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Si riprende la discussione.
(Ripresa esame dell'articolo unico - A.C. 3395-A)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei esprimere le ragioni che ci hanno indotto a porre all'attenzione dell'Aula una serie di questioni, anche sotto forma di emendamenti, relative al decreto-legge sul rifinanziamento delle missioni militari.
Innanzitutto, vi è una questione di metodo che voglio nuovamente sottolineare come più volte ho fatto in varie occasioni. Il metodo riguarda la proposizionePag. 5di un voto complessivo unificato su una serie di missioni diversissime tra loro.
Mi rendo conto che ormai prevale un'idea - che però è una sorta di ideologia istituzionale -, secondo la quale tutto quello che riguarda il coinvolgimento, l'invio e l'utilizzazione delle forze armate italiane costituisce, di per sé, un elemento di validità politico-istituzionale e tutto rientra sotto una cornice di congruità istituzionale, politica e costituzionale.
Di fatto, quindi, appare del tutto logico e del tutto congruo che le missioni vengano confezionate in unico pacchetto. Evidentemente non è così: ogni missione risponde ad una logica politica, ad una decisione politica e, soprattutto, ad un contesto giuridico molto diverso.
Faccio l'esempio, da manuale ormai, della missione UNIFIL 2, che noi condividiamo (l'abbiamo approvata, sostenuta e continuiamo a sostenerla), la quale avviene sotto il presidio, l'autorità, il mandato preciso e anche la gestione delle Nazioni Unite. Cosa tutto affatto diversa sono le altre missioni, in particolare quella in Afghanistan che, com'è noto, trova una forte critica da parte nostra, come anche la parte del finanziamento che riguarda la predisposizione della presenza di funzionari italiani nel Kosovo in sostituzione della missione ONU (una missione europea che sostituisce appunto quella delle Nazioni Unite, e che si porrà a presidio dell'avvenuta dichiarazione di indipendenza da parte del Kosovo). Questi due impegni internazionali dell'Italia avvengono sotto una cornice di diritto internazionale che per noi è non di diritto, ma di violazione del diritto.
La missione in Afghanistan è una missione di guerra. Alle valutazioni di ordine generale che hanno sempre accompagnato il nostro giudizio sulla missione in Afghanistan - è una missione NATO connessa al permanere di una missione direttamente di guerra da parte degli Stati Uniti, Enduring freedom - e che ci hanno sempre trovato critici nei confronti dell'impegno italiano, si aggiunge oggi una valutazione di ordine politico più stringente, relativa all'evoluzione interna e internazionale della vicenda afgana.
Noi avevamo sostenuto - ci sembrava che potesse essere un passo di una qualche efficacia e di valore - l'impegno del Governo Prodi e del Ministro D'Alema di tentare la strada di un'alternativa di pacificazione e stabilizzazione attraverso la via diplomatica di una conferenza di pace, ma tutto questo non è avvenuto (lo abbiamo più volte rilevato). Accanto al fallimento di questa opzione alternativa assistiamo ad un durissimo inasprimento della situazione interna, sia in ordine ai diritti delle popolazioni, sia in ordine alle questioni relative al nation building di cui l'Italia faceva parte con un ruolo di Paese leader. Si tratta di impegni che non sono stati realizzati, non per responsabilità nostra ma per una situazione difficilmente controllabile, per la determinazione con cui la NATO, che è protagonista, e soprattutto gli Stati Uniti, che costituiscono il soggetto di direzione reale delle operazioni militari in Afghanistan, intendono risolvere la questione.
Il problema afgano è ormai una questione da risolvere attraverso una vittoria militare sul campo, come continuano a sostenere i comandi della NATO e come continua a sostenere l'amministrazione Bush. Poi ci sono varie chiacchiere sulle possibili alternative, ma i fatti dimostrano che lì vi è una escalation di guerra che ha interessato con sempre maggiore chiarezza tutti i Paesi, anche quelli che, come l'Italia e la Germania, hanno mantenuto un profilo basso nel coinvolgimento diretto nei combattimenti. Vi è, dunque, una sovradeterminazione di guerra che coinvolge il nostro Paese non solo politicamente e moralmente, ma spesso anche fattualmente, con azioni di guerra e di combattimento diretto contro gli insurgents.
