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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 17,25).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative per migliorare la sicurezza sul lavoro - n. 2-00293)
PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di illustrare l'interpellanza Donadi n. 2-00293 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), di cui è cofirmatario.
FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, con il presente atto ispettivo si chiede di interpellare il ministro del lavoro e della previdenza sociale, all'indomani del grave incidente che si è verificato sui bacini marmiferi delle Alpi apuane. Era il 19 dicembre e le cronache locali, quella mattina, riportavano la notizia. Intorno alle 7.30 del 18 dicembre 2006, un operaio di 33 anni è rimasto schiacciato da un blocco di marmo nelle cave del Poggio Silvestro, in località Torano, nel comune di Carrara.
Quel giovane (non risulta nel testo dell'interpellanza) si chiamava Andrea Giovari. Secondo le prime ricostruzioni, l'uomo sarebbe rimasto schiacciato da un blocco di marmo scivolato durante il trasporto. L'operaio, che ha riportato un politrauma da schiacciamento, è deceduto immediatamente e a nulla è valso l'intervento dei sanitari del pronto soccorso di Torano che hanno operato anche con l'ausilio di un elicottero.
Probabilmente, questa è un'amara considerazione, anche questa vita poteva essere risparmiata, se si fossero seguite le più elementari norme di sicurezza. Questa, purtroppo, è una realtà che, per quanto nelle cave di Carrara negli ultimi anni la situazione sia migliorata (dopo i tristemente famosi undici morti del 2000, quasi uno al mese, ve ne sono stati due nel 2002, uno del 2005 e uno nel 2006), comunque, permane grave e presenta una criticità fortissima (le cronache locali continuamente ci raccontano di morti o di feriti gravi).
Voglio approfittare dell'occasione per citare un paio di lettere che mi sono giunte sull'argomento e che, ovviamente, non è possibile rinvenire negli atti parlamentari.
Scrive una signora di Carrara: «Gentile onorevole (...) dopo tante titubanze, le scrivo per segnalare la morte di un caro amico, che sui luoghi di lavoro ieri ha perso la vita a soli 33 anni, lasciando una Pag. 72giovane moglie ed una bellissima bambina di 3 anni, Selene. L'ennesima, inspiegabile tragedia sul lavoro, nonostante le tante combattute battaglie a tutela dei lavoratori in generale e dei cavatori apuani in particolare».
«Andrea, questo è il nome dell'ennesimo martire perito sui luoghi di lavoro ieri, resterà sempre nei nostri cuori, ma la disarmante facilita in cui, in questi atipici luoghi di lavoro, può trovare la morte un lavoratore è il segnale della sconfitta dello Stato, che non ha saputo adeguatamente prevenire e reprimere certe situazioni pericolose in cava. Meglio della sottoscritta, attenta lettrice dei quotidiani e di vicende sociali in genere, comprenderà le concause che hanno determinato il fatale esito di una giovane vita spezzata. Sicuramente occorrerebbero controlli severi della durata dei turni di lavoro, riposi giornalieri e settimanali e strutture pubbliche meglio raccordate tra loro nell'anamnesi aziendale prima che accada l'infortunio».
«Questa mia» - conclude la signora Stefania Devoti di Carrara - «non vuole essere solo uno sfogo personale, piuttosto una riflessione aperta e pacata, certa di un attivo interessamento, perché alla moglie Barbara e alla giovane Selene lo Stato sappia almeno colmare in altro modo la scomparsa di un giovane eroe».
Questa stessa signora è successivamente ritornata sull'argomento, dopo qualche giorno, per puntualizzare alcuni passaggi, affermando che, in particolare, le premeva sottolineare che «(...) tutte le tematiche afferenti il mondo del lavoro, soprattutto delle nostre cave, provengono da analisi e spunti tratti da articoli della stampa locale, sempre attenta a problematiche locali e sociali».
«Ma per conoscenza diretta» - scrive sempre la signora Devoti - «posso dire che ciò che riguarda l'impiego dei cavatori apuani in un ambiente davvero ostile, quali le cave in galleria o sotterranee, è cosa nota da tempo. Di fatto, potrà semplicemente avere conferma di quanto espresso chiedendo alcuni dati statistici riferiti alla vigilanza sui luoghi di lavoro, cioè alle cave sui monti e non nei laboratori a valle, alla direzione provinciale del lavoro di Massa Carrara».
«Scoprirà con stupore» - scrive ancora questa signora - «che la presenza dello Stato in tali ambiti è pressoché assente da anni. La causa è la mancanza di un idoneo mezzo fuoristrada per raggiungere, sui rilievi montuosi apuani, questi luoghi di lavoro. Riguardo alle ore effettivamente rese dai cavatori ogni giorno, è sufficiente effettuare servizi idonei, atti al monitoraggio degli spostamenti delle maestranze in cava al mattino, ma, per il prosieguo della vigilanza, è comunque necessario un mezzo fuoristrada».
«Infatti» - conclude - «è notorio che i luoghi di raccolta dei cavatori sono i pochi bar aperti al mattino presto, ove vengono prelevati con un mezzo 4x4 dalle ditte interessate e accompagnati in cava. Sono altrettanto certa che la sicurezza passi anche dal controllo delle ore lavorate, dei riposi giornalieri e settimanali, del rispetto dei congedi ordinari e via dicendo, e non solo dalla verifica delle protezioni alle macchine per il taglio a filo diamantato o dei dispositivi di protezione individuali. Ma per fare questo, è necessario che l'ufficio periferico del Ministero del lavoro abbia i mezzi e le risorse per fare ciò».
Ho voluto riferire il contenuto di queste due e-mail che mi sono giunte perché mi hanno particolarmente colpito, nonché per illustrare a questa Assemblea ed al Governo la specificità del lavoro di cui stiamo parlando. Va da sé che il tema assume una valenza più generale e che, da quel tragico giorno, troppi altri incidenti si sono verificati, altri morti sono stati pianti e troppi altri infortunati sono stati soccorsi. Ricordo, tra le tante, la tragedia che abbiamo vissuto in Umbria, con quattro morti.
Occorre, dunque, una forte azione di prevenzione e controllo, che si può attuare solo con il reclutamento di nuovi ispettori (attualmente mal retribuiti e professionalmente non sempre tutelati), nonché con Pag. 73maggiori finanziamenti volti alla formazione ed alla sicurezza degli addetti ai lavori.
So quanto è già stato compiuto con la legge finanziaria per il 2007, tuttavia mi interessa sapere dalla viva voce del rappresentante del Governo cosa altro si intenda ancora fare.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.
ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, rispondo a quest'interpellanza molto rilevante, perché rilevante è il problema della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, che vede impegnato il Governo a trovare le soluzioni più efficaci per garantire la vita, la sicurezza, la salute e l'integrità fisica delle lavoratrici e dei lavoratori.
Rispondo all'interpellanza degli onorevoli Donadi ed Evangelisti, ricordando preliminarmente che con la riforma sanitaria (in particolare, con l'articolo 21 della legge n. 833 del 1978) i compiti in precedenza svolti dall'ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori sono stati attribuiti alle aziende sanitarie locali e solo alcune competenze residuali (radiazioni ionizzanti, Ferrovie dello Stato) sono rimaste al Ministero del lavoro e della previdenza sociale che le esercita tramite le direzioni provinciali del lavoro.
Gli ispettori del lavoro svolgono, in ogni caso, come polizia giudiziaria, indagini ispettive ogni qual volta vengano espressamente delegati dal magistrato che si occupa del singolo caso.
Solo con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 412 del 1997, «Regolamento recante l'individuazione delle attività lavorative comportanti rischi particolarmente elevati», sono state individuate le attività - essenzialmente l'edilizia - per le quali la vigilanza sull'applicazione della legislazione in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro può essere esercitata anche dai servizi ispezione del lavoro delle direzioni provinciali del lavoro.
Faccio presente che il Ministero che rappresento ha promosso protocolli di intesa a livello territoriale tra direzioni del lavoro e assessorati regionali competenti nella materia o aziende sanitarie, con il coinvolgimento anche degli altri organi di vigilanza che operano sul territorio.
Fin dal suo insediamento, il Governo ha individuato, come linee programmatiche degli interventi in materia di lavoro ed occupazione, il miglioramento della tutela e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Un primo «pacchetto» di interventi è stato introdotto con la legge n. 248 del 2006, che introduce importanti misure di contrasto al lavoro sommerso e al potenziamento dell'attività ispettiva. Vorrei ricordare che è stata ripristinata anche l'indennità di missione per gli apparati ispettivi che prima era stata cancellata. Altre rilevanti misure sono contenute nella legge finanziaria per il 2007.
L'impegno successivo è stato quello di rivisitare l'impianto normativo vigente e predisporre uno schema di testo unico che permetta una razionalizzazione, una più agevole applicabilità delle norme in materia; ossia è stato realizzato nel pieno rispetto dei livelli di tutela raggiunti e attraverso la piena condivisione delle linee strategiche di intervento con le regioni e le parti sociali.
In particolare, è stato elaborato dal Ministero del lavoro e della previdenza sociale e dal Ministero della salute (questo è un fatto assolutamente inedito) uno schema di disegno di legge recante delega al Governo per l'emanazione di un testo unico per il riassetto normativo e la riforma della salute e sicurezza sul lavoro, già sottoposto a regioni e parti sociali per la sua definizione, che è stato oggetto di un primo esame da parte del Consiglio dei ministri in data 7 febbraio 2007 e tale esame, peraltro, proseguirà nella seduta del Consiglio dei ministri di domani, 16 febbraio.
Il Governo è consapevole che, per ottenere risultati efficaci in termini di prevenzione Pag. 74e di miglioramento del quadro giuridico, l'attività legislativa dovrà essere affiancata con l'intensificazione dell'attività di sensibilizzazione sull'argomento. Il dovere di garantire la vita, la salute e l'integrità fisica dei lavoratori e delle lavoratrici richiama il Governo, le altre istituzioni e il mondo del lavoro ciascuno alle proprie responsabilità.
In quest'ottica, è stata organizzata la seconda Conferenza nazionale salute e sicurezza sul lavoro, che si è tenuta Napoli il 25 ed il 26 gennaio 2007. Questa Conferenza, dedicata alle vittime degli incidenti sul lavoro, ha rappresentato un importante momento di riflessione e di confronto tra Governo, istituzioni, regioni, parti sociali e operatori del settore su un tema che rappresenta un'assoluta priorità - lo ribadisco - per l'Italia; anche in quest'occasione, peraltro, oggetto delle riflessioni del Presidente della Repubblica.
L'obiettivo condiviso è rappresentato dalla tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori, di tutte le tipologie di rapporto di lavoro e per tutti i settori di attività, in un contesto caratterizzato dalla radicale trasformazione delle realtà produttive e delle forme contrattuali che impongono di conciliare la maggiore flessibilità del mercato del lavoro con la necessità di massimizzare la sicurezza di tutti.
Dalla Conferenza è emerso che la priorità di un'efficace strategia di lotta agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali sono il riordino, l'innovazione, la semplificazione della normativa, una grande campagna di diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro attraverso il potenziamento dell'informazione e della formazione, il coordinamento della vigilanza dei servizi ispettivi e di controllo a livello centrale e territoriale, l'inserimento della salute e della sicurezza nei programmi scolastici ed universitari e nei percorsi formativi, la diffusione di buone pratiche e la creazione di un canale digitale sul lavoro, la lotta al lavoro sommerso ed irregolare, con particolare riferimento ad alcuni contesti territoriali e sociali, ed al lavoro precario, quali fattori determinanti degli infortuni sul lavoro.
L'indirizzo è quello di promuovere una legislazione premiale per le imprese virtuose e sanzioni severe, ma eque, calibrate sulla gravità della violazione, per quelle che non rispettano le norme sulla sicurezza sul lavoro.
In conclusione, la Conferenza ha prodotto utili convergenze per decisioni condivise, nella comune consapevolezza che il lavoro non sicuro rappresenta una vera e propria minaccia alla convivenza civile, contro la quale le istituzioni e l'intera società devono reagire per affermare il valore etico e politico della salute e della sicurezza sul lavoro. Il Governo rifiuta l'idea che gli infortuni sul lavoro siano un evento ineluttabile. Il Governo rifiuta l'idea che si possa continuare a morire di lavoro.
Per poter ottenere una riduzione del fenomeno infortunistico, i suddetti interventi normativi e l'attività di sensibilizzazione dovranno certamente essere accompagnati da più specifiche campagne informative in materia di salute e sicurezza dei lavoratori, nonché da un incremento della vigilanza; vigilanza che è comunque legata al numero degli ispettori tecnici disponibili sia nelle direzioni provinciali del lavoro che nelle aziende sanitarie locali, così come rilevato nell'interpellanza.
Il ministero che rappresento ha avviato da tempo una serie di azioni mirate alla crescita, in termini di professionalità, del personale già in forza presso le sedi del ministero e di un aumento dei contingenti di idoneo personale, per il rafforzamento e la valorizzazione dei servizi ispettivi. In tale ambito sono stati emanati i bandi per 795 ispettori del lavoro e 75 ispettori tecnici, destinati alle strutture territoriali (direzioni regionali e provinciali del lavoro), già conclusi con l'immissione in servizio della totalità dei candidati vincitori ed anche degli idonei per i posti resisi disponibili per rinunce nel frattempo intervenute.
