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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 10,08).
(Applicazione della maggiorazione IRAP alla regione Sicilia - n. 2-00040)
PRESIDENTE. Il deputato La Loggia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00040 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
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ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, oggi la Sicilia è all'attenzione di questa Assemblea e mi auguro anche del Governo. Quello che espongo è un altro argomento estremamente rilevante ma si tratta di uno di quei casi - mi si consenta di dire così - in cui si crea un problema che non c'è, per la semplice ragione che la regione siciliana, a seguito di una sentenza della Corte costituzionale - la n. 306 del 2004 - si è vista riconosciuto il diritto ad attribuirsi il gettito delle imposte sull'assicurazione RC auto.
Com'è ovvio, si aprì una lunga trattativa, durata alcuni mesi e conclusasi nel mese di ottobre dell'anno scorso, anche grazie all'intervento del sottoscritto (nell'esercizio delle funzioni istituzionali che mi competevano nella precedente legislatura): in data 8 ottobre 2005, la Presidenza del Consiglio e la regione Sicilia stipularono un protocollo d'intesa nel corpo del quale fu convenuto di attribuire alla regione, in attuazione della suddetta sentenza, un acconto di 953 milioni 475 mila euro, a valere sulle spettanze relative alle imposte applicate ai premi di assicurazione per RC auto (con limiti di impegno quindicennali e con una certa cadenza). Ciò comportava la disponibilità della predetta somma da parte della regione Sicilia.
Attraverso i contatti a suo tempo definiti, il Governo e la regione concordarono che la Ragioneria generale dello Stato individuasse le modalità di liquidazione del debito dello Stato - insisto nell'adoperare il termine «debito» perché esso scolpisce la natura del problema - nei confronti della regione, non della regione nei confronti dello Stato, attraverso l'intervento della Cassa depositi e prestiti. Perché la Cassa depositi e prestiti? Perché quello fu lo strumento indicato dalla Ragioneria generale dello Stato. Ben avrebbe potuto, la regione Sicilia, rivolgersi ad altri istituti per farsi anticipare l'intera somma che lo Stato le avrebbe erogato nel corso del tempo.
Quindi, non si tratta di un debito, non si tratta di un vincolo, non si tratta di somma da destinare soltanto ad investimenti. Infatti, nel corpo del citato protocollo fu espressamente dichiarato che non vi era alcun vincolo nell'utilizzazione della somma; né poteva essere diversamente, anche perché il gettito dell'imposta sulla RC auto (è a tutti noto e, quindi, non credo che occorra spendere al riguardo molte parole) è un'entrata corrente e, di conseguenza, può essere usata per la definizione di rapporti che hanno a che vedere con la spesa corrente, non con la spesa per investimenti.
Mediante un atto legislativo, la regione Sicilia ha utilizzato parte dei 953 milioni di euro per far fronte alla propria esposizione di bilancio riferita alla spesa sanitaria. A tale riguardo, ricordo che il relativo controllo da parte del commissario governativo (non è il caso di specificare come sia ben diverso il controllo di legittimità sulle norme della regione Sicilia) si concludeva con il riconoscimento della piena legittimità dell'atto adottato.
Si arriva, così, ai giorni nostri e alla diffida, indirizzata alla regione Sicilia come ad altre regioni, a provvedere alla copertura del presunto indebitamento (presunto almeno per quanto riguarda la regione Sicilia), in mancanza della quale sarebbero scattate le iniziative sostitutive successive, con la conseguente maggiorazione dell'IRAP.
Aggiungo che tutte le mie affermazioni sono documentalmente dimostrate da una serie di note di corrispondenza (tra regione, Stato, ministero dell'economia e delle finanze e Ragioneria generale dello Stato) e da tutta una serie di documenti che so essere stati inviati dal presidente della regione siciliana tanto al Presidente del Consiglio quanto a tutti ministri interessati, che non vedo in quest'aula (e, in considerazione dell'importanza dell'argomento in trattazione, me ne rammarico molto).
Emergono quindi due elementi, dicevo: il primo consiste nella assoluta illegittimità della iniziativa dello Stato, con riferimento alla regione siciliana.
