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TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI FEDERICA ROSSI GASPARRINI, MARISA NICCHI E LUCIA CODURELLI SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 1538-A
FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Nel nostro ordinamento sono già presenti tutele specifiche per i lavoratori, contro l'abuso delle cosiddette «dimissioni in bianco».
Ricordiamo l'articolo 55 del decreto legislativo n. 151 del 2001, l'articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53 e l'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 198 del 2006.
Tuttavia, risulta che al momento dell'assunzione, quando la lavoratrice ed il lavoratore si trovano in condizioni di particolare debolezza, per prassi in un certo numero, anche se contenuto, di imprese si fa sottoscrivere il documento di dimissioni in bianco con lo scopo di interrompere il rapporto di lavoro in caso di incidente o malattia.
Questo abuso si realizza soprattutto contro le donne giovani, per la preoccupazione delle imprese di una loro possibile maternità. È quindi apprezzabile ogni iniziativa che miri ad eliminare questo sopruso, prima che diventi strumento costante di ulteriore discriminazione contro le donne e la maternità.
La proposta di legge Nicchi ed altri n. 1538 ha lo scopo di introdurre un metodo certo per contrastare il fenomeno delle dimissioni volontarie in bianco, attraverso una più sicura rintracciabilità della data della lettera di «dimissioni volontarie». La rintracciabilità è garantita da un codice alfanumerico progressivo di identificazione del documento e dalla previsione dell'utilizzo, a pena di nullità, di appositi moduli predisposti e resi disponibili, gratuitamente, dagli uffici provinciali del lavoro e dagli uffici comunali.
Il gruppo dei Popolari-Udeur sostiene con convinzione il progetto di legge in esame, inquadrandolo in un quadro generalePag. 91di azioni volte a consolidare il rispetto dei principi ispiratori della Carta costituzionale ed i diritti dei lavoratori.
Il gruppo dei Popolari-Udeur ritiene altresì che sia importante sostenere il mondo dell'impresa italiana attraverso l'eliminazione della concorrenza sleale che può essere espletata da chi si muove utilizzando metodi e procedure non corrette.
MARISA NICCHI. Signor Presidente, nel dichiarare il voto di Sinistra Democratica sul disegno di legge n. 1538 voglio subito ringraziare la XI Commissione, in particolare il suo presidente onorevole Pagliarini e tutti i gruppi per il lavoro svolto, che ha permesso di arrivare oggi all'approvazione dell'Aula. Ringrazio tutte le colleghe che, trasversalmente, lo hanno sostenuto e migliorato. Ringrazio la relatrice, onorevole Titti Di Salvo, che durante l'iter, cominciato in occasione della legge finanziaria, ha assunto il ruolo di presidente del gruppo di Sinistra democratica, gruppo che ha voluto, con molta determinazione, portare in aula il provvedimento.
Ci auguriamo vivamente che l'esame del Senato, ove peraltro il testo è stato presentato per iniziativa della senatrice Silvana Pisa, avvenga in tempi brevi affinché il provvedimento diventi legge dello Stato; un articolo per neutralizzare una vessazione illegale, eppure diffusa nel silenzio per il ricatto che la ispira: l'assunzione con licenziamento incorporato.
È il ricatto che chiede alla lavoratrice ed al lavoratore, nel momento dell'assunzione, quando i datori di lavoro hanno un potere decisivo, la sottoscrizione di una lettera di licenziamento volontario in bianco: una lettera che verrà messa in un cassetto pronta per essere usata quando converrà al datore di lavoro.
È una spada di Damocle che graverà sulla vita dei soggetti coinvolti, messi in soggezione permanente, un intollerabile prezzo pagato al bisogno di lavoro: un sacrosanto diritto si trasforma in un ricatto che diventerà effettivo in caso di maternità o in occasione di una malattia o di infortunio.
Sono momenti delicati per le persone che una legislazione civile tutela e valorizza e che invece la logica selvaggia della convenienza economica trasforma in esclusione.