Nell'ambito della valorizzazione delle professionalità dell'area della vigilanza, Pag. 75sono stati portati a termine processi di riqualificazione per il personale, per i profili di accertatore del lavoro, ispettore del lavoro, ispettore del lavoro coordinatore ed ispettore tecnico coordinatore, anche questi da impegnare per potenziare la vigilanza.
Infine, la legge finanziaria 2007, al comma 544, ha autorizzato il Ministero del lavoro all'immissione in servizio fino a 300 unità di personale risultato idoneo al concorso, di cui si è detto sopra, e all'immissione nei ruoli di destinazione finale ed al conseguente adeguamento delle competenze economiche, del personale in servizio risultato vincitore ovvero idoneo nei relativi percorsi di riqualificazione. Per l'attuazione di tale impegno è stata prevista altresì l'autorizzazione di spesa relativa.
Faccio presente, infine, che al comprensorio apuo-versiliese sono stati assegnati due ispettori del contingente di 44 posti programmati per la regione Toscana, mentre per le ulteriori assegnazioni del personale risultato idoneo ai concorsi, autorizzate dalla legge finanziaria per il 2007, l'amministrazione sta procedendo alla predisposizione del piano di distribuzione sul territorio, nonché a tutti gli adempimenti propedeutici per l'immissione in servizio del predetto personale.
Posso assicurare gli onorevoli interpellanti e la Presidenza, che il Governo ha nella sua agenda, come prioritario, il problema della tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
PRESIDENTE. L'onorevole Evangelisti ha facoltà di replicare.
FABIO EVANGELISTI. Grazie, signor Presidente. Posso soltanto dichiararmi parzialmente soddisfatto.
Vorrei far presente che esistono oggi anche le meraviglie della tecnologia: anche se non siamo in diretta televisiva, qualcuno evidentemente ci ha guardato sul satellite, e ci ha inviato il seguente messaggio: «Grazie, peccato che il ministero abbia stanziato circa 30 euro al mese di missione per ogni ispettore, e i mezzi per salire alle cave continuino a mancare».
Vede, signor sottosegretario, io davvero la ringrazio: rispetto ai quesiti che avevamo posto, ci è stata una risposta, senz'altro, sul punto dove noi chiedevamo se il ministro non ritenga opportuno e urgente mettere a punto una strategia di contrasto, controllo e prevenzione del fenomeno delle morti sul lavoro, che coinvolga le regioni, gli enti locali, gli organi preposti dallo Stato. Su questo c'è davvero un elemento di soddisfazione.
Vi è un po' meno soddisfazione, appunto, per il dato specifico che riguarda la realtà del comprensorio apuo-versiliese, dove non si può lasciare alla sola azienda sanitaria locale la responsabilità di evitare altre tragedie.
Più in generale, il problema è che in Italia ogni giorno quattro persone continuano a morire nello svolgimento delle loro mansioni, a causa dell'insicurezza sui luoghi di lavoro, e questo sta diventando una vera e propria emergenza, da nord a sud.
Tutto ciò si impone davvero prepotentemente come elemento di drammatica riflessione.
Vorrei fornire allora qualche dato: nei primi cinque mesi del 2006 le morti bianche in Italia sono state 469. Voglio però arrivare ai secondi sei mesi, o meglio, arrivare ai nostri giorni. Quando abbiamo presentato l'interpellanza, in quegli stessi giorni, leggevamo una denuncia su L'Osservatore romano, che in proposito citava: «Dal primo novembre 2006 si sono già verificate 33 morti bianche». Peccato che il dato fosse incompleto: a novembre 2006, dati INAIL, in Italia ci sono stati 100 morti, cifra tonda. Di essi, 4 in agricoltura, e 96 nell'industria.
A dicembre, le vittime sono state 71, di cui 9 in agricoltura, e 62 dell'industria. A gennaio, si sono avute 65 vittime, di cui 7 nei campi e 58 nelle manifatture. Al 14 febbraio, ovvero ieri, contiamo 22 cadaveri!
La drammatica e triste statistica che ho appena riportato, rappresenta l'ennesima ulteriore tragica conferma che il tema della sicurezza sul posto di lavoro, del diritto dei lavoratori a non dover mettere Pag. 76a rischio la propria vita per portare a casa un salario, troppo spesso misero, sia una grande priorità nazionale.
I dati che ho ricordato, che sono da considerare tra l'altro «grezzi», perché verranno ufficializzati soltanto dopo 180 giorni e quindi, purtroppo, saranno in aumento, perché vi andranno considerati i feriti che decederanno (che appunto nei prossimi mesi dovremo registrare), rappresentano una carneficina quotidiana, inaccettabile per un paese civile.
Il fenomeno dei morti sul posto di lavoro, dove le norme di sicurezza non vengono rispettate, spesso è connesso con quello del lavoro nero e interessa sia lavoratori italiani che extracomunitari, i quali ultimi sono esposti in maniera particolare ai rischi del lavoro senza garanzie e senza tutele, soprattutto se clandestini. Ecco i motivi della soddisfazione, da un lato, e della insoddisfazione, dall'altro.
(Condizioni di lavoro presso l'azienda sanitaria locale Taranto 1 - n. 2-00361)
PRESIDENTE. Il deputato Patarino ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00361 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
CARMINE SANTO PATARINO. La ringrazio, Presidente. Nella seduta del 21 dicembre dello scorso anno presentai come primo firmatario, indirizzandola al ministro della salute e a quello degli affari regionali, una interrogazione a risposta scritta per sottoporre alla loro attenzione una delicatissima questione riguardante lo stato di profondo malessere in cui versava, e tuttora versa, la sanità ionica a causa delle gravi insufficienze nella gestione della ASL Taranto 1.
Elencavo in quella mia interrogazione - in maniera dettagliata, anche se sintetica - tutta una serie di preoccupanti denunce che occupano da mesi, a scadenza quasi quotidiana, le prime pagine dei giornali e delle televisioni locali.
Si tratta di denunce della più diversa provenienza, avanzate cioè da rappresentanti istituzionali e politici di tutte le appartenenze, da operatori di ogni responsabilità e livello, da esponenti sindacali di tutte le sigle, da militari del NAS, da componenti della società civile e da singoli cittadini.
Con quella mia interrogazione chiedevo ai signori ministri che fosse svolta un'approfondita verifica sul contenuto di quelle denunce e, in caso di accertata attendibilità, che fossero assunti i provvedimenti più adeguati, al solo fine di ricondurre l'azione sanitaria di Taranto sulla strada della severità, della normalità, dell'efficienza.
Avvertivo ed avverto, come deputato e come cittadino, il dovere di tener conto e farmi carico delle doglianze e delle sacrosante proteste della gente della mia terra che, così come accade nel resto d'Italia dal sud al centro, al nord, non accampa diritti speciali o trattamenti di favore, non pretende attenzioni particolari, chiede soltanto il rispetto delle regole non soltanto con il riconoscimento dei diritti di ogni singolo, ma anche con l'osservanza dei doveri da parte di tutti.
In un clima di incertezze, di confusione, di crisi - in una fase come l'attuale, in cui la pressione fiscale ha superato ogni limite e i costi, anche e soprattutto quelli della sanità, gravano come mai era accaduto in passato, senza alcuna pietà sulle spalle dei cittadini, anche e specialmente dei più deboli - le istituzioni sanitarie, in tutte le loro espressioni, hanno l'obbligo morale di garantire a quei cittadini tartassati una sanità all'altezza dei tempi per qualità e congruità dei servizi e delle prestazioni, per affidabilità degli strumenti e delle attrezzature a disposizione del personale sanitario, per tempestività degli approvvigionamenti dei materiali, fondamentali per le cure e l'assistenza, e dei farmaci, la cui disponibilità e la cui utilizzazione debbono essere regolate dalle esigenze e decise secondo le valutazioni dei medici, non limitate da un capriccioso calcolo ragionieristico per far quadrare i conti ad ogni costo e per poter dichiarare enfaticamente alla stampa di aver ridotto la spesa sanitaria.Pag. 77
A Taranto, a Cagliari, a Firenze, a Bolzano e in qualsiasi altra parte d'Italia si desidera la stessa cosa: si vuole cioè che tutto quello che riguarda la sanità - medico di base, ospedale, centro diagnostico, ambulatorio, ufficio amministrativo - funzioni bene, in un clima di serenità, di armonia, di leale collaborazione e di grande rispetto nei rapporti tra dirigenti, personale sanitario, ausiliario e amministrativo e utenti.
In poche parole, quando qualsiasi cittadino è costretto a sottoporsi ad una visita specialistica o a ricoverarsi in ospedale per fare degli accertamenti o per subire un'operazione chirurgica, vuole essere sicuro di trovare l'assistenza adeguata. Se può farlo in un presidio ospedaliero della sua zona è tanto meglio, non prova gusto ad andar fuori, non si diverte di certo, se vi è costretto per curarsi, ad intraprendere lunghi viaggi verso altre regioni o nazioni straniere. Si sente più tranquillo, psicologicamente più a suo agio, quando può farlo vicino a casa sua, confortato oltreché dall'affetto dei propri cari e degli amici e dalle attenzioni e dalle premure dei medici e degli infermieri che conosce, soprattutto quando ha la consapevolezza che oltre a quelli che lo curano, anche i rappresentanti e i dirigenti delle istituzioni sanitarie con cui ha a che fare hanno al centro delle loro attenzione la sua salute.
Però quella mia interrogazione, così come mi è stato comunicato con una nota del consigliere capo del servizio Assemblea, risulta sospesa, né ad oggi mi è dato sapere a distanza di circa due mesi se e quando il Presidente della Camera prenderà decisioni in merito.
Intanto, le condizioni della sanità a Taranto e provincia sono sempre più insostenibili. Il disagio e le doglianze degli operatori e degli utenti, giorno dopo giorno, sono più preoccupanti, al punto che, se quello che è stato riportato ufficialmente dal documento redatto a seguito dell'ultimo incontro dei rappresentanti sindacali di tutte le sigle dovesse risultare vero anche solo al trenta per cento, ogni ritardo nei provvedimenti da adottare, senza escludere il commissariamento della stessa dirigenza, sarebbe inspiegabile, addirittura colposo.
Tutto il personale medico, paramedico ed ausiliario dell'intera ASL Taranto/1 è riuscito sinora, grazie alla costante dedizione, all'alto senso del dovere e a costo di pesantissimi sacrifici, a governare con coraggio le emergenze, a garantire interventi, prestazioni, cure e servizi ai pazienti e ad agire con grande intelligenza, per evitare che le carenze dovute alla cattiva gestione della dirigenza ricadessero sui cittadini.
Non vogliamo che vengano vanificati quell'impegno, quel coraggio, quelle risorse quegli sforzi. Non vogliamo che vengano mortificate professionalità di così alto livello.
Per queste ragioni, e ringrazio il presidente La Russa per avermi approvato ed autorizzato, ho presentato l'interpellanza urgente ai ministri del lavoro e degli affari regionali, nella speranza che quanto sarà riferito ora dal signor sottosegretario serva a rassicurare utenti, personale sanitario, operatori e rappresentanti sindacali di terra ionica circa la volontà dei signori ministri di intervenire concretamente e tempestivamente, per fare in modo che nella provincia di Taranto i dirigenti delle istituzioni sanitarie si guadagnino meritatamente la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.
ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, spero di poter pervenire, con la risposta all'interpellanza presentata dall'onorevole Patarino, ai risultati che egli si era prefisso.
Dagli elementi forniti dalla prefettura di Taranto e dalla regione Puglia, è emersa la seguente situazione. A seguito della deliberazione n. 2834 del 29 dicembre 2006 del direttore generale della ASL Taranto/1, relativa all'indizione di un bando di gara per il settore pulizie, le Pag. 78varie organizzazioni sindacali separatamente hanno richiesto durante il mese di gennaio 2007, l'urgente convocazione di un tavolo di confronto presso la prefettura di Taranto con la presenza della dirigenza della ASL, al fine di chiarire ogni aspetto relativo alla garanzia occupazionale dei lavoratori.
Il signor prefetto di Taranto ha, pertanto, disposto quattro riunioni distinte secondo la consuetudine derivante da espressa richiesta dei locali sindacati dei lavoratori, ciascuna con la singola organizzazione sindacale istante e tutte con la presenza del direttore generale della ASL Taranto/1.
A conclusione degli incontri tenutisi il 31 gennaio e il 1o febbraio, il direttore generale, al fine di evitare ulteriori divaricazioni e tensioni all'interno dell'ente sanitario, nonché a scongiurare gravissime perdite di posti di lavoro, ha affermato che avrebbe immediatamente provveduto a sospendere il bando di gara per i servizi di pulizia e a concertare con i sindacati, in tempi brevi, l'indizione di un nuovo bando, definendo nel contempo la problematica delle figure professionali degli ausiliari entro il mese di settembre 2007. Tale questione è stata in tal modo avviata a proficua soluzione.
Per quanto attiene, poi, le ulteriori vicende menzionate nell'interpellanza urgente in esame, la prefettura ha comunicato di aver ricevuto dalle organizzazioni sindacali, il 29 gennaio ultimo scorso, un documento conclusivo dei lavori assembleari dei lavoratori dipendenti della ASL in parola, successivo alle adunanze effettuate precedentemente in tutti i posti di lavoro dell'ente.
Nel documento erano puntualmente e dettagliatamente indicate le forti valutazioni censorie dei sindacati nei confronti dell'attività istituzionale del direttore generale della ASL Taranto/1.
