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Seguito della discussione del disegno di legge: Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale (A.C. 3178-A) (ore 16,10).
(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Emendamento 1.100 del Governo - A.C. 3178-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto sull'emendamento 1.100 del Governo, sostitutivo dell'articolo 1 del disegno di legge n. 3178-A, e soppressivo dei restanti articoli (da 2 a 37), e delle allegate tabelle, sulla cui approvazione senza subemendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Spini. Ne ha facoltà.
VALDO SPINI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, noi deputati Socialisti abbiamo postoPag. 2con forza, nella vicenda in esame, il problema dei giovani e, in particolare, dei cocopro che diventano disoccupati. Di fronte a questa evenienza, volevamo un provvedimento per inserirli in un percorso formativo che potesse ripresentarli con maggiore forza sul mercato del lavoro. È il dramma del nostro tempo. Lo vivono tutte le famiglie. I giovani non riescono a trovare un'autonomia economica e morale.
Avevamo ricevuto dal Governo impegni precisi, ma sono stati disattesi. Infatti, nel testo del maxiemendamento sul quale è stata posta la questione di fiducia non figurano. Siamo, quindi, costretti ad affermare che voteremo la fiducia per spirito politico di solidarietà ed anche perché così è stato preannunciato dagli altri Socialisti che partecipano con noi al processo costituente, ma lo facciamo certamente con molta delusione.
Sentiamo più forte in noi l'esigenza di un nuovo Governo, con un nuovo programma ed una composizione più snella, adeguata a quella degli altri Paesi europei. Come Socialisti, quindi, tutti uniti su questo, diamo al Governo una fiducia tutt'altro che acritica. Anzi, continueremo a portare avanti le nostre richieste di solidarietà sociale e di equità, e soprattutto le nostre richieste per i giovani che rappresentano, al tempo stesso, la parte strategica e più debole del nostro Paese.
Il provvedimento sul welfare (ormai il nome inglese si è affermato) mobilita imponenti risorse, certamente per scopi molto importanti, altrimenti non saremmo qui a votare la fiducia. Però, ci colpisce, e si tratta di un punto che vogliamo sottolineare con particolare impegno...
PRESIDENTE. Deputato Spini, deve concludere.
VALDO SPINI. ...che non sia stato preso in considerazione il problema dei giovani.
Signor Presidente, la ringrazio per la sua scampanellata così energica. Se fossi stato un po' sordo non l'avrei certamente potuta trascurare. Ai rappresentanti del Governo annunciamo che insisteremo su questa strada (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Socialisti per la Costituente, La Rosa nel Pugno e di deputati dei gruppi DCA - Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI e Misto - Repubblicani, Liberali, Riformatori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Nucara. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NUCARA. Signor Presidente, gli osservatori più attenti hanno visto nell'apposizione della questione di fiducia una sconfitta di tutto il Parlamento. In Commissione lavoro si era raggiunta un'intesa che il Governo ha stravolto, riproponendo il testo originario concordato con le forze sociali. Quell'accordo ha, quindi, prevalso sulle prerogative tipiche del Parlamento, che è sede della sovranità popolare. Si è creato un pericoloso precedente che lo stesso Presidente della Camera ha voluto stigmatizzare.
In futuro, dovremo essere più attenti nel marcare i confini che debbono esistere tra una consultazione popolare - per quanto estesa e importante essa sia - e i principi fondamentali della nostra Costituzione.
Sarebbe, tuttavia, sbagliato non comprendere le ragioni di tale prevaricazione. La maggioranza politica non esiste più, le sue divisioni sono talmente profonde da determinare la paralisi di qualsiasi decisione di merito. È, allora, inevitabile che sulla dialettica parlamentare prevalgano pulsioni esterne, condizionamenti che impediscono alle istituzioni di funzionare correttamente. Così la crisi politica rischia di trasformarsi in una crisi della democrazia.
Questo è, forse, l'aspetto più preoccupante, al di là del merito della questione. Quando un Governo non è più in grado di garantire una sintesi politica, può sopravvivere solo divorando le istituzioni. Il Presidente Prodi prenda atto che non ha più una maggioranza parlamentare e ne tragga, per il bene del Paese, le inevitabili conseguenze. Sarebbe un gesto di responsabilità apprezzabile. Per queste ragioniPag. 3voteremo «no» alla fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Repubblicani, Liberali e Riformatori e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Buontempo. Ne ha facoltà per tre minuti.
TEODORO BUONTEMPO. Signor Presidente, ieri, a nome de La Destra, ho rivolto un invito ai parlamentari del centrodestra, affinché oggi non partecipassero al voto di fiducia, in modo che gli italiani potessero vedere questa maggioranza - che ormai calpesta ogni regola - votarsi da sola la fiducia. Per ora ciò non è avvenuto. Spero che i colleghi del centrodestra capiscano che, in questa maniera, si rischia che il cittadino dica: siete tutti uguali.
Noi de La Destra non siamo uguali e riteniamo che questo Governo si debba dimettere per la dignità delle persone che lo compongono, per la dignità dell'istituzione che rappresentano e per rispetto alla dignità di questo Parlamento.
Oggi con il voto di fiducia, forse, il Governo respirerà qualche settimana in più, ma ormai il suo destino è segnato. È segnato perché con questo provvedimento tagliate le gambe ai giovani. Per il clientelismo politico di oggi, costringerete intere generazioni a vivere prive di una copertura pensionistica. Vi avevamo chiesto con delle nostre proposte emendative almeno la copertura degli oneri sociali nel periodo in cui un giovane resta senza lavoro.
La Presidenza della Camera all'onorevole Bertinotti e a Rifondazione Comunista sta costando un prezzo altissimo. Noi della Destra non accettiamo neppure che la rottura ci debba essere sul fatto se proteggere o meno i giovani dal nodo scorsoio del contratto a tempo. Riteniamo, invece, che la rottura ci debba essere, perché il disegno di legge finanziaria per il 2008 che vi state apprestando a varare, indebita il Paese, non risana, non crea sviluppo, non investe sulla ricerca scientifica e non investe sufficientemente sull'università.
Vi apprestate a fare dell'Italia il fanalino di coda dell'Europa. Ecco il motivo delle dichiarazioni di Dini, il quale preannuncia la sua uscita dall'Ulivo e delle dichiarazioni di Rifondazione Comunista che vi dice: a gennaio faremo i conti; ciò vale anche per altri esponenti della vostra maggioranza.
PRESIDENTE. Deputato Buontempo, dovrebbe concludere.
TEODORO BUONTEMPO. Per la dignità di questo Parlamento, vi prego: andate a casa, dimettetevi (Applausi dei deputati del gruppo Misto-La Destra)!
PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'Istituto tecnico per geometri «Ugo Ciancarelli» di Rieti, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Widmann. Ne ha facoltà, per quattro minuti.
JOHANN GEORG WIDMANN. Signor Presidente, signor Ministro, signor sottosegretario, colleghe e colleghi, ogni voto di fiducia su materie specifiche rappresenta un limite della democrazia parlamentare. L'uso esagerato del voto di fiducia è la conseguenza di una maggioranza risicata o non omogenea e, talvolta, è anche la conseguenza di incomprensioni per fatti reali.
Il Protocollo del welfare del 23 luglio di quest'anno è un buon esempio di come le parti sociali possano porre mano a riforme utili per far progredire il Paese. Questo Protocollo rappresenta il minimo comune denominatore per l'applicazione del programma di Governo che riguarda le riforme dello Stato sociale e del mercato del lavoro.
A mio modesto avviso, questo Protocollo avrebbe potuto avere un respiro più ampio se si fosse elaborata e definita una grande riforma lungimirante dello Stato sociale e del mercato del lavoro, chePag. 4avrebbe promosso la competitività della nostra economia e avrebbe dato sicurezza alla tenuta della rete sociale.
Invece, ci siamo accontentati di questa «mini-riforma», rischiando di dover rimetterci nuovamente mano tra breve. La Commissione lavoro ha fatto un lavoro paziente e proficuo. Bisogna ammettere che nel maxiemendamento si ritrovano diverse richieste avanzate dalla Commissione stessa; richieste che rispecchiano reali necessità, sia degli operatori economici, che dei lavoratori interessati.
Ogni riforma ha il suo lato negativo. Le aperture verso nuove flessibilità vengono spesso distorte dal loro uso improprio. È, quindi, compito del legislatore formulare norme che garantiscano la giusta applicazione e che impediscano lo sfruttamento. Sarà compito anche delle parti sociali denunciare e combattere queste applicazioni distorte. Apprezzo moltissimo lo sforzo sostenuto dalle parti sociali, apprezzo altresì il referendum dei lavoratori e ritengo il testo del maxiemendamento in linea con le loro intenzioni. Dichiaro, pertanto, il voto favorevole del gruppo Misto - Minoranze linguistiche (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Minoranze linguistiche e Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lo Monte. Ne ha facoltà.
CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, onorevole colleghi, onorevole rappresentante del Governo, ancora una volta questo Governo, in barba alle prerogative del Parlamento, ha posto l'ennesima questione di fiducia.
È passata una sola settimana da quando in quest'Aula è stata votata la fiducia al Governo sul decreto fiscale. Ancora una volta - credo che sia la ventitreesima - siamo qui a votare la fiducia, questa volta sul disegno di legge di attuazione del Protocollo su previdenza, lavoro e competitività; un disegno di legge, badiamo bene, non un decreto-legge, che quindi non aveva alcun carattere di urgenza.
È sotto gli occhi di tutti che, anche questa volta, su un tema di così grande rilevanza per il nostro Paese, il dibattito in Parlamento è stato strozzato, l'apporto di tutte le parti politiche presenti in quest'Aula reso impossibile, il lavoro svolto dalla Commissione umiliato e - perché no - anche mortificato.
Questo ennesimo ricorso alla fiducia costituisce il modo con cui il Governo ha deciso di difendersi, non dall'opposizione, ma dalla sua stessa maggioranza. Mi sembra che il Presidente Bertinotti abbia finalmente denunciato quello che è ormai evidente ai più: questo modo di procedere del Governo ripropone un'evidente e preoccupante difficoltà nel rapporto tra Esecutivo e Parlamento.
Noi del Movimento per l'Autonomia crediamo - e lo affermiamo con forte e convinta preoccupazione - che questo Governo non rappresenti più alcun italiano e neanche una parte di se stesso, perché non affronta i reali problemi dell'Italia. Certamente, non rappresenta il Mezzogiorno e tutte quelle regioni, come la Sicilia, che sono assenti in tutti i provvedimenti, non sono mai destinatarie di interventi positivi da parte dell'attuale Governo e i cui problemi finora non sono stati neppure affrontati. Ci riferiamo al declino economico, all'emergenza occupazionale nel sud e al dramma dei nostri giovani che sono costretti nuovamente a emigrare in massa come, e forse più, di ciò che avvenne nel dopoguerra.
Su questi temi il Governo non ha fornito alcuna risposta o, nella migliore delle ipotesi, ha fornito una risposta inconsistente. Figuriamoci se ai giovani del sud che non riescono a trovare un lavoro interessa se andranno in pensione tre anni prima o tre anni dopo! Magari avessero un lavoro e qualcuno che pagasse loro i contributi!
Ci chiediamo perché l'impegno ossessivo di ogni Governo debba essere quello di distruggere il lavoro che altri in precedenza hanno svolto e per quale ragione, invece di stravolgere le riforme già varate,Pag. 5non si intervenga sul tanto che ancora vi è da fare. Pensiamo alle mai decollate zone franche urbane...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CARMELO LO MONTE. ... e ci domandiamo perché in Italia non si possa realizzare ciò che è stato realizzato in altri Paesi, come l'Irlanda. Perché in Italia la fiscalità compensativa deve essere ancora un tabù...
PRESIDENTE. Deputato Lo Monte, deve concludere, per favore.
CARMELO LO MONTE. Concludo, Presidente. Perché gli imprenditori siciliani, calabresi e pugliesi, che si confrontano con un gap infrastrutturale spaventoso, dovrebbero pagare le stesse tasse dell'imprenditore della Lombardia o del Veneto?
PRESIDENTE. Guardi che il tempo a sua disposizione è tassativo, deve concludere.
CARMELO LO MONTE. Noi, come Movimento per l'Autonomia, rappresentiamo quella parte di italiani che non hanno più pazienza e proprio per questo voteremo contro la fiducia e, dunque, contro questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia, DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI e Misto-Repubblicani, Liberali, Riformatori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Barani. Ne ha facoltà.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, a nome del gruppo DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI, i socialisti che non sono entrati nella Costituente e che non condividono di stare con l'Unione e con Prodi, e anche come relatore di minoranza del disegno di legge sul welfare, dico un «no» convinto al ventitreesimo oltraggio che questo Governo fa al Parlamento chiedendo nuovamente la fiducia su un provvedimento fondamentale per il futuro dell'Italia, delle nuove generazioni e dei giovani.
È la ventitreesima candelina sulla torta del malgoverno Prodi, questa volta pesante come un cero perché va anche contro l'impegno di un'intera Commissione della Camera che ha lavorato ininterrottamente per oltre duecento ore, fino a tarda notte, per apportare modifiche al disegno di legge sul welfare. Complimenti, Ministro Damiano! Lei ha avuto la faccia tosta di venire alla Camera durante la discussione sulle linee generali e disquisire sul testo della Commissione che poi un emendamento del suo Governo ha smontato e cambiato con l'eliminazione della soglia minima per i lavori usuranti, l'abolizione dello staff leasing (la somministrazione a tempo indeterminato) e l'abrogazione del job on call ad eccezione dei settori del turismo, dello spettacolo e della ristorazione. Il Ministro Damiano era a conoscenza di tutto questo, perciò ha mentito sapendo di mentire!
In veste di relatore di minoranza sul provvedimento sul welfare le rappresento il disappunto della stragrande maggioranza degli italiani che le chiede di abbandonare il Dicastero perché non ne è all'altezza, e chiede a Prodi di liberare l'Italia da questo malgoverno che tanto male fa agli italiani e alla ripresa economica di un Paese, che è ultimo nella crescita tra le nazioni dell'Unione europea e in grande ritardo sull'ammodernamento e sul potenziamento delle infrastrutture.
D'altronde, mettere a capo di un Ministero chiave come quello delle infrastrutture, l'ex questorino Antonio Di Pietro - mi sia concessa la digressione scherzosa - sarebbe come nominare presidente dell'AVIS Dracula, con la conseguenza che possiamo tutti immaginare: le risorse verrebbero inevitabilmente succhiate!
Ormai anche nella maggioranza si sta elevando un coro di repulsione verso questo Governo; quasi tutti i gruppi che lo sostengono rivendicano libertà di iniziativa e di decisione, ovvero le cosiddette «mani libere». Ciò è riscontrabile dall'Udeur al gruppo Dini, da Rifondazione ComunistaPag. 6alla Rosa nel Pugno - gruppo, peraltro, cui appartengono compagni socialisti che, mentre ci hanno testé riferito che il Governo non ha mantenuto gli impegni sui cocopro, pure, in maniera silente, esprimeranno la fiducia -, da Diliberto a Di Pietro, dai Verdi alle minoranze linguistiche.
