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Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, il ministro per l'attuazione del programma di Governo, il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, il ministro della giustizia e il ministro della solidarietà sociale.
(Nomina del Commissario governativo dell'Istituto nazionale della montagna fino all'avvio dell'Ente italiano montagna - n. 3-00594)
PRESIDENTE. L'onorevole Morrone ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00594 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 1).
GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, signor ministro, ho presentato questa interrogazione urgente per sollecitare l'attuazione di quanto previsto dalla legge finanziaria 2007 in materia di sviluppo socio-economico, ambientale ed occupazionale della montagna italiana. La legge, infatti, prevede la soppressione dell'Istituto nazionale della montagna ed il trasferimento di tutte le sue funzioni in capo ad un nuovo ente, denominato Ente italiano montagna (EIM).
In attesa di una disciplina organica, la legge finanziaria prevede la nomina di un commissario entro il 31 gennaio 2007 - termine evidentemente ormai già trascorso - e l'emanazione di un successivo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la determinazione degli organi di controllo, la costituzione e il funzionamento dell'ente. La mancata attuazione di tale disposizione pone in serio pericolo le azioni intraprese per lo sviluppo della montagna, specialmente per il sud e per le isole, in quanto il legislatore ha attribuito all'EIM il compito di realizzare un nuovo progetto di governance per la montagna e di tutelare i piccoli comuni italiani che non sono più in grado di erogare i servizi fondamentali sul proprio territorio.
PRESIDENTE. La ringrazio.
Il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta, ha facoltà di rispondere.
LINDA LANZILLOTTA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. Il Governo ha avvertito fin dal suo insediamento la necessità di riordinare l'assetto ordinamentale relativo alla gestione delle politiche della montagna, semplificando e razionalizzando l'esercizio delle relative competenze. A tal fine, è stata da subito prospettata dai ministri competenti l'esigenza di sopprimere l'Imont - che nel tempo si è dimostrato inidoneo ad assolvere in maniera efficace la sua missione - e di ridefinire il mandato, rafforzandone e precisandone i compiti, degli esistenti organismi che si occupano di promuovere interventi di sviluppo di territori montani, in particolare dell'Osservatorio per la montagna, che dovrà raccordarsi con la Conferenza unificata, essendo regioni ed enti locali le istituzioni deputate a realizzare gli interventi sul territorio.
Con la legge finanziaria 2007 è stato, per un verso, soppresso l'Imont e, per un altro, istituito un nuovo ente, denominato Ente italiano montagna, al quale sono stati affidati i compiti di supporto alle politiche per lo sviluppo socio-economico della montagna. L'istituzione di un nuovo ente - titolare di competenze già intestate, in parte, all'Osservatorio e, in parte, agli enti territoriali, in particolare alle regioni - non appare tuttavia del tutto coerente con le esigenze di semplificazione degli assetti amministrativi e di riduzione dei costi degli apparati pubblici, ai quali si ispira l'azione di Governo, nonché con il rispetto delle competenze normative ed amministrative affidate alle regioni in materia di politiche territoriali e di sviluppo. Tant'è che, prima del voto finale sulla legge finanziaria, è stato accolto l'ordine del giorno D'Elia-Pettinari, che impegnava il Governo ad eliminare le disposizioni dirette alla costituzione del nuovo ente.
In conseguenza di quest'ultima iniziativa e al fine di soddisfare le predette esigenze di razionalizzazione, quale ministro per gli affari regionali, insieme al ministro Mussi, ho proposto al Presidente del Consiglio un ripensamento sul merito dell'istituzione di un nuovo ente, che duplicherebbe la gestione delle competenze in questione, con un ingiustificato aumento della spesa pubblica. La semplificazione dell'iniziativa relativa agli interventi di tutela e di sviluppo della montagna dovrebbe, in particolare, realizzarsi mediante la conservazione in capo all'Osservatorio per la montagna - che potrebbe a tal fine collaborare con le strutture statali che già svolgono proficuamente attività di ricerca in questo settore - di tutti i compiti di promozione e di sviluppo dei territori montani e di elaborazione delle relative politiche.
Le scelte relative all'impiego delle risorse competono, peraltro, in via esclusiva agli enti territoriali e non possono essere avocate da un ente statale. Esaurita tale fase di riflessione e di approfondimento, sarà comunque mia cura, ad ordinamento vigente, promuovere l'attuazione delle disposizioni della legge finanziaria che si occupano dell'istituzione del nuovo ente, precisando peraltro che il termine per la soppressione dell'Imont e per la nomina del commissario deve intendersi come ordinatorio.
PRESIDENTE. L'onorevole Morrone ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE MORRONE. Signor Presidente, signor ministro, sono profondamente rammaricato e deluso per la sua risposta. Il centrosinistra ha vinto le elezioni con un programma di cambiamento, di riforme e soprattutto di cambiamento metodologico. Di fronte ad un ministro della Repubblica che, parlando di una legge dello Stato, afferma che essa non è coerente e che è previsto un ripensamento, ritengo prima di tutto che le leggi debbano essere rispettate da tutti.
Inoltre, passando al merito, anche ponendo che il termine sia ordinatorio (pur se sulla natura del termine, se ordinatorio o perentorio, vi sarebbe molto da discutere), vi sarebbero quarantacinque giorni; quindi, il 15 febbraio scadrebbe la prorogatio per il presidente e il commissario dovrà essere nominato. Il Governo, proprio per dare un senso di forte discontinuità con le metodologie del passato, Pag. 28quando si facevano leggi ad personam, dovrebbe nominare con tempestività il commissario.
Signor ministro, la legge finanziaria è stata approvata dal Parlamento dopo la presentazione di un maxiemendamento approvato dal Consiglio dei ministri. Sarebbe opportuno che, intanto, si nominasse il commissario, anche se i termini sono ordinatori, dato che il 15 febbraio scadono i quarantacinque giorni. Poi, se la legge dovrà essere modificata, sarà il Parlamento ad affrontare il problema.
(Schema di disegno di legge attuativo degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione recentemente approvato dal Consiglio dei ministri - n. 3-00595)
PRESIDENTE. L'onorevole Moffa ha facoltà di illustrare l'interrogazione La Russa n. 3-00595 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 2), di cui è cofirmatario.
SILVANO MOFFA. Signor ministro, abbiamo presentato l'interrogazione ben sapendo che l'iter in corso al Senato sul disegno di legge delega da lei presentato il 19 gennaio è in una fase avanzata. Riteniamo, infatti, che il Parlamento debba riappropriarsi del proprio ruolo centrale, soprattutto in una materia così complessa e delicata quale quella del riordino delle autonomie locali.
In particolare, sottolineiamo due aspetti nell'interrogazione. Il primo riguarda il quadro di razionalizzazione complessiva del sistema delle autonomie, che a nostro avviso avrebbe richiesto un significativo intervento sotto il profilo costituzionale più che attraverso leggi ordinarie. Il secondo tema, ormai discusso da anni, riguarda le città metropolitane.
Al Governo chiediamo, innanzi tutto, se non ritenga che si ponga il tema di una riforma costituzionale e, inoltre, se non sia il caso di affrontare in Parlamento un dibattito su come costruire concretamente un sistema di Governo delle aree metropolitane.
PRESIDENTE. Il ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, Linda Lanzillotta, ha facoltà di rispondere.
LINDA LANZILLOTTA, Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali. Signor Presidente, in ordine alla questione riguardante la natura della fonte normativa da utilizzare per la disciplina dell'ordinamento degli enti locali, si osserva che nella Costituzione non si rinviene alcuna riserva di legge costituzionale al riguardo e, anzi, l'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, di cui il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri il 19 gennaio scorso costituisce attuazione, attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato la materia della legislazione elettorale, degli organi di governo e delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane. Ne consegue che il ricorso alla legislazione ordinaria per la revisione dell'ordinamento degli enti locali si presenta coerente con il dettato costituzionale e non lesivo dell'autonomia che lo stesso riconosce alle autonomie territoriali.
D'altra parte, nel corso della passata legislatura era stata approvata con legge ordinaria, la legge n. 131 del 2003, cosiddetta legge La Loggia, una delega al Governo per l'attuazione proprio dell'articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione. Dunque, non vi è nulla di nuovo rispetto alla linea intrapresa nella precedente legislatura.
Quanto alla questione relativa all'istituzione delle città metropolitane, si rileva che l'impulso per l'avvio del processo costitutivo, secondo il disegno di legge approvato dal Governo, spetta agli enti territoriali direttamente interessati, per cui il loro processo formativo non solo non trascura l'esigenza di tali realtà ma presuppone al contrario l'assenso all'iniziativa delle comunità coinvolte.
L'effettiva istituzione delle città metropolitane permette, peraltro, di realizzare un riordino complessivo dell'assetto organizzativo locale e, grazie alla flessibilità dello strumento attuativo, di soddisfare le esigenze dei cittadini amministrati, mediante Pag. 29la semplificazione dei diversi livelli di competenza e, quindi, una riduzione dei costi ed una maggiore efficienza dell'azione amministrativa. Anche con riferimento all'istituzione delle città metropolitane, si ricorda che la delega di cui all'articolo 2 della legge La Loggia investiva anche i procedimenti per l'istituzione delle città metropolitane. Dunque, si è rinnovata una linea già fatta propria dal Governo e dal Parlamento.
