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Svolgimento di interpellanze e di una interrogazione (ore 10,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze e di una interrogazione.
(Iniziative per lo scioglimento del consiglio regionale della Calabria - n. 2-00125)
PRESIDENTE. L'onorevole Angela Napoli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00125 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazione sezione 1).
ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, innanzitutto mi sia consentito di stigmatizzare il fatto che la risposta a questa interpellanza mi verrà fornita dal sottosegretario alla giustizia, avvocato Li Gotti, che vedo qui in aula. Dico questo non certo per dequalificare la sua professionalità, ma perché la risposta alla domanda posta nell'interpellanza, anche se quest'ultima Pag. 2in premessa contiene un riferimento a contenuti specifici riguardanti il dicastero della giustizia, a mio avviso sarebbe di competenza del Ministero dell'interno.
Ciò premesso, ho il dovere di aggiungere che a questa mia interpellanza, presentata il 19 settembre del 2006, ben cinque mesi fa, ha fatto seguito, sullo stesso argomento, una successiva interpellanza, presentata il 30 novembre del 2006, che, pur avendo lo stesso contenuto nella premessa, è supportata nel testo da aggiornamenti che, dal punto di vista giudiziario, purtroppo hanno coinvolto fino a quella data il consiglio regionale della Calabria. Ancora, rispetto alla successiva interpellanza del 30 novembre del 2006, potrei aggiungere un ulteriore aggiornamento, sempre in termini giudiziari, che ha ancora di più aggravato la situazione di quel consiglio regionale.
Nella premessa dell'interpellanza del 19 settembre 2006, faccio innanzi tutto un richiamo alla conoscenza da parte di tutti noi per quanto concerne il controllo operato dalla 'ndrangheta sul territorio calabrese attraverso l'accaparramento degli appalti pubblici nonché la capacità di sostituirsi all'economia locale e di inserirsi nelle istituzioni e nella pubblica amministrazione.
La 'ndrangheta riesce persino ad avere un illecito e cospicuo reddito dal settore della sanità. Esiste, in Calabria, un forte sodalizio tra politica, 'ndrangheta, imprenditoria e massoneria deviata e, seppure intaccato, in parte, dalle forze dell'ordine e dalla magistratura per i colpi assestati alla parte militare della 'ndrangheta stessa, questo sodalizio che vede il triumvirato che ho appena enunciato non è stato ancora disarticolato nella sua fortezza.
In questo contesto, si inserisce la situazione del consiglio regionale calabrese. Un consiglio regionale a maggioranza di centrosinistra eletto nell'aprile del 2005, supportato da un numero di suffragi tale da consentire una vittoria con ben venti punti di distacco dalla coalizione di centrodestra uscente. Diversi consiglieri regionali calabresi eletti avevano già avuto problemi con la giustizia, tanto che era stata avviata a suo tempo un'indagine su un eventuale voto di scambio.
A pochi mesi dall'insediamento del nuovo consiglio regionale, il 16 ottobre 2005, è stato ucciso il vicepresidente del consiglio, dottor Francesco Fortugno. Ritengo importante evidenziare la minima distanza temporale tra l'insediamento del nuovo consiglio e questo tragico evento per stigmatizzare un fatto, cioè che all'interrogante appare assolutamente inaccostabile l'omicidio del dottor Francesco Fortugno all'attività espletata in pochissimi mesi. Se infatti consideriamo che dall'aprile all'ottobre del 2005 si è avuto il necessario periodo di insediamento e di costituzione della prima giunta regionale, cui ha fatto seguito peraltro anche la pausa del periodo estivo, mi sembra impossibile addebitare questo omicidio alla nuova attività della giunta regionale.
In questo contesto, dopo alcuni mesi, sono stati individuati i presunti killer e il presunto mandante. A mio parere, ci sono altre interrogazioni dirette sul problema al ministro della giustizia. Ha destato infatti molta perplessità il fatto che, appena individuati i presunti killer - meglio ancora, il presunto mandante -, il dottor Giuseppe Creazzo, sostituto procuratore della DDA di Reggio Calabria, che era titolare delle indagini sull'omicidio, sia stato chiamato a ricoprire un incarico presso il Ministero della giustizia.
Tutto ciò premesso, è opportuno che si richiami il contenuto di alcune dichiarazioni ed articoli che sono apparsi successivamente a questo omicidio.
Il professor Tonino Perna, economista e sociologo, ex presidente del parco nazionale dell'Aspromonte, certamente non uomo di centrodestra, ma di area politica di centrosinistra, ha testualmente dichiarato: «L'omicidio Fortugno è il frutto dell'ostinazione del centrosinistra nel voler vincere le elezioni a tutti costi (...) e il centrosinistra nella Locride è passato dal 35 al 70 per cento. In una zona a forte controllo mafioso uno spostamento di voti così massiccio significa che è stato stipulato Pag. 3un patto con la 'ndrangheta e Loiero» - il governatore della Calabria - «lo sa bene».
Detto questo, potrò elencare, benché stia tutto nell'interpellanza e abbia solo la necessità di aggiungere qualcosa, anche se il tempo non consente di leggere tutto, gli articoli apparsi sull'Espresso del 3 novembre 2005 ovvero quello apparso sul Sole 24 ore, il 6 dicembre 2005. Quest'ultimo cominciava a dare indicazione del numero dei consiglieri regionali implicati in provvedimenti giudiziari o sotto processo.
Nel mese di giugno 2006, il giornale inglese The Guardian, riferendosi all'omicidio Fortugno, addirittura avanzava l'ipotesi che questo omicidio potesse essere legato agli sforzi della 'ndrangheta di entrare nella sanità locale. Tuttavia, nello stesso articolo, un magistrato calabrese che ha voluto mantenere l'anonimato ha detto che l'omicidio Fortugno non è altro che un messaggio diretto delle cosche al centrosinistra. Testualmente: «Vi abbiamo dato i nostri voti, ora ci aspettiamo una risposta».
Ancora, il 16 agosto 2006, è stato tratto in arresto con l'accusa di truffa per i fondi dell'Unione europea e concussione il capo del gruppo dei DS in consiglio regionale, Francesco Pacienza. In data 29 agosto 2006, il tribunale della libertà ha annullato la misura della custodia cautelare in carcere, ma naturalmente non ha annullato il presunto reato, non essendo ancora iniziato l'iter processuale che dovrà verificare per l'appunto l'ipotesi accusatoria.
Successivamente a questo arresto, in data 5 settembre 2006, è stato emesso un avviso di garanzia nei confronti del vicepresidente della giunta regionale calabrese, Nicola Adamo, riconfermato vicepresidente della terza giunta regionale voluta dal governatore...
FRANCESCO AMENDOLA. C'è anche Alleanza Nazionale!
ANGELA NAPOLI. Dirò, dirò, dirò... Non vi preoccupate! Chi mi conosce sa che non ho problemi di questa sorta, ma prima devo iniziare da chi in questo momento governa e ha la gestione della cosa pubblica. Poi, andiamo a vedere anche l'arresto, non c'è problema. Sapete tutti come sono fatta e qual è la correttezza che credo abbia contraddistinto il mio operato nella lotta alla 'ndrangheta, anche in Calabria. Infatti, ho accusato, quando è stato necessario, anche amministrazioni guidate dalla Casa delle libertà. Quindi, non mi sono mai sottratta a questi problemi, ma questi sono i fatti che espongo (Applausi del deputato Tremaglia)!
Il vicepresidente della Giunta regionale calabrese, Nicola Adamo, tuttora in carica, ha ricevuto una informazione di garanzia con l'accusa di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e all'abuso d'ufficio, nell'ambito di un'inchiesta che riguarda presunti illeciti nell'erogazione di finanziamenti a società operanti in vari settori, tra cui quello dell'informatica, nel quale avrebbe svolto un ruolo, in diversi periodi, la moglie.
Tutto ciò è continuato e potrei citare il quotidiano Calabria Ora del 6 settembre 2006, che indicava, senza precisarne i nomi, ben 22 consiglieri regionali calabresi che presentano conti in sospeso con la giustizia per diversi reati, quali associazione a delinquere di stampo mafioso, truffa e abuso d'ufficio.
PRESIDENTE. Onorevole...
ANGELA NAPOLI. Solo un momento, signor Presidente.
Tra questi 22 consiglieri regionali si svolge un'attività trasversale che fa veramente spavento.
Successivamente, nell'anno 2007, è stato inviato un avviso di garanzia al governatore della Calabria. Basta leggere le pagine dell'Espresso del 7 dicembre 2006 per conoscere il contenuto di determinate telefonate che danno la dimostrazione della gravità del presunto coinvolgimento in alcuni reati. Inoltre, il consigliere regionale Franco La Rupa è stato condannato il 17 gennaio 2007 per abuso d'ufficio e vi sono stati anche l'arresto del consigliere regionale Gallo Dionisio, con le accuse di corruzione e voto di scambio, e Pag. 4una richiesta di rinvio a giudizio per il consigliere regionale Giovanni Dima. Nell'aprile 2002, c'era stato l'arresto di un altro consigliere regionale, Enzo Sculco, rinviato a giudizio nell'ambito di un altro procedimento e oggi condannato a sette anni di reclusione con interdizione dai pubblici uffici.
PRESIDENTE. Onorevole Angela Napoli...
ANGELA NAPOLI. Questo signore, oggi, si limita semplicemente a dare le dimissioni da presidente del gruppo della Margherita nel consiglio regionale. In sede di Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, il procuratore nazionale antimafia, dottor Piero Grasso, ha confermato i dati relativi al numero di persone che hanno ricevuto avviso di garanzia o sono stati sottoposti a procedimenti giudiziari.
Chiedo come la Presidenza del Consiglio dei ministri e, in particolare, il Ministero dell'interno possano tacere di fronte ad una situazione di questo genere che colpisce gravemente la nostra Calabria (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, premetto che l'interpellanza alla quale mi accingo a rispondere era rivolta anche al ministro della giustizia e questa è la ragione per la quale un sottosegretario di Stato per la giustizia si trova in questa sede per rispondervi.
Le organizzazioni criminali calabresi si sono storicamente sviluppate intorno ai singoli nuclei familiari rigidamente autoreferenziati e diffidenti verso le intromissioni esterne. Siffatta storica caratteristica ha reso i sodalizi criminali calabresi più coesi ed impermeabili anche al fenomeno dei collaboratori di giustizia. La complessità del modello organizzativo mafioso ha risentito di alcune criticità conseguenti all'arresto di vertici nonché alla contrazione di alcuni flussi illeciti nel settore del traffico internazionale di stupefacenti. Tali criticità hanno determinato la crescita di aggressive rivendicazioni dei gregari, il confronto cruento fra antagonisti e l'accentuazione del contrasto alle istituzioni.
L'omicidio di Francesco Fortugno ha segnato un momento di forte aggressività ma, nel contempo, ha mostrato segnali di vulnerabilità dell'organizzazione.
Nell'ottobre del 2005 il Governo ha predisposto un programma straordinario di intervento, con l'intensificazione della sorveglianza e del controllo del territorio nonché con il rafforzamento delle attività informative ed investigative, con specifica attenzione alle misure di prevenzione personali e patrimoniali, il coordinamento di tutte le operazioni antidroga e la tutela degli amministratori locali. L'impegno della magistratura e delle forze di polizia ha consentito l'arresto di sei affiliati alla cosca Cordì, coinvolti - o presunti tali - nell'omicidio di Francesco Fortugno.
La strategia mafiosa, finalizzata a rinnovare le matrici di interessi illeciti e a contrastare l'azione dello Stato si è nel tempo indirizzata al consolidamento della propria proiezione criminale in ambito internazionale, con l'instaurazione di relazioni con altre organizzazioni mafiose nazionali e transnazionali.
Tale processo evolutivo ha portato l'organizzazione mafiosa calabrese ad essere oggi una delle più pericolose a livello mondiale e ad esprimere grande capacità invasiva e imprenditoriale anche nel settore economico-finanziario, grazie a capitali di provenienza illecita.
Può dirsi che non esiste alcuna parte del territorio calabrese che sia immune dalla presenza delle organizzazioni criminali, attraverso formule di crimine parassitario (tipico il sistema delle estorsioni, la pratica dell'usura, l'imposizione di manodopera), di crimine di impresa (condizionamento degli appalti, interessi nel settore del turismo internazionale, recupero di risorse destinate ai progetti di riqualificazione Pag. 5delle aree) e di crimine tradizionale altamente remunerativo, come il narcotraffico.