È una pratica che coinvolge le imprese più irresponsabili, specie al sud, o quelle più piccole, ove la soglia dei diritti riconosciuti si assottiglia e lascia più spazio a prevaricazioni, nonché le imprese più spregiudicate che pensano di stare sul mercato comprimendo diritti e tutele.
Questo comportamento lesivo di diritti e dignità è molto più diffuso di quanto emerga, seppure i dati di cui disponiamo, che sappiamo essere sottostimati - si parla di circa 18.000 casi all'anno -, siano una realtà significativa. Intollerabile.
La legge vuole prevenire il compiersi di questo arbitrio, vincolando la lettera di dimissioni volontarie all'uso di un modulo facilmente reperibile, numerato e a scadenza. Qualsiasi atto scritto al di fuori di questo modulo è nullo. Così si previene l'insorgere dell'abuso, andando oltre alla legislazione attuale (il testo unico a sostegno della maternità e paternità del 2001 e il codice per le pari opportunità del 2006) che già si era posta il problema, riguardo al contratto di lavoro subordinato, prevedendo una verifica ex post della veridicità delle dimissioni sospette date durante la gravidanza o entro il primo anno di matrimonio.
Ma la verifica successiva si infrange spesso con la difficoltà della lavoratrice e del lavoratore a sottrarsi al ricatto che perdura per il bisogno di lavoro e la paura di non trovarlo più.
Essi, che hanno l'onere della prova, anche nel caso in cui riescano a dimostrare l'illegittimità delle dimissioni, spesso preferiscono una buonuscita rispetto al reintegro in un posto di lavoro ove pagherebbero, in mille modi, l'atto di ricorso alla magistratura.
Insomma, il disegno di legge vuole prevenire la catena di abusi e ricatti che, malgrado il divieto delle leggi, hanno trovato il modo di compiersi per il potere diseguale che hanno le parti sociali chePag. 92stipulano il contratto di lavoro, poteri che la stessa Costituzione vuole equilibrati.
Vorrei invitare i colleghi alla lettura di un' inchiesta fatta dal quotidiano la Repubblica nel marzo scorso, a firma della giornalista Concita De Gregorio, che ha testimoniato alla grande opinione pubblica, con racconti di vita, come agisce questo incivile ricatto che calpesta, in un paese in cui si fa tanta retorica sulla maternità, il diritto delle lavoratrici ad avere figli e chiude in un cassetto la dignità delle persone.
Con questa norma preventiva e non inutilmente repressiva, si vuole rendere certa e legale la scelta delle dimissioni volontarie, impedire l'ipocrisia di quella formalmente legale, sì, ma estorta.
Una norma valida per tutti i tipi di lavoro e per quelli a termine, che assumono una estesa e impropria molteplicità di forme, modi di lavorare nuovi senza sicurezza e diritti, che il nostro gruppo vuole tutelare e limitare drasticamente per ristabilire la certezza del buon lavoro sicuro; per questo stiamo predisponendo un disegno di legge ad hoc.
Con la norma in approvazione vogliamo che non si possa compiere un licenziamento ingiusto, ma non solo: vogliamo che non si lavori più in uno stato di soggezione come quello di chi è stato costretto a firmare la lettera in bianco del proprio licenziamento.
È una firma che aggrava l'instabilità di chi ha un lavoro precario e precarizza chi ha un lavoro a tempo indeterminato. È successo a 120 operai di una cartiera di Bari, come ha ricordato in questa aula l'onorevole Cesini.
Avere posto questo tema al Parlamento ha per il nostro gruppo un significato simbolico: rimettere al centro il diritto del lavoro, riequilibrando poteri e tutele a favore del lavoratore e della lavoratrice, oggi pesantemente mortificati dalla legge Biagi, nonché riaffermare la libertà e l'autonomia delle donne, che è un valore per noi intangibile; ciascuna donna deve essere messa in grado di essere artefice della propria vita, a partire dalle scelte procreative che solo uno spirito illiberale contrappone ancora al lavoro. Lo fa in mille modi, espliciti e occulti.
