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Deliberazione per l'elevazione di un conflitto di attribuzione innanzi alla Corte costituzionale nei confronti della autorità giudiziaria.
PRESIDENTE. A seguito della deliberazione testè assunta dall'Assemblea ai sensi dell'articolo 27, comma 2, del Regolamento, l'ordine del giorno reca l'esame di una deliberazione per l'elevazione di un conflitto di attribuzioni nel confronti dell'autorità giudiziaria.
Comunico che è stata sottoposta all'Ufficio di Presidenza, nella riunione di oggi 16 maggio 2007, la richiesta di elevazione da parte della Camera dei deputati di un conflitto di attribuzione nei confronti dell'autorità giudiziaria avanzata dal senatore Matteoli.
Considerato che con la richiesta avanzata viene contestata la procedura seguita dal Collegio per i reati ministeriali di cui all'articolo 7 della legge costituzionale n. 1 del 1989, istituito presso il tribunale di Firenze che, investito da parte della procura della Repubblica di Genova di una ipotesi di reato riguardante il senatore Matteoli, all'epoca dei fatti Ministro dell'ambiente, ha dichiarato, con provvedimento in data 4 aprile 2005, la sua incompetenza funzionale in materia, valutando i fatti ascritti al senatore Matteoli come non commessi nell'esercizio della funzione ministeriale, e ha disposto l'archiviazione rimettendo gli atti al competente giudice ordinario. Tenuto conto che il senatore Matteoli ha chiesto alla Camera dei deputati di elevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, ritenendo che la mancata richiesta alla Camera dei deputati dell'autorizzazione a procedere di cui l'articolo 96 della Costituzione abbia leso le prerogative ad essa spettanti in base alla richiamata disposizione costituzionale. Visto il documento approvato dalla Giunta per le autorizzazioni in data 3 maggio 2007, nonché le risultanze dell'ulteriore approfondimento istruttorio svolto dalla Giunta medesima, su richiesta dell'Ufficio di Presidenza, comunicata al Presidente della Camera con lettera del Presidente della Giunta per le autorizzazioni in data 16 maggio 2007. Preso atto che la Giunta - «senza esprimere giudizio alcuno sul merito delle accuse mosse all'ex Ministro Matteoli né sulla "ministerialità" del fatto ascrittogli» - ha ritenuto che l'articolo 2, comma 1, della legge n. 219 del 1989, nella parte in cui prevede tra i motivi di archiviazione da parte del Collegio per i reati ministeriali anche l'ipotesi che il fatto integri un reato diverso da quello ministeriale, prevedendo in tal caso la trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria Pag. 103competente a conoscere del diverso reato, sia in contrasto con l'articolo 8 della legge costituzionale n. 1 del 1989, il quale prefigurerebbe, ad avviso della Giunta, due sole possibilità per il Collegio per i reati ministeriali: l'archiviazione della notizia di reato o la domanda di autorizzazione a procedere al competente ramo del Parlamento. Preso atto che, secondo la Giunta per le autorizzazioni, l'asserita illegittimità della richiamata disposizione della legge ordinaria, applicata nel caso di specie dal Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Firenze, consentirebbe di aggirare la prerogativa autorizzatoria prevista dall'articolo 96 della Costituzione.
Considerato che la Giunta per le autorizzazioni ha espresso l'orientamento per cui la Camera dei deputati attivi lo strumento del conflitto di attribuzione per dolersi della lesione delle proprie prerogative, "dovuta non già all'illegittimo comportamento di un altro potere, bensì determinata dall'illegittimità costituzionale del citato articolo 2, comma 1, della legge n. 219 del 1989. Considerato, altresì, che secondo quanto rappresentato dalla Giunta per le autorizzazioni sussiste attualmente l'interesse della Camera dei deputati a ricorrere giacché il provvedimento assunto dal Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Firenze - sulla base del citato articolo 2, comma 1, della legge n. 219 del 1989 - fu adottato quando il senatore Matteoli ricopriva la carica di deputato e che in tale qualità aveva già investito della questione i competenti organi della Camera nella scorsa legislatura nonché in considerazione del fatto che nel caso in questione non si tratta di prospettare una lesione dei poteri previsti da norme costituzionali bensì di sollecitare una pronuncia di illegittimità costituzionale di una norma la cui applicazione conduce ad una lesione delle prerogative costituzionalmente attribuite alle Camere.