Sostanzialmente ciò discosta molto la missione da quello che noi abbiamo pensato potesse essere sostenibile, attraverso la battaglia che abbiamo condotto sulle regole di ingaggio e sul contenimento della presenza delle nostre truppe entro determinati limiti, anche territoriali.Pag. 6
Le notizie che arrivano sono allarmanti da questo punto di vista, così come sono allarmanti i dati di cui possiamo disporre relativamente, per esempio, al crollo degli investimenti stranieri in Afghanistan. È un crollo radicale, che dimostra come i livelli di sicurezza per la popolazione e per un'accettabile presenza degli investimenti stranieri siano assolutamente drammatici. È una situazione, quindi, che da tutti i punti di vista dimostra che il contingente italiano, la missione italiana non ha nulla a che vedere con compiti di nation buliding e di peace-keeping.
Vi è poi la grande questione della NATO. Vorrei sottolineare una volta di più tale questione: la NATO che cosa ci sta a fare lì, con quale mandato, con quale diritto internazionale? La NATO lì si gioca una partita di straordinaria portata per se stessa e per gli Stati Uniti, che fino adesso hanno giocato con una strategia a geometria variabile, come dicono gli analisti, per cui utilizzano di volta in volta chi è più disponibile a sostenere le strategie degli Stati Uniti. La NATO oggi è essenziale per mantenere un coinvolgimento internazionale e un coinvolgimento dell'Europa in quel teatro, ma la NATO è spaccata al suo interno, non ha più un ruolo specificamente militare riconosciuto internazionalmente, si gioca lì una partita: o vince oppure non si sa bene che fine farà.
C'è un elemento di sovradeterminazione strategica che inquina ancora di più la situazione e di cui il Governo italiano pare non accorgersi, mentre divampa la contestazione ai comportamenti poco bellicosi di alcuni Paesi, compreso il nostro, e mentre si è aperta una discussione strategica all'interno della NATO che sembra non sfiorarci per niente.
Per quanto riguarda il Kosovo, abbiamo avuto modo di sottolineare l'illegalità in cui è avvenuta la dichiarazione di indipendenza unilaterale, perché è stata violata radicalmente la risoluzione dell'ONU n. 1244 che poneva fine alla guerra contro la Serbia, stabilendo la sovranità serba sul Kosovo. Ovviamente, ci sono grandi problemi di rapporti tra etnie diverse, ma ciò si sarebbe dovuto e si deve risolvere attraverso politiche di integrazione europea, di protezione delle minoranze, di implementazione delle forme che garantiscano l'autonomia e riducano diplomaticamente il peso della sovranità serba, nel caso specifico sul Kosovo, e non certo con atti avventuristici, come è stata la secessione da parte del Kosovo e l'accettazione, tra l'altro diversificata e in ordine sparso, dei Paesi europei, che poi mandano, sotto forma di protettorato europeo, delegazioni diverse per garantire la secessione. Illegalità perché è stata violata la risoluzione n. 1244 e illegalità perché un compito tipico delle Nazioni Unite, che nel Kosovo era garantito dall'UNMIK, viene sostituito da un'attribuzione di compiti all'Unione europea, senza che esistano i presupposti giuridici perché l'Europa possa assumersi questo compito.
Per concludere, questo pacchetto di missioni è assolutamente incongruo per l'accorpamento di missioni diverse, che non possono essere da noi analizzate separatamente per quello che sono. Dunque, si priva il Parlamento, viene privato ogni parlamentare del diritto di contribuire con un voto positivo o con un voto negativo a impegni così onerosi per il nostro Paese, sia in termini di impiego di persone, di uomini, di militari, spesso in teatri estremamente a rischio, sia in termini di investimento di fondi del nostro Paese. Il complesso delle questioni che abbiamo sollevato, sia nella discussione nelle Commissioni sia in Aula, riguarda appunto questi aspetti, che sono per noi di fondamentale importanza.
PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.
ROBERTA PINOTTI, Relatore per la IV Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, e subordinatamente esprimono parere contrario, sull'emendamento Siniscalchi 1.9.
