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Discussione della mozione Baldelli ed altri n. 1-00137 sul precariato nelle pubbliche amministrazioni (ore 14,07).
(Intervento del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Gian Piero Scanu.
GIAN PIERO SCANU, Sottosegretario di Stato per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Signor Presidente, onorevoli deputati, ritengo sia mio dovere rappresentare la posizione del Governo, con la più ampia disponibilità ad esprimere una valutazione complessiva sulle argomentazioni che sono state svolte, allorché sono state illustrate e commentate le mozioni all'ordine del giorno, rifuggendo dalla tentazione - posto che ne fossi capace - di trincerarmi dietro pseudotecnicismi, al solo scopo di fuggire dal significato vero dei problemi che sono stati posti.
Se mi posso permettere, credo che abbia ragione l'onorevole Rocchi quando esprime riconoscenza nei confronti del collega Baldelli per aver offerto all'aula un'importante occasione, presentando la mozione a sua firma, per discutere non soltanto di precarietà, ma complessivamente anche di lavoro. Anch'io che, come è facilmente intuibile, non ho condiviso tutte le considerazioni svolte dall'onorevole Baldelli, a mia volta, gli sono personalmente grato, perché effettivamente vi era e vi è grande bisogno di un dibattito di questo tipo.
Credo si debba partire dalla novità costituita dai commi presenti nella legge finanziaria che regolano le competenze, attribuite in capo al Parlamento e al Governo per le proprie responsabilità, in materia di precariato, sottolineando ilPag. 61fatto che, finalmente, nella legge finanziaria, il problema del precariato viene affrontato con onestà intellettuale. Se mi è consentito - lo faccio sommessamente, ma con il tentativo mi auguro non sgradito di rispondere alla vostra attenzione ideale e passione civile con altrettante dotazioni d'animo - credo che serva molta onestà intellettuale per affrontare in maniera serena e costruttiva il problema del precariato. Tale problema, infatti, comporta tali e tante implicazioni di carattere etico, starei per dire anche di carattere morale, da meritare il massimo dell'attenzione e pretendere che esso non sia liquidato con «tecnicalità», o, peggio ancora, con giudizi che si sostanzino in una frettolosa liquidazione della materia.
La politica è chiamata a dare delle risposte che debbono passare attraverso una declinazione onesta, intelligibile e chiara delle volontà della stessa politica. Ritengo che si debba partire innanzitutto dalla necessità di riconoscere l'ampiezza del problema e dalla necessità di attribuire a quanti si trovino nella situazione di precariato una condizione personale e professionale la cui natura non va certamente ricondotta alla loro volontà, bensì, lasciatemelo dire, alla volontà delle pubbliche amministrazioni che hanno posto in essere i provvedimenti di assunzione.
Se vogliamo essere «crudi» nel trattare questa materia, dobbiamo riconoscere ciò che è ovvio ma che, a quanto pare, non sempre viene ricordato: i precari della pubblica amministrazione sono diventati tali in ragione di provvedimenti di assunzione posti in essere dall'apparato statale, dal sistema delle autonomie e da tutte quelle altre fonti pubbliche che sono governate da rappresentanti del popolo e che inscrivono la loro azione nel quadro dell'impianto statuale. Non stiamo parlando di «abusivi», bensì di persone che hanno risposto a chiamate di tipo pubblico, che si sono sottoposte a verifiche di tipo pubblico e che, in ragione di un principio giuslavoristico elementare, hanno semplicemente - l'uso di quest'avverbio in questo caso è volutamente provocatorio - cercato di uscire dalla condizione di disoccupati per cercare di lavorare, per trovare cioè un'occupazione.
È vero - come è stato efficacemente ricordato dagli intervenuti, in modo particolare dagli onorevoli Baldelli e Lo Presti - che si deve cercare di evitare un corto circuito, una guerra fra poveri, e, come da ultimo è stato detto anche dall'onorevole Rocchi, una contrapposizione fra disoccupati, precari, vincitori e idonei a concorso. Il Governo - sia chiaro - non intende indiscriminatamente piegarsi ad eventuali suggestioni di sanatorie: non è previsto dalla legge che si proceda indiscriminatamente verso forme di sanatoria. La legge - la circolare che sta per essere emessa lo ribadirà in termini dettagliati, assolutamente chiari ed intelligibili - stabilisce tutta una serie di condizioni effettivamente necessarie, direi indispensabili, per poter essere riconosciuti precari e per poter essere immessi in un contesto di stabilizzazione, che risponde a tutti i dettami costituzionali.