Particolare espansione ha avuto la pratica dell'intimidazione nei confronti di amministratori pubblici, chiaramente finalizzata a condizionare la vita pubblica istituzionale ed imprenditoriale. Ne è un significativo indicatore l'elevato numero di consigli comunali commissariati o sciolti per infiltrazione mafiosa.
Sul punto delle frodi comunitarie, denunziato ed evidenziato dall'interpellante, si comunica che molto diffuso è il crimine finalizzato a prosciugare le risorse destinate al territorio. Peraltro, non sempre l'attività illecita vede il coinvolgimento delle organizzazioni mafiose.
Inoltre, è opportuno si sappia che non è infrequente la partecipazione a tale attività illecita di imprenditori o imprese di altre regioni d'Italia, che vengono attratti dalla possibilità di lucrare sugli investimenti destinati al territorio calabrese, con pesanti conseguenze sull'economia della regione, con cospicue risorse che prendono altre e più lontane direzioni.
Presso la procura di Reggio Calabria risultano iscritti 5 procedimenti per violazione della legge n. 488 del 1992; presso la procura di Locri sono iscritti 5 procedimenti; presso la procura di Palmi i procedimenti per violazione della legge n. 488 sono diversi; presso la procura di Cosenza i procedimenti sono diversi; presso la procura di Lamezia Terme risultano iscritti 3 procedimenti; presso la procura di Rossano vi sono diversi procedimenti iscritti; presso la procura di Paola sono iscritti 10 procedimenti; presso la procura di Vibo Valentia risultano iscritti 2 procedimenti; presso la procura di Castrovillari vi sono 4 procedimenti iscritti; presso la procura di Crotone risultano iscritti 8 procedimenti. In totale sono almeno 50 i procedimenti per violazione della legge n. 488 del 1992.
In relazione all'ipotesi della truffa per violazione della legge n. 488 non risultano iscritti consiglieri regionali presso le procure di Locri, di Palmi, di Cosenza, di Lamezia Terme, di Rossano, di Paola, di Vibo Valentia, di Crotone e di Castrovillari.
Risultano iscritti consiglieri regionali presso la procura di Reggio Calabria. La procura di Catanzaro ha comunicato di non poter fornire informazioni, atteso il segreto d'indagine.
Con particolare riferimento all'omicidio dell'onorevole Francesco Fortugno la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha comunicato che, nell'ambito del procedimento, si è giunti all'individuazione dei presunti autori materiali e dei presunti mandanti.
Quanto al trasferimento di uno dei sostituti titolari dell'indagine, il dottor Giuseppe Creazzo, mi riporto alla risposta fornita all'interpellanza urgente n. 2-00259. Il dottor Giuseppe Creazzo ha assunto l'incarico di vicecapo dell'ufficio legislativo del Ministero della giustizia su parere conforme degli uffici giudiziari e del Consiglio superiore della magistratura. Faremmo torto alla procura della Repubblica ed alla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria se ritenessimo che il dottor Creazzo fosse l'unico sostituto in grado di svolgere indagini complete ed efficaci. Peraltro, proprio l'interpellante, lo scorso 31 ottobre, dopo essere stata esaminata dai tre magistrati, dottor Francesco Scuderi, dottor Mario Andrigo, dottor Marco Colamonici, titolari del procedimento per l'omicidio dell'onorevole Fortugno, ha diffuso un comunicato del seguente tenore: «Era un appuntamento che aspettavo, anche perché mi premeva spiegare il senso di certe mie affermazioni finalizzate solo ed esclusivamente alla ricerca della verità su un episodio dagli effetti devastanti. Quello che ho potuto constatare è il senso di responsabilità che caratterizza l'azione dei giudici che sono impegnati in queste delicate indagini. Da parte loro di non vi è nessuna volontà di mollare. C'è l'intenzione di andare fino in fondo e fare completa chiarezza».
Quanto al capitolo relativo al coinvolgimento di consiglieri regionali in procedimenti giudiziari, comunichiamo quanto segue. È opportuno, preliminarmente, distinguere Pag. 6le posizioni ad oggetto di indagine, le posizioni con richiesta di rinvio a giudizio e le posizioni giudicate, sia pure non definitivamente. Peraltro, il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, ex articolo 112 della Carta costituzionale, impone l'iscrizione della notitia criminis proprio al fine di verificarne la fondatezza e l'attribuibilità.
Nella procura di Reggio Calabria sono oggetto d'indagine cinque consiglieri regionali per reati comuni. Sono oggetto d'indagine alcuni consiglieri in alcuni dei cinque procedimenti per violazione della legge n. 488. Non risultano emessi provvedimenti giudiziari nei confronti di consiglieri regionali. Non risultano indagini a carico di consiglieri regionali per voto di scambio. Non sono stati emessi provvedimenti di divieto di espatrio. Cito il dato, perché nell'interpellanza vi si faceva riferimento.
Nella procura di Locri è stata richiesta l'emissione di decreto penale di condanna per una contravvenzione in materia urbanistica nei confronti di un consigliere regionale.
Alla procura di Palmi non risultano indagini nei confronti di consiglieri regionali.
Alla procura di Lamezia Terme non risultano indagini nei confronti di consiglieri regionali.
Nella procura di Rossano è oggetto d'indagine un consigliere regionale per l'ipotesi di concussione. Il procedimento è stato trasmesso dalla procura di Cosenza per competenza alla procura di Rossano lo scorso 12 dicembre.
Nella procura di Paola è stato richiesto il rinvio a giudizio ove emesso il decreto di citazione a giudizio per due consiglieri regionali per vari reati: corruzione, falsità ideologica, danneggiamento, violazione ambientale. È stato richiesto il decreto penale di condanna per un consigliere regionale per il reato di diffamazione.
Alla procura di Vibo Valenza non risultano indagini nei confronti di consiglieri regionali.
Nella procura di Cosenza è oggetto d'indagine un consigliere regionale per il reato di concussione. Non sussistono indagini per il voto di scambio. Non sono stati emessi provvedimenti di divieto di espatrio. È stata adottata la misura cautelare per un consigliere regionale per il reato di concussione; la misura è stata poi revocata ed il procedimento è stato trasmesso per competenza, il 12 dicembre 2006, alla procura di Rossano.
Con riferimento alla procura di Crotone, è oggetto di indagine un consigliere regionale per reati contro la pubblica amministrazione. È stato recentemente condannato in primo grado un consigliere regionale per reati contro la pubblica amministrazione. Non esistono indagini per voto di scambio, né sono stati emessi provvedimenti di divieto di espatrio.
Con riferimento alla procura di Castrovillari, non risultano indagini a carico di consiglieri regionali. Per quanto riguarda la procura di Catanzaro, questa non ha fornito il numero dei consiglieri regionali soggetti di indagine, limitandosi a comunicare l'esistenza di procedimenti con segreto investigativo. È possibile però affermare che è stato richiesto il rinvio a giudizio di un consigliere regionale per voto di scambio e che è stato attinto da misura cautelare, poi revocata, un consigliere regionale per voto di scambio.
Occorre altresì precisare che l'interpellante ha posto a fondamento delle domande quanto riportato da alcuni organi di stampa. Segnatamente, si è fatto riferimento a quanto sarebbe stato scritto sul settimanale L'espresso del 3 novembre 2005, ossia un elenco di nominativi, tra cui quello del Presidente della Giunta regionale, onorevole Agazio Loiero, che «avrebbero frequentato uomini delle cosche, dalle quali avrebbero ricevuto favori elettorali in cambio di "crediti" dei quali non si conosce la natura».
La indubbia gravità dell'elemento fornito dall'interpellante, con richiamo alla fonte giornalistica, ha imposto un più doveroso controllo. Il Presidente della Giunta della Calabria non risulta indagato per voto di scambio. Non risulta neanche esatto che L'espresso del 3 novembre 2005, citato e richiamato nell'interpellanza, abbia Pag. 7scritto qualcosa del genere. Nel servizio pubblicato sul detto settimanale, invero, il nominativo dell'onorevole Agazio Loiero viene citato esclusivamente con riferimento ad un episodio risalente alle elezioni politiche del 1992. Per quell'episodio si era celebrato il processo e, su richiesta dello stesso pubblico ministero, dottor Roberto Pennisi - che aveva condotto le indagini e che era titolare dell'accusa nel pubblico dibattimento -, il tribunale aveva assolto, perché il fatto non sussiste, l'onorevole Agazio Loiero. Proprio il pubblico ministero aveva ipotizzato che la mafia avesse posto in essere un tentativo di delegittimazione per rimuovere l'ostacolo Loiero, come ebbe a riferire per l'appunto L'espresso in un servizio del 4 dicembre 1997.
Quanto allo specifico quesito formulato dall'onorevole Angela Napoli, diretto a conoscere quali iniziative si intendano intraprendere per procedere allo scioglimento del Consiglio regionale della Calabria, in considerazione del dedotto coinvolgimento di numerosi consiglieri in procedimenti penali, mi limito a ricordare che la materia è regolata dall'articolo 126 della Costituzione. Lo scioglimento del Consiglio regionale o la rimozione del Presidente della Giunta, infatti, possono essere disposti con decreto motivato del Presidente della Repubblica, nel caso in cui siano stati compiuti atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Lo scioglimento o la rimozione possono essere disposti, inoltre, per ragioni di sicurezza nazionale.
Il decreto è adottato sentita una Commissione formata da deputati e senatori, costituita per le questioni regionali. Data la gravità della sanzione prevista dall'articolo 126 della Costituzione, ben si comprende la pluralità dei soggetti che sono chiamati ad intervenire nel procedimento di scioglimento: il Governo, che assume l'iniziativa; il Parlamento, attraverso il parere obbligatorio, ma non vincolante, della Commissione parlamentare per le questioni regionali; il Presidente della Repubblica, che adotta il decreto. I presupposti, quindi, sono quelli indicati dall'articolo 126 della Costituzione e da ciò è possibile ricavare il dato della gravità delle ipotesi di scioglimento e di rimozione, finalizzate alla garanzia e al mantenimento dell'ordine democratico e non come un meccanismo giuridico per porre lo Stato in posizione di sovraordinazione rispetto alle regioni.
Ne consegue l'inesistenza dei presupposti giuridico-costituzionali per poter prendere in considerazione una qualsiasi iniziativa nel senso auspicato dall'interpellante.
PRESIDENTE. L'onorevole Angela Napoli ha facoltà di replicare.
ANGELA NAPOLI. Sottosegretario Li Gotti, lei, con la risposta testé fornita all'interpellante, ha certamente legittimato il consiglio regionale calabrese; ha, quindi, senz'altro soddisfatto il consiglio e la giunta calabresi, ma le garantisco che non ha in alcun modo soddisfatto, invece, né la sottoscritta - impegnata sui temi della giustizia anche a rischio della propria incolumità fisica - né, tanto meno, ed è quanto mi preoccupa maggiormente, la stragrande maggioranza dei cittadini calabresi i quali, in questo momento, si attendono, o si sarebbero attesi, proprio dal Governo nazionale, un atto di verità e di giustizia.
Mi dispiace, sottosegretario, perché lei è calabrese, è calabrese quanto me; conosce bene la situazione, ma non ha fatto alcun riferimento, nella sua risposta, al mio intendimento, che rimane tuttora inalterato: è impossibile, infatti, accettare l'attuale situazione della regione Calabria senza intaccare, una volta per tutte, le collusioni che vedono abbracciati i mondi politico, imprenditoriale, della 'ndrangheta e della massoneria deviata. La risposta oggi fornita dal Governo non fa altro che consolidare il mantenimento di tali collusioni.
Lei ha ragione richiamando l'articolo 126 della Costituzione, ma noi lo conosciamo benissimo, e ci è, altresì, ben noto l'articolo 4 della legge costituzionale. Ma, sottosegretario, noi cittadini calabresi conosciamo Pag. 8bene anche l'articolo 54 della nostra Carta, che ha il seguente tenore: «Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore (...)».