Emerge poi un altro aspetto ancora più grave: è impropria e illegittima l'applicazione alla regione siciliana della maggiorazione IRAP, in ogni caso, a prescinderePag. 13dal caso specifico, ma anche per il caso specifico. Questo per la semplice ed elementare ragione che la Sicilia è una regione a statuto speciale e questo potere esercitato dal Governo non è applicabile alle regioni a statuto speciale.
E ciò non perché lo dico io, o perché lo dice una parte politica, ma perché lo dice - puramente e semplicemente - la sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2004.
Credo allora che in primo luogo vada fatta una verifica, dal punto di vista strettamente formale e sostanziale, per riscontrare la documentazione inviata e prenderne atto positivamente. Bisogna poi rifare i conti, dai quali si può dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la regione siciliana non è affatto in debito. Essa, anzi, non è in debito neppure rispetto ai parametri a suo tempo stabiliti con l'accordo del marzo 2005, valido per tutte le regioni, contenente però la specifica previsione di un atteggiamento diverso per quanto riguarda il controllo nei confronti delle regioni a statuto speciale. Ricordo benissimo che proprio su questo aspetto ho predisposto a suo tempo una nota ad hoc per la Sicilia, e in specie per la Sicilia! Questo proprio per il particolarissimo regime fiscale che a quella regione compete, sulla base dello statuto, che, credo di non doverlo ricordare, ha rango di legge costituzionale: la legge costituzionale n. 2 del 1948, susseguente alla approvazione dello statuto con decreto luogotenenziale 15 maggio 1946 (comprendo che si tratta di cose che forse si sono dimenticate nel tempo, delle quali però bisognerebbe comunque tener conto sino a quando l'assetto dell'ordinamento costituzionale non dovesse essere diverso). Posso garantire tuttavia che, almeno per quello che riguarda quest'ultimo aspetto, l'impegno di tutti noi è che l'ordinamento non sia diverso, che venga mantenuta questa prerogativa della regione siciliana, così come delle altre regioni a statuto speciale.
Forse giova comunque ricordare che vi è questo regime fiscale diverso.
In ogni caso, il potere sostitutivo dello Stato in una circostanza come questa non può essere utilizzato, ripeto, a seguito di una sentenza, che chiaramente lo precisa, della Corte costituzionale.
E allora qual è la richiesta che nasce dal nostro intervento? Se il Governo non ritenga assolutamente indispensabile ed urgente cancellare la maggiorazione IRAP impropriamente e illegittimamente applicata anche alla regione siciliana, in quanto questa ha già correttamente coperto la maggiore spesa sanitaria e non può essere inoltre oggetto dell'esercizio di poteri sostitutivi da parte dello Stato.
Può darsi che nel corso di questa copiosa documentazione vi sia stato qualche qui pro quo, non posso escluderlo, come forse più facilmente è immaginabile che talvolta gli organi burocratici non siano sempre in sintonia rispetto all'indirizzo politico, tanto del Governo, quanto della regione. Questo talvolta può creare qualche incomprensione. Può succedere, ma laddove eventualmente fosse accaduto non si può, come è ovvio, perpetuare un errore.
La lettura delle carte è di per sé chiarissima, la definizione di questo contenzioso finanziario è stata chiarissima: non si vede ragione per la quale, su un argomento di questa delicatezza, si debba andare verso un contenzioso, del quale francamente nessuno sente l'esigenza.
Basterebbe riguardarsi le carte, convenire su quanto già deciso dalla Corte costituzionale, convenire sull'esattezza del comportamento della regione siciliana, convenire sul controllo di legittimità, che su questo è già stato operato in via definitiva dal commissario dello Stato, che ha poteri in merito e convenire pertanto che si è commesso puramente e semplicemente un errore.
Basterebbe poi, conseguentemente, rimediare nel modo più opportuno, revocando il provvedimento che è stato adottato impropriamente e illegittimamente dal Governo nei confronti della regione siciliana.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alfiero Grandi, ha facoltà di rispondere.