Infine, si segnala che nel provvedimento sono definiti i compiti ed i poteri delle province, dei comuni e delle città metropolitane, che eserciteranno le loro funzioni nel rispetto del principio di leale collaborazione, sulla base di una ripartizione di compiti che eviterà duplicazioni e favorirà una razionalizzazione dei costi di gestione, al fine di armonizzare le competenze regionali con le articolazioni degli enti territoriali. In ogni caso, il Parlamento avrà modo, nel corso dell'iter del provvedimento, di approfondire e sceverare tutti i temi trattati dall'interrogazione.
PRESIDENTE. L'onorevole Moffa ha facoltà di replicare.
SILVANO MOFFA. Signor ministro, la ringrazio per la risposta ed anche per aver doverosamente richiamato la necessità di un dibattito parlamentare quando il provvedimento in oggetto approderà anche in questo ramo del Parlamento. Tuttavia, non posso ritenermi soddisfatto della sua risposta, per due ordini di fattori. Il primo riguarda il profilo costituzionale del suo provvedimento, per un motivo molto semplice; all'interno di tale disegno di legge - che non ricalca il percorso della legge La Loggia, tutt'altro! - vi è infatti un riordino del sistema delle funzioni amministrative che attengono ai comuni (che fa parte della tipicità dell'azione amministrativa in capo agli stessi), che vengono, in questo caso, trasformate in forme prettamente autorizzatorie. Se questa non è lesione dell'autonomia locale, mi dica lei cosa si intende per autonomia locale!
Allo stesso modo, per quanto riguarda il principio di organizzazione, nel provvedimento compare, in maniera evidente, una decurtazione - in alcuni casi - ed una forte limitazione proprio del principio organizzatorio in capo ai comuni. Le ricordo che in questa materia la Corte costituzionale si è anche espressa, nel 2006, con un'esplicita previsione di tutela del principio organizzatorio in capo ai comuni.
Per quanto riguarda le città metropolitane, ci saremmo aspettati un'azione molto più coraggiosa ed incisiva. Lei sa meglio di me (perché è stata, a suo tempo, anche assessore nel comune di Roma) che il tema delle città metropolitane ha avuto, poi, un'evoluzione particolare, dovuta soprattutto alla stagione del «partito dei sindaci», quando, invece di affrontare concretamente la questione di come governare i sistemi metropolitani e le aree metropolitane - ricordo che in Europa non esistono le città metropolitane, ma le aree e i sistemi di governo metropolitano -, si è fatta un po' la corsa, da parte di alcune città, ad essere inseriti nell'elenco e si è arrivati a catalogare nove città metropolitane, quando si sa benissimo che in Italia i sistemi metropolitani, al massimo, sono tre. Dunque, bisognerebbe affrontare questo tema con un dibattito molto articolato, se si vuole dare una risposta concreta alla domanda socio-economica di un territorio di valenza metropolitana nel paese.
(Possibilità di svolgere gli esami per la patente di guida, in particolari sedi disagiate, anche mediante utilizzo della tradizionale procedura delle schede a quiz - n. 3-00598)
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00598 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 3).
LUCIO BARANI. Signor Presidente, l'argomento trattato nell'interrogazione è l'esame di teoria per il conseguimento della patente di guida. A nome della Democrazia Cristiana-Partito Socialista, le Pag. 30rivolgo una domanda, signor ministro. In alcuni uffici provinciali della motorizzazione e solo in alcune province - sul punto le rivolgo una prima critica - il Ministero dei trasporti finalmente si è modernizzato, permettendo di ascoltare in cuffia la lettura della domanda con un sistema multimediale utile per i candidati dotati di bassa scolarizzazione - sono, infatti, ancora troppi gli analfabeti in Italia - e per i candidati stranieri in difficoltà nella comprensione dei quiz (quest'ultimi sono un numero troppo elevato rispetto a quelli previsti nelle prove d'esame di altri paesi).
Le domando: non è possibile estendere tale esperimento a tutti gli uffici provinciali e, contemporaneamente, continuare a sostenere le prove di esame presso le autoscuole stesse, per venire incontro ai residenti nei territori montani e ai residenti nelle nostre piccole isole?
Ad esempio, gli abitanti dell'isola d'Elba perché devono recarsi a Livorno, negli uffici della motorizzazione, mentre potrebbero effettuare le prove per la patente di guida nella propria isola presso le sedi delle autoscuole, utilizzando la tradizionale procedura delle schede a quiz?
Il ministro dei trasporti lo sa che dalle isole per raggiungere la terraferma occorre attraversare il mare, che spesso è mosso o molto mosso? Poi piangiamo i morti e magari chiudiamo gli stadi, le autoscuole e blocchiamo i trasporti, quando succedono gli incidenti!
PRESIDENTE. Il ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, l'avvio della nuova procedura della prova teorica per il conseguimento della patente di guida delle categorie A e B, il cosiddetto quiz patente informatizzato, era programmato dal 5 giugno 2006 per un primo lotto di 28 uffici della motorizzazione e dal 4 settembre 2006 per i restanti uffici.
Ad oggi, il quiz patente informatizzato è attivo in 85 dei 92 uffici della motorizzazione civile, mentre negli uffici delle province autonome di Trento e Bolzano e della regione Sicilia si sta provvedendo all'attrezzamento delle aule. Si prevede di poter estendere la procedura a tutto il territorio nazionale entro il mese di giugno del corrente anno.
Per quanto riguarda, invece, l'avvio dell'esame presso le sedi delle autoscuole, il Ministero dei trasporti prevede di poter avviare il quiz informatizzato entro il mese di settembre, previa idonea preventiva comunicazione.
Il criterio scelto per l'avvio della nuova procedura negli uffici delle varie province è stato quello di garantire omogenee condizioni di esame ai candidati all'interno di ciascuna provincia, tenuto conto della tipologia di candidato.
Pertanto, il quiz patente informatizzato è stato esteso indistintamente a tutti i candidati solo negli uffici delle province in cui l'esame di teoria si sostiene esclusivamente presso l'ufficio stesso. Diversamente, nelle province dove si effettuano esami anche presso le autoscuole, la prova si sostiene attraverso le tradizionali schede cartacee, fino a quando le autoscuole non saranno attrezzate con aule informatizzate. Nulla risulta quindi innovato in merito alla sede di svolgimento degli esami di teoria.
Infine, per quanto riguarda le deroghe e le esclusioni previste per le isole, di cui alla circolare del 31 marzo 2003, il Ministero dei trasporti ha evidenziato che tali deroghe permangono anche con l'entrata in vigore del quiz patente informatizzato, salvo che per esigenze organizzative non siano intervenute decisioni diverse a livello locale.
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.
LUCIO BARANI. Signor ministro, visto che hanno mandato lei in qualità di «riserva» del ministro dei trasporti, le chiedo di riferire a quest'ultimo la nostra insoddisfazione.
La delimitazione delle province italiane, nello specifico degli uffici di motorizzazione, Pag. 31è stata effettuata con criteri obsoleti, di mero decentramento amministrativo e di controllo di potere, non più rispondenti ai bisogni di una società moderna che rivendica spazi diversi di autonomia sia politico-amministrativa sia geografica e di viabilità.
Quindi, anche l'utilizzo di un sistema multimediale negli uffici provinciali della motorizzazione deve rispondere ai bisogni e alle necessità dei cittadini del territorio. Ad esempio, la situazione dell'isola d'Elba mi induce ad affermare che dovrebbe essere istituita la provincia dell'arcipelago toscano, con sede a Portoferraio. Ma, anche le stesso territorio montano presente in Italia ha prerogative diverse rispetto ad un territorio con efficienti sistemi di comunicazione.
In conclusione, il sistema multimediale per l'esame di teoria per le patenti di guida va esteso a tutte le province, perché rientra tra le efficienti azioni intraprese dal Ministero dei trasporti per ammodernarsi e venire incontro ai cittadini con bassa scolarizzazione e ai troppi stranieri che possono incontrare difficoltà con i quiz e che, pertanto, non conoscendo il codice della strada, sono coinvolti in troppi incidenti spesso mortali.
Tuttavia, nelle zone montane e nelle isole minori (Elba, Lampedusa e Pantelleria), le prove di esame devono continuare ad essere sostenute presso l'autoscuola, utilizzando la tradizionale procedura delle schede a quiz.
Signor ministro, dica al ministro dei trasporti che la viabilità in Italia è difficoltosa e insufficiente per tutti, ma per certe zone il raggiungimento della provincia è una prova ad ostacoli, a volte non superabile. Le comunicazioni, i trasporti e la viabilità in Italia sono arretrati e ci isolano dall'Europa.
Per colpa vostra molte opere infrastrutturali, come il Corridoio 5 o la Berlino-Palermo, non passeranno più in Italia, ma in altre nazioni.
Saremo sempre più isolati. Almeno, metteteci in condizione di sostenere l'esame di teoria per il conseguimento della patente di guida! Magari, poi andremo a guidare all'estero; però, dateci la possibilità di sostenere l'esame ovunque (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Cristiana-Partito Socialista).
(Pubblicazione della direttiva del ministro delle infrastrutture e dei trasporti relativa alla corretta ed uniforme applicazione delle norme del codice della strada in materia di segnaletica - n. 3-00599)
PRESIDENTE. L'onorevole Peretti ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00599 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 4).
ETTORE PERETTI. Signor Presidente, l'oggetto di questa interrogazione è molto delicato e molto importante. Si tratta del codice della strada e, in particolare, della segnaletica e della regolamentazione della circolazione. A noi risulta che gli enti proprietari delle strade applichino in maniera difforme, sul territorio nazionale, le norme che riguardano la segnaletica e questo provoca disorientamento agli utenti, agli automobilisti, e un esteso contenzioso con l'amministrazione pubblica. Il precedente Governo, nella persona del ministro dei trasporti, aveva predisposto ed emanato una direttiva, della quale era stata data notizia, con una certa enfasi, da parte degli organi di stampa. Con il cambiamento di Esecutivo non se ne è saputo più alcunché. Perciò, chiediamo al ministro dei trasporti attuale di dirci come stanno le cose e, soprattutto, quali misure intenda adottare per ovviare ad un problema che interessa milioni di cittadini.