La riunione indetta dal signor prefetto ai primi di febbraio ha permesso di avviare a proficua soluzione anche in questo caso la vertenza insorta, fissando la ripresa immediata delle relazioni sindacali mediante incontri, da tenersi presso il palazzo del Governo quale sede di confronto, così da consentire l'esame congiunto di specifici punti entro il periodo massimo di due mesi.
Nell'occasione è stato affermato che garanti di tale percorso sarebbero stati il prefetto e l'assessore regionale.
Faccio presente poi che l'assessore alle politiche della salute della regione Puglia, in data 7 febbraio scorso, a margine della riunione indetta con i direttori generali delle aziende sanitarie e degli istituti di ricerca a carattere scientifico pubblici e con i rappresentanti delle organizzazioni regionali e di quelle sindacali del comparto sanità, ha concordato con le predette organizzazioni sindacali e con il direttore della ASL di Taranto, dottor Marco Urago, di affrontare le problematiche evidenziate nel documento sindacale in una riunione indetta per oggi alle ore 9.
È stato precisato, altresì, che sono stati richiesti gli atti relativi ai fatti denunciati e che sarà cura dell'assessorato alle politiche della salute attivare un apposito accertamento in loco, mediante il nucleo ispettivo regionale.
Voglio precisare, infine, che la direzione provinciale del lavoro di Taranto, per quanto di sua competenza, ha comunicato che non risultano pervenuti, né da parte di singoli lavoratori, né da parte di organizzazioni sindacali, eventuali esposti o denunce al fine di attivare specifici accertamenti.
PRESIDENTE. Il deputato Patarino ha facoltà di replicare.
CARMINE SANTO PATARINO. Presidente, mi rendo conto delle difficoltà nelle quali viene a trovarsi il sottosegretario e apprezzo anche l'abilità con la quale si cerca di dissimulare una sorta di disagio che, in effetti, c'è per una relazione che è stata presentata dagli uffici e che corrisponde esattamente alla realtà.
Il sottosegretario fa riferimento soltanto a pochissimi episodi, che sono riportati invece nell'interpellanza e che ne richiamano altri, ai quali non si fa assolutamente riferimento.Pag. 79
La situazione della sanità a Taranto è pesantissima: è vero che vi è stato un incontro, come diceva il signor sottosegretario, in prefettura e poi un altro ancora da parte delle organizzazioni sindacali con l'assessore regionale, ma è altrettanto vero che da quegli incontri non è venuto alcun risultato positivo.
Da parte dei sindacati è stata resa una dichiarazione all'indomani dell'incontro, nella quale essi affermano chiaramente che non avrebbero promosso alcuna azione di protesta soltanto perché il signor prefetto aveva chiesto loro di non farne; ma la situazione continua ad essere pesante e insostenibile, anche perché, come già osservavo, non è possibile prendere in considerazione soltanto quei pochi episodi ai quali fanno riferimento gli uffici del Ministero del lavoro. Sarebbe stato, infatti, sufficiente da parte anche del ministero esaminare anche solo di sfuggita la rassegna stampa sull'argomento, che aumenta ogni giorno di volume, per capire la portata e la pericolosità del fenomeno, di cui ho ampiamente trattato nella già richiamata interrogazione a risposta scritta del 21 dicembre dello scorso anno.
È opportuno che la nostra attenzione si soffermi, ad esempio, sull'assurda decisione assunta dal direttore generale di sopprimere o di limitare il servizio dell'automedica 118 nella fascia ionica, Castellaneta Marina e Marina di Ginosa, un'area che è attraversata da un'arteria trafficatissima e ad alto rischio come la strada statale 106 e i cui abitanti distano fino a 40 chilometri dal più vicino centro abitato.
Né sono da sottovalutare le denunce effettuate: non si tratta di semplici lamentele manifestate nel chiuso di un reparto oppure in confidenza da alcuni sanitari ovvero di uno sfogo qualsiasi; si tratta, piuttosto, di notizie ufficiali, riportate da tutti i giornali locali, date dai primari dei reparti di radiologia e di neuroradiologia dell'ospedale Santissima Annunziata del capoluogo ionico, i quali così si sono pronunciati: « Rompiamo il silenzio solo per disperazione (...) perché le condizioni della radiologia e della neuroradiologia (...) sono gravissime. Tutte le apparecchiature sono vetuste ed obsolete. La risonanza magnetica è del 1993 e la TAC del 1998. L'unico angiografo che permette un'attività interventistica di eccellenza riconosciuta in Italia e all'estero» - con circa 600 interventi endovascolari l'anno - «serve anche alla cardiologia».
Tanto meno si possono trascurare altre notizie riportate dalla stampa, quale quella del 15 dicembre 2006, secondo cui presso l'ospedale civile di Castellaneta (il più importante presidio ospedaliero della zona occidentale della provincia di Taranto) sono state chiuse le sale operatorie per mancanza di anestetici per gli interventi.
Peggio ancora, è inoltre accaduto che una signora di Taranto, presentandosi in quell'ospedale per essere sottoposta a cure chemioterapiche, si sia sentita dire che non era possibile somministrarle la cura perché mancavano i farmaci. Peraltro, in queste ultime giornate è accaduto un ulteriore fatto gravissimo: sono state chiuse la TAC e la risonanza magnetica dello stesso ospedale perché non rispondono alle caratteristiche richieste sicché oggi circa 250 mila abitanti non possono in alcun modo sottoporsi ad una TAC: infatti, a Castellaneta le apparecchiature non funzionano mentre anche a Massafra, nel comune vicino, la TAC non funziona perché si è rotta. Non sappiamo per quanto tempo ancora andrà avanti tale situazione: vi sono decine e decine di pazienti in attesa, gli ospedali sono pieni e non si sa come poter fare fronte a queste emergenze.
Potrei continuare ancora molto a lungo, ma preferisco fermarmi a questo punto della mia esposizione ritenendo di avere offerto anche in sede di replica, oltre che con l'illustrazione dell'interpellanza, elementi più che sufficienti per motivare la mia totale insoddisfazione sul contenuto della risposta letta dal signor sottosegretario e per denunciare l'assurdo disinteresse mostrato dai ministri per la decisione e l'indicazione di iniziative da assumere al fine di ripristinare, come da noi Pag. 80richiesto con l'interpellanza, le condizioni di trasparenza e di buon governo nella gestione della ASL Taranto 1.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Patarino.
La Presidenza le deve una risposta sulla questione da lei posta all'inizio dell'illustrazione dell'interpellanza.
È prassi costante che la Presidenza sospenda, informandone per lettera l'interessato, gli atti di sindacato ispettivo che presentino profili di inammissibilità; ma proprio l'interpellanza che abbiamo discusso or ora riproduce, con alcune riformulazioni, il contenuto dell'atto che era stato sospeso. Pertanto, la Presidenza ritiene non vi sia motivo di dolersi per quanto accaduto.
(Presunte attività di dossieraggio compiute nei confronti di uomini politici italiani - n. 2-00266)
PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di illustrare l'interpellanza Diliberto n. 2-00266 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmatario.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, la illustrerò concisamente, anche perché, com'è a tutti evidente, l'interpellanza urgente datata 6 dicembre faceva riferimento a fatti assurti agli onori della cronaca in quei giorni e che erano allora particolarmente allarmanti. Non che adesso non lo siano, ma il carattere di urgenza è in qualche modo venuto meno, anche perché nei giorni successivi alla presentazione dell'atto di sindacato ispettivo i quotidiani nazionali si sono «riempiti» di verbali di intercettazioni e di notizie che in qualche maniera chiarivano o, per altri versi, complicavano la vicenda. Inoltre, uno dei protagonisti dei fatti, dopo essere passato attraverso una corsia di ospedale, è stato infine arrestato.
Però, ritengo di dover pur spendere qualche parola sull'argomento perché evidentemente vi è un disegno provvidenziale in tutto ciò.
Questa interpellanza arriva alla nostra attenzione proprio quando la Camera dei deputati conclude l'esame del disegno di legge sui servizi segreti e nel momento in cui il gruppo parlamentare dei Comunisti Italiani, nell'ambito del lavoro svolto sia in Commissione sia in Assemblea su quel provvedimento, si è distinto - credo di poterlo dire - per aver evidenziato alcune preoccupazioni, che non ci hanno impedito però di arrivare all'approvazione di quel provvedimento, così come non ci hanno impedito di migliorarlo sotto il profilo delle garanzie.
Alla fine dello scorso anno abbiamo appreso che il segretario nazionale del nostro partito, il compagno Diliberto, e il capogruppo Pino Sgobio erano stati fatti oggetto di una attività di dossieraggio, che non mirava tanto ad acclarare se i due deputati avessero rapporti con la intelligence di qualche altro paese, dell'ex Unione Sovietica in particolare, ma, per quel che si è potuto apprendere, mirava piuttosto ad avallare, da parte di questo signor Scaramella, attraverso i suoi contatti con sedicenti o effettivi agenti del KGB, quelli che parevano essere gli intendimenti di alcuni personaggi politici.
Del resto, credo che il sottoscritto non sia probabilmente la persona più adatta a rievocare le considerazioni che si possono fare sull'utilità della Commissione Mitrokhin. Ritengo che all'opinione pubblica - prima ancora che a noi deputati o rappresentanti del Governo - sia chiaro a cosa realmente doveva servire la Commissione Mitrokhin. Così come appare del tutto chiaro quale valore si può dare ad affermazioni del tipo di quelle pronunciate dall'ex agente del KGB, Limarev, il quale sostiene di aver svolto una consulenza segreta e confidenziale - almeno così è riportato sui quotidiani - in favore del già presidente della Commissione, attuale senatore Guzzanti, è pure evidente come il predetto Scaramella si presentasse a questi ex agenti del KGB per essere, si badi, non tanto e non solo un consulente della Commissione Mitrokhin, quanto il braccio destro del presidente della Commissione. Debbo dire francamente che, qualsiasi Pag. 81Commissione avessi mai a presiedere, qualora una persona che affermasse di essere il mio braccio destro finisse nelle patrie galere, sarei molto preoccupato della qualificazione del lavoro svolto dall'organismo eventualmente presieduto!
Vorrei ulteriormente aggiungere, ad illustrazione della interpellanza, che tutta questa vicenda richiama un po' quello slogan che dice «calunniate, calunniate, qualcosa resterà!». In un periodo in cui nel nostro paese si praticava disinvoltamente la finanza creativa, abbiamo appreso che si poteva anche applicare il controspionaggio creativo! Evidentemente, era una moda del momento quella di colmare la vita del paese di elementi in qualche maniera politicamente artistici!
Si trattava appunto di un'operazione mediatica di fabbricazione di una realtà, che poi alla fine è stata in qualche modo smascherata. Quello che però veramente ci interessa sapere - giacché quale fosse il peso della vicenda tutti lo abbiamo potuto apprezzare - è se si sia in qualche modo accertato quale fosse la consistenza, quale la provenienza e chi altri abbia eventualmente collaborato con questo signor Scaramella a manifestare, sia l'onorevole Diliberto, sia l'onorevole Sgobio e perfino l'attuale Presidente del Consiglio, come uomini in mano al KGB.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Nella seduta del 24 gennaio ultimo scorso, davanti al Comitato parlamentare per i servizi di informazione e di sicurezza e per il segreto di Stato, il ministro dell'interno ha reso dichiarazioni sulle questioni oggetto dell'odierna interpellanza, alle quali naturalmente io farò ampio riferimento in seguito.
I rapporti trasmessi dal capo della Polizia, dal direttore del Sisde e dai Comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza riferiscono tutti su due aspetti: l'eventuale attività svolta da personale dipendente per la Commissione Mitrokhin e la documentazione fornita a seguito delle formali richieste presentate dai consulenti ufficialmente accreditati dalla Commissione stessa.
Per quanto concerne il primo aspetto, nei predetti rapporti il capo della Polizia ha comunicato che nessun dipendente della Polizia di Stato ha mai lavorato alle dipendenze della Commissione parlamentare di inchiesta concernente il dossier Mitrokhin.
L'allora direttore del SISDE ha riferito che non vi era stato alcun rapporto tra il personale del servizio e la Commissione, oltre a quelli intrattenuti dal direttore dell'ufficio affari legali e parlamentari e dai suoi funzionari in occasione degli incontri con i consulenti della Commissione per l'esibizione dei documenti da questi richiesti.
Nella relazione è precisato, inoltre, che il SISDE non ha mai avuto rapporti con Mario Scaramella e che una comunicazione in tal senso è stata resa in risposta ad una richiesta della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli.
Il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ha fornito i nominativi di un ufficiale e di due sottufficiali dell'arma, che hanno collaborato con la Commissione, rispettivamente, come collaboratore a tempo parziale e quali addetti all'archivio.
Il Comandante generale della Guardia di finanza ha fatto presente che nel settembre 2002, su espressa richiesta del senatore Guzzanti, fu segnalata una terna di ufficiali tra i quali individuare un collaboratore a tempo parziale non retribuito. L'ufficiale prescelto, dopo l'incontro formale di presentazione col presidente Guzzanti, non è mai stato chiamato a svolgere alcuna attività.
Per quanto riguarda, invece, il secondo aspetto, vale a dire i rapporti documentali forniti alla Commissione, il capo della Polizia ha informato che la direzione centrale della Polizia di prevenzione, appositamente interpellata dal gabinetto del ministro dell'interno, ha autorizzato alla visione e al Pag. 82prelievo di copie di atti d'archivio nove consulenti formalmente accreditati dalla Commissione.