Tutti, infatti, sostengono che il Governo sta concludendo una lunga agonia e che è necessario «staccare la spina». Il suo destino, anche nel momento terminale, è penoso, in quanto deve in ogni istante vigilare l'ala massimalista dei suoi compagni di strada e del sindacato affinché non stacchino davvero la spina.
L'impressione diffusa, a destra come a sinistra, è che il Governo Prodi sia sotto tutela da parte dei sindacati, delle cooperative rosse e di poteri forti quali banche, assicurazioni, grandi famiglie del capitalismo italiano e multinazionali straniere che hanno occupato economicamente l'Italia. D'altronde, non poteva essere diversamente: Romano Prodi è l'uomo degli interessi del capitalismo straniero in Italia; è risaputo da tutti.
Il disegno di legge in esame è nato male, costruito partendo dal tetto con fragili fondamenta.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 16,30)
LUCIO BARANI. Per accattivarsi l'organizzazione sindacale si è voluto prima concertare - che brutta parola, «concertazione»: anche in passato ha sempre portato male! - con le organizzazioni sindacali tradizionali un Protocollo su previdenza, lavoro e competitività, per poi farlo «ratificare» dal Parlamento. Si è voluto dialogare con organismi che rappresentano meno del 50 per cento delle cosiddette parti sociali e si è voluto concertare con l'esigua minoranza del Paese un provvedimento destinato ad avere pesanti effetti su tutti gli italiani e, soprattutto, sulle future generazioni destinate a lavorare più di quarant'anni (i fortunati che troveranno lavoro) e ad andare in pensione con la metà dell'attuale livello salariale-pensionistico.
Avevamo una legge seria, realizzata a più mani da persone capaci come Biagi, Treu e l'allora Ministro Maroni durante il Governo Berlusconi, ma la si è voluta snaturare e così rendere più pesante il futuro dei nostri figli e dei nostri nipoti. Questo è un comportamento cinico ed irresponsabile. La legge n. 30 del 2003 (la cosiddetta legge Biagi), onorevole Ministro Chiti, rappresentava un patto tra le generazioni, un patto solidale tra genitori e figli con un pensiero rivolto anche ai nipoti e tale doveva rimanere.
È stato un errore aver chiesto ai pensionati (non coinvolti nel patto) di partecipare ad un referendum confermativo sul Protocollo. La vogliamo dire, onorevoli colleghi, la verità?, A quel referendum hanno partecipato meno di tre milioni di persone e i due terzi erano costituiti da pensionati che non avrebbero dovuto avere titolo a votare.
Il provvedimento in esame, che comporta una maggiore gradualità nell'innalzamento dell'età necessaria per conseguire il diritto alle pensioni di anzianità, determina oneri ingenti: circa 7 miliardi di euro nell'arco del decennio 2008-2017. Ciò è in lapalissiana contraddizione con ciò che avviene in tutti gli altri Paesi europei, i quali hanno minori tasse, maggiori salari, poco debito pubblico, imprese più competitive e lavoratori che vanno in pensione tutti tra i sessanta e i settant'anni.
Il disegno di legge in esame è privo anche della copertura finanziaria e, oltre a determinare future questioni di legittimità costituzionale, aumenterà il nostro debito pubblico, perché dalla razionalizzazione del sistema degli enti di previdenza non scaturirà mai il risparmio di 3,5 miliardi di euro previsto dal Governo nell'arco del decennio; al contrario, la fusione degli enti previdenziali comporterà nuove spese, così come nuove ulteriori spese comporterà l'estensione dei benefici previsti con i congedi parentali.
Anche la Ragioneria generale dello Stato conferma quanto da noi sostenuto. Se è vero, come è vero, che per la primaPag. 7volta dal dopoguerra l'Italia è l'unica nazione in Europa in cui la spesa pubblica ha superato il 51 per cento del PIL e siamo, quindi, economicamente sull'orlo di un burrone, approvare il disegno di legge finanziaria, i provvedimenti collegati, il Protocollo sul welfare così come da voi predisposti significherebbe far compiere al Paese un deciso passo in avanti provocandone la caduta nel burrone e consegnare alle future generazioni non un patto solidale, ma una nazione fallita, così come è successo in Argentina.
L'approvazione del disegno di legge di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 voluto da un'esigua minoranza di lavoratori e dalla triplice organizzazione sindacale - e non dalla maggioranza delle parti sociali - significherebbe compromettere il futuro dei nostri giovani, delle donne, dei disabili e delle classi più svantaggiate: categorie tutte dimenticate dal Governo. Agli incapienti, signori Ministro Damiano, non servono i quarantuno centesimi - una miseria! - al mese e solo per un anno per risolvere e alleviare i loro problemi.
Questa è pura demagogia e semplice carità. La cultura riformista che rappresento con il Nuovo PSI - secondo la tradizione che va da Turati a Saragat, da Nenni a Craxi e, per finire, a Stefano Caldoro, attuale segretario del partito, già autorevole Ministro per l'attuazione del programma del Governo Berlusconi - ci differenzia notevolmente dalla concezione di Stato sociale e di socialismo reale predicata dai partiti comunisti massimalisti che appoggiano questo Governo. Tutte ideologie che trasferiscono, ancora oggi, fuori dai tempi, il concetto di lotta di classe, nei rapporti socio-economici di una nazione: anche i ricchi devono piangere!
Ricordo che, con il Governo Berlusconi, l'Italia è stata riconosciuta dall'ONU come il primo Paese al mondo per l'erogazione di servizi e solidarietà. Per noi riformisti welfare significa fornire un livello di base di benessere, salute e istruzione, supportato dall'equo gettito ricavato dalle tasse, al fine di permettere l'uso migliore di talenti della popolazione, le cosiddette risorse umane. Vogliamo un'Italia dei bisogni e, ovviamente, dei meriti. Una nazione, come ricordava Winston Churchill, è una casa di vetro: non si possono ingannare molte persone per tanto tempo. Oggi il peggio della politica nobile è rappresentato da un Governo costantemente in forse, virtualmente già imploso, che, per mantenere la propria fragile esistenza, è costretto continuamente a mediare posizioni diverse e opposte, a conciliare ciò che non è conciliabile e, quindi, a perdere il treno delle grandi riforme, che sono le uniche in grado di recuperare le posizioni che l'Italia ha perduto e sta perdendo.
Non si tratta, infatti, di riuscire a «galleggiare» nella palude quotidiana di questo Governo, ma di creare rapporti di consenso così ampi da poter vincere la sfida della modernizzazione. Gli eredi di De Gasperi, Sturzo ed Einaudi - e non, per quanto riguarda l'ispirazione della DC, quelli di Dossetti - e del liberalismo storico, quelli di La Malfa e Rossi e, infine, gli alfieri di quel socialismo liberale che, nella nostra storia, sale da Salvemini a Saragat, fino al Craxi del saggio su Proudhon, possono ritrovare i fili di un progetto comune che, liberandosi dalle scorie del passato, proponga al Paese un serio orizzonte riformatore.
In conclusione, onorevoli colleghi, ci riteniamo fortunati per il fatto che l'Italia è stata sorteggiata, per la qualificazione ai Mondiali del 2010, nel gruppo 8 con Bulgaria, Eire, Cipro, Georgia e Montenegro. Non vorrei che questa divenga la classifica socio-economica del nostro Paese. Siete un Governo forte con i deboli e debole con i poteri forti: preannunziamo in maniera convinta, pertanto, la nostra sfiducia, accompagnata dalla più completa e totale disistima rivolta al Presidente del Consiglio Romano Prodi (Applausi dei deputati dei gruppi Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito Socialista- Nuovo PSI e Misto - Repubblicani, Liberali, Riformatori).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Rossi Gasparrini. Ne ha facoltà.
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FEDERICA ROSSI GASPARRINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo Popolari-Udeur è convinto che il provvedimento recante norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 sia di estrema importanza per il Paese, considerato che si tratta di un accordo siglato con le parti sociali e approvato con referendum da ben cinque milioni di lavoratori. Ci troviamo di fronte a un atto che l'Udeur intende difendere e approvare, perché rispetto ad esso sentiamo di avere un preciso vincolo sociale e non esclusivamente politico.
Uno degli elementi caratterizzanti l'attuale maggioranza, quale strumento distintivo rispetto al Governo di centrodestra, è stato riprendere lo strumento della concertazione e la ricerca dell'accordo fra le parti sociali. Diciamo «no», pertanto, allo scontro sociale, verificatosi nella precedente legislatura, con il tentativo spericolato del Governo Berlusconi di abolire unilateralmente alcune parti dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Noi del gruppo Popolari Udeur, invece, riteniamo che, per una nazione che voglia essere competitiva e solidale, sia determinante fornire risposte alle richieste dei cittadini e che, per favorire un corretto sviluppo economico e sociale, sia indispensabile sfruttare al meglio tutte le sue risorse, anche attraverso lo strumento della concertazione fra gli attori della crescita economica.
Il provvedimento che stiamo esaminando rappresenta senza dubbio un passo importante verso un sistema normativo con il quale lo Stato è in grado di eliminare diseguaglianze sociali a favore dei più deboli. Esso è un atto di eccezionale rilevanza per tutto il Paese. Sulla base dell'Accordo è stato approvato dal Governo un disegno di legge, poi sottoposto all'esame della Commissione di competenza, al fine di consentire ai deputati la possibilità di apportare miglioramenti eventuali sulla base della ratio stessa del provvedimento.
Con tale spirito abbiamo lavorato in Commissione lavoro, nel doveroso rispetto degli impegni assunti con le parti sociali al fine di garantire l'approvazione di un provvedimento che risponda alle esigenze degli interessati, ma soprattutto dell'intero Paese.
Durante il dibattito in Commissione siamo stati in grado di far emergere voci di categorie di persone che, pur rappresentando parte importante della società, non hanno goduto del privilegio di sedere al tavolo di concertazione del Governo e, di conseguenza, non hanno potuto far valere le loro istanze. Il gruppo Popolari-Udeur è stato la loro voce. L'Udeur per prima, con l'interrogazione a risposta immediata Fabris n. 3-01421, ha avanzato una richiesta puntuale, durante lo svolgimento del question-time nella seduta di mercoledì 14 novembre 2007, relativa alla soppressione del lavoro intermittente o a chiamata, prevista in attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007; essa, sebbene condivisibile in quanto è diretta alla cosiddetta buona occupazione, avrebbe comportato risvolti negativi rispetto a taluni ambiti lavorativi. Esistono infatti settori, come quello turistico e della ristorazione, ove la richiesta di personale si intensifica in determinati orari della giornata o giorni della settimana o periodi dell'anno perché si registrano picchi di intensa attività.
In questi ambiti il lavoro a chiamata costituisce, per i datori di lavoro, l'unico strumento legale per far fronte a tali esigenze, ma anche per i lavoratori è l'unico modo per essere assunti in modo trasparente. Se vogliamo quindi combattere il lavoro nero e lo sfruttamento è necessario reintrodurre il lavoro a chiamata. Infatti, l'abrogazione di tale forma di contratto avrebbe incentivato il grave fenomeno del lavoro sommerso, a danno dei lavoratori, che spesso sono giovani studenti che cercano attività di breve durata per contribuire al proprio mantenimento e gravare meno sul bilancio della famiglia.
Perciò abbiamo proposto una riformulazione della disposizione, per il ripristino di tale tipologia contrattuale, che ha costituito la base dell'intesa nella maggioranza, e poi del testo definitivo di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007.Pag. 9
Del resto, tale reintroduzione era davvero necessaria, considerato che dal 1o gennaio 2008 per tali settori era previsto l'avvio di una contrattazione tra le parti, che li avrebbe lasciati senza regole ed avrebbe incentivato il rischio del lavoro sommerso per imprese e lavoratori.
Avremmo voluto realizzare anche di più, estendendo la facoltà di utilizzare lo strumento legale del lavoro a chiamata all'intero comparto del commercio e dei servizi, come la stessa categoria richiede, attraverso le parole del presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.
Tuttavia, oggi purtroppo ci troviamo costretti da alcune componenti della maggioranza a sottoporre ad un voto di fiducia un provvedimento che reputiamo indispensabile per molte categorie di lavoratori.
Il voto di fiducia è necessario per stroncare l'atteggiamento non responsabile di quanti agiscono senza prospettive e senza rendersi conto che, con comportamenti come quelli assunti durante l'esame del provvedimento di attuazione del Protocollo sul welfare, si rischia di rendere vane le legittime aspettative di quanti hanno sottoscritto tale accordo.
Infatti, sono state avanzate proposte emendative che avrebbero fatto esplodere i costi della riforma e che, soprattutto, erano prive dell'accordo fra le parti sociali, quando invece l'obiettivo dell'organo legislativo - a maggior ragione in queste occasioni - è quello di portare avanti concretamente le istanze delle categorie.
Riteniamo che gli accordi stipulati vadano rispettati e infatti, pur avendo noi Popolari-Udeur lavorato, in Commissione e non solo, al fine di apportare miglioramenti al testo, avremmo votato a favore dell'approvazione del provvedimento anche senza l'introduzione delle nostre modifiche.
Vorremmo riservare un breve passaggio del mio intervento ai commi 81 e 82 dell'articolo 1, con i quali si pongono le basi politiche e tecniche per favorire l'occupazione delle donne. A nome della forza Popolari-Udeur, ringrazio il Governo, che ha voluto rispettare le delibere della Commissione lavoro, ponendo attenzione anche al mondo delle mamme che, per voler seguire la crescita dei figli, sono attualmente fuori dal mercato del lavoro, ma desiderano rientrarvi attraverso un iter moderno ed europeo.
Ringrazio il Governo anche per aver introdotto un diritto che alle casalinghe era stato tolto dal precedente Governo Berlusconi: il diritto di versare in modo saltuario i contributi volontari sul proprio fondo pensione complementare.
Di conseguenza, i Popolari-Udeur esprimeranno un voto favorevole sul testo definitivo risultante dal maxiemendamento frutto di un compromesso cui il Governo è stato costretto, ma in cui sopravvivono le modifiche condivise dal nostro gruppo. Rinnoveremo la fiducia al Governo Prodi, perché siamo convinti che questo atto legislativo vada nel segno di un ammodernamento concreto del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pellegrino. Ne ha facoltà.
TOMMASO PELLEGRINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi ci troviamo ad esprimere un voto di fiducia al Governo su un provvedimento particolarmente atteso da milioni di cittadini. Su tale provvedimento si è svolto un lavoro intenso, frutto di un confronto e di una discussione particolarmente viva anche all'interno della nostra maggioranza. Prendiamo atto dello sforzo compiuto in particolare dal Presidente Prodi per cercare un giusto equilibrio ma certamente non può e non deve essere mai dimenticato il ruolo del Parlamento. Non posso non ricordare l'enorme e difficile lavoro svolto dalla XI Commissione che è stata capace di confrontarsi sul Protocollo del welfare e di portare a termine un lavoro che andava sicuramente verso un miglioramento del Protocollo stesso.