Dunque, la giunta regionale calabrese continua ad essere coperta da settori della magistratura come risulta dai seguenti episodi. Caro sottosegretario, lei certamente saprà benissimo che la giunta ha ingaggiato, perché tengano taluni corsi di aggiornamento ai propri dirigenti, cinque magistrati della Corte dei conti e del TAR; è assurdo che un ente territoriale di governo come la regione paghi una prebenda a magistrati che dovrebbero, invece, controllarne la correttezza dell'operato. Si nomina, poi, segretario regionale, capo del gabinetto della giunta regionale ad interim, un magistrato del TAR della Campania, il quale continua peraltro a garantire la propria presenza alle udienze del TAR stesso. Inoltre, tra i componenti dell'Osservatorio sulla riforma amministrativa, si nominano magistrati dello stesso TAR di appartenenza del segretario regionale. Si nomina, infine, un magistrato appena andato in pensione sottosegretario alla sicurezza e alla legalità; un magistrato la cui moglie aveva ricoperto il ruolo di segretaria particolare del precedente presidente della regione. Ancora, mi scusi sottosegretario, si nomina la moglie di un sottosegretario di Stato presso la sede romana della regione Calabria.
Noi sappiamo che vi è volontà di copertura, ma non ne possiamo più! I cittadini calabresi sono stanchi di aprire i giornali quotidianamente e vedere il coinvolgimento di qualche assessore regionale o di qualche consigliere regionale! Non si può continuare a fare appello ad un articolo della Costituzione che fa piacere a chi lo richiama, mentre non si fa appello all'articolo della Costituzione che è basilare per chi occupa determinate funzioni pubbliche! Non lamentiamoci! Non recatevi più in Calabria a dire che è la vostra regione prediletta! Soprattutto, che nessuno del consiglio regionale si avvalga più, come alibi, del richiamo all'omicidio Fortugno!
Caro sottosegretario, lei lo sa, per colpa del mondo politico calabrese, l'omicidio Fortugno è semplicemente un omicidio mafioso, non politico! Non voglio denigrare i giudici che compiono le indagini sull'omicidio Fortugno. Quando ho chiesto di conoscere i motivi per i quali il sostituto procuratore Creazzo è stato richiamato ad altri compiti, non intendevo denigrare la professionalità di coloro che oggi stanno compiendo le indagini! Lei ha fatto bene a richiamare la mia dichiarazione, quando sono stata ascoltata in merito.
Non è mancanza di fiducia in quei giudici, a differenza di qualche altro soggetto che tenta addirittura di depistare in questo momento le indagini, proprio perché ha mancanza di fiducia nei medesimi.
Il mio richiamo era sull'immagine che con quel trasferimento è stata data alla Calabria intera, nel momento in cui erano appena stati trovati i presunti killer ed il presunto mandante! Cosa è accaduto? C'era qualcosa che non andava bene nelle indagini?
Caro sottosegretario, vorrei concludere con una domanda. Vorrei chiedere a lei, al Governo che lei rappresenta se la risposta sarebbe stata analoga, se, a capo della regione Calabria, vi fosse stata in questo momento, anziché una guida di centrosinistra, una guida di centrodestra (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia)!
FABIO GARAGNANI. Brava!
CESARE CAMPA. Brava!
(Ordinanza del giudice della libertà di Bologna che ha negato l'arresto di diciotto presunti terroristi islamici - n. 2-00091)
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00091 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazione sezione 2).
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FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, la mia interpellanza fa riferimento ad un'ordinanza del giudice del tribunale della libertà di Bologna, che ha negato l'arresto di 18 terroristi islamici con motivazioni, che a mio parere sono capziose, ma, soprattutto, foriere di possibili gravi pericoli per i nostri militari impegnati in Afghanistan, in quanto costituenti un alibi per eventuali attentati preparati o attuati nel territorio nazionale.
Tale ordinanza è stata emessa tenendo in scarsa considerazione la motivata richiesta in tal senso della Procura della Repubblica. In questa sede vorrei interpellare al riguardo il Governo per gli atti di sua competenza, rendendomi conto che, stante l'attuale legislazione, le sue possibilità di intervento sono limitate. Tuttavia, esse esistono ed allora devono essere espletate fino in fondo. Non si può assistere impunemente all'emissione di un'ordinanza, che in termini estremamente chiari riporta testualmente: «Restano esclusi dalla definizione di terrorismo gli atti contro militari impegnati in un conflitto armato». Ripeto che si tratta di un'ordinanza emessa a Bologna e che si riferisce a 18 esponenti islamici e terroristi impegnati in modo fattivo contro gli italiani in Afghanistan.
In secondo luogo, riporto un'altra definizione, riferita stavolta ai kamikaze, sempre contenuta nella stessa sentenza. Si recita testualmente: «Non può in alcun modo ritenersi che il martirio sia la conseguenza di un'attività terroristica e non invece di un'attività militare o paramilitare». È evidente la conclusione che per la nostra magistratura (o per parte della medesima, perché desidero essere più chiaro) combattere contro le forze multinazionali impegnate nella lotta al terrorismo non configura mai la fattispecie di terrorismo, sia dove l'ONU non abbia dato la propria autorizzazione sin dall'inizio, come in Iraq, sia dove tale autorizzazione sia stata concessa come in Afghanistan.
Di fronte a questa sentenza, avverso la quale ha presentato ricorso anche la Procura della Repubblica, il Governo non può esimersi dall'assumere precise responsabilità e, come chiedevo nella mia interpellanza, dare una sua valutazione del caso, ricordando gli impegni internazionali assunti dal nostro Paese, che sono stati evidenziati proprio in questi giorni. Il Governo dovrebbe soprattutto ricordare che esiste modo e modo di esercitare un'attività particolare nel nostro ordinamento.
Non credo infine che il nostro esecutivo possa esimersi dal definire una propria precisa posizione in riferimento all'abnormità dell'ordinanza, che ignora il contesto nazionale e quello internazionale nonché le centinaia di vittime che quotidianamente insanguinano quella terra e i rischi che l'Italia quotidianamente corre per effetto di atti, diretti o indiretti, di terrorismo. Non può esimersi dal farlo in presenza di settori della magistratura estremamente politicizzati (non mi riferisco a tutti), che molto spesso pongono davanti alle proprie sentenze valutazioni ideologiche e non quelle di merito, concernenti l'applicazione del diritto. In questo caso il Governo non può far finta di niente.
Conosco benissimo gli anomali rapporti intercorrenti tra il Governo e settori significativi della magistratura, che lo hanno condizionato e lo condizionano costantemente. Tuttavia, ritengo che, se si vuole prestare fede ad alcune affermazioni reiterate da esponenti del Governo, possano essere adottate iniziative precise in presenza di ordinanze che non solo rivestono i profili dell'abnormità, ma anche dell'assurdità politica e della destabilizzazione, tramite un invito a delinquere riaffermato in modo esplicito.
Tutto ciò si verifica in presenza di una situazione politico-istituzionale grazie alla quale ad ogni magistrato è consentito tutto e il contrario di tutto. Credo che chi governa abbia il dovere di precisare alcune linee di fondo dell'ordinamento politico-istituzionale e soprattutto il diritto di precisare i confini della legalità istituzionale e dove tale legalità sia violata per effetto di uno sconfinamento di determinati poteri dello Stato.
Sappiamo benissimo che l'organo corporativo di autogoverno della magistratura Pag. 10non sempre interviene là dove dovrebbe farlo. Molto spesso a causa di singole iniziative - che, usando un eufemismo, lasciano alquanto a desiderare presso l'opinione pubblica - si preferisce tacere in nome della presunta autonomia della magistratura.
Ci sono casi emblematici e significativi di totale assenza di interventi da parte del Consiglio superiore della magistratura. Il Governo, però, ha anche la possibilità di adottare sue iniziative, di segnalare il caso al Consiglio stesso e di inviare ispezioni in una procura della Repubblica.
Questo è proprio quello che chiedo nell'interpellanza e che ribadisco in questo momento, nonostante il lasso di tempo intercorso tra la presentazione del mio atto di sindacato ispettivo e la risposta da parte del Governo.
Tra l'altro, signor Presidente, ritengo che dobbiamo soffermarci su un altro punto: non è possibile che, stante anche la dinamica politica che caratterizza i rapporti fra Governo e opposizione, il potere di sindacato ispettivo, che compete alla minoranza, sia ridotto in termini sostanzialmente marginali, visto che le risposte alle interpellanze vengono rese con notevole ritardo rispetto ai fatti di cui esse trattano, svilendone il significato e la possibilità del presentatore di incidere su quanto in esse indicato, sulla base, peraltro, di motivazioni politiche che in quel momento sono significative e che, dopo qualche mese, perdono di attualità.
Ribadisco, comunque, che in questo caso il fatto sussiste nella sua gravità. Di fronte a queste frasi, che non escludono dalla definizione di terrorismo gli atti contro militari impegnati in un conflitto armato - tenendo presente, inoltre, che in quella realtà sono impegnati anche nostri militari - questa ordinanza è semplicemente vergognosa, così come è vergognoso l'atteggiamento del procuratore capo della Repubblica, che ha teso a sottovalutare il fatto, nonostante che dai suoi uffici sia partito un atto significativo al riguardo.
Ritengo, dunque, che il Governo debba assumersi la sua responsabilità sia in riferimento a questioni di politica internazionale e alla tutela della sicurezza dei nostri militari impegnati in Afghanistan, sia per manifestare la sua reale autonomia rispetto al settore della magistratura, che costantemente ne condiziona l'attività.
Questo è il senso della mia interpellanza, che mantiene una sua intatta attualità, nonostante il ritardo del suo svolgimento, perché tratta di un fatto emblematico, che ha coinvolto tutta l'opinione pubblica e del quale si sono occupati tutti i quotidiani e che, inoltre, fa seguito ad un precedente atto di un magistrato di Milano (come si dice, più agli onori della cronaca) altrettanto significativo, mettendo il dito sulla piaga di quello che deve essere il confine fra i poteri esecutivo, giudiziario e legislativo. In questo senso si assiste non solo ad un'invasione indebita nelle competenze del potere politico, ma anche ad un'abnorme assunzione di responsabilità politica e di motivazione politica in un atto che, invece, dovrebbe essere mantenuto solamente nella sfera giuridica. Ciò la dice lunga sul livello di politicizzazione, che caratterizza certi settori della magistratura: ritengo che su di esso debba intervenire tutta l'opinione pubblica, ma soprattutto che di esso debba farsi carico chi ha responsabilità di Governo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza in oggetto si comunica che da parte del ministro della giustizia, per il tramite dell'ispettorato generale e della direzione generale magistrati, sono stati disposti accertamenti in relazione all'emissione dell'ordinanza con cui il 27 giugno 2006 il tribunale del riesame di Bologna ha rigettato l'appello proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento del giudice per le indagini preliminari, che aveva respinto la richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere nei confronti di 18 indagati per associazione terroristica di matrice islamica.Pag. 11
All'esito degli accertamenti disposti, è risultato che l'ordinanza emessa dal tribunale della libertà di Bologna, presieduto dalla dottoressa Gobbi, è stata adeguatamente motivata attraverso un lineare percorso argomentativo, che ha condotto al giudizio di insussistenza della gravità indiziaria del reato di cui all'articolo 270-bis del codice penale, per il quale era stata chiesta la misura cautelare.
Tale percorso argomentativo si è incentrato sulla definizione generale di terrorismo desunta dalla normativa pattizia internazionale e, segnatamente, dalla Convenzione di New York, ove si stabilisce che costituisce atto di terrorismo «qualsiasi... atto destinato a cagionare la morte o lesioni personali gravi ad un civile o a qualsiasi altra persona che non partecipi direttamente alle ostilità nel corso di un conflitto armato, quando lo scopo di tale atto, per sua natura o per il contesto, sia di intimidire la popolazione o costringere un Governo o un'organizzazione internazionale a compiere od omettere un atto».
In altri termini, a giudizio del tribunale del riesame di Bologna, il soggetto passivo dell'atto terroristico, in tempo sia di pace, sia di guerra, deve essere un civile o una persona che non prenda parte al conflitto armato «escludendosi quindi i militari impegnati in azioni di combattimento, anche qualora, secondo la dottrina internazionalistica, si tratti di militari impegnati sul territorio di uno Stato diverso da quello di appartenenza».
Trattasi, tra l'altro, di normativa recepita nel diritto interno ed integrante la norma penale di diritto interno (articolo 270-sexies del codice penale), alla stregua della quale il tribunale del riesame di Bologna ha conseguentemente confermato il diniego della misura cautelare custodiale, avendo rilevato nel caso di specie la mancanza di concordanti e gravi indizi in relazione alla fondamentale circostanza che soggetti, pure accomunati dal fortissimo «cemento» della fede religiosa e di una interpretazione di essa in chiave estremistica, abbiano dato vita ad un vincolo di carattere stabile, corredato di una pur rudimentale organizzazione, con il fine di commettere atti di terrorismo nell'accezione sopra delineata.
