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TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO GIAN LUIGI PEGOLO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2852-A
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, il provvedimento di conversione in legge del decreto-legge n. 81 del 2007 (disposizioni urgenti in materia finanziaria) assume un particolare rilievo, nell'ambito della più complessiva manovra sottostante il DPEF.
La sua filosofia è in parziale controtendenza rispetto ai provvedimenti precedenti. Giovandosi, infatti, dell'extragettito fiscale prodottosi nei primi mesi dell'anno - in virtù sia di fenomeni virtuosi in campo fiscale, sia di un più favorevole andamento del ciclo economico - destina risorse aggiuntive per finalità di equità sociale e di sviluppo.
In tal senso, esso opera un riaggiustamento rispetto al precedente DPEF e alla precedente finanziaria, nel senso che l'accento viene posto questa volta non più sull'esigenza di comprimere il debito, ma sulla necessità di intervenire a sostegno di alcuni comparti. Questa scelta è in sé condivisibile, anche se si deve rimarcare che - a suo tempo - la manovra prevista con la finanziaria aveva assunto caratteri discutibili proprio in ragione della mancata previsione dell'incremento del gettito fiscale.
Elemento che non può non preoccupare, nella prospettiva della assoluta necessità di una gestione oculata delle risorse e di una efficace programmazione dell'intervento economico-finanziario.
A differenza dei colleghi dell'opposizione che - uniformandosi al pensiero delle principali autorità monetarie internazionali, nonché a quello del presidente della Banca d'Italia - sostengono che l'intero extragettito avrebbe dovuto essere impiegato per ridurre ulteriormente il debito, io penso che fosse opportuno, invece, un intervento destinato a fini sociali.
Mi si consenta una osservazione di carattere generale. Benché il debito pubblico costituisca un problema enorme per il bilancio dello Stato e quindi vi sia - in via di principio - la necessità di intervenire per ridurlo, io ritengo che in una manovra economica di medio periodo (tesa da un lato a sostenere il reddito e ad affrontare alcune grandi domande sociali e, dall'altro, a favorire lo sviluppo) occorra agire con grande prudenza.
Il rischio è, infatti, che in nome del risanamento, non solo si riducano gli effetti virtuosi della ripresa del ciclo economico ma, soprattutto, che si ricada in una politica dei due tempi - molte volte sperimentata - in cui l'equità sociale vienePag. 108rimandata all'infinito in attesa del miglioramento della condizione economico-finanziaria del paese.
Se una critica va fatta alla politica economica inaugurata dal nuovo Governo, quindi, non è - come sostiene l'opposizione - di essere stata troppo morbida nei confronti della riduzione del debito, ma semmai di aver risposto con troppa sollecitudine all'impostazione monetarista delle autorità comunitarie. Per questo motivo, personalmente, avrei apprezzato un impiego maggiore delle risorse dell'extragettito in funzione del riequilibrio sociale. Come è stato giustamente sottolineato, in questo paese si impone un risarcimento sociale nei confronti delle fasce a reddito basso, e più in generale di quelle che presentano elementi di evidente disagio. Se anziché attestarsi, come ipotizza l'attuale provvedimento, su un deficit annuo del 2,5 per cento si fosse incrementato questo valore, non sarebbe stato drammatico.
Peraltro, pur considerando che in termini di incidenza del debito sul Pil altri paesi hanno una situazione certamente migliore del nostro, fa specie assistere all'iniziativa di un Governo di destra - come quello francese - tesa a posticipare il raggiungimento del pareggio di bilancio, rispetto ai tempi inizialmente pattuiti con l'Unione europea.
Ma venendo ai contenuti del provvedimento, mi si consentano alcune osservazioni. In primo luogo, si tratta di un provvedimento molto complesso che interviene su molti settori. Per evitare una eccessiva dispersione consideriamo i tre principali campi di intervento, seguendo la ripartizione proposta dal relatore, e cioè: interventi in materia di finanza locale, interventi in materia previdenziale e interventi relativi ad autorizzazioni di spesa per le amministrazioni pubbliche.
Relativamente al primo di questi - e cioè la finanza locale - è noto come rispetto alle previsioni iniziali vi sia stata una crescita dell'impegno finanziario previsto nel disegno di legge. È l'effetto di una pressione evidente degli enti locali al fine di conseguire la riduzione dei vincoli posti dal patto di stabilità e la crescita delle risorse destinate alla finanza locale.