Noi Verdi riteniamo certamente un importante risultato quello dell'abolizione dello scalone; impegno assunto dal centrosinistra all'inizio della legislatura. L'altroPag. 10impegno che abbiamo assunto, in particolare con milioni di giovani, è rappresentato dalla lotta al precariato. Nei cinque anni di Governo di centrodestra tante e troppe sono state le forme di lavoro precario proliferate con diverse tipologie contrattuali che non solo non fornivano alcuna certezza per il futuro di moltissimi giovani italiani, ma che spesso ne mortificavano anche la dignità, non prevedendo alcuna forma di diritto come quello alla maternità, alle ferie, alla malattia, alla pensione. Se a tutto ciò aggiungiamo l'esistenza di salari estremamente bassi, ci rendiamo conto di come le condizioni di lavoro in Italia siano diventate una mortificazione per tanti cittadini che, dopo numerosi sacrifici, si sono ritrovati senza alcun tipo di riconoscimento.
Non è questo il Paese che vogliamo. Noi Verdi riteniamo che fornire stabilità e certezze deve essere una priorità e un dovere morale prima che politico. Il nostro obiettivo è far diventare i contratti a tempo indeterminato una regola e non certo un'eccezione come è stato per troppo tempo. Sono 5 milioni i cittadini italiani che non possono programmare il proprio futuro perché con dei salari bassissimi non hanno neppure le certezze per il presente.
È singolare che si parli di valori e di famiglia con una situazione lavorativa che, di fatto, impedisce a milioni di giovani di creare i presupposti per essere autonomi e per costruirsi una propria famiglia.
Bisogna mettere in atto tutte quelle azioni concrete che contrastano in modo chiaro ed univoco tutte le forme di lavoro atipiche e precarie. Non possiamo più consentire che tantissimi giovani siano costretti a guardare fuori dall'Italia o fuori dalla regione di appartenenza per poter avere qualche certezza per il proprio futuro.
Questo è ciò che chiediamo nel voto di fiducia al Governo e per noi questo provvedimento rappresenta solo il primo e l'iniziale passo per l'eliminazione del precariato in Italia. Certamente tanti e troppi sono ancora i settori dove tantissimi giovani non hanno ancora alcuna certezza per le proprie condizioni di lavoro. Penso a tutto il comparto della sanità dove, dopo numerosi sacrifici, tanti giovani sono costretti letteralmente ad arrangiarsi con una serie di contratti atipici. Penso ai tanti settori dell'ambiente che, negli ultimi anni, hanno avuto un'enorme sviluppo economico producendo, però, tante forme di lavoro atipico.
Penso all'età media dei ricercatori italiani, la più alta d'Europa, e all'università italiana dove da anni non vengono assunte nuove energie e risorse umane, e penso altresì a tutti quei giovani con il lavoro a chiamata.
Nel lavoro che noi Verdi abbiamo svolto, soprattutto insieme alla sinistra di questo ramo del Parlamento, sia nell'XI Commissione sia presso tutti i tavoli di confronto sui temi del lavoro, abbiamo cercato di rendere effettive e concrete alcune norme dirette alla stabilizzazione, ed è proprio su questo aspetto che chiediamo al Governo di compiere un deciso e notevole ulteriore sforzo, già da adesso, ovverosia dalla prossima legge finanziaria.
Il nostro auspicio è che l'autonomia del Parlamento non debba mai essere messa in discussione. Nelle dichiarazioni delle ultime ore qualche autorevole esponente politico ha parlato di sconfitta della sinistra. Il superamento dello scalone, l'abrogazione del lavoro a chiamata, l'abrogazione dello staff leasing, l'introduzione di una serie di regole nel mondo del lavoro, il riconoscimento di alcuni diritti fondamentali per milioni di lavoratori, il riconoscimento dei lavori usuranti, il contrasto al lavoro nero, la parità di trattamento tra donne e uomini nel mondo del lavoro, la possibilità di essere stabilizzati anche dopo trentasei mesi di lavoro non continuativi, i contributi per i giovani disoccupati, le agevolazioni per il riscatto della laurea, la facilitazione d'inserimento nel mondo del lavoro per tanti portatori di handicap, le facilitazioni per l'accesso al credito, la copertura previdenziale per i periodi di passaggio tra un contratto e l'altro, sono tutte misure che certamente non rappresentano una sconfitta per la sinistra, senatore Dini, bensì una prima iniziale speranza per milioni di giovani.Pag. 11
Il gruppo dei Verdi voterà la fiducia al Governo; infatti siamo stati sempre responsabili e leali nei confronti della coalizione e continueremo ad esserlo, e proprio per questo riteniamo inaccettabili i ricatti di una parte centrista della coalizione che ha messo più volte in difficoltà la maggioranza. Siamo favorevoli ad una verifica per rilanciare il programma della coalizione, partendo proprio dal precariato e dai giovani. Ci fa piacere ricordare che in una coalizione serve una vera collegialità e non si può pensare di procedere solo con le imposizioni di una parte della maggioranza, soltanto perché essa sfrutta le condizioni nelle quali si trova la maggioranza al Senato. Per governare in modo stabile un Paese vi è bisogno della partecipazione di tutte le componenti politiche e, per quanto ci riguarda, il punto d'incontro deve consistere sempre e solo nel far prevalere l'interesse dei cittadini e non l'interesse e la tutela di parte, come tante e troppe volte siamo stati abituati a vedere nel nostro Paese. Proprio perché noi Verdi crediamo anche nella capacità di questo Governo di aumentare le garanzie per i giovani, di incrementare e potenziare le misure contro il precariato, e soprattutto di essere capace, a questo punto, di aprire una nuova fase che rilanci l'attuale coalizione di centrosinistra, intendiamo dunque esprimere il nostro voto di fiducia al Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Donadi. Ne ha facoltà.
MASSIMO DONADI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento oggi è chiamato ad esprimersi su un provvedimento di straordinaria importanza, perché il Protocollo sul welfare ha segnato veramente una svolta importante nel modo di governare il Paese. Per la prima volta, dopo tanti anni, siamo tornati a vivere un momento di grande concertazione, nei confronti di tematiche come lo Stato sociale, le pensioni e il futuro dei giovani lavoratori, tra le più difficili, delicate e complesse del Governo di un Paese. Si tratta di un'intesa, raggiunta prima di tutto grazie all'impegno del Governo, che ha messo insieme più di quaranta associazioni tra quelle di categorie sindacali e rappresentanze imprenditoriali. Si tratta altresì di un accordo ratificato dal voto di oltre cinque milioni di lavoratori e pensionati italiani nei luoghi di lavoro e nelle fabbriche, che riteniamo rappresenti uno straordinario momento di partecipazione e di gestione da parte del Governo della cosa pubblica. Non si può non rilevare che, proprio grazie a questo provvedimento, si sono introdotti una serie di misure dirette alla tutela delle classi sociali più deboli, a tutela di quei giovani che entrano nel mondo del lavoro, a tutela delle donne, e a tutela di chi in questi anni ha vissuto esperienze di lavoro che assomigliano più al precariato che al lavoro a termine, misure che si sono tradotte in nuovi strumenti, nuove risorse e nuove speranze per il futuro.
Certo, non tutto ha potuto trovare una soluzione idilliaca. Fare di più o pensare di fare di più è sempre possibile. Ma la domanda che - credo - gli italiani si devono porre e che il Parlamento si deve porre nell'accingersi a votare il provvedimento in esame è un'altra: era concretamente possibile fare di più? Noi dell'Italia dei Valori siamo profondamente e fermamente convinti che da parte del Governo, da parte della maggioranza si sia fatto tutto il possibile.
Siamo convinti che i cinque milioni di cittadini, lavoratori e pensionati italiani, che sono andati a sottoscrivere, esprimendo il loro consenso, il referendum confermativo del Protocollo abbiano pensato che questo Protocollo non rappresenti certo la panacea, la soluzione di tutti i loro mali. Tuttavia, hanno preso atto con realismo e con senso di responsabilità - che, purtroppo, in alcuni momenti è mancato, invece, nel dibattito politico di questi ultimi mesi - che questo Protocollo dimostrava da parte del Governo l'impegno non solo a fare il massimo in termini diPag. 12impegno di risorse e di investimento economico in un settore così delicato, ma addirittura, se possibile, di spostare anche di un passo più in là il limite massimo tra le risorse disponibili e l'altra variabile alla quale, purtroppo, non possiamo non fare riferimento, ossia l'equilibrio dei conti pubblici.
Probabilmente, nel ratificare questo Protocollo abbiamo anche compiuto un passo in più rispetto all'equilibrio con i conti pubblici dello Stato. Noi dell'Italia dei Valori ne siamo consapevoli, l'abbiamo accettato e l'abbiamo intimamente approvato perché siamo convinti che, in questo momento, in questo Paese dove tanti milioni di famiglie italiane da anni soffrono per condizioni economiche inadeguate, per condizioni di lavoro che non consentono di investire nel futuro e di avere una certezza del futuro per i giovani, era il momento non più rinviabile per dare un segnale forte di vicinanza e di grande redistribuzione.
Il Protocollo non solo interviene con forza con misure molto importanti sull'aspetto pensionistico. Credo che meriti per tutti di essere ricordato l'intervento che viene compiuto sul cosiddetto scalone Maroni. Tale provvedimento, se non vi fosse stato il Protocollo e l'accordo, avrebbe previsto che, dal 1o gennaio, chi, sino al giorno prima, poteva andare in pensione ad una certa età, dal giorno successivo sarebbe stato obbligato a rimanere al lavoro per tre anni in più.
Ebbene, è un risultato importate aver sostituito questa norma con una più dolce e più delicata che consente di raggiungere gli stessi obiettivi.
È inutile nasconderci dietro un dito: è un dato importante, bello e positivo della nostra vita e della nostra società. Gli italiani hanno aspettative di vita non solo qualitativamente migliori ma anche quantitativamente più lunghe rispetto anche solo ad un decennio fa. Di questo non si può non tener conto nel costruire un sistema previdenziale: non è più possibile andare in pensione all'età a cui si andava vent'anni fa, avendo però aspettative di vita che sono doppie rispetto alle aspettative di vita di allora.
Però, si è pensato ad un riavvicinamento e ad un percorso più graduale che consentisse di coniugare ancora una volta l'equilibrio dei conti pubblici, ma anche la vita, i diritti e le esistenze reali di tante persone in carne e ossa che da 35, 36, 37, 38 anni lavoravano spesso in condizioni difficili e pesanti.
Si è prevista una definizione ben precisa di lavoratori usuranti ai quali deve essere riconosciuto il tipo di lavoro svolto: è giusto che lo Stato si faccia carico di riconoscere un trattamento privilegiato per il modo in cui tali persone hanno lavorato.
Ma d'altra parte si è voluto anche tener conto del fatto che un Paese è in grado di dare tanto più in termini di giustizia sociale e tanto più in termini di Stato sociale quanto più vi è un'economia forte che cresce, un mondo ed un sistema impresa nel nostro Paese sempre più capace di essere competitivo e all'altezza di un confronto che ormai è globale e non riguarda più l'Italia né l'Europa ma tutto il mondo.
Quindi, è stato evidente procedere in questo modo con riferimento a provvedimenti, già adottati non da questo Governo, ma dai governi precedenti, negli anni precedenti, che - aggiungo - hanno necessariamente portato ad un sistema del mondo del lavoro meno stabile, con maggiori elementi di flessibilità.
Era in qualche misura inevitabile realizzare ciò, ma, forse, in Italia lo si è fatto troppo rapidamente, troppo frettolosamente, senza considerare che intervenire in un modo così profondo sul sistema del lavoro avrebbe comportato anche la necessità di intervenire contemporaneamente, in modo ugualmente importante, in materia di ammortizzatori sociali.
Se si pongono in essere condizioni tali per cui un lavoratore, in alcuni casi, può anche perdere il suo posto di lavoro, poi bisogna assumersi la responsabilità, se si tratta dello Stato sociale nel quale crediamo (noi di Italia dei Valori siamoPag. 13fermamente convinti che questo sia un grande valore), accompagnando questo lavoratore verso la riqualificazione professionale, nonché la possibilità di un reingresso rapido e qualificante nel mondo del lavoro.
La seconda parte del protocollo contiene una serie importantissima di provvedimenti a tutela dei diritti dei lavoratori, come l'aumento dell'indennità di disoccupazione, proprio per intervenire in questi momenti, non solo in termini di tempo, ma anche in termini di compenso economico vero e proprio (abbiamo aumentato l'indennità di disoccupazione come concetto economico); vi sono inoltre alcune norme rivolte principalmente ai giovani, come la possibilità di riscattare a condizioni vantaggiosissime il corso di laurea, in modo da consentire agli stessi di avere una pensione più alta, sicuramente confrontabile e paragonabile a quella che hanno avuto i loro genitori, al di là di quello che oggi, altrimenti, le norme in vigore avrebbero consentito.
Crediamo che tutte queste scelte siano state importantissime e fondamentali, che abbiano qualificato in modo straordinario l'azione politica e sociale di questo Governo.
Come non cogliere il rilievo di questo passaggio! Come non cogliere la straordinarietà dell'azione e dell'accordo che qui oggi siamo chiamati a ratificare, anche perché questo provvedimento non è isolato, ma va a completamento di un insieme di provvedimenti adottati dal Governo in questo anno e mezzo che hanno avuto tutti lo stesso obiettivo, lo stesso elemento di distinzione: intervenire in ogni forma, in ogni modo, nei limiti delle risorse disponibili per questo Governo, a favore dei ceti più disagiati di questo Paese.
Questo Governo ha già aumentato le pensioni minime e ha previsto misure a favore della stabilizzazione di chi, ormai da anni, svolgeva un lavoro precario nella pubblica amministrazione, talora anche in forme elusive, se non in palese violazione, delle norme di legge, assieme a provvedimenti che hanno complessivamente reso più forte e più importante lo Stato sociale di questo Paese.
Come non menzionare il fatto - importantissimo per creare una distinzione vera, reale e sostanziale tra lavoro più flessibile e quel precariato che dobbiamo in ogni modo evitare - che vi è una norma contenuta in questo provvedimento per cui ormai non sarà più possibile assumere a tempo determinato per un periodo superiore ai tre anni e che anche se questi tre anni sono prestati a intermittenza, non di seguito, comunque al termine di questo periodo ne deriverà un'assunzione a tempo indeterminato?
Signor Presidente, onorevoli deputati, crediamo - e questa è la ragione del fermo e convinto voto di fiducia di Italia dei Valori al Governo su questo disegno di legge - che con questo provvedimento questo Governo e questa maggioranza si siano assunte in pieno la responsabilità e l'onere non solo di governare il Paese e i suoi grandi fenomeni sociali, ma di fare tutto questo a favore dei lavoratori, dei pensionati e delle categorie più disagiate e più deboli del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Diliberto. Ne ha facoltà.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo non sfugga a nessuno che oggi si produce uno strappo molto serio dentro la maggioranza. È evidente che siamo ad un cambio di fase e ad uno snodo della legislatura: proverò a riassumerlo in modo semplice, al di là del politichese che non capisce nessuna persona normale.
Il Governo ha stipulato il 23 luglio un accordo con le parti sociali. Questo accordo - è ovvio - vincola chi lo ha sottoscritto e non altri, perché il Parlamento è o dovrebbe essere l'unico depositario, nel nostro ordinamento, del potere legislativo.
È stato ricordato anche nel corso di questo dibattito che quell'accordo è statoPag. 14poi sottoposto a consultazione tra i lavoratori: questi ultimi lo hanno a maggioranza approvato. Ma questo lo rende immodificabile? Credo di no. Infatti, provate a chiedere ai lavoratori che hanno votato «sì» e ai tanti che hanno votato «no», com'è ovvio, se comunque vorrebbero che l'accordo fosse migliorato: credo che la totalità risponderebbe di sì, che può essere migliorato.