Tanto premesso, il ministro della giustizia non ha ravvisato gli estremi per una valutazione di carattere disciplinare nei confronti della dottoressa Gobbi, presidente del tribunale del riesame, a fronte di un provvedimento giurisdizionale legittimo ed adeguatamente motivato, il cui merito non è sindacabile in sede amministrativa, ma soltanto in sede giurisdizionale mediante gli ordinari gravami.
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.
FABIO GARAGNANI. Ovviamente, mi dichiaro totalmente insoddisfatto. Peraltro mi aspettavo una risposta del genere, che conferma quanto ho ribadito nell'illustrazione della mia interpellanza, cioè la subalternità o la subordinazione del Governo, comunque e sempre ovunque, alla magistratura. Sono veramente allibito - quasi ci prendiamo in giro - dalla risposta del sottosegretario, con il quale personalmente non ho motivi di inimicizia, tant'è che non lo conosco. Mi sarei aspettato una valutazione un po' più intelligente, non la ripetizione pedissequa dei contenuti dell'ordinanza: li ho illustrati e citati anch'io, ma al Governo si chiede qualcosa di più.
Ci rendiamo conto che cosa abbia provocato o può provocare questa ordinanza? Ci rendiamo conto che in questo modo si legittima ogni tipo di azione violenta contro le forze multinazionali in Afghanistan, in cui sono presenti migliaia di nostri concittadini militari? Ci rendiamo conto che in questo modo, di fatto, si smantella la lotta al terrorismo?
In un momento in cui tra gravi tensioni al Senato si sta discutendo della missione in Afghanistan - si discuterà anche alla Camera - e si sta affrontando un problema di politica estera di intuitiva evidenza, il Governo risponde in questo modo, trincerandosi dietro formalità astruse e giuridiche. Ho ascoltato attentamente le parole contenute nella risposta, cioè «un adeguato percorso argomentativo», Pag. 12ma questo vuol dire tutto e niente. Un Governo degno del suo nome dovrebbe rispondere in modo diverso e qualificare la sua azione politica, difendendo fino in fondo le argomentazioni non giuridiche, ma politiche di quel magistrato - anche questa è un'aberrazione - oppure dissentendo ed adottando gli indispensabili provvedimenti disciplinari.
Infatti, affrontare questo problema come ha fatto testé il Governo significa lavarsene le mani! È un atteggiamento non «ponziopilatesco», ma al limite del suicidio politico! I rischi evidenti sottesi a questa sentenza sono noti a tutti, sono emblematici, proprio perché sono forieri di interpretazioni e di avvenimenti che, sicuramente, possono causare la morte di decine e decine di persone!
Dunque, credo che entri in campo il problema di una nuova definizione dell'autonomia della magistratura, di un comportamento della medesima che si ispiri a criteri definiti e all'interpretazione del diritto, non all'ideologia che supera il diritto medesimo e prescinde da esso, come in questo caso!
Devono entrare in campo altri criteri sulla responsabilità dell'esecutivo e non, invece, quelli che obbediscono semplicemente a logiche che esulano da valutazioni giuridiche in presenza di fatti significativi! Infatti, non è che, in questo caso, ci siamo trovati di fronte a supposizioni! Con riferimento a questi diciotto terroristi, è stata la stessa procura della Repubblica che ha individuato le loro responsabilità ed elementi che configurano reati gravissimi, che possono essere ricondotti al terrorismo o alla legittimazione del terrorismo!
Di fronte a questo, credo che non possiamo esimerci dal dare una valutazione, in primo luogo politica e morale, in secondo luogo, giuridico-istituzionale. Ed il Governo, che ha il compito di governare, deve assumere questo atteggiamento, in presenza tra l'altro di un comportamento strano ed ambiguo (e con questo mi avvio alla conclusione) del procuratore capo della Repubblica di Bologna, il cui sostituto aveva chiesto gli arresti di questi 18 terroristi. Sarà un caso, ma il procuratore capo, che è legittimamente iscritto a Magistratura Democratica e che si è distinto nei mesi passati (ho avuto vari motivi di scontro) nel prendere posizione contro la politica del Governo, nell'intervenire nel dibattito politico in modo pesante, anche a proposito dei vari referendum e così via, ha ritenuto di soprassedere, difendendo l'operato del giudice e non prendendo le difese del suo sostituto! Siamo di fronte anche a quest'anomalia.
Confermo la mia totale insoddisfazione, proprio perché sono convinto che questo fatto, al di là dell'episodio circoscritto alla realtà bolognese, configuri una responsabilità non solo di quel magistrato, ma soprattutto del Governo che, anche in questo caso, evita di assumere le proprie responsabilità. E Dio voglia che io non abbia ragione nel temere determinate conseguenze negative per effetto di un'ordinanza come questa che, ovviamente, lascia interpretare tutto ed il contrario di tutto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
(Modalità di pagamento dei consulenti tecnici degli uffici giudiziari - n. 3-00243)
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere all'interrogazione Zanetta n. 3-00243 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazione sezione 3).
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta all'interrogazione in oggetto, si comunica che con l'articolo 21 del decreto-legge n. 223 del 2006, convertito, con modificazioni, nella legge n. 248 del 2006, sono state introdotte nuove modalità di pagamento delle spese di giustizia, secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato, in luogo del sistema basato sulle anticipazioni da parte degli uffici postali.Pag. 13
Il sistema delle anticipazioni postali, per espressa previsione del legislatore, resta in vigore solamente per le spese relative ad atti di notifiche nei procedimenti penali e per gli atti di notifiche e di espropriazione forzata nei procedimenti civili quando i relativi oneri sono a carico dell'erario.
Per le anzidette spese, quindi, gli uffici NEP e gli uffici del giudice di pace, relativamente all'attività di notifica svolta dai messi, possono continuare ad avvalersi dell'anticipazione postale, traendo il minor numero di modelli di pagamento, in modo da contenerne i relativi costi.
Tutte le altre spese di giustizia devono essere pagate mediante emissioni di ordini di pagamento a valere sulle aperture di credito disposte in favore dei funzionari delegati.
In seguito all'entrata in vigore delle nuove modalità di pagamento, in data 12, 28 luglio e 13 dicembre 2006, sono state impartite le istruzioni per consentire la corresponsione delle indennità spettanti ai magistrati onorari e della generalità delle spese di giustizia.
Ad ogni buon conto, si comunicano di seguito i provvedimenti che sono stati sino ad ora adottati, ai fini della razionalizzazione dei pagamenti delle spese di giustizia.
Per quanto riguarda i compensi spettanti alla magistratura onoraria, sono in corso di definizione le procedure di spesa che consentiranno di retribuire i giudici di pace, i giudici onorari di tribunale, i giudici onorari aggregati e i vice procuratori onorari, attraverso ruoli di spesa fissi amministrati dal Ministero dell'economia e delle finanze, le cui modalità verranno rese note non appena saranno ultimate le operazioni di impianto dell'anagrafica dei magistrati onorari in servizio.
Ad ogni modo, le competenze maturate nell'esercizio 2006 dovranno essere comunque corrisposte tramite i funzionari delegati che fino ad ora hanno eseguito i detti pagamenti.
I compensi spettanti ai giudici popolari e agli esperti dei tribunali e delle sezioni di corte d'appello per i minorenni, nonché agli esperti dei tribunali di sorveglianza, trovando imputazione tra la generalità delle spese di giustizia, dovranno essere pagati secondo le modalità previste per i pagamenti afferenti il capitolo 1360.
Per il pagamento della generalità delle spese di giustizia, la competente direzione generale di questo Ministero, con provvedimento in data 17 novembre 2006, pubblicato sul Bollettino Ufficiale n. 1 del 15 gennaio 2007, ha ritenuto opportuno individuare ulteriori funzionari delegati presso taluni distretti e, più specificatamente, presso i seguenti tribunali e le corrispondenti procure della Repubblica: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Genova, Lecce, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino e Venezia.
I funzionari delegati sono stati individuati, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, nel dirigente del tribunale e nel dirigente della procura della Repubblica a favore dei quali, a partire dall'esercizio finanziario 2007, verranno disposte le aperture di credito per provvedere ai pagamenti delle spese di giustizia secondo le ordinarie procedure stabilite dalla vigente normativa di contabilità generale dello Stato.
Inoltre, dall'esercizio finanziario 2007, i funzionari delegati nominati con il citato provvedimento eseguiranno i pagamenti delle spese di giustizia del proprio ufficio, delle sezioni distaccate del tribunale e dei giudici di pace compresi nel circondario mediante l'emissione di ordini di pagamento a valere sulle aperture di credito che verranno disposte da questa amministrazione.
I funzionari delegati già nominati presso le corti di appello e le procure generali provvederanno, invece, al pagamento delle spese di giustizia per tutti gli altri uffici del distretto e continueranno ad eseguire le operazioni di rimborso delle somme fin qui anticipate dagli uffici postali, nonché di quelle che verranno anticipate, ex articolo 21 del decreto-legge n. 223 del 2006.
Gli uffici di corte di appello e di procura generale nel cui distretto sono stati nominati i nuovi funzionari delegati sono invitati a fornire ai nuovi uffici Pag. 14interessati al pagamento delle spese di giustizia l'ausilio necessario allo svolgimento dei relativi adempimenti contabili.
Ai fini della programmazione e dell'emissione delle aperture di credito, gli uffici di corte di appello e di procura generale avranno cura di comunicare il fabbisogno dei fondi in relazione alle esigenze degli uffici del distretto. Nei distretti in cui sono stati nominati i funzionari delegati circondariali gli uffici distrettuali provvederanno, altresì, a comunicare l'ammontare del fabbisogno formulato dagli uffici di tribunale e di procura, in modo da coordinare le emissioni delle aperture di credito, tenendo conto delle esigenze degli uffici dell'intero distretto.
È opportuno sottolineare che con il nuovo sistema di pagamento è ormai prevista una stretta correlazione tra le somme stanziate in bilancio e i pagamenti da eseguirsi, al fine di evitare che presso taluni distretti possano essere assegnate risorse eccedenti rispetto all'effettivo fabbisogno.
Per quanto riguarda le liquidazioni da effettuarsi nei confronti di professionisti chiamati a collaborare dal magistrato per fini di giustizia, è da premettere che il decreto del Presidente della Repubblica n.115 del 2002 non prevede alcun diritto dei soggetti in questione a vantare anticipi per le spese inerenti lo svolgimento dell'incarico conferito dall'autorità giudiziaria. Sul punto si rileva poi che detti soggetti dovrebbero ottenere il pagamento entro sessanta giorni, al pari degli altri creditori dello Stato e che, al momento, per ragioni organizzative, non sempre è possibile rispettare il termine previsto.
PRESIDENTE. L'onorevole Zanetta ha facoltà di replicare.
VALTER ZANETTA. Signor Presidente, rispondo anche a nome del collega Cesare Campa, che ha sottoscritto l'interrogazione. Signor sottosegretario, non sono soddisfatto della risposta, perché da quanto lei ha detto e dalla spiegazione da lei data, il sistema che è stato messo a punto per corrispondere queste spese di giustizia appare sempre più farraginoso. Quando in quest'aula il decreto Bersani fu approvato, da più parti venne sollevato questo problema, riferito poi all'articolo 21 che lei ha citato. Non credo sia stata una scelta giusta aver previsto nuove modalità per liquidare le spese di giustizia
È paradossale che il problema - io ritenevo fosse proprio questo - non sia la mancanza di risorse, ma dipenda dal metodo con il quale si effettuano questi pagamenti, metodo che comporta disfunzioni e ritardi (tutto ciò dovrebbe risultare anche a lei, signor sottosegretario).
Non mi sembra che la situazione si sia modificata in meglio da quando ho presentato questa interrogazione, sollecitatami da più parti, anche in seguito ad interventi effettuati dagli uffici.
Esprimo ancora insoddisfazione per la sua risposta e la invito, insieme al ministro, a rivolgere attenzione a questo problema, perché ritengo che, tra le tante disfunzioni esistenti, questa sia davvero seria. Chi svolge un lavoro di rilievo deve ricevere la giusta remunerazione. La invito pertanto a porre attenzione a questo problema, da me sollevato insieme al collega Campa.
(Iniziative per un'ispezione presso la facoltà di medicina e chirurgia di Bologna - n. 2-00076)
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00076 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazione sezione 4).