Esiste, agli atti del dipartimento della pubblica sicurezza, una minuziosa verbalizzazione che dà conto dei numerosissimi documenti fotocopiati o esibiti, così come dell'identità degli operatori di polizia che hanno tenuto i rapporti con i singoli consulenti.
Il 5 maggio 2006 il dipartimento della pubblica sicurezza ha espresso il parere che tutta la documentazione visionata o acquisita dai consulenti debba rimanere soggetta al vincolo della vietata divulgazione.
L'allora direttore del SISDE ha fatto presente che solo i quattro consulenti formalmente accreditati dal presidente Guzzanti hanno avuto accesso alla sede del Servizio per la visione della documentazione.
Il Sisde ha evaso tutte le richieste formulate, inviando le note di trasmissione del carteggio richiesto al gabinetto del ministro dell'interno-segreteria speciale e alle segreteria generale del CESIS. Il 16 maggio 2006 il servizio ha dato conferma all'ufficio stralcio della Commissione della permanenza delle esigenze di riservatezza degli atti classificati.
Il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri ha informato che, avendo il presidente Guzzanti indicato il nome di un consulente della Commissione per l'accesso alla documentazione di interesse custodita negli archivi del Comando generale e del ROS, furono individuati due ufficiali referenti (il capo ufficio criminalità organizzata del Comando generale e il comandante del reparto antieversione ROS).
Nel complesso sono stati forniti 1.457 atti, di cui 14 classificati.
Un ufficiale del Comando generale ha poi rappresentato l'Arma in seno alla commissione interforze costituita presso il Ministero della difesa, per corrispondere alle richieste di documentazione avanzata dal consulente indicato dalla Commissione. Come la Polizia di Stato e il SISDE, anche l'Arma dei carabinieri ha confermato alla Commissione il livello di tutela della documentazione classificata, segnalando, nel contempo, l'inopportunità di rendere pubblico il carteggio ordinario, in considerazione dei dati sensibili in esso contenuti.
Il Comandante generale della Guardia di finanza ha comunicato che il consulente designato dalla Commissione ha avuto modo di consultare circa 1.500 documenti, acquisendo copia di 250 di essi.
In conclusione, dalle relazioni trasmesse dai vertici del sistema di sicurezza, si evince che l'apporto fornito alla Commissione Mitrokhin dalle tre maggiori Forze di polizia, in termini di personale, è stato ridottissimo e, comunque, subordinato all'espressa autorizzazione.
È stata viceversa massima la disponibilità a collaborare con i consulenti della Commissione, ciò che del resto era doveroso in relazione ai poteri costituzionalmente spettanti ad una Commissione parlamentare d'inchiesta.
Non risultano, infine, comportamenti di operatori delle forze dell'ordine tendenti a fuorviare o condizionare l'operato della Commissione stessa né, d'altra parte, vi è evidenza di attività illegali di spionaggio o documentazione a danno di cittadini compiute da appartenenti alle forze dell'ordine in un modo o nell'altro ricollegabili alla Commissione.
Per quanto riguarda la vicenda giudiziaria legata al dottor Scaramella, la procura della Repubblica di Napoli ha riferito che, in data 2 marzo 2006, gli atti relativi alla posizione dello Scaramella (parte offesa di un progetto di attentato, da lui stesso denunziato, e indagato per il reato di traffico di armi) furono trasmessi al procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, non appena il predetto risultò, dalle intercettazioni telefoniche disposte sulla sua utenza cellulare, essere giudice onorario presso il tribunale di Napoli.
La procura di Napoli ha comunicato di avere trasmesso alla procura di Roma, per competenza ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale, anche gli atti relativi ad un altro procedimento a carico Pag. 83dello Scaramella, per fatti relativi allo smaltimento di rifiuti conseguenti ad asseriti abbattimenti di costruzioni abusive.
La procura della Repubblica di Roma ha, a sua volta, riferito che sono in corso accertamenti e si vanno sviluppando specifiche indagini su tutti gli argomenti oggetto della sua interpellanza. In particolare, per quanto riguarda il terzo quesito da lei posto, la predetta procura informa che sono state individuate conversazioni telefoniche rilevanti ai fini probatori, per la cui utilizzabilità si è intrapresa la procedura di cui all'articolo 6 della legge n. 140 del 2003.
Il Governo, posso assicurare, segue doverosamente, nel rispetto dell'autonomia ed indipendenza dell'autorità giudiziaria, l'evoluzione della particolare e delicata vicenda.
PRESIDENTE. Il deputato Vacca ha facoltà di replicare.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, sono molto soddisfatto della risposta fornita dal sottosegretario Naccarato e ancor più sono soddisfatto perché tale risposta conferma - e come Comunisti Italiani non l'abbiamo mai messo e non lo intendiamo mai mettere in dubbio, ad onta del fatto che qualcuno ce ne voglia qualche volta far debito - che in questo paese le forze dell'ordine e la magistratura fortunatamente funzionano e che quando si devono svolgere attività investigative o quando si devono domandare consulenze su attività investigative, quando ci si avvale delle forze dell'ordine e dell'opera della magistratura si raggiungono risultati verosimilmente più attendibili attraverso procedimenti più confortanti.
Visto il contenuto della risposta del sottosegretario per quanto attiene alle altre indagini aperte a carico del dottor Scaramella, ribadisco il concetto per cui se avessi un braccio destro di questo tipo mi taglierei la mano. Credo di poter dire anche, ad ulteriore riprova del fatto che si è teso attraverso una certa attività non tanto ad acclarare la verità, quanto a produrla, che mi pare di aver colto nella risposta del sottosegretario che rispetto alla richiesta di consulenza di un ufficiale dei carabinieri - persona fino a prova del contrario professionalmente capace e certamente attendibile e disinteressata - non ci si è avvalsi di essa, perché evidentemente per i fini a cui era preordinata quell'attività un ufficiale dei carabinieri, persona seria, sarebbe stato tutt'altro che utile.
Ciò che chiaramente emerge da questa vicenda è che, alla fine, molto probabilmente, una volta tanto, la verità potrà venire a galla. Chi le parla, onorevole sottosegretario, è anche membro della Giunta per le autorizzazioni di questa Camera e conosce bene il contenuto dell'articolo 6 della legge n.140 del 2003 da lei richiamato con riferimento alle intercettazioni indirette. Vedremo, prima o poi, in quale modo esse saranno anche utilizzabili.
Credo di poter dire che, a conclusione di questa vicenda, si è fortunatamente smascherata un'operazione che aveva certamente carattere eversivo, in quanto ha sempre carattere eversivo il tentativo di falsificare la realtà.
In questo momento, nel paese è vivo un importante dibattito sulla condivisione della memoria. È evidente che, a distanza di tempo, possiamo analizzare i fatti della storia e, rispetto ad essi, prospettare una visione più o meno condivisa, nonché misurarci nella differenza delle opinioni politiche. Ma certo, non potevamo consentire che - dopo che si è tentato, con operazioni, apparse chiare a tutti, di mistificare la storia di questo paese, quella precedente e quella più risalente - si proseguisse in questa opera, tentando di mistificare anche la realtà corrente.
Naturalmente, continueremo a vigilare, affinché operazioni di questo tipo siano prontamente smascherate con l'ausilio delle forze dell'ordine e della magistratura.
(Misure a favore dei lavoratori dipendenti della Serco Spa impiegati all'Esrin di Frascati - n. 2-00362)
PRESIDENTE. Il deputato Rugghia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 84n. 2-00362 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, con questa interpellanza intendiamo sottoporre all'attenzione del Governo il grave problema occupazionale che potrebbe determinarsi a carico dei lavoratori della Serco Spa, una società multinazionale che opera nella gestione e nella fornitura dei servizi informatici. Questi lavoratori sono attualmente occupati presso l'Esrin, il laboratorio dell'Agenzia spaziale europea, situato nel comune di Frascati, vicino Roma.
Il prossimo 30 gennaio 2007 scadrà il rapporto fra l'ente spaziale europeo e la società Serco, che impiega, nella gestione di un contratto di facility management e servizi informatici presso l'Esrin, 80 dipendenti. Questo contratto è detenuto da Serco ormai da oltre 20 anni e sono molti i lavoratori che, dall'inizio della gestione di questo servizio, stanno svolgendo nel laboratorio dell'Esrin la loro attività professionale. Sono, quindi, tanti i lavoratori impiegati da molti anni all'Esrin di Frascati, essendo dipendenti Serco. Tanto più, si tratta di personale altamente specializzato: ingegneri o tecnici informatici dotati di grande professionalità, che hanno garantito nel corso degli anni, nella gestione della commessa, un alto standard di qualità nella gestione del servizio commissionato dall'ESA.
A seguito di una gara indetta nel 2006, tale servizio è stato affidato a un altro consorzio guidato dalla Eds Spa, un'altra società multinazionale alla quale partecipano anche numerose società italiane del gruppo Finmeccanica.
Purtroppo, nel bando di gara, l'Agenzia spaziale europea non ha previsto alcuna clausola a tutela dei lavoratori che da molti anni stanno svolgendo questo servizio. E ciò è ancora più grave, se consideriamo che il bando europeo riguarda, per l'80 per cento del valore, anche in termini occupazionali, soprattutto i lavoratori e la commessa di Frascati.
Quindi, a maggior ragione, a nostro avviso, dovevano essere poste condizioni a tutela del personale attualmente impiegato, e da molti anni, nella gestione di questa commessa. Tra l'altro, c'è da dire che Serco Spa non è sembrata particolarmente impegnata a mantenere questo servizio. Serco Spa, nel corso di questi anni ha, tra l'altro, avviato procedure di mobilità - contrastate, anche con una certa efficacia, dal sindacato - che hanno molto preoccupato i 280 dipendenti che in tutta Italia lavorano presso questa azienda. Tali procedure di mobilità hanno determinato sia perdite occupazionali sia la perdita di opportunità di sviluppo dell'azienda e dell'ampliamento dei servizi dell'azienda stessa nel nostro paese.
Pertanto, non si intravedrebbero le opportunità di reimpiego di tale personale, che rischia di perdere il posto di lavoro all'Esrin, in altre attività gestite dalla Serco nel resto del territorio nazionale. Tale opportunità, anche alla luce del piano industriale presentato ai sindacati dalla società il 3 gennaio 2007 è, purtroppo, praticamente inesistente.
Occorre, tra l'altro, considerare che i menzionati lavoratori sono soggetti al contratto collettivo nazionale del commercio - questo è il contratto che Serco applica ai suoi dipendenti - per la categoria servizi. Inoltre, questi lavoratori, proprio per effetto di detto contratto, non hanno la possibilità di percepire, neppure in una condizione di crisi aziendale, l'indennità di mobilità. Insomma, la loro situazione è particolarmente grave. Non hanno la possibilità di essere reimpiegati in altre attività della Serco, perché tali attività sono, nel corso del tempo, diminuite nel territorio nazionale. Detti lavoratori non hanno la possibilità di usufruire degli ammortizzatori sociali, in virtù del contratto di lavoro a loro applicato e pertanto sono molto allarmati, sono preoccupati per il loro futuro.
Si tratta di ottanta famiglie, ottanta lavoratori dotati di alta professionalità, che hanno garantito un servizio di elevata professionalità nella gestione per venti anni della commessa menzionata, e che non hanno possibilità di reimpiego se Pag. 85perdono quest'opportunità, ossia il lavoro presso il laboratorio dell'Esrin di Frascati.
Questa situazione, questa incertezza per il futuro - si ricordi che il contratto scade il 30 giugno 2007 - determina, naturalmente, molte preoccupazioni, ma vi sono anche i tempi ed i modi - credo - per cercare di impedire queste gravi conseguenze a danno dei lavoratori e delle loro famiglie.
Quindi, noi chiediamo al Governo, con questa interpellanza, di poter esercitare le iniziative necessarie ed un'attività di mediazione utile e opportuna tra le parti per garantire il mantenimento del posto di lavoro ai dipendenti Serco Spa presso il laboratorio di Frascati, anche perché ciò garantirebbe la possibilità per il consorzio che si è aggiudicato la commessa di disporre di personale qualificato nella gestione di un servizio molto delicato, che è stato svolto bene per venti anni dai richiamati lavoratori, ed offrirebbe anche le giuste garanzie all'ente committente, all'Agenzia spaziale europea. Questa è la richiesta che formuliamo al Governo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale, Antonio Montagnino, ha facoltà di rispondere.
ANTONIO MONTAGNINO, Sottosegretario di Stato per il lavoro e la previdenza sociale. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza in discussione, dagli accertamenti effettuati nei confronti della società per azioni Serco, è emerso quanto segue. La Serco, che nel 1998 ha incorporato la Tecnodata Italia Spa, in Italia svolge servizi consistenti nell'attività di supporto informatico alle aziende con proprio personale dipendente, attualmente pari a 271 lavoratori, dislocati - escludendo il personale amministrativo dell'ufficio di Frascati, pari a 18 unità - direttamente presso le medesime aziende. La fornitura di supporto informatico risulta espletata dalla società in favore dell'ESA-Esrin, Agenzia spaziale europea, in ossequio a tre distinti contratti, Il primo è denominato ID (servizi per operazioni e gestione infrastruttura informatica), avente termine il 30 giugno 2007, eseguito da 82 lavoratori, di cui 75 con contratto a tempo indeterminato.
Il secondo è l'«EOP-G» (servizi di operazione della multimission central facility), con scadenza 1o agosto 2008, eseguito da 86 unità lavorative; l'«EOP-SE» (servizi di supporto allo sviluppo scientifico e commerciale delle attività di osservazione della terra e a quelle correlate con i relativi progetti applicativi), avente termine il 31 dicembre 2007, eseguito da 20 tecnici.