Sappiamo bene che queste contraddizioni mettono in gioco, innanzitutto, la forza delle donne; la loro risoluzione richiede quell'abilità, di cui le donne sono capaci, di armonizzare tutti gli aspetti della vita, secondo vie diverse e che solo loro possono decidere.
Sono equilibri faticosi da raggiungere, che nessuna può aggirare, pena dolorose rinunce.
È un modo di vita più ricco, è il bello della libertà femminile.
Il Parlamento, il Governo, le donne che vi siedono e che vogliamo in questi luoghi sempre più numerose, hanno un dovere verso questa forza e questa fatica: rispettarla sempre, senza sacrificarla a modelli familistici o a convenienze economiche, allargare diritti contro soprusi e discriminazioni, investire in servizi e accrescere il buon lavoro.
Il passo di oggi ha questo significato.
LUCIA CODURELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il gruppo dell'Ulivo voterà a favore della proposta di legge in esame, subito sostenuta dal nostro gruppo nella priorità nella calendarizzazione in Commissione e che oggi l'Assemblea si appresta a votare.
Una legge per affermare un diritto contemplato dalla Costituzione, ma in molti casi non rispettato. Pertanto, si pone il problema di come riequilibrare i rapporti di forza tra datore di lavoro e lavoratrice (o lavoratore) ancora oggi troppo squilibrati, tanto da dar luogo ad un abuso di potere e alla lesione della dignità e della libertà delle persone. Una risposta ad un abuso, perché di abuso si tratta: imporre alle persone, nel momento in cui sono più deboli, all'inizio del loro rapporto di lavoro di firmare una lettera di dimissioni in bianco senza alcuna data.
La data verrà apposta successivamente, come dimostrano le molte esperienze diffuse su tutto il territorio, nel momento di debolezza, che per la lavoratrice quasiPag. 93sempre coincide con la gravidanza oppure al suo rientro, ma ciò riguarda anche gli uomini, per malattia, infortuni ed altro.
Purtroppo, assistiamo ad un fenomeno di ampie dimensioni, molto maggiori di quanto le statistiche a nostra disposizione indichino perché sono cifre approssimate per difetto, per la difficoltà evidente di censire un fenomeno che emerge solo in parte, a dimissioni avvenute.
Dalle indagini emerge che tale pratica tende ad accentuarsi; era presente già nel passato, ma oggi è tornata a diffondersi in modo preoccupante, come dimostrano diverse ricerche: da quella delle ACLI si evince come un quarto delle dimissioni volontarie, anno per anno, siano in realtà dimissioni estorte; da un rapporto commissionato dalla Commissione pari opportunità all'ISFOL, su mercato del lavoro e maternità, risulta come la pratica delle dimissioni «volontarie» estorte sia un abuso di potere molto diffuso nei riguardi delle donne alla vigilia della gravidanza.
Esistono inoltre altri rapporti elaborati da parte degli uffici che si occupano di vertenze sindacali, i quali rilevano come almeno milleottocento casi all'anno siano riconducibili a tale abuso. Un fenomeno che non ci fa onore, visto quanto e in quante occasioni si parla molto di famiglia, ma poi questa viene completamente dimenticata, quando come priorità viene posto il profitto, calpestando ogni diritto.
L'obiettivo della proposta di legge, pertanto, è molto semplice: impedire tale pratica per una giustizia sociale, attraverso una modalità molto semplice ed efficace vale a dire, prevedendo l'obbligo, in caso di dimissioni volontarie, di procedere utilizzando dei moduli che presentano una numerazione progressiva ed una validità, dal ritiro, di quindici giorni; moduli predisposti dal Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, in distribuzione presso gli uffici pubblici, con modalità e caratteristiche che diano garanzie rispetto a possibili contraffazioni o ad un uso distorto da parte di soggetti diversi dal lavoratore intenzionato a dimettersi, con un meccanismo trasparente, semplice e non costoso.