Tutto ciò premesso, l'Ufficio di Presidenza, nella riunione di oggi, mercoledì 16 maggio 2007, concordando sulle conclusioni cui è pervenuta la Giunta per le autorizzazioni, ha deliberato di proporre all'Assemblea di sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato innanzi alla Corte costituzionale nei confronti del Collegio per i reati ministeriali presso il Tribunale di Firenze e nei confronti del Tribunale di Livorno, innanzi al quale è attualmente pendente il giudizio nei confronti del senatore Matteoli, ai sensi dell'articolo 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, per sentire affermare - previa declaratoria di incostituzionalità dell'articolo 2, comma 1, della legge n. 219 del 1989 - che la Camera dei deputati è stata lesa nella facoltà di valutare l'esistenza del presupposto della guarentigia costituzionale anche nella fattispecie prevista in legge ordinaria dal citato articolo.
Su tale proposta darò la parola, ai sensi dell'articolo 41, comma 1 del Regolamento, a un oratore contro ed uno a favore per non più di cinque minuti ciascuno.
Ha chiesto di parlare contro, l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Onorevoli colleghi, mi rivolgo a chi, nel corso della lettura dello speech (che non è stato breve) non avesse avuto l'opportunità o l'attenzione sufficiente per poter seguire l'argomento. La questione è così riassumibile: l'ex ministro Matteoli, attuale senatore, è imputato del delitto di favoreggiamento per aver avvisato un prefetto che l'utenza telefonica di quest'ultimo era stata posta sotto controllo. Questa è la fattispecie di reato, rispetto alla quale si è pronunciato il Tribunale dei ministri, il quale (checché si possa pensare sulla possibilità di sollevare questioni di costituzionalità e conflitti di attribuzione) è l'organo deputato a qualificare come ministeriale o meno un fatto di reato.
La qualificazione di non ministerialità del reato e, quindi, di reato comune, ha portato il senatore Matteoli a scrivere a questa istituzione chiedendo, in modo singolare (si riconoscerà infatti non vi sono precedenti in questo senso), la sollevazione di un conflitto di attribuzione come ipotesi residuale. Ci si è, quindi, posti la seguente domanda: considerato che non esiste, per legge, un meccanismo che consenta la Pag. 104contestazione della qualificazione del fatto reato come non ministeriale, quid iuris se la Camera non condividesse l'impostazione del Tribunale dei ministri?
A mio personale giudizio, e non solo mio (anche qualche altro commissario in Giunta ha votato contro tale proposta), l'indicazione è invece chiarissima: la qualificazione spetta all'autorità giudiziaria ordinaria. Posto ciò, non ritengo di poter aderire alla proposta formulata prima dal relatore, poi dalla Giunta e, infine, dalla Presidenza.
Aggiungerò, inoltre, che lo stesso relatore, nell'illustrazione alla Giunta, aveva prospettato l'esigenza di sollevare il conflitto di attribuzione per «fare giurisprudenza», per creare cioè un caso ed una pronuncia su un fatto mai verificatosi prima, naturalmente nell'epoca successiva all'approvazione della legge costituzionale rispetto alla quale si assume il contrasto. Sono sempre molto perplesso quando le sentenze vengono utilizzate per creare un precedente, a maggior ragione quando si utilizza la Corte costituzionale. Vorrei ricordare a tutti i colleghi che in materia, ad esempio, di sindacabilità o meno delle opinioni espresse dai deputati, esiste un conflitto (ormai abbastanza evidente) tra la Corte costituzionale e questa Istituzione, sui criteri rispetto ai quali si possa concedere l'insindacabilità, con il risultato che molti dei conflitti di attribuzione che la Camera solleva, la vedono soccombente, tra l'altro anche con un non trascurabile dispendio di risorse economiche.
