifici atti di intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, regioni e province autonome. La reale occasione di confronto sopra auspicata si sta concretizzando nei lavori preliminari del gruppo tecnico interistituzionale (Ministero della giustizia, Ministero della salute, regioni), che sta approntando il documento che guiderà il processo di transito delle competenze e delle funzioni del servizio sanitario penitenziario al servizio sanitario nazionale, a norma del decreto legislativo n. 230 del 1999.
Infine, il graduale passaggio ai vari servizi territoriali delle funzioni finora affidate agli ospedali psichiatrici giudiziari necessita della istituzione di una valida rete di contatti tra dipartimenti di salute mentale che assicuri a tutti i pazienti, indipendentemente dalla loro residenza, la fruizione dei servizi erogati dalle ASL.
Si sta valutando, quindi, l'opportunità della costituzione di un osservatorio nazionale per gli ospedali psichiatrici giudiziari che abbia compiti di indirizzo ePag. 56coordinamento per le regioni in merito alle fasi di realizzazione dell'eventuale superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, nonché compiti di impulso all'attivazione di una rete nazionale dei servizi e delle strutture necessari all'implementazione di piani trattamentali differenziati.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Li Gotti per la risposta che ha dato. È stato bene, quindi, che tramutassimo l'interpellanza presentata già nello scorso maggio in un'interpellanza urgente, perché finalmente si potesse discutere in Assemblea tale materia, che è molto complessa e difficile, ma al tempo stesso umanamente drammatica per i diretti interessati.
Ho notato che nella parte iniziale della sua risposta il sottosegretario Li Gotti ha precisato di riferire in forma interlocutoria. Infatti, è evidente che tutti i problemi di cui stiamo ora discutendo richiederanno, probabilmente, ulteriori fasi di confronto con il Governo, anche tra qualche mese.
Per alcuni aspetti, ovviamente, posso dichiararmi soddisfatto, anche se, in genere, evito questa ritualità, con queste interlocuzioni, in sede di sindacato ispettivo. Tuttavia, si tratta di una ritualità prevista dal Regolamento.
In ordine alla parte iniziale della risposta del Governo, che si riferisce, avendolo io stesso più volte citato nella mia interpellanza, al progetto di legge delega predisposto dalla Commissione istituita per la riforma del codice penale e presieduta da Giuliano Pisapia, ritengo che tutto ciò che il sottosegretario ha affermato sia pienamente condivisibile.
Non a caso avevo citato questo lavoro, di cui non conoscevo ancora nel dettaglio gli esiti, proprio perché c'è un aspetto - lo facevo presente anche nelle domande finali al Governo - che riguarda la necessità di alcune modifiche legislative.
Resto, tuttavia, preoccupato (non dico insoddisfatto), perché il sottosegretario ha confermato che siamo ancora allo stato progettuale (come peraltro si sapeva) e che non è stato ancora predisposto da parte del Governo - in questo caso la competenza è esclusiva del Ministero della giustizia, e non del Ministero della salute, al quale pure mi sono rivolto - un disegno di legge delega da presentare in Parlamento.
Come è noto, i disegni di legge delega hanno un iter abbastanza complesso, e poi, una volta approvati - ma nel caso di specie non siamo neppure alla fase di presentazione - si devono attendere i tempi tecnico-giuridici necessari, in questo caso per la redazione del nuovo codice, in base alla delega del Parlamento.
Pertanto, mi limito, in questo frangente, ad affermare che condivido quanto ha riferito il rappresentante del Governo e mi auguro (uso un eufemismo) che il Governo non aspetti troppo tempo ancora per presentare un progetto di legge delega al Parlamento. Ciò non riguarda soltanto il tema in oggetto, ma tutta la riforma del codice penale.
Per quanto riguarda gli altri aspetti della questione relativa agli ospedali psichiatrici giudiziari, debbo osservare che correttamente, nella risposta del Governo, si fa riferimento al fatto che una serie di misure molto importanti potrebbero (come sottolineato nell'interpellanza) essere assunte anche in via amministrativa, a legislazione vigente. Condivido anche queste affermazioni, e nell'interpellanza urgente ho fatto riferimento ad alcuni di tali aspetti, chiedendo al Governo quali misure intenda adottare, oltre che sul terreno degli indirizzi legislativi, anche sul terreno degli atti di carattere amministrativo.