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, questa interpellanza, presentata alla fine di luglio, e oggi resa attuale da alcuni fatti gravissimi accaduti alla facoltà di medicina e chirurgia di Bologna, fa riferimento ad un'inchiesta aperta dalla procura della Repubblica che vede coinvolti, tra gli altri, il capo del dipartimento di medicina interna e gastroenterologia del policlinico Sant'Orsola di Bologna per fatti particolarmente gravi, concernenti la sperimentazione di farmaci, i rapporti tra medici e industrie farmaceutiche, le donazioni effettuate Pag. 15da queste ultime ad associazioni di ricerca, la distrazione di danaro pubblico da parte dei medici per esigenze personali, nonché concorsi truccati.
Soltanto il primo aspetto, già di per sé, è eclatante. In merito al secondo aspetto, relativo ai concorsi truccati, credo sia opportuno riflettere sul fatto - e la stampa ne ha dato ampiamente notizia - che tali concorsi fossero anche condizionati dall'esterno. Stiamo parlando non soltanto dei concorsi relativi alla facoltà di medicina di Bologna, ma anche di altri concorsi che si sono svolti in altre città italiane. Sembra che vi fosse una sorta di «cupola», che predeterminava la vittoria di concorsi relativi a determinate discipline delle facoltà di medicina e di chirurgia.
Su tutta questa vicenda la procura della Repubblica ha aperto un voluminoso dossier e si sta ancora indagando. Alla luce di ciò - mi riserverò poi di definire alcuni dettagli precisi - risulta incomprensibile al sottoscritto l'atteggiamento dell'università, la quale non ha voluto attivare una seria indagine interna ed una sospensione cautelare delle rispettive responsabilità dirigenziali di determinati dirigenti coinvolti.
Risulta incomprensibile al sottoscritto, per esempio, l'atteggiamento adottato a suo tempo dal rettore dell'università di Bologna, il quale ha preferito criticare il ministro invece di attivare una seria indagini interna ed una sospensione cautelare. A tutto ciò, si deve aggiungere il fatto che, nonostante indagini gravissime, indirizzate verso alcuni dirigenti della facoltà di medicina e chirurgia e responsabili di settore, ora la direzione del dipartimento malattie, apparato digerente-medicina interna è stata affidata ad un professore - evito di fare nomi in aula ma è stato citato abbondantemente - che è responsabile di questo settore nonostante il suddetto sia attualmente inquisito per lo scandalo delle cattedre di medicina interna (scandalo che è stato evidenziato in tutta Italia relativo ai concorsi truccati nei quali, previamente, erano già conosciuti i vincitori).
A parte ovvie considerazioni, sul silenzio della preside di facoltà, che dice non sapere nulla, e dell'assessore regionale alla sanità, al quale pure compete un compito di controllo, e senza entrare nel merito della responsabilità del professore suddetto - sulla quale la magistratura sta indagando -, rimane il fatto che la correttezza istituzionale, il rispetto dell'opinione pubblica e, soprattutto, della legge violata (si tratta di una vera e propria truffa che dovrà essere provata anche se, indubbiamente, esistono parecchi elementi che rendono problematico l'affidamento dell'incarico a quel docente, come, fra l'altro, è stato ammesso dal diretto interessato) avrebbero imposto di soprassedere a tale nomina che ha creato sconcerto nell'opinione pubblica e nell'ambiente universitario.
Io chiedo al Governo (e per sua vece al ministro, posto che già citai questi fatti all'attuale ministro dell'università e della ricerca) che, di fronte a questa situazione di caos, di concorsi truccati, di consulenze non chiare, soprattutto di regali erogati da aziende farmaceutiche, e di distrazione di denaro pubblico, non solo sia attivata un'ispezione da parte del Ministero dell'università e della ricerca ma anche di costituirsi - atto analogo già compiuto nei confronti dell'università di Bari - parte civile per la tutela dell'ateneo di Bologna (ricordo che in occasione di un'audizione in Commissione, il ministro Mussi dichiarò che in presenza di fatti gravi non avrebbe esitato a costituirsi parte civile).
Aggiungo - è una notizia di questi giorni - che l'università di Bologna - in particolare, la facoltà di medicina e chirurgia - è stata, per l'ennesima volta, coinvolta in fatti che potrebbero essere attribuiti alla malavita o alla criminalità comune, ma non all'università. Un docente della medesima università ha denunciato - mi riferisco al direttore della prima clinica oculistica - di vivere sotto scorta da almeno un paio di settimane avendo ricevuto minacce di morte. L'inchiesta sta indagando su queste minacce e sul possibile legame delle medesime con un concorso per un posto di professore associato. È coinvolto in questa vicenda il direttore del dipartimento discipline chirurgiche, rianimatorie e trapianti, il quale nega, Pag. 16sdegnato - giustamente - le accuse mosse dal professore minacciato, affermando di non essere stato lui il mandante o l'artefice di simili minacce di morte.
Tuttavia, siamo arrivati a questo punto! La facoltà di medicina e chirurgia di Bologna, fiore all'occhiello della medicina italiana nella quale si caratterizzavano negli anni passati diversi medici e diverse specialità come punto d'eccellenza della medicina e della chirurgia, oggi è ridotta ad una situazione estremamente grave, direi al limite della delinquenza comune.
Gli ultimi fatti, accaduti non più tardi di una settimana fa, lo dimostrano e definiscono una turbativa, una vera e propria distorsione della legge nell'attribuzione delle cattedre, nella definizione del potere di ogni clinico universitario e del ruolo degli associati e degli assistenti.
Ora, di fronte a tutto questo, nell'assoluta mancanza di un ruolo dirigenziale del preside della facoltà, faccio presente - questo è per l'appunto l'oggetto dell'interpellanza - che, nell'ottobre del 2005, era emersa l'ipotesi di concorsi a cattedra truccati e di nomine pilotate nell'ambito di gastroenterologia a Bologna. Tutt'ora s'indaga su cinque concorsi in varie città, con trenta indagati nel filone dei concorsi ed altri trenta per presunte distrazioni di fondi per la ricerca e per la sponsorizzazione di farmaci.
Di fronte a questo panorama, che non è degno di un'università e soprattutto della facoltà di cui stiamo parlando, credo s'imponga un intervento drastico del Governo, nell'ambito delle sue competenze, non solo con un'ispezione chiara e precisa. Tenuto conto della sottovalutazione di questo fatto, considerato altresì che il rettore ed il preside della facoltà, nonché l'assessore regionale mancano nel loro ruolo istituzionale, occorre intervenire anche per ripristinare la legalità.
Quando si evince anche dalle interviste dei vari clinici e dei vari docenti che tutto è predeterminato, che diversi responsabili delle varie cattedre, delle varie cliniche, sono già stati decisi a parte; quando esiste di fatto una «cupola» che stabilisce a priori chi si dovrà occupare di quella o quell'altra cattedra per i più svariati motivi, allora si è in presenza di un panorama che non sfugge all'ipotesi, per quanto negativa, di favoreggiamento. Qui siamo in presenza di reati veri e propri, peraltro reiterati e che configurano un quadro malavitoso sul quale occorre prendere posizione.
Io sono stato incerto nel presentare questa interpellanza come bolognese, perché mi rendevo conto che di fronte al marcio che emerge rischiamo di accentuare il malessere diffuso nella mia città e nella mia regione. Tuttavia, proprio di fronte al marcio che emerge dai fatti degli ultimi giorni, cioè che due docenti universitari a Bologna, città faro e lume di determinate discipline, si accusano a vicenda di essere uno mandante di minacce di morte dell'altro per un problema di concorsi a cattedre, ebbene, lascio al Governo la risposta su come agire.
Questa situazione - lo ripeto - non è quella riportata dall'onorevole Garagnani-interpellante, ma si delinea dalle cronache giornalistiche, dagli atti della procura della Repubblica, o dalla la situazione quotidiana di disagio vero e proprio dei docenti e dei clinici che sono professionalmente molto corretti.
Di fronte a tale quadro, per riportare la legalità e dare adeguato riconoscimento a chi giornalmente lavora all'interno della facoltà di medicina e chirurgia di Bologna con competenza e professionalità, occorre un intervento risolutivo del Governo che si faccia carico della situazione. Dunque, oltre l'ispezione, ritengo che sia più che mai indispensabile da parte del ministro Mussi costituirsi parte civile. Infatti, siamo in presenza di tutti i presupposti per compiere tale atto, sicuramente grave, ma necessario.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il ministero ha immediatamente chiesto notizie circostanziate al rettore dell'ateneo di Pag. 17Bologna. Quest'ultimo ha riferito di aver appreso delle indagini riguardanti la facoltà di medicina e chirurgia da notizie di stampa, in maniera informale. Per tale motivo non è stato informato il rettore, a sensi dell'articolo 129 delle disposizioni d'attuazione del codice di procedura penale, sull'esercizio dell'azione penale nei confronti di dipendenti e dunque non esistevano - ad avviso del rettore - motivi di opportunità o di legittimità per avviare indagini interne.
Di conseguenza, il ministro, sulla base di quanto riportato dal rettore, ritiene di non avere elementi per disporre una ispezione presso l'Università di Bologna, non avendo avuto comunicazione per le vie istituzionali in merito al coinvolgimento in indagini giudiziarie di strutture e dipendenti dell'ateneo. Quando saranno note le imputazioni e sarà possibile individuare i soggetti ai quali sono riferibili, il ministro potrà adottare gli opportuni provvedimenti di competenza.
Quanto, infine, alla sollecitazione alla costituzione di parte civile, si rammenta che tale possibilità non sussiste nella fase delle indagini ma soltanto dopo che sia stata esercitata l'azione penale e l'azione penale è esercitata con la richiesta di rinvio a giudizio; sicché, non ricorrono i presupposti giuridici per effettuarla.
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, sono totalmente insoddisfatto della risposta. Non soltanto è intervenuta la magistratura ma anche alcuni quotidiani vi hanno dedicato numerosi titoli. Ne cito alcuni: «Corruzione: inchiesta al Sant'Orsola, indagati il professor Corrinaldesi e dieci gastroenterologi. Utilizzavano fondi a fini personali»; «Sant'Orsola: indagati quaranta medici. L'inchiesta ora punta sui concorsi truccati a gastroenterologia. Nel registro sono iscritti anche i titolari delle agenzie di viaggi. I nuovi sviluppi in seguito ad alcune intercettazioni»; «Il direttore sanitario: più trasparenza con le aziende»; «Sant'Orsola: tutte le accuse del pubblico ministero. Coinvolte cinque case farmaceutiche. Nel mirino donazioni e congressi»; «Forse l'Università sta pagando certe posizioni anti-ministero. Il preside: rifarei tutto ciò che ho fatto ma dei concorsi non so nulla»; «È normale che il team sostenga e appoggi un collega capace»; «Io, il grande burattinaio? Non so nemmeno perché è saltato fuori il mio nome»; «Il preside: non ho mai esaminato i candidati»; «Un professore che chiama e coinvolge un sottosegretario di Stato»; «Il preside di facoltà: cari colleghi, ho pensato alle dimissioni»; «Concorsi in sanità: due big dal pubblico ministero. Le anomalie derivano però dalla legge».
A tutto ciò si aggiunga l'ultima vicenda, quella dei bossoli recapitati e delle minacce di morte indirizzate ad un cattedratico, il direttore della I clinica oculistica, proprio per un problema riguardante un concorso per posti di professore associato.
Di fronte a questi fatti, signor sottosegretario, credo ci siano molti elementi per avviare un'indagine da parte del Ministero, che deve farsi carico di un problema di una gravità estrema. La sua risposta mi lascia totalmente insoddisfatto e credo che, più del sottoscritto, l'opinione pubblica possa giudicare l'operato del Governo. Se sceglie la politica del silenzio di fronte a questi fatti, questo Governo merita di andarsene a casa!
(Iniziative normative in materia di conflitti di interesse in capo a componenti di autorità indipendenti - n. 2-00232)
PRESIDENTE. L'onorevole Barbieri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00232 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazione sezione 5).
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, rinuncio ad illustrarla.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le comunicazioni, Luigi Vimercati, ha facoltà di rispondere.
Pag. 18
LUIGI VIMERCATI, Sottosegretario di Stato per le comunicazioni. Signor Presidente, in proposito non può non rilevarsi che le situazioni evidenziate nell'atto parlamentare in esame, riferite al presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e ad altri componenti dello stesso organo, sembrano non determinare alcuna incompatibilità né conflitto di interesse in relazione al dettato dell'articolo 2 della legge 14 novembre 1995, n. 481.