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ALFIERO GRANDI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Con l'interpellanza in oggetto vengono sollevati dubbi di legittimità sull'aumento automatico delle aliquote IRAP derivanti dall' articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, così come modificato dall'articolo 1, comma 277, della legge 23 dicembre del 2005, n.266, anche nella regione Sicilia. Gli interpellanti ritengono che per l'anno 2005 la regione Sicilia non presenti alcun deficit sanitario, in quanto si sarebbe già correttamente provveduto a coprire la maggiore spesa sanitaria, utilizzando le risorse ad essa rivenienti dall'attualizzazione dei contributi quindicennali riconosciuti dallo Stato alle regioni, a valere sulle spettanze relative alle imposte sulle assicurazioni RC auto. Viene, inoltre, sostenuta l'inammissibilità dell'applicazione della maggiorazione IRAP alla regione Sicilia, in quanto rappresenterebbe l'esercizio, da parte dello Stato, di un potere sostitutivo non esercitabile nei confronti di una regione a statuto speciale.
Al riguardo, facciamo presente, in via preliminare, che, nell'ambito della conversione in legge del decreto-legge 7 giugno 2006 n. 206, che reca disposizioni urgenti in materia IRAP e dei canoni demaniali marittimi, il Governo ha aiutato, attraverso degli emendamenti, il chiarimento della portata applicativa della disposizione, così come deriva dal predetto articolo 1, che in sostanza è una legge approvata nella precedente legislatura e dal precedente Governo.
Ciò si è reso necessario per far fronte a problematiche e anche a conseguenze abbastanza serie sui contribuenti, perché la legge prevedeva che la Ragioneria generale dello Stato verificasse lo stato dei conti al 31 maggio di quest'anno, salvo poi per i contribuenti delle regioni interessate dover pagare entro il 20 giugno, molte volte non avendo fatto in tempo a capire né se le regioni erano in grado di rientrare né se a loro di conseguenza toccava effettivamente pagare.
Questa è la ragione per cui il decreto è stato ulteriormente modificato, dando alle regioni trenta giorni di tempo e trenta giorni ulteriori, senza penalità, ai contribuenti delle regioni interessate. Faccio osservare, tra l'altro, che i contribuenti delle regioni interessate sono stati trattati dal Governo con assoluta tranquillità, perché dovevano essere messi nelle condizioni di poter pagare senza avere il carico della confusione creata dalle norme in vigore, approvate dalla precedente legislatura e volute dal precedente Governo.
Per quanto riguarda la specifica problematica che è stata posta, la regione Sicilia ha destinato al finanziamento del disavanzo sanitario per il 2005 risorse che provengono dalla predetta attualizzazione, mediante un'operazione di indebitamento con la Cassa depositi e prestiti Spa. Nell'operazione di mutuo attuata dalla regione, il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha accettato le delegazioni di pagamento (articolo 1269 del codice civile). Tale accettazione però non configura un avallo alla finalizzazione dei finanziamenti erogati dalla Cassa a spese correnti, nè tanto meno costituisce un accollo del debito a carico dello Stato (articolo 1273 del codice civile). Infatti, il ricorso all'indebitamento degli enti territoriali deve essere esclusivamente finalizzato a spese di investimento, come espressamente previsto dall'articolo 119, sesto comma, della Costituzione e dall'articolo 3, commi da 16 a 21, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che l'onorevole La Loggia sicuramente conosce molto bene.
In sede di tavolo tecnico di verifica delle certificazioni trimestrali, è stata ripetutamente contestata l'idoneità di tale copertura, trattandosi, contrariamente a quanto sostenuto dagli onorevoli interpellanti, di operazioni di indebitamento. Il tavolo ha pertanto verificato la realizzazione, nel caso della regione Sicilia, dei presupposti per l'incremento automatico e nella misura massima delle aliquote dell'IRAP e dell'addizionale regionale all'IRPEF, come disposto dal richiamato articolo 1, comma 174, della legge n. 311 del 2004, che naturalmente, ancora una volta, l'onorevole La Loggia conosce benissimo.