PRESIDENTE. Il ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, il Ministero dei trasporti ha ritenuto di non procedere alla pubblicazione della direttiva recante disposizioni sulla corretta ed uniforme applicazione delle norme del codice della Pag. 32strada in materia di segnaletica e criteri per la installazione e la manutenzione, elaborata dal precedente Governo, in considerazione dei profili di criticità emersi all'esito di una profonda riflessione sui contenuti. Si impone, pertanto, una rilettura dell'intero provvedimento al fine di garantire una maggiore corrispondenza delle disposizioni recate con gli obiettivi di riordino della materia che il Ministero dei trasporti intende perseguire attraverso un nuovo impianto codicistico.
PRESIDENTE. L'onorevole Tassone, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare.
MARIO TASSONE. Signor Presidente, ritengo che questa materia avrebbe dovuto essere trattata dal ministro competente, non perché io abbia qualche avversione nei suoi confronti, ministro Santagata, per carità, ma per avere la possibilità di confrontarci con colui il quale ha deliberatamente accantonato una direttiva che era stata emanata dal precedente Governo, dopo essere stata elaborata da una commissione di tecnici, e che è stata richiesta al Ministero dei trasporti dalla Corte dei conti.
In virtù di quello «spacchettamento» effettuato in termini inusuali e non corretti da parte di questa maggioranza, infatti, la Corte dei conti ne chiedeva una rivisitazione. Invece, il ministro dei trasporti attuale ha ritenuto di accantonare quella direttiva, adducendo le motivazioni cui lei ha fatto riferimento, cioè la necessità di attendere la predisposizione di un nuovo codice della strada. Fino a quando dovremo aspettare? Questa non è materia afferente al codice della strada ma è un atto di carattere amministrativo. Il precedente Governo aveva raggiunto alcuni obiettivi sul terreno della sicurezza. Il problema, ministro Santagata, è che questo Esecutivo non tiene in alcun conto la sicurezza stradale, che non è una questione secondaria. Sono necessarie alcune certezze riguardo alla modernizzazione della segnaletica stradale, certezze che più volte sono state richieste da parte degli utenti, dato che ci troviamo in presenza di una confusione nei colori e di quant'altro.
Pertanto, ritengo di non potermi dichiarare soddisfatto della sua risposta, soprattutto per le sue motivazioni. Non vorrei usare parole forti nei suoi confronti ma tutto ciò ha il sapore di un inganno e, soprattutto, di una violazione del corretto rapporto parlamentare. Dico questo con estrema correttezza: non si può affermare, riguardo ad una materia così delicata, che si intende rinviare il problema alla approvazione del nuovo codice della strada. Se il codice sarà approvato fra cinque anni, noi rimaniamo in attesa? Si tratta di un provvedimento molto atteso e importante per quanto riguarda la sicurezza stradale.
La ringrazio, comunque, anche per la cortesia manifestata e per essersi prestato a questo ruolo.
(Interventi per la realizzazione del nuovo nodo ferroviario di Messina - n. 3-00600)
PRESIDENTE. L'onorevole Rao ha facoltà di illustrare l'interrogazione Oliva n. 3-00600 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 5), di cui è cofirmatario.
PIETRO RAO. Signor Presidente, il 16 novembre 2006 il Governo, nella persona del ministro Di Pietro, ha presentato il documento sulle infrastrutture prioritarie, definendo un quadro generale di scelte infrastrutturali per lo sviluppo del Paese.
Nella premessa del documento si sostiene che l'operazione di rivisitazione del 1o programma delle infrastrutture strategiche è il risultato di un processo di programmazione, condiviso e partecipato con le regioni, gli enti locali e territoriali.
Per quanto riguarda i sistemi ferroviari, la città di Messina non rientra tra le priorità infrastrutturali, se non marginalmente. In particolare, si prevede il raddoppio della linea Messina-Palermo e la linea Messina-Catania-Tratta Giampilieri-Fiumefreddo.
Non più di un anno fa è stata inserita nel programma di Rete ferroviaria italiana Pag. 33la liberazione dell'affaccio a mare, per una superficie di circa 400 mila metri quadri, tra la stazione centrale di Messina e Gazzi, da chilometri di linea ferrata, prevedendo l'interramento dei binari lungo quel tratto...
PRESIDENTE. Onorevole Rao, dovrebbe concludere.
PIETRO RAO. Il progetto preliminare di interramento dei binari, redatto da Rete ferroviaria italiana, su richiesta del comitato interministeriale per le opere connesse alla realizzazione del Ponte, avrebbe dovuto essere esaminato dal CIPE già nel luglio del 2005.
PRESIDENTE. Onorevole Rao, per favore...
PIETRO RAO. Si chiede al ministro quali provvedimenti intenda adottare, in sede di Conferenza Stato-regioni, per la definitiva approvazione del piano delle opere prioritarie e se si possano reperire i fondi necessari per la progettazione e la realizzazione del nuovo nodo ferroviario di Messina.
PRESIDENTE. Il ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, se me lo consente, vorrei precisare che io non sono venuto qui inviato in sostituzione di qualcuno, ma rappresento il Governo. Come tante volte è accaduto, i ministri rappresentano il Governo, al di là delle loro deleghe.
In merito a quanto evidenziato nell'atto ispettivo, ricordo che il documento «Infrastrutture prioritarie», presentato dal ministro delle infrastrutture lo scorso novembre, a seguito degli incontri tenutisi con tutte le regioni italiane per l'individuazione degli interventi ritenuti prioritari, include, per la Sicilia, anche il raddoppio delle linee Messina-Palermo e Messina-Catania.
Per quanto attiene all'intervento cui si è fatto riferimento nell'atto ispettivo, si fa presente che esso risulta inserito all'interno di un più ampio piano strategico riguardante l'area messinese, finalizzato all'individuazione di soluzioni tecniche condivise per l'interramento della stazione ferroviaria di Messina, il conseguente utilizzo delle aree liberate frontemare, il collegamento con il porto e la sistemazione della viabilità di accesso.
Per la formazione del predetto piano strategico di sviluppo, il comune di Messina, l'autorità portuale e Rete ferroviaria italiana hanno individuato azioni comuni, finalizzate alla costituzione di un master plan generale, inteso come sistema urbano e territoriale per lo sviluppo dell'area dello Stretto.
Tali azioni, prodotte nel quadro delle attività svolte nell'ambito del programma «Sviluppo integrato sistema territoriale multiazione» sono rivolte alla formazione di piani strategici e piani di mobilità da parte di città e sistemi territoriali che abbiano i requisiti (posizionamento strategico e densità territoriale), per concorrere al rafforzamento della competitività nazionale.
Nello specifico, il comune di Messina, anche sulla base degli impegni assunti con il protocollo di intesa sottoscritto con il Ministero delle infrastrutture, il comune medesimo, Rete ferroviaria italiana e autorità portuali, in data 5 luglio 2004, ha recentemente provveduto alla predisposizione di un bando di gara ad evidenza pubblica, per la redazione di un programma strategico per la valorizzazione economica, sociale, urbanistica e direzionale della porzione di territorio che si estende dalla zona Falcata allo svincolo autostradale di Tremestieri.
Oggetto dello studio, in corso di affidamento da parte del comune di Messina, è anche la verifica degli elementi di fattibilità per la definizione di un piano finanziario di sostegno alla realizzazione dell'intervento, anche in funzione dei ritorni economici correlati all'interramento della stazione ferroviaria e alla liberalizzazione delle aree frontemare.
PRESIDENTE. L'onorevole Rao ha facoltà di replicare, per due minuti.
PIETRO RAO. Signor Presidente, intanto desidero ribadire che avremmo gradito l'intervento del ministro Di Pietro o del ministro Bianchi.
La risposta testé fornita, comunque, non ci soddisfa in alcun modo; abbiamo infatti l'impressione che serva soltanto a prendere tempo, facendo così svanire, per la Sicilia, quelle occasioni di mettersi al passo con l'Italia e con l'Europa che essa non sì può più permettere di perdere. Al riguardo, riteniamo che già sia stato perpetrato, per così dire, uno scippo quando sono stati stornati i soldi del Ponte; abbiamo dovuto, allora, condurre una grande battaglia affinché il 70 per cento dei fondi rimanessero in Sicilia per la realizzazione delle infrastrutture necessarie.
Ci pare che la risposta data dal ministro serva soltanto a perdere ancora altro tempo; non dobbiamo dimenticare che nel 2010 si aprirà quel confine virtuale che è l'area di libero scambio: la Sicilia non potrà permettersi di aspettare ancora studi di fattibilità o altri studi connessi alla realizzazione delle infrastrutture.
Riteniamo, quindi, che i ministri interessati debbano comunque imprimere un'accelerazione affinché tali infrastrutture vengano realizzate nel più breve tempo possibile.
(Iniziative per l'attuazione del protocollo di intesa sottoscritto dal ministro dei trasporti con le associazioni degli autotrasportatori in merito all'obbligo dell'installazione delle strisce retroriflettenti - n. 3-00601)
PRESIDENTE. L'onorevole Uggé ha facoltà di illustrare l'interrogazione Leone n. 3-00601 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 6 ), di cui è cofirmatario.
PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, il motivo di questa interrogazione risiede nella necessità di segnalare al Parlamento un fatto grave, ovvero che il ministro dei trasporti, rispondendo ad una interrogazione a risposta immediata in Assemblea, ha mentito disconoscendo l'impegno assunto da egli stesso attraverso la sottoscrizione di un protocollo di intesa.
In secondo luogo, considerato che la questione ha rilevanza in una vertenza in atto tra Governo e associazione degli autotrasportatori, si chiede come il ministro intenda recuperare credibilità nei confronti della categoria dal momento che, appunto, ha negato di aver assunto l'impegno di cui al protocollo sottoscritto.
PRESIDENTE. Il ministro per l'attuazione del programma di Governo, Giulio Santagata, ha facoltà di rispondere.
GIULIO SANTAGATA, Ministro per l'attuazione del programma di Governo. Signor Presidente, nella riunione, citata dall'interrogante, del 20 ottobre 2006, il ministro dei trasporti aveva preso l'impegno di tener conto e di esaminare le richieste e le esigenze avanzate dagli autotrasportatori.
Oggi posso dichiarare che il Governo, avendo avuto presente la difficoltà, segnalata dalle imprese di autotrasporto, di approvvigionarsi delle strisce retroriflettenti, ha intenzione di presentare un provvedimento legislativo di urgenza per consentire una proroga di non più di tre mesi dell'obbligo di applicare questa attrezzatura.
PRESIDENTE. L'onorevole Uggé ha facoltà di replicare.
PAOLO UGGÈ. Signor Presidente, mi spiace dover replicare al ministro, che peraltro ringrazio per la cortesia testimoniata dalla sua presenza in Assemblea in sostituzione di un altro ministro che probabilmente avrebbe riferito con notevole imprecisione quanto dichiarato dallo stesso Santagata. Faccio presente che il punto 10 del protocollo prevede, in capo al ministro, non già un impegno a verificare ma, piuttosto, un impegno «ad adottare i provvedimenti necessari a sospendere Pag. 35l'obbligo di installazione sui veicoli (...)». Mi pare che la lingua italiana dovrebbe essere chiara anche per i funzionari del Ministero dei trasporti e anche per il ministro Bianchi, il quale dovrebbe certamente conoscere la differenza tra un impegno a verificare ed un impegno, invece, ad attuare.
Comunque, è in atto una vertenza e la trattativa è in corso a palazzo Chigi. Le imprese, tuttavia, già dal primo di gennaio hanno dovuto installare a bordo dei loro automezzi le strisce retroriflettenti; quindi, un provvedimento, oggi, sarebbe inutile e creerebbe, anzi, addirittura una situazione di peggiore condizione per le imprese stesse.
Auspichiamo che la vertenza conosca un esito positivo, ma il ministro ha perso credibilità mentendo in Assemblea; come faranno le associazioni degli autotrasportatori a credere ad un ministro che ha disconosciuto la propria firma? Mi pare che il Governo, dopo avere presentato all'atto in discussione al Senato un proprio emendamento con il quale inseriva nel provvedimento la norma che dava attuazione a quanto il sottosegretario Annunziata, in risposta ad una interrogazione in Commissione trasporti, aveva dichiarato al fine di garantire l'esatta attuazione della norma prevista nel protocollo di intesa con l'associazione degli autotrasportatori, esca molto male dalla vicenda in questione.
In conclusione, avete mentito, e non sapete neanche gestire le vicende da un punto di vista pratico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
(Misure a favore degli esuli dell'Istria, di Fiume e della Dalmazia - n. 3-00597)
PRESIDENTE. L'onorevole Violante ha facoltà di illustrare l'interrogazione Fassino n. 3-00597 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 7), di cui è cofirmatario.
LUCIANO VIOLANTE. Signor Presidente, signor ministro, il 10 febbraio si celebra la Giornata del ricordo: sono passati 70 anni dall'esodo di migliaia, migliaia e migliaia di italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia. C'è una poesia di un poeta armeno, Hrand Nazariantz, in cui si dice che il dolore è la paga degli innocenti. Pensavo a questa frase ricordando e ripercorrendo con la memoria la tragedia di questi italiani. Chiedo che il Governo decida in merito alla costituzione di un tavolo aperto alle associazioni e alla Conferenza Stato-regioni, per affrontare le questioni principali che riguardano ancora questi italiani; francamente, avrebbero bisogno, se non di un risarcimento - che non è possibile perché troppi sono i lutti che hanno subito - certamente di una riparazione.
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, la rinnovata attenzione dell'Italia per ricercare una soluzione equa alla questione degli esuli istriani, come veniva sollevato dagli interroganti, ha consentito per la prima volta l'apertura di uno specifico tavolo negoziale con la Croazia. Il negoziato si propone l'approfondimento delle legittime aspettative di quanti hanno lasciato i territori della ex Jugoslavia - con quei sentimenti che ora l'onorevole Violante ricordava -, a causa degli eventi bellici, alla luce delle recenti disposizioni innovative della legge croata sulla denazionalizzazione e delle risultanze dei lavori della commissione di esperti giuridici istituita dal Governo italiano nel dicembre del 2001.
Il primo incontro del gruppo di lavoro si è svolto a Roma il 14 ottobre 2002. La posizione del Governo italiano sul negoziato è chiara e poggia su due linee di fondo. La prima: la necessità della piena applicazione da parte croata del principio europeo di non discriminazione sulla base della nazionalità, con riferimento alle sole parziali aperture introdotte in Croazia Pag. 36riguardo alla denazionalizzazione dei beni. La seconda: l'esistenza di categorie di potenziali beneficiari tra gli esuli, mai contemplata in accordi internazionali pregressi. Scopo dichiarato congiuntamente rimane l'approfondimento delle legittime aspettative di quanti hanno lasciato i territori della ex Jugoslavia a causa degli eventi bellici.
La seconda sessione di lavoro si è svolta il 24 aprile 2003 a Zagabria. La prossima sarà a Roma. Accanto alla riaffermazione del principio pacta sunt servanda, si sono però registrati da parte croata soltanto limitati spiragli, relativi sia alla rivalutazione delle somme sia all'individuazione delle categorie non coperte da trattati oggetto di questo negoziato. Va segnalata comunque la recente approvazione parlamentare, per quanto ci riguarda, del rinnovo della legge n. 193 del 2004, con interventi a tutela del patrimonio storico e culturale della comunità degli esuli italiani dall'Istria, da Fiume e dalla Dalmazia.
Infine, sulla questione che veniva posta, il Governo attribuisce alla soluzione dei problemi ancora irrisolti dei profughi un'importanza centrale. Per questo la Presidenza del Consiglio dei ministri, riprendendo un'iniziativa che era già stata assunta nel 1999 dal Governo D'Alema, ha deciso la riapertura del tavolo di concertazione già istituito, appunto per individuare e risolvere le questioni ancora aperte. A questo tavolo saranno chiamati a partecipare rappresentanti degli esuli, delle loro associazioni, le amministrazioni regionali e locali interessate.
Colgo anche questa occasione, onorevole Violante, per dire che la direzione generale del Dipartimento del tesoro sta provvedendo alla liquidazione agli esuli degli indennizzi previsti dalla legge n. 137 del 2001. Ad oggi, sono state liquidate 9.800 pratiche, delle 11.608 presentate, per cui rimangono da evadere 1.800 pratiche.
PRESIDENTE. L'onorevole Violante ha facoltà di replicare.
LUCIANO VIOLANTE. Signor ministro, la ringrazio molto. Lei ha colto perfettamente la questione che avevamo posto, cioè l'esigenza che si apra un tavolo con le associazioni e la Conferenza Stato-regioni, per affrontare le questioni prioritarie ancora da risolvere. Intendo aggiungere a questo punto un'altra questione, che interessa però il ministro dell'interno e che è del tutto nuova.
Coloro che sono nati tra 1920 ed il 1947 in quelle terre, figurano, oggi, come nati all'estero (tra l'altro, figurano come nati in Croazia o in Slovenia, Stati che, all'epoca, non esistevano; addirittura in Iugoslavia), quando vanno in ospedale o quando devono svolgere una pratica pubblica e così via.
Esiste una legge del 1954 che non è stata attuata. Mi chiedo se non sia caso (a questo proposito, mi sono permesso di sensibilizzare anche il ministro dell'interno) di emanare una circolare perché quella legge venga rispettata. Tra l'altro, lei comprende, ministro, che questi italiani sono andati via da quei territori e sono venuti qui per il rapporto che hanno con questa nazione, con questa patria. Dopo aver preso tale decisione, sentirsi identificati sui loro certificati come nati all'estero è qualcosa che, francamente, dal punto di vista morale, crea una contraddizione che per alcuni di loro, a volte, le assicuro, è lacerante.
Quindi, vorrei chiedere se sia possibile, anche nell'ambito delle sue competenze, affrontare, insieme al ministro dell'interno, anche questo problema, apparentemente piccolo, ma dal punto di vista morale e pratico non di modesta entità.
La ringrazio, in ogni caso, per l'apertura del tavolo con le associazioni.
(Problematiche connesse al pagamento del canone di abbonamento TV nell'ambito del rinnovo del contratto di servizio della RAI - n. 3-00596)
PRESIDENTE. L'onorevole Caparini ha facoltà di illustrare l'interrogazione Maroni n. 3-00596 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 8), di cui è cofirmatario.
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DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, il canone RAI è stato istituito nel lontano 1938, quando la televisione ancora non esisteva. È diventata una vera e propria tassa, un balzello che presuppone il dominio da parte dello Stato dell'etere. Si tratta di una tassa antiquata, iniqua, che non ha alcun motivo di esistere, soprattutto di fronte all'avanzare delle nuove tecnologie.