Il comportamento dei componenti citati appare, infatti, in linea con il regime di incompatibilità ivi previsto (divieto di esercitare alcuna attività professionale o di consulenza, di ricoprire alcun ufficio pubblico o di avere interessi diretti o indiretti in imprese operanti nel settore di competenza all'Autorità medesima), peraltro richiamato dalla legge 31 luglio 1997, n. 249, istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
In particolare la predetta Autorità, interessata al riguardo, ha precisato che il presidente, dottor Corrado Calabrò, ha pubblicato, a partire dal 1960, numerosi libri di poesia con vari editori, di cui 10 stranieri: tale attività non sembra interferire con i compiti di garanzia che egli svolge nel suo attuale incarico.
Le stesse considerazioni valgono per il suo romanzo Ricorda di dimenticarla (pubblicato, nella sua prima edizione nel 1999 con l'editore Newton & Compton e finalista quell'anno al premio Strega), al quale si è liberamente ispirato il film Il mercante di pietre. La collaborazione del dottor Calabrò alla sceneggiatura di tale film si è svolta ed esaurita negli anni 2003 e 2004 - anteriormente non solo alla nomina, ma alla stessa designazione del dottor Calabrò alla presidenza dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni - ed è intercorsa esclusivamente con Renzo Martinelli, produttore, sceneggiatore e regista del film. Nessun compenso è venuto o verrà al dottor Calabrò dall'utilizzazione del film nel circuito cinematografico, in TV, in videocassette, in DVD o in qualsiasi altro modo.
La correttezza del comportamento del dottor Calabrò - sul piano etico, oltre che su quello strettamente giuridico - è stata confermata dal Comitato etico funzionante presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (composto da due presidenti emeriti della Corte costituzionale e da un alto magistrato amministrativo) nonché dal Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa.
Non figura, altresì, un'ipotesi di contrasto con la norma richiamata dagli onorevoli interpellanti il fatto che uno dei figli - che ha quasi quarant'anni - del dottor Sebastiano Sortino, nel quadro della sua autonoma attività professionale, sia amministratore di un'azienda che ha stipulato un contratto con la RAI per la diffusione e la valorizzazione di contenuti digitali.
Analoghe considerazioni valgono per il dottor Roberto Napoli, la cui figlia ha stipulato un contratto di lavoro giornalistico a tempo determinato con Sky a seguito di un processo selettivo per giovani giornalisti attivato dalla stessa società per potenziare i propri organici redazionali.
Quanto alla richiesta di «promuovere iniziative normative volte a scongiurare che si verifichino eventuali sopravvenuti conflitti di interesse», va sottolineato che la normativa vigente in materia di Autorità indipendenti di garanzia, risulta essere la più rigorosa tra quelle esistenti nei vari Stati del mondo e, in particolare, in Europa.
Lo stesso articolo 2 della legge n. 481 del 1995, infatti, stabilisce che i componenti delle Autorità italiane, anche dopo la cessazione dell'incarico e per ben quattro anni, «non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore di competenza», facendo ritenere non opportuno un ulteriore aggravamento della già rilevante severità delle ricordate disposizioni.
PRESIDENTE. L'onorevole Barbieri ha facoltà di replicare.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, uno dei motivi per cui ho rinunciato ad illustrare la mia interpellanza è costituito dal fatto che avrei voluto porre domande non aggiuntive, ma pertinenti al testo. Tuttavia, avendo visto che il sottosegretario Pag. 19ha letto una risposta scritta, ritengo che comunque non mi avrebbe risposto.
Allora, ripropongo la questione in termini seri al Governo, affinché vi rifletta. La risposta del rappresentante del Governo afferma che i tre casi segnalati non prefigurano conflitto di interessi. Sottosegretario Vimercati, mentre la ascoltavo riflettevo su un dato, cioè che nel nostro paese l'unico che ha un qualche problema di interessi, a vostro giudizio, è l'onorevole Berlusconi dato che, secondo voi, non esiste mai alcun tipo di conflitto di interesse se non quello che riguarda il presidente di Forza Italia. Lo affermo io che non appartengo a questo gruppo.
Lei, sottosegretario, nella risposta ha svolto un esercizio di equilibrismo incredibile, affermando che nel caso del dottor Sortino non si ravvisa alcun tipo di conflitto di interesse. Poi ha citato ripetutamente l'articolo 2 della legge n. 481 del 1995. Le segnalo che tale articolo, onorevole Vimercati, considera gli interessi «diretti» o «indiretti». Vorrei che mi spiegasse, anche in privato, terminata la mia replica, cosa il Governo pensa di questi aggettivi. Se non è un interesse indiretto il fatto di avere un figlio che lavora in un rapporto con la RAI, in cosa consistono gli interessi indiretti?
Prendo atto, non posso fare altro, della risposta fornita dal Governo. È una risposta che mi interessa molto perché rimarrà nel resoconto della seduta, in modo tale da costituire un precedente, molto interessante anche alla luce, onorevole Vimercati, di talune situazioni che il Governo sta mettendo in piedi nel settore televisivo.
Comunque, pur registrandola, è una risposta che dimostra debolezza, soprattutto perché non ha affatto spiegato, a me (non dico ai colleghi perché non è presente nessuno in aula) cosa il Governo intenda per «interessi indiretti».
(Utilizzo della strada forestale nel comune di Monte Tramontana per il trasporto del marmo - n. 2-00067)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00067 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazione sezione 6).
MARCO BOATO. Signor Presidente, debbo fare una correzione, ovviamente non diretta a lei, ma al contesto. Non si tratta del comune di Monte Tramontana, poco fa citato, essendo questo il comune catastale (vi è stato un errore nella trascrizione dell'interpellanza dal testo originario da me presentato), ma il comune è quello di Silandro, sempre situato in Val Venosta.
L'interpellanza che ho presentato insieme alla collega Francescato riguarda un problema puntuale (questa è d'altronde la caratteristica degli strumenti di sindacato ispettivo), ma inserito in una questione più generale (non a caso si tratta di un'interpellanza e non di un'interrogazione) perché riguarda la tutela di un ambiente naturale inserito nel Parco nazionale dello Stelvio, che quindi ha un rilievo di carattere nazionale, oltre a sollevare la questione che poniamo relativa a problemi di competenza delle autorità locali (i comuni interessati, in particolare il comune di Silandro) e della provincia autonoma di Bolzano. Proprio per questo motivo nel rivolgere le domande al Governo abbiamo fatto riferimento al rapporto con la provincia autonoma di Bolzano. Non vi è da parte nostra alcuna volontà di ledere, nel rapporto tra Parlamento e Governo, le competenze degli enti locali e della provincia autonoma di Bolzano, ma intendiamo porre un problema che, riguardando una zona compresa nel Parco nazionale dello Stelvio, investe anche responsabilità di carattere nazionale.
Si tratta dello sfruttamento delle cave di marmo di Covelano, in Val Venosta, nell'ambito del comune di Silandro e del comune catastale di Monte Tramontana, in una zona compresa nel Parco nazionale dello Stelvio.
In passato, quando queste cave di marmo erano sfruttate dalla Lasa marmo Spa, veniva utilizzata per il trasporto del marmo la tradizionale funicolare esistente nella zona limitrofa. Successivamente, anche dopo una serie di ricorsi alla giustizia Pag. 20amministrativa, l'autorizzazione allo sfruttamento di queste cave di marmo è stata attribuita ad un'altra azienda, la Tiroler Marmorwerke Srl di Laces, la quale ha ottenuto l'autorizzazione da parte della provincia di Bolzano alla coltivazione della Cava di marmo di Covelano. Fin qui nulla quaestio da parte nostra. Il problema si è aperto quando, al posto dell'utilizzo del tradizionale strumento funicolare, si è data l'autorizzazione, da parte del Consorzio del Parco nazionale dello Stelvio, sia pure per uso provvisorio - ma purtroppo in Italia, e anche il Sudtirolo è Italia, a volte rischia di non esserci nulla di più definitivo del provvisorio! -, della strada forestale del comune catastale di Monte Tramontana, appunto per il trasporto dei blocchi di marmo dalla Cava di Covelano fino a valle.
Nell'atto di autorizzazione per l'uso provvisorio della strada forestale del comune di Monte Tramontana, finalizzato come ho detto al trasporto dei blocchi di marmo, è espressamente indicato nelle premesse che tale sistema di trasporto ha carattere provvisorio sino all'individuazione di una diversa soluzione comune, cioè realizzata in comune dalle cave di Silandro e di Lasa, che è l'altro comune dove insistono altre due cave di marmo. Si tratta di una soluzione che prevede il potenziamento delle infrastrutture sinora utilizzate, cioè la teleferica o la costruzione di una nuova funivia.
Nonostante l'autorizzazione, come ho detto, sia stata concessa a titolo provvisorio alla Tiroler Marmorwerke Srl, la stessa azienda ha già fatto richiesta per poter continuare il trasporto su strada, non tenendo conto che tra le finalità del Parco nazionale dello Stelvio vi sono la protezione della natura - direi che queste sono le finalità prioritarie - e la tutela del paesaggio e che quindi, in contrasto con questo, il transito su strada di mezzi pesanti adibiti al trasporto del marmo causa sistematicamente un inquinamento da polvere e un danno all'ambiente circostante.
Pertanto, la collega Francescato ed io abbiamo presentato la presente interpellanza, affinché da parte del Governo nazionale, certo in rapporto con la provincia autonoma di Bolzano, ci sia una sollecitazione a non concedere proroghe a questo uso cosiddetto provvisorio della strada forestale e a porre invece le condizioni perché o la funicolare modernizzata o, come diceva l'autorizzazione all'uso provvisorio, una nuova funivia, possano essere utilizzate magari in comune tra le tre ditte escavatrici - quella di cui stiamo parlando e le altre due che operano nelle cave di marmo che insistono nel territorio limitrofo -, in modo da evitare che una situazione temporanea possa diventare col tempo definitiva, creando un grave danno ad un ambiente così prezioso, come quello compreso nel Parco nazionale dello Stelvio.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Gianni Piatti, ha facoltà di rispondere.
GIANNI PIATTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. In relazione a quanto indicato nell'interpellanza n. 2-00067, il cui contenuto è stato richiamato poc'anzi dall'onorevole Boato, riguardante l'uso provvisorio della strada forestale di Monte Tramontana nel comune di Silandro, in provincia di Bolzano, per il trasporto a valle dei blocchi di marmo dalla Cava di Covelano nella Val Venosta e la richiesta della soluzione del problema sul trasporto dei materiali di cava attraverso la costruzione di una nuova funivia, si fa presente quanto segue.
Innanzitutto, è utile premettere che per gli impianti di trasporto di cui trattasi, come ricordava l'onorevole Boato, secondo il disposto dell'articolo 1, capo III, articolo 8, n. 18 del Testo unificato delle leggi sullo statuto speciale del Trentino Alto Adige, la competenza in materia di impianti di trasporto a fune (funivie e teleferiche), comprensiva della regolazione tecnica e dell'esercizio, nonché della relativa vigilanza, è della provincia autonoma di Bolzano.
Attualmente, la coltivazione del marmo di Lasa avviene nella cava Acqua bianca, Pag. 21nel comune di Lasa, per la quale la Lasa Marmo Spa è in possesso di autorizzazione fino al 30 settembre 2009.
La cava Jennwand della Lechner Marmor, invece, non è attiva, nonostante abbia un'autorizzazione valida fino al 12 febbraio 2011. Negli anni passati sono stati effettuati lavori di ricerca per verificare la qualità di marmo.
La cava di Covelano nel comune di Silandro, invece, è stata riaperta nel 2005 dalla Tiroler Marmorwerke in base al contratto stipulato con il comune di Silandro per trent'anni. La relativa autorizzazione provinciale è stata rilasciata fino al 2012.
Il trasporto del marmo dalla cava Acqua bianca verso valle avviene tramite l'impianto di trasporto privato della Lasa Marmo costituito da teleferica, ferrovia a scartamento ridotto e piano inclinato.
Quando la ditta Lechner Marmor ha fatto domanda di coltivazione del marmo, l'amministrazione provinciale ha prescritto che anche il materiale proveniente dalla cava Jennwand doveva essere trasportato con detto impianto privato (a piano inclinato). Considerato che la Lechner Marmor e la Lasa Marmo fino a questo momento non hanno preso alcun accordo per quanto riguarda l'uso comune del piano inclinato, la cava Jennwand non viene sfruttata.