Credo di poter sottolineare - oltre al fatto che mi pare che il Governo confermi sostanzialmente la valutazione pesantemente critica, che ovviamente non risale all'attuale Governo, ma a tutta la storia precedente dell'istituto degli ospedali psichiatrici giudiziari - la situazione fortemente critica in cui si trovano nella quasi totalità le strutture attualmente esistenti.Pag. 57
Nella risposta ho ascoltato una serie di riferimenti a iniziative da assumere in collaborazione fra il Ministero e il Ministro della giustizia e il Ministero e il Ministro della salute, le regioni e gli enti territorialmente competenti (ad esempio, le ASL), che sono condivisibili e auspicabili.
Ciò che francamente mi preoccupa, lo dico con garbo al sottosegretario Li Gotti, ma con forza dal punto di vista sostanziale, è che la maggior parte delle misure che ho sentito elencare (condivisibili) sono misure (che non posso definire de iure condendo, perché dovrebbero essere amministrative, più che legislative, oppure di diversa natura normativa) dette al condizionale, al futuro, sotto il profilo della necessità: «sarebbe necessario», «ci vuole una collaborazione più stretta tra i due Ministeri», «ci vuole un rapporto con i servizi psichiatrici territoriali su tutto il territorio», «bisogna arrivare a garantire la dimissione dei ricoverati che non hanno ragione di rimanere all'interno degli ospedali psichiatrici giudiziari», «sono ingiustificate alcune proroghe delle misure di sicurezza semplicemente legate al fatto che non esistono strutture di accoglienza e di cura di supporto all'esterno».
Condivido tutto ciò, ma espongo la mia preoccupazione, che voglio rappresentare al Governo e lasciare agli atti parlamentari, perché, se fra qualche mese ci ritroveremo in quest'Aula a discutere ancora di questa materia con spirito costruttivo, non vorrei che si dicesse che questi mesi sono passati invano. Si tratta di misure che richiedono una forte implementazione. Ho citato una lettera del consulente giuridico del Ministro Turco e una lettera congiunta del Ministro Mastella e del Ministro Turco, che risalgono al 19 e al 20 aprile di quest'anno, vale a dire a quasi otto mesi fa. In tali dichiarazioni pubbliche al Corriere della sera si dava atto lealmente della gravità e dell'importanza di tali questioni e dell'urgenza di affrontarle, nella logica del superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari, mediante una serie di misure, anche di carattere amministrativo, che possano comunque ridurre la presenza negli ospedali psichiatrici giudiziari al tempo strettamente necessario, ridurre l'impatto con il territorio, superare l'assenza di un coordinamento con il territorio, e via dicendo.
Lei ha fatto riferimento al principio di territorialità della pena: si tratta di un principio che trovo condivisibile. Mi auguro che questo piano di lavoro, del resto discusso nel gruppo di lavoro promosso dal comune di Montelupo Fiorentino, dalla regione Toscana, dalla provincia di Firenze e dal Forum sulla salute, e che consisteva in una serie di misure proposte dal gruppo di lavoro che era stato istituito nella precedente legislatura, alle cui conclusioni ha fatto riferimento il sottosegretario, passi il più rapidamente possibile e con maggiore determinazione alla fase attuativa.
Fornisco un'informazione al sottosegretario, perché mi aspettavo che me la fornisse lui. Guardando con cura gli atti parlamentari di questi giorni, in particolare gli emendamenti depositati al disegno di legge finanziaria in Commissione bilancio, che è attualmente in discussione in sede referente, trovo l'emendamento 67.08 del Governo, che affronta, sia pure parzialmente, tale materia, al fine di dare completa attuazione al riordino della medicina penitenziaria, di cui al decreto legislativo n. 230 del 1999, più volte citato, comprensivo dell'assistenza sanitaria negli istituti penali minorili e nei centri di prima accoglienza, nelle comunità e negli ospedali psichiatrici giudiziari. Si prevede una serie di misure, sia pure parziali e limitate, ma che comunque riguardano anche questa materia. Riferisco al Governo la proposta emendativa che il Governo stesso ha depositato (non so se poi verrà approvata).
Credo che sia necessario andare nella direzione dell'attuazione delle misure che ho indicato nell'interpellanza e che il Governo puntualmente ha ricompreso nella sua risposta. Non dobbiamo trovarci fra qualche mese a rifare la fotografia di una situazione drammatica, senza che sia cambiato sostanzialmente quasi nulla.