Il canone è un'imposta ingiusta socialmente e territorialmente, socialmente perché colpisce ogni fascia della popolazione, indipendentemente dall'età, dal reddito e dall'utilizzo del televisore; territorialmente, in quanto viene pagata, in larghissima parte (il 95 per cento), dalle famiglie del nord, mentre vi sono oltre quattro milioni di evasori nel centro e nel sud.
Con quale coraggio, ministro, avete aumentato il canone RAI?
PRESIDENTE. Il ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Vannino Chiti, ha facoltà di rispondere.
VANNINO CHITI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, come credo sia noto a lei e a tutti gli interroganti, l'obbligo del pagamento del canone RAI, stabilito dal regio decreto del 1938, deriva dalla semplice detenzione di un apparecchio che sia atto o adattabile alle ricezione delle trasmissioni radiotelevisive, come conseguenza della natura di imposta riconosciuta al canone stesso.
La Corte costituzionale ha stabilito che ciò che rileva ai fini dell'imposizione è la detenzione di apparecchi, eventualmente anche diversi dal normale televisore, idonei al ricevimento di segnali. Ne discende che la semplice disdetta dell'abbonamento, non accompagnata dalla cessione, alienazione, distruzione di tutti gli apparecchi coperti dall'abbonamento, non può far venir meno l'obbligo del pagamento del canone. Questa è la legislazione esistente.
Ciò premesso, la concessionaria RAI collabora con l'amministrazione finanziaria, Agenzia delle entrate SAT, alla riscossione e alla gestione del canone televisivo, come previsto da una convenzione che è stata stipulata il 2 gennaio 2001.
Questa collaborazione si estrinseca anche attraverso l'attività di recupero della morosità ovvero dei canoni non corrisposti spontaneamente dagli abbonati alle scadenze previste.
In forza di questo atto convenzionale, la società concessionaria individua per iscritto gli addetti incaricati a compiere le operazioni necessarie per l'adempimento di quanto previsto nella convenzione e utilizza i dati e gli elementi acquisiti in ragione dei compiti svolti in esecuzione della convenzione stessa per contribuire al recupero dell'evasione, in ottemperanza alle disposizioni vigenti in materia di tutela dei dati personali.
Il testo delle comunicazioni, attraverso le quali il destinatario è informato che l'abbonamento non risulta in regola, è stato concordato con il Garante per la protezione dei dati personali, proprio allo scopo di assicurare il rispetto della normativa in materia, mentre la RAI ha assicurato che, in sede di formazione e istruzione del personale addetto alle attività in questione, vengano impartite precise indicazioni sui comportamenti da tenere.
La RAI ha precisato che viene effettuata la continuazione della vigilanza sul personale suddetto per prevenire e reprimere, se necessario, comportamenti non conformi a queste indicazioni.
Per lo svolgimento dell'attività di contrasto all'evasione del canone di abbonamento, la RAI si avvale degli archivi, il cui trattamento è consentito dalla vigente normativa, ovvero degli archivi anagrafici, che l'Agenzia delle entrate SAT richiede ai comuni, nonché degli archivi telefonici, nei limiti stabiliti dal decreto legislativo n. 196 del 2003, cioè relativamente ai soli nominativi per i quali risulti il consenso certificato dagli appositi simboli. Il Garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto che questo sistema sia conforme alle disposizioni vigenti in materia, con un provvedimento del 12 luglio 2000.Pag. 38
Voi, onorevoli interroganti, avete sollevato altre due questioni, cui lei, onorevole Caparini, ora non ha accennato, alle quali voglio rispondere. Per quanto riguarda il personale utilizzato dalla RAI impegnato nell'attività di contrasto all'evasione del canone TV, saranno effettuati - questa è l'assicurazione e l'impegno che il Governo prende - i necessari accertamenti, vista la delicatezza di quanto voi avete esposto, al fine di rassicurare tutti gli utenti sulla irreprensibilità del personale che venga utilizzato.
Per quanto infine concerne il procedimento penale, che ha interessato un alto dirigente RAI competente in materia di abbonamenti, si fa presente che, a quanto risulta, questo procedimento, pur essendo attinente alla tutela dei dati personali, non sembra riguardare specificamente la gestione del canone. In ogni caso, anche su questo secondo punto, saranno effettuati, da parte del Governo, sollecitando la RAI, i necessari accertamenti e sarà informato il Parlamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Caparini ha facoltà di replicare.
DAVIDE CAPARINI. Signor ministro, dopo quello che ci ha comunicato, le ripeto la domanda: con quale coraggio avete aumentato il canone RAI a 104 euro, soprattutto a fronte dei programmi che ci propinate? Con quale coraggio chiedete soldi alle famiglie per pagare gli stipendi milionari, i privilegi, i vizi o per mantenere società controllate sempre in perdita? Con quale coraggio chiedete soldi alle famiglie e ai pensionati per pagare un canone RAI relativo ad un servizio pubblico che non c'è più? La RAI ha perso e smarrito la propria missione. La RAI non fa più programmazione innovativa né innovazione tecnologica ed è di parte e faziosa!
Quindi, le ripeto: con quale coraggio vi siete presentati ancora una volta a battere cassa gli italiani? Mi chiedo, poi, come sia possibile consentire che, sul nostro territorio, ci siano centinaia di persone, senza arte né parte, che disturbano le nostre famiglie, che trattano coloro che sono onesti cittadini come se fossero delinquenti. Questi vengono vessati e continuamente incalzati da un ufficio della RAI che è assolutamente incompetente e fuori legge! Il direttore, cui lei fa riferimento, è stato condannato proprio perché ha abusato della posizione che ricopriva; purtroppo, con il vostro comportamento, siete conniventi rispetto ad una situazione assolutamente illegale.
Signor ministro, le angherie continue che la RAI fa, le intimidazioni, le vere e proprie persecuzioni sono intollerabili e vanno condannate!
Oggi, in aula, vogliamo rappresentare quella parte di cittadini che ogni volta che vede un canale RAI cambia immediatamente, perché schifato per la pessima qualità dei programmi che questa ci propina. A loro dico che c'è la possibilità di non pagare il canone RAI, di difendersi e di protestare di fronte a questa vostra incapacità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
(Iniziative relative all'affidamento e al rimpatrio del minore M. H. - n. 3-00602)
PRESIDENTE. L'onorevole Cancrini ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00602 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 9).
LUIGI CANCRINI. La situazione descritta nell'interrogazione è quella di un ragazzo di 13 anni che in questo momento vive in un luogo di cui nessuno è a conoscenza, nel quale la madre lo tiene nascosto. Una sentenza del tribunale dei minori ha stabilito di non prendere in considerazione il parere del minore, ascoltandolo (secondo quello che prescrive la Convenzione de L'Aia), né i risultati di una perizia compiuta sul minore, né, infine, le risultanze processuali.
È una situazione in cui, se il minore ritornasse negli Stati Uniti obbedendo a questa decisione, la madre potrebbe non vederlo più. Inoltre, già per cinque anni in passato le è stato impedito di incontrare il minore mentre si trovava con il padre Pag. 39negli Stati Uniti. Dunque, vi è un problema concreto di tutela del minore e credo che il ministro potrebbe attivarsi - almeno secondo il mio parere - attraverso i suoi poteri ispettivi per verificare come sia stato possibile che un tribunale abbia disatteso in un modo così vistoso una Convenzione che è stata da noi sottoscritta e che garantisce quella tutela del minore in cui tutti dovremmo sentirci impegnati.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Grazie. Tenterò di ricostruire brevemente la vicenda. La signora Suzanne Branciforte, il 13 ottobre 2003 inoltrò un'istanza per l'esercizio del diritto di visita al figlio, ai sensi della Convenzione de L'Aia. Il minore risiedeva da oltre quattro anni negli Stati Uniti con il padre, al quale è stato affidato, a seguito di diverse ed univoche pronunce del competente giudice statunitense, nonché anche a seguito di un ordine di rimpatrio emesso dal tribunale dei minorenni di Genova, in data 26 gennaio 1999.
Successivamente a ciò, le parti pervenivano ad un accordo in base al quale veniva confermato l'affidamento del minore al padre negli Stati Uniti e accordato alla madre un diritto di visita nei confronti del figlio. In data 3 gennaio 2006, l'autorità centrale statunitense comunicava al Ministero della giustizia che la signora Branciforte, per la seconda volta, aveva dato luogo alla sottrazione del figlio conducendolo nuovamente in Italia.
Il signor Hernandez, pertanto, si rivolgeva direttamente al tribunale per i minorenni di Genova, così come previsto dall'articolo 29 della Convenzione de L'Aia, ed otteneva nuovamente con provvedimento il rimpatrio del figlio negli Stati Uniti.
In tale provvedimento, il tribunale per i minorenni di Genova ha esaminato le argomentazioni proposte dalla madre del minore, dirette ad evitare il rientro dello stesso negli Stati Uniti, così come previsto dall'articolo 13 della Convenzione de L'Aia.
Il tribunale ha altresì effettuato una consulenza tecnica e ha ritenuto che la valutazione del perito, in ordine alla situazione psicologica del minore con particolare riferimento alla dinamica relazionale con la madre, non impedisce allo stesso di fare immediato rientro negli Stati Uniti. Il perito aveva escluso che da tale rientro potesse derivare un pericolo. Inoltre, lo stesso perito aveva altresì rilevato che anche il rapporto con il padre dava luogo ad un legame stabile e radicato nel tempo, ridimensionando al contempo gli episodi riferiti dal bambino che, inizialmente, potevano essere interpretati come maltrattamenti.