Visto che la cava di Covelano fino all'anno 2000 è stata coltivata dalla Lasa Marmo, anche il materiale ivi estratto veniva trasportato a valle con il loro impianto di trasporto. Con il subentro della Tiroler Marmorwerke il trasporto del marmo avviene attraverso una strada forestale appositamente allungata fino alla cava di Covelano.
Per quanto esposto, da diversi anni i comuni di Lasa e Silandro, il parco nazionale dello Stelvio e la provincia autonoma di Bolzano, coinvolti nella problematica della coltivazione delle cave marmifere di Covelano, sono impegnati nella soluzione del problema del trasporto del marmo dalle cave al fondovalle.
La soluzione si è rivelata particolarmente difficile e, non essendo attualmente disponibile per il concessionario Tiroler Marmorwerke una possibilità di trasporto alternativo all'uso della strada forestale di Monte Tramontana, anche in considerazione del fatto che il comune di Silandro e il comune di Lasa, a seguito del rilascio della relativa concessione, devono garantire la possibilità di coltivazione della cava, con conseguente trasporto dei blocchi di marmo estratti a fondo valle, è stata rilasciata da parte del consorzio del parco nazionale dello Stelvio, al comune di Silandro, come ente pubblico, e non a favore della società Tiroler Marmorwerke, gestore della cava di marmo, l'autorizzazione per il transito provvisorio della suddetta strada forestale. Detta autorizzazione è stata rilasciata, con la validità di tre anni, il 2 marzo 2005 e contiene prescrizioni particolarmente precise e vincolanti, come, ad esempio: la quantità annua di trasporto, il periodo di trasporto, il numero massimo di trasporti giornalieri (massimo fino a quattro).
A garanzia del rispetto delle prescrizioni rese, è stato chiesto il deposito per una fideiussione bancaria per l'importo di euro 250 mila a favore del Consorzio del parco nazionale dello Stelvio.
L'autorizzazione potrà essere prorogata a seguito di motivata richiesta, si riterrà automaticamente revocata in caso di abusi o inosservanze e vigerà sino all'individuazione di una soluzione alternativa all'utilizzo della strada forestale citata.
Attualmente, si stanno valutando tre possibili alternative: provvedere al potenziamento dell'infrastruttura attuale utilizzata, che è di proprietà della Lasa Marmo Spa per poter trasportare il materiale proveniente da tutte e tre le cave esistenti sul territorio; rendere camionabile (è la seconda opzione) la strada esistente attraverso la frazione di Tarnello e, per non escludere la cava Jennwand, creare un collegamento con questa strada e prevedere un collegamento sotterraneo con la cava Acqua bianca; la costruzione di una nuova teleferica in posizione strategica per poter essere utilizzata da tutti i cavatori.Pag. 22
A tale proposito, occorre fare presente che manca un accordo tra i due comuni interessati che dovrebbero gestire l'impianto.
Competerà, invece, all'amministrazione provinciale esaminare la possibilità di concedere un eventuale contributo di investimenti.
Infine, si fa presente che non risulta pervenuta all'ente parco la richiesta di proroga da parte della società Tiroler Marmorwerke Srl per l'uso della più volte citata strada forestale per il trasporto dei blocchi di marmo.
Comunque, credo anche in sintonia con le sollecitazioni degli interroganti, sarà cura del Ministero che rappresento seguire attentamente la vicenda, anche per le implicazioni e le responsabilità nazionali relative al parco nazionale dello Stelvio, in modo che, nelle scelte da operare da parte dei soggetti competenti, venga privilegiata la strada sull'utilizzo del trasporto su fune, anziché su gomma, in modo da raggiungere una maggiore salvaguardia dell'ambiente.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo per la dettagliata risposta che ha fornito, immagino ovviamente, come sempre accade in questi casi, anche sulla scorta di informazioni che, doverosamente, il Ministero competente avrà acquisito a livello della provincia autonoma di Bolzano.
Le informazioni che il sottosegretario ci ha fornito corrispondono al quadro che io stesso avevo delineato, anche con riferimento agli altri due elementi che avevo citato in modo sfumato, vale a dire l'esistenza di altre due cave nella zona limitrofa: la cava Acqua bianca nel comune di Lasa (per la quale la Lasa marmo, come lei ha ricordato, è in possesso di autorizzazione fino al 30 settembre del 2009) e la cava Jennwand di Lasa della Lechner Marmor che non è attualmente attiva. Il terzo aspetto, oggetto della nostra interpellanza, riguarda la cava di Covelano nel comune di Silandro.
Rispetto a ciò che ho affermato e che il Governo ha confermato (e lo ringrazio), vale a dire che, nel primo caso, vi è l'utilizzo di teleferica, di ferrovia a scartamento ridotto e piano inclinato, e, quindi, vi è l'uso di uno strumento di trasporto il meno impattante possibile con la realtà ambientale naturale del parco dello Stelvio, nel terzo caso, quello della cava di Covelano, oggetto della nostra interpellanza, siamo di fronte all'utilizzo di una strada forestale appositamente allungata fino alla cava di Covelano stessa. Vi è un'autorizzazione, come è stato detto giustamente dal Governo, che ha una validità di tre anni, a partire dal due marzo 2005 (quindi, scadrà il 1o marzo del 2008) e vi sono alcune condizioni che, a nostro parere - altrimenti non avremmo presentato l'interpellanza - sono comunque insufficienti a garantire la tutela dell'ambiente naturale e del territorio del parco nazionale dello Stelvio nella zona direttamente interessata.
È una situazione difficile e grave che numerosi abitanti hanno potuto rilevare, con un grave effetto di inquinamento sia in termini di polvere sia in termini acustici, con grave danno ovviamente per quella specifica realtà del parco dello Stelvio.
Pertanto, rispetto alle tre ipotesi prospettate, vale a dire il potenziamento dell'infrastruttura attuale (è una teleferica), per quanto riguarda la Lasa marmo, della strada esistente attraverso la frazione di Tarnello in modo da renderla camionabile, nonché la costruzione di una nuova teleferica, è evidente (mi pare che anche il rappresentante del Governo, sia pure in modo un po' sfumato, abbia espresso un giudizio preciso) che la seconda è inaccettabile.
In ipotesi (e non solo in ipotesi, perché si tratta di realizzarli) sono accettabili o il potenziamento delle infrastrutture attuali, in modo che possano riguardare le tre cave, tutte appartenenti ad aziende diverse come più volte ricordato, o la costruzione di una nuova teleferica (ovvero una delle Pag. 23precondizioni per l'autorizzazione provvisoria), utilizzabile anch'essa da tutte le cave di marmo.
Signor Presidente e signor rappresentante del Governo, nel ringraziare il sottosegretario per le informazioni fornite, con la mia replica vorrei in conclusione ricordare intanto che da parte nostra vi è attenzione alle competenze delle autonomie speciali. Io stesso provengo dal Trentino e sul Trentino insiste il Parco Nazionale dello Stelvio. Tuttavia, proprio perché da un lato vi è rispetto per le autonomie speciali e dall'altro massima considerazione per ciò che rappresenta il Parco nazionale dello Stelvio nonché per la tutela del paesaggio, della natura e dell'ambiente, dovrebbe partire - come in parte anticipato dal rappresentante del Governo (in proposito lo sollecito ulteriormente) - una forte sollecitazione (proprio perché si tratta del Parco Nazionale dello Stelvio) alla provincia autonoma di Bolzano - e tramite questa, ai comuni di Silandro e Lasa - affinché si trovino gli opportuni e necessari accordi per arrivare al potenziamento della rete teleferica attuale o alla costruzione di una nuova infrastruttura. In ogni caso, né il consorzio del parco né la provincia autonoma di Bolzano devono dare alcuna proroga all'utilizzazione di una strada interna alla Parco dello Stelvio, quando ci si potrebbe comportare come in passato è sempre stato fatto. Non chiediamo di chiudere o sopprimere questo lavoro, ma di renderlo compatibile con il rispetto dell'ambiente tramite impianti a fune: o con quelli già esistenti e potenziati oppure con uno nuovo, utilizzabile da tutte e tre le cave interessate.
(Cauzione prevista dall'articolo 7, comma 9, del decreto ministeriale del 28 luglio 2005 concernente l'accesso alle tariffe incentivanti per la produzione di energia fotovoltaica - n. 2-00126)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00126 (vedi l'allegato A - Interpellanze e interrogazione sezione 7).
MARCO BOATO. Signor Presidente, l'interpellanza, presentata insieme ad altri colleghi del mio gruppo, in questo caso è rivolta al Ministero dello sviluppo economico e per altri aspetti, visto che esistono competenze concorrenti, allo stesso Ministero dell'ambiente poc'anzi interpellato per altre vicende.
Vorrei ricordare che con decreto del ministro delle attività produttive (come si chiamava allora) del 28 luglio 2005, poi modificato dal successivo decreto ministeriale del 6 febbraio 2006, il ministro delle attività produttive, di concerto con quello dell'ambiente, ha emanato disposizioni concernenti l'accesso alle tariffe incentivanti per la produzione di energia fotovoltaica. Riteniamo che l'aspetto inerente alla produzione di energia fotovoltaica (quindi energia rinnovabile che si avvale della fonte solare) sia fondamentale anche all'interno del programma dell'attuale Governo e della coalizione, che intende rafforzare fortemente gli investimenti sul terreno delle energie rinnovabili. Tuttavia (e questo riguarda il Governo precedente) l'articolo 7, comma 9 del decreto ministeriale già citato del 28 luglio 2005, modificato il 6 febbraio 2006, prevede che il soggetto responsabile di un impianto fotovoltaico sia tenuto a costituire una cauzione definitiva di mille euro per ogni chilowattora di potenza nominale dell'impianto, da presentarsi sotto forma di fideiussione bancaria o polizza assicurativa, a favore del soggetto gestore della rete di trasmissione nazionale (GTRN Spa).
Tale cauzione deve essere costituita entro trenta giorni dalla comunicazione di accesso alle tariffe incentivanti e, visto che in molti casi la richiesta dei soggetti responsabili è finalizzata ad essere ammessa alle tariffe incentivanti con un impianto di 1.000 chilowattora, che è attualmente la potenza nominale massima consentita, essa raggiunge rapidamente un importo considerevolissimo, anche di un milione di euro. Questa cauzione, inoltre, è costituita a titolo di penale, in caso di mancata realizzazione dell'impianto nei termini conclusivi di cui all'articolo 8, comma 3 Pag. 24del decreto ministeriale citato o di mancato rispetto dei termini di cui all'articolo 8, comma 4 dello stesso decreto.
A nostro parere si pone, quindi, un problema molto serio, in quanto bisogna definire meglio in quali casi vi sia un'inadempienza da parte del soggetto responsabile, tale addirittura da autorizzare il gestore della rete a riscuotere una cauzione di così rilevante entità. Infatti, può verificarsi un'inadempienza da parte del soggetto che non sia attribuibile alla propria diretta responsabilità, quindi, a nostro parere, in base principi generali del nostro ordinamento giuridico, nei casi in cui il soggetto responsabile non riesca ad ottenere i provvedimenti abilitativi dalle competenti autorità alla realizzazione dell'impianto entro i termini previsti dal più volte citato decreto ministeriale, non dovrebbe essere considerato inadempiente rispetto all'obbligo di realizzazione dell'impianto.
Il problema che si pone a tale riguardo è che c'è un'eccessiva discrezionalità da parte della pubblica amministrazione nell'autorizzare o meno l'impianto. Questa questione è rilevante, perché, non essendosi espresso sul punto il gestore della rete di trasmissione nazionale, anche se interpellato più volte, resta il dubbio che esso si voglia avvalere della cauzione anche nel caso in cui i lavori di costruzione dell'impianto non possano essere iniziati entro i termini previsti non per responsabilità del soggetto richiedente, ma per il mancato rilascio delle relative autorizzazioni. È ovvio che questo rischio disincentiva fortemente eventuali soggetti finanziatori e che, nell'insieme, ne risentono lo sviluppo e l'incentivazione della produzione di energia solare.
La domanda che rivolgiamo al Governo e, in particolare, al viceministro Alfonso Gianni, qui presente, è se il Governo non ritenga modificare, aggiornare o rinnovare radicalmente il decreto ministeriale del 28 luglio 2005, modificato il 6 febbraio 2006, con riferimento specifico all'articolo 7, comma 9, indicando precisamente, se necessario, i casi di inadempimento da parte del soggetto responsabile, nei quali il soggetto attuatore sia autorizzato ad escludere la cauzione. Bisogna, comunque, arrivare ad escludere ogni responsabilità del soggetto responsabile nel caso in cui quest'ultimo, non per propria responsabilità, non ottenga i provvedimenti abilitativi alla costruzione dell'impianto fotovoltaico da parte delle competenti autorità.
