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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,07).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Gestione dell'emergenza rifiuti in Puglia - n. 2-00341)
PRESIDENTE. L'onorevole Fitto ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00341 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmatario.
RAFFAELE FITTO. Presidente, la scorsa settimana abbiamo accettato di aggiornare ad oggi l'interpellanza in esame, avendo il Governo chiesto un approfondimento. Ci auguriamo pertanto che le risposte vadano nella direzione auspicata, anche se l'aggiornamento su tali temi è costante ed immediato. Infatti, già da questa mattina vi sono novità preoccupanti e serie, che indicheremo in modo specifico all'attenzione del Governo e che, presumo, non potranno essere oggetto delle comunicazioni odierne del sottosegretario Naccarato, al quale per questo motivo chiederò di rispondere nei prossimi giorni, anche in forma scritta, purché vi sia una posizione chiara.
La presente interpellanza, che ho presentato insieme al collega Leone ed ai colleghi pugliesi, deriva da una serie di considerazioni di cui abbiamo già discusso in una precedente interpellanza, in cui era stata posta una parte del problema. Il tema viene ora esplicitato completamente nel quadro delle nostre preoccupazioni sul tema della gestione dei rifiuti, rispetto al quale vi chiediamo di dare una risposta specifica.
La situazione della nostra regione è molto particolare: avevamo già detto, in occasione dell'esame della precedente interpellanza, quali fossero i rischi cui la Puglia andava incontro e anche quali fossero le gravi responsabilità ed omissioni - e sottolineo «omissioni» - che sono state compiute nella gestione del sistema dei rifiuti della nostra regione.
La regione Puglia aveva un sistema di gestione dei rifiuti individuato con procedure di gara sulle quali non tornerò perché sono note al Governo. Su tale sistema di gestione dei rifiuti e sul loro trattamento vi sono una serie di ricorsi sui quali la regione in tutte le sedi competenti ha avuto ragione nel merito. Ciò ha portato la nostra regione a poter completare, entro undici mesi dall'espletamento delle gare, la realizzazione di sistemi impiantistici per il trattamento dei rifiuti.Pag. 36
Su questo avvengono fatti piuttosto curiosi per cui nella precedente occasione abbiamo chiesto al Governo di dare risposte precise, che ci auguriamo di avere oggi.
Risulta vero che, nella costituzione che la regione Puglia ha fatto insieme al commissario per l'emergenza, quest'ultimo, che coincide nella persona del presidente della regione, si costituisce per il tramite della Avvocatura generale dello Stato, mentre la regione Puglia, che finanzia i progetti, si costituisce con un avvocato del libero foro?
Risulta essere vero (ciò che abbiamo dimostrato anche allegando un dossier consegnato al Governo) che la regione Puglia - al TAR, dove era costituita con nomina della precedente giunta comunale, e al Consiglio di Stato - si è costituita in tutti i ricorsi, tranne uno, nel quale «casualmente» le sarà sfuggito di costituirsi, mentre a differenza di tutti gli altri ha addirittura cambiato gli avvocati?
Risulta essere vero che in questa direzione, su tale vicenda, nel momento in cui l'impresa che gestisce l'impianto della Sud Gas di Poggiardo e sostanzialmente quasi tutte (tranne una) le discariche della provincia di Lecce, ha presentato un ricorso al TAR e al Consiglio di Stato, abbia perso al TAR e che, in quel ricorso nel quale la regione si è «dimenticata» di costituirsi presso il Consiglio di Stato, essa abbia avuto la capacità, affiancando al suo avvocato lo studio dell'avvocato Pellegrino (che ricordiamo essere nella persona del presidente della provincia di Lecce), di ottenere un risultato positivo, grazie alla non costituzione della regione?
Risulta essere vero che, nei mesi scorsi, lo studio Pellegrino - di cui è titolare il presidente della provincia di Lecce il quale, in questi giorni, dovrebbe, terminata la fase commissariale, subentrare nelle competenze sui rifiuti - ha predisposto un altro ricorso avverso la firma dei contratti che risolverebbero l'emergenza sulla base delle gare predisposte? È vero che oggi esiste una situazione in base alla quale i rifiuti, per scelta del commissario e del presidente della provincia di Lecce, indicata sui giornali ai quali viene comunicata, vengono inviati all'impianto di biostabilizzazione della società Sud Gas - facente parte dello stesso gruppo industriale cui ho fatto riferimento - per una trattamento di biostabilizzazione da noi indicato, signor sottosegretario, nei giorni scorsi, come un trattamento inadeguato?
Nelle giornate di oggi e di ieri, il sindaco di Grottaglie, un sindaco non dello stesso nostro colore politico - circostanza che può giovare alla comprensione dei fatti - ha valutato l'opportunità di chiamare i carabinieri del NOE per un prelievo della spazzatura verificando come essa, a quanto pare, non verrebbe trattata nei modi indicati dalla legge. Nel caso della discarica del comune di Fragagnano, il sindaco ha addirittura respinto i rifiuti perché non trattati nel modo adeguato.
Inoltre, è possibile tollerare tali avvenimenti in una situazione nella quale la Protezione civile destina 4 milioni di euro - e forse ancora di più - alla copertura del costo aggiuntivo di 47 comuni che conferiscono i rifiuti a tale impianto di biostabilizzazione? Ciò, peraltro, per un trattamento inutile: infatti, come il Governo sa molto bene e come abbiamo indicato nell'interpellanza, con il decreto legislativo n. 36 del 2003 si obbligherebbero i comuni e le regioni ad effettuare il trattamento di biostabilizzazione ma ogni anno è stata prorogata la disciplina preesistente. Si domanda, poi, se l'ufficio del commissario abbia autorizzato l'utilizzo di tale impianto anche in presenza di deroga, antecedente a tale autorizzazione, che non obbliga il trattamento di biostabilizzazione del rifiuto.
Sono tutte questioni molto gravi, che stiamo denunciando da giorni e sulle quali riteniamo vi sia un atteggiamento o di disinteresse o di presa d'atto automatica delle indicazioni e delle notizie che vengono comunicate dal livello territoriale. Stiamo indicando tutto ciò da tempo e sulle questioni indicate abbiamo puntualmente consegnato tutti i documenti atti a dimostrarne la veridicità.
Ci chiediamo se non sia il caso che il Governo dedichi maggiore attenzione alla vicenda per capire se e come venganoPag. 37spese queste risorse e se, con tali presupposti, sia necessario ed opportuno continuare nei finanziamenti. Non sarebbe piuttosto il caso che il Governo valutasse con la massima attenzione se nominare o meno un nuovo commissario per l'emergenza? Si è sostenuto che la situazione di emergenza è terminata; il dottor Bertolaso, responsabile della protezione civile, in una pubblica intervista, ha dichiarato di prendere atto delle dichiarazioni della presidente della regione che per lui fanno fede.
Noi invece stiamo evidenziando, dal giorno in cui ciò è accaduto, una serie di problemi seri che rischiano nei prossimi giorni di determinare una situazione di caos e soprattutto possono condurre la nostra regione in una condizione nella quale purtroppo si possono intravedere i fantasmi di quanto è accaduto in altre regioni d'Italia, in particolare nella Campania. Mi riferisco alla possibilità che questi rifiuti 'vaghino'; e da qualche ora, infatti, alcuni camion di rifiuti 'vagano' tra una discarica ed un impianto senza sapere di chi sia, ad oggi, la competenza su di essi. Chi è responsabile della gestione dei rifiuti? Chi autorizza?
Con dichiarazioni pubbliche, i sindaci, i presidenti dell'ambito territoriale, i presidenti delle province si chiamano fuori dalla questione e sono in attesa di sapere da parte del Governo - e quindi della Protezione civile - di chi sia oggi la competenza sui rifiuti. In teoria, su tali questioni, in modo particolare e diretto, sarebbe delle province; in pratica, però, attendiamo di avere chiarimenti. E lo faremo incalzando il Governo, ma non (lo ribadisco) per mero spirito polemico di carattere politico ed irresponsabile auspicando il tanto peggio, tanto meglio. No, lo facciamo, lo faremo e continueremo a farlo perché, qualora dovesse, come riteniamo, realizzarsi una situazione di caos purtroppo dovremo dire: ve l'avevamo detto! A meno che il Governo, responsabilmente - e questo è l'appello rivolto con l'interpellanza -, non prenda atto della situazione e provveda concretamente intervenendo e assumendosi alcune responsabilità. Meglio, signor sottosegretario, agire adesso che dopo, di fretta, quando la situazione ormai è degenerata, tra uno o due mesi.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, dico subito all'onorevole Fitto e agli altri interpellanti con molta franchezza che il Governo è assolutamente aperto ad ogni ulteriore approfondimento, perché è interessato alla massima trasparenza su tutta questa complessa materia. Naturalmente, come gli interpellanti sanno, vi sono delle strutture che riferiscono ad altre strutture che rielaborano ed assemblano. Del resto, la stessa situazione è in evoluzione ad horas, come l'onorevole Fitto segnala; quindi, posso confermare e ribadire che il Governo è assolutamente disponibile ad ulteriori e più rigorosi approfondimenti, qualora non giungessimo ad una prima soddisfacente soluzione. In effetti, su alcuni aspetti, onorevole Fitto, al Governo non sono stati forniti elementi.
Per quanto riguarda il quesito concernente la presunta necessità di revocare i provvedimenti del commissario delegato n. 51/CD del 21 dicembre 2006 e n. 53/CD del 2 gennaio 2007, riguardanti l'utilizzo degli impianto di Poggiardo della Sud Gas srl e quello riguardante la scelta del commissario delegato di passare alle modalità di trattamento dei rifiuti denominata biostabilizzazione, il Governo rappresenta quanto segue.
È necessario premettere che nel settembre 2004 veniva sottoscritto un accordo per l'utilizzo della discarica di Nardò al servizio del bacino di Lecce 2, a condizione che la stessa cessasse l'attività entro il mese di luglio del 2006. I notevoli ritardi accumulati nelle procedure di gara europea per affidare il servizio di gestione dei rifiuti urbani, a valle della raccolta differenziata, hanno portato alla crisi diPag. 38fatto del bacino, con la conseguente necessità di dover provvedere ad assicurare in forma diversa la corretta gestione dei rifiuti fino all'avvenuta realizzazione di nuovi impianti pubblici programmati.
I ritardi nella definizione delle gare sono state connessi a contenziosi, come ricordava l'onorevole Fitto, attivati prima dinanzi al TAR della Puglia e successivamente dinanzi al Consiglio di Stato, in merito sia alle procedura di gara sia alle successive aggiudicazioni. I contenziosi si sono risolti con esiti contrastanti solo nell'aprile del 2006.
Ove non si fossero attese le definizioni conclusive dei ricorsi, si sarebbe rischiato di gravare la pubblica amministrazione di consistenti richieste di danni da parte dei soggetti contraenti, eventualmente non più titolati a seguito delle decisioni della giustizia amministrativa. Nel luglio del 2006, in concomitanza con la sottoscrizione dei contratti per la realizzazione del sistema impiantistico di gestione dei rifiuti urbani a regime nel territorio della provincia di Lecce, si sono tenuti diversi incontri presso la prefettura di Lecce, volti a determinare le possibili soluzioni di intesa fra regione, provincia e comuni interessati.
Durante tali incontri, sono emerse due possibili soluzioni per affrontare la crisi già allora ritenuta imminente: la possibilità di ricorrere agli impianti per la gestione dei rifiuti urbani presenti in altri ambiti territoriali, sia della stessa provincia di Lecce che delle altre province pugliesi, oppure il ricorso temporaneo agli eventuali impianti privati per la gestione dei rifiuti speciali esistenti nell'ambito del territorio del bacino LE2.
In relazione alle uniche possibilità sopraindicate, il commissario delegato ha ritenuto opportuno scartare la prima per evitare di allargare a macchia d'olio la situazione di emergenza nei territori limitrofi interessati dallo stesso ritardo nella realizzazione degli impianti pubblici a regime.
È stata dunque scelta la seconda soluzione, provvedendo con ogni opportuna urgenza e mediante avviso pubblico ad una ricognizione degli impianti di trattamento dei rifiuti speciali esistenti per la gestione temporanea dei rifiuti urbani indifferenziati del bacino LE2.
La valutazione tecnica delle quattordici manifestazioni di interesse pervenute, operata unitamente alla provincia e all'autorità per la gestione dei rifiuti urbani nel bacino LE2, ha condotto all'individuazione dell'impianto di trattamento esistente a Poggiardo di proprietà della Sud Gas Srl, per il quale si era manifestata l'esigenza di effettuare un'integrazione impiantistica consistente nella realizzazione delle linee di biostabilizzazione per assicurare il trattamento dell'intera produzione dei rifiuti urbani indifferenziati a valle della raccolta differenziata.
Il commissario delegato ha fatto presente che all'epoca dei fatti vigeva l'obbligo, già previsto nell'articolo 7, comma 1 del decreto legislativo n. 36 del 2003, di provvedere entro il 31 dicembre 2006 ad evitare il conferimento dei rifiuti indifferenziati negli impianti di discarica. Del resto, allora non si poteva immaginare che nella legge finanziaria 2007, approvata di recente, fosse contenuta una proroga dell'entrata in vigore di tale norma al 31 dicembre 2007.
Va inoltre sottolineato che le attivate modalità di trattamento dei rifiuti (biostabilizzazione e selezione) consentono una migliore gestione ambientale dei rifiuti urbani ed una migliore utilizzazione delle discariche, o almeno così dovrebbe essere.
RAFFAELE FITTO. Così va meglio!
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Il commissario delegato ha fatto altresì presente che, nel corso delle numerose riunioni riguardanti il percorso per affrontare l'emergenza, tutte condivise con il complesso delle autonomie locali, si è definito il ciclo temporaneo di gestione dei rifiuti urbani indifferenziati del bacino LE2 presso l'impianto privato di Poggiardo, di proprietà, appunto, della Sud Gas srl, ricorrendo per il successivo smaltimento agli impianti di discarica per rifiuti speciali.Pag. 39
Da quanto precede, nelle more della realizzazione del sistema che servirà a regime i comuni del bacino LE2, l'utilizzo dell'impianto della società Sud Gas è di tutta evidenza correlato ad una situazione transitoria determinata dalla crisi ambientale in atto, non potendosi ritenere tale scelta avulsa dal contesto emergenziale.
La non perfetta adesione della soluzione adottata alle previsioni del piano a regime concernente il bacino LE2, peraltro, non solo è determinata dalla rappresentata necessità di provvedere in termini di urgenza, ma anche dal fatto che il piano regionale che disciplina il funzionamento degli impianti appositamente realizzati per il trattamento dei rifiuti è posteriore alla realizzazione dell'impianto della Sud Gas, che, tuttavia, è in grado di assicurare il trattamento preliminare dei rifiuti urbani tal quali per abbattere il livello di umidità e, conseguentemente, per mitigare l'impatto del conferimento finale dei rifiuti trattati negli impianti di discarica individuati e cioè le discariche per i rifiuti non pericolosi site a Grottaglie ed a Fragagnano.
Per quanto riguarda invece la questione relativa alla sperimentazione relativa all'impianto della Sud Gas, è importante chiarire che tale sperimentazione concerneva esclusivamente la possibilità di sottrarre quote di rifiuti urbani trattati dal circuito di smaltimento per destinarli ad attività di recupero e di ripristino ambientale e non già a valutare la funzionalità dell'impianto, come rappresentato dall'onorevole interrogante.
Gli esiti della sperimentazione ad ora acquisiti hanno dimostrato che la citata possibilità di riutilizzo e di recupero delle quote di rifiuti non è consentita e, pertanto, i rifiuti pretrattati nell'impianto di Poggiardo vengono oggi destinati allo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi. Al riguardo si evidenzia che la suddetta destinazione in discarica non è in contrasto con la normativa nazionale vigente, in particolare con il decreto legislativo n. 36 del 2003, menzionato proprio dall'onorevole Fitto.
Circa l'aspetto finanziario, si rende noto che, allo stato, con l'articolo 9 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 settembre 2006, n. 3545, sono stati stanziati, a titolo di anticipazione, 2 milioni di euro, a carico del fondo della protezione civile, subordinatamente ad un'apposita integrazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. Tali fondi sono stati assegnati al commissario delegato, per consentire l'adozione di misure di carattere urgente, finalizzate alla rimozione della situazione di elevato rischio igienico ambientale, determinatosi nei comuni della provincia di Lecce.
Riguardo a tali risorse economiche, il commissario delegato ha sottolineato che le stesse risultano utili per sostenere le pubbliche amministrazioni, a causa dell'incremento tariffario relativo ai maggiori oneri connessi al trattamento dei rifiuti indifferenziati. Tali maggiori oneri sono il risultato dei costi di trattamento, eventuale recupero e smaltimento presso gli impianti di discarica dei rifiuti speciali e vedono la partecipazione di una serie di soggetti diversi.
Del resto, i costi derivanti dai bandi di gara e, più in generale, dal ciclo completo e moderno dei rifiuti, sono senz'altro più elevati dei costi del tradizionale conferimento in discarica dei rifiuti urbani, elemento questo che rafforza la necessità strategica di aumento della percentuale di raccolta differenziata, anche alla luce della necessità di realizzare maggiori economie da parte dei comuni, per quanto attiene alle operazioni di smaltimento.
Nel corso dei citati incontri con le autonomie locali, il commissario delegato ha assunto l'impegno di verificare la possibilità di sostenere economicamente i comuni per l'aumento tariffario che ne sarebbe conseguito e, nella stessa sede, lo stesso commissario ha chiesto ai comuni di impegnarsi per raggiungere percentuali di raccolta differenziata di almeno il 30 per cento, al fine di evitare ulteriori aggravi di costi e di consentire l'avvio al trattamento di un minore quantitativo di rifiuti.Pag. 40
Circa, invece, la procedura utilizzata per la valutazione di impatto ambientale, in relazione all'impianto di Poggiardo, si fa presente che il commissario delegato ha autorizzato le deleghe previste dal normativa comunitaria in caso di urgenza, ovvero la direttiva 85/377/CE, articolo 2, comma 3, lettera c), e che la relativa preventiva comunicazione alla Commissione europea è stata effettuata prima di procedere all'approvazione del potenziamento dell'impianto di Poggiardo, intervenuto con un'ordinanza commissariale (n. 46 del 2006).
Si ribadisce, pertanto, anche in questo caso, il ricorso a procedure strettamente connesse ad una situazione di grave emergenza.