Le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 1.100 ed esprimono parere favorevole sull'emendamento Rivolta 2.20.Pag. 7
Le Commissioni formulano un invito al ritiro, e subordinatamente esprimono parere contrario, sugli emendamenti Rivolta 2.2 e Rivolta 2.5 ed esprimono parere contrario sugli emendamenti Venier 3.1, De Zulueta 3.4 e Venier 3.5.
Le Commissioni raccomandano l'approvazione dei propri emendamenti 4.100, 4.101 e 4.102 ed esprimono parere favorevole sull'emendamento Rugghia 4.20. L'emendamento Leoluca Orlando 4.1 è stato dichiarato inammissibile.
Quanto all'emendamento 1.100 delle Commissioni, preciso che le parole «d'intesa» devono intendersi sostituite dalle parole «in collaborazione».
PRESIDENTE. Il Governo?
UGO INTINI, Viceministro degli affari esteri. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
A proposito dell'emendamento Rivolta 2.20, che accoglie, il Governo osserva che, riguardo all'assunzione di ulteriori due unità in Kurdistan per promuovere la presenza economica italiana nell'area, bisogna specificare che la riduzione della somma di 172.210 euro necessaria per le spese previste dall'emendamento dovrà essere operata dal Fondo per la ricostruzione in Iraq, alla voce «Funzionamento dell'unità di sostegno alla ricostruzione del Dikar».
Colgo l'occasione, se il Presidente consente, per svolgere una rapida riflessione su una questione che è stata sollevata sia nella discussione generale sia negli interventi sul complesso degli emendamenti che ho sentito questa mattina. Si osserva spesso che occorre un'iniziativa politica per l'Afghanistan, perché l'iniziativa militare da sola non basta, come è evidente. Credo che sia così, e credo che ci sia un paradosso: il paradosso è che si occupano dell'Afghanistan e della sua stabilizzazione Paesi i quali si trovano a migliaia di chilometri di distanza, l'Italia compresa, ma non si occupano della stabilizzazione i Paesi confinanti. Dobbiamo quindi coinvolgerli; dobbiamo certamente, come è stato detto anche questa mattina, suggerire una conferenza internazionale per l'Afghanistan. Lo si è fatto per l'Iraq: il 3 novembre scorso a Istanbul c'è stata la Conferenza per la stabilizzazione dell'Iraq, il 20 aprile a Kuwait City ci sarà la nuova Conferenza, perché ha una cadenza periodica.
A questa Conferenza sull'Iraq partecipano, come si sa, i Paesi del G8, i cinque Paesi membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ed i Paesi confinanti (che poi in parte sono gli stessi).
Non è che si ottengano grandi risultati dalla Conferenza sull'Iraq, ma comunque siedono allo stesso tavolo Condoleezza Rice e il Ministro degli esteri iraniano Mottaki (essi siedono a cena insieme e si crea un clima, un'occasione per instaurare una possibile cooperazione).
Nell'ultima Conferenza di Istanbul - voglio informare di ciò con precisione il Parlamento - io stesso ho avanzato la proposta di una conferenza per l'Afghanistan nello stesso formato di quella per l'Iraq. Ad una conferenza per l'Afghanistan parteciperebbero la Russia e la Cina, che sono Paesi confinanti i quali vengono investiti dal pericolo del fondamentalismo islamico; parteciperebbe l'Iran, che è un Paese nemico storico dei talebani e sopporta centinaia di perdite di soldati all'anno alla frontiera per contrastare il traffico di droga; parteciperebbero il Pakistan e l'India, due Paesi che scaricano all'interno dell'Afghanistan la loro rivalità storica.
Una proposta di questo genere ha trovato subito il consenso e l'interesse del Giappone, del Canada e della Germania, ma - e concludo - è evidente che l'esplodere della crisi pakistana da novembre ad oggi ha bloccato l'iniziativa. Il Pakistan è il Paese chiave: un tempo, quando c'era il Governo talebano a Kabul, uno dei pochi ambasciatori presenti era quello pakistano, e veniva chiamato il viceré di Kabul. Adesso forse, dopo le elezioni pakistane, se si avvia un processo di normalizzazione in Pakistan vi sarà la possibilità di riprendere l'iniziativa.Pag. 8
Credo che il prossimo Governo ed il prossimo Parlamento dovranno lavorare affinché la possibilità di una conferenza internazionale sull'Afghanistan sia colta e ricercata con determinazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Forcieri intende intervenire per l'espressione del parere?