Secondo quanto riferito dalla società in questione, il contratto denominato «ID» in questione, avente termine il 30 giugno 2007, sarà affidato dalla Esa Esrin alla Eds Spa. Quest'ultima è la società aggiudicatrice di un nuovo appalto.
È stato riferito altresì che, nei confronti del personale occupato nell'esecuzione del predetto contratto, sarà avviata alla fine del mese di febbraio la procedura per la messa in mobilità, tenuto conto, peraltro, che dall'esame delle tendenze registrate sul fatturato e utili e sulla base dei risultati previsti per il triennio 2007-2010, la società Serco Spa ipotizza segnali di ripresa solo dall'anno 2008.
Faccio presente inoltre che, a seguito della perdita di commesse, la forza lavoro della società Serco Spa, che applica il contratto del commercio, come è stato sottolineato, aveva già subito nel biennio passato la diminuzione di 103 unità lavorative, determinata dalla cessazione di 43 rapporti di lavoro per dimissioni volontarie, di 8 per risoluzione consensuali, di 31 per contratti a termine non rinnovati e 21 per licenziamento a seguito di mobilità.
La Serco svolge attività di supporto informatico anche in favore della Ericsson Lab Italy Spa con 11 lavoratori, con scadenza il 20 aprile 2007, in favore della regione Lombardia con l'utilizzo di 33 lavoratori, con scadenza il 19 dicembre 2007; ed in favore della JRC - Joint Research Centre presso Varese con 20 unità, che ha di recente rinnovato l'appalto fino al 30 aprile 2009.Pag. 86
Faccio presente, infine, che le problematiche di sostegno al reddito che coinvolgono i lavoratori del settore commercio, categoria servizi, nello specifico della società Serco Spa, possono trovare soluzione mediante l'applicazione delle disposizioni contenute all'articolo 1, comma 1190, della legge finanziaria 2007, che prevedono la possibilità di conseguire la concessione di idonee forme di ammortizzatori sociali (CIGS o indennità di mobilità), in deroga alle disposizioni ordinarie vigenti.
Il Ministero del lavoro può garantire gli interventi attraverso ammortizzatori sociali, ma non ha, allo stato, alcuna possibilità - purtroppo - di assicurare l'occupazione dei lavoratori della Serco Spa.
PRESIDENTE. Il deputato Rugghia ha facoltà di replicare.
ANTONIO RUGGHIA. Signor Presidente, francamente mi duole non potermi dichiarare soddisfatto della risposta del sottosegretario. La situazione della Serco Spa - così come l'ho rappresentata brevemente nella mia illustrazione - è a conoscenza dei lavoratori: si tratta di una multinazionale che sta operando licenziamenti e sta rinunciando anche a servizi importanti che gestiva nel nostro paese.
Questo è stato rappresentato anche nel piano industriale presentato ai sindacati. Ciò che però si chiede al Governo, non è tanto di verificare la possibilità di garantire ammortizzatori sociali per questi lavoratori. Io mi auguro che ce ne siano, anche se purtroppo il contratto per il commercio non dà le stesse opportunità di altri contratti. Peraltro, la possibilità dell'indennità di mobilità, che è stata annunciata - come diceva il sottosegretario - anche dalla società Serco Spa, non potrà essere percepita da questi lavoratori.
Il problema tuttavia non è questo: noi abbiamo a che fare con personale altamente specializzato e che ha svolto con capacità, nel corso di questi anni, la gestione di una commessa molto impegnativa e delicata per l'Agenzia spaziale europea. Si tratta in molti casi anche di lavoratori giovani che sono per l'appunto ingegneri informatici e che debbono trovare spazio nella gestione di questo servizio.
Io non vorrei che si determinasse il paradosso che, in questa situazione, alla fine, a rimetterci saranno i lavoratori; soggetti che, per riconoscimento unanime, hanno ben operato nella gestione della commessa, garantendo, con la loro professionalità, le condizioni ottimali per la gestione del servizio che l'Esa e, quindi, l'Esrin hanno affidato a Eds.
La società Eds e l'ente committente hanno bisogno di personale qualificato che, in parte, può essere reperito tra i lavoratori della Serco.
In tale contesto, si è chiesto al Governo (e mi dichiaro insoddisfatto della risposta), anche attraverso gli strumenti che sono propri del Ministero del lavoro, in particolare, dell'Agenzia per il lavoro, istituita presso la Presidenza del Consiglio, di porre in essere un'attività di mediazione tra le parti, perché credo che vi sono le condizioni, in questo caso, per trovare una compensazione. Tale attività di mediazione potrebbe essere utile all'impresa che dovrà gestire questo servizio, senza disporre di personale in grado di farlo, con tutte le difficoltà di una fase di avvio. Tali condizioni dovrebbero essere tenute in considerazione anche dall'ente committente.
Ritengo, pertanto, si possa trovare una mediazione, ma, da parte del Governo, ci dovrebbe essere l'impegno a svolgere questo tipo di attività e di mediazione, senza le quali non si può garantire un futuro occupazionale a questi lavoratori.
(Rinvio interpellanza urgente Villetti n. 2-00369)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore, sulla quale ha convenuto il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Villetti n. 2-00369 è rinviato ad altra seduta.
(Problemi occupazionali presso lo stabilimento Eaton di Massa - n. 2-00359)
PRESIDENTE. La deputata Cordoni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza Pag. 87n. 2-00359 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, non vorrei illustrare l'interpellanza, perché credo che il Governo, per rispondermi, l'abbia ben letta! Vorrei aggiungere solo alcuni elementi nuovi rispetto al giorno in cui questa interpellanza è stata presentata.
In questi giorni è stato convocato dal presidente della provincia un tavolo istituzionale, a cui hanno partecipato le organizzazioni sindacali, il management aziendale, insieme all'associazione degli industriali. In quel contesto, è stata sollevata una preoccupazione istituzionale nei confronti di uno stabilimento importante e significativo in un territorio, che ha già conosciuto nel passato profonde ristrutturazioni (mi riferisco a grandi stabilimenti nazionali, come la Dalmine e la Montedison).
Certo, non sarebbe facilmente tollerabile una nuova operazione di dismissioni!
Nel corso di quel confronto le istituzioni ed i sindacati hanno sostenuto che non era più possibile «sfogliare la margherita», perché quello stabilimento nel 2003 contava 570 dipendenti, oggi ne conta 370 e vi sono proposte di ulteriori messe in mobilità!
Il problema, pertanto, è quello di capire il disegno strategico di quest'azienda: si continua a ribadire che non vi è la scelta di abbandonare il nostro territorio e che quello stabilimento è un elemento importante ed essenziale per lo sviluppo di questa multinazionale, ma, anno dopo anno, si continua a «sfogliare la margherita».
Bisognerebbe capire - lo ritengo necessario - se a livello di Governo vi sia un piano, perché questa multinazionale nel nostro paese ha più di uno stabilimento. Inoltre, le sue capacità, i suoi poteri decisionali risiedono negli Stati Uniti d'America. Non sappiamo quale sia la missione di questo stabilimento, se riesca a realizzare quanto ad esso viene proposto dal management e dai veri proprietari.
Comunque in quell'incontro la pressione istituzionale e la minaccia di occupazione dello stabilimento, paventata dalle organizzazioni sindacali, hanno indotto il management locale a chiedere un mese di tempo, periodo entro il quale avrebbe effettuato ulteriori verifiche, assieme ai proprietari dello stabilimento ed a coloro che decidono, per valutare, per l'appunto, se sussistano le condizioni per tornare indietro rispetto all'ultima messa in mobilità che avevano proposto (si trattava di altri cinquanta lavoratori), nonché per ragionare intorno ad una ipotesi di piano industriale.
Tuttavia, non riteniamo, in un territorio come la provincia di Massa Carrara, di avere forza nei confronti di un'azienda multinazionale, che possiede numerosi stabilimenti in Italia. Già adesso non sappiamo quanto il nostro Governo potrà intervenire, proprio perché stiamo parlando di un'impresa di tali dimensioni, ma credo che l'ambito locale non sia sicuramente quello più idoneo per affrontare una discussione di questo tipo.
Ho voluto intervenire, quindi, non solo per aggiungere tali informazioni, ma per sottolineare nuovamente l'oggetto della mia interpellanza. Ribadisco, infatti, la richiesta al Governo di offrirci la possibilità di aprire un confronto anche a livello nazionale.
PRESIDENTE. Il viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, vorrei segnalare che non solo il ministero è a conoscenza delle questioni poste dall'interpellanza in esame, ma che vi sono anche dei precedenti in tal senso. Ricordo, infatti, che il ministro Bersani ha risposto in quest'Assemblea nella seduta del 14 giugno 2006 proprio ad un'interpellanza urgente riguardante lo sviluppo occupazionale di Eaton, che, come è stato già detto, è una multinazionale che ha diversi stabilimenti nel nostro paese.
È chiaro, come precedentemente affermato, che con le multinazionali abbiamo un problema delicato, concernente il fatto Pag. 88che le decisioni vengono assunte in sedi diverse rispetto al nostro paese, quindi ricadono spesso sui territori senza che si possa fronteggiarle in maniera adeguata.
Penso, tuttavia, che debba essere profuso il massimo impegno possibile, affinché si scongiurino ulteriori riduzioni occupazionali e non vengano ulteriormente compromesse le prospettive di sviluppo delle aree interessate. Quindi, impegno sia me stesso, sia l'intero ministero che rappresento in questa sede a dare una risposta positiva alla richiesta formulata nell'interpellanza in oggetto.
Siamo disponibili, infatti, ad aprire il tavolo nazionale che è stato invocato, coinvolgendo tutti gli attori in campo (l'azienda, le organizzazioni sindacali e le istituzioni locali), al fine di avere chiarezza circa l'intera strategia dell'impresa e cercare di sfruttare al massimo tutto ciò che è in nostro potere, al fine di imprimere un impulso alle prospettive occupazionali dell'azienda stessa e garantire ricadute positive sul territorio.
PRESIDENTE. La deputata Cordoni ha facoltà di replicare.
ELENA EMMA CORDONI. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatta della risposta data. Infatti, ci eravamo prefissati l'obiettivo di aprire un tavolo nazionale di confronto ed il viceministro D'Antoni, per conto del Ministero dello sviluppo economico, ha dato questa disponibilità.
Vorrei soltanto chiedere - anche se il rappresentante del Governo non mi potrà rispondere - che la convocazione di tale tavolo avvenga al più presto possibile, in modo da aggiungere rapidamente un altro tassello a questa vertenza.
(Situazioni di crisi industriale ed occupazionale nella regione Abruzzo - n. 2-00367)
PRESIDENTE. Il deputato De Laurentiis ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00367 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
RODOLFO DE LAURENTIIS. Signor Presidente, vorrei illustrare brevemente la mia interpellanza soprattutto per sottolineare alcuni aspetti.
L'obiettivo dell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, infatti, è proprio quello di richiamare la sensibilità del Governo su un problema che, ormai, sta esplodendo nella nostra regione. Si tratta della crisi strutturale del tessuto industriale e produttivo, che qualche anno fa riguardava soltanto alcune aree limitate e specifiche del territorio abruzzese e singoli casi.
Nella scorsa legislatura, più volte in quest'aula, ho richiamato l'attenzione del Governo sul caso della Oliit, una grande azienda che, solo nel comparto di Avezzano, impiegava circa 300 dipendenti.
Sempre in quest'aula, abbiamo avuto occasione di richiamare l'attenzione del Governo sulle vicende riguardanti il tessuto industriale de L'Aquila, con riferimento al quale è stato realizzato un provvedimento importante, concernente gli ammortizzatori sociali.
Ad oggi, cominciamo a registrare (ed è questo il dato preoccupante) un cedimento strutturale che coinvolge alcune realtà del nostro territorio che, fino a qualche anno fa, erano sopravvissute alla grande competizione globale.
Assistiamo al cedimento strutturale di alcune grandi aziende dell'area industriale della provincia di Chieti, ma l'esplosione di questa crisi industriale, che ha una notevole virulenza, si sta verificando nell'area peligna dove tre grandi aziende, la Finmek, la Lastra e la Crodo, si stanno ormai avviando verso la chiusura; tale evento coinvolgerà circa 400 famiglie.
Si tratta di cifre parziali, perché il viceministro D'Antoni conosce bene l'Abruzzo e, quindi, anche questa realtà e so che è già stato coinvolto in alcuni interventi su queste aree. Tuttavia (ed è il dato preoccupante), per la prima volta nella regione Abruzzo, si assiste ad una crisi strutturale del tessuto produttivo industriale con ricadute molto pesanti sui livelli occupazionali.
Probabilmente, il tessuto produttivo abruzzese, sviluppatosi anche nell'ambito Pag. 89degli aiuti comunitari, negli ultimi dieci, quindici anni, era riuscito a crescere e a svilupparsi all'interno di un mercato nel quale ancora non regnava una competizione così stringente e forte. Ora, in una fase di economia globale, i segni strutturali del disagio del tessuto produttivo abruzzese sono evidenti. Ciò impone alle istituzioni locali e nazionali di riflettere sui relativi provvedimenti.