Poiché mi sembra che non sia il caso di continuare a sollevare dinanzi alla Corte costituzionale conflitti di attribuzione improbabili e, qualche volta, anche stravaganti, reitero il voto contrario. Aggiungo, peraltro, che la richiesta di chiarimento pervenuta oggi alla Giunta per le autorizzazioni, con lettera della Presidenza, è stata risolta in un modo che «la dice lunga» sulla capacità di orientarsi rispetto a questo problema, perché ci si è chiesti, persino, rispetto a quale autorità dovrebbe essere sollevato il conflitto di attribuzione. Poiché non si può - non è che non si sappia, ma non si può - rispondere a questa domanda, si è detto che il conflitto di attribuzione andrebbe sollevato tanto rispetto al Tribunale dei ministri, che ha qualificato il fatto come non ministeriale, quanto rispetto all'autorità giudiziaria ordinaria dinanzi alla quale è stato convenuto in giudizio il senatore Matteoli.
Pertanto, ritengo che quando si vuole sollevare un caso, ponendo una questione di costituzionalità di una norma o un conflitto di attribuzione che riguarda un senatore della Repubblica si potrebbe, almeno, evitare di «sparare a pallettoni» cercando di capire, quantomeno, rispetto a quale autorità sollevare il conflitto. Per questi motivi esprimerò voto contrario e sollecito i colleghi a fare altrettanto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a favore l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, questa materia è stata molto approfondita sia dalla precedente Giunta per le autorizzazioni, sia da quella attualmente in carica. Si è pervenuti a questa decisione sulla base di assunti di principio molti precisi. Il primo è dato dalla considerazione che la Corte costituzionale è l'unico giudice in grado di dirimere i conflitti di attribuzione e le questioni di costituzionalità; è il giudice cui la nostra Costituzione assegna la competenza in ordine alla delimitazione delle prerogative delle Camere. Pertanto, quando si tratta di delimitare le prerogative dei componenti delle Camere, la Corte costituzionale è il giudice che decide. Non si tratta di un conflitto proprio cioè, come ben detto nella relazione dell'Ufficio di Presidenza, di un conflitto con cui si contesta l'illegittimo uso del potere da parte dell'autorità giudiziaria. Nessuno contesta la potestà dell'autorità giudiziaria di qualificare il reato e procedere all'accertamento dei fatti. Si tratta di un conflitto de residuo, ritenuto ammissibile già in precedenza dalla Corte costituzionale, cioè di un conflitto che la Camera o altro potere dello Stato sollevano in mancanza di altri strumenti per far valere l'illegittimità costituzionale di una norma. Questo è il solo ambito di giudizio.Pag. 105
L'autorità nei cui confronti si solleva il conflitto è quella giudiziaria, intesa come parte di un procedimento complesso. Pertanto, sia il Tribunale dei ministri, in quanto autorità che ha emesso il provvedimento sulla base della norma che si assume incostituzionale, sia l'autorità giudiziaria ordinaria, il tribunale di Livorno, che sta procedendo sulla base di questo provvedimento. Non si è trattato di allargare lo spettro, ma solamente di individuare l'autorità giudiziaria nel suo complesso. Sarà la Corte costituzionale, qualora ritenga fondata l'ammissibilità del conflitto, a stabilire quale sia l'autorità parte del giudizio, cui vada indirizzata la notifica. Ritengo che questi siano gli ambiti e i confini molto stretti del conflitto che si intende sollevare e che siano pienamente ammissibili sia il conflitto sia, poi, la decisione di merito della Corte costituzionale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico, senza registrazione di nomi, la proposta dell'Ufficio di Presidenza di deliberare l'elevazione di un conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale nei confronti dell'autorità giudiziaria.
(È approvata per 305 voti di differenza).