Le procedure ordinarie per la VIA hanno, invece, riguardato la gestione a regime dei rifiuti urbani. Al riguardo, si rappresenta che il progetto relativo al trattamento di base dei rifiuti urbani del bacino LE2, con localizzazione dei relativi impianti pubblici a Poggiardo e a Corigliano d'Otranto e il progetto riguardante l'impianto di produzione del combustibile, derivato dai rifiuti, denominato CDR, a Cavallino, sono stati approvati dal commissario delegato a valle delle procedure di VIA e come risultanti dalle gare attivate dalla precedente gestione commissariale, in data del 31 gennaio 2007, con i provvedimenti commissariali nn. 44 e 47 del 2007.
Infatti, il contenzioso relativo alle suddette procedure di gara, bandite nel dicembre 2003 dall'allora commissario delegato, di cui fa menzione l'onorevole interpellante, è stato definito con sentenza del Consiglio di Stato lo scorso aprile 2006, così che, a seguito delle procedure di VIA, si è potuti finalmente giungere all'approvazione di progetti con i citati decreti del 31 dicembre 2007.
In particolare, circa il contenzioso della società Monteco S.r.l., contro gli atti dell'ex commissario delegato, onorevole Fitto, concernente le procedure di gara relative all'affidamento della gestione dell'impianto complesso al servizio del bacino LE3 e LE2, il commissario delegato ha fatto presente, con un comunicato stampa del 30 gennaio 2007, di essersi costituito in giudizio per il tramite dell'Avvocatura dello Stato, per resistere al gravame proposto dalla ditta interessata davanti al Consiglio di Stato.
Si sottolinea, inoltre, che dinanzi al dispositivo della sentenza del Consiglio di Stato che ha censurato aspetti procedurali del bando di gara, il Commissario delegato afferma di avere provveduto a sanare le irregolarità riscontrate nelle procedure, confermando successivamente gli esiti delle procedure di gara. Contro quest'ultima decisione del Commissario delegato, la società Monteco ha proposto un nuovo ricorso.
Riguardo alle procedure d'urgenza e ai poteri di gestione commissariale, si fa presente che, con nota protocollo n. 223/CD del 15 gennaio scorso, il Commissario delegato ha comunicato al Dipartimento della protezione civile l'esigenza di porre termine ad una gestione commissariale nel delicato settore dei rifiuti e delle bonifiche, nonchè la contestuale necessità di assicurare, attraverso una gestione stralcio specificatamente disposta e disciplinata dal Governo nazionale, la continuità amministrativa concernente le procedure relative a puntuali iniziative di bonifica delle aree di interesse nazionale ricadenti in Puglia, individuate specificatamente dal Commissario delegato nell'area di Manfredonia, dove si deve completare l'opera di bonifica dei siti ove si trovano le discariche «Pariti 1- liquami» e «Pariti 2». In particolare, il Commissario delegato ha sottolineato la necessità di bonificare la discarica «Pariti 1- liquami», caratterizzare la discarica «Pariti 2» e le aree marine dei siti di Taranto, Brindisi e Manfredonia.
Il Commissario delegato ha, altresì, evidenziato come la questione rifiuti non sia risolta.
C'è ancora da perseguire, infatti, importanti obiettivi: garantire la chiusura conclusiva del ciclo di gestione dei rifiuti, con la definizione delle necessarie intese per l'utilizzazione di tutto il CDR (combustibile derivato dai rifiuti) prodotto in alcuni ambiti territoriali, come l'area nordPag. 41barese, l'area metropolitana di Bari, Brindisi; sviluppare al massimo la raccolta differenziata ed il connesso recupero di materia, che offre importanti prospettive socio-economiche al nostro territorio; assicurare la presenza sul territorio di impianti di compostaggio, essenziali per il trattamento della frazione umida da raccolta differenziata.
Questi obiettivi, però, non necessitano della presenza di poteri speciali commissariali, perché sono obiettivi che si perseguono attraverso la ricerca di concertazioni ed intese, attraverso la specifica gestione dei servizi di raccolta. È il momento che entrino in campo responsabilmente gli enti locali e gli ATO rifiuti affinché la regione, insieme alle province, si riappropri delle proprie specifiche funzioni e capacità di definizione di adeguate politiche ambientali del settore dei rifiuti.
Ciò detto, si rappresenta che, a seguito della richiesta del commissario delegato, la dichiarazione dello stato di emergenza in scadenza alla data del 31 gennaio 2007 non è stata prorogata e che è in corso di predisposizione un'ordinanza di protezione civile ai sensi dell'articolo 5, comma 3, della legge n. 225 del 1992.
Tale provvedimento normativo non derogatorio alla vigente legislazione verrà emanato al fine di consentire il completamento degli interventi programmati, assicurando la necessaria continuità amministrativa e di monitoraggio sull'attuazione delle attività poste in essere in regime straordinario. Ciò al fine di superare il contesto critico provocato dalla gestione dei rifiuti urbani nel territorio della regione Puglia.
In particolare, il Commissario delegato intende provvedere alla chiusura del ciclo di smaltimento attraverso l'utilizzazione del CDR ed alla bonifica dei siti di interesse nazionale di Brindisi, Manfredonia e Taranto.
Infine, riguardo ai quesiti in merito alle dichiarazioni del consigliere regionale pugliese della Margherita e al presunto conflitto di interessi del presidente della provincia di Lecce, si ritiene che tali questioni non attengono alle competenze del commissario delegato e non riguardano neanche le attribuzioni conferite dalla vigente legislazione al Dipartimento della protezione civile.
PRESIDENTE. L'onorevole Fitto ha facoltà di replicare.
RAFFAELE FITTO. Signor Presidente, chiaramente non posso dichiararmi soddisfatto, non fosse altro perché tutto ciò che è stato detto dal sottosegretario Naccarato lo abbiamo già letto, nei giorni scorsi, sui giornali, sui quali sono riportate le posizioni che il commissario ha manifestato pubblicamente.
Chiediamo - ed insistiamo su questo punto - che il Governo, in forma autonoma, onde evitare di doverlo fare quando la situazione sarà degenerata, presti oggi attenzione a tale questione. Perché? Parto dalla conclusione.
Lei sa, signor sottosegretario, che il presidente della provincia di Lecce oggi dovrebbe avere competenza piena, così come lei ci ha appena detto, e che lo studio legale dello stesso presidente difende il principale ed unico gestore delle discariche della provincia di Lecce? Forse non lo sa; glielo dico io, in modo che rimanga agli atti. Leggendoli, forse potrà comprendere come oggi sia difficile pensare che il presidente della provincia di Lecce, Pellegrino, sia in condizione di determinare l'apertura o meno di una discarica di un impianto senza incidere direttamente sugli interessi di un grande assistito del suo studio.
Allo stesso modo, le voglio sottoporre, molto tranquillamente, un'altra questione, che farebbe bene ad approfondire nell'interesse generale. Il consigliere regionale al quale si fa riferimento è stato direttore dell'impresa Monteco Srl - che viene difesa dal presidente della provincia - fino al giorno della sua elezione ed è consigliere di amministrazione di tale società; egli ha lanciato, prima che lo facesse il commissario, l'idea di utilizzare questi impianti, così come poi è avvenuto.
Aggiungo un altro elemento. La domanda sulla quale ho riposto molta attenzionePag. 42non ha ricevuto una risposta, perché la struttura commissariale utilizza l'Avvocatura dello Stato. La regione Puglia, che ha finanziato gli interventi, utilizza invece gli avvocati. Cosa è accaduto, fino ad oggi, in tutti i ricorsi? È successo che la regione Puglia e la struttura commissariale hanno avuto due legali: un avvocato dell'Avvocatura dello Stato per conto del commissario ed un avvocato del libero foro per conto della regione.
La sua risposta non mi convince perché in tutti i ricorsi, tra il TAR ed il Consiglio di Stato, la regione ha addirittura cambiato il proprio avvocato! In altri termini, su venti ricorsi la regione Puglia ha cambiato diciannove avvocati, mentre su uno gli è «sfuggito»! Qual è questo ricorso? Quello relativo all'impresa alla quale ho fatto riferimento!
Sono tutte circostanze e coincidenze che io evidenzio alla sua attenzione perché sono alla base del problema, così come lo è la valutazione di impatto ambientale alla quale ha fatto riferimento. Non è così, perché si è seguito per un impianto di un privato una procedura «veloce», durata 7 giorni, mentre per tutti gli altri impianti oggetto delle gare alle quali ha fatto riferimento non è bastato un anno e mezzo per completare l'iter della procedura di valutazione di impatto ambientale! Anche questo, allora, rappresenta un elemento che suscita grande preoccupazione.
Vi è un'altra questione. In questo caso, si tratta di una competenza diretta del Governo, perché lei ha detto che la protezione civile destinerà 2 milioni di euro - si dice che saranno 4 e forse se ne chiederanno 9: non lo so, mi attengo alla cifra di 2 milioni di cui lei ha parlato - per finanziare un intervento: si tratterebbe del trattamento dei rifiuti in un impianto senza che ve ne sia bisogno.
Vorrei infatti dirle, in modo che anche ciò rimanga agli atti per i prossimi giorni, che il termine di scadenza del regime transitorio della normativa sulle discariche di cui al decreto legislativo n. 36 del 2003 è stato prorogato dalla legge finanziaria per il 2007, approvata il 20 dicembre 2006 e pubblicata il 27 dello stesso mese.
Lei sa cosa è accaduto? Il 21 dicembre, vale a dire il giorno dopo, il commissario ha firmato l'ordinanza alla quale lei ha fatto riferimento (l'ordinanza n. 51), sostenendo - lo ricordo perché lo abbiamo ascoltato - che non sapeva che vi era tale proroga, che immaginava che non avrebbe potuto essere disposta (segnalo che noi l'avevamo già approvata) e che firmava tale ordinanza considerando che la proroga non era stata stabilita. È accaduto che, a partire dal 28 dicembre - vale a dire, il giorno dopo la pubblicazione della legge finanziaria -, si è deciso di conferire i rifiuti a tale impianto: non le sembra molto strano e curioso?
Peraltro, non le sembra curioso che si utilizzi detto impianto quando in tutta la regione, invece, i rifiuti giungono in discarica «tal quali», a differenza di questo? La conseguenza è che la protezione civile, paradossalmente - qui la chiamo in causa, così come chiamo in causa il Governo e direttamente la protezione civile -, stanzia due milioni di euro, o forse di più, per coprire i maggiori costi! Sa quali sono questi maggiori costi? Sono quelli sostenuti per portare i rifiuti di quarantasette comuni a Poggiardo per utilizzare tale impianto: unica situazione in tutta la regione!
Sa, quindi, dove vanno a finire questi soldi? Vanno ad aumentare ingiustificatamente i pagamenti a favore dell'azienda di cui sopra: quella difesa da uno studio legale, quella autorizzata da un incontro in prefettura tra il commissario e il presidente della provincia, quella che ne ha un beneficio che potrebbe essere coperto o con le risorse finanziarie della protezione civile o con la triplicazione, solamente per quarantasette comuni, della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti!
Allora, signor sottosegretario, dopo averle posto problemi seri, le rammento che, come ho accennato in precedenza - e voglio ribadirlo in chiusura della mia replica -, i sindaci dei comuni di Grottaglie e Fragagnano o hanno mandato via i camion con la spazzatura (il primo) o li hanno fatti accedere alla discarica (il secondo), a condizione, però, che i carabinieriPag. 43del NOE prelevassero un campione al fine di verificare la natura del rifiuto trattato.
Perché ho voluto dirle queste cose, signor sottosegretario? Ebbene, le sembra normale che si autorizzi un impianto privato senza che sia stata fatta, preventivamente, la sperimentazione? Non è vero, poi, quanto ha affermato poc'anzi - per meglio dire, quanto le hanno riferito - signor sottosegretario. Infatti, se verificherà, si accorgerà che nell'interpellanza è scritto che i sindaci dei bacini interessati hanno espresso un giudizio negativo sull'utilizzo dell'impianto. Ciò nonostante, cinque giorni dopo è stato pubblicato l'avviso del commissario delegato, che dava alle ditte interessate soltanto dieci giorni di tempo per far conoscere la loro volontà (ed è risultata aggiudicataria l'azienda che ho già indicato).
Mettendo insieme i predetti fatti, ne traggo la seguente considerazione finale: le risorse della Protezione civile vanno utilizzate per le esigenze reali, per le situazioni che potrebbero diventare esplosive. Aggiungo, altresì - consegno a lei questa ulteriore considerazione, signor sottosegretario -, che il Dipartimento della protezione civile, in questi giorni, dovrà seguire con attenzione quanto sta accadendo, anche perché, da ieri ad oggi, sono intervenute tante novità. In una situazione di caos generalizzato, camion pieni di rifiuti vanno di qua e di là sul territorio della regione!
Come può vedere, signor sottosegretario, sono in gioco interessi enormi, che non sono estrapolati dal contesto locale, amministrativo, politico e, in alcuni casi, professionale, ma sono ad esso molto legati.
Allora, signor sottosegretario, desideriamo consegnare alla sua attenzione la seguente riflessione: la cosa migliore sarebbe che il Governo e il Dipartimento della protezione civile leggessero con attenzione il resoconto stenografico del dibattito svoltosi oggi. Ritengo, infatti, che la presentazione di una nuova interpellanza, di contenuto analogo, farebbe perdere tempo a noi ed a lei: conoscendo le procedure, posso immaginare che lei chiederebbe notizie, che le amministrazioni interessate le indicherebbero tutta una serie di questioni non rispondenti al vero e che io ascolterei con ritardo, forse, in occasione della trattazione dell'interpellanza, ciò che sarebbe già emerso dal «dibattito» svoltosi, nel frattempo, sui giornali!
Perciò, è importante sapere se il Governo sia consapevole del livello di gravità della situazione. È vero che la gestione commissariale e le competenze sono territoriali; tuttavia, il Governo non dimentichi mai che l'azione del commissario e tutto quello che ho riferito sono frutto di un'ordinanza commissariale che consente al commissario medesimo di muoversi in deroga a tutte le leggi: è da questo punto che bisogna partire!
Nel consegnare le nostre considerazioni alla sua riflessione, signor sottosegretario, ribadiamo che non ci riteniamo affatto soddisfatti, perché i problemi da noi indicati rimangono senza risposta alcuna (soprattutto quelli che presentano interrelazioni molto preoccupanti...). Vi chiediamo di effettuare le dovute verifiche, perché dovremo interrogarci tutti al riguardo (e, soprattutto, dovremo interessarci tutti dei problemi indicati). Temo che la questione sollevata potrà creare molti problemi al territorio della nostra regione.
Confido nell'unico elemento positivo emerso dal confronto odierno, vale a dire nella sensibilità del sottosegretario, al quale chiediamo di comprendere la gravità della situazione e di sensibilizzare nel modo giusto le istituzioni alle quali spetta intervenire. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
(Rinvio interpellanza urgente Diliberto n. 2-00266)
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interpellanza urgente Diliberto n. 2-00266, riguardante presunte attività di dossieraggio compiute nei confronti di uomini politici italiani.
Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, loPag. 44svolgimento dell'interpellanza urgente è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative per la liberazione degli ostaggi rapiti in Nigeria - n. 2-00337)
PRESIDENTE. L'onorevole Cacciari ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00337 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
PAOLO CACCIARI. Signor Presidente Castagnetti, rappresentante del Governo, sottosegretario Naccarato, come loro ben sanno, quattro addetti ad una stazione di pompaggio dell'Agip, nei pressi del terminal di Brass, nello Stato di Bayelsa, nella regione petrolifera della Nigeria, sono stati rapiti lo scorso 7 dicembre 2006. Uno, Roberto Dieghi, è stato rilasciato il 18 gennaio. Dei tre ancora nelle mani dei sequestratori, Imad Saliba è di nazionalità libanese e due sono italiani: i tecnici Francesco Arena, dell'ENI, e Cosma Russo, contrattista della NAOC, società controllata dall'ENI.
La mia parte politica è certa che l'unità di crisi della Farnesina stia facendo tutto il necessario per restituire alle loro famiglie i tecnici rapiti.
Per parte nostra, ci sentiamo vicini alla loro angoscia. Il fatto che il gruppo politico armato che ha rivendicato il rapimento, il MEND (Movimento per la emancipazione del delta del Niger) non abbia mai, in casi analoghi, ucciso gli ostaggi non ci rende meno preoccupati.
Il sequestro di persone innocenti a scopo di ritorsione e di scambio è una pratica particolarmente odiosa e disumana, a prescindere da qualsiasi possa essere la motivazione addotta a giustificazione dell'atto. Il sequestro, l'isolamento, la detenzione in cattività di una persona è una forma di violenza e di tortura che va condannata in qualsiasi contesto si presenti.
Ciò detto, spero nel modo più netto e inequivocabile possibile, non credo che in sede politica ci si possa responsabilmente limitare ad esprimere solidarietà ed a formulare buoni auspici.
È preciso obbligo della politica, del Parlamento e del Governo, considerare tutti gli aspetti della realtà dentro cui è maturato questo dramma, per tentare di evitare conclusioni irreparabili e che si possano replicare.
Si deve sapere, infatti, che questo episodio è solo uno degli ultimi di una lunga e spaventosa serie di attacchi alle infrastrutture petrolifere delle compagnie internazionali presenti nell'area e ai tecnici lì operanti.
Ricordo solo quelli subiti dalla nostra compagnia, l'ENI, di cui si è avuta notizia dall'inizio dell'anno scorso: il 23 gennaio 2006 fu attaccata una piattaforma senza alcun danno; il giorno successivo, il 24 gennaio, una ventina di uomini armati hanno svaligiato la sede del quartier generale della città di Port Harcourt, provocando 9 morti nello scontro a fuoco con la polizia privata; il 18 marzo è stato fatto esplodere l'oleodotto Agip che collega Tebidaba al terminal di Brass, con enorme spargimento di greggio e l'interruzione del flusso; l'11 maggio vennero sequestrati per un giorno, a Port Harcourt, tre tecnici dell'ENI, tra cui un italiano, Vito Macrina; dal 25 al 31 luglio la stazione di pompaggio di Ogbainbiri è stata occupata pacificamente da un gruppo di giovani ribelli, i quali chiedono e ottengono un risarcimento; il 28 agosto è rapito il tecnico della Saipem Mario Pavesi, che verrà rilasciato quattro giorni dopo; il 28 ottobre viene occupata la stazione di pompaggio a Clough Creek, nelle vicinanze di Bayelsa, senza conseguenze; il 6 novembre è la volta della stazione di pompaggio a Tebidaba, con sequestro di 48 dipendenti rilasciati dopo 17 giorni; il 12 novembre un altro attacco a una piattaforma non precisata; il 22 novembre attacco alla nave-piattaforma Mystras della Saipem al largo di Port Harcourt, con rapimento di 7 tecnici e scontro a fuoco dove muoiono 4 persone, tra cui David Hunt, il sovrintendente della produzione britannico dell'Agip, e viene ferito un italiano, Mario Caputo, in maniera non grave.