Occorre, inoltre, porsi il problema se la funzione di filtro, che nella prassi comporta la necessaria predisposizione della cauzione, non possa essere meglio assolta da altri requisiti o modalità, che siano meno penalizzanti per chi intraprenda questa strada così importante per lo sviluppo energetico del nostro paese. Attendo con interesse la risposta del Governo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, vorrei anzitutto rassicurare da un punto vista generale l'onorevole Boato che al Governo e al ministero che momentaneamente rappresento sta a cuore l'applicazione integrale del programma dell'Unione - diventato con il voto programma di Governo - che prevede di elevare al 25 per cento la produzione di energia elettrica entro il 2011 tramite fonti rinnovabili. Sappiamo, e lo sa anche il collega sottosegretario Piatti, quanto siamo distanti da questo obiettivo e come sia complesso il percorso. Mi auguro perciò che quello che dirò, che si basa su un'analisi puntuale degli uffici del ministero, possa soddisfare l'onorevole Boato, anche se sussiste una diversità tra le cifre fornite dal testo della sua interpellanza e quelle che egli stesso verificherà nella mia risposta.
Riassumendo, come rilevato anche dagli onorevoli interroganti, i criteri di priorità per l'accesso alla incentivazione e le modalità per la determinazione dell'incentivazione effettivamente riconosciuta ai soggetti interessati sono regolati dai decreti ministeriali del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006.
In particolare, l'articolo 7, comma 9, del decreto del 28 luglio 2005 del Ministero Pag. 25dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, stabilisce che i soggetti che hanno presentato al gestore dei servizi elettrici - GSE Spa - richiesta di ottenimento delle tariffe incentivanti, previste dal medesimo decreto per la produzione di energia elettrica mediante impianti fotovoltaici di potenza nominale superiore a 50 chilowattora ed inferiore a 1000 chilowattora, sono tenuti a costituire una cauzione definitiva nella misura di 1500 euro per ogni chilowattora di potenza nominale dell'impianto, da prestarsi a favore del gestore dei servizi elettrici sotto forma di fideiussione bancaria o polizza assicurativa rilasciata da istituti bancari o assicurativi o da intermediari. La cauzione è costituita a titolo di penale in caso di mancato avvio dei lavori di realizzazione dell'impianto entro un anno dalla data di ricevimento della comunicazione di diritto alle tariffe incentivanti, nonché di mancata messa in esercizio dell'impianto entro due anni dalla medesima data.
La materia è stata parzialmente modificata dal successivo decreto ministeriale del 6 febbraio 2006, il quale stabilisce che, all'atto della presentazione della domanda di accesso alle tariffe incentivanti, non sia più presentata la cauzione definitiva, bensì una dichiarazione recante impegno a costituire e far pervenire al soggetto attuatore la cauzione medesima entro il termine di trenta giorni dalla data della comunicazione di ammissione alle tariffe incentivanti. La ragione di tale modificazione è da ricercarsi nell'intendimento di evitare che i soggetti che presentano domanda di accesso alle tariffe incentivanti sopportino l'onere di costituzione della cauzione definitiva prima di avere certezza, per quanto attiene alla formazione della graduatoria, degli aventi diritto di accesso alle tariffe stesse.
La modifica introdotta ha comportato un prolungamento dei termini per la realizzazione e per l'entrata in esercizio degli impianti, per i quali la domanda di accesso alle tariffe incentivanti sia presentata successivamente alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale del 6 febbraio 2006. Nel mese di marzo 2006, anche su sollecitazione delle associazioni degli operatori, la competente direzione generale del Ministero dello sviluppo economico ha indirizzato due lettere al gestore dei servizi elettrici - GSE Spa - e all'ANIE, con le quali aveva fornito le seguenti indicazioni.
In primo luogo, al fine di evitare trattamenti discriminatori nei confronti dei soggetti che hanno presentato domanda di accesso alle tariffe incentivanti prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale del 6 febbraio 2006, si ritiene che per questi ultimi si possa concedere un prolungamento dei tempi previsti per la realizzazione e l'entrata in esercizio dell'impianto, in modo tale da consentire a detti soggetti di poter usufruire degli stessi tempi, previsti per i soggetti che inoltrano la domanda successivamente alla data di entrata in vigore del citato decreto ministeriale del 6 febbraio 2006.
In alternativa, i medesimi soggetti che hanno presentato domanda di accesso alle tariffe incentivanti prima della data di entrata in vigore del decreto ministeriale citato, entro il termine del 30 giugno 2006 possono richiedere la restituzione della cauzione senza che si dia luogo ad incameramento da parte del Gestore dei servizi elettrici - GSE Spa.
Si è espresso il parere che la ratio degli interventi della norma in questione sia riconducibile all'intendimento di stimolare la presentazione di domande di incentivazione solo per progetti di impianti, i cui soggetti responsabili abbiano preventivamente verificato le condizioni di fattibilità.
Si è sostenuto, pertanto, che la polizza vada escussa qualora si eccedano i tempi previsti per la realizzazione e l'entrata in esercizio dell'impianto, anche qualora tale circostanza sia attribuibile al mancato ottenimento delle necessarie autorizzazioni per la costruzione e l'esercizio dell'impianto.
Una diversa applicazione della norma avrebbe, infatti, vanificato gli effetti della norma stessa e avrebbe amplificato l'indesiderato fenomeno di «accaparramento» Pag. 26della potenza incentivata, fenomeno che, purtroppo, si è verificato ugualmente.
Gli operatori interessati, peraltro già coinvolti anche nella fase di predisposizione dei provvedimenti in questione, erano stati resi partecipi di tale interpretazione normativa.
In conclusione, sento il dovere di ricordare che la richiesta degli onorevoli interroganti, di fatto, è stata recepita nello schema di decreto del ministro dello sviluppo economico, di concerto con quello dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, attualmente all'esame della Conferenza unificata, con il quale, tra l'altro, innanzitutto si modificano radicalmente le modalità di accesso alle tariffe incentivanti, prevedendo che il diritto competa sulla base dell'effettiva realizzazione degli impianti e non della mera presentazione di domande.
L'iter di accesso al beneficio è, quindi, semplificato. La nuova procedura prevede, infatti, che non esistono più limiti annui alla potenza incentivabile; conseguentemente, non saranno più previste gare e procedure di bando per l'assegnazione dei contributi.
La richiesta della tariffa incentivante, che in questo modo diventerà certa per il richiedente, potrà essere presentata ad impianto ultimato, dunque senza la necessità di ricorrere a fideiussioni o a cauzioni preventive.
Si stabilisce, inoltre, che le disposizioni dei decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 continuino ad applicarsi esclusivamente agli impianti fotovoltaici che abbiano già acquisito, entro il 2006, il diritto alle tariffe incentivanti stabilite dai medesimi decreti; che i termini fissati per l'inizio e per la conclusione di lavori di realizzazione degli impianti fotovoltaici ammessi alle tariffe incentivanti ai sensi dei decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 possano essere posticipati, su richiesta del soggetto responsabile al Gestore dei servizi elettrici - GSE Spa - per un periodo di tempo non superiore a sei mesi, esclusivamente in caso di comprovato ritardo nel rilascio delle necessarie autorizzazioni alla costruzione e all'esercizio dell'impianto non imputabile al soggetto responsabile.
Si ritiene, infine, che le disposizioni di cui all'articolo 7, comma 9, del decreto interministeriale 28 luglio 2005, come modificato dal decreto interministeriale 6 febbraio 2006, debbano trovare applicazione nei termini flessibili sopra precisati, con le ulteriori modificazioni previste dallo schema di tale provvedimento all'esame della Conferenza unificata.
Al riguardo, si evidenzia il radicale cambiamento della modalità di accesso alle tariffe incentivanti, che dovrebbe essere introdotto dal citato schema di provvedimento.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Alfonso Gianni - che ho promosso viceministro ad maiora, come si usa dire - per la risposta molto dettagliata e puntuale che mi ha fornito.
Chi leggerà gli atti parlamentari o chi abbia ascoltato questo nostro dialogo parlamentare avrà forse fatto fatica a seguire, sia nell'illustrazione della mia interpellanza sia nella puntuale e dettagliata risposta del rappresentante del Governo, la sostanza del problema, trattandosi di una serie di questioni che fanno riferimento a due decreti ministeriali più volte citati e ad aspetti di carattere tecnico che, per i non addetti ai lavori, sono difficilmente comprensibili.
La sostanza del problema è quella ricordata sia in apertura della mia illustrazione sia nella parte iniziale della risposta del rappresentante del Governo: la necessità di intervenire in modo molto forte per incentivare il più possibile la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili. L'obiettivo è quello giustamente citato dal sottosegretario Gianni, ossia raggiungere la quota del 25 per cento del totale dell'energia prodotta, se ci si riuscirà, entro il 2011. È un obiettivo ambizioso e importante, rispetto al quale è Pag. 27decisivo anche il cambiamento delle norme attualmente in vigore. Queste ultime hanno avuto una loro logica nella fase di avvio, ma devono essere modificate proprio per rendere più praticabile questa forte incentivazione.
Rispetto alle questioni sollevate nella mia interpellanza, in primo luogo (siccome sono abituato a correggermi quando mi capita di commettere degli errori), devo dare atto di una inesattezza che il Governo ha sottolineato con un cambio del tono della voce, ma non menzionandola esplicitamente. Nella mia interpellanza, quando si parla di Gestore, si fa riferimento al Gestore della rete di trasmissione nazionale, mentre più volte il rappresentante del Governo ha fatto riferimento al Gestore dei servizi elettrici (GSE). È un errore contenuto nella mia interpellanza. Siccome credo che lealtà intellettuale voglia che, quando si commette un errore tecnico, lo si riconosca pubblicamente (anche se il Governo lo ha evidenziato in modo molto diplomatico ed elegante), apporto questa correzione in tempo reale.
Per tutto il resto, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, credo di potermi dichiarare soddisfatto, non tanto e non solo per le spiegazioni che mi sono state date rispetto ai problemi che ho posto con riferimento alla normativa attualmente in vigore. Tra l'altro, il rappresentante del Governo mi ha ricordato un altro errore tecnico, che rendere ancora più grave la situazione: non si tratta di una cauzione di 1.000 euro per ogni chilowattora, ma in realtà la norma prevede una cauzione di 1.500 euro per ogni chilowattora. Quindi, la situazione, sotto questo profilo, è più pesante di quella che io stesso avevo prospettato nella mia interpellanza.
Senza ripercorrere, per ragioni di brevità, quanto sottolineato dal rappresentante del Governo nel ricostruire la situazione tecnico-giuridica e nel ricordare alcuni aspetti che prevedono oggi maggiori elementi di elasticità, tesi a porre rimedio alla difficile situazione esistente evidenziata nella mia interpellanza, credo che l'aspetto più importante e l'elemento di novità per l'Assemblea, non certo per gli addetti ai lavori, sia quanto detto dal rappresentante del Governo nella parte finale del suo intervento, quando fa riferimento alla predisposizione di un nuovo schema di decreto interministeriale, presentato dal Ministero per lo sviluppo economico e dal Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, che, come egli ha ricordato, è attualmente all'esame della Conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali.
Gli aspetti di questo nuovo decreto interministeriale sono di grande importanza: non esistono più i limiti annui, non esistono più gare, non è più prevista la fideiussione e la cauzione preventiva - che resta soltanto per chi ha concluso la vicenda nell'arco del 2006 -, i termini sono posticipati di sei mesi nel caso di comprovato ritardo non dovuto al soggetto responsabile. Sono tutti aspetti che fanno ben sperare e questo decreto, dopo che avrà seguito il suo iter, con gli opportuni pareri, da una parte servirà a superare i problemi esistenti, dall'altra tenderà al raggiungimento dell'obiettivo strategico della massima possibilità di sviluppo e di incentivazione alla produzione di energia fotovoltaica, per raggiungere ambiziosamente, come è stato detto, il 25 per cento di energia rinnovabile sul totale dell'energia prodotta entro il 2011. È un obiettivo che condivido pienamente e sotto questo punto di vista mi dichiaro soddisfatto della risposta del Governo. Grazie.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze e dell'interrogazione all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.
La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle 15,10.