L'interpellanza vuole avere anche l'obiettivo di un coinvolgimento più forte, il più autorevole possibile da parte del Governo, perché, soprattutto negli ultimi due anni, la crisi che si è determinata in questa regione non ha precedenti; peraltro, il governo regionale e quello provinciale, ad oggi, non mi sembra abbiano brillato per capacità e per iniziative intraprese e nell'individuazione di provvedimenti reali e concreti che vadano verso il soddisfacimento di questo bisogno primario, che è la difesa del tessuto industriale e, quindi, dei livelli occupazionali.
Vorrei chiedere al Governo se intenda porre in essere provvedimenti urgenti, visto la criticità della situazione, che, a mio avviso, devono seguire due filoni di intervento: da una parte, occorre lenire il rischio fortissimo della perdita consistente di posti di lavoro, così come si profila nelle diverse realtà territoriali; dall'altra, in una fase di affaticamento del tessuto produttivo, vi è la necessità che il governo regionale e della provincia, di intesa con il Governo centrale, individuino i provvedimenti che consentano al tessuto industriale di reggere la competizione o, comunque, di essere meno affaticato possibile nell'affrontare il mercato. Ad oggi, non vedo alcunché, ed è questa la nostro preoccupazione più forte su cui vogliamo richiamare l'attenzione del Governo.
PRESIDENTE. Il viceministro dello sviluppo economico, Sergio Antonio D'Antoni, ha facoltà di rispondere.
SERGIO ANTONIO D'ANTONI, Viceministro dello sviluppo economico. Signor Presidente, siamo consapevoli della fase descritta nell'interpellanza ed in particolare dall'onorevole De Laurentiis, poc'anzi intervenuto. Complessivamente il paese ha attraversato e sta attraversando una fase ancora di passaggio e di sviluppo non adeguato. Quest'anno abbiamo avuto alcuni segnali che lasciano ben sperare, tuttavia siamo ancora in un momento in cui la trasformazione, l'innovazione, la competitività e la competizione globale creano problematiche assolutamente nuove e diverse.
Non vi è dubbio che in questo quadro alcune regioni, come l'Abruzzo, che negli anni passati aveva fatto grossi passi in avanti, attraversano una fase particolare di crisi. In alcune zone delle province di Chieti e de L'Aquila la crisi è esplosa in maniera significativa per un serie di circostanze che hanno determinato tale situazione. Non solo ne siamo consapevoli, ma siamo anche convinti che bisogna fornire una risposta al quadro generale e alla situazione particolare delle singole crisi che attraversa la regione Abruzzo.
A livello generale abbiamo cercato di fornire alcune risposte nella legge finanziaria, differenziate rispetto al resto del paese per le otto regioni meridionali, tra le quali è compreso l'Abruzzo. Questa regione, avendo attraversato la fase di sviluppo, è passata per le normative comunitarie da zona obiettivo 1 a zona obiettivo 2. Tuttavia, abbiamo messo in moto tre provvedimenti in cui non operiamo tale distinzione: un intervento relativo all'abbattimento del cuneo fiscale, differenziato per le aree meridionali delle otto regioni; un intervento che riguarda le otto regioni relativo al credito d'imposta per investimenti; un intervento relativo all'individuazione di zone urbane franche che riguarderà ancora una volta queste otto regioni. Abbiamo preso tali provvedimenti proprio perché ci rendiamo conto che fare una distinzione all'interno di queste regioni sarebbe stato sbagliato se si voleva incentivare complessivamente lo sviluppo e superare il momento di crisi.
Dall'altro lato, non vi è dubbio che esiste una necessità specifica riassumibile in due questioni. Intanto, secondo la nuova impostazione del quadro comunitario Pag. 90di sostegno 2007-2013, si devono individuare le aree, il numero di abitanti e la popolazione che potranno godere degli aiuti che l'Unione europea considera di Stato. In proposito l'Unione ha individuato (e noi lo abbiamo confermato) nelle regioni l'interlocutore che deve fornire in tempi brevi tale indicazione relativamente ai territori ed alle popolazioni che potranno usufruire degli aiuti ritenuti ammissibili da parte comunitaria. In proposito, insisteremo perché ci sia data tale risposta.
Contemporaneamente, dobbiamo seguire le crisi locali laddove esse si verificano, dando loro una risposta. Come ricordato, ad esempio è questo il caso della Oliit, il cui provvedimento di messa in liquidazione è stato accompagnato da un altro preso dal ministero del lavoro in cui figurano interventi relativi al sostegno al reddito tramite ammortizzatori sociali. Tuttavia, ad essi va abbinata la ricerca di nuovi imprenditori che possano proseguire l'attività in questione, con l'affidamento al consorzio industriale di Avezzano del sito produttivo in modo che venga destinato allo stesso scopo. Seguiremo tutto questo con impegno e determinazione.
Tale impegno vale anche per la valle peligna e per la crisi esplosa in alcune aziende della zona. Stiamo cercando altri interlocutori e la possibilità di allargamento per aziende già esistenti, in modo da fornire una risposta a questa emergenza all'interno del quadro che prima ho descritto. Non vi è dubbio che tutti noi dobbiamo impegnarci con gli strumenti che abbiamo e che l'Unione europea consente di utilizzare per quanto riguarda gli aiuti. Inoltre, bisogna intervenire con interventi specifici sulle singole aziende per fronteggiare la crisi e riaprire una fase di sviluppo come quella che aveva visto l'Abruzzo protagonista e che a mio avviso potrà ritornare se tale ragione sarà aiutata e sostenuta in maniera sostanziale durante questa fase di passaggio e di crisi in cui ora versa.
PRESIDENTE. Il deputato De Laurentiis ha facoltà di replicare.
RODOLFO DE LAURENTIIS. Grazie, Presidente. Vede, viceministro D'Antoni, io non sono tra quanti ritengono che il Governo, espresso da qualsivoglia forza politica, possa risolvere le crisi industriali. Non ho mai avuto questa convinzione, anche in tempi non sospetti.
Anche le interpellanze che ho presentato nella scorsa legislatura erano motivate soprattutto dal fatto che credo che in questa regione stia declinando un modello di sviluppo, che era un modello di sviluppo forte, che aveva dato dei risultati importanti, tant'è vero che l'Abruzzo era uscito dalle regioni dell'obiettivo 1, è stato tra i primi ad uscire dall'obiettivo 1.
Mi fa piacere che stiamo rientrando nel quadro di aiuti comunitari previsti dall'articolo 87, comma 3, lettera c), del Trattato, operazione che suggerivamo da tempo anche negli anni precedenti, ma il punto critico è che manca un nuovo modello di sviluppo intorno a cui costruire un quadro economico e sociale di sviluppo e di crescita in quella regione.
È questo il punto di partenza. Allora, rispetto a questo io credo che si possa e si debba fare molto di più di quanto è stato fatto finora, perché da una parte abbiamo la necessità, dove possibile, nelle singole realtà di crisi industriale, di interloquire con nuovi soggetti imprenditoriali capaci e sopratutto volenterosi nell'avviare e nel riprendere questa realtà e rilanciarle sul mercato. Occorrono quindi nuovi imprenditori che abbiano interesse a investire in quell'area. Dall'altro lato, c'è necessità di un quadro di provvedimenti strutturali, che intervengano su crisi strutturali. Questo è il punto di partenza.
Detto ciò, credo che fra le cose che lei ci ha detto, e quelle che vediamo in quella regione, ci sia un gap enorme : quello della assenza della definizione di questo nuovo modello di sviluppo per l'Abruzzo da parte di chi ha un ruolo primario, cioè il governo della regione.
Ci dispiace che questo avvenga, anzi, devo dire che non vogliamo che questo avvenga in un momento di transizione economica forte, in cui bisogna avere le idee chiare e perseguire gli obiettivi con Pag. 91determinazione e volontà, perché il tempo, questo tempo che stiamo perdendo anche in questi giorni, queste settimane, nessuno più lo ridarà a quella regione. Nuove opportunità verranno meno e, probabilmente, non basterà soltanto limitarsi a credere che prima o poi l'Abruzzo possa ritornare a crescere.
Penso che continueremo a sollevare questo tema perché ci aspettiamo dal Governo, non nutrendo grandi aspettative da parte di quello regionale ci aspettiamo almeno dal ministro dello sviluppo un maggiore apporto e un aiuto nella definizione di questi provvedimenti strutturali, di cui l'Abruzzo ha bisogno.
(Rinvio interpellanza urgente Di Gioia - n. 2-00326)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento della interpellanza urgente Di Gioia n. 2-00326 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio interpellanza urgente Misuraca n. 2-00360)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Misuraca n. 2-00360 è rinviato ad altra seduta.
(Piano di riorganizzazione della società Unipol - n. 2-00328)
PRESIDENTE. L'onorevole Fratta Pasini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00328 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor Presidente, signor sottosegretario, i piccoli azionisti della Aurora assicurazioni hanno fortemente protestato, anche a mezzo stampa, contro il piano di riorganizzazione dell'Unipol. Questo piano prevede l'acquisto della compagnia di assicurazioni Aurora.
Essi hanno protestato in particolare per quanto riguarda il prezzo, che è stato stabilito dall'OPA, che viene da loro ritenuto molto penalizzante. Hanno protestato anche per il mancato incasso del dividendo del 2006. In effetti, nel mese di gennaio la stampa riportava nel dettaglio il piano di riorganizzazione che la società di assicurazione Unipol, attraverso la comunicazione e il lancio di un'offerta pubblica di acquisto totalitaria sulle azioni di Aurora assicurazioni, intende promuovere.
Il medesimo articolo riporta, in maniera dettagliata, le fasi dell'offerta pubblica d'acquisto per una quota pari al 33,34 per cento del capitale di Aurora, che ancora la compagnia bolognese in questo momento non possiede, evidenziando che, per ciascun titolo, Unipol è disposto a spendere 2,45 euro, per un controvalore complessivo di circa 750 milioni di euro.
L'offerta pubblica d'acquisto riguarda le quote detenute da due cooperative della Legacoop, Kora e Ariete, entrambe detentrici di un pacchetto del 9,99 per cento di Aurora, dalla finanziaria del gruppo Finsoe, che possiede il 7,022 per cento, nonché da altri soci minori, che possiedono complessivamente il 6,34 per cento.
Sempre secondo questi articoli di stampa, signor Presidente, al termine dell'offerta pubblica d'acquisto, la compagnia Unipol provvederà allo scorporo dell'intero ramo d'azienda assicurativo, che sarà conferito ad una controllata appositamente costituita, e la stessa operazione sarà fatta anche da Aurora, che successivamente verrà incorporata in Unipol, società quotata.
La sola alternativa, per chi non aderisse a questa offerta pubblica d'acquisto, sarebbe o il concambio in azioni Unipol, all'atto della futura fusione, o il diritto di recesso previsto dal codice civile, che tutela gli azionisti di minoranza che non condividono un cambiamento dell'oggetto sociale, oppure la limitazione del diritto di voto, ma entrambe queste soluzioni comporterebbero Pag. 92una forte penalizzazione economica per i piccoli azionisti di Aurora.
Signor Presidente, signor sottosegretario, proprio prendendo spunto dal caso dell'Unipol, a nostro avviso il Governo dovrebbe intraprendere delle iniziative a garanzia della trasparenza dei mercati finanziari, per tutelare in particolare i diritti dei piccoli risparmiatori.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Massimo Tononi, ha facoltà di rispondere.
MASSIMO TONONI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, sulla base degli elementi forniti dalla Consob, ricordo innanzitutto che il documento avente ad oggetto l'offerta pubblica d'acquisto volontaria e totalitaria sulle azioni di Aurora da parte di Unipol è stato pubblicato il 26 gennaio di quest'anno, previo consenso rilasciato dalla Consob stessa il 24 gennaio, e che l'offerta è iniziata il 29 gennaio ed avrà termine il 2 marzo 2007.
Come è noto, ed anche come richiamato dall'onorevole interpellante, Unipol esercita il controllo su Aurora, con il possesso diretto di una quota del relativo capitale pari al 66,66 per cento del capitale e svolge, altresì, attività di direzione e coordinamento nei confronti della stessa, ai sensi degli articoli 2497 e seguenti del codice civile.
L'offerta promossa da Unipol è di tipo volontario ed è rivolta all'acquisto, ad un prezzo unitario di euro 2,45, di tutte le azioni ordinarie Aurora non possedute direttamente dall'offerente, alla data di pubblicazione del documento.
L'offerta si colloca nel contesto di un articolato progetto di riassetto ed integrazione del gruppo Unipol, le cui modalità di attuazione sono state individuate dall'offerente nel piano industriale 2006-2009, approvato il 13 settembre 2006 ed in pari data reso noto al mercato.
Le linee generali di tale progetto sono state deliberate, per quanto di rispettiva competenza, dai consigli di amministrazione di Unipol e di Aurora in data 11 dicembre 2006. In particolare, nell'ambito dell'operazione, dopo il completamento dell'offerta, è previsto innanzitutto lo scorporo da Unipol del ramo di azienda assicurativo in favore di una società appositamente costituita e interamente controllata dalla stessa Unipol. Lo stesso dicasi per quanto riguarda Aurora, che scorporerà il ramo di azienda assicurativo in favore di una società appositamente costituita, interamente controllata dalla stessa Aurora. Infine, vi sarà la fusione per incorporazione di Aurora in Unipol con mantenimento, da parte della società risultante, dello status di società quotate in borsa.