Poi, ancora, dopo il rapimento del 7 dicembre dei nostri connazionali, di cuiPag. 45stiamo parlando e che è ancora in corso, il 18 dicembre si è verificata l'esplosione di una autobomba nel perimetro interno del complesso Agip a Port Harcourt.
Signor rappresentante del Governo, credo che questo scarno elenco possa bastare ad affermare che la regione del delta del Niger non sembra offrire quegli elementi minimi di sicurezza necessari per svolgere normali attività imprenditoriali.
Nel delta del Niger stiamo assistendo all'escalation di una vera e propria guerra a bassa intensità tra vari gruppi di ribelli e guerriglieri che fanno capo a diverse etnie e le major petrolifere, con a capo la Shell, la Chevron, la Exxon Mobil, la Total e la nostra ENI, accusate di depredare le risorse naturali dell'area. Conflitto che il Governo e le forze armate nazionali nigeriane non sembrano essere in grado di controllare.
Alcuni osservatori parlano di vietnamizzazione del Golfo di Guinea. Tant'è che, nel marzo dello scorso anno, quando l'ammiraglio Henry Ulrich, comandante della flotta USA di stanza in Europa e nel Golfo di Guinea, visitò la Nigeria, una delegazione di rappresentanti delle compagnie petrolifere gli chiese di incrementare la protezione alle loro numerose piattaforme (33 fisse, 20 galleggianti, 13 navi cisterna, 700 pozzi a terra offshore, che estraggono 2,5 milioni di barili al giorno).
La nostra quota, dell'ENI e dell'Italia, è pari a 160 mila barili al giorno, per un valore di 7-8 milioni di dollari al giorno. In più, vi è il maxicontratto per l'estrazione e la liquefazione del gas naturale degli impianti di Brass.
La risposta dell'ammiraglio Ulrich fu che gli Stati Uniti si sarebbero limitati a controllare le navi in transito al largo, in acque profonde, e che dentro al delta le compagnie si sarebbero dovute proteggere da sole.
Detto questo, i due aspetti che a mio avviso dovremmo prendere in considerazione in questa sede sono i seguenti: la catastrofica situazione ambientale e umanitaria del delta del Niger; le finalità e le modalità della nostra presenza in quell'area con l'ENI, la più grande impresa di Stato, controllata dal Governo.
La Nigeria, il più popoloso paese africano, vive una situazione paradossale, ben descritta da Luca Manes, nel Manifesto, nella rubrica «terra terra»: «Per la Nigeria il petrolio è da troppo tempo una maledizione (...) Il panorama del territorio del delta del Niger è costellato da abbaglianti fiammate altre decine di metri, causa di rumorose esplosioni che si susseguono giorno e notte, spesso anche a poca distanza dai villaggi (i pennacchi di fuoco sono così imponenti che si possono distinguere nettamente dalle riprese satellitari). Con i gas flaring si disperdono nell'aria tossine inquinanti, come il benzene, che tra le popolazioni locali ha provocato l'aumento in maniera esponenziale di tumori e di malattie respiratorie quali la bronchite e l'asma». Si formano così piogge acide e inquinanti al suolo, dove si deposita una «pellicola nera» di idrocarburi e fuliggine che rende impossibile le pratiche agricole. La Nigeria da sola produce 70 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. In particolare, a farne le spese sono le popolazioni Ijwerkan Ijaw (13 milioni di abitanti), gli Ogoni, gli Ugborodo, gli Odioma.
In un rapporto di Amnesty International diffuso nel 2004 viene scritto: «Il mancato rispetto, da parte del Governo della Nigeria, dei propri obblighi in difesa dei diritti umani sta provocando una escalation di violazioni dei diritti civili, politici, sociali, economici e culturali». Mentre Javier Gonzales, responsabile di Amnesty Italia per l'Africa, ha affermato: «Il Governo federale delega le sue competenze sul territorio alle compagnie petrolifere. Soprattutto in materia di sicurezza».
Veniamo ora alla nostra industria di Stato, l'ENI, presente in Nigeria dal 1962 con alcune consociate.
Ovviamente, non metto in dubbio la legittimità giuridica dei contratti stipulati con i diversi Governi che si sono succeduti in Nigeria, né le royalties pagate. Ma, nemmeno dopo la fine della dittatura militare, nel 1999, e il ritorno al potere diPag. 46un Governo elettivo la situazione sembra essere migliorata: nel delta non si sono visti i «dividendi della democrazia».
Le associazioni umanitarie e di difesa dei diritti degli indigeni e la stessa Organizzazione per la Cooperazione e lo sviluppo, l'OCSE, chiedono alle compagnie multinazionali che sfruttano risorse locali di adottare «codici di condotta volontari», per evitare ogni impatto negativo della loro attività sulle popolazioni e sull'ambiente. Infatti, non è affatto scontato che le royalties pagate finiscano davvero a beneficio di politiche di promozione dello sviluppo economico e sociale delle popolazioni locali. E, quando ciò avviene, le compagnie rischiano di diventare oggettivamente complici di cattive amministrazioni statali.
Come dice splendidamente l'ambasciatore Roberto Toscano, nel libro intitolato La violenza e le regole, il primo principio delle politiche di solidarietà e di sviluppo con i popoli meno sviluppati dovrebbe essere quello di «non fare danni».
Ora, signor sottosegretario, la questione, molto crudamente, è la seguente: l'ENI in Nigeria ha assunto le dovute attenzioni nei riguardi degli ecosistemi e delle comunità locali direttamente investite dalle operazioni di estrazione degli idrocarburi? A noi risulta che all'ENI, due anni fa, sia stata rifiutata la certificazione dell'indice azionario per l'investimento socialmente responsabile denominato «FTSE 4 GOOD», perché non soddisfaceva i criteri riguardanti i diritti umani. Vorremmo sapere se è vero e, comunque, quali sono i controlli che il Governo normalmente esercita nei riguardi di società controllate che operano all'estero. Ricordo che, nel 2002, l'ENI ha firmato un protocollo con le organizzazioni sindacali sull'assunzione di responsabilità sociale anche nei riguardi della promozione dello sviluppo socioeconomico delle comunità in cui il gruppo è presente. Non abbiamo, invece, alcun dubbio, purtroppo, signor sottosegretario, sul fatto che l'ENI non applica le migliori tecnologie a salvaguardia dell'ambiente nelle tecniche di estrazione del petrolio. I famigerati gas flaring potrebbero essere imbrigliati e neutralizzati, non bruciati a cielo aperto, e si potrebbero evitare spaventosi inquinamenti dell'atmosfera, devastazione del delta e danni biologici documentati alla popolazione. I danni ambientali già prodotti devono comportare una bonifica di cui non si ha notizia. Ricordo che già la Shell è stata condannata dall'Alta Corte nigeriana a risarcire la popolazione del delta, per danni ambientali.
Infine, pongo a voi un quesito: in attesa di accertare le effettive condizioni di sicurezza e di reciproca convenienza tra le compagnie petrolifere e le comunità locali, il Governo non ritiene sia il caso di rendere disponibile l'ENI a rinunciare - come il senatore Cossiga ha chiesto in una interrogazione al Senato - o a ritrattare (come io dico, più modestamente) i propri impegni, contratti e programmi? In particolare, a noi sembra che la realizzazione di nuovi impegnativi impianti di liquefazione di gas naturale a Brass, a Bonny Island (da importare con gasiere criogeniche e rigassificare in Italia) sia un vero azzardo anche dal punto di vista industriale, in questa situazione.
Insomma, a me pare che dovrebbero tornarci alla mente i buoni insegnamenti di Enrico Mattei, che sapeva bene che la politica internazionale si incrocia pesantemente con quella energetica e che lavorare per la pace significa non sfruttare i paesi fornitori e nemmeno metterli in concorrenza tra loro. All'ingegner Scaroni e al ministro Bersani vorrei dire: ben venga l'OPEC anche del gas, oltre a quella del petrolio, perché un dollaro in meno al barile o al metro cubo di gas naturale non vale la vita né dei lavoratori impegnati nei pozzi, né degli abitanti che ci vivono attorno.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, a seguito del rapimento, avvenuto il 7Pag. 47dicembre scorso - come ricordava l'onorevole Cacciari - presso il terminal dell'Agip di Brass, in Nigeria, di tre connazionali e di un cittadino libanese dipendenti dell'ENI o di società subappaltatrici, sono stati subito attivati, naturalmente, tutti i canali diplomatici per acquisire l'impegno delle autorità nigeriane a compiere ogni possibile sforzo per la liberazione degli ostaggi attraverso negoziati e mezzi pacifici, evitando, cioè, il ricorso a temute azioni di forza che avrebbero potuto compromettere la vita degli ostaggi stessi. A tal fine, l'ambasciatore italiano ad Abuja ha immediatamente effettuato una serie di passi presso la Presidenza della Repubblica nigeriana e i locali organi istituzionali incaricati di risolvere il caso, ottenendo assicurazioni sia sull'impegno delle autorità nigeriane per la liberazione degli ostaggi, sia sul ricorso in via esclusiva a mezzi pacifici. L'azione del Governo italiano è giunta al più alto livello, cioè al Presidente della Nigeria, Obasanjo, mediante l'intervento personale del Vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro degli esteri, onorevole Massimo D'Alema. Inoltre, cogliendo l'occasione di un incontro a margine del vertice dell'Unione africana ad Addis Abeba del 30 gennaio scorso, il Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Romano Prodi, è tornato sull'argomento con il Presidente nigeriano, il quale lo ha rassicurato circa l'impegno di quelle autorità, e suo personale, per giungere alla liberazione degli ostaggi attraverso i negoziati già avviati con il MEND, escludendo qualsiasi ricorso ad azioni di forza.
Il Governo intende naturalmente continuare, sia a livello diplomatico, sia attraverso i contatti stabiliti dalle altre competenti istituzioni, ad adoperarsi per la liberazione degli ostaggi ancora nelle mani dei rapitori e ad assistere i familiari, in collaborazione con l'ENI, sino alla definitiva soluzione del caso. A tale proposito, è stato richiesto dal Governo italiano un ulteriore incontro ad Abuja con il Presidente Obasanjo e con il ministro degli esteri, che potrebbe avere luogo nei prossimi giorni.
Per quanto riguarda, più in generale, il contesto in cui è maturato il rapimento dei nostri connazionali, si ritiene opportuno ricordare che il MEND è formato da un ristretto nucleo di persone politicamente impegnate, che coordina dall'esterno le azioni delle milizie indipendenti attive nell'area del delta (circa una decina di gruppi organizzati) e fornisce loro una certa copertura ideologica. A tali milizie, impegnate nell'azione di sabotaggio degli impianti e di sequestro dei lavoratori colà occupati, si vanno poi spesso ad aggiungere bande di criminali comuni, che approfittano dell'evidente stato di insicurezza della regione.
Si rammenta che, da svariati anni, le popolazioni locali hanno portato avanti rivendicazioni volte ad ottenere una più equa ripartizione delle risorse derivanti dal petrolio, nonché una politica di contrasto del degrado ambientale causato dall'attività di sfruttamento dei giacimenti. Del resto, lo stesso Presidente Obasanjo ha ritenuto necessario impegnarsi pubblicamente a migliorare le condizioni di vita della popolazione locale, preannunciando importanti interventi in opere infrastrutturali.
Va notato, inoltre, che i sempre più frequenti episodi di violenza nel delta del Niger, come ha ricordato l'onorevole Cacciari, sono da porre in relazione con i tentativi di mettere in difficoltà lo stesso Governo federale, alla vigilia delle elezioni presidenziali programmate per il 21 aprile prossimo.
Tale situazione contingente si inserisce, accentuandole, sulle cause storiche della instabilità della regione, ovvero la rivalità etnica, il separatismo e la povertà locale. La dirigenza locale appare, inoltre, sempre più spesso implicata nel sistema di collusioni economiche e strumentalizzazioni politiche, che, nel loro insieme, finiscono per alimentare i movimenti ribelli e incoraggiare gli atti di violenza.
Quanto al secondo quesito, concernente la politica energetica utilizzata in Nigeria dall'ENI, si fa presente che il Governo ha avviato una serie di iniziative che vanno nella direzione di assicurare gli approvvigionamentiPag. 48in un contesto di crescente dipendenza dell'Europa dall'estero, che oggi è al 50 per cento e, nel 2030, potrebbe salire anche all'80 per cento. L'Italia si sta avviando, su molti punti, lungo la strada che l'Unione europea ha indicato nel suo recente rapporto sull'energia.
Con il disegno di legge sull'energia e le misure contenute nella finanziaria, fino ad arrivare ai progetti industriali sull'efficienza energetica, il paese ha intrapreso politiche che segnano una decisiva inversione di tendenza rispetto agli anni scorsi.
La scelta del Governo è quella di valorizzare le misure di efficienza energetica e di promozione delle fonti rinnovabili, individuando obiettivi di crescita coerente con gli obiettivi europei, consapevoli di un ritardo da superare con politiche di incentivazione idonee e con un nuovo patto con regioni ed enti locali.
Tutto ciò consentirà di raggiungere una migliore diversificazione delle fonti energetiche ed una riduzione della dipendenza dagli idrocarburi, coniugando, allo stesso tempo, un impegno sostenibile e virtuoso per contrastare il cambiamento climatico.
I risultati di tali politiche non potranno, tuttavia, modificare sostanzialmente la posizione dell'Italia quale paese consumatore di energia, ma povero di fonti primarie, nei confronti dei paesi produttori.
Il Governo, quindi, ha sostenuto, in sede europea, la necessità di parlare con una sola voce nel dialogo con i paesi produttori e con il resto dei paesi consumatori, ed è favorevole all'idea di organizzare una conferenza con i principali paesi fornitori di petrolio e di gas, tra i quali anche la Nigeria. In tale conferenza, potrebbero essere proposti obiettivi di lungo termine per la diversificazione dell'approvvigionamento e obiettivi per la promozione delle fonti energetiche di energia e l'efficienza.
Quanto al comportamento dell'ENI all'estero, tale azienda ha fatto presente di avere un codice di comportamento che rispecchia i principali standard di lavoro e protezione ambientale, in raccordo con le normative esistenti a livello dei paesi in cui opera e con le principali convenzioni internazionali.
Ha aderito, inoltre, all'iniziativa Global Compact promossa dall'ONU nel 2000, che si articola in dieci principi fondamentali in materia di standard di lavoro, diritti umani e tutela ambientale. ENI diffonde anche un bilancio annuale, il Rapporto salute, sicurezza e ambiente, e la pubblicazione «Impegni e azioni per lo sviluppo sostenibile».
Per quanto riguarda il rapporto tra l'utilizzo dei ricavi petroliferi da parte dei paesi produttori ed il loro sviluppo sostenibile, ENI ha aderito al Extractive Industries Transparency Iniziative (EITI), un'iniziativa lanciata dal Governo britannico nel 2003 alla quale hanno aderito venti governi (tra cui la Nigeria) e industrie estrattive allo scopo di migliorare la trasparenza nell'utilizzo delle risorse generate dall'estrazione degli idrocarburi.
In particolare, in Nigeria risulta che ENI abbia realizzato, negli ultimi anni, vari progetti documentati a favore delle popolazioni locali nei settori dello sviluppo agricolo, dell'assistenza sanitaria, dell'istruzione e della protezione dell'ambiente. Tra gli interventi più significativi realizzati è stato segnalato il sostegno ad un programma di sviluppo agricolo Green River Project nel delta del Niger, il contributo a favore della lotta all'AIDS e alla malaria, gli interventi di protezione e conservazione ambientale, quali il controllo dell'erosione costiera, la gestione responsabile dell'impatto ambientale e delle attività operative mediante il progetto Zero Gas Flaring.
PRESIDENTE. L'onorevole Cacciari ha facoltà di replicare.
PAOLO CACCIARI. Signor Presidente, sono soddisfatto per quanto riguarda l'annuncio della conferenza con i paesi fornitori di idrocarburi che mi pare il Governo italiano, e non solo, stia lanciando.
Sono molto preoccupato e angosciato per l'andamento delle trattative per il rilascio dei dipendenti della nostraPag. 49azienda di Stato, tra cui i due connazionali.
In tutta sincerità, sottosegretario, non credo che insinuare il sospetto che le estese attività di guerriglia e di rivolta popolare che stanno avvenendo nel delta del Niger, e non da adesso (risalgono almeno a venti, venticinque anni fa), siano imprese criminali comuni, che il motivo di questa instabilità sia una rivalità etnica e che vi sia una strumentalizzazione politica, negando invece l'evidenza dei fatti (invito il Governo a svolgere una missione insieme ai tecnici per vedere lo stato degli ecosistemi in cui è ridotto il delta del Niger a causa dello sfruttamento delle compagnie occidentali, per vedere lo stato di inquinamento e di morte biologica, oltre che di danni alla salute, documentata dai cronisti degli Stati Uniti d'America che si sono recati in quelle zone per verificare lo stato di salute dei bambini), faciliti la trattativa.
Dobbiamo dire la verità, dire come stanno le cose, qual è il debito ecologico che abbiamo noi occidentali, in che stato, in nome dei nostri fabbisogni energetici, in nome dei nostri stili di vita e del nostro consumismo, abbiamo ridotto, tramite le nostre compagnie controllate dallo Stato, intere regioni del globo; credo che questo non sia al servizio né della verità né dei nostri connazionali che in quelle zone versano in una situazione drammatica.
Ho posto due domande, la prima sugli indirizzi che l'Eni ha ricevuto dal Governo e la seconda se il Governo si accontenti del progetto Green River che ha stanziato 17 milioni dal 1996. Non sono briciole, bensì insulti, azioni propagandistiche che l'ENI ha portato avanti; pensate che solo in pubblicità l'ENI spende dieci volte tanto. Non credo che il Governo possa esimersi dal dire alla propria azienda di Stato che deve cambiare radicalmente ed immediatamente rotta, tenendo un atteggiamento completamente diverso dal passato nei confronti di quelle popolazioni sfruttate a causa delle loro risorse energetiche.