Ciò premesso, posso concludere che il tribunale per i minorenni di Genova - nel succitato provvedimento - ha dato ampiamente conto delle ragioni poste a base della decisione adottata e ha opportunamente ritenuto di non ascoltare il minore, per non obbligarlo a schierarsi per la madre o per il padre.
Può dunque considerarsi adeguatamente motivato e ad ogni modo non sindacabile in sede amministrativa il provvedimento con il quale, onorevole Cancrini, il tribunale ha disposto il rientro del minore verso il padre negli Stati Uniti.
Non ravviso pertanto, i presupposti per iniziative di carattere disciplinare nei confronti dei magistrati giudicanti. Mi impegno tuttavia davanti al Parlamento ad attivarmi, come già fatto in altre occasioni, al fine di porre in essere una mediazione internazionale tra i due genitori.
PRESIDENTE. L'onorevole Cancrini ha facoltà di replicare.
LUIGI CANCRINI. Temo che la ricostruzione che è stata fatta dal ministro sia incompleta su alcuni punti e non rispondente ai fatti. Intanto, le decisioni dei tribunali americani non furono univoche, in quanto ebbero due segni diversi, in primo e secondo grado.
Lo stesso accade in Italia, perché la Cassazione dinanzi alla quale la signora si Pag. 40era rivolta, disse che il minore non doveva tornare. Tuttavia, il minore ormai era tornato negli Stati Uniti.
Da allora, sono passati quattro anni. Purtroppo, a me pare che le decisioni che si prendono in Italia non hanno valore negli Stati Uniti, mentre si pretende che le decisioni prese negli Stati Uniti, abbiano valore in Italia.
Allora, il minore è stato quattro anni negli Stati Uniti contro il parere del giudice italiano, nella sua massima manifestazione, qual è per l'appunto la Cassazione.
Non solo: poiché pende nei confronti della signora un processo presso il tribunale americano, il problema è che nel caso in cui il minore tornasse negli Stati Uniti, purtroppo, la signora non potrebbe recarsi a trovarlo. Dati i precedenti, non vi è nessuna possibilità concreta che il minore possa tornare in Italia.
Allora, mi chiedo - perché ritengo sia questa la questione fondamentale - in che modo sia possibile tutelare un minore evitando di ascoltarlo.
Ascoltare un minore non significa che egli si debba schierare, ma vuol dire verificare in quali condizioni si trovi. Non credo, infatti, che il giudice debba chiedergli di schierarsi dalla parte del padre o della madre. Penso che a 13 anni (ne compirà fra poco 14) il minore abbia la capacità di dire dove preferisce vivere, e ritengo fondamentale chiederlo a lui.
Ricordo, signor ministro, che, non molto tempo fa, il Parlamento ha approvato (anche se non ero ancora deputato) una disciplina normativa...
PRESIDENTE. La prego di concludere!
LUIGI CANCRINI. ...in base alla quale il parere del minore è decisivo rispetto alla sua collocazione tra genitori separati.
Credo sia un principio sano e forte, che debba essere difeso. In questo modo, sarà possibile tutelare l'interesse del minore anche quando questi ha la disgrazia di nascere da un matrimonio tra persone di diversa nazionalità.
(Esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie - n. 3-00603)
PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00603 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 10), per un minuto.
MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, signor ministro, è tuttora applicata la circolare del 1926, emanata durante il periodo fascista dal ministro Rocco, che obbliga ad esporre i crocifissi nelle aule giudiziarie.
Come lei sa, sia la Cassazione, sia il Consiglio superiore della magistratura affermano che questa circolare è illegittima. Le chiedo, pertanto, per quali ragioni l'amministrazione non la revochi.
Le domando, inoltre, per quale motivo il suo Ministero non abbia accolto la richiesta avanzata dal giudice di Camerino, Luigi Tosti, di esporre anche la menorah ebraica, imponendogli il crocifisso e discriminandolo di fatto, quindi, sotto il profilo religioso.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, in premessa devo dire all'onorevole Turco che, effettivamente, l'unica fonte normativa che prevede l'esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie - nelle aule d'udienza sopra il banco dei giudici, secondo la nostra antica tradizione - è la circolare del ministro di grazia e giustizia del 29 maggio 1926. Si tratta, come rilevato dalla Corte di cassazione con ordinanza 18 novembre 2005, di una norma interna emanata dall'autorità competente e diretta agli uffici giudiziari per disciplinare l'insieme dei servizi relativi alla giustizia.
Mi pare opportuno richiamare, inoltre, la nota del 5 ottobre 1984, con la quale il ministro dell'interno ha affermato che i principi del cattolicesimo fanno parte del Pag. 41patrimonio storico del popolo italiano e che il crocifisso è il simbolo di questa nostra civiltà, nonché il segno della nostra cultura umanistica e della nostra coscienza etica.
Nella sentenza della Cassazione n. 439 del 2000, tuttavia, si sostiene che la rimozione del crocifisso nei luoghi adibiti a seggio elettorale appare coerente con i principi costituzionali in tema di laicità.
Sulla stessa linea si è posta, come ella ricorda, l'ordinanza del 2006 della sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura, la quale peraltro, nel disporre la sospensione provvisoria dalle funzioni e dallo stipendio del dottor Luigi Tosti, ritenne ingiustificato il suo rifiuto di tenere udienza per un lungo periodo di tempo.
Voglio sottolineare, peraltro, che nella stessa ordinanza fu dichiarata manifestamente infondata la richiesta del dottor Tosti diretta ad ottenere l'esposizione, nelle aule giudiziarie, della menorah, simbolo della religione ebraica.
Ciò premesso, ritengo che l'attuale quadro giurisprudenziale consenta, comunque, di considerare tuttora legittima - e sottolineo: tuttora legittima - l'esposizione del crocifisso nelle aule giudiziarie. Il concetto di laicità, così come definito dalla sentenza della Cassazione, non è infatti, a mio avviso, definitivamente convincente, posto che laicità non significa rinnegare od abbandonare le proprie radici storico-religiose; invero, quella sentenza sollevò, tra autorevoli commentatori, un ampio dibattito sulla nozione di laicità.
Più di recente, infatti, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 556 del 13 gennaio 2006, si è discostato dalla nozione di laicità fornita dalla Suprema corte, ritenendo invece il crocifisso un simbolo idoneo ad esprimere l'elevato fondamento dei valori civili che sono, poi, i valori che delineano la laicità nell'attuale ordinamento dello Stato.
A parere del Consiglio di Stato, il crocifisso non deve essere rimosso dalle aule scolastiche non perché sia un oggetto di culto, ma per la ragione che è un simbolo idoneo ad esprimere valori quali la tolleranza, il rispetto reciproco, la valorizzazione della persona, la solidarietà umana ed il rifiuto di ogni discriminazione.
Il Consiglio di Stato ha quindi ritenuto, con una decisione che mi sembra francamente convincente e di cui condivido le motivazioni, che laicità dello Stato non sia in alcun modo intaccata dall'esposizione del crocifisso.
Per queste ragioni, in definitiva, ritengo che il crocifisso possa continuare ad essere esposto nelle nostre aule giudiziarie quale alto simbolo della nostra tradizione e dei nostri valori civili e culturali, nonché espressione di rispetto per l'altro, di amore per la persona e di profonda solidarietà umana.
PRESIDENTE. L'onorevole Turco ha facoltà di replicare, per due minuti.
MAURIZIO TURCO. Grazie, signor Presidente.
Signor ministro, sono stato educato a ritenere che il sacro ha un luogo ed il profano un altro: i simboli sacri dovrebbero stare, di solito, nei luoghi sacri. Con una battuta, in considerazione dello stato attuale della giustizia, direi che le nostre aule giudiziarie sono, anche dal punto di vista della sacralità delle istituzioni democratiche, un luogo profano...
Ciò premesso, come afferma il CSM, è pacifico che la circolare del ministro della giustizia del 1926 è un atto amministrativo generale privo di fondamento normativo e, quindi, contrastante con il principio di legalità dell'azione amministrativa: signor ministro, non lo dico io, ma il Consiglio superiore della magistratura, che si basa proprio sulla nota del Ministero dell'interno del 5 ottobre 1984 (citata anche in una sentenza della Corte di cassazione del 2000).
Per quanto riguarda il principio di laicità, è stato affermato più volte dalla Corte costituzionale che, a seguito degli accordi con la Santa Sede del 1985, il principio di laicità fa parte del nostro ordinamento. Inoltre, alcune sentenze affermano che, nella materia religiosa, da un Pag. 42lato, lo Stato deve essere equidistante, imparziale e neutrale e, dall'altro, che l'ordine delle questioni religiose e quello delle questioni civili debbono rimanere separati.
Non vorrei, signor ministro, che tutto si riducesse ad una questione di maggioranza sotto il profilo delle convinzioni religiose: se dovessero cambiare le convinzioni religiose della maggioranza dei cittadini di questo paese, dovremmo cambiare simboli? Per noi, signor ministro, l'unico simbolo delle istituzioni è quello che è stampato sul foglio che le sto mostrando (Mostra un foglio raffigurante il simbolo della Repubblica italiana): la rappresentazione simbolica della Repubblica italiana e dello Stato democratico, che ha una sua «religiosità», consacrata nei lavori dell'Assemblea costituente...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MAURIZIO TURCO. ...non può essere soppresso o soppiantato da altri simboli.
(Iniziative in materia di recupero delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia - n. 3-00604)
PRESIDENTE. L'onorevole Balducci ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00604 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 11).
PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, mi scuso, ma dovrò illustrare la mia interrogazione restando seduta perché ho subito un infortunio.
PRESIDENTE. In questo caso, ovviamente, derogheremo al regolamento.
Prego, onorevole Balducci.
PAOLA BALDUCCI. Grazie. L'interrogazione da me presentata è collegata a recenti inchieste giornalistiche (tra le quali una puntata di Report, trasmissione di RAI 3, condotta da Milena Gabanelli), che hanno affrontato il tema delle entrate della giustizia e delle somme provenienti da reato che lo Stato potrebbe recuperare.
Ogni anno l'amministrazione giudiziaria non riesce a recuperare una parte molto consistente delle spese di giustizia e delle sanzioni pecuniarie derivanti dai processi penali, che, secondo recenti stime, ammonterebbero a centinaia di milioni di euro. A questa cifra vanno aggiunte anche tutte quelle pene pecuniarie che, non venendo riscosse dai competenti uffici, giungono inevitabilmente alla prescrizione, senza considerare che vi sono somme cospicue, ma anche molteplici beni che, pur essendo assoggettati a confisca penale, costituendo essi il prezzo, il profitto o il prodotto del reato, non vengono mai realmente incamerati da parte dello Stato. Un esempio eclatante...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLA BALDUCCI. ...è quello, riferito dagli organi di stampa - sto concludendo, signor Presidente - relativo alla scoperta, da parte della procura di Milano, di conti correnti, sui quali erano state depositate somme cospicue sequestrate durante il periodo di «Tangentopoli».
Si chiede all'eccellentissimo ministro della giustizia se ritenga di dover intervenire sulla materia del recupero delle pene pecuniarie e delle spese di giustizia, in modo da rendere l'esecuzione realmente efficace.
PRESIDENTE. Il ministro della giustizia, Clemente Mastella, ha facoltà di rispondere.
CLEMENTE MASTELLA, Ministro della giustizia. Signor Presidente, innanzitutto, auguro buona e pronta guarigione all'onorevole Balducci.
Debbo premettere che il meccanismo di recupero delle spese di giustizia e delle pene pecuniarie coinvolge responsabilità e competenze degli uffici giudiziari e dei concessionari. I punti di criticità del sistema della riscossione dipendono da vari fattori, tra cui la diversa natura dei crediti, la conseguente diversa tutela giurisdizionale, Pag. 43la presenza di una pluralità di condebitori solidali (i quali, ahimè, devono essere tutti individuati e rintracciati).
Sull'efficienza dei servizi di recupero incidono poi in particolare la difficile reperibilità dei debitori, soprattutto in sede di processo penale, la loro frequente insolvibilità, trattandosi in molti casi di soggetti nullatenenti, nonché la difficoltà di individuazione dei beni di appartenenza.
Concordo con l'onorevole Balducci nel ritenere indispensabile un deciso intervento, che consenta di recuperare efficienza e di determinare conseguentemente aumenti di gettito.
Posso dire, tuttavia, che stiamo adottando numerose iniziative anche in campo normativo. Innanzitutto, con riguardo ai beni provenienti da delitto, devo sottolineare che il Parlamento con la legge finanziaria per l'anno 2007 ha esteso le ipotesi di confisca di patrimonio illecito ed ha stabilito la devoluzione delle risorse al bilancio dello Stato per essere destinate al finanziamento in egual misura per gli interventi per l'edilizia scolastica e per la informatizzazione del processo (quindi in parte qualcosa verrebbe anche al Ministero della giustizia).
Inoltre, mediante la presentazione di un apposito disegno di legge il mio Ministero procederà a breve alla razionalizzazione dei modelli di acquisizione al bilancio dello Stato delle somme depositate presso gli istituti bancari e postali, di cui sia stata disposta la confisca con provvedimento definitivo o di archiviazione.
Allo stesso modo si procederà per le somme depositate presso istituti bancari o postali, di cui sia stata disposta la restituzione con provvedimento definitivo di archiviazione non riscosso o non reclamato dagli aventi diritto entro cinque anni.
Al fine di rendere effettiva la riscossione, abbiamo previsto che ogni singolo ufficio giudiziario dovrà verificare l'esistenza delle somme e che siano nelle condizioni sopra indicate, richiedendone il versamento agli istituti di credito e agli uffici postali presso i quali è stato aperto il deposito. In ogni caso e sempre allo scopo di finanziare interventi e di potenziare l'azione di contrasto contro la criminalità, le somme ricavate saranno assegnate sui capitoli dello stato previsione di spesa del Ministero della giustizia.
Infine, anche per la riscossione delle spese processuali e delle pene pecuniarie abbiamo previsto un maggiore e più qualificante intervento del personale giudiziario, con misure concrete per la realizzazione di un consistente processo di informatizzazione delle procedure, in modo da rendere più efficace l'attività di controllo e anche quella di esazione.
Credo che il disegno di legge in questione, come pure quello di accelerazione del processo penale, il quale introdurrà ulteriori strumenti volti al rafforzamento dell'azione repressiva dello Stato e al recupero degli introiti, sarà presentato la prossima settimana al Consiglio dei ministri.
PRESIDENTE. L'onorevole Balducci ha facoltà di replicare.
Le ricordo che ha due minuti di tempo a disposizione.
PAOLA BALDUCCI. Ringrazio il ministro e mi ritengo soddisfatta, perché so quanto interesse vi è in questo Ministero della giustizia per risolvere gli annosi problemi legati all'efficienza del pianeta giustizia.
Tutti noi auspichiamo da tempo che nel cosiddetto bilancio consolidato della giustizia operi un efficace controllo sulle spese; nello spesso tempo ritengo sia necessario valorizzare anche le poste attive, le somme dovute allo Stato, perché esse possano rappresentare una risorsa preziosa - lo ripeto, «preziosa» - per il funzionamento della macchina giudiziaria.
Tutti noi conosciamo i paradossi della giustizia, per cui a volte ci si trova di fronte ad un'irrazionale utilizzazione di risorse economiche a disposizione (vedi le spese per le intercettazioni o per le consulenze e perizie), mentre in molti uffici giudiziari si deve fare i conti con una capacità di spesa che è ridotta ormai fino Pag. 44all'osso, tanto che a volte sono gli stessi avvocati a dover fornire la carta alle cancellerie.
A questa mancanza di risorse sarebbe possibile porre rimedio, anzitutto, come anche il ministro ci ha anticipato, applicando criteri di maggiore rigore economico nella gestione delle spese, ma al tempo stesso si potrebbe controbilanciare almeno in parte la passività valorizzando le risorse inutilizzate, incentivando ad esempio il recupero delle somme confiscate e di quelle giacenti sui conti infruttiferi.
A tale proposito vorrei dare un consiglio che alcune volte penso possa essere utile a noi stessi: quello di pensare al pianeta giustizia anche sotto l'aspetto manageriale. Quindi, formulo l'auspicio che in questo settore venga privilegiato un approccio di tipo imprenditoriale, magari responsabilizzando in un ufficio giudiziario un funzionario manager, addetto al recupero delle somme provenienti da reato.
A tale proposito apro una parentesi che chiudo subito: effettività della pena, specialmente quando si tratta di sanzioni pecuniarie, vuol dire anche effettività del recupero della pena, cioè la pena è effettiva solo quando il recupero sia effettivo. Soltanto se ci si muoverà in tale direzione sarà possibile superare le attuali inefficienze che caratterizzano l'attuale sistema dell'esecuzione penale (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
(Attuazione della normativa sul collocamento obbligatorio dei disabili - n. 3-00605)
PRESIDENTE. L'onorevole D'Ulizia ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00605
(vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 12).
Ricordo all'onorevole D'Ulizia che ha un minuto di tempo a disposizione.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, signor ministro, colleghi, la mia interrogazione si riferisce a due atti legislativi, cioè alla legge n. 68 del 1999, recante norme sul collocamento dei disabili e delle persone svantaggiate, e al decreto legislativo n. 276 del 2003, recante norme di attuazione della cosiddetta legge Biagi, che prevede convenzioni quadro validate per inserire nel mondo del lavoro chi sia stato meno fortunato di noi, cioè disabile e svantaggiato.
Ho la sensazione che molte di queste persone che, se me lo consentite, definirei nostri fratelli meno fortunati, non possano esplicare la loro iniziativa e la loro volontà lavorativa, perché queste due leggi sono largamente disattese.
Noi abbiamo la possibilità di dare una risposta ai disabili e alle persone svantaggiate attraverso la cooperazione sociale.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUCIANO D'ULIZIA. Concludo, chiedendo al ministro a che punto siamo per venire incontro a questi nostri lavoratori-non lavoratori, al fine di dare una risposta concreta in senso evolutivo.
PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, intanto ringrazio l'interrogante per il problema sollevato, che è di grande rilevanza.
Nello specifico, ci troviamo davanti ad una doppia normativa. L'articolo 14 del decreto legislativo n. 276 del 2003 ha un carattere sperimentale ed è rimessa al Ministero del lavoro, con i soggetti individuati dallo stesso articolo, la verifica degli effetti prodotti dalla norma.
Dal punto di vista degli effetti di questa norma prevista nel decreto legislativo n. 276 del 2003, la situazione è la seguente. Risultano essere state sottoscritte venti convenzioni quadro provinciali concentrate al nord, soprattutto in Lombardia e in Veneto. Evidentemente ci troviamo davanti ad una limitata, per certi versi limitatissima, diffusione di questa stipula. Si valuta che uno degli elementi che ha Pag. 45funzionato poco è che la procedura concertativa territoriale abbia reso determinante il giudizio politico degli attori sul dispositivo stesso e, quindi, ne abbia reso assai difficile l'estensione.