Dette disposizioni risultano, peraltro, in armonia con l'articolo 120 della CostituzionePag. 15e in quanto volte a garantire sia l'equilibrio economico-finanziario del nostro paese nel suo complesso sia il rispetto degli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all'Unione europea si applicano indistintamente a tutte le regioni.
Inoltre, con specifico riferimento alla materia sanitaria, la regione Sicilia, ai sensi dell'articolo 17 dello Statuto, approvato con il regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455 - da lei, onorevole La Loggia, ricordato poc'anzi -, è titolare della potestà legislativa concorrente e quindi non può derogare alle norme fissate dallo Stato, che concorre significativamente al finanziamento del servizio sanitario regionale della Sicilia.
Da una approfondita lettura della menzionata sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2004, non si evince, in alcun passo della stessa, che sia inapplicabile alle regioni a Statuto speciale il potere sostitutivo dello Stato; infatti la stessa sentenza statuisce - ne risparmio la lettura di una parte per ragioni di brevità e arrivo alla sostanza del problema, saltando la premessa che l'onorevole La Loggia sicuramente conoscerà - che: «(...) È quindi da respingere la tesi secondo la quale i princip|$$|Ax|fi dell'articolo 120 della Costituzione non sarebbero in astratto applicabili alle Regioni speciali. Al contrario deve concludersi che un potere sostitutivo potrà trovare applicazione anche nei loro confronti». E la sentenza prosegue con ulteriori argomentazioni.
Aggiungo a tal uopo, soltanto per dovizia di trattazione, che la locuzione, utilizzata nella sentenza medesima, «funzioni ulteriori attratte dal nuovo titolo V» si riferisce a quelle materie soggette all'esclusiva competenza regionale di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione e non a quelle già inserite nella Statuto siciliano, che fa rientrare la materia dell'igiene e sanità pubblica tra quelle di legislazione concorrente.
PRESIDENTE. Il deputato La Loggia ha facoltà di replicare.
ENRICO LA LOGGIA. Non sono soddisfatto, Presidente, perché la puntuale e lucida risposta del sottosegretario ribalta solo apparentemente le mie affermazioni che, peraltro, sono - lo ripeto - comprovate da una serie di documentazioni che mi sembra di poter dire siano assolutamente inoppugnabili.
In particolare, in data 23 dicembre 2005, tra la Cassa depositi e prestiti e la regione siciliana è stato sottoscritto un contratto (posizione 4484057/00) di finanziamento inerente l'attualizzazione dei flussi di cui al suddetto protocollo d'intesa; e come precisato dalla Cassa depositi e prestiti, con nota n. GRN/9/148/05 del 12 dicembre 2005, testualmente si afferma che: «Le rate di ammortamento sono previste a carico del Ministero dell'economia e delle finanze. Non sono previsti oneri di ammortamento a carico di questa regione». Mi sembra che ciò di per sé stesso dovrebbe chiarire chi sia il debitore e chi il creditore.
Sarebbe come dire che, siccome ho un credito verso qualcuno che non ha immediatamente i soldi per poter fare fronte a tale credito e che intende restituirmeli a rate, e avendo io la necessità di averli tutti e subito, mi rivolgo ad un istituto bancario e gli applico la cessione del credito. Tale cessione del credito in nessun modo, soprattutto nei rapporti tra istituzioni ed organi territoriali, può essere configurato come un debito del creditore: mi sembra una cosa talmente evidente che non credo possano esservi dubbi. Anche perché quale sarebbe il debito della regione siciliana, stante che vanti tale credito nei confronti dello Stato? Non se ne comprende realmente il motivo.
In particolare, con il citato contratto, alla regione siciliana sono stati concessi esattamente 953 milioni e passa di euro, pari al credito vantato, ai sensi dell'articolo 1 del più volte citato protocollo di intesa, dalla regione. Ma c'è di più, con l'attualizzazione di contributi quindicinali autorizzati dall'articolo 5, comma 3-bis del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, si è posta a carico non della regione ma del bilancio dello Stato la rimanente sommaPag. 16di 337 milioni di euro circa pari alla differenza tra le somme riconosciute e versate alla regione e le somme complessivamente a carico dello Stato. Fra l'altro, nessun piano di investimenti è stato richiesto dalla Cassa depositi e prestiti per la formalizzazione dell'operazione di attualizzazione dei crediti vantati dalla regione come normalmente accade quando si configuri un mutuo destinato, quello sì, ad investimenti.