A tale riguardo, non si può che esprimere un giudizio positivo su questa riapertura dei cordoni della borsa nei confronti degli enti locali, ottenuti attraverso la maggiore elasticità nell'uso, a fini di investimenti, degli avanzi di amministrazione. Così come vanno considerati positivi i provvedimenti in materia di ICI, che correggono un'impostazione precedente che aveva comportato discriminazioni nei confronti di una parte degli enti locali. L'unico rilievo che si può porre riguardo a questa parte del provvedimento è relativo all'entità complessiva del sostegno finanziario promosso a favore degli enti locali, che resta ancora insufficiente. La questione, peraltro, si sposta sui prossimi provvedimenti di legge, con riferimento al DPEF e alla legge finanziaria. Mi pare del tutto evidente che se non si vuole produrre effetti indesiderati in tema di rincaro della pressione fiscale locale, che come abbiamo potuto constatare nel caso della scorsa finanziaria, finiscono con il vanificare - in parte - anche le politiche redistributive, occorre allentare le misure del patto di stabilità interno.
Per quanto riguarda la parte previdenziale, essa costituisce l'intervento più rilevante in tema di equità e, pertanto, non può che essere apprezzata. I livelli delle pensioni nel nostro paese restano, almeno per alcune fasce di cittadini, molto basse. Era ed è imperativo alzarle. Il provvedimento che stiamo discutendo, elevando le pensioni più basse, secondo criteri differenziati - anche in ragione dei contributi versati - attua un primo sacrosanto provvedimento di equità. La mia opinione è che pur essendo sulla strada giusta, tuttavia, la distanza che resta ancora da colmare rispetto ad una soglia di erogazione che consenta effettivamente una vita dignitosa, resta ancora molto, anzi troppo, ampia. La condizione degli anziani in questo paese molte volte rientra nella fascia di povertà. Un obiettivo essenzialePag. 109della politica sociale del Governo dovrebbe essere quella di sottrarre questi cittadini da tale condizione.
Sono ovviamente concorde con quella parte del provvedimento che punta a garantire le pensioni dagli effetti negativi dell'inflazione o che consente il riscatto della laurea. Si tratta di misure che contribuiscono a tutelare i pensionati e, in prospettiva, i futuri pensionati. Su questo punto, in particolare, occorre prestare grande attenzione. Le misure qui indicate, anche se condivisibili, sono ancora insufficienti rispetto al tema della protezione contributiva delle giovani generazioni. Il grande tema che si impone è quello di una revisione sostanziale dei coefficienti, al fine di consentire ai giovani che oggi si accostano al lavoro di poter ottenere pensioni minimamente decenti. Io mi auguro, a tale riguardo, che il confronto in atto fra le parti sociali dia risposte significative, più significative di quelle fino ad ora constatate.
Infine, sul terzo campo di intervento del provvedimento in questione, quello cioè dello sblocco di risorse per le amministrazioni pubbliche o dell'integrazione delle stesse, ritengo che siano improprie alcune critiche sollevate nei confronti del provvedimento. In realtà, ci troviamo di fronte non solo ad obiettive necessità di spesa, ma anche all'esigenza di superare un'impostazione rigida e per molti versi anacronistica. Penso alla non applicazione del taglio del 20 per cento delle spese di funzionamento per enti e organismi pubblici, o al reintegro dell'accantonamento del fondo speciale di parte corrente del Ministero dell'economia. Ancora, mi pare evidente che le risorse destinate al risanamento dei conti di alcune società pubbliche o para-pubbliche corrisponda ad un'obiettiva necessità.
Infine, se nel provvedimento alcune misure sono convincenti - penso fra l'altro a quelle in tema di cooperazione internazionale - non tutto però è convincente. Per esempio, mi lascia perplesso la ratio del provvedimento relativo alle aree limitrofe alle regioni a statuto speciale. Provvedimento teso - come è ovvio - a sopire le spinte che provengono da alcuni comuni ad aderire alle contermini regioni a statuto speciale, che però affronta a mio avviso in maniera discutibile l'essenza del problema. Così come appaiono discutibili, anche in relazione alle giustificazioni date a tale proposito dal Governo, i maggiori stanziamenti destinati alle missioni internazionali. Infine, benché sappiamo come le norme in materia di cuneo fiscale riguardanti banche ed assicurazioni siano state sollecitate dalle autorità comunitarie, lascia comunque perplessi che i benefici vadano a favore di tali settori. Peraltro - mi si consenta - già ho avuto occasione di criticare l'impostazione dei provvedimenti di taglio del cuneo fiscale a favore delle imprese perché sostanzialmente aselettive. Con le misure qui assunte tale mancanza di selettività diventa ancora più evidente, ponendo, a me pare, la necessità di una revisione sostanziale di tale impostazione per tornare ad una politica giustamente selettiva a sostegno del sistema delle imprese.
Il sostegno allo sviluppo, infatti, non può tradursi in un aiuto finanziario generalizzato al sistema economico ma deve invece concretizzarsi nell'incentivo alle parti più virtuose dello stesso, o comunque a quelle imprese che possano da tale intervento trarre con certezza stimolo per il loro consolidamento e sviluppo.