Già ci sono normative su questa tematica, non si parte da zero: vi è il decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, che prevede, in presenza di dimissioni volontarie di una lavoratrice madre e fino ad un anno di vita del bambino, che le stesse dimissioni debbano essere certificate da parte dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro, in quanto devono corrispondere ad una effettiva volontà. Per questo mi sento di invitare il Governo a controlli più severi; ciò vale per qualsiasi legge, perché non basta l'approvazione di buone leggi, se poi non vengono fatte rispettare sempre sino in fondo.
Il provvedimento in esame è pienamente coerente con il complesso sistema giuridico posto a tutela del lavoro nel nostro ordinamento ed in particolare con l'articolo 35, primo comma, della Costituzione, in base al quale la Repubblica deve tutelare il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni, per garantire il rispetto dei diritti inviolabili, e con l'articolo 37 della Costituzione, che sancisce che le condizioni di lavoro devono consentire alla lavoratrice di adempiere alle sue essenziali funzioni sociali e familiari.
È un provvedimento che si rende necessario poiché interviene sulla disciplina civilistica dei rapporti di lavoro, disponendo la nullità delle dimissioni che non siano presentate secondo determinate modalità previste dalla legge.
Il nostro voto è a favore almeno per quattro obbiettivi: il primo è costituito dal rispetto della dignità nel lavoro senza il dover sottostare a ricatti; il secondo è rappresentato dalla necessità di riconoscere, nei fatti e in ogni occasione, il valore sociale della maternità e non solo, come troppo spesso avviene, con enunciazioni di principio che poi sono violate sistematicamente, lasciando le donne sole e ricattandole su un valore sociale così importante e universale; il terzo obiettivo è costituito dal conseguimento di una maggior occupazione delle donne, vista come una risorsaPag. 94indispensabile per il futuro della nostra economia; il quarto, assolutamente non meno importante, è l'interesse comune dei lavoratori e delle lavoratrici, ma anche della maggioranza dei datori di lavoro i quali, applicando correttamente le leggi e i contratti, subiscono la concorrenza sleale di coloro che abbattono i costi di produzione evadendo obblighi e responsabilità sociali.
Siamo certo consapevoli che occorre tanto, tanto altro sul tema dei diritti, ma questo ne è un pezzo importante, anche dal punto di vista simbolico, che evidenzia una rinnovata attenzione al tema della dignità e del valore sociale del lavoro. Nel contempo si agirà come previsto nel programma del Governo e come, peraltro, già intrapreso con i provvedimenti della finanziaria scorsa, ad esempio con il piano straordinario per gli asili nido e sostegni alla famiglia.
Più in generale occorre andare oltre, occorre mettere in campo politiche specifiche che tengano conto delle tante differenze esistenti nel mondo del lavoro e, soprattutto, dell'obiettivo della piena e buona occupazione.
Occorre adottare misure generali di regolazione, mettendo in campo politiche attive e di incentivazione, vere politiche di conciliazione tra tempi di vita e tempi di lavoro - vero punto debole del nostro sistema di welfare - volte ad aumentare le opportunità di chi oggi è sottorappresentato nel mercato del lavoro, ovvero le donne e i giovani.
Occorrono servizi adeguati, rispondenti alle nuove necessità, affinché le donne, le coppie possano scegliere con tranquillità di mettere al mondo i figli che desiderano, senza dover subire ricatti così degradanti e senza dover rinunciare al lavoro, anche per le evidenti implicazioni economiche che questo comporterebbe sulle disponibilità familiari.
Oggi in moltissimi casi non è così; lo dimostra il fatto che siamo costretti ad intervenire con un testo legislativo per porre rimedio ad un ricatto molto diffuso.
Il 2007 è l'anno europeo delle pari opportunità, contro tutte le discriminazioni; allora partiamo da qui, dal Parlamento italiano, con questo provvedimento, per andare oltre, con meno celebrazioni ma più fatti concreti al fine di offrire reali possibilità a tutti e tutte, affinché tante, troppe differenze vengano ridotte nel concreto e nella vita di tutti i giorni.
Dichiaro pertanto il voto favorevole del gruppo dell'Ulivo.