Caro Governo, caro sottosegretario, se non diamo un segnale in questo senso saremo noi a mettere a rischio la vita dei nostri connazionali.
Inoltre, voglio capire se il Governo ha ancora intenzione, date queste condizioni di sicurezza, di inviare connazionali in quei luoghi: ricordiamoci, infatti, che costoro non saranno da considerarsi morti o feriti sul lavoro per cause accidentali. Essi sono sottoposti ad un rischio del quale ce ne stiamo bellamente infischiando, quindi ci dovremmo astenere urgentemente dall'inviare in quei luoghi nostre maestranze.
Non possiamo mercificare la vita di dipendenti di aziende pubbliche: a tal riguardo, si apre una questione morale sullo sfruttamento e sul mantenimento di nostre attività in paesi a così alto rischio, tra l'altro malvolute - uso un eufemismo - dalle popolazioni locali. Da questo punto di vista non posso sentirmi soddisfatto. Il problema è rappresentato dai nostri quattro connazionali, a cui va tutta la nostra solidarietà.
Vorrei, inoltre, che all'impegno firmato da padre Alex Zanotelli e tanti altri seguissero iniziative concrete da parte del Governo.
PRESIDENTE. In attesa che giunga in aula il rappresentante del Governo competente a rispondere ai successivi atti di sindacato ispettivo, sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 16,10, è ripresa alle 16,20.
(Convenzione stipulata dall'ospedale San Carlo di Potenza con l'Associazione «Centro aiuto alla vita» - n. 2-00346).
PRESIDENTE. L'onorevole Deiana ha facoltà di illustrare l'interpellanza Lombardi n. 2-00346 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmataria.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, vorrei portare all'attenzione del sottosegretarioPag. 50Patta la valenza molto negativa di un episodio che, d'altra parte, si iscrive in una serie infinita di episodi che durano da anni e che hanno al centro, come caratteristica peculiare, la volontà di minare l'efficacia, la legittimità e l'operatività di due leggi fondamentali, che hanno fatto la storia dell'autodeterminazione dei diritti delle donne nel nostro paese, la n. 194 del 1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza e la n. 405 del 1975 relativa all'istituzione dei consultori.
Ripeto, si tratta di un episodio estremamente significativo avvenuto in una città della Basilicata, Potenza, che riguarda la struttura sanitaria regionale ed è, quindi, di stretta competenza della regione, ma che investe due leggi nazionali che richiedono, richiederebbero e, mi auguro, richiederanno un'attenzione particolare da parte del Governo.
L'ospedale San Carlo di Potenza, nel 2000, ha stipulato una convenzione con l'associazione di volontariato «Centro aiuto alla vita», al fine di prevenire l'interruzione volontaria di gravidanza. Questo è il focus della vicenda che, come ho già detto, è caratteristica di una serie di episodi analoghi, che hanno al centro il permesso e l'autorizzazione concessa ad organizzazioni contrarie alla legge n. 194 di entrare nelle strutture pubbliche e svolgere propaganda, opera di convincimento, moral o immoral suasion, nei confronti delle donne che hanno preso le loro decisioni o che, comunque, hanno diritto a prenderle in un contesto completamente diverso.
La convenzione, che è anche stata al centro di una grande contestazione da parte del movimento delle donne della Basilicata, è scaduta, ma risulta agli interpellanti - anche da dichiarazioni di dirigenti dell'ospedale - che l'associazione continua a svolgere la propria attività di volontariato all'interno dell'azienda in un locale assegnato ad hoc, il che mi sembra di notevole gravità anche perché gli esponenti dell'associazione possono girare liberamente nei corridoi e nei locali dell'ospedale con camici bianchi e avvicinare le donne come vogliono.
Per quanto riguarda l'applicazione della legge n. 194, nei termini di aiuti, consigli e suggerimenti che le donne possono chiedere, la norma è molto chiara: sono i consultori, istituiti con la legge n. 405 del 1975, i luoghi a ciò preposti. Non vi possano essere deroghe e, laddove vi fossero, rappresenterebbero una grave violazione di punti cardinali di alcune leggi, che riteniamo debbano essere rigorosamente difese.
La domanda che rivolgiamo è cosa abbia intenzione di realizzare il Governo per rimettere al centro il proprio impegno a difesa delle due leggi fondamentali di cui ho poc'anzi parlato e, in particolare, cosa intenda fare per promuovere una nuova stagione di rafforzamento e rilancio dei consultori, che a nostro modo di vedere rappresenterebbero oggi uno strumento essenziale per ritornare con i piedi per terra in relazione ai bisogni, alle esigenze e agli orientamenti di autodeterminazione delle donne, al di fuori delle campagne propagandistiche, mediatiche e ideologicamente orientate intorno alla legge n. 194, salvaguardando il diritto fondamentale delle donne di esercitare il controllo sulla propria sessualità, sulla propria capacità riproduttiva, insomma sul complesso delle questioni che sono state al centro di lotte faticose che le donne in Italia hanno compiuto e che hanno portato a realizzare alcuni punti di civiltà giuridica nelle relazioni tra i due sessi e nel rapporto tra la parte femminile della società italiana e lo Stato medesimo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Con riferimento alla problematica segnalata dagli onorevoli interpellanti, il Ministero della salute ha chiesto informazioni al competente assessorato alla sanità della regione Basilicata.
Dalla documentazione pervenuta risulta che con nota del 1o giugno 1998 l'associazione Centro di aiuto alla vita Gianna Beretta Molla ha chiesto di collaborarePag. 51con l'azienda ospedaliera San Carlo di Potenza per il conseguimento della finalità di cui alla legge 2 maggio 1978, n.194, in materia di prevenzione dell'aborto volontario.
In esecuzione della deliberazione n. 172 dell'8 febbraio 1999, il 4 ottobre 2000 è stato sottoscritto tra l'azienda ospedaliera e il Centro di aiuto alla vita un atto di convenzione della durata di tre anni, che, dopo tacito rinnovo di pari durata, è scaduto in data 3 ottobre 2006.
La convenzione consentiva al Centro di aiuto alla vita di effettuare pubblicità circa l'esistenza e gli scopi della associazione presso le unità operative di ostetricia e di ginecologia e presso i rispettivi ambulatori dell'azienda ospedaliera. L'azienda autorizzava la presenza, nei giorni previsti per l'espletamento dell'iter per l'interruzione volontaria della gravidanza (IVG), degli operatori del Centro di aiuto alla vita (riconoscibili dal cartellino) per un incontro con le donne che ne avessero fatto richiesta, in collaborazione con gli operatori sanitari del servizio di IVG.
La regione ha precisato che, nel periodo di vigenza della convenzione, gli operatori del Centro di aiuto alla vita hanno operato nel rispetto della convenzione e che nessuna segnalazione, formale o informale, di disagio da parte dei cittadini utenti è stata registrata, né dalla direzione sanitaria dell'ospedale né dal tribunale dei diritti del malato. Quanto alla presunta violazione della normativa sulla privacy e sul trattamento dei dati personali e sensibili, l'azienda assicura che nessun dato identificativo e sensibile è mai transitato tra la struttura medesima e il centro.
Con nota del 2 gennaio 2007 l'associazione ha presentato una richiesta di proroga della convenzione. Al fine di realizzare una più organica attuazione di quanto previsto dall'articolo 5 della legge n. 194 del 1978, l'azienda ospedaliera in data 11 gennaio 2007 ha richiesto all'AUSL n. 2 di Potenza di fornire la propria disponibilità per la necessaria collaborazione tramite i consultori familiari.
L'azienda non ha rinnovato la convenzione, concedendo, tuttavia, l'autorizzazione a svolgere l'attività di volontariato, contemplata nello statuto del Centro, in locali appositamente assegnati e nel rispetto di modalità specificamente indicate dall'azienda.
La vicenda in esame è stata oggetto di discussione all'interno della competente Commissione permanente del Consiglio regionale della Basilicata, nella seduta dell'1 febbraio 2007. In quella sede l'assessore regionale alla salute ha giudicato pienamente conforme alla normativa vigente il comportamento tenuto dall'azienda ospedaliera San Carlo e ha preannunciato l'emanazione di un atto di indirizzo alle aziende sanitarie in materia di consultori familiari per la piena e sistematica utilizzazione dei consultori familiari in relazione alle funzioni loro spettanti, in base alla legge n. 194 del 1978, nonché per la regolamentazione delle funzioni riconosciute dalla stessa legge ad altri soggetti.
Relativamente a quanto richiesto dagli interpellanti, va ricordato che l'articolo 14, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dispone che all'interno delle strutture sanitarie è favorita la presenza e l'attività degli organismi di volontariato e di tutela dei diritti. A tal fine le unità sanitarie locali e le aziende ospedaliere possono stipulare, senza oneri a carico del fondo sanitario regionale, accordi o protocolli che stabiliscano gli ambiti e le modalità di collaborazione. La stessa norma, tuttavia, contiene un esplicito richiamo alla doverosa osservanza del diritto alla riservatezza che deve essere comunque garantito al cittadino e del principio della non interferenza nelle scelte professionali degli operatori sanitari.
Premesso dunque che la presenza all'interno delle strutture ospedaliere dell'organizzazione del volontariato e della tutela di diritti è contemplata dalla legge nel rispetto dei limiti ivi previsti, nel caso specifico è necessario operare un «distinguo» fra la valutazione senza dubbio favorevole dell'attività che tali organizzazioni possono svolgere nel perseguimentoPag. 52degli obiettivi fissati dalla legge n. 194 del 1978, anche utilizzando i locali messi a disposizione dalle strutture ospedaliere, e la presenza degli operatori di tali organizzazioni nei reparti dove si recano le donne, che hanno già deciso di interrompere la gravidanza e, soprattutto, nel momento in cui si praticano gli interventi di interruzione volontaria della gravidanza, presenza che pare quanto mai inopportuna.
Non sbagliano gli interpellanti a richiamare il ruolo che la legge n. 194 del 1978 assegna ai consultori nell'assistere la donna in gravidanza e nella prevenzione degli aborti.
Il consultorio ha la funzione di contribuire a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all'interruzione della gravidanza e, specialmente quando la richiesta di interruzione sia motivata dall'incidenza delle condizioni economiche, sociali o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito le possibili soluzioni dei problemi proposti; di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero all'interruzione della gravidanza; di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre; di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza, sia dopo il parto.
Nella relazione sullo stato di attuazione della legge n. 194 del 1978 riguardante l'anno 2004 e contenente i dati provvisori relativi al 2005, che è stata presentata dall'attuale ministro al Parlamento il 21 settembre 2006, si è avuto modo di evidenziare che uno degli strumenti disponibili per prevenire il ricorso all'aborto è lo svolgimento di uno o più colloqui con i membri di una équipe professionalmente qualificata, come quella presente nei consultori. In una studio pilota condotto dall'Istituto superiore della sanità, in cui al consultorio era necessario rivolgersi per la prenotazione dell'intervento di interruzione volontaria di gravidanza, si è potuto verificare che il 5 per cento delle donne ritornava sulla sua decisione in seguito al colloquio e veniva sostenuta per il proseguimento della gravidanza.
La centralità dei consultori nell'attuazione del dettato legislativo, ivi compresa la parte riguardante il riconoscimento del valore sociale della maternità, non esclude la collaborazione con le formazioni sociali presenti sul territorio. Ai sensi della stessa legge, infatti, sono i consultori che, sulla base di appositi regolamenti o convenzioni, possono avvalersi della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita.
Per quanto concerne le azioni, che questo Ministero intende porre in essere per potenziare la rete dei consultori sul territorio e di cui la relazione al Parlamento già citata ha evidenziato le criticità, è da ricordare il Progetto obiettivo materno infantile, adottato con decreto ministeriale del 24 aprile 2000 e recepito integralmente nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001, concernente la definizione dei livelli essenziali di assistenza.
Il progetto assegna un ruolo centrale ai consultori familiari e definisce dettagliatamente non solo gli aspetti organizzativi, ma anche gli obiettivi da raggiungere, i corrispondenti indicatori di esito ed i conseguenti indicatori di risultato e di processo, nonché le azioni da svolgere mediante offerta attiva.
È ragionevole ritenere che l'applicazione integrale del suddetto progetto, nel quale il percorso nascita rappresenta una componente strategica centrale, possa produrre come conseguenza diretta ed indiretta un'ulteriore e rilevante riduzione del ricorso all'interruzione volontaria di gravidanza, già fortemente diminuita nel nostro paese, dopo l'entrata in vigore della legge n. 194 del 1978.
Deve, inoltre, essere sottolineato che, in coerenza con gli obiettivi individuati dal POMI e dal Piano sanitario nazionale 2006-2008, il ministro ha presentato un disegno di legge recante norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozionePag. 53del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato, attualmente all'esame della XII Commissione affari sociali della Camera dei deputati, nel quale viene previsto il potenziamento dell'attività dei consultori familiari con programmi specifici per la salute preconcezionale e riproduttiva, la tutela della maternità e la promozione dell'allattamento al seno.
Il disegno di legge intende, fra l'altro, contrastare le disuguaglianze territoriali e sociali di accesso ai servizi dell'area materno-infantile, migliorandone la fruibilità da parte della popolazione più svantaggiata, e promuovere la continuità assistenziale del percorso nascita, garantendo l'integrazione tra territorio e strutture ospedaliere.
Per il necessario raccordo con il piano sanitario nazionale 2006-2008, inoltre, dovrà essere siglata un'intesa Governo-regioni per la promozione delle attività previste e per la definizione da parte degli enti territoriali dell'entità della quota di risorse finanziarie da destinare a tali attività, nell'ambito dell'1,3 per cento delle risorse disponibili per il Servizio sanitario nazionale e vincolate, ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
La legge finanziaria 2007, infine, prevede che il ministro delle politiche per la famiglia, avvalendosi dello specifico fondo, realizzi con il ministro della salute un'intesa, in sede di conferenza Stato-regioni, concernente i criteri e le modalità per la riorganizzazione dei consultori familiari, allo scopo di potenziare gli interventi di carattere sociale a favore delle famiglie.
PRESIDENTE. L'onorevole Lombardi ha facoltà di replicare.
ANGELA LOMBARDI. Signor Presidente, ci riteniamo parzialmente soddisfatte della risposta.
Abbiamo ritenuto di interpellare il Governo su tale tema non tanto per provocare un'ingerenza nelle scelte praticate da regioni o aziende ospedaliere, ma per provare ad affermare che, su temi di interesse nazionale, in particolare su questioni come quelle poste dalla legge n. 194, non è possibile produrre azioni differenziate, che in qualche modo nelle regioni contraddicano lo spirito della stessa legge.
Come si è potuto constatare e come lei stesso ha affermato, a seguito delle proteste del movimento delle donne il direttore ha ritenuto, con una formulazione un po' ambigua, di sospendere la convenzione con il Centro di aiuto alla vita nell'ospedale, ma di consentire allo stesso di svolgere la propria azione di volontariato, che non si presenta - ne sono certa - come un elemento di tutela dei diritti.
Pertanto, a mio parere essa non è assolutamente conforme allo spirito della legge n. 194, perché, come lei sa, i volontari del Centro di aiuto alla vita sono in aperto contrasto con tale legge e considerano l'interruzione volontaria di gravidanza al pari di un crimine. Questa è un'opinione che può e deve essere legittimamente espressa addirittura anche nelle piazze, nei comizi, nel volantinaggio, non certo nei luoghi pubblici dove, invece, le donne si recano per esercitare un diritto.
La legge n. 194 è il frutto di una domanda forte che è provenuta dalla società, in particolare da un grandissimo movimento delle donne, che la deputata Deiana ha prima ricordato e che ha permesso di fondare la legge su una filosofia specifica.
Sappiamo che tale filosofia ispiratrice è quella dell'inviolabilità del corpo della donna e della sua libertà di decidere su di sé e sul proprio corpo. Purtroppo, la tentazione di mettere invece sotto tutela il corpo della donna, in nome di etiche predefinite in modo aprioristico, riaffiora drammaticamente in particolare in questo tempo di precarietà, come accade con scelte lasciate agli enti locali su questioni, che invece non possono essere delegate a questo livello di autonomia.
La legge n. 194 non a caso ha assegnato ai consultori, come lei stesso ha ricordato, la funzione dell'informazione e della prevenzione, non quella della propaganda. Signor sottosegretario, bisogna quindi ragionare - e mi pare che ilPag. 54Governo lo stia facendo, a quanto lei stesso ha detto - su come tale funzione possa essere potenziata. Si tratta di una funzione importante, che non va confusa in alcun modo con la propaganda, proprio perché tende all'affermazione del fatto che siano proprio le donne a decidere su di sé.
Non faccio parte di quelle donne che pensano che la scelta di interrompere la gravidanza sia necessariamente un dramma. Sono convinta che si tratti di una scelta individuale e che come tutte le scelte individuali contenga una certo grado di emotività, diverso per ogni donna chiamata a prendere tale decisione. Per l'appunto sono convinta che si tratti di una scelta, che come tale è stata riconosciuta dalla legge e che deve esserlo da parte di tutti. L'ospedale è il luogo in cui si esercita un diritto ed esso non può essere sottoposto ad alcuna ingerenza. Un diritto non deve trovare nei luoghi pubblici ostacoli al suo esercizio ed alla sua affermazione.
Piuttosto, deve essere aperta una riflessione su come incoraggiare gli enti locali alla realizzazione in particolare di un articolo della legge n. 194, che a me pare interessante e che forse dovremmo tutti maggiormente promuovere. Mi riferisco all'articolo 15, che prevede la promozione dell'aggiornamento del personale sanitario, oltre che sui metodi anticoncezionali, anche sull'uso delle tecniche più moderne e rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna nonché meno rischiose per l'interruzione di gravidanza. Si tratta di un punto - questo sì - che potrebbe essere incoraggiato attraverso la sperimentazione diffusa negli enti locali della RU 486, sicuramente meno invasiva rispetto ad un'interruzione volontaria di gravidanza tradizionale.
Purtroppo, in tempi di precarietà, di frammentazione e di separazione da se stessi come i nostri, si possono utilizzare anche movimenti integralisti come quello per la vita per produrre l'involuzione democratica, che vuole separare la maternità da una scelta libera e consapevole delle donne. Sono convinta che l'Unione tutta - come scritto nel nostro programma e come dimostrato dal nostro lavoro quotidiano - voglia affermare l'esatto contrario, ovvero il valore della democrazia e dei diritti. Per questo credo che tutti saremo impegnati in un'operazione di valorizzazione degli aspetti interessanti, che concedono alle donne la libera scelta in merito alla legge n. 194, rafforzandoli sui territori per la crescita della democrazia.