È quello che abbiamo provato a fare, tutta la maggioranza, non solo i comunisti, col lavoro della Commissione, qui alla Camera. Noi Comunisti Italiani giudicavamo e continuiamo a giudicare sbagliato quell'accordo, che aumenta nei fatti l'età pensionabile; ma nonostante questo giudizio abbiamo accettato, per lealtà nei confronti della maggioranza e del Governo, di cimentarci in una logica emendativa, migliorativa di un testo che non ci piaceva. E così sono stati approvati emendamenti correttivi, che impedivano che il precariato potesse essere reiterato senza termine finale, praticamente per sempre e, inoltre, si è lavorato per consentire ai «lavoratori usuranti» - cosa di elementare equità sociale - di andare in pensione prima degli altri, allargando appunto la platea di tali lavoratori.
C'eravamo occupati, dunque, di due cose serie e ragionevoli: l'una, il precariato, piaga sociale che colpisce ormai quasi tutti i giovani, e non solo i giovani purtroppo, e che consegna all'insicurezza e alla ricattabilità milioni di persone; e poi i lavori che fanno invecchiare prima, perché l'età anagrafica non è la medesima per andare in pensione se hai fatto il professore universitario o se hai fatto l'edile. Provateci voi a salire in cima ad un'impalcatura di un cantiere a 62 anni! Si tratta di elementari correttivi di buonsenso.
A questo punto è insorta Confindustria; e questo è sì deprecabile, ma anche comprensibile: verrebbe da dire «scene di lotta di classe».
GIACOMO STUCCHI. Ma se tu non hai mai lavorato (Commenti dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani)!
OLIVIERO DILIBERTO. Se la Lega protesta vuol dire che ho ragione, va benissimo (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
Stavo dicendo, scene di lotta di classe; peraltro, da parte di Confindustria che ha avuto un mucchio di regali da questo Governo. Ma al contempo, due senatori guidati dal presidente Dini hanno posto un vero e proprio ricatto al Governo: o si tolgono quelle modifiche, o noi non votiamo. È un fatto enorme, perché le modifiche della Camera erano state approvate da tutta la maggioranza, tutti insieme, da tutto il centrosinistra; e tuttavia, due senatori tengono in scacco il Governo e l'intero Parlamento. Il Governo, tuttavia, ha compiuto una scelta altrettanto grave, cioè ha scelto di subire questo ricatto, ha ceduto ai poteri forti e a due senatori.
Da questo momento si apre dunque una fase nuova, perché avete permesso a Dini di ricattarvi, gli avete consegnato un potere di interdizione permanente, per l'oggi e per il domani. La maggioranza è in balia di due senatori: accontentare due - questo avete scelto - contro tutta la sinistra, due contro centocinquanta parlamentari, che sino ad oggi hanno svolto con lealtà, con serietà e con coerenza un lavoro ingrato di tenuta di questa maggioranza. Tutto ciò è evidentemente per noi inaccettabile, e credo che vada gridato al Paese intero: ecco chi ricatta, ecco chi mette in discussione il Governo, certo non la sinistra.
Vi siete assunti una responsabilità, e noi Comunisti Italiani (e immagino, spero anche altre componenti della sinistra) dovremo trarne tutte le conseguenze. Ripeto: si apre, e non per scelta nostra, una fase nuova e ricca di incognite. Noi lavoreremo come sempre per il bene del centrosinistra e per il bene del Governo, ma è il Governo che temo abbia scelto di non fare il proprio bene.
La delusione, Ministro Chiti, è grande. Se il Parlamento è tenuto sotto ricatto da Dini e da un altro senatore, cosa dovrebbe fare la sinistra? Smettere di svolgere il proprio ruolo? Evidentemente no; anzi, daPag. 15oggi il nostro ruolo sarà molto ma molto più incisivo, su ogni provvedimento, su ogni decreto-legge, su ogni atto del Governo. Cambia tutto. Avete rotto un patto tra noi, consapevolmente.
Avete confidato nella nostra lealtà, che manifesteremo anche oggi, votando la fiducia: perché noi siamo persone serie, e noi rispettiamo i patti (Commenti dei deputati dei gruppi Forza Italia e Lega Nord Padania).
GIACOMO BAIAMONTE. Non ha fatto altro che dire male del Governo e poi vota la fiducia. Ma come si fa?
CARLA CASTELLANI. È una sceneggiata!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego di lasciar parlare l'onorevole Diliberto.
OLIVIERO DILIBERTO. Signor Presidente, la ringrazio ma ripeto, ancora una volta, che quando la destra protesta vuol dire che siamo nel giusto.
Colleghi del Governo, pensate davvero, offendendo la sensibilità di milioni di donne e uomini di sinistra, di precari e di lavoratori, di aver fatto un buon servizio al Paese e a voi stessi? Io non credo.
Noi non abbandoneremo la nostra lealtà. Ma c'è una novità: ve la dovrete guadagnare. Valuteremo di volta in volta i provvedimenti: che ci dimostrino - non a parole - che questo Governo ha a cuore la sorte dei più deboli. I più deboli: utilizzo volutamente questa espressione. I deboli non hanno giornali che possano attaccarvi; i ricchi e i potenti sì, ne hanno. Ma se continuerete a cedere ai ricatti dei ricchi e dei potenti, mi permetto di ricordarvi - poiché forse lo avete dimenticato - che i deboli non hanno giornali, ma votano.
GIANPIERO D'ALIA. Viva Robin Hood!
OLIVIERO DILIBERTO. Oggi avete deciso di scrivere una brutta pagina per la nostra maggioranza: subendo il ricatto di Dini, avete lacerato la maggioranza. E lacerando la maggioranza vi esponete ad un rischio, perché Dini, proprio colui che avete accontentato, ha già dichiarato che vuole superare il quadro politico. Bell'affare.
Noi non ci stiamo. Non ci stiamo ed opereremo giorno dopo giorno, da ora, per restituire dignità all'intero centrosinistra (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo).
CARLA CASTELLANI. È una promessa o una minaccia?
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Villetti. Ne ha facoltà.
ROBERTO VILLETTI. Signor Presidente, arriviamo a questo voto di fiducia sul disegno di legge sul welfare avendo seguito un percorso tortuoso e contraddittorio. All'interno della maggioranza si sono determinate - e non è la prima volta - divisioni politiche accompagnate da forti contrasti. Abbiamo appena ascoltato il discorso del segretario dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto; poco fa, ho letto una dichiarazione del segretario di Rifondazione Comunista, Franco Giordano, che afferma testualmente: «Per me, o c'è la verifica o non c'è più il Governo». In questo dibattito parlamentare, ci troviamo dunque in una situazione veramente paradossale: ci accingiamo a concedere la fiducia al Governo e, nello stesso momento, leggiamo una dichiarazione del segretario di Rifondazione Comunista che descrive una condizione di pre-crisi.
In questa delicata materia, è stato fatto sin dall'inizio un grave errore, che è la fonte di tutti i guasti ben evidenti che si sono verificati all'interno della coalizione di centrosinistra: il Governo avrebbe dovuto - e lo dico in particolare al Ministro Damiano, che si è impegnato fortemente nella trattativa con le parti sociali - approvare un decreto che trasformasse subitoPag. 16 in legge le intese raggiunte con le parti sociali. Se il Governo avesse compiuto questa scelta, non ci troveremmo oggi nella condizione in cui si trova quest'Assemblea parlamentare. Ciò non è avvenuto perché vi è stata la contrarietà del Ministro di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero.
Dopo aver fatto questa scelta, il Governo non si è attestato affatto sulla difesa del testo dell'intesa, ma ha dimostrato ampie aperture a modifiche sostanziali.
Il caso più clamoroso di tale comportamento anomalo del Governo si è verificato con l'accoglimento al Senato di un ordine del giorno presentato dai senatori socialisti Angius, Bordon e Montalbano per dare un'indennità di reinserimento, legata a riqualificazione professionale, ai collaboratori a progetto, che è l'unica categoria rimasta sprovvista di un'efficace tutela sociale.
Il Governo si è impegnato con un atto formale: tutto ciò, però, è scomparso come una bolla di sapone. E non c'è dubbio che su questo hanno pesato alleati che contano come la «serie A» o come la «superserie A», mentre tutti gli altri alleati sono stati trattati come la «serie B» o, peggio, la «serie C». Ciò provoca, evidentemente, una condizione di malessere, di disagio e di divisione politica all'interno del Governo.
Noi abbiamo sempre sostenuto la necessità di dare più flessibilità al mercato del lavoro per affrontare meglio le sfide della globalizzazione, ma abbiamo sempre ritenuto che la flessibilità debba essere accompagnata dalla sicurezza, come ha indicato Marco Biagi.
La differenza è semplice: la destra è per la flessibilità senza la sicurezza, l'estrema sinistra è per la sicurezza senza la flessibilità, i socialdemocratici e i liberalprogressisti europei sono, invece, per uno stretto rapporto tra flessibilità e sicurezza, quella che viene chiamata flexicurity. Noi ci troviamo in Italia di fronte ad una situazione paradossale: i lavoratori a tempo indeterminato, che hanno un posto fisso e possono godere di una forte rete di sicurezza e di notevoli vantaggi previdenziali, hanno una condizione ben diversa dagli altri. Mano a mano che si arriva alle categorie dei lavoratori dipendenti meno garantiti e più deboli, le tutele sociali invece di aumentare diminuiscono: questo è il paradosso italiano.
Per coloro i quali hanno garanzie e tutele lo Stato prevede ammortizzatori sociali, indennità e continuità del reddito; mano a mano che il mercato non garantisce più il posto fisso e ci si trova in una situazione di precarietà, le tutele invece di aumentare diminuiscono, o addirittura non ci sono. Questa è la distorsione dello Stato sociale. Tutto ciò diventa di una gravità inaudita per i collaboratori a progetto, che sono rimasti gli unici sprovvisti di qualsiasi efficace sostegno al reddito.
Se ci fosse stato più coraggio nell'affrontare il problema delle soglie pensionistiche - e credo che, da questo punto di vista, siamo stati noi socialisti e noi radicali coloro i quali hanno con più forza sostenuto questa frontiera -, avremmo avuto più risorse a disposizione per creare un nuovo sistema universale di sicurezza sociale per tutto il mondo del lavoro e per garantire una vita più serena agli anziani non autosufficienti.
Nei grandi Paesi europei la socialdemocrazia è riuscita a mantenere insieme più flessibilità e più sicurezza. Il coraggio dei riformisti sta proprio nel proporre scelte che possano legare fortemente l'innovazione all'equità. La differenza rispetto all'estrema sinistra è che noi facciamo propria quell'antica metafora dei socialdemocratici, secondo la quale per poter distribuire la lana bisogna far ingrassare le pecore: quindi puntare allo sviluppo - sia pure allo sviluppo sostenibile - e all'innovazione non significa affatto peggiorare le condizioni dei cittadini, ma creare invece le condizioni per cui tutti possano stare effettivamente meglio.
La fiducia che noi diamo è sicuramente legata anche al risultato che è stato individuato. Il Protocollo si è mosso timidamente su questa strada: poteva fare di più!
Penso che su questo terreno era necessario fare di più. Tuttavia, è stato meglioPag. 17raggiungere un accordo rispetto ad una situazione nella quale si acutizzassero i conflitti sociali.
La fiducia che stiamo per accordare avviene in un clima assai agitato, che riguarda sia la maggioranza sia l'opposizione. Mai avevamo registrato una situazione in cui le divisioni politiche fossero così notevoli in entrambi gli schieramenti parlamentari. Nessuno, quindi, può «montare in cattedra» per dare lezioni di unità allo schieramento avversario. Questa è la condizione di crisi del bipolarismo italiano, attorno al quale si affollano tanti medici che spesso sono la fonte della malattia.
È opinione assai diffusa che sia necessario per il centrosinistra un cambio di passo, come spesso suggeriscono esponenti politici del Partito Democratico. Vi è chi invoca l'avvio di una nuova fase. Vi è chi, come i radicali, chiede un maggiore coraggio riformista e infine vi è chi, come il Partito socialista (ed è anche la mia opinione all'interno di tale partito), chiede un nuovo programma, la formazione di un nuovo Governo e un Prodi bis.
Spetta, comunque, al Presidente del Consiglio assumere un'iniziativa per evitare che la situazione si deteriori giorno dopo giorno, dal punto di vista politico. Forse è chiedere troppo che il Governo si possa reggere su una coalizione di contenti e soddisfatti. Non si può, però, andare avanti a lungo con una coalizione di scontenti e insoddisfatti. La fiducia non può essere una «camicia di Nesso» per tenere insieme una maggioranza divisa. È necessario, invece, arrivare ad una condizione nella quale la maggioranza possa avere politiche condivise.
Noi speriamo che ciò avvenga e con tale spirito i deputati socialisti e radicali riconfermano la fiducia al Governo. Speriamo che le condizioni del futuro migliorino una situazione di grave disagio del presente e facciamo ciò perché crediamo che il nostro Paese abbia in sé tutte le risorse per rinnovarsi (Applausi dei deputati del gruppo La Rosa nel Pugno).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Salvo. Ne ha facoltà.
TITTI DI SALVO. Signor Presidente, la ringrazio per l'opportunità rara che viene concessa a Sinistra Democratica di far conoscere la propria opinione al Paese, visto che siamo cancellati sistematicamente da tutti i telegiornali con un'accuratezza, da questo punto di vista, che non può essere casuale, così come ufficialmente ha riconosciuto l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, non più di una decina di giorni fa.
Vengo al punto. Sinistra Democratica esprimerà il proprio voto favorevole alla richiesta di fiducia. Lo faremo senza concedere sconti e, dunque, senza chiudere gli occhi di fronte a ciò che rappresenta la richiesta del Governo di porre la fiducia su un testo diverso da quello che è stato votato dalla Commissione parlamentare. Su tale testo Sinistra Democratica ha espresso subito le proprie valutazioni, mettendo in luce i miglioramenti, ma non nascondendo i peggioramenti che erano stati fatti. Il ripristino del lavoro a chiamata, parziale certo, ma in quei settori in cui il lavoro a chiamata si usa, con il paradosso per cui, mentre si ritorna indietro non rispetto a tutti i miglioramenti, ma sicuramente rispetto a quelli più significativi, tuttavia si conservano i peggioramenti. È un paradosso che francamente non si spiega, se non alla luce di poteri, pesi e metri di misura diversi all'interno della stessa maggioranza.
Il Governo aveva di fronte due strade dopo l'accordo con le forze sociali ed il voto che più di cinque milioni di persone, donne e uomini, lavoratori e pensionati, hanno espresso su tale Accordo. Aveva due strade di fronte: indicare quel testo come l'equilibrio non modificabile o consegnarlo al Parlamento attraverso il disegno di legge. Ha scelto la seconda strada. Giusto, bene, siamo d'accordo! Ma proprio per tale motivo la scelta di porre la questione di fiducia in ordine ad un testo diverso apre un evidente problema nel rapporto tra il Governo e il Parlamento.Pag. 18
Siccome di ciò si tratta, è francamente artificiosa ed anche, per così dire, insopportabile (vorrei dire priva di senso) una rappresentazione del conflitto tra parti sociali e Parlamento, come se fosse possibile in democrazia contrapporre la concertazione - che è una delle forme della democrazia partecipata, in Europa sanzionata e prevista anche nei Trattati - al Parlamento.