Ciò non significa, onorevoli Baldelli e Lo Presti, che il Governo non intenda tenere in conto alcuno il problema dei vincitori dei concorsi o degli idonei, né che i posti che verranno legittimamente, allorché se ne verificheranno le condizioni, attribuiti alle persone in grado di essere stabilizzate, debbano essere coperti a loro danno. Il Governo è impegnato, avendo le idee chiare sulla pubblica amministrazione, a favorire l'immissione più ampia possibile negli organici della pubblica amministrazione di quanti hanno regolarmente vinto i concorsi. Ciò, però, evitando accuratamente che si creino contrapposizioni, conflitti e che si attribuiscano patenti di abusivismo a coloro che, in ragione di leggi cogenti per il tramite della stabilizzazione, hanno la facoltà di uscire da una condizione di precariato.
Occorre ricordare che il Parlamento italiano, che ha dato incarico al Governo di agire, ha ritenuto di dover affrontare la questione del precariato non solo per superare un'emergenza (che il Governo si augura possa essere assorbita e superata entro la legislatura), ma anche perché haPag. 62un'opinione molto netta e chiara riguardo a ciò che deve essere la pubblica amministrazione.
La pubblica amministrazione (di cui si occupa non solo l'articolo 97 della Costituzione; vorrei al riguardo richiamare la vostra attenzione anche su quanto riportato dagli articoli 2 e 3 della Costituzione) è un apparato servente grazie al quale sono declinate, attuate e inverate nella realtà quotidiana le libertà che la Costituzione riconosce e garantisce.
Non è possibile, pertanto, affiancare il ruolo della pubblica amministrazione a qualcosa di ingombrante, noioso, pachidermico o, peggio ancora, ad un luogo che sia abitato da persone accidiose o nullafacenti, senza far torto al disposto costituzionale e a ciò che oggettivamente nella realtà dovrebbe essere considerato.
Il problema della stabilizzazione, del superamento delle condizioni di precariato risponde anche alla volontà di potenziare la pubblica amministrazione, di rafforzarla, di restituirle quello spirito e slancio di cui necessita.
Signor Presidente, onorevoli deputati, ritengo che sia vero quanto efficacemente sostenuto dall'onorevole Bodega, allorché, con molta correttezza, invita il Parlamento a riconoscere la complessità della materia e a non rinunciare a trovare punti di incontro. Sono d'accordo con lei: la materia è talmente complessa e ha tali implicazioni di carattere che definirei prepolitico, addirittura afferenti lo stesso diritto naturale, da non potere essere liquidata in maniera schematica o faziosa.
È per questo, signor Presidente, che mi permetto di rivolgere alla Camera, accingendoci a concludere la fase della discussione, l'auspicio che si pervenga alla presentazione di un atto di indirizzo unitario. Come da ultimo ricordava l'onorevole Rocchi, ma è stato detto da tutti i presentatori delle mozioni, questa sarebbe un'occasione e un'opportunità per fare innanzitutto chiarezza su come vogliamo che sia la pubblica amministrazione e su come intendiamo garantire la dignità di quanti operano al servizio del nostro Paese: che si tratti di lavoratori ministeriali, delle agenzie, delle regioni, delle province, dei comuni, stiamo sempre parlando, comunque, di pubblica amministrazione.
Sarebbe bello se si potesse pervenire strategicamente ad un patto condiviso sulla pubblica amministrazione. Credo che questa sera sarebbe molto significativo pervenire ad una unificazione delle mozioni, le quali, ancorché originate da motivi, valutazioni e ragionamenti diversi, giungano a conclusioni tali che, per il tramite dei rispettivi dispositivi, possano consentire al Governo, allorché mi sarà consentito, di esprimere parere favorevole. Ovviamente, signor Presidente, mi riservo di esprimere il parere sulle mozioni a momento debito.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato al prosieguo della seduta.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 16,10, con il seguito della discussione delle mozioni. Ricordo che alla ripresa della seduta sono previste votazioni.
La seduta, sospesa alle 16,05, è ripresa alle 16,15.