GIOVANNI LORENZO FORCIERI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, esprimo parere conforme al relatore sugli emendamenti di competenza della Difesa e intendo ribadire, quanto alle questioni di metodo, la validità della scelta adottata dal Governo di inserire in un unico provvedimento tutte le missioni internazionali in cui siamo impegnati.
Si è parlato di missioni diversissime, ma in realtà sono missioni che hanno tutte la stessa legittimità delle Nazioni Unite: si tratta di missioni che si svolgono in teatri diversi e che hanno specificità diverse, ma non sul piano della legittimità internazionale. Sono missioni, infatti, che hanno tutte lo stesso obiettivo, quello della stabilizzazione del Paese e della pace.
Nessuna di queste missioni - tanto meno la missione in Afghanistan - persegue la soluzione militare, ma è soltanto una missione di assistenza a garanzia della sicurezza per il processo di stabilizzazione e di pace di quel Paese.
Se è chiaro che non è pensabile che la soluzione possa avvenire attraverso un successo militare, è altrettanto chiaro cosa succederebbe rispetto ad una sconfitta militare, quali sarebbero le conseguenze per quell'area e quali sarebbero le conseguenze più generali per la stabilità internazionale. Noi proseguiamo quindi questo sforzo nelle varie missioni internazionali, con un unico obiettivo e con un'identica legittimità e legittimazione internazionali.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Siniscalchi 1.9 non accedono all'invito al ritiro formulato dalle Commissioni.
Passiamo dunque ai voti. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Invito i colleghi a prendere posto.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Siniscalchi 1.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 332
Votanti 331
Astenuti 1
Maggioranza 166
Hanno votato sì 50
Hanno votato no 281).
Prendo atto che i deputati Viola, Ronconi e Rao hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che la deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.100 delle Commissioni, nel testo riformulato, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 348
Votanti 274
Astenuti 74
Maggioranza 138
Hanno votato sì 273
Hanno votato no 1).
Prendo atto che i deputati Ronconi e Rao hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che la deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.Pag. 9
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rivolta 2.20, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 354
Votanti 352
Astenuti 2
Maggioranza 177
Hanno votato sì 303
Hanno votato no 49).
Prendo atto che i deputati Ronconi e Rao hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere il voto e che la deputata Nicchi ha segnalato che non è riuscita a votare contro.
L'emendamento Rivolta 2.2 è conseguentemente precluso.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Rivolta 2.5 formulato dai relatori.
DARIO RIVOLTA. Sì, signor Presidente.
PRESIDENTE. Sta bene.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Venier 3.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 351
Astenuti 4
Maggioranza 176
Hanno votato sì 54
Hanno votato no 297).
Prendo atto che i deputati Rao e Ronconi hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento De Zulueta 3.4, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 362
Votanti 359
Astenuti 3
Maggioranza 180
Hanno votato sì 55
Hanno votato no 304).
Prendo atto che i deputati Rao, Ronconi, Ponzo e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Venier 3.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 362
Votanti 360
Astenuti 2
Maggioranza 181
Hanno votato sì 51
Hanno votato no 309).
Prendo atto che i deputati Rao, Ponzo e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.100 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 10
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 366
Votanti 306
Astenuti 60
Maggioranza 154
Hanno votato sì 298
Hanno votato no 8).
Prendo atto che i deputati Rao, Ponzo e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Licandro ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.101 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 369
Votanti 314
Astenuti 55
Maggioranza 158
Hanno votato sì 313
Hanno votato no 1).
Prendo atto che i deputati Rao, Ponzo e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Licandro ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.102 delle Commissioni, accettato dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 368
Votanti 313
Astenuti 55
Maggioranza 157
Hanno votato sì 313).
Prendo atto che i deputati Rao, Ponzo e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Licandro ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Rugghia 4.20, accettato dalle Commissioni e dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 371
Votanti 316
Astenuti 55
Maggioranza 159
Hanno votato sì 316).
Prendo atto che i deputati Rao, Ponzo e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Licandro ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di conversione in un articolo unico, si procederà direttamente alla votazione finale.