Mi fa specie, lo dico veramente, che a richiamare il rispetto degli accordi e della concertazione sia Confindustria, che molto ha ricevuto da questo Governo, sia nella legge finanziaria precedente, sia in quella attuale (mi pare che si stia andando in tale direzione). Mi fa specie che sia Confindustria a richiamare o a sanzionare, in caso contrario, la morte della concertazione, una Confindustria che, a fasi alterne, ha apprezzato la concertazione o l'ha rifiutata a seconda del momento.
Si è aperto, dunque, un problema serio, al netto delle dinamiche che si sono sviluppate nella maggioranza che - anch'esse - devono essere affrontate a viso aperto, nominandole: esse si chiamano Senato e ricevibilità di poteri di veto e di inibizione anche, per l'appunto, del Parlamento.
Nonostante ciò, voteremo a favore della fiducia con una motivazione precisa: vogliamo impedire che entri in vigore il 1o gennaio 2008 la punizione che Maroni aveva inflitto agli italiani, condannandoli ad andare in pensione con tre anni di ritardo.
Vogliamo affermarlo a viso aperto. Riteniamo, infatti, che i contenuti del disegno di legge in esame costituiscano un passo in avanti, così come hanno riconosciuto quei cinque milioni e più di persone che sono andate a votare in gran parte a favore di quell'accordo. Ma che vuol dire passo in avanti, per non nascondersi dietro le parole?
Significa che, intanto, il primo problema che il Governo si è trovato di fronte quando si è insediato è stato rimediare ai guasti prodotti dalle leggi di cinque anni del Governo precedente sul lavoro e sulle pensioni. Per quanto riguarda la previdenza ciò è avvenuto ricostruendo quel patto tra ragazzi e ragazze, madri e padri, generazioni intere, donne e uomini che era stato rotto per evitare pensioni da fame in futuro per quei giovani che, senza un intervento, in virtù del metodo contributivo, non avranno futuro, né una pensione dignitosa.
Il disegno di legge contiene scelte che, in questo senso, costituiscono un passo in avanti: ammortizzatori sociali, lotta al lavoro nero, disabilità, promozione del lavoro delle donne, part-time, contratti di inserimento, amianto e anche qualcosa sui contratti a termine.
Ma con la stessa franchezza e sempre a viso aperto, occorre chiedersi: quel passo in avanti è sufficiente? È sufficiente rispetto ai bisogni del Paese? È sufficiente rispetto alle aspettative delle persone? Non lo è. Onestamente, lo sa tutta la maggioranza che non lo è. Infatti, la precarietà sociale del lavoro rimane la cifra di questo Paese, il suo problema e il suo limite allo sviluppo.
La terza domanda è: tale passo in avanti è distante dal programma di Governo? Poco? Tanto? Ci si avvicina? La risposta è che è distante. A queste ultime domande la maggioranza è tenuta a fornire una risposta a gennaio, cioè domani mattina.
A gennaio è doveroso che tutti ci assumiamo le nostre responsabilità, naturalmente di fronte ai cittadini e alle cittadine che ci hanno votato, al Paese e, reciprocamente, di fronte a tutti noi. Occorre rimettere in fila le priorità, scegliere, restituire profilo alla missione di questo Governo, verificare nella maggioranza se esistano le condizioni per rinnovare un patto di solidarietà (ma non autoreferenziale) intorno alle scelte, alle priorità che devono essere nominate e definite.
Infatti, senza una missione, questo Governo e questa maggioranza hanno esaurito la loro funzione e, se ci guardassimo tutti negli occhi, sapremmo che è così. Anche in questo caso bisogna chiamare le cose con il loro nome: quali priorità? Pensiamo che lo sviluppo del Paese significhi qualità, ricerca, innovazione, scuola, formazione e sviluppo sostenibile.Pag. 19
La qualità del lavoro vuol dire redistribuzione di risorse e ricchezza verso i salari, le retribuzioni. Ciò significa ridare fiato ed essere orgogliosi della nostra cultura politica, quella per cui più diritti significano più sviluppo, respingendo una tesi, una teoria, una cultura, che non ci appartiene, secondo la quale meno diritti vuol dire più crescita. Ma quando mai? Questa tesi è sconfitta dalla storia, perché reintrodurla?
Occorre orgogliosamente ridare fiato alla nostra cultura politica. Più diritti, significa più sviluppo, più coesione sociale significa un Paese migliore per tutti. Per questo, è necessario un impegno senza quartiere contro la precarietà del lavoro.
Tuttavia, voglio esporre un terzo punto delle nostre priorità: restituire riconoscimento e valore al lavoro sociale delle donne, alla loro funzione sociale, ai loro diritti e alla loro libertà. Come fa un Paese che è all'ottantaquattresimo posto nelle graduatorie internazionali? È imbarazzante o meno? Nella scala delle priorità, questo punto deve essere in cima.
Inoltre, ciò significa grandi riforme per restituire credibilità alla politica. Vuol dire legge elettorale, per restituire ai cittadini la possibilità di scegliere le persone, ma anche le alleanze e il diritto di avere le proprie idee rappresentate in un Parlamento fatto di donne e uomini. Ma ciò significa anche conflitto di interessi, che è una grande questione democratica. Il gruppo Sinistra democratica chiede in questa sede che riprenda il percorso parlamentare della legge sul conflitto di interessi. Lo chiediamo formalmente e ufficialmente (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e Comunisti Italiani).
Dunque, il nostro voto favorevole sulla fiducia non è formale, è accompagnato da un giudizio sulle leggi che stiamo votando, ma anche da una richiesta sobria (per questo non meno determinata e ferma) di un nuovo slancio del Governo e della maggioranza.
Veniva detto dal collega Villetti che è necessario un «nuovo passo». Molti parlano di «nuovo passo», ma dipende verso quale direzione. Per questo ho voluto dire qual è la direzione che intendiamo.
Questa è la responsabilità che la Sinistra democratica si assume. Confidiamo in ciò, assieme a tutta la sinistra, per il bene dell'Italia, che ha bisogno di una forte sinistra unita, anche per il bene del Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO BODEGA. Signor Presidente, signori del Governo e onorevoli colleghi, lo strumento del voto di fiducia al quale il Governo è ricorso, pur disponendo di una maggioranza non risicata alla Camera, è l'indegno epilogo di un cammino legislativo a dir poco schizofrenico. È vero che siamo davanti ad un provvedimento che tocca da vicino la vita dei cittadini, che in forma diversa coinvolge diverse generazioni, non cercando di favorire una saldatura tra loro, ma di fatto mettendo in conflitto padri e figli, nonni e nipoti.
È un provvedimento che spacca la società e siamo di fronte ad un voto di fiducia pesantemente marchiato da ricatti interni alla maggioranza. Non sono parole mie o del mio movimento politico, ma dichiarate a chiare lettere, scandite a più riprese e in più luoghi dal leader del partito dei Comunisti Italiani, onorevole Diliberto.
Il senatore Dini sarebbe il ricattatore e la sinistra radicale la sconfitta di questa partita, che però vota per senso di responsabilità. Davvero non si capisce quale sia il senso di responsabilità di una maggioranza che governa contro il sentimento del Paese e avvalendosi del «voto stampella» di chi non crede neppure in quello che vota (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Mi verrebbe da dire, onorevole Diliberto, che, come per le ciliegie «una poltrona tira l'altra» e così via (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!Pag. 20
Davvero una pagina poco dignitosa, con il sistematico calpestio di pronunciamenti non usciti sui giornali o sulle televisioni, ma dalle sedi istituzionali. C'è davvero da restare allibiti di fronte alle acrobazie procedurali e politiche che vengono consumate in quest'aula per costituire un precedente che incateni il dibattito al Senato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,30)
LORENZO BODEGA. Non si è riusciti a trovare un punto di incontro, perché non si possono mettere d'accordo Confindustria e sinistra massimalista.
Oggi il problema del Governo è solo quello della sua sopravvivenza, quello di accontentare i poteri forti e non le classi più deboli, quello di far approvare, così com'è stato originato, questo Protocollo, con un disegno di legge senza nessuna modifica, aggiunta o stralcio.
Cosa dire dei costi di questa proposta, che mettono in crisi l'equilibrio del sistema previdenziale faticosamente raggiunto attraverso un decennio di interventi? Non più dieci, ma ventitre e rotti miliardi di euro di maggiorazione di spesa, e potrebbe ancora crescere: a tanto ammonta la «bolletta» - definiamola così - sulla riforma del welfare. È sin troppo chiaro come il Protocollo sul welfare sia un compromesso verso il basso che umilia, e non nobilita, le istanze degli uni e le prudenze degli altri.
È per queste ragioni, caro Ministro Damiano, che il Paese non si riconosce in un Governo che ogni giorno fa la conta e non si rende conto che la sopravvivenza della maggioranza equivale alla deriva economica e sociale dell'Italia. L'ansia con cui avete dimostrato di picconare le riforme fatte dal centrodestra ha finito di sradicare anche quell'impianto del welfare che il nostro Ministro Maroni aveva con pazienza, intelligenza e lungimiranza portato alla luce in un clima incandescente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Barani).
Il voto di fiducia cosa determina? Decapita anche questo dibattito, mettendo a nudo la paura della maggioranza di confrontarsi in un libero Parlamento che, se non è chiamato a esprimersi su questioni così rilevanti per il tessuto sociale nel suo complesso, a che cosa deve essere utile? Non è in gioco l'età pensionabile, di per sé; oggi chi ha 62 anni scavalca le recinzioni e sale sulle impalcature, caro Diliberto. Prova a dire a mia mamma, che ha 74 anni, che è vecchia, e senti un po' cosa ti risponde (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Non è in gioco l'età pensionabile, non sono in gioco i lavori usuranti, nei quali vergognosamente non avete contemplato le forze dell'ordine [(Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]. Ma è in gioco la visione della società del futuro del nostro Paese. Non si può contrapporre l'uomo ai costi, perché siamo tutti - di sicuro la Lega Nord - per la centralità della persona. Ma se i conti non tornano, non possiamo regalare utopie e illusioni, merce sempre più ricca nel repertorio della sinistra.
Vi è un Paese non competitivo, un Paese che ha due velocità - la Lega Nord lo ha sempre sostenuto - con il nord che non fa più conto sullo Stato centrale ma viaggia sulle proprie gambe, con il cuore e con l'ingegno degli imprenditori e dei lavoratori, con la cultura del lavoro diffusa e radicata; e con un sud che lo Stato continua a lasciare senza orizzonti: questo Paese è destinato alla deriva, è destinato a retrocedere.
Allora, forse capirete che le riforme, specie quelle che toccano nel vivo la qualità della vita dei cittadini, non possono essere frutto di schematismi ideologici e di lotte di classe.
Come possiamo non votare contro, con amarezza e indignazione per l'esproprio del Parlamento? Perché se la Casa delle libertà vive ore febbrili alla ricerca di uno sbocco, la temperatura della maggioranza è torrida come quella di un ammalato gravissimo, altro che «cagionevole salute di ferro», Ministro Damiano! MostratePag. 21agli italiani la faccia di questo Governo: è pallida, tremendamente pallida, nonostante il rosso con il quale la sinistra massimalista vorrebbe dipingere gli italiani e le riforme, salvo poi arrendersi ai colori pastello imposti dal senatore Dini.
Quello della Lega Nord è un voto contrario che più contrario non si può (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI - Congratulazioni)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.
LUCA VOLONTÈ. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, cari telespettatori, vorrei segnalare - perché forse qualcuno non se ne è accorto - che l'intervento dell'onorevole Bodega è il primo intervento delle opposizioni. Chiunque si fosse messo in ascolto della televisione sino ad un'ora fa, ascoltando le parole dei Socialisti e dei Comunisti Italiani, non avrebbe potuto distinguere chi rappresentava l'opposizione da chi rappresentava la maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania). Abbiamo ascoltato tutti discorsi straordinariamente negativi che si concludevano, come in un corto circuito mentale prima che dialettico, con una semplice affermazione: «Voteremo a favore in vista di ciò che accadrà a gennaio».
Dopo il ricorso alla questione di fiducia per ventitré volte in diciotto mesi e dopo la seconda sfiducia di maggioranza, perché in questa settimana, come nella scorsa (vale a dire in soli sette giorni), registriamo due voti che non sono solo contro il Parlamento, ma anche contro la parte del Parlamento che sostiene il Governo, ossia la coalizione di centrosinistra, occorre prendere atto di ciò che l'UDC si era permesso di affermare circa un anno fa: questa maggioranza politicamente non esiste più.
Invece, si è continuato a dire esattamente il contrario contro la realtà dei fatti e si è preferito non guardare a ciò che è accaduto a gennaio dello scorso anno a Caserta dove, in una bella reggia pomposa, tutti sedevano intorno a un tavolo a banchettare, ma il giorno dopo le strette di mano c'erano già i calci sotto le poltrone.
Si è fatto finta che nulla fosse accaduto anche quando si è andati dal Capo dello Stato e c'era chi aveva in mente le spallate e chi diceva che non c'era bisogno di alcuna verifica.
Ci troviamo oggi ad attendere che nel 2008 (forse a gennaio) si possa fare non una verifica, che è ciò che tutti gli italiani si aspetterebbero, perché se le cose non funzionano in un condominio o in un appartamento si discute per verificare se si possa andare avanti. Non si fa come il Presidente Prodi che oggi, alle 11,28, ha affermato che serve solo uno scatto, che non vi è bisogno di alcun rimpasto e che, anzi, finalmente il Governo può proseguire più velocemente!
La risata paciosa del «va tutto bene» fatta a Dubai o a Roma ormai ha interdetto gli italiani, i quali, quando interviene il Presidente del Consiglio, non sanno più di cosa stia parlando; se si renda conto, lui per primo, di ciò che accade nel Parlamento e nella sua coalizione; se abbia tolto il cerume dalle orecchie e se ascolti ogni tanto ciò che sostengono Giordano, Diliberto o Dini che, tutti insieme, una settimana sì e una settimana no (a seconda che il Presidente Prodi appaia dar retta più all'uno che all'altro) affermano sostanzialmente la stessa cosa: votiamo la fiducia - è accaduto la settimana scorsa, e dieci giorni fa con Dini al Senato - ma a gennaio occorrerà cambiare tutto perché questo Governo è assolutamente inadeguato.
Ma vi è un fatto ancora più grave. Onorevole Chiti, l'abbiamo vista ieri arrossire giustamente (io ero in imbarazzo come lei) nel porre un'altra volta la questione di fiducia perché, come sottolineato oggi dal Presidente della Camera, vi è un problema che va al di là del voto. In gioco vi sono la separazione dei poteri e l'equilibrio delle funzioni tra il Governo e il Parlamento. Le garanzie e le prerogativePag. 22del Parlamento e del Governo non sono rispettate per nulla, neppure in una qualche misura! Non si salva nemmeno la faccia! Ormai, vi è un'intolleranza nei confronti del Parlamento e della Camera e, sebbene di essa facciano parte decine e decine di deputati della maggioranza, il Governo ha paura di aprire un confronto sul merito e anche sul metodo.