(Iniziative per garantire la tutela degli animali nello svolgimento dei palii - n. 2-00347)
PRESIDENTE. L'onorevole Azzolini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00347 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
CLAUDIO AZZOLINI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, devo premettere che domenica 21 gennaio scorso si è svolto a Buti, in provincia di Pisa, un palio (almeno così definito) che ha avuto come seguito l'abbattimento di un cavallo ed il ferimento di un altro. Quindi, riterrei impropria la definizione di palio, perché si tratta più che altro di una mattanza rituale. È infatti opportuno sottolineare che nell'edizione del 2004 dello stesso palio si era già registrato lo stesso tragico bilancio.
Vorrei anche ricordare, signor sottosegretario, che lei, rispondendo in aula lo scorso 12 ottobre 2006 - quattro mesi or sono - ad una precedente interpellanza urgente (n. 2-00171) su fatti purtroppo analoghi occorsi nei palii di Ferrara, Feltre, Avola e Belpasso, aveva sottolineato che condivideva molto delle amare considerazioni esposte dal sottoscritto ed annunciava un'iniziativa legislativa in tempi rapidi. Rendendomi conto delle difficoltà oggettive di questi tempi rapidi per le iniziative legislative del Governo, non le sollecito questa sua disponibilità già manifestata. Le ricordo ancora che, nella stessa risposta, lei aveva anche assicurato il massimo impegno da parte del Ministero della salute, affinché le regioni svolgessero la funzione di vigilanza sulla corretta applicazione dell'articolo 8 del decreto delPag. 55Presidente del Consiglio dei ministri 25 febbraio 2003 sulla tutela degli animali, in merito proprio a corse di cavalli su circuiti cittadini (che non definirei più circuiti, ma percorsi, perché nell'ambito urbano un circuito del genere non avrebbe legittimità di esistere). Sempre in riferimento all'interpellanza urgente n. 2-00171 chiedevo, inoltre, se il ministro dell'interno ritenesse opportuno emanare una direttiva urgente alle prefetture, affinché le commissioni di vigilanza sui pubblici spettacoli non concedessero il nulla osta per le corse di equidi in percorsi urbani delle regioni, che non avessero ancora recepito con atto legislativo e sanzioni l'articolo 8 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 febbraio 2003, ovvero affinché le prefetture disponessero, comunque, il divieto per le eventuali relative analoghe commissioni comunali.
Le chiedo, pertanto, signor sottosegretario, quali iniziative concrete il ministero di suo riferimento, così come quello degli interni, abbiano posto in essere o avviato e con quali tempi - per quelle sì occorrono tempi certi - per adempiere agli impegni assunti formalmente in quest'aula, così come riportati in premessa. Questo risponderebbe, inoltre, all'esigenza di rispettare la legge n. 189 del 2004 per la tutela degli animali, nella quale c'è proprio un passaggio relativo a questi episodi. Non è pensabile che si possa tollerare, da parte delle autorità locali, che vengano violate le leggi dello Stato, soprattutto quando i prefetti, che hanno competenza sul territorio, siano stati sollecitati anche da parlamentari dello stesso territorio, nonché dal sottoscritto. Glielo ricordai allora e lo faccio in questa seconda istanza e mi auguro che non ce ne sia una terza. Ciò significherebbe che lei, signor sottosegretario, non soltanto con la sua buona volontà, di cui le do atto, e con la sua sensibilità, ma con un'efficienza un po' più determinata nell'ambito del suo ministero, potrebbe risolvere, se non in maniera complessiva, almeno i casi denunciati da me e dai colleghi che hanno sottoscritto questa interpellanza urgente.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor presidente, in seguito a quanto precisato in sede di risposta alla precedente interpellanza nella seduta del 12 ottobre 2006 e per corrispondere a diverse osservazioni pervenute circa l'impropria utilizzazione di cavalli in gare pericolose ed improvvisate nelle strade urbane, già in data 27 ottobre 2006 il ministro Livia Turco ha indirizzato una nota urgente relativa al benessere degli equidi in manifestazioni popolari agli assessorati alla sanità delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano. Il ministro della salute ha inteso richiamare l'attenzione degli enti territoriali sull'applicazione degli impegni derivanti dall'accordo con le regioni e le province autonome, in materia di benessere degli animali da compagnia del 6 febbraio 2003, recepito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 28 febbraio 2003.
In particolare, l'articolo 8 dell'accordo, riportato integralmente nella suddetta nota, prevede che gli enti menzionati s'impegnino ad autorizzare lo svolgimento di gare nel corso di manifestazioni popolari soltanto in presenza di misure idonee, quali la copertura delle piste delle corse con materiale che possa ridurre i colpi degli zoccoli sul terreno asfaltato o cementato, nonché la presenza lungo il percorso della gara di sponde capaci di ridurre il danno in caso di cadute dei cavalli.
Il ministro ha evidenziato la necessità della trasmissione al Ministero della salute di tutte le informazioni relative alla concreta applicazione dell'accordo da parte delle regioni. L'organo politico ha inteso anche sottolineare che comportamenti non coerenti con gli impegni sanciti possono configurare responsabilità sanzionabili ai sensi della legge 20 luglio 2004, n. 189, recante disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.Pag. 56
Con ciò l'organo politico ha inteso raccomandare anche che le autorità sanitarie territoriali vigilino costantemente sullo svolgimento di tali manifestazioni e, che qualora queste non possano essere evitate, venga comunque assicurato il rispetto delle condizioni prescritte.
Per la rilevanza della problematica e allo scopo di poter garantire una soluzione adeguata, è intenzione del ministro della salute presentare in tempi rapidi uno specifico disegno di legge in materia. Per completezza d'informazione, si segnala che il Ministero dell'interno ha precisato che l'organizzazione del palio delle contrade di S. Antonio di Buti (Pisa) aveva ricevuto il parere favorevole della commissione tecnica comunale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, fatto salvo il rispetto di alcune prescrizioni: apposizione di idoneo materiale arido sul manto stradale, adozione di misure di protezione della delimitazione del percorso di gara, eccetera.
La prefettura di Pisa ha comunicato peraltro che la regione Toscana non ha ancora recepito con proprio provvedimento normativo l'articolo 8 del DPCM del 28 febbraio 2003.
PRESIDENTE. L'onorevole Azzolini ha facoltà di replicare.
CLAUDIO AZZOLINI. Signor Presidente, non ci si può dichiarare insoddisfatti per la cortesia non soltanto del sottosegretario Patta, ma altresì per la completezza delle informazioni che egli ha avuto la gentilezza di rendere in questa sede.
Tuttavia, rimaniamo al punto di partenza: tutto quanto esperito, il caso vuole che si ripeta ancora dopo due o quattro anni lo stesso episodio, nella stessa località. Quindi, delle due, l'una: o le dichiarazioni cartacee lasciano il tempo che trovano da parte degli enti interloquiti - ma evidentemente non delle iniziative che lei ha posto in essere come Ministero della salute - oppure c'è qualche cosa che necessita di un ritorno sull'argomento da parte del ministero.
Infatti, ci sono state delle omissioni di atti dovuti da parte delle competenti autorità locali e, conseguentemente, chi ha violato le disposizioni dello stesso ministro, oltre che le leggi dello Stato italiano, deve pur pagare sul versante della responsabilità che ciascuno di noi ha nei ruoli specifici che svolge e che mette in campo ogni giorno.
Io le rinnovo l'apprezzamento per la sua puntualità e cortesia, ma rimane questo interrogativo: a quando la prossima conversazione? Infatti, questa diventa una letteratura di merito ed io non credo che nel nostro paese almeno le cose sulle quali possiamo e dobbiamo intervenire possano essere rimandate sine die.
Non credo nemmeno che vi sia bisogno di nuove leggi: quelle esistenti sono fatte bene, bastano e avanzano. D'altronde, l'applicazione delle stesse dipende anche dalla determinazione con la quale i soggetti sono allertati e sensibilizzati dall'autorità competente. La ringrazio.
(Utilizzo del methotrexate, dell'Ru486 e del misotropol a scopi abortivi - n. 2-00350)
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00350 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5) di cui è cofirmataria.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, la magistratura milanese, come è noto, aveva condotto un'inchiesta relativa a 53 interventi di interruzione di gravidanza con il methotrexate (tali interventi erano stati eseguiti dal professor Umberto Nicolini presso l'ospedale Buzzi di Milano). Avviata tale inchiesta, il pubblico ministero, Marco Ghezzi, ne ha chiesto l'archiviazione.
Egli, nella richiesta di archiviazione, ha fatto riferimento a generiche delibere regionali ed avrebbe sostenuto, secondo quanto pubblicato dall'agenzia ANSA, che l'aborto farmacologico con questa sostanza chimica (il methotrexate) ricalca la prassiPag. 57vigente in alcune regioni, come l'Emilia-Romagna e la Toscana - in quest'ultimo caso, si tratta non del methotrexate, ma della RU486; tuttavia, è sempre un aborto chimico -, dove la pratica è autorizzata dalla stessa autorità regionale.
Ora, come è risaputo, non esiste alcun protocollo autorizzato da un ente di controllo, in nessun paese, sull'uso abortivo del methotrexate, ed addirittura l'Organizzazione mondiale della sanità ne sconsiglia l'uso: si tratta di dati ufficiali.
Il Consiglio superiore della sanità, interpellato in proposito, si è espresso con estrema chiarezza sul problema del ricovero per l'intervento abortivo effettuato attraverso un sistema chimico. Dal verbale relativo alla seduta del 18 marzo 2004, infatti, risulta che lo stesso Consiglio avrebbe sostenuto che: «(...) alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell'interruzione farmacologia della gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica solo se l'interruzione avviene in ambiente ospedaliero (...)»; quindi, con tutte le tutele previste in tale ambito.
Sulla base di tale parere, il direttore generale del Ministero della salute, dottor Nello Martini, nel 2004, ha stabilito - ovviamente, in base al citato verbale del Consiglio superiore della sanità - che la sperimentazione della RU486 ( a quei tempi, come è noto, era in uso nell'ospedale Sant'Anna di Torino, con il dottor Viale, e fu oggetto di molte polemiche) doveva essere conforme alla legge n. 194 del 1978. Dunque, gli aborti dovevano avere luogo in ambiente ospedaliero, e quindi bisognava completarli in tale ambito. Si tratta della ragione per cui è stata disposta la sospensione della sperimentazione al Sant'Anna, dal momento che gli aborti - che, come sia sa, si svolgono in due fasi - avvenivano fuori dall'ambiente ospedaliero.
Chiediamo al sottosegretario Patta ed al ministro della salute, pertanto, se esistano delibere regionali in tale materia e quali siano quelle cui ha fatto riferimento il pubblico ministero Ghezzi.
In conseguenza di tutto quanto ho detto in premessa, chiedo se il Ministero della salute non ritenga veramente grave che si faccia uso di abortivi chimici non approvati da un ente farmacologico italiano, peraltro utilizzati senza avvertire il comitato di bioetica dell'ospedale.
Inoltre, chiedo di sapere se si ritenga ancora valido il parere del Consiglio superiore della sanità - non ci risulta, infatti, che esso sia stato in qualche modo smentito - e, ove sia tuttora valido, per quale ragione non venga rispettato e sia abitualmente disatteso là dove è adoperata la RU486 (come in Emilia-Romagna, regione nella quale le donne, rischiando molto, completano l'aborto fuori dalle strutture ospedaliere). Chiediamo di sapere, altresì, perché il citato parere non sia stato rispettato nemmeno dal professor Nicolini dell'ospedale Buzzi. Il fatto è grave, per noi - ed insisto - dal punto di vista della tutela della salute delle donne.
Infine, chiediamo di sapere quali interventi intenda adottare il ministero per impedire che le pillole abortive (sappiamo che l'aborto indotto con sostanze chimiche avviene in un tempo prolungato) che la RU486, methotrexate e misoprostolo (tutti farmaci abortivi) siano usati senza la garanzia di un protocollo autorizzato dall'Associazione italiana per il farmaco e dall'EMEA per il nostro paese, soprattutto con riferimento alle recenti norme sull'utilizzo off label dei farmaci (che, com'è noto, sono stati regolamentati nell'ultima legge finanziaria).
Tutto ciò ci preoccupa perché vi è cattiva informazione sull'uso della RU406. Com'è noto, nel corso di un'indagine informale sull'uso della RU406, che stiamo conducendo in XII Commissione, siamo venuti a conoscenza di dati allarmanti sotto il profilo dei danni che possono essere arrecati alle donne. Insomma, non è vero che l'aborto chimico è più sicuro, più tranquillo e non invasivo, come pure si continua ad affermare anche in quest'aula.
La situazione richiederebbe grande attenzione. Al contrario, la richiesta di archiviazione del predetto pubblico ministero non depone a favore di una grandePag. 58attenzione delle istituzioni nei confronti di un uso disinvolto (adopero un eufemismo) delle suddette sostanze abortive.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, in relazione ai primi due quesiti posti dagli interpellanti, dalla documentazione trasmessa dal competente Ministero della giustizia non risultano gli estremi di delibere regionali alle quali avrebbe fatto riferimento il pubblico ministero né quale sia la documentazione scientifica prodotta dal consulente del magistrato, in quanto appartenente alla competente sede processuale.
Relativamente a quanto di competenza di questo Ministero, si conferma quanto già precisato nelle risposte a numerosi precedenti atti parlamentari di analogo contenuto, ulteriormente ribadito dal ministro Livia Turco in occasione del question time che ha avuto luogo nella seduta della Camera del 28 giugno 2006. La posizione attuale del Ministero della salute è quella di confermare le decisioni precedentemente assunte, nel corso del 2005, in merito a due pareri di contenuto medico-scientifico del Consiglio superiore di sanità del 18 marzo 2004 e del 20 dicembre 2005. Ciò in quanto, alla luce delle conoscenze disponibili, i rischi dell'interruzione farmacologica della gravidanza si possono considerare equivalenti ai rischi dell'interruzione chirurgica solo se l'interruzione della gravidanza avviene in ambiente ospedaliero. Il parere del 20 dicembre 2005 riporta, testualmente, che l'associazione di mifespristone e misoprostolo debba essere somministrata in ospedale pubblico o in altra struttura prevista dalla legge 22 maggio 1978, n. 194, e che la donna debba essere trattenuta in ambiente ospedaliero fino ad aborto avvenuto.
Va ricordato che, nell'ambito del protocollo di intesa siglato tra Governo e regioni per il patto nazionale per la salute, la legge finanziaria per il 2007, come peraltro segnalato dagli stessi interpellanti, ha stabilito che la disposizione dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge del 17 febbraio di 1998, n. 23 (nota come legge Di Bella), che consente al medico di prescrivere un medicinale per indicazioni non autorizzate, in mancanza di una valida alternativa terapeutica, non può essere applicata in caso di ricorso a terapie farmacologiche a carattere diffuso e sistematico a carico del servizio sanitario nazionale quale alternativa terapeutica per pazienti portatori di patologie per le quali esistono farmaci autorizzati e specificamente indicati.
L'unica deroga prevista dalla recente legge finanziaria è quella dell'impiego del medicinale off label solo nell'ambito delle sperimentazioni cliniche. La norma ha voluto anche definire un percorso di individuazione dei responsabili dei relativi procedimenti applicativi nell'ambito delle strutture sanitarie pubbliche rimandando alle regioni l'adozione, entro il 28 febbraio 2007, di disposizioni in tal senso. Fino alla data di entrata in vigore delle norme regionali la responsabilità anche di natura amministrativa per eventuale danno erariale è del direttore sanitario.
Si ritiene, pertanto, che tale nuova disposizione, che legittima l'utilizzo di tali farmaci esclusivamente nell'ambito circoscritto dei protocolli sperimentali, fornisca una soluzione adeguata e concreta a quanto auspicato dagli onorevoli interpellanti.
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, non direi che possiamo ritenerci soddisfatti. Rispetto ai primi due quesiti il Governo dichiara di non sapere rispondere. Si tratta di quesiti seri, perché sono volti a tentare di capire cosa ha portato a pronunciare una sentenza che, francamente, ci lascia molto perplessi. È stata, infatti, archiviata un'inchiesta relativa a 53 interventi di interruzione di gravidanza con una sostanza chimica.
Non sapere esattamente a cosa si è riferito quel magistrato, non sapere qualiPag. 59siano stati i dati prodotti (se sono stati prodotti o se, probabilmente, ciò non è stato fatto), dovrebbe in qualche modo allarmare il Ministero della salute, che dovrebbe occuparsi della salute di tutti i cittadini e della corretta informazione degli stessi.
Lo ripeto: sulla pillola RU486, in particolare, perché è la più famosa, e sull'aborto chimico si sta facendo una drammatica disinformazione, di cui saranno vittime le giovani donne, che pensano di fare una passeggiata prendendo quella pillola, quando sappiamo da dati scientifici obiettivi che ciò non è vero.
Per essere benevoli, c'è stata una sottovalutazione di quanto avvenuto a Milano, una sottovalutazione rispetto ad un evento che potrebbe avere conseguenze molto serie, perché apre un varco a interpretazioni di tutti i tipi nei confronti di quei medici che usano queste donne; alla fine, infatti, si tratta di un uso del corpo femminile veramente drammatico.
Sono soddisfatta che il verbale del Consiglio superiore della sanità sia ancora valido: non possiamo che essere soddisfatti del fatto che l'aborto chimico debba avvenire in ospedale, fino a completamento dello stesso; quindi, le donne non possono essere dimesse. Ciò, però, andrebbe detto. Invece, ci risulta che in Emilia Romagna e in Toscana le donne che prendono la pillola abortiva vengono subito dimesse.
Nessuno fornisce loro un'informazione corretta; nessuno dice: guarda che devi rimanere qui due, tre, quattro o cinque giorni, a seconda di ciò che il tuo corpo richiederà, perché le reazioni sono individuali e, quindi, non sarà possibile che tu torni a casa prima che l'aborto sia completato. Sono convinta che se le donne avessero questa informazione corretta da parte degli ospedali non tutte - anzi, molto poche - ricorderebbero a questi sistemi, perché, tra l'altro, vi è proprio problema organizzativo della vita, con dolori, pericoli, emorragie ed altro, che la letteratura descrive (non lo stiamo dicendo noi).