Il progetto di fusione per incorporazione sarà sottoposto all'approvazione dei rispettivi consigli d'amministrazione entro il prossimo mese di marzo (e comunque dopo il completamento dell'offerta pubblica d'acquisto volontaria). Le assemblee straordinarie di Unipol e di Aurora chiamate a deliberare sull'approvazione della fusione - che non è sottoposta a nessuna condizione - si terranno rispettivamente nei mesi di aprile e maggio 2007. Il completamento dell'operazione di fusione e la decorrenza dei relativi effetti giuridici sono previsti entro la fine del prossimo mese di luglio.
In conseguenza dell'efficacia della fusione, tutte le azioni di Aurora non possedute da Unipol verranno annullate e, in base al rapporto di cambio, sostituite con azioni ordinarie e privilegiate Unipol di nuova emissione che saranno quotate al pari delle azioni Unipol già in circolazione e attribuiranno ai loro possessori diritti equivalenti a quelli riconosciuti agli attuali azionisti Unipol.
Il rapporto di cambio in base al quale le azioni ordinarie e privilegiate Unipol verranno assegnate, nell'ambito della fusione, per ciascuna azione ordinaria Aurora non conferita all'offerta sarà ricompreso nel seguente intervallo: azioni ordinarie Unipol fra 0,431 millesimi e 0,511 millesimi e azioni privilegiate Unipol tra 0,266 millesimi e 0,315 millesimi.Pag. 93
Si precisa che la fissazione del rapporto di cambio definitivo verrà effettuata dai consigli di amministrazione delle due società che redigeranno il progetto di fusione, prevedibilmente, entro il prossimo mese di marzo.
Il valore di liquidazione delle azioni Aurora eventualmente oggetto di recesso, pari a euro 2,30, è stato approvato dal consiglio di amministrazione di Aurora lo scorso 18 gennaio ed è stato oggetto di apposita comunicazione da parte della società.
Si aggiunge che nelle avvertenze del documento di offerta è stata fornita una completa descrizione sui diversi profili (discipline giuridiche, modalità e tempistica) concernenti il diritto di recesso che, in specifiche fasi dell'operazione, può essere esercitato dei soggetti interessati.
La Consob ha chiesto, altresì, che venisse inserita nella premessa del documento una specifica tabella contenente tutte le informazioni attinenti l'esercizio del diritto di recesso; ciò per consentire ai destinatari dell'offerta di poter effettuare un'immediata valutazione comparativa, sotto il profilo economico, delle alternative disponibili nell'ambito dell'operazione di cui l'offerta stessa è parte.
Con specifico riferimento, poi, ai piccoli azionisti di Aurora, per i quali la fattispecie in esame, secondo quanto riportato nell'interpellanza urgente, non costituirebbe una «offerta pubblica di acquisto, ma un puro e semplice obbligo da parte degli azionisti di consegnare all'Unipol le azioni Aurora al prezzo loro imposto», la Consob ha precisato che l'operazione si qualifica, sia nella forma sia nella sostanza, come un'offerta pubblica di acquisto volontario ai sensi degli articoli 102 e seguenti del decreto legislativo n. 58 del 1998, i cui termini e condizioni sono contenuti nel citato documento di offerta.
In via generale, la funzione del suddetto documento è quella di fornire «le informazioni necessarie» per consentire ai destinatari dell'offerta di pervenire ad un «fondato giudizio» sulla medesima. Sulla base delle informazioni riportate nel documento di offerta, ciascun azionista assume dunque le proprie determinazioni riguardo all'adesione all'operazione.
Trattandosi di offerta volontaria, tale circostanza assume specifico rilievo ai fini del corrispettivo stabilito per gli aderenti, la cui determinazione - a differenza di quanto avviene per le offerte di tipo obbligatorio - non è soggetta a criteri imposti dalla legge. Il prezzo d'offerta è, infatti, liberamente determinato dall'offerente e il controllo della Consob si incentra sulla completezza e trasparenza delle informazioni contenute nel documento di offerta e sul rispetto delle norme di legge e regolamentari che disciplinano lo svolgimento dell'offerta.
Si soggiunge peraltro che, relativamente all'offerta in questione, nel comunicato approvato ai sensi dell'articolo 103 del TUF, il consiglio di amministrazione di Aurora ha espresso parere favorevole all'offerta, ritenendo congruo il prezzo stabilito dall'offerente. Il consiglio ha, inoltre, conferito apposito incarico a Credit Suisse Securities (Europe) Ltd di redigere una fairness opinion circa la congruità del prezzo d'offerta.
In proposito, nell'ambito dell'iter istruttorio, è stato chiesto di integrare il documento con informazioni contenute nella predetta fairness opinion e la descrizione sintetica dei metodi utilizzati dall'advisor in relazione all'incarico ricevuto.
Il documento contiene, pertanto, tutte le informazioni tipiche richieste dallo schema regolare di riferimento; in particolare, nel paragrafo E («Corrispettivo unitario e sua giustificazione») sono state descritte le metodologie utilizzate nella determinazione del corrispettivo con relative ipotesi di risultati scaturenti dall'applicazione di ciascun metodo.
Per quanto concerne il confronto tra il corrispettivo offerto delle azioni ed i prezzi ai quali sono state scambiate le azioni Aurora, si rileva che le stesse sono state negoziate come titoli diffusi nel sistema di scambi organizzati (il cosiddetto Temex) sino all'aprile 2006. Attualmente l'operatività di tale sistema è sospesa, in vista di modifiche al regolamento disciplinante Pag. 94il suo funzionamento anche in relazione alla nuova normativa introdotta dalla direttiva MIFID.
Sotto altro profilo, viene rilevato nell'interpellanza che l'alternativa per chi non aderisca all'offerta sarebbe il concambio in azioni Unipol all'atto della futura fusione o il diritto di recesso previsto dal codice civile, in entrambi i casi con effetti penalizzanti per i piccoli azionisti.
Al riguardo, la Consob ha fatto presente che agli azionisti Aurora che non concorreranno all'assunzione della delibera di approvazione del progetto di fusione spetterà il diritto di recesso (ex articolo 2437 del codice civile) ad un valore unitario di liquidazione delle azioni Aurora stabilito in 2,30 euro.
Nel documento si riferisce che tale valore di liquidazione tiene conto dell'attuale consistenza e struttura patrimoniale di Aurora, nonchè delle sue prospettive reddituali, prima di eventuali distribuzioni di utili e di riserve e dovrà, quindi, essere eventualmente diminuito dell'importo effettivamente corrisposto a ciascuna azione a titolo di distribuzione di utili e/o riserve, anche se relative a precedenti esercizi. Tale circostanza si verificherà nelle ipotesi in cui le azioni dei soci recedenti siano liquidate in data posteriore a quella di pagamento dell'eventuale dividendo. Al riguardo si segnala che tale metodologia di valutazione è prevista dal codice civile all'articolo 2437-ter, comma 2.
Per quanto attiene al rapporto di concambio che verrà utilizzato nell'ambito della fusione, si evidenzia che nel documento viene indicato che l'intervallo fissato riflette la valorizzazione delle due società partecipanti alla fusione, su base stand alone e che, ai fini della sua determinazione, sono state adottate metodologie di valutazione usualmente utilizzate in operazioni di simile natura.
Pertanto, nel contesto della fusione, gli azionisti dell'emittente che non aderiranno all'offerta e manterranno la disponibilità delle azioni ordinarie Aurora sino al perfezionamento della fusione (prevista per il mese di luglio 2007), riceveranno un numero di azioni ordinarie e privilegiate Unipol, determinato in base alla proporzione attualmente esistente fra le due categorie di azioni, ordinarie e privilegiate.
Altro aspetto evidenziato nell'atto parlamentare consiste nella circostanza che la tempistica con la quale Unipol ha deciso di «chiudere» l'operazione (entro il prossimo mese di marzo) è tale per cui agli azionisti Aurora che aderiranno all'offerta non sarebbe corrisposto un dividendo adeguato.
In via preliminare, si fa presente che la decisione di procedere alla corresponsione dei dividendi ai soci, nonché la determinazione del relativo ammontare, compete, per legge, al consiglio d'amministrazione della società emittente ed è approvata dall'assemblea ordinaria della società; in altri termini, il diritto degli azionisti a ricevere il dividendo non è assoluto.
Si deve, pertanto, osservare che in capo ad Aurora - anche a prescindere dalla tempistica dell'operazione - non sarebbe comunque sorto alcun obbligo a corrispondere agli azionisti i dividendi relativamente all'esercizio 2006.
In ogni caso, attesa la rilevanza della questione, adeguata informativa è stata inserita nel documento nel paragrafo «Avvertenze», nonché in quello relativo alle motivazioni ed ai programmi futuri dell'offerente per quel che riguarda l'attività dell'emittente.
In via conclusiva, si aggiunge che il piano di riassetto del gruppo Unipol (nell'ambito del quale l'offerta è stata promossa) è stato approvato nello scorso mese di dicembre e contestualmente reso noto al mercato; in tale occasione sono stati definiti compiutamente gli aspetti economici dell'operazione (concambio, diritto di recesso e prezzo di offerta).
PRESIDENTE. Il deputato Fratta Pasini ha facoltà di replicare.
PIERALFONSO FRATTA PASINI. Signor sottosegretario, non vi è dubbio che non possiamo ritenerci soddisfatti della risposta.
Non abbiamo messo in dubbio la liceità di questo atto: nella forma e nella sostanza sappiamo che i piccoli azionisti hanno il 6 Pag. 95e 34 per cento e chi ha deciso, oltre a Unipol, sono Legacoop, Kora e Ariete. Non vi è dubbio che non vi sia un problema sull'atto dal punto di vista formale di questa operazione. Secondo i piccoli azionisti di Aurora, però, queste operazioni non costituiscono una offerta pubblica di acquisto, ma un obbligo di consegnare all'Unipol, e a tutti gli altri azionisti che hanno preso tale decisione, le loro azioni ad un prezzo che è già imposto. Sembra, infatti, molto sospetta, come ha evidenziato anche lei, la tempistica (entro marzo) e in tal modo anche agli azionisti Aurora non verrebbe neppure riconosciuto, secondo loro, un dividendo adeguato. A giudizio di questi piccoli azionisti della compagnia di assicurazioni Aurora, dunque, queste operazioni non costituirebbero un'offerta d'acquisto, ma un puro e semplice obbligo da parte degli azionisti di consegnare all'Unipol le azioni al prezzo da loro imposto.
Prendendo ad esempio il caso così penalizzante di un gruppo di piccoli azionisti, ci saremmo aspettati dal Governo una risposta più convincente più che il resoconto di quanto è successo, che più o meno, forse in modo meno dettagliato, anche noi conoscevamo, o qualche rassicurazione, anche alla luce della recente innovazione della normativa a tutela della trasparenza dei mercati finanziari e dei diritti dei risparmiatori e anche quindi dei piccoli azionisti. Si tratta di innovazioni che, voglio ricordare, sono state introdotte dopo una serie di gravissimi scandali finanziari, che hanno danneggiato centinaia di migliaia di piccoli risparmiatori, che, purtroppo, per troppo tempo sono stati considerati, e tuttora lo sono, come un «parco buoi» (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
(Rinvio interpellanza urgente D'Alia n. 2-00353)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente D'Alia n.2-00353 è rinviato ad altra seduta.
(Riorganizzazione degli uffici giudiziari della direzione distrettuale antimafia di Palermo - n. 2-00365)
PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di illustrare l'interpellanza Leone n. 2-00365 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8), di cui è cofirmataria.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, la necessità di presentare l'interpellanza deriva da una legittima preoccupazione, avvertita da parte sia della politica, sia a mio avviso di tutti i cittadini che hanno appreso - dai giornali locali e dalle agenzie di stampa - quanto accaduto nei giorni precedenti con riferimento alla questione relativa all'ufficio di Palermo. Ho fatto ricorso alla formula «legittima preoccupazione» perché sostanzialmente, purtroppo, il tribunale di Palermo è «arcinoto» nella storia per tutta una serie di controversie e veleni che, succedutisi negli anni, hanno determinato situazioni gravi e tragiche per l'intera sicurezza del territorio meridionale.
Sono note l'importanza dell'ufficio, dei compiti che deve svolgere, nonché la necessità che si trovino in un clima sereno quanti vi operano con la loro professionalità, che sicuramente in gran parte sussiste.
Per quanto riguarda la percezione della giustizia da parte del cittadino, tuttavia, si pone la necessità di sapere che tutto è trasparente e che, quando si affrontano casi della delicatezza di quelli che purtroppo si trova a trattare la direzione distrettuale antimafia di Palermo, vi sia la massima armonia e tranquillità. Quindi, voglio chiarire che questa interpellanza non ha alcun intento polemico, al contrario intende, se possibile, rasserenare il clima; soprattutto, mi auguro che il Governo fornisca delle possibili risposte per quanto di sua competenza.
Per spiegare per sommi capi i fatti, dirò quanto segue. Nel corso dell'audizione presso la Commissione antimafia il procuratore nazionale antimafia, dottor Piero Pag. 96Grasso, magistrato stimato unanimemente per i risultati raggiunti nella sua professione, dichiara di essere sostanzialmente venuto a conoscenza della ristrutturazione organizzativa della direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica presso il tribunale di Palermo soltanto attraverso i giornali.