Sottolineo ai telespettatori e all'Aula quanto ho affermato ieri: la manovra finanziaria è stata approvata dalla Camera ricorrendo al voto di fiducia sul decreto-legge; la questione di fiducia è stata posta anche sul provvedimento sul welfare e temo che lo stesso sarà fatto per il disegno di legge finanziaria. È inconcepibile aver applaudito il Capo dello Stato quando venti giorni fa raccomandava di non fare ricorso al voto di fiducia considerata la situazione politica così delicata per il Paese, e dopo una settimana porre due voti di fiducia!
Ciò mi sembra francamente fuori dal mondo, così come le risate del Presidente del Consiglio, le irrisioni, prima nei confronti di Dini, oggi nei confronti di Rifondazione Comunista. Prima si tira un calcio per poi soccorrere subito gli amici di Rifondazione Comunista e la stessa cosa - l'ho ricordato precedentemente - accade nei confronti di Dini.
Il Parlamento, onorevole Chiti - lei lo sa e so il perché lo sa, in quanto lei ha rispetto delle aule parlamentari - non è l'ufficio del registro dell'Esecutivo e non può nemmeno diventare l'ufficio del registro di una consultazione e di una concertazione importante, ma che ha tagliato fuori una parte delle categorie e non può tagliare fuori tutto il Parlamento.
Non si governa il Paese con Confindustria e la triade sindacale senza nemmeno ascoltare la disponibilità che in Aula, a luglio, durante la discussione del DPEF, tutto il centrodestra aveva manifestato per migliorare il patto sul welfare. Avevate detto di sì tre mesi fa, ora siete qui anche oggi per chiederci la fiducia. Avete, inoltre, illuso gli italiani che il Partito Democratico poteva dare stabilità alla coalizione, ma contate voi i dissidi intervenuti dal mese di settembre a oggi. Questo Governo, purtroppo, non governa nulla e l'assenza di Prodi è l'assenza del Governo.
La non presenza oggi su un tema così dirimente per il Paese e la sedia vuota di fianco a quella del Ministro Chiti dimostrano il terrore che il Presidente del Consiglio ha non nei miei confronti, bensì nei confronti dei giovani, dei pensionati, degli italiani e dei lavoratori [(Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e di deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)].
Ha paura non solo di Giordano o di Dini, ma anche di essere qui presente e di prendersi la responsabilità che, invece, si assume con i comunicati delle agenzie, le pagine dei quotidiani La Repubblica e Il Corriere della Sera, ma non in Aula. Questo non è un Presidente del Consiglio, ma un nulla. È il nulla di una sedia vuota, è una persona rincorsa dai problemi politici della sua coalizione e dalle grandi sfide del Paese e che, anziché fornire una risposta, ecco..., finalmente si accomoda, giunto dopo che si è svolta la gran parte del dibattito [(Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
Il Paese non ha bisogno di scatti, bensì di una grande risposta. Quando vi è la disponibilità a concordare e a condividere una risposta relativa al futuro del Paese non si chiude la porta per paura un giorno dell'uno e un giorno dell'altro all'interno della propria coalizione.
Ormai ho concluso il mio intervento, ma porto due esempi relativi all'atteggiamento con cui procede il Governo. Qualche minuto fa il presidente del COCER, del comparto sicurezza e anche di quello difesa, si è giustamente lamentato per l'inserimento nel provvedimento in esame di previsioni che penalizzano il trattamento pensionistico delle Forze armate e delle forze di polizia. La settimana scorsa, se lo ricordano gli italiani, era presente in Aula il Ministro Amato per sottolineare l'attenzione sul tema della sicurezza nel nostro Paese. Ebbene, chi si è interessatoPag. 23di tale questione sollevata dal presidente del COCER? Non il ministro Amato, che oggi non ha rilasciato dichiarazioni. Il Ministro della difesa? Quale è stato il commento del ministro della difesa, secondo voi? Ha dichiarato che ciò costituiva un problema? Ci mancherebbe altro! Si è congratulato, infatti, per la decisione della Corte costituzionale di ammettere il referendum. Si tratta di due argomenti completamente diversi! Si interviene su una questione, accade qualcosa nel Paese per cui vi è un problema da risolvere, ma lui pensa ai problemi di collocazione dentro al proprio schieramento e dentro al proprio partito.
Il secondo esempio è drammatico e mi sta particolarmente a cuore, in quanto non ho i figli di trent'anni, bensì di otto e dieci anni che non hanno finito il master e non hanno ricevuto i benefici relativi alle donazioni previsti dalle leggi del Governo Berlusconi aboliti quest'anno. Questi giovani, quando andranno in pensione, non avranno risolto (grazie anche alla contromanovra sulle pensioni) il problema fondamentale, ovvero che noi daremo il 33 per cento di contributi, mentre loro ci chiederanno il 60 per cento di ciò che abbiamo noi, oggi, come pensione.
Vi sarà una povertà congenita, perché non si ha il coraggio di affrontare la vera sfida del futuro! I nostri figli, cosa ci diranno? Forse, che hanno bisogno di uno scatto o che invece di andare a Caserta vogliono andare a Siena? No, ci diranno che siamo stati inadatti e inadeguati a risolvere il loro problema, che è il nostro futuro.
Presidente del Consiglio, non voglio offendere la sua intelligenza. Oggi, in questa Aula si prenda atto di ciò che è stato detto. I partiti della sinistra e il partito dei socialisti, infatti, le hanno chiesto l'apertura di una formale crisi di Governo, di prendere atto dei loro discorsi e, insieme a noi, le hanno chiesto di prendere atto dei problemi che lei non vuole risolvere: non perché non può, ma perché non vuole. Lei pensa di arrivare a gennaio per scavalcare un'altro anno, ma il Paese non è fermo intorno ai suoi problemi.
L'Europa va avanti! I giovani europei vanno avanti e non sono fermi intorno alle sue sedie!
O lei affronta questi problemi e torna ad essere la persona seria che, forse, ricordavamo quarant'anni fa, oppure il nostro Paese aspetterà il mese di gennaio e poi quello di febbraio e i nostri figli, quando si lamenteranno, li manderemo a casa da lei [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro), Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania]!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO GIORDANO. Signor Presidente, voteremo a favore della fiducia solo per non far «scattare» la mannaia dello «scalone» Maroni, che impone a molte lavoratrici e a molti lavoratori un salto brusco di tre anni nell'attesa della pensione. Voteremo, dunque, per un vincolo sociale.
Altri hanno giocato sulla pelle dei lavoratori con i loro intrighi di palazzo e di potere. Noi siamo anche moralmente diversi da loro (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea)! Non votiamo per un vincolo politico: quel vincolo si è dissolto da quando il Governo ha scelto di seguire poteri esterni alla sua maggioranza, fino a creare un'imbarazzante quanto inaudita messa in mora del Parlamento.
Perché questa fiducia? Siamo stati e siamo critici in merito alla proposta di riforma dello «scalone», perché alla fine è stata accettata la filosofia della destra sull'aumento dell'età pensionabile. Siamo stati ancora più critici sul tema della precarietà. Eppure, signor Presidente, abbiamo rispettato il responso del referendum e, con responsabilità, abbiamo lavorato per migliorare quel testo su entrambi i fronti. Vi è stato un voto comune unitario di tutta la coalizione. Avete cambiato il testo in cui si tutti riconoscevano con un gesto autoritario, figlio di una cultura neocorporativa.Pag. 24
Lei pensa che saranno contenti quei lavoratori che hanno votato «sì» al referendum, pensando di essere compresi, facendo tre turni, tra i lavoratori usuranti, mentre scopriranno di essere stati beffati? Chi manda a spiegarglielo in un ospedale, in una fonderia o alla Mirafiori? Ci va lei, Ministro Damiano? Ci va il senatore Dini? Pagherei il biglietto per assistere! La verità è che lì non vi sarà il pubblico di Ballarò ad applaudire!
Chi manda a spiegare alle ragazze e ai ragazzi che, durante la campagna elettorale, hanno investito con tanto entusiasmo su un'alternativa al modello di precarietà di Berlusconi, che non c'è praticamente limite ai contratti a termine e che, tra un contratto a termine, un contratto interinale e altre «diavolerie», essi possono trascorrere tutta la vita senza essere mai stati stabilizzati? Glielo spiega Bombassei? Luca Cordero di Montezemolo?
Signor Presidente, lei forse ha equivocato le nostre parole, quando abbiamo affermato che il presidente di Confindustria guadagna almeno quanto mille dei suoi dipendenti: non volevamo certo affermare che il suo voto vale più di quello di tutti i lavoratori italiani!
La malattia di questo Governo non risiede solo nella risicatezza dei numeri al Senato, ma in una perdita di autonomia verso Confindustria: lo si è visto a proposito del cuneo fiscale, dell'IRAP, dell'IRES e, oggi, della precarietà. Non siete liberi: quando la politica non è libera, è una politica morta.
Dove sono in quest'Aula tutti coloro che, quando difendevamo gli interessi previdenziali dei lavoratori, ci dicevano che le priorità erano i giovani? Il Partito Democratico ha qualcosa da affermare in proposito e sul futuro dei giovani?
Non vi dice nulla quanto sta succedendo in Francia? È coerenza quella delle forze sindacali che oggi chiedono l'accettazione integrale del Protocollo e domani sono pronte a negoziare proprio su quel testo? Il modello di sviluppo che propone Confindustria porta questo Paese in un vicolo cieco: bassi salari, bassi livelli formativi, precarietà generalizzata. Inseguire loro nella contrazione del costo del lavoro e nella competitività di prezzo ci consegna una marginalità e non crea un'alternativa economica di qualità e di valorizzazione ambientale, mortificando risorse intellettuali e condannando i giovani a una precarietà esistenziale.
Presidente Prodi, non si occupi di Rifondazione Comunista e della sua unità: su questo tema ha già avuto modo di sbagliarsi nel passato.
Si occupi del fatto che, negli ultimi cinque anni, i lavoratori dipendenti hanno perso ogni anno 1.900 euro, in media, del loro potere di acquisto. Si occupi dei sette milioni di lavoratori sotto i mille euro, la maggior parte precari. Si occupi dei centomila giovani che, ogni anno, migrano dal sud ai tanti nord del Paese, in situazioni di totale precarietà e di insicurezza nelle loro prospettive: altro che retorica sulla famiglia!
Faccia rinvenire un po' di risorse finanziarie con il recupero del fiscal drag e, a proposito di tasse, detassi gli aumenti contrattuali, così da facilitare lo sblocco dei contratti nazionali, che proprio Confindustria si ostina a non chiudere.
Nel Paese vi è una crisi sociale che non vedete, per inseguire le giravolte dei voltagabbana di turno. Così non si può andare avanti. Vi chiediamo formalmente tutti quanti, tutta la sinistra, per gennaio, una verifica politico-programmatica.
Il programma con cui ci siamo presentati alle elezioni non esiste più: è pura archeologia industriale [Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI].
Il 20 ottobre un milione di giovani e di lavoratori vi hanno chiesto di cambiare, con uno spirito unitario e una passione straordinaria: quel popolo e quei giovani non si meritano ciò che accade.
Da quella verifica impegnativa dipenderà la nostra collocazione politica: non illudetevi, al primo posto di tale verifica vi è proprio il tema della lotta alla precarietà, vi sono le questioni dirimenti dellaPag. 25pace e della guerra, il tema del disarmo, la formazione, la ricerca, l'alternativa ambientale, i diritti civili - che, in virtù di veti di settori della coalizione, sono passati nel dimenticatoio - i diritti dei migranti, quelli della democrazia e, in particolar modo, della democrazia parlamentare, che oggi subisce uno smacco bruciante.
Ella lo ha sentito: lo chiede tutta la sinistra, un terzo della sua coalizione.
Si è definitivamente chiusa una fase.
Bisogna cambiare, cambiare l'agenda e le priorità del lavoro e del Governo.
È l'ultima, e neanche certa, possibilità per ricostruire un rapporto con quella parte del Paese che non ce la fa più. Basta uscire fuori da questo palazzo o da quello qui a fianco per capire che il problema non è la tensione tra diplomazie della politica (sarebbe ben poca e misera cosa); è un problema di rapporto con una parte significativa e dolente della società, quella che non riuscite a vedere: i precari, la condizione operaia e tanta parte del lavoro dipendente.
Noi non sprecheremo più un'occasione, cercate di non sprecarla voi, perché questa è proprio l'ultima (Applausi dei deputati dei gruppi Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo, Comunisti Italiani e Verdi - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Russa. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Signor Presidente e onorevoli colleghi, solitamente intervenire dopo un collega della maggioranza comporta l'obbligo di contestare una parte degli argomenti che ha svolto.
Gli applausi che si sono levati, non troppo ironicamente, dai banchi della maggioranza, segnalano che qualcosa di diverso sta avvenendo.
Certo il ragionamento dell'onorevole Giordano è basato su contenuti e su presupposti completamente diversi dai nostri: egli ritiene che il welfare vada corretto in una direzione, noi pensiamo che vada riformulato in una diversa direzione; noi pensiamo al futuro dei giovani, egli pensa a raccogliere qualche voto in più tra coloro che, in un certo modo, fanno riferimento a talune impostazioni demagogiche. Tuttavia queste sono le premesse: i contenuti diversi fanno però sfociare gli interventi nella medesima direzione.
Voglio ripetere alcune delle frasi che ho appena ascoltato, perché forse, se pronunciate da Ignazio La Russa e non da Giordano - naturalmente lo faccio in aiuto del collega di Rifondazione Comunista - possono raggiungere meglio le orecchie del Presidente del Consiglio.
Onorevole Presidente Prodi, il suo alleato - decisivo per la sua maggioranza, anche in questo ramo del Parlamento, insieme all'altra parte della sinistra radicale - dichiara letteralmente che il suo programma è «archeologia industriale», cioè che lo può gettare nel cestino.
Ha capito, Presidente Prodi, cosa afferma la sua maggioranza? La sua maggioranza afferma che non vi è più un vincolo politico. Anzi, un pezzo rilevante della sua maggioranza asserisce - onorevole Prodi mi ascolta? - che il vincolo politico si è dissolto. Lei in maniera maleducata può far finta di parlare con il Ministro Chiti, ma in democrazia deve, purtroppo per lei, ascoltare l'opposizione anche quando dice cose spiacevoli. Non faccia il sorriso di chi è fintamente contento di tutto o è contento anche di questo [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]? Una parte della sua maggioranza afferma di essere diversa anche moralmente dai loro alleati. Una parte della maggioranza ritiene moralmente - non politicamente - riprovevole un'altra parte della stessa maggioranza. Per evitare che tutto ciò che è stato affermato pure in Aula non le fosse chiaro questi suoi alleati hanno voluto anche metterlo nero su bianco. Le riporterò io allora tali dichiarazioni qualora anche questa mattina le fosse sembrato che stesse andando tutto bene.