Peraltro, vi sono stati rapporti tra la regione e lo Stato ed è stato già più volte dichiarato come la regione siciliana abbia pienamente assolto all'obbligo di copertura, attraverso quella somma, del maggior fabbisogno della spesa sanitaria relativo all'esercizio 2005. A tale riguardo, si è precisato che le somme riconosciute con il citato protocollo d'intesa derivano da un credito discendente dall'imposta sull'assicurazione RC auto riconosciuto con la sentenza della Corte costituzionale n. 306 del 2004 e, per la natura stessa del cespite, si riferiscono ad entrate classificabili come correnti e quindi destinabili, senza altri limiti, alla copertura del maggior fabbisogno della spesa sanitaria.
Si sottolinea, inoltre, che il meccanismo previsto dall'articolo 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, così come integrato dall'articolo 1, comma 277, della legge 23 dicembre 2005, costituisce, ai sensi dell'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, esercizio di potere sostitutivo dello Stato inapplicabile alle regioni a statuto speciale, così come dichiarato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 236 del 2004.
In conclusione, al di là di quelle che possono essere le liti in contenzioso - che francamente non servono a risolvere i problemi, semmai a complicare la vita dei cittadini -, se c'è una ragione vera per proseguire questa lite tiriamola fuori, ma trovando spiegazioni non nelle leggi, negli ordinamenti, nei protocolli di intesa, nei rapporti tra Stato e regione, bensì da qualche altra parte. Non vorrei che questa ragione fosse meramente politica; mi auguro fortemente che non lo sia. Ma, al contrario, se tale ragione non c'è e si intende superare il problema, perché allora non si va a rivedere le carte con attenzione per verificare ciò che è verificabilissimo, e cioè che in questo caso lo Stato ha commesso un errore accomunando la regione Sicilia con le altre regioni a statuto ordinario? Lo Stato non avrebbe potuto fare ciò nei confronti della regione in questione.
Ad ogni buon conto, esiste questo deficit sanitario della regione Sicilia o no? Tale quesito è il vero cuore del problema. Se tale deficit non esiste, come conclamato sia dal ragioniere generale della regione siciliana, sia dall'Assemblea regionale siciliana (che nell'esercizio del suo autonomo potere legislativo ha approvato una legge con la quale si stanziano somme esattamente per quello scopo), sia dal commissario dello Stato, che è l'unico titolato a definire la legittimità costituzionale dell'atto legislativo con il quale è stata destinata quella somma alla copertura di quel deficit sanitario, sia, infine, a seguito dell'autorizzazione di quelle somme, allora, mi chiedo di cosa stiamo parlando. Mi domando se sia il caso di creare delle complicazioni nei rapporti tra lo Stato e la regione Sicilia che, a mio avviso, non hanno motivo di esistere.
Proprio perché vi è stato un dubbio interpretativo e opinioni diverse a confronto vediamo se riusciamo a far lavorare insieme i tecnici dello Stato e della regione al fine di trovare una soluzione che, a mio avviso, non può essere che quella del pieno rispetto della legge, della Costituzione italiana e delle prerogative della regione siciliana. I siciliani, lo dico francamente, non riuscirebbero a comprendere per quale motivo dovrebbero pagare un gettito in più quando lo statuto della loro regione li garantisce rispetto a questo eventuale rischio.
Bene farebbe il Governo a «vestirsi» di politica con la «P» maiuscola e a valutare se sia il caso di trascinare nel tempo una causa, che finirebbe certamente col perdere, nei confronti della regione siciliana o non sia meglio, con un provvedimento di autotutela o, nel caso specifico, di alta autotutela dello Stato, rivedere la suaPag. 17posizione e togliersi da questa impasse (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).