Se, dunque il parere dell'Istituto superiore di sanità è vero, bisognerebbe mettere in campo, anche da parte del Ministero, una corretta informazione di ciò che sta avvenendo, ma mi sembra - lo ripeto - che ciò non stia succedendo ed anche in quest'aula si ascoltano continuamente slogan che, in qualche modo, nobilitano questo sistema per abortire, quando si tratta di un sistema di sperimentazione sul corpo delle donne e contro le donne. Non ci pare possibile che vengano utilizzate queste sostanze - lo ripeto -, ed anche se il Ministero ritiene legittimo l'uso di queste sostanze nei protocolli sperimentali, noi riteniamo che, non essendoci assolutamente un protocollo autorizzato dall'Aifa (associazione italiana farmaci) e dall'Emea - perché non vi è - e, quindi, non esistendo un protocollo per un uso corretto di questi farmaci, sia veramente una forzatura l'uso, ancora in essere, di queste sostanze. Pertanto noi continueremo a presentare interpellanze sul tema, signor sottosegretario, continueremo a domandarci perché vi è questa pessima informazione e questo uso disinvolto di tali sostanze chimiche e, quindi, fino alla prossima volta, cercheremo di capire meglio cosa è successo a Milano e cercheremo anche di fare in modo che il Ministero sia anch'esso informato su ciò che succede nel nostro paese.
(Misure per fronteggiare una potenziale crisi da influenza aviaria - n. 2-00351)
PRESIDENTE. L'onorevole Palumbo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00351 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
GIUSEPPE PALUMBO. Signor sottosegretario Patta, come lei ben sa (ho avuto modo di leggere anche alcune sue dichiarazioni, oggi, su Libero), con l'arrivo della stagione invernale, nelle ultime settimane, si è registrata una preoccupante ripresa dei casi di influenza aviaria in molti paesi - Giappone, Corea del sud, Ungheria -, che sono in allarme per la presenza del virus nei propri allevamenti. In Indonesia, addirittura, vi è stato il decesso di unaPag. 60donna affetta dall'influenza aviaria, che sarebbe il sessantatreesimo nella storia del paese, dal 2003 ad oggi.
Tutti i quotidiani italiani, nei primi giorni di febbraio, hanno riportato anche il caso clamoroso che si è verificato nel Regno Unito, in cui sono stati abbattuti migliaia di tacchini perché era stato segnalato un caso di influenza aviaria, per la presenza del virus H5N1. Secondo i dati ufficiali dell'Organizzazione mondiale della sanità, che continua a raccomandare ai Governi nazionali la massima allerta nei confronti di questo virus, i casi di influenza aviaria nell'uomo confermati dal 2003 ad oggi sono 270, i decessi sono 164 ed i paesi con essere umani infettati sono 10.
Signor sottosegretario, come lei sicuramente saprà, a seguito dell'emergenza che si verificò nella seconda metà del 2005 - oltretutto, il primo caso si manifestò proprio nella mia regione, a Catania, in cui si riscontrò in un'anatra, se non sbaglio, la presenza del virus H5N1 -, lo scorso inverno anche l'Italia ha ritenuto opportuno dotarsi, in linea con le indicazioni fornite dall'Organizzazione mondiale della sanità, di un sistema di norme e di un pacchetto di vigilanza sanitaria, che è altrettanto importante, per prevenire, gestire ed eventualmente - speriamo mai - rispondere ad un'eventuale crisi dovuta all'influenza aviaria.
Il Parlamento, come lei ben sa, ha approvato la legge n. 244 del 2005, che indica le misure urgenti da intraprendere nei confronti di un eventuale evento pandemico. Tra le misure più importanti, è stata costituita una specifica unità di crisi all'interno del Centro controllo per le malattia (istituito con la stessa legge), per monitorare lo sviluppo di una eventuale pandemia.
In questa legge, ricordo ancora, erano presenti dei finanziamenti per aumentare il ruolo organico dei veterinari, il ruolo organico delle guardie forestali, di altri addetti, eccetera; insomma, tutto un sistema che potesse in ogni caso prevenire e cercare di controllare e osservare sin dall'inizio eventuali rischi connessi all'influenza aviaria.
Inoltre, all'articolo 2 della stessa legge, veniva anche previsto che fossero costituite delle scorte nazionali di farmaci da utilizzare quale prima risorsa per tamponare l'influenza aviaria. Come lei ben sa infatti, in un primo momento vengono utilizzati i farmaci antivirali, successivamente, una volta che il virus viene isolato, vi sarà la preparazione del vaccino, che però ha dei tempi tecnici per poter essere preparato, di circa due o tre mesi. Per queste ragioni veniva raccomandato allora nella legge l'opportunità di dotarsi di una scorta nazionale, e di equivalenti scorte regionali (così dice testualmente la legge), per poter trattare circa il 20 per cento della popolazione nella prima fase dell'epidemia.
Dal punto di vista della vigilanza veterinaria, il nostro paese può vantare sicuramente un livello di organizzazione ed una puntuale strategia di risposta operativa dei propri servizi rispetto all'eventualità di una nuova crisi di influenza aviaria. Una regolare sorveglianza nella filiera avicola, l'applicazione di misure per la biosicurezza e un attento controllo sulle importazioni sono le principali tra le attività poste in essere dallo Stato finalizzate a garantire un adeguato livello di protezione.
A tale stringenti misure di vigilanza veterinaria però, non sembra corrispondere un'eguale preparazione del nostro paese dal punto di vista della vigilanza sanitaria. Nonostante l'Organizzazione mondiale della sanità abbia a più riprese raccomandato ai singoli Governi di dotarsi nel breve periodo di una significativa copertura di farmaci antivirali, risulta che il nostro paese abbia deciso di optare per delle strategie di risposta, diciamo, più soft, in controtendenza rispetto alle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e alle politiche di tutti paesi europei.
Ho qui una statistica dove risulta addirittura che in Francia vi sono dosi pari al 50 per cento della popolazione. Sebbene dunque, ribadisco, l'Organizzazione mondiale della sanità abbia raccomandato una copertura di antivirali intorno al 20 perPag. 61cento, risulta che oggi in Italia si riesca a garantire una copertura di poco più del 6 per cento, ci avviciniamo forse al 7 per cento. Ciò a differenza di tutti maggiori paesi europei, prima fra tutti, come detto, la Francia. Tale ritardo nell'approvvigionamento espone probabilmente (speriamo mai, naturalmente) il nostro paese al rischio di non poter disporre del dovuto stock di farmaci antivirali a fronte di un'eventuale richiesta immediata, il che rappresenta la prima barriera, diciamo, che si può frapporre nel caso di un'eventuale arrivo dell'influenza aviaria.
Se quanto riportato da noi corrisponde al vero, vorremmo sapere a che punto sia lo stato di attuazione del Piano pandemico nazionale, per poter essere un poco più tranquilli, e se il ministero ritenga che nostro paese sia adeguatamente preparato a prevenire ed eventualmente a fronteggiare l'impatto di una potenziale crisi di influenza aviaria, e ancora, se il ministro non ritenga opportuno allinearsi al più presto alle indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità e innalzare quindi gli attuali livelli di copertura.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la Salute, Gian Paolo Patta, ha facoltà di rispondere.
GIAN PAOLO PATTA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, in merito alla problematica rappresentata dagli onorevoli interpellanti sugli aspetti di sanità veterinaria, si comunica che è stato recentemente diramato alle regioni e alle province autonome il nuovo piano di monitoraggio per il 2007, che prevede una sorveglianza attiva (controlli seriologici modulati sull'analisi del rischio), sia sui volatili domestici, sia sui volatili selvatici, e una sorveglianza passiva, effettuata con controlli sulle specie selvatiche ritenute a rischio, trovate morte o cacciate.
Il 6 febbraio si è riunita, presso il Ministero della sanità, l'unità di crisi centrale per l'influenza aviaria, istituita con decreto ministeriale 9 gennaio 2006, per le necessarie valutazioni circa i recenti focolai di influenza aviaria riscontrati nel pollame domestico (Ungheria, Sud della Russia e Regno Unito). Alla riunione era presente, tra l'altro, il Centro di referenza nazionale di Padova, che ha riferito giornalmente sui focolai del virus H5N1 citati ed ha confermato che i circa 14 mila 200 campioni esaminati, dalla data del 1o ottobre 2005, nell'ambito del piano di sorveglianza nazionale, sono risultati tutti negativi per i virus influenzali H5 e H7 ad alta patogenicità.
In occasione della suddetta riunione, è stato stabilito di predisporre, in tempi rapidi, una nota indirizzata alle regioni e alle province autonome, che sintetizzi alcune raccomandazioni e ribadisca la priorità di mantenere elevato il livello di allerta e il rigoroso rispetto delle norme in vigore, anche in un periodo epidemiologicamente favorevole nel nostro territorio come quello attuale.
In merito a quanto richiesto nell'atto parlamentare, si ribadisce che il Piano nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale, approvato nella Conferenza Stato-regioni il 9 febbraio 2006, è stilato secondo le indicazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità del 2005 e costituisce l'aggiornamento del precedente Piano italiano multifase per una pandemia influenzale, pubblicato nel 2002.
Il piano si sviluppa secondo le fasi pandemiche dichiarate dall'Organizzazione mondiale della sanità, prevedendo, per ogni fase e livello, obiettivi ed azioni, e rappresenta il riferimento nazionale in base al quale le regioni stanno completando la predisposizione dei piani operativi regionali.
Molte delle azioni individuate dall'Organizzazione mondiale della sanità sono già state realizzate, adeguandosi alle necessità richieste dalla situazione epidemiologica. Il piano prevede, tra le azioni chiave, come peraltro indicato dall'Organizzazione mondiale della sanità, l'acquisizione di farmaci antivirali appartenenti alla classe degli inibitori della neuraminidasi.
Il Ministero della sanità ha già provveduto all'acquisto di tali specialità medicinali sulla scorta delle indicazioni fornitePag. 62dall'Organizzazione mondiale della sanità e sulla base del parere espresso dal comitato scientifico del Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM) e del comitato scientifico dell'Agenzia italiana del farmaco.
Al momento, l'Italia dispone di circa 40 milioni di dosi, sia prodotto pronto all'uso, sia prodotto in bulk. In conformità alle previsioni del piano, la scorta nazionale dei farmaci antivirali è in corso di dislocazione a livello periferico, su base regionale, secondo il piano di distribuzione concordato con le regioni.
Una parte della riserva nazionale di farmaci antivirali rimarrà stoccata presso il Ministero della sanità (quota di compensazione) e sarà utilizzata qualora la situazione epidemiologica lo rendesse necessario, con modalità veloci e sicure e di mobilitazione su tutto il territorio nazionale.
Si precisa che l'uso dei farmaci antivirali, sulla cui efficacia esistono, nel mondo scientifico, pareri contrastanti, può rivelarsi utile - lo si sottolinea - sempre a scopo profilattico, in presenza di primi casi o di piccoli cluster, quando ancora non è disponibile un vaccino. Proprio con tali finalità, è stata costituita la scorta di tali farmaci, per il numero di dosi già indicato.
La cautela adottata nell'acquisto di tale quantitativo è supportata da motivazioni epidemiologiche, in quanto, in fase di pandemia, fase 6, per l'OMS, la profilassi con antivirali sembra essere poco appropriata e potrebbe rivelarsi addirittura controproducente, dal momento che l'utilizzo allargato ed improprio di tali farmaci aumenterebbe il rischio di emergenza di ceppi virali resistenti, oltre al rischio di effetti collaterali.
Il Ministero della salute, pertanto, in linea con le indicazioni dell'OMS, conferma che sul territorio nazionale la vigilanza è permanente, con circa mille prelievi al mese effettuati negli ultimi cinque mesi, tutti con esito negativo; vorrei ricordare che, in Italia, nessun allevamento di polli, di volatili, è stato mai contagiato dall'H5N1. I casi ricordati dall'onorevole sono riferiti a meno di una decina di cigni selvatici nella stagione ricordata.
PRESIDENTE. L'onorevole Palumbo ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE PALUMBO. Signor Presidente, per quanto riguarda la parte riguardante i controlli veterinari che sono stati svolti, mi ritengo abbastanza soddisfatto, anche se, come ha detto lo stesso sottosegretario Patta, il tutto si è intensificato dopo il 6 febbraio. Lei stesso, sottosegretario, ha detto che alcune regioni addirittura stanno ancora provvedendo. Vorremmo che tutte le regioni fossero più attive nel monitorare con più attenzione ed efficacia eventuali casi di rischio per evitare che si debba correre successivamente.
Ma se tutta l'organizzazione, effettivamente, sta funzionando e ha funzionato anche allora, quando si registrarono casi di aviaria (ma del resto in Italia non successe granché, lo dico con tutta sincerità), mi sorge una perplessità: lei giustamente ha detto che abbiamo 40 milioni di dosi, ma gran parte di esse è costituita solo da principio attivo. Quindi, prima che sia confezionato in dosi somministrabili di antivirale, passa del tempo; non si tratta di un mese, ma di un lungo periodo, addirittura da sei a dodici mesi, fino ad un anno. È vero, abbiamo stoccato tanti milioni di dosi di antivirale, ma quello prontamente disponibile rappresenta il 7 per cento. L'altro, come lei stesso ha detto, è in forma di principio attivo che successivamente deve essere preparato e confezionato.
Speriamo che non vi sia bisogno di fare l'antivirale e che il rischio di pandemia non si determini; tuttavia, se il ministero fosse più pressante nell'obbligare le regioni a fare la loro parte per l'acquisto di un antivirale pronto, sicuramente saremmo tutti più tranquilli e più sicuri nell'eventualità che ciò possa succedere. Finora, anche grazie alla situazione climatica, ci è andata bene; infatti, la temperatura così alta non favorisce questo rischio. Tuttavia,Pag. 63se dovessero cambiare le cose, i rischi vi sarebbero. Del resto, l'Inghilterra e l'Ungheria non sono lontanissime e ciò potrebbe succedere. Speriamo di no!
Per quanto concerne la seconda parte non mi ritengo soddisfatto, mentre sapevo di questa grande organizzazione che sicuramente è attiva.
(Rinvio interpellanza urgente D'Alia n. 2-00353)
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interpellanza urgente D'Alia n. 2-00353, riguardante la qualità dei servizi offerti dalle Ferrovie dello Stato nell'area dello stretto di Messina.
Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio interpellanza urgente Villetti n. 2-00356)
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare allo svolgimento dell'interpellanza urgente Villetti n. 2-00356, riguardante presunte pressioni esercitate da rappresentanti della Chiesa Cattolica sul tema delle unioni di fatto.
Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso del presentatore, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.
(Misure per il risanamento ambientale nel territorio di Gela con riferimento ai carburanti utilizzati nell'impianto petrolchimico Eni-Agip di Gela - n. 2-00333)
PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di illustrare l'interpellanza Oliva n. 2-00333 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7), di cui è cofirmatario.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, a Gela, antichissimo insediamento di popolazioni elleniche approdate stabilmente in Sicilia, parte non secondaria di quella civiltà mediterranea generatrice di una cultura, che si è irradiata informando di sé la nascita e lo sviluppo di altri popoli e nazioni europee; a Gela, ridotta oggi miseramente ad un esecrabile scempio di brutalità urbanistica che ne ha distrutto l'identità e violato la dignità, tristemente segnata dalla violenza criminale organizzata, devastata sul piano ambientale e della salubrità dei cittadini, come altre parti delle coste dell'isola, dalle terribili conseguenze, che derivano dall'attività incontrollata degli stabilimenti petrolchimici; a Gela oggi si uccide con il consenso dello Stato.
L'abominio più orrendo ed esecrabile che uno stato di diritto, moderno e democratico per autodefinizione, possa compiere, ovvero la legittimazione di atti che possono provocare la morte delle persone, si è bellamente realizzato, separando il diritto al lavoro da quello alla salute, in modo consapevole e determinato, in danno di migliaia di cittadini siciliani, che sono stati in tal modo privati anche del più elementare dei loro diritti civili, quello di essere considerati e tutelati quali cittadini dello Stato aventi gli stessi diritti e doveri di tutti gli altri.
Con il decreto-legge 7 marzo 2002, n. 22, pubblicato nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 57 dell'8 marzo 2002, venivano adottati provvedimenti urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio (pet coke) negli impianti di combustione.
Tali disposizioni normative intervenivano a modificare il decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 e introducevano la novità di una deroga a tale regime, consentendo l'uso del pet coke nell'ambito del luogo di produzione per alimentare impianti di combustione. Nondimeno, con le nuove disposizioni il limite delle emissioni inquinanti in atmosfera veniva portato ad un livello pari a cinque volte superiore rispetto a quello previsto ad esempio per gli inceneritori; uno degli elementi su cui tecnicamente veniva fondata l'esigenza della novazione normativa consisteva nelPag. 64fatto che a Gela, negli impianti ENI-Agip, veniva adottata la tecnica più evoluta a disposizione, unico esempio in Italia, che permetteva una combustione ambientalmente sicura di pet coke. In realtà tale tecnica, più comunemente intesa come sistema snox, non risolve adeguatamente il problema della emissione dei metalli, che costituiscono un pericoloso ed insidioso effetto collaterale dell'utilizzo del pet coke.
Nella fase di conversione in legge del decreto in parola il Governo espresse un orientamento favorevole rispetto ad un ordine del giorno che, ad onta dell'ampia formulazione e dunque della universale applicazione sul territorio nazionale delle nuove disposizioni, delimitava l'ambito di applicazione delle medesime misure esclusivamente alla realtà industriale del petrolchimico di Gela.
Sotto tale profilo nella sostanza, anche se non nella forma, le disposizioni in parola venivano a costituire una sorta di lex specialis, che però dispiegava strabicamente effetti positivi solo per una delle parti in causa, ovvero l'ENI-Agip, ma non riconosceva granché proprio a coloro che sarebbero stati i beneficiari ab origine (od almeno per tali erano stati fatti passare), ovvero i lavoratori dell'impianto, che in definitiva non venivano ad acquisire sul piano formale né garanzie in ordine alla stabilità e certezza del posto di lavoro, né forme retributive coerenti con il gravissimo rischio incombente, avendo davanti a sé lo spettro terribile di un probabile futuro di malattie tumorali.