L'onorevole Diliberto, che, se non lo sa, è il capo di uno dei partiti che la sostengono,Pag. 26ha dichiarato testualmente: «Dini la smetta di pontificare sull'interesse dei lavoratori che sicuramente lui non ha a cuore. Lui e D'Amico - l'altro parlamentare che, insieme al senatore Dini, è contrario alla posizione della sinistra radicale, pur essendo della sua maggioranza - hanno a cuore gli interessi dei loro amichetti di Bankitalia. La smetta di ricattare il Governo - afferma Diliberto - e la smetta soprattutto di farci lezioni sul partito della spesa».
Onorevole Prodi, ha capito che una parte della sua maggioranza afferma che lei è ricattato e intima a quella parte che la ricatta di smetterla quasi che lei accetti questo ricatto e non sia in grado di difendersi. Ma lei non ha bisogno di difendersi e sa che l'onorevole Dini si difende da solo. Il senatore Dini, infatti, ha risposto, mettendo anche lui nero su bianco. Casomai lei questa mattina, sorridendosi allo specchio non lo avesse letto; sappia che il senatore Dini ha affermato: «in attesa di riportare in Italia la salma di Lenin, l'onorevole Diliberto recupera quella pratica dell'ingiuria e della diffamazione che fu tipica del leader bolscevico» e accusa l'onorevole Diliberto, affermando: «se dovessimo adottare il tuo linguaggio, sei tu che stai facendo un ricatto». Il senatore Dini quindi sottolinea che non è lui che la ricatta, bensì l'onorevole Diliberto. Ma lei da chi è ricattato? Da entrambi? Non so se questa cosa le faccia molto piacere. Dopo essersele dette in Aula e avergliele mandate a dire per posta e per lettera hanno pensato: «vuoi vedere che Prodi fa finta che non sia successo niente e che al solito si mette a ridere dicendo: «ma va là, madama la marchesa, va tutto bene, va tutto bene?» Essi hanno pensato di farglielo capire, facendo dimettere il presidente della Commissione lavoro. Questa mattina è stato avvertito dai suoi collaboratori che il presidente della Commissione lavoro, onorevole Pagliarini, del partito di Diliberto, si è dimesso? Si tratta di un esponente dello stesso gruppo che ha evidenziato che non esiste più la maggioranza, del gruppo vicino a quello che ha affermato che nel suo programma vi è «archeologia industriale» e via dicendo.
Lei a tutto ciò come ha risposto, Presidente Prodi? Lei ha risposto, ponendo la ventitreesima questione di fiducia in 18 mesi. Lei con il suo Governo, per rimanere attaccato alla poltrona, non ha avuto scrupoli a cercare di chiudere la bocca al Parlamento che comunque parla lo stesso nelle dichiarazioni di voto. Lei ha cercato di impedire che quest'Aula potesse esprimere opinioni, suggerimenti, cambiamenti su uno dei peggiori provvedimenti che punisce i giovani e non avvantaggia i lavoratori. Incredibilmente in 18 mesi lei è riuscito a porre per ventitré volte la fiducia. Si dice che una mela al giorno toglie il medico di torno, ma in questo caso si può dire che più di una fiducia al mese fa guarire Prodi. Senza il ricorso alla questione di fiducia altro che medici; ci vorrebbero altri operatori in grado di curare le malattie terminali [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)].
Lei ha posto la fiducia - lo voglio dire - senza neanche l'alibi dell'ostruzionismo. Almeno prima si aveva la faccia tosta - ben venga la faccia tosta anziché quella di tolla - di sostenere che bisognava porre la fiducia perché vi era l'ostruzionismo.
Questa volta avete posto la fiducia prima ancora di decidere su quale testo metterla. Avete battuto un record; nessuno vi era mai riuscito nella storia del Parlamento italiano, senza neanche saperlo (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC [Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]! Avete posto la questione di fiducia, togliendo al Parlamento anche la possibilità di far dichiarare incostituzionale il nuovo testo che dobbiamo votare, perché, con un emendamento, avete completamente cambiato il testo approvato dalla vostra maggioranza in Commissione. Avete sfiduciato la vostra stessa maggioranza ed ecco perché questo non è un voto di fiducia, bensì un voto di sfiducia della maggioranza contro la maggioranza. AvetePag. 27sfiduciato la vostra stessa maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale), sottraendo al Parlamento la possibilità di dichiarare che questo provvedimento, prima ancora che ingiusto e sbagliato, è incostituzionale. Infatti, lei lo sa, Presidente, che sostenere che la copertura finanziaria di questo provvedimento, pari a 3,8 milioni di euro all'anno, per finanziare le misure in esso previste e che secondo voi deriva dalla riorganizzazione degli enti di previdenza, è falso!
L'articolo 81 della Costituzione prevede la necessità di una copertura finanziaria adeguata. Sa perché le posso dire che tutto ciò è falso? Perché, secondo la Ragioneria dello Stato - cito testualmente -, «occorre tener conto che non sono ipotizzabili risparmi nell'immediato e che non possono comunque essere utilizzate, per la copertura finanziaria di nuove spese i risparmi che avvengono in questo comparto».
È la prova provata che questo provvedimento, oltre che sbagliato, è addirittura incostituzionale. Ma cosa importa? L'importante è sostenere che questo è un Governo che rispetta il programma «archeologico», che questo è un Governo che sta andando a gonfie vele e che questo è un Governo che pensa di durare un millennio. Vi sono stati altri Governi che avevano questa aspirazione, ma credo che l'attuale Governo non abbia neanche i negativi presupposti di quelli.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FAUSTO BERTINOTTI (ore 18,05)
IGNAZIO LA RUSSA. Allora, onorevoli colleghi, onorevole Presidente, Alleanza Nazionale sa che il provvedimento in esame è destinato comunque ad essere approvato; onorevole Presidente del Consiglio, le dico una cosa a suo vantaggio, se ha ancora per un minuto la bontà di ascoltarmi: lei fa bene a stare seduto lì, perché abbaiano, litigano, si insultano, dandosi del ricattatore, del leninista, del ladrone, del morale e dell'immorale, ma poi votano. Eccome se votano!
Cari colleghi della sinistra radicale, a quando il prossimo corteo di protesta e la prossima votazione a favore di un altro ignobile provvedimento di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale)? Quando venderete l'anima pur di rimanere ancora un giorno di più attaccati alle vostre squallide poltrone? Quindi lei, onorevole Prodi, fa bene e la capisco, ma quello che non le posso perdonare è che in questo provvedimento, sbagliato e incostituzionale, ha fatto una cosa opposta a quanto ha previsto nel pacchetto sicurezza.
Onorevoli Chiti - lei mi deve dare ragione - sulla sicurezza che la gente aspetta, sui provvedimenti per mettere in carcere quei delinquenti che con l'indulto avete messo fuori, sui provvedimenti per punire i recidivi e sui provvedimenti per non scarcerare chi ha passato pochi giorni in prigione avete deciso che occorre il decreto-legge, mentre per questi provvedimenti impedite la discussione in aula e di fatto tali provvedimenti giungono all'esame dell'Assemblea senza possibilità di modifiche da parte nostra.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
IGNAZIO LA RUSSA. Allora, concludo Presidente, con un argomento di mezzo minuto: non vi perdoniamo il fatto che in questo provvedimento avete immaginato di penalizzare le forze dell'ordine, sostenendo che non sono categorie che vanno difese e tutelate (Applausi dei deputati dei gruppo Alleanza Nazionale)!
Amici della sinistra, a tutto si può arrivare, ma spendere l'onorabilità, la dignità e l'efficienza delle forze dell'ordine per motivi ideologici ci vedrà fermamente contrari, qui come nelle piazze [Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale, Forza Italia e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) - Congratulazioni]!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Prestigiacomo. Ne ha facoltà.
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STEFANIA PRESTIGIACOMO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il modo in cui si è giunti a questa ennesima questione di fiducia, posta questa volta sul disegno di legge recante norme di attuazione del Protocollo sul welfare, è emblematico della disastrosa situazione politica in cui questa maggioranza vive, anzi cerca di sopravvivere a se stessa.
Siamo davanti, ancora una volta, signor Presidente, ad un Esecutivo che ricorre alla questione di fiducia per sanare le insanabili divergenze politiche di fondo che dividono la sua coalizione.
Ieri la questione di fiducia è stata posta per arginare il dissenso dell'ala liberale della maggioranza, oggi viene posta per costringere Rifondazione Comunista a piegare la testa su un testo che non condivide. È stato presentato un disegno di legge che noi riteniamo dannoso, pericoloso per il Paese e che contiene la controriforma delle pensioni sulla quale il centrosinistra propone di bruciare risorse pubbliche enormi, sulle quali non vi è certezza né circa l'entità né circa la copertura, ma che deve essere approvato, deve essere pagato entro dicembre per saldare una cambiale politica che va contro gli interessi degli italiani.
Per fare fronte a questo debito, si vogliono costringere tutti gli italiani e il sistema economico del nostro Paese a pagare per dieci anni un prezzo gravosissimo. Tutto questo peggiora significativamente la condizione di chi oggi inizia a lavorare e spera in una pensione futura.
Si aggrava così il conflitto generazionale tra lavoratori anziani supertutelati e giovani privi di qualsiasi tutela: di questo si tratta, onorevoli colleghi. Il Governo ci chiede di dissipare, oggi, un numero ben più consistente dei dieci miliardi di euro preventivati.
Si vogliono bruciare ingenti risorse da prelevare ancora una volta nelle tasche degli italiani, aggravando una pressione fiscale già ai massimi storici, risorse che avrebbero potuto ridurre il debito pubblico e qualificare, signor Presidente Prodi, la spesa sociale.
Il provvedimento in esame spinge l'Italia indietro nella storia, indietro nella competitività, indietro in un'Europa che corre; mentre l'età media si allunga e la platea dei lavoratori attivi si riduce rispetto a quella dei pensionati, mentre l'esigenza di equilibrio dei sistemi previdenziali chiede di posticipare l'età di uscita dal lavoro, la maggioranza decide di controriformare il sistema per abbassare l'età di pensionamento.
Il provvedimento in esame, sbagliato e marchiato ideologicamente, viene oggi imposto a un Parlamento che è stato umiliato dall'Esecutivo che ne ha reso inutile e quasi grottesco il lavoro. Il Parlamento è stato esautorato del suo potere legislativo: nessuna modifica è stata consentita ed oggi viene chiamato a ratificare, con il voto sulla questione di fiducia, un testo deciso e contrattato altrove (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie- Partito socialista-Nuovo PSI).
Tutto ciò perché il Governo ha un irreparabile problema politico e teme anche il libero voto della Camera, nonostante in questo ramo del Parlamento vi sia una consistente maggioranza numerica su cui il Governo potrebbe contare. Bene ha fatto il Presidente della Camera a rimarcare questo vulnus alle prerogative parlamentari, ma siamo tutti consapevoli che ormai, per questo Esecutivo agonizzante, le Camere rappresentano sempre un rischio da evitare.
Non di sole pensioni si occupa il provvedimento: vi è tutta un'altra parte dedicata al mercato del lavoro che cerca di peggiorare l'impianto della legge Biagi e in qualche punto ci riesce, come l'abolizione di alcune forme di lavoro flessibile e la limitazione solo ad alcuni settori del lavoro a chiamata, che aveva consentito a tanti giovani di trovare una prima occupazione e a tanti giovani di uscire dal lavoro nero.
Resta il dato di fatto che è stato confermato l'impianto e la validità della legge Biagi, ma dalle file della sinistra, in questi mesi di dibattito pubblico sul Protocollo e nelle scorse settimane in Commissione,Pag. 29 non ho sentito una parola di autocritica, perché il Governo e la maggioranza dovrebbero avere l'onestà di ammettere, in omaggio alla verità e alla memoria di Marco Biagi, di avere sbagliato per cinque anni pervicacemente, additando all'opinione pubblica il pensiero e progetto di Marco Biagi come la causa di tutti i mali del lavoro italiano, come la causa di tutte le precarietà (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie - Partito socialista-Nuovo PSI).
Quella campagna di delegittimazione, quella campagna di odio oggi sembra non essere mai esistita. Presidente Prodi, credo che, anche se non avete la forza di governare decentemente il nostro Paese, potreste e dovreste avere la dignità di ammettere i vostri errori politici e chiedere scusa al Paese e agli italiani, cui avete somministrato una lettura faziosa e fuorviante di una riforma del mercato del lavoro che oggi, con questo Protocollo, state accettando e ratificando, con buona pace di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e dell'onorevole Diliberto, che fa un intervento in Aula da opposizione, annuncia le dimissioni del presidente della Commissione lavoro, Pagliarini, ma che, di fatto, voterà «sì» alla fiducia e salverà questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
Dovete chiedere scusa, signor Presidente del Consiglio, anche alle donne: prendete in giro le donne in questo Protocollo. Dopo annunci mirabolanti e roboanti dichiarazioni di intenti, dite con chiarezza che le politiche a sostegno dell'occupazione femminile contenute in questo provvedimento non hanno un euro di copertura, perché tutti i fondi sono finiti nella controriforma delle pensioni e che per il resto - ditelo con chiarezza -, per le politiche sociali non c'è un euro, solo annunci e promesse (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia), i soliti annunci e le solite promesse!
È davvero triste l'immagine di un Paese come il nostro, in cui l'imbarazzante inconsistenza politica della maggioranza allontana sempre di più la gente dalla vostra politica di palazzo, perché il messaggio che la coalizione di centrosinistra manda al Paese in questi giorni è proprio quello di un establishment che è interessato solo a salvare a tutti i costi le poltrone e che per fare ciò è disposto ad ogni compromesso, ad ogni patteggiamento, ad ogni mediazione al ribasso.
Fino a quando - lo chiedo al Presidente del Consiglio, ma anche al leader del Partito Democratico - intendete mantenere artificiosamente in vita questo Governo? Non vi rendete conto delle macerie di credibilità che lascerete in eredità a chi vi succederà tra poco, quando anche l'ultimo rattoppo della coalizione sarà inefficace, quando anche l'ultima promessa in finanziaria sarà insufficiente?
Incassate questa fiducia coatta, ma lo sapete bene che l'unica fiducia che conta, quella vera, quella che probabilmente non avete mai avuto, la fiducia della maggioranza degli italiani, non l'avete più! Per queste ragioni voteremo contro questa fiducia (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia e DCA-Democrazia Cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fassino. Ne ha facoltà.
PIERO FASSINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che non sia mai un buon metodo quello di piegare i fatti alle convenienze, del tutto legittime naturalmente, della propria parte politica. Ho ascoltato, naturalmente, gli interventi di questo dibattito, in particolare quelli dell'onorevole Giordano e dell'onorevole La Russa, e mi è sembrato che questi interventi non siano sfuggiti a questo rischio.
Credo che una valutazione corretta dell'atto che stiamo per compiere, il voto di fiducia su un provvedimento così importante, debba essere dato, partendo, prima di tutto, dalle cose.
Stiamo approvando un provvedimento che, in sintesi, mette a regime il sistema pensionistico, determinando una condizione di stabilità che nei prossimi anniPag. 30eviterà di dover riprendere costantemente il tema delle pensioni e mette in campo una serie di misure e di provvedimenti che contrastano la precarietà, in un mercato del lavoro che pure sappiamo essere strutturalmente flessibile.
È un accordo che, per la prima volta, non si occupa soltanto dei padri ma si occupa in modo consistente dei figli, e adesso dimostrerò perché.