Per quanto riguarda il numero di persone coinvolte, risultano essere circa 130 i disabili inseriti all'interno di queste convenzioni, rispetto ai quali i percorsi sono risultati positivi. Però, certamente la quantità è assolutamente irrisoria.
Questi sono i dati che emergono da un lavoro svolto da «Italia lavoro», incaricata dal precedente ministro del welfare di monitorare questa sperimentazione. Da questa stessa analisi emerge come, invece, l'articolo 12 della legge n. 68 del 1999 determini sostanzialmente circa 30 mila avviamenti annuali di persone con handicap o svantaggiate.
Quindi, dovendo riassumere, direi che la normativa derivante dal decreto attuativo della legge n. 30 del 2003 ha sostanzialmente evidenziato una grande inefficacia, mentre l'attuazione dell'articolo 12 della legge n. 68 del 1999 ha una sua importanza.
Concludo affermando che il Ministero del lavoro e della previdenza sociale (che è quello più direttamente interessato a questo tema rispetto al Ministero della solidarietà sociale) ha attivato un tavolo con le parti sociali, che sta tentando di verificare sia gli elementi che emergono da questa indagine, sia come occorra modificare la normativa al fine di renderla più efficace.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Ulizia ha facoltà di replicare.
LUCIANO D'ULIZIA. Signor Presidente, signor ministro, mi dichiaro soddisfatto della risposta fornita dal ministro Ferrero. Vorrei solo osservare che dai dati emersi è evidente che la mancata attuazione delle convenzioni quadro ha frenato la capacità di impiegare i disabili e gli svantaggiati.
La questione è duplice. Quando un disabile, uno svantaggiato si impegna in un lavoro, lo fa con una passione ed un'intensità talmente importanti, che riesce a dare una maggiore produttività. Questo si può desumere dall'esperienza delle cooperative sociali. Lo Stato, quindi la nostra economia non possono e non debbono rinunciare al valore del lavoro dei disabili e delle persone svantaggiate. Tuttavia, abbiamo ancora una platea vastissima di persone svantaggiate e disabili che vorrebbero offrire il loro contributo alla società, ma non lo possono fare, perché le imprese profit preferiscono pagare una sorta di multa per il mancato utilizzo di tali soggetti. L'interesse dello Stato e dell'economia è, invece, quello di produrre lavoro qualificato ed ottenere anche un risultato di tipo sociale, che veda i disabili inseriti in attività produttive e socialmente valide.
Sono soddisfatto, pertanto, di quanto affermato dal ministro Ferrero. Ovviamente, il Parlamento dovrà tornare su tale tematica per dare un ulteriore impulso e sviluppo a queste iniziative.
(Iniziative in materia di disagio abitativo nelle grandi aree metropolitane - n. 3-00606)
PRESIDENTE. L'onorevole Smeriglio ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00606 (vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata sezione 13).
MASSIMILIANO SMERIGLIO. Signor Presidente, signor ministro, nel paese e nelle grandi aree metropolitane permane una situazione di drammatico disagio abitativo: circa 45 mila sfratti nel solo 2005. In particolare, nella città di Roma, visti l'alto numero di sfratti esecutivi, la scadenza del blocco degli sfratti determinato dal periodo natalizio, i flussi migratori (pensiamo alla continua crescita della comunità rumena) e l'assenza di politiche abitative efficaci, la situazione diventa ogni giorno più difficile.
In particolare, venerdì 3 febbraio 2007 a Roma circa 200 nuclei abitativi, 500 persone, donne, uomini e tanti bambini, di cui circa il 50 per cento rappresentato da migranti, in assenza di prospettive abitative Pag. 46per attirare l'attenzione sulla loro drammatica situazione, organizzate dal movimento di lotta per la casa Action hanno occupato uno stabile di proprietà della BNL inutilizzato da più di due anni, denominando lo stabile medesimo «Ministero dell'abitare».
Posto che non si tratta di un problema di ordine pubblico, ma di vera emergenza sociale, che non può essere risolta con l'utilizzo della forza pubblica, tenuto conto che la responsabilità e le deleghe su questo tema vengono esercitate anche dal comune di Roma e dalla regione Lazio, considerata infine l'esiguità delle risorse economiche previste dalla legge finanziaria 2007, vorrei chiedere al Governo quali iniziative urgenti intenda porre in essere per dare risposte concrete in grado di concorrere alla soluzione di un problema di tale gravità e rilevanza, anche alla luce dell'approvazione della nuova legge sul disagio abitativo, avvenuta oggi al Senato.
PRESIDENTE. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero, ha facoltà di rispondere.
PAOLO FERRERO, Ministro della solidarietà sociale. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Smeriglio per questa interrogazione.
Quello della casa è forse uno dei più gravi problemi sociali, di cui non si ha assolutamente consapevolezza. È quasi impossibile riuscire a produrre una discussione politica seria sul tema della casa, nonostante vi siano milioni di famiglie che vivono la condizione dell'abitare con aspetti assolutamente negativi.
Questo è il frutto di un'assenza di politiche sulla casa che dura da anni. Per dare un solo dato, nel 1984 furono costruiti in Italia 37 mila alloggi di edilizia pubblica, nel 2004 ne sono stati costruiti 1.900. Nel frattempo, sono stati svenduti o venduti decine di migliaia di alloggi, tanto che oggi l'Italia è il fanalino di coda dal punto di vista del patrimonio di edilizia pubblica, collocandosi al 4 per cento del totale di fronte alla media europea del 16 per cento. Questo ha determinato che da un lato si è verificato un aumento esorbitante degli affitti, per cui oggi la maggioranza degli sfratti avviene per morosità e non più per finita locazione, mentre dall'altro sulle fasce deboli le amministrazioni comunali non hanno nessuna possibilità di manovra per risolvere, in qualche modo, in via breve i problemi che normalmente negli anni passati erano in grado di risolvere.
Quindi, si tratta di una condizione molto pesante, che si ha difficoltà a far diventare oggetto di discussione politica - parlo per la politica nel suo complesso - perché sovente si tende a sostenere che, visto che in Italia la maggior parte delle persone ha l'alloggio di proprietà, la questione della casa non sarebbe un problema: sappiamo che non è così. Che cosa fare?
Questa mattina in Senato è stato approvato il disegno di legge sul blocco degli sfratti per le categorie svantaggiate. Quel disegno di legge che ho presentato prevede da un lato il blocco degli sfratti per gli ultrasessantacinquenni, per le famiglie con portatori di handicap e quant'altro, dall'altro - è il punto che ci interessa maggiormente - l'attivazione di un tavolo, che deve essere convocato dal Ministero delle infrastrutture e a cui devono partecipare le regioni, le parti sociali, i più grandi comuni, per effettuare l'inventario delle necessità abitative e produrre un piano di intervento sulla casa. È necessario che tale piano venga finanziato perché il problema è che nella legge finanziaria, come sappiamo tutti, nemmeno un euro è destinato all'edilizia popolare o pubblica.
Per questo motivo, ho chiesto che nel tavolo sul welfare che si aprirà con le parti sociali non ci sia solo il tema delle pensioni e degli ammortizzatori sociali, ma anche quello della casa, in modo che sia possibile in quella sede definire quali risorse il Governo debba stanziare per far sì che il piano che dobbiamo avviare con le regioni e con i comuni possa determinare la ripartenza di un intervento pubblico sulla casa, in termini sia di nuove costruzioni, sia soprattutto di ristrutturazioni del patrimonio abitativo esistente.
PRESIDENTE. L'onorevole Smeriglio ha facoltà di replicare.
MASSIMILIANO SMERIGLIO. Signor Presidente, ringrazio il ministro per la risposta esaustiva, che, comunque, ci fa ben sperare per l'attivazione del tavolo. In ogni caso, ritengo utile sottolineare alcuni dati ufficiali del Ministero degli interni aggiornati al 2005 sull'emergenza sfratti. Il totale degli sfratti a livello nazionale è quasi 45 mila, il totale degli sfratti a Roma quasi 6 mila; per i provvedimenti di sfratto a livello nazionale, quelli per necessità sono 835, per finita locazione oltre 10 mila, per morosità oltre 33 mila; i provvedimenti di sfratto a Roma per finita locazione sono oltre 2 mila e per morosità oltre 3 mila. È inutile ricordare che la morosità è collegata alla questione salariale e al potere d'acquisto dei cittadini. Inoltre, in questi mesi le agenzie dei diritti del comune di Roma hanno effettuato un censimento: in cinque municipi campione siamo già oltre i 700 sfratti tra il 2006 ed inizio 2007.
Signor ministro, questi sono i dati drammatici dell'emergenza abitativa nella città di Roma. Ritengo interessante l'approccio del network Diritti-Action di non ragionare esclusivamente sul bisogno primario, ma di rilanciare una politica basata sulla centralità dei diritti della persona e sulla qualità dell'abitare. Per questo sarebbe importante organizzare in tempi ravvicinati il tavolo da lei citato, comprendente il Governo nazionale, la regione Lazio e il comune di Roma, così come sollecitato anche dal sindaco Veltroni e da lei immediatamente accolto con dichiarazioni incoraggianti rilasciate alle agenzie di stampa.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 16,30 con il seguito dell'esame del provvedimento recante l'istituzione della Commissione nazionale per la promozione e la tutela dei diritti umani e del Garante dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale.
La seduta, sospesa alle 16,25, è ripresa alle 16,40.