Dunque, la giustificazione di fondo dell'iniziativa del Governo, che aleggia in tutto il dibattito parlamentare svoltosi nella circostanza (aprile 2002) sia alla Camera dei deputati sia al Senato, risiedeva nel fatto che, a seguito dell'intervento della magistratura che aveva posto sotto sequestro gli impianti di stoccaggio del pet coke, l'ENI-Agip aveva sospeso l'attività di tutto l'impianto e ne minacciava definitivamente la chiusura, per ragioni di antieconomicità gestionale, provocando in tal modo la perdita del posto di lavoro di migliaia di addetti ed un conseguente impoverimento, se non annichilimento, delle attività di indotto che insistono sul territorio e, quindi, delle condizioni economiche complessive di Gela. A tali eventi, non riuscendo a poter contare su alternative valide (che, comunque, non pervenivano da alcun lato) si opponevano con forza tutta la cittadinanza, le forze politiche e sociali di ogni colore ed appartenenza ed anche la stessa regione siciliana, trovando poi sostegno nell'azione del Governo ed in una sorta di variegata maggioranza realizzatasi per l'occorrenza in Parlamento.
Orbene, a parte il fatto che proprio nel 2000 il bilancio d'esercizio dell'ENI-Agip aveva registrato un avanzo netto di 14mila miliardi delle vecchie lire e proprio per questo si era avviata la stagione della sua privatizzazione, vi è pure da considerare come in Italia ben sei centrali termoelettriche su sette funzionino a gas e non si riesce a capire perché mai, proprio a Gela, debba essere denegata tale possibilità ovvero quella di individuare altre soluzioni praticabili, come, ad esempio, l'uso delle biomasse.
Naturalmente, lo stato di cose descritto si aggrava ogni giorno di più per effetto dei considerevoli danni alla salute, che l'immissione in atmosfera delle sostanze nocive sopradescritte, in particolare i metalli, con buona pace del sistema snox, provoca e si è costretti a registrare numerose malformazioni ed un'altissima percentuale di patologie tumorali, senza contare il contributo non secondario all'implemento dell'effetto serra, con buona pace dei propositi di Barroso in ordine alle misure che vorrebbe adottassero i paesi membri dell'Unione europea per conseguire una riduzione del 20 per cento delle emissioni inquinanti.
L'interpellanza che presentiamo è diretta, anzitutto, al signor ministro dell'economia che, purtroppo, non vediamo rappresentato. Siamo venuti a conoscenza di un atto che ci preoccupa, in quanto la dice lunga su quale ruolo abbia in realtà l'ENI nel nostro paese. Sembrerebbe che, pur a fronte della nostra richiesta, il ministro per l'economia abbia lasciato correre laPag. 65questione adducendo come giustificazione il fatto che non sarebbe competente a svolgere alcunché nella materia.
Siamo preoccupati di ciò, perché nel sito ufficiale dell'ENI risulta (basta andare a consultarlo) che proprio il ministro dell'economia, in tale qualità, ha la rappresentanza del 30,30 per cento, diretta e indiretta, delle azioni dell'ENI e quindi è il socio di maggioranza. Come insegna il codice civile, l'attività gestionale è delegata al consiglio di amministrazione, ma la politica, la proiezione, la programmazione dell'ENI dovrebbe essere delegata all'assemblea, dunque al ministro dell'economia, che ha la piena e totale responsabilità. Se non ce l'ha, ha la piena e totale irresponsabilità.
Sia chiaro, dunque, che ci troviamo di fronte ad un'incapacità di interlocuzione e davanti al fatto sorprendente che l'ENI non risponde a nessuno, pur essendo nominalmente una sorta di società per azioni dove lo Stato dovrebbe, attraverso importanti istituzioni come il Governo, esercitare un determinato ruolo. In prima persona il ministro dell'economia e non, quindi, solo il ministro dell'ambiente, al quale abbiamo rivolto l'interpellanza per conoscenza, deve dirci cosa intende fare a Gela con il petrolchimico e con l'uso del pet coke.
Siamo in possesso di tutto il dibattito parlamentare, che si è svolto nella precedente circostanza e attendiamo che proprio questo Governo, che è ricco di uomini, che in quella circostanza si ersero a difesa di Gela e delle sue prerogative, inverta questa rovinosa marcia per il popolo siciliano e per i cittadini di Gela.
Infatti, vedete, il danno che è stato fatto non è solo limitato - e già è tanto, tantissimo e gravissimo! - alla situazione ambientale e alla salubrità dei cittadini, ma è stata messa la Sicilia e dunque Gela in particolare nella condizione di non avere più proiezione, possibilità di inserimento nei processi di trasformazione e dello sviluppo corretto della chimica italiana.
Prima ancora del ministro dell'ambiente su questo ci deve rispondere il ministro dell'economia; è su queste cose che deve darci una risposta il Governo e la chiediamo a gran voce, sapendo che già nei prossimi giorni insceneremo come deputati non solo nazionali, ma anche europei e regionali, delle manifestazioni mirate proprio a Gela; e proprio a Gela chiederemo conto anche al governo regionale delle azioni che deve intraprendere, insieme a quello nazionale, affinché questo sconcio abbia a finire.
Come è stato possibile - mi chiedo da cittadino, prima ancora che da parlamentare - che un Parlamento scientemente abbia votato, convertendolo in legge, un decreto-legge solo per Gela e solo sotto la spinta emotiva del posto di lavoro, sapendo che il pet coke è veleno allo stato puro? È una vergogna nazionale! È qualcosa che resterà negli annali come esempio brutale di come possano essere trattate le popolazioni del sud!
Se è vero che vi è un nuovo Governo in questa nazione, se è vero che questo Governo guarda diversamente agli interessi dei meridionali e, segnatamente, a quelli dei siciliani, si assumano oggi, non domani o dopodomani, i provvedimenti per derogare a tutto questo!
Si abroghino quelle norme, si riporti Gela nella condizione di partecipare come tutti gli altri luoghi, come è accaduto per esempio a Porto Marghera, vicino a Venezia, e anche altrove. Si portino i siciliani nella condizione di avere pari dignità, pari diritti, pari opportunità prima di tutto e semplicemente sul piano della propria vita.
Questa ENI, che si trincera dietro l'antieconomicità e che registra vergognosamente sulle spalle e sul sangue dei cittadini 14 mila miliardi di avanzo, venga riportata alla condizione di essere diretta dallo Stato e non di esercitare un ruolo di cui, a questo punto, ci sfugge fino in fondo la reale consapevolezza e che, probabilmente, dovrebbe essere oggetto di ben altra attenzione da parte del Parlamento e di ben altre mirate e qualificate iniziative: ma questo è un capitolo che - state tranquilli - apriremo più avanti!Pag. 66
Allora, il ministro dell'economia e delle finanze rinsavisca, cambi i tecnici, che non sanno neppure leggere le carte che gli sottopongono...
PRESIDENTE. Deve concludere...
GIUSEPPE MARIA REINA. ...si assuma la responsabilità che gli compete dinanzi alla nazione e, se non vuole rispondere qui, in Parlamento oggi, risponda dall'alto del seggio che occupa assumendo le opportune iniziative, chiedendo conto e ragione all'ENI della condotta finora seguita e intervenendo per modificarla. Noi chiediamo l'abrogazione di tali misure e la riconversione dell'impianto senza che debbano patire i lavoratori, i cittadini ed il sistema economico che è coinvolto.
PRESIDENTE. Onorevole Reina, mi permetto di ricordarle che, con la sua interpellanza, lei si è rivolto al ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, non già al ministro dell'economia e delle finanze.
GIUSEPPE MARIA REINA. Che significa? Non è così! È stato cambiato. Le dico che nella versione originaria l'interpellanza era rivolta al Ministero dell'economia e delle finanze. È così! Come sanno bene gli uffici di segreteria con i quali oggi mi sono lamentato, mi sono trovato dinanzi ad una modifica in seguito alla quale, all'improvviso, il ministro dell'ambiente...
PRESIDENTE. Grazie, onorevole. In ogni caso, è presente il sottosegretario per l'ambiente e la tutela del territorio, che è autorizzata a rispondere a tutte le questioni da lei sollevate.
Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha, dunque, facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto indicato nell'interpellanza esposta dall'onorevole Reina sull'utilizzo del pet coke negli impianti di combustione presso il petrolchimico di Gela e sull'urgenza di procedere ad un piano di risanamento ambientale, si rappresenta quanto segue.
Anzitutto, il Ministero dell'ambiente non può non condividere le impostazioni generali seguite dagli interroganti, le preoccupazioni sull'urgenza, l'analisi politica complessiva.
In secondo luogo, con riferimento alle competenze proprie del Ministero, appare anzitutto urgente ripristinare l'inclusione del pet coke tra i rifiuti e conseguentemente applicare la normativa di riferimento. Come è ricordato nel testo dell'interpellanza, infatti, questo scarto di lavorazione è stato elevato a rango di combustibile solo ed esclusivamente con l'intento di evitare conseguenze sociali determinate dall'intervento della magistratura, pur dovuto, in riferimento alle pratiche di gestione del residuo da parte dell'azienda proprietaria degli impianti. Va però evidenziato come tale provvedimento sarebbe opportuno fosse accompagnato da un più ampio coinvolgimento delle istituzioni nazionali e locali, dei soggetti economici coinvolti e dei sindacati, al fine di evitare il ripetersi di incresciose tensioni sociali come quelle che hanno ispirato l'intervento di cui si chiede la revisione. In questo senso, bene hanno fatto gli interpellanti a mettere in evidenza la necessità di evitare che l'uso del ricatto occupazionale finisca con il produrre distorsioni normative che non solo non sono sufficienti ad offrire una maggiore garanzia sotto il profilo lavorativo ma per di più espongono i lavoratori stessi e la popolazione in generale ad ulteriori elementi di rischio sanitario. È pertanto intenzione del Ministero dell'ambiente riaprire un tavolo di trattative specifiche sull'uso del pet coke indirizzato a garantire il rispetto della salute dentro e fuori gli impianti, nonché la corretta interpretazione delle normative europee in merito alla definizione di «combustibile» e di «rifiuto».
Per quanto poi attiene agli interventi di bonifica dell'area industriale in oggetto, già inclusa tra quelle ad elevato rischio diPag. 67crisi ambientale ai sensi della legge n. 462 del 1998, il Ministero dell'ambiente ha concordato con le autorità regionali quattro linee di intervento prioritario che riguardano la potabilizzazione delle acque, il disinquinamento del suolo e del sottosuolo, l'abbattimento dell'inquinamento atmosferico e la garanzia della massima sicurezza dei luoghi di lavoro.
Su questi interventi, si è in attesa di ricevere le indicazioni di ciascuna delle amministrazioni coinvolte anche in merito alle risorse economiche disponibili ed agli strumenti tecnici più efficaci da usare per il rapido raggiungimento degli obiettivi. Va però rilevato che, nelle more degli interventi urgenti necessari, il problema dell'impatto complessivo del sito industriale di Gela-Priolo-Melilli sull'intero territorio, ed in particolare il preoccupante dato relativo all'incidenza di malformazioni neonatali che si riscontra nella popolazione residente nell'area interessata, può e deve essere affrontato nelle più alte sedi istituzionali.
È evidente, infatti, come non si possa più dilazionare un'azione di programmazione produttiva che, da una parte, garantisca i lavoratori e, dall'altra, ponga le condizioni per una trasformazione radicale dell'assetto produttivo, in un'ottica di maggiore integrazione tra le vocazioni naturali, ben ricordate nell'interpellanza, e le produzioni industriali.
A tale riguardo, l'applicazione della direttiva europea sulle migliori pratiche impiantistiche e politiche ambientali integrate - che sarà oggetto del lavoro della neonominata commissione nazionale IPPC sulla prevenzione e controllo dell'inquinamento - può rappresentare un significativo punto di partenza. Il compito di detta commissione, infatti, sarà quello di esaminare lo stato dell'arte delle diverse tecnologie produttive in un'ottica di valutazione dei miglioramenti possibili, al fine di garantire il rispetto rigoroso delle norme sui limiti emissivi nei diversi comparti ambientali.
È necessario, quindi, vedere in questo processo l'opportunità di dare avvio ad una riqualificazione industriale e produttiva più compatibile con le esigenze sociali complessive.
PRESIDENTE. L'onorevole Reina ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE MARIA REINA. Signor Presidente, non posso, se non altro per il modo cortese con cui è stata fornita la risposta da parte del rappresentante del Governo, che ritenermi per una parte soltanto soddisfatto. Ribadisco che lo faccio non tanto per assolvere ritualmente ad una funzione, ma perché vorrei ricordare in questa sede che i siciliani hanno offerto un contributo notevole allo Stato unitario.
Noi non abbiamo mai sognato avventure secessioniste. Abbiamo sempre pensato all'Italia come ad uno Stato importante. Avremmo voluto, da chi ha governato questo paese in tutti questi anni, a prescindere dal colore politico, che vi fosse un'attenzione diversa per la nostra terra che era una terra di confine, di frontiera, per la sua storia.
Per tale motivo, abbiamo rivendicato a gran voce, prima ancora della Costituzione, l'autonomia della nostra regione; tale autonomia, tuttavia, ha senso ed è funzionale soltanto nell'ambito dello Stato unitario nel quale crediamo.
Vogliamo, pertanto, che gli atti che si compiono restituiscano ai siciliani la dignità e l'orgoglio di sentirsi prima di tutto italiani, come tutti gli altri!
A Gela si deve una riparazione, con un atto forte e serio dello Stato e del Governo.
Come forza politica, il Movimento per l'autonomia non è qui per rivendicare oziose prese di posizioni che appartengono a questo o a quello schieramento.
Se dal Governo verranno forti elementi di inversione di tendenza reale, noi li accompagneremo con la nostra attenzione e con il nostro consenso, perché siamo qui per servire non i partiti, ma la gente ed il popolo che ci ha eletto.
Attendiamo, quindi, nei prossimi giorni, signor sottosegretario, e non nelle prossime settimane, l'intesa con il ministro perPag. 68l'economia - che ha la responsabilità, lo ribadisco, di controllare in sede societaria l'attività dell'ENI - affinché si trovi il modo di assumere le iniziative legislative e gli interventi più appropriati per risolvere questo delicato problema che va inquadrato anche nell'ottica delle problematiche riferite a malformazioni ed a patologie tumorali che sono determinate, nell'intero territorio isolano, dalla presenza di raffinerie, centrali di trasformazione del petrolio, stabilimenti petrolchimici e quant'altro.
Bisogna agire con mano ferma, determinata, con un intervento chirurgico deciso, se vogliamo salvare ancora qualcosa di quella che un tempo era considerata una delle più belle terre della nostra Europa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
(Tempi di adozione del regolamento per la determinazione della tariffa relativa alla gestione dei rifiuti urbani - n. 2-00355)
PRESIDENTE. L'onorevole Picano ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00355 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
ANGELO PICANO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la nostra interpellanza tende a sollecitare il Governo affinché dia attuazione al comma 6 dell'articolo 238 del decreto legislativo che reca la disciplina della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani. Tale disposizione, infatti, prevede che i criteri generali, sulla base dei quali vengono definite le componenti dei costi e viene determinata la tariffa, siano disciplinati con regolamento (da emanarsi entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del codice) del ministro interpellato, di concerto con il ministro delle attività produttive, sentiti la Conferenza Stato-regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, le rappresentanze qualificate degli interessi economici e sociali presenti nel Consiglio economico e sociale per le politiche ambientali (il cosiddetto CESPA) e i soggetti interessati. Tale regolamento non risulta ancora emanato. Infatti, in base al successivo comma 7, la tariffa viene determinata, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6, dalle autorità d'ambito. Ciò posto, si segnala che il comune di Cassino nel mese di gennaio 2007 ha disposto il raddoppio della tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, prevedendone, inoltre, la retroattività al 1o gennaio 2006. Contro tale provvedimento si sono svolte diverse manifestazioni popolari ed esiste una certa preoccupazione per l'ordine pubblico. Tali manifestazioni finora sono state guidate da organizzazioni sindacali di categoria, ma esse potrebbero anche sfuggire di mano a chi sino ad ora le ha controllate e quindi vi potrebbero essere proteste culminanti in azioni clamorose tali da preoccupare per la tenuta dell'ordine pubblico. La stessa aula consiliare del comune è stata occupata dall'opposizione, contraria al rincaro della tassa sui rifiuti.
Tale situazione è tanto più critica in quanto nei comuni vicini l'entità della tariffa è di gran lunga inferiore. Infatti, a Cassino tale tariffa è di 3,16 euro al metro quadrato per abitante, a Sora è al 2,31 euro e nel comune capoluogo di provincia, Frosinone, a 1,90 euro. Negli altri comuni della provincia, inoltre, esistono tariffe ancora più basse. Pertanto, la popolazione si chiede le ragioni di costi così elevati.
Il sindaco si è giustificato affermando di aver dato applicazione al decreto Ronchi che prevedeva la copertura al 100 per cento dei costi. Tuttavia, se tutti smaltiscono nell'impianto di Col Felice, l'unica differenza rispetto agli altri comuni sarebbero i costi della raccolta. Riflettendo sul fatto che la gara per la raccolta dei rifiuti è stata annullata a causa di evidenti errori procedurali, chiediamo dove sia la strozzatura che porta così in alto i costi per la città di Cassino, tenendo presente che il comma 5 dell'articolo 238 prevede che entro quattro anni vi debba essere l'integrale copertura dei costi.
Quindi, alla luce della situazione critica indicata, chiediamo di sapere dal ministro se non ritenga necessario accelerare l'iterPag. 69di predisposizione del decreto, di cui al comma 6 dell'articolo 238 del codice ambientale, tenendo conto, peraltro, del fatto che il termine per la sua emanazione è scaduto e prevedendo forme di compensazione o agevolazione per chi - fino alla sua entrata in vigore - ha contribuito in misura maggiore.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito all'interpellanza urgente proposta dagli onorevoli Picano e Fabris, si rappresenta quanto segue.
È utile premettere che il comune di Cassino ha confermato di aver provveduto nel senso riferito dagli onorevoli interroganti e che, di fronte alle tensioni sociali registrate sull'intero territorio, ha comunque avviato un tavolo di concertazione con le delegazioni sindacali. Al fine di chiarire il quadro normativo attualmente vigente, deve anzitutto precisarsi che l'articolo 238 del codice ambientale ha previsto espressamente la immediata soppressione della tariffa di cui all'articolo 49 del decreto legislativo n. 22 del 1997 (decreto Ronchi), a decorrere dall'entrata in vigore del codice ambientale. Il medesimo articolo, al comma 11, ha tuttavia previsto in via transitoria che, sino al compimento degli adempimenti previsti dal regolamento ministeriale da emanarsi per attuare la nuova tariffa, continuino ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti, ossia il decreto del Presidente della Repubblica n. 158 del 27 aprile 1999 ed i regolamenti comunali eventualmente già adottati a livello sperimentale per introdurre la tariffa Ronchi che siano ancora vigenti al momento dell'entrata in vigore del codice ambientale.