È un provvedimento nel quale si consolida una linea di sostegno della competitività delle imprese, e tutto questo lo si fa con un metodo di ripresa della concertazione con le parti sociali, integrato da un passaggio di validazione democratica di straordinaria importanza che ha visto cinque milioni e più di lavoratori e pensionati partecipare al referendum indetto dalle organizzazioni sindacali e, nella loro stragrande maggioranza, approvare l'accordo. Possiamo dire tutto quello che vogliamo, ma intanto partiamo da quello che c'è scritto nell'accordo e da come si sono pronunciati i cittadini che sono stati chiamati a dire la loro su di esso.
Nel merito questo è un accordo con il quale si supera l'«abnormità» dello scalone senza rinunciare all'esigenza strutturale di allungare l'età pensionabile, e lo si fa in modo più graduale e tenendo conto delle specificità di condizione di lavoro di chi, nell'arco della propria vita lavorativa, è stato sottoposto a una prestazione usurante sul piano fisico o psichico.
Questo è un provvedimento con il quale interveniamo in modo consistente ad aumentare le pensioni più basse, introducendo di fatto per esse una quattordicesima mensilità. Questo è un provvedimento con il quale introduciamo un elemento di rivalutazione degli indici di calcolo delle pensioni di cui beneficerà una platea larghissima di pensionati. Questo è un provvedimento con il quale stanziamo 700 milioni di euro, circa 1400 miliardi di vecchie lire, per avviare la riforma degli ammortizzatori sociali.
Questo è un provvedimento che prevede 600 milioni di euro, pari a circa 1200 miliardi di lire, per interventi per i figli, appunto per i giovani, prevedendo per esempio la totalizzazione di tutti i contributi versati in qualsiasi modalità e tempo lavorativo, che consente di dare certezza a fronte di una condizione che, oggi, è di grande precarietà previdenziale per un giovane.
In quel pacchetto ci sono, inoltre, numerosi altri provvedimenti che vanno nella stessa direzione, di dare certezze e sicurezze a quei giovani che, oggi, guardano la propria vita con maggiore preoccupazione e incertezza.
Questo è un provvedimento che consolida tutte le misure di sostegno all'occupazione femminile e introduce la stabilizzazione dei contratti a tempo indeterminato per le donne e contemporaneamente è un provvedimento che consolida il sostegno alla competitività delle imprese, laddove riduce la tassazione sul salario di produttività, aumenta una serie di misure a favore di esse e integra quella riduzione del cuneo fiscale che anche nella legge finanziaria di quest'anno è prevista in modo consistente per il sistema delle imprese.
Voglio allora sapere: tutto questo, rispetto ai trattamenti che su ciascuna di queste materie erano vigenti fino ad oggi, è peggio o è meglio? Perché si può sempre dire che si può fare l'ottimo, ma intanto partiamo dal fatto che tutti i temi che sono trattati in questo Protocollo vengono affrontati con un miglioramento consistente dei trattamenti attualmente vigenti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori e Popolari-Udeur).
Si dice - ed interloquisco con Franco Giordano - che il provvedimento in esame è insufficiente nella lotta alla precarietà del lavoro. Credo che questo sia un tema cruciale, che va affrontato seriamente; e voglio dire una cosa molto chiara, e lo dimostrerò richiamando i provvedimenti adottati: il tema della lotta alla precarietà del lavoro è una cifra qualificante del programma di governo del Governo Prodi fin dal suo insediamento, e il Ministro Damiano, come Ministro del lavoro e della previdenza sociale, ha fatto di una strategia di lotta alla precarietà una costantePag. 31della sua azione in questi diciassette mesi di Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo, Italia dei Valori, Verdi e Popolari-Udeur).
Siccome ho detto che bisogna stare ai fatti e non semplicemente alle opinioni, elenco le cose fatte. Ricordo che subito dopo l'insediamento di questo Governo vi fu un provvedimento del Ministro Damiano che estendeva la copertura dei diritti di malattia e di maternità ai lavoratori a progetto e ai lavoratori apprendisti che fino a quel momento ne erano stati sprovvisti (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori). Ricordo che questo Governo ha aumentato la contribuzione previdenziale dal 18 al 23 per cento, determinando così un miglioramento della condizione previdenziale per i giovani lavoratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
Ricordo che, qualche settimana fa, mentre si negoziava questo accordo, il Ministro Damiano ha sottoscritto, dopo trent'anni, un accordo sui lavoratori agricoli che introduce fattori di stabilità e di certezza in un settore in cui la precarietà è particolarmente estesa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Popolari-Udeur).
Ricordo che questo Governo ha previsto sgravi contributivi per tutti i lavoratori dell'edilizia che sono a full-time, introducendo un provvedimento che aiuta la stabilizzazione in un settore esposto alla precarietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
Ricordo che - per non parlare soltanto di operai manuali classici - per i giornalisti e in particolare per i giovani giornalisti, che oggi lavorano come free lance e che sono esposti anch'essi ad un rischio di precarietà professionale costante, si è determinata una politica che porterà la contribuzione dall'attuale 12 per cento al 26 per cento: e questa contribuzione, che oggi è per l'80 per cento a carico del free lance e soltanto per il 20 a carico degli editori, verrà rovesciata nel suo equilibrio a vantaggio di questi giovani lavoratori, determinando una certezza anche per chi svolge questa professione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
Ricordo che, grazie ai provvedimenti assunti dal Governo e mediati dal Ministro nel rapporto con le parti sociali, si sono stabilizzati 23 mila lavoratori di call center, che è una classica prestazione esposta alla precarietà (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
Ricordo che vi è una strategia, già nella precedente legge finanziaria e ancor più in questa, di stabilizzazione dell'amplissimo numero di precari della scuola e del pubblico impiego, che prevede gradualmente un processo di stabilizzazione dei lavoratori.
Ricordo che questo Ministro, di fronte alla drammatica sequenza di morti sul lavoro, ha messo in campo un pacchetto sicurezza contro il lavoro nero che ha portato a sospendere 2.800 cantieri nei quali si esercitava lavoro sommerso e in nero e il 40 per cento di essi ha poi riaperto, regolarizzando lavoratori che fino a quel momento erano precari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori).
Vogliamo dunque discutere a gennaio di come si consolida ulteriormente questa linea di lotta alla precarietà? Vogliamo discutere di come si va ulteriormente avanti nella creazione di un mercato del lavoro che, senza negare le dinamiche strutturali di flessibilità, garantisca però tutele che liberino i lavoratori dalla precarietà? Non solo siamo disponibili a farlo, ma mi pare ragionevole che lo si faccia, proprio perché la lotta alla precarietà non è un atto isolato di questo provvedimento e non è l'impegno di una notte o di un giorno, ma è una cifra che caratterizza costantemente l'attività di questo Governo e che la vuole caratterizzare sempre di più.
Allo stesso modo, signor Presidente, e mi avvio alla conclusione, vorrei che tutti avessimo chiaro che il provvedimento su cui ci stiamo per pronunciare non è un provvedimento isolato - ancorché pieno dei contenuti che abbiamo detto - ma è parte di quella politica economica che,Pag. 32nell'arco di diciassette mesi, ha portato questo Paese a vedere ridursi della metà il deficit pubblico, a far abbassare il debito pubblico, a conoscere l'incremento della crescita del PIL più alto degli ultimi sei anni, il livello di disoccupazione più basso che da trent'anni questo Paese conosca, la ripresa delle esportazioni ed una fase di rilancio dell'economia di cui tutti possiamo, ogni giorno, constatare gli effetti positivi.
Possiamo dunque discutere di tutto quel che vogliamo, ma partiamo da questi dati: perché se partiamo da questi dati sarà anche più chiaro e più facile determinare la linea di azione con cui il centrosinistra vuole continuare a governare questo Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto a nome dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Cannavò. Ne ha facoltà.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, la posizione della questione di fiducia rappresenta al tempo stesso uno schiaffo al Parlamento e uno schiaffo alla maggioranza. Con l'ausilio di Confindustria e della stessa CGIL si è imposta a questa Assemblea una logica neocorporativa, umiliando i gruppi parlamentari. Si rifletta su cosa sarebbe accaduto se un simile esito fosse stato prodotto da un Governo delle destre (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e DCA-Democrazia cristiana per le Autonomie-Partito Socialista-Nuovo PSI).
PAOLO UGGÈ. Bravo!
SALVATORE CANNAVÒ. Il provvedimento oggi proposto è un disastro sociale: avalla la legge n. 30 del 2003 e la legge Maroni. Per la sinistra è una Caporetto e per Rifondazione si chiude il senso stesso della propria esistenza.
Nel 1995 rifiutammo giustamente di «baciare il rospo»; oggi, se ne ingoia uno enorme! Si sono costruite illusioni ed oggi si raccolgono delusioni: basti pensare alla distanza siderale rispetto al 20 ottobre. La crisi della politica si alimenta anche di una sinistra che urla contro il Governo e poi gli vota la fiducia. Nessuna remora, dunque, oggi a votare contro la fiducia (Applausi di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale), consapevoli di provocare in questo modo una frattura con l'appartenenza al mio gruppo.
PRESIDENTE. Deputato Cannavò, la invito a concludere.
SALVATORE CANNAVÒ. Nessuna remora nell'annunciare al Governo, già da oggi, che Sinistra critica terrà lo stesso comportamento al Senato. Del resto è venuto il tempo di lavorare per una sinistra alternativa non di Governo ma di opposizione, anche al Partito Democratico.
PRESIDENTE. Deve concludere!
SALVATORE CANNAVÒ. Anche perché, signor Presidente del Consiglio - e concludo -, pensi a cosa sarebbe stata la campagna elettorale se si fosse detto chiaramente agli elettori che si sarebbero aumentate le spese militari, lasciata immutata la legge n. 30, inondate di soldi le casse delle imprese: semplicemente, avrebbero vinto le destre! È quello che accadrà la prossima volta, anche grazie a questo Governo (Applausi di deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Mario Pepe. Ne ha facoltà, per un minuto.
MARIO PEPE. Signor Presidente, negherò la fiducia a questo Governo a differenza del collega Giordano che si è convertito alla «religione» del potere. Voi, tra poco, piegherete la testa davanti ai banchi del Governo, conserverete i vostri Ministri e i vostri sottosegretari, ma perderetePag. 33 la fiducia del vostro elettorato che già vi paga e vi chiama «forchettoni rossi»: prendete esempio dal collega Cannavò, non ubbidite al vostro capogruppo, al vostro segretario (Commenti dei deputati del Partito Democratico-L'Ulivo)! Questo Governo, signor Presidente, occupa spietatamente il potere in nome del popolo italiano.
PRESIDENTE. Deputato Mario Pepe, la invito a concludere.
MARIO PEPE. Il popolo che ieri ha pagato la seconda rata delle tasse - e concludo - chiede che questo potere gli venga restituito: si torni al voto!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pagliarini. Ne ha facoltà, per un minuto.
GIANNI PAGLIARINI. Signor Presidente, la questione di fiducia non è stata posta per l'incapacità del Parlamento ad affrontare temi come la previdenza, la lotta alla precarietà e lo sviluppo del Paese. La Commissione lavoro era giunta ad una sintesi preziosa in grado di perfezionare e migliorare il Protocollo del 23 luglio, una sintesi che dimostrava concretamente l'esistenza di una coalizione - quella che ha vinto le elezioni nel 2006 - unita nei suoi valori fondamentali. Con la posizione della questione di fiducia è stato umiliato questo lavoro, ma non solo. Si è prodotta una ferita che mette in discussione il Parlamento, il suo ruolo e la sua centralità nell'attività legislativa.
Il confronto è possibile solo se viene garantito un percorso democratico per giungere alla sintesi tra le diverse posizioni, ma questo percorso non è stato rispettato. Dunque, si pone un problema di democrazia.
La mia lealtà e il mio senso di responsabilità mi impongono di votare «sì» alla questione di fiducia, ma la dignità - soprattutto delle istituzioni e di chi le rappresenta - non può essere calpestata. Per tali ragioni annunzio le mie dimissioni da presidente della Commissione lavoro (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Sinistra Democratica. Per il Socialismo europeo e di deputati dei gruppi Forza Italia e Alleanza Nazionale).
ANTONIO LEONE. Vai a casa!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Pegolo. Ne ha facoltà, per un minuto.
GIAN LUIGI PEGOLO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, la decisione assunta dal Governo di porre la questione di fiducia su un testo che vanifica i miglioramenti introdotti dalla Commissione lavoro al Protocollo sul welfare è un fatto estremamente grave. Esso indica che il Governo è più sensibile ai richiami di Confindustria che a quelli della sua stessa maggioranza.
Il mio gruppo ha deciso di esprimere, comunque, un voto favorevole alla questione di fiducia ed io, pur dissentendo, mi atterrò a tale decisione. Ritengo tuttavia - ed è questa la ragione per cui ho chiesto di intervenire - che un simile episodio non possa essere «derubricato». Esso segna, a mio avviso, il venir meno delle condizioni minime per la presenza delle forze di sinistra nel Governo.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GIAN LUIGI PEGOLO. A questo punto è necessario, credo, che queste forze ne traggano le dovute conseguenze.
Nel concludere il mio intervento colgo l'occasione per esprimere la mia solidarietà al presidente della Commissione lavoro, il collega Pagliarini, la cui scelta è degna, ritengo, del massimo rispetto (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
Pag. 34PRESIDENTE. Poiché siamo nella fase delle dichiarazioni di voto, le darò la parola in merito all'ordine dei lavori subito dopo la votazione.
SIMONE BALDELLI. Allora, chiedo di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, il presidente Pagliarini ha compiuto un gesto di grande dignità istituzionale e a lui va la mia personale solidarietà politica perché si dimette sfiduciato da questo Governo, pur dichiarando di esprimere voto favorevole sulla questione di fiducia.
In tal senso considero non certamente stimabile la subordinazione della questione istituzionale rispetto alla disciplina di partito. Tuttavia, rimane stimabile il gesto perché il presidente Pagliarini ha dimostrato, anche in qualità di presidente di Commissione, spesso e volentieri, di tenere al ruolo della Commissione lavoro e di farlo rispettare anche di fronte alle mancanze e carenze del Governo che, spesso, proprio in materia di welfare e di lavoro, ha mostrato delle pecche rispetto al ruolo della Commissione, non presentandosi ai lavori.
Il presidente ha scritto alla Presidenza, in tale occasione, dimostrando di saper anteporre il senso delle istituzioni a quello della appartenenza ad una maggioranza.
La verità è che, purtroppo, in questa sede non dovrebbe dimettersi il presidente Pagliarini ma lei, Presidente Prodi, per quello che questo Governo ha fatto alla maggioranza ed al Parlamento.
Per tali ragioni, signor Presidente, esprimerò un voto contrario sulla questione di fiducia.
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.
Prima di sospendere la seduta faccio presente che, per un evidente errore tipografico, nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta di ieri, nel testo dell'emendamento del Governo 1.100, al comma 66, primo periodo, seconda riga, le parole: «dell'articolo 1» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «dell'articolo 01», così come risultante dal testo originario del citato emendamento come distribuito nella medesima seduta.
Poiché la votazione avrà inizio alle ore 19, sospendo la seduta, che riprenderà a tale ora con la chiama.
La seduta, sospesa alle 18,35 è ripresa alle 19,05.