Secondo le stime effettuate a livello statistico con riferimento all'anno 2005, circa 750 comuni hanno già introdotto il regime tariffario a livello sperimentale ed a titolo volontario con norme regolamentari, in applicazione dei commi 1-bis e 16 dell'articolo 49 del decreto Ronchi, prima che lo stesso fosse abrogato, ed a quanto risulta anche il comune di Cassino ha legittimamente fatto altrettanto. Desta in ogni caso perplessità la scelta del comune in questione di modificare il piano tariffario in sede di approvazione del bilancio di previsione, con portata retroattiva al 1o gennaio 2006, posto che la legge n. 296 del 27 dicembre 2006 (legge finanziaria 2007) ha previsto espressamente, all'articolo 1, comma 169, che gli enti locali possano, sì, deliberare - entro il 31 marzo 2007 - le tariffe e le aliquote relative ai tributi di loro competenza, contestualmente all'approvazione del bilancio di previsione, ma con effetto dal 1o gennaio 2007 preso come «anno di riferimento». Ciò detto, per quanto di competenza del Ministero che rappresento, evidenzio che si sta già ponendo in essere ogni utile adempimento finalizzato all'emanazione del decreto ministeriale necessario a dare piena attuazione all'articolo 238, comma 6, del codice ambientale. Si cercherà ad ogni buon conto di accelerare il relativo iter, sulla scorta delle problematiche rappresentate da questa interpellanza, compatibilmente con le pressanti esigenze connesse all'emanazione dei numerosi altri decreti ministeriali che sono parimenti in fase di predisposizione in questo momento. È opportuno in conclusione precisare che nel citato decreto ministeriale attuativo dell'articolo 238 non potranno in ogni caso essere previste «forme di compensazione o agevolazione per chi - fino alla sua entrata in vigore - ha contribuito in misura maggiore», essendo i casi di agevolazione tassativamente enunciati dal comma 7 del citato articolo 238.
PRESIDENTE. L'onorevole Picano ha facoltà di replicare.
ANGELO PICANO. Signor Presidente, sono sostanzialmente soddisfatto perché la rappresentante del Governo ha detto che il ministro sta ponendo in essere tutte le procedure per accelerare l'emanazione degliPag. 70atti che portino finalmente alla fissazione di una tariffa che possa essere di riferimento per i comuni. Infatti, i costi così diversificati tra un comune e un altro non riescono a convincere l'opinione pubblica dei motivi di certe scelte, visto che - come accennavo nell'introduzione - il comune di Cassino smaltisce i rifiuti e, quindi, utilizza anche i mezzi di trasporto così come altri comuni.
Quindi, la differenza enorme che c'è nella raccolta dei rifiuti non si giustifica da nessun punto di vista. Anch'io auspicherei che il Ministero, che certamente non ha poteri ispettivi, possa tuttavia sollecitare l'Authority per i lavori pubblici o i NAS a controllare se le procedure adottate siano state veramente corrette. Ciò allo scopo di dare il messaggio all'opinione pubblica che si è agito con la massima responsabilità, benché l'annullamento della gara ha certamente lasciato qualche perplessità.
Perciò, mi auguro che si proceda all'emanazione degli atti conseguenti all'applicazione del codice ambientale per rassicurare e tranquillizzare l'opinione pubblica la quale, vedendosi raddoppiata la tassa di smaltimento dei rifiuti, certamente non trova soddisfazione, ma anzi è preoccupata. Soprattutto le famiglie monoreddito, infatti, certamente non hanno piacere di vedersi raddoppiate le tasse da momento all'altro.
(Iniziative per estendere le agevolazioni previste dalla legge finanziaria per il 2007 alla rottamazione dei ciclomotori Euro 0 - n. 2-00348)
PRESIDENTE. L'onorevole Fabris ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00348 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
MAURO FABRIS. Signor Presidente, signor sottosegretario e colleghi, ho presentato questa interpellanza perché, com'è noto, la legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 27 dicembre 2006) prevede espressamente che: «a decorrere dal 1o dicembre 2006 e fino al 31 dicembre 2007, in caso di acquisto di un motociclo nuovo di categoria Euro 3, con contestuale sostituzione di un motociclo appartenente alla categoria Euro 0, realizzata attraverso la demolizione (...) è concessa l'esenzione del pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità».
Sostanzialmente, con questa norma si prevede la rottamazione. Ciò è stato senza dubbio giusto, viste le condizioni delle nostre città e la mobilità all'interno delle stesse. Tuttavia, questo tipo di intervento riguarderebbe solo i motocicli Euro 0 immatricolati, con conseguente impossibilità da parte dei cittadini di rottamare i ciclomotori (per intenderci i 50cc.).
Questa esclusione, probabilmente non voluta, non appare - a mio modo di vedere - coerente con lo spirito della legge, che intende invece favorire il ricambio del parco circolante, tanto più che oggi i veicoli più obsoleti appartengono proprio alla categoria dei ciclomotori.
Per tali ragioni - come si può evincere dal testo che ho presentato -, ritengo quanto mai necessario estendere questa previsione normativa contenuta nella legge finanziaria per il 2007 anche ai ciclomotori appartenenti alla categoria Euro 0.
Non a caso, ho domandato in questo senso al ministro dei trasporti se e quali iniziative normative intenda adottare al fine di sanare il vuoto normativo, in modo che l'esenzione del pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità, in caso di acquisto di un motociclo nuovo di categoria Euro 3, possa avvenire non solo con la contestuale sostituzione di un motociclo, ma anche di un ciclomotore appartenente alla categoria Euro 0.
Da tempo, come sappiamo, gli utenti delle due ruote a motore si stanno rivolgendo sempre più verso motoveicoli immatricolati, prevalentemente scooter, dedicati alla mobilità urbana, sostituendo ai vecchi ciclomotori. Vorrei segnalare che i veicoli immatricolati sono per la quasi totalità con la motorizzazione a quattro tempi, che consente minori emissioni, bassi consumi e soprattutto non comporta problemi in termini di particolato (PM 10).Pag. 71Al contrario, pressoché tutti ciclomotori obsoleti Euro 0, dispongono di motori a due tempi che, al pari dei vecchi diesel, emettono quantità significative di PM 10. Per tali ragioni, in Lombardia, ma anche nel comune di Roma, sono state deliberate restrizioni del traffico per lunghi periodi che, di fatto, rendono inutilizzabili i motocicli e i ciclomotori per uso quotidiano.
Per capirci, le preoccupazioni relative alla necessità di migliorare la qualità dell'aria e di rispettare i valori-limite per le emissioni del traffico veicolare sono in aumento; tale obiettivo riguarda migliaia di comuni, tra cui tutte le aree metropolitane, così come è definito dall'articolo 8 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351.
Il territorio coperto da tali comuni (e questo mi sembra il dato importante) rappresenta il 75 per cento del totale del mercato delle due ruote a motore. Da qui, l'esigenza di accelerare la sostituzione dei vecchi ciclomotori ancora in circolazione - stiamo parlando di circa 3 milioni e 400 mila ciclomotori - con veicoli omologati Euro 3, che possono usufruire dell'esenzione prevista dalla legge finanziaria.
I vecchi motocicli immatricolati Euro 0 con motore a due tempi sono circa 600 mila e rappresentano un problema sempre meno prioritario. Il resto è costituito da motocicli con motore a quattro tempi, ai quali è comunque consentita la circolazione perché contribuiscono solo in modo marginale alle emissioni.
Devo riconoscere che, nelle ultime settimane, non solo molte associazioni di categoria, ma anche numerosi utenti si sono dichiarati pronti a rottamare il proprio vecchio ciclomotore, con la speranza di ottenere l'esenzione del pagamento della tassa di proprietà, così come previsto dalla legge finanziaria per il 2007, ma hanno trovato «l'intoppo» che segnalo nella mia interpellanza.
Vorrei evidenziare che anche le concessionarie sul territorio (in sostanza, i rivenditori) fanno presente che ricevono veramente molte richieste in tal senso, ma non sanno come rispondere agli utenti interessati.
Quindi, spero veramente che il Governo prenda atto di tale «svista», o comunque della scarsa chiarezza del testo che abbiamo approvato: ricordo anche il dibattito preliminare all'approvazione del disegno di legge finanziaria in questa materia, e quando si discuteva di motocicli, si intendevano chiaramente anche i ciclomotori.
Auspico, quindi, che si possa sanare sostanzialmente tale questione, di modo che anche la demolizione dei ciclomotori Euro 0 serva a rendere più efficace la misura introdotta nella legge finanziaria.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito interpellanza presentata dall'onorevole Fabris, si rappresenta quanto segue.
In attuazione del principio di salvaguardia ambientale ed al fine di incentivare la riduzione del parco circolante dei motoveicoli, con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria per il 2007), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 27 dicembre 2006, il Governo ha previsto, nel caso di demolizione di un motociclo appartenente alla categoria Euro 0 e contestuale acquisto di un motociclo nuovo di categoria Euro 3, che il venditore sostenga il costo della demolizione del motoveicolo nei limiti di 80 euro, costo che viene recuperato attraverso il meccanismo del credito d'imposta, e che l'acquirente possa, conseguentemente, beneficiare dell'esenzione del pagamento delle tasse automobilistiche per cinque annualità.
Stante l'espressa dizione della norma citata, deve ritenersi che la rottamazione di un ciclomotore non dia luogo ad agevolazioni fiscali.
L'estensione dell'agevolazione anche a tale fattispecie, non trascurando il maggiorPag. 72onere che ne conseguirebbe, può essere realizzata esclusivamente attraverso un intervento legislativo, la cui valutazione circa l'opportunità dello stesso implica un forte impegno istituzionale, che coinvolgerebbe diverse amministrazioni, ciascuna in funzione delle proprie competenze.
Per quanto di spettanza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, esso, in data 22 dicembre 2006, ha sottoscritto con l'Associazione nazionale ciclo motociclo e accessori un accordo di programma finalizzato alla riduzione delle emissioni in atmosfera derivanti dal parco circolante dei ciclomotori. Per l'attuazione di tale accordo, il Ministero ha impegnato risorse pari a 15 milioni di euro al fine di incentivare l'acquisto di motocicli e ciclomotori con ridotti consumi ed emissioni, ciclomotori elettrici e biciclette a fronte della contestuale rottamazione di ciclomotori vetusti.
Nel caso di nuovo acquisto, le spese di rottamazione sono per il 50 per cento a carico del rivenditore e per il restante 50 per cento a carico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Nel caso, invece, della cosiddetta rottamazione pura, cioè non a fronte di un nuovo acquisto, le spese di rottamazione sono interamente a carico del Ministero.
Per quanto concerne i contributi legati all'acquisto, questi sono diversi in relazione al mezzo acquistato: per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di una bicicletta, è previsto un incentivo pari al 25 per cento del costo della bicicletta, fino ad un massimo di euro 250; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un motociclo elettrico o di un quadriciclo elettrico, è previsto un incentivo pari al 30 per cento del veicolo, fino ad un massimo di mille euro; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un ciclomotore elettrico, è previsto un incentivo pari al 30 per cento del costo del veicolo, fino ad un massimo di 700 euro; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un ciclomotore «euro 2» a quattro tempi, di un ciclomotore «euro 3» o di un ciclomotore ibrido, è previsto un incentivo pari al 15 per cento del costo del veicolo, fino ad un massimo di euro 300; per la rottamazione di un ciclomotore, con contestuale acquisto di un ciclomotore «euro 2» a due tempi è previsto un incentivo pari all'otto per cento del costo del veicolo fino a un massimo di euro 150.
Data la disponibilità economica, le soluzioni individuate sono state ritenute le più congrue ai fini della tutela ambientale e della diminuzione dei livelli di inquinamento. Ad ogni buon conto, pur comprendendo i rilievi sollevati dall'interpellante, si ritiene dirimente, ai fini della correttezza dell'approccio seguito, il citato accordo con l'Associazione nazionale ciclo motociclo accessori, che, evidentemente, aveva interesse a tutelare tutte le categorie produttive del settore, e che ha trovato proprio nell'accordo un punto di equilibrio tra esigenze economiche aziendali accompagnate da obiettivi di qualità ambientale.
PRESIDENTE. L'onorevole Fabris ha facoltà di replicare.
MAURO FABRIS. Signor Presidente, mi devo dichiarare assolutamente insoddisfatto. Nel ringraziare la signora sottosegretaria per aver letto il solito testo predisposto dagli uffici (i quali, come al solito, fanno da passacarte senza entrare nel merito delle questioni), colgo l'occasione, signor Presidente, per rilevare che questo modo di trattare le interpellanze e di impegnare l'attività della Camera è assolutamente inutile. Personalmente, è la prima volta, in questa legislatura, che sollevo il problema, ma altri colleghi l'hanno già fatto, come mi ricordava in precedenza l'onorevole Satta. Ebbene, signor Presidente, lo solleveremo ancora, fino a quando l'istituto delle interpellanze urgenti (che, di solito, si svolgono il giovedì pomeriggio) sarà mantenuto in vita. O facciamo funzionare l'istituto, signor Presidente, oppure è inutile che perdiamo tempo noi e che lo facciamo perdere ai rappresentanti del Governo: in questo modo, si sprecano risorse pubbliche per celebrare un rito che, nella maggior parte dei casi, si rivela assolutamente inutile!Pag. 73
Per quanto concerne, più specificamente, la mia interpellanza, ho rivolto l'atto al ministro dei trasporti, ma è venuto a rispondere un rappresentante del Ministero dell'ambiente! Ho posto un problema relativo ai ciclomotori, ma la risposta riguarda le biciclette! Vorrei capire che tipo di confronto possa essere questo e quale utilità possa avere! Lasciamo perdere! Diciamo, allora, che una delle possibilità consentite ai parlamentari sul piano del sindacato ispettivo non può essere mantenuta perché il Governo o, meglio, gli uffici - cambiano i Governi, ma la prassi non muta! - predispongono degli appunti per le risposte in maniera assolutamente routinaria, scrivono ciò che vogliono senza attenersi al merito delle interpellanze e «mandano» i sottosegretari a fare figure che non meriterebbero! Assolutamente non va bene!
Quindi, chiedo alla Presidenza di intervenire presso il Governo nei modi consentiti per fare in modo che, almeno quando le interpellanze sono rivolte a ministri chiaramente individuati (come nel mio caso), venga a rispondere uno dei circa cento sottosegretari - non ricordo più con precisione quanti ne abbiamo... - che fanno parte del Governo (il più numeroso, mi pare di aver capito, nella storia della Repubblica). Non è possibile che si rivolga un'interpellanza al ministro dei trasporti, che su questo punto può rispondere, come ha fatto in tante altre occasioni, dal momento che la Motorizzazione civile ha competenze molto chiare (allora, ciclomotori sono anche le quattro ruote: le citycar che circolano sulle strade delle nostre città sono classificate come ciclomotori; si dovrebbe svolgere una bella discussione al riguardo). In particolare, in considerazione del fatto che mi occupo della materia da qualche anno, so che la Motorizzazione ha dimostrato, in altri casi, di avere possibilità di intervento superiori a quelle che il sottosegretario ci ha ricordato.
Signor Presidente, purtroppo, credo di aver sprecato il mio tempo; anzi, ritengo che lo abbiamo sprecato tutti, compresa la sottosegretaria. Ancora una volta, il Governo ci risponde attraverso scritti frutto di uno sforzo molto minimo degli uffici. A tal proposito, contesto, ancora una volta, il modo di agire, e spero che gli uffici registrino questo tipo di intervento.
Non possiamo confrontarci con dei burocrati: o ci confrontiamo con un organo politico e, allora, svolgiamo un discussione utile e produttiva; diversamente, sarà bene portare la questione innanzi alla Conferenza dei presidenti di gruppo.
In questo modo, ci prendiamo reciprocamente in giro!
Sono assolutamente insoddisfatto per la risposta in ordine all'interpretazione che poteva essere data al testo della legge finanziaria. Ricordo anche il dibattito che si è sviluppato al riguardo. Gli uffici potevano almeno fare lo sforzo di leggere i documenti preparatori dell'esame avvenuto in Assemblea, che riguardavano peraltro un maxiemendamento. Nemmeno a dire che abbiamo svolto un dibattito di merito su questo punto specifico. Tuttavia, è stato svolto un lavoro in Commissione e vi è stato anche un confronto in Assemblea, specificatamente sulla materia della rottamazione. Da questo punto di vista, c'erano già i presupposti, a mio avviso, per formulare l'interpretazione cui facevo cenno.
Certo, se poi il fondo stanziato è quello, tale rimane! Nessuno ha preteso di aggiungere finanziamenti. Tuttavia, non si può non riconoscere che la richiesta riguardante il tema della rottamazione fosse rivolta a rinnovare il parco circolante nelle nostre città, con riguardo non solo ai motocicli, ma anche ai ciclomotori. Dire che è prevista la rottamazione del ciclomotore, se si acquista una bicicletta, evidentemente, non c'entra nulla con il merito del quesito posto.
Lo ripeto: sono assolutamente insoddisfatto! Avviso gli uffici, se mai leggeranno il resoconto: ripresenterò la questione e non si azzardino a mandare di nuovo un sottosegretario che si occupa di altre materie! A questo punto, poteva rispondermi anche il sottosegretario per la salute, che era qui presente, o altri ancora.Pag. 74
Cerchiamo di restare sul punto: se poniamo delle questioni, il Governo deve rispondere. Può anche dire che non è d'accordo o può non darci risposte, ma non può prendere lucciole per lanterne.
Sotto questo profilo, signor Presidente, c'è anche un atteggiamento scorretto che mi permetto di segnalarle, perché così non va assolutamente bene (Applausi dei deputati del gruppo Popolari-Udeur)!
PRESIDENTE. Onorevole Fabris, come presidente di gruppo lei ha la possibilità di sollevare la questione nelle sedi opportune, a partire dalla Conferenza dei presidenti di gruppo.
Per quanto riguarda le sue osservazioni sul Governo, è presente un rappresentante dell'Esecutivo e credo che la sottosegretaria Marchetti riferirà le sue osservazioni.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.