La denuncia è seria perché, a norma di legge, tale riorganizzazione avrebbe dovuto essergli preventivamente comunicata. La notizia di una riorganizzazione già effettuata ma non comunicata il giorno successivo è stata smentita dal procuratore capo di Palermo, dottor Messineo; la smentita non è ufficiale, ma è stata diffusa dalla stampa dopo che è trapelata da una riunione riservata avvenuta tra lo stesso procuratore Messineo ed alcuni dei suoi procuratori aggiunti. Come dichiara il dottor Grasso - il che veramente desta preoccupazione - sempre a mezzo di notizie stampa si è appreso anche di una infelice frase del dottor Messineo, nel senso che ai fini della ristrutturazione dell'ufficio «ha degli impegni da onorare, equilibri da garantire».
Il problema è che proprio la ristrutturazione della direzione distrettuale antimafia di Palermo, negli anni scorsi, quando procuratore di Palermo era il dottor Piero Grasso, era stata al centro di un'enorme querelle finita dinanzi al Consiglio superiore della magistratura. Il dottor Grasso, infatti, era per così dire stato ritenuto colpevole di avere estromesso della direzione distrettuale antimafia alcuni importanti procuratori aggiunti, senza considerare che questo era avvenuto semplicemente perché la legge prevedeva un limite nel periodo di permanenza presso la direzione distrettuale antimafia.
Quindi, proprio per la paura che si possa ricreare un clima di questo genere, ritengo vi sia la necessità - anche, se possibile, nell'ambito delle sue competenze, signor rappresentante del Governo - di un intervento ministeriale.
La frase del dottor Messineo purtroppo non è stata - come avremmo voluto - smentita nell'immediato, lo è stata soltanto dopo quattro o cinque giorni, secondo quanto riportano le fonti stampa. I giornali attribuiscono a questa frase il significato di una sorta, come sostiene il dottor Grasso, di nomina di scambio: in altri termini il dottor Messineo avrebbe ottenuto i voti di alcune correnti della magistratura in seno al Consiglio superiore della magistratura per la sua nomina a procuratore capo, in cambio del ritorno di alcuni equilibri alla direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Palermo.
Capite bene che la situazione è grave e delicata, per la fiducia che chiunque di noi deve avere sia nell'operato dei magistrati e nel loro senso ovviamente di responsabilità, sia soprattutto - lo sottolineo - nelle modalità (se queste parole sono vere) con cui il Consiglio superiore della magistratura continua ad operare nell'attribuire incarichi direttivi negli uffici giudiziari.
Aggiungo a quanto detto una preoccupazione ulteriore. Sempre secondo quanto riportano le note stampa - perché per il momento ci risultano solo note stampa - tutti i procuratori aggiunti della procura della Repubblica di Palermo sarebbero applicati alla direzione distrettuale antimafia, conseguentemente nessun procuratore aggiunto coordinerebbe l'attività di contrasto alla criminalità ordinaria nel distretto di Palermo.
Ora, è chiaro che i reati di mafia a Palermo sono gran parte dei reati, però in questo caso, onorevole sottosegretari, forse bisognerà cominciare a discutere in maniera seria in Parlamento su come riorganizzare la lotta alla mafia e se tutto sommato abbia ancora senso e sia tuttora valida la strutturazione in direzioni distrettuali antimafia, creata con notevole successo vent'anni fa.
Aggiungo inoltre che il procuratore Messineo sostiene che la necessità di questa riorganizzazione deriva dal fatto che occorreva frammentare le competenze, in maniera tale che si potesse avere una visione disarticolata, cioè che ciascun procuratore applicato potesse avere una zona di influenza, ma che vi fosse poi in qualche modo una convergenza. Va tutto bene in astratto, salvo che ad uno dei procuratori Pag. 97aggiunti, al dottor Scarpinato, non solo viene attribuita la competenza sul tribunale di Trapani, ma anche quella sulla cosiddetta criminalità economica. È difficile immaginare una criminalità mafiosa, che non abbia attinenza con la criminalità economica. Cosa vuol dire tutto questo?
Sono consapevole che in questa fase il ministero non ha reali strumenti di intervento, se non quelli ordinari. Credo però che sia necessario avere un momento di chiarezza da parte del Governo e mi auguro, dopo tutto ciò che è stato scritto sui giornali, che oggi finalmente con l'intervento del sottosegretario avremo perlomeno un documento ufficiale su una circostanza incresciosa, che speriamo sia solo un incidente, che possa chiudersi il più serenamente possibile e al più presto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Luigi Li Gotti, ha facoltà di rispondere.
LUIGI LI GOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Effettivamente il 5 febbraio 2007 il procuratore della Repubblica di Palermo, il dottor Messineo, ha adottato un nuovo documento organizzativo della direzione distrettuale antimafia, con cui si prevede che tutti i procurati aggiunti, compresi il dottor Lo Forte e il dottor Scarpinato, facciano parte della direzione distrettuale antimafia e che ad essi vengano affidati compiti di collaborazione con il procuratore della Repubblica, nella gestione di tutti i procedimenti di competenza della direzione distrettuale antimafia.
Questo assetto organizzativo deciso dal dottor Messineo non è ancora vigente, in quanto la sua concreta efficacia è stabilita a partire dal 1o marzo 2007. Con nota del 7 febbraio 2007 questo nuovo assetto è stato comunicato al Consiglio superiore della magistratura, al procuratore generale di Palermo e al procuratore nazionale antimafia. Nella stessa data del 7 febbraio 2007, la medesima comunicazione hanno ricevuto tutti i procuratori aggiunti interessati dal nuovo assetto.
L'ordinamento giudiziario, all'articolo 70-bis, quarto comma, recita: «Salvo che nelle ipotesi di prima costituzione della direzione distrettuale antimafia, la designazione dei magistrati avviene sentito il procuratore nazionale antimafia. Delle eventuali variazioni nella composizione della direzione il procuratore distrettuale informa preventivamente il procuratore nazionale antimafia».
Con nota del 8 febbraio 2007, il procuratore Messineo inviava al Consiglio superiore della magistratura la sua interpretazione, peraltro condivisa anche da altre procure, dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, scrivendo: «Trattandosi di due prescrizioni distinte - ossia la designazione e la variazione nella composizione - e non potendosi, senza fondata ragione, attribuire al legislatore formulazioni normative inutilmente pleonastiche o contraddittorie, sembra allo scrivente che le due distinte previsioni normative si riferiscano a due situazioni del tutto separate e diversificate. Ed, invero, la designazione dei magistrati è la scelta dei sostituti destinati a comporre la DDA, scelta che, secondo il vigente impianto paranormativo, viene effettuata mediante una sorta di procedura di concorsi, in base ai criteri stabiliti per legge "delle specifiche attitudini e delle esperienze professionali"».
Il procuratore di Palermo ha rilevato che è tuttora in corso una procedura di scelta per la designazione di quattro magistrati a copertura di altrettanti posti vacanti e che tale procedura sarà espletata in conformità dell'articolo 70-bis, sentito il procuratore nazionale antimafia.
Altra cosa - assume il procuratore Messineo - è, invece, la seconda ipotesi prevista dalla normativa, ossia la variazione delle composizione. Egli scrive: «Variazione nella composizione della direzione (...) nozione questa che non può identificarsi con la designazione dei magistrati e che postula necessariamente un proprio spazio di autonomia logica e fattuale».
«Certamente appartiene alla nozione di composizione della DDA il diverso assetto e la diversa distribuzione delle competenze attuate con il provvedimento in esame, ma Pag. 98vi appartiene anche l'attribuzione ai procuratori aggiunti di incarichi di collaborazione con il procuratore della Repubblica nella gestione delle indagini. Relativamente a tali incarichi (peraltro attribuiti a tutti i procuratori aggiunti, senza eccezione alcuna) incongruo sarebbe ogni riferimento ad una procedura di designazione che tenga conto dell'attitudine e dell'esperienza professionale, perché si tratta di incarichi di collaborazione conferiti ai procuratori aggiunti come tali e che, normalmente, non potrebbero essere espletati dai sostituti».
Secondo il procuratore Messineo, «la speciale natura degli incarichi di collaborazione conferita ai procuratori aggiunti operanti in DDA che hanno sempre svolto funzioni diverse e distinte dai magistrati assegnati alla DDA si estrania dalla nozione di designazione e rende ad essi applicabile la norma di cui alla seconda parte dell'articolo 70-bis, ultimo capoverso. Ne deriva - conclude il procuratore Messineo - che per gli incarichi di collaborazione dei procuratori aggiunti l'adempimento da osservarsi è la preventiva comunicazione al procuratore nazionale antimafia, formalità questa puntualmente attuata».
In proposito, secondo il procuratore Messineo, l'esigenza della preventiva informazione dovrebbe considerarsi soddisfatta, dato che il provvedimento inviato per comunicazione al procuratore nazionale non era efficace al momento della sua adozione, diventandolo soltanto il primo marzo del 2007, quindi in epoca successiva alla relativa comunicazione del 7 febbraio 2007.
Il procuratore di Palermo ha rilevato che la norma prescrive la preventiva informazione «delle eventuali variazioni nella composizione della direzione (...) assunte quale dato già oggettivato e non anche del proposito o dell'intento di attuare tali variazioni» ed ha ritenuto, quindi, di aver rigorosamente applicato, nel caso in questione, il secondo inciso del quarto comma dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario.
Il procuratore nazionale antimafia, il dottor Piero Grasso, a cui sono state chieste informazioni, ha sottolineato che la normativa in vigore, ed in particolare l'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario, muoverebbe dall'intento di assicurare che nei momenti cruciali della formazione delle direzioni distrettuali il procuratore nazionale antimafia possa offrire il proprio contributo, arricchito dalla natura del suo ufficio e dalla molteplicità delle esperienze acquisite in tutto il territorio dello Stato.
Al riguardo, lo scorso 12 febbraio il procuratore nazionale antimafia ha investito della questione trattata dagli interroganti il Consiglio superiore della magistratura, richiamando l'attenzione sull'importanza della tempestività dell'informazione in tema di variazione della composizione delle direzioni distrettuali antimafia, per cui l'articolo 70-bis prevede espressamente l'informazione preventiva del procuratore nazionale antimafia.
Nella nota diretta al CSM il dottor Grasso ha rappresentato che l'informazione preventiva sarebbe finalizzata, nella logica di collaborazione istituzionale, all'espressione di un parere consapevole e motivato, la cui utilità verrebbe meno se il provvedimento su cui il parere deve essere espresso fosse già oggetto di dettagliate notizie di stampa.
Il ministro della giustizia, che considera di primaria importanza lo sforzo congiunto delle istituzioni dello Stato nella lotta alla mafia e che ritiene essenziale in tale ambito il ruolo di coordinamento delle attività investigative in capo al procuratore nazionale antimafia osserva che la questione giuridica, le due diverse posizioni di interpretazione dell'articolo 70-bis dell'ordinamento giudiziario sono a prima vista obiettivamente di natura problematica, nel senso che non può assumersi che la tesi sostenuta dal procuratore di Palermo sia destituita di fondamento.
Peraltro il procuratore Messineo ha spiegato che l'attribuzione di nuovi compiti ai procuratori aggiunti rientrasse nell'ipotesi di cui alla seconda parte del comma quarto dell'articolo 70-bis e non in Pag. 99quella prevista dalla prima parte del suddetto comma. L'interpretazione potrà indubbiamente essere opinabile, ma non sembra che di per sé possa integrare un'ipotesi di abnormità, arbitrarietà o abuso.
Al contempo, se è vero che la seconda parte del citato quarto comma dell'articolo 70-bis prescrive che la comunicazione al procuratore nazionale sia preventiva, è anche vero che nel caso di specie non può non assumere un certo rilievo la circostanza che la comunicazione, pur seguendo l'adozione del provvedimento del procuratore, prevedeva l'entrata in vigore dello stesso in momento differito rispetto alla comunicazione, datata 7 febbraio 2007 con operatività 1 marzo 2007.
Pertanto il ministro della giustizia, allo stato, non ritiene di adottare provvedimenti che, secondo le norme vigenti, troverebbero il loro presupposto soltanto nella macroscopicità della violazione di legge, nell'abnormità, arbitrarietà ed inescusabilità di atti compiuti, considerando altresì istituzionalmente corretto ed opportuno lasciare spazio all'attività acquisitiva e valutativa dell'organo di autogoverno della magistratura, i cui esiti potranno certamente contribuire ad una complessiva valutazione della vicenda, per quanto attiene alle sue competenze, quindi, anche a una interpretazione corretta e uniforme dell'articolo 70-bis da parte di tutte le procure.
PRESIDENTE. La deputata Santelli ha facoltà di replicare.
JOLE SANTELLI. Signor Presidente, non posso dichiararmi soddisfatta per la risposta, seppure conosca i limiti entro i quali il sottosegretario istituzionalmente può rispondere.
Mi dichiaro insoddisfatta per un motivo: il punto in discussione può essere quello di una interpretazione diversa di una norma di legge; è pur vero, però, che, proprio nella risposta fornita dal sottosegretario, è sancito il punto politico, quello che interessa a noi.
Intanto, la struttura della DNA e delle DDA ha senso, nella lotta alla mafia, in quanto vi sia una reciproca fiducia, una doverosa collaborazione, cosa che da cittadini e da politici chiediamo e pretendiamo dalla magistratura, al di là di quelli che possono essere i rapporti personali o le situazioni intercorse. E siccome l'interesse tutelato è più ampio e riguarda tutti noi, penso che sia una pretesa doverosa anche da parte nostra.
In questa vicenda vi è qualcosa di anomalo. Pur accedendo all'interpretazione per cui il procuratore di Palermo, come altri procuratori (mi sembra che il sottosegretario abbia affermato che l'interpretazione è comune anche in altre procure) potesse dare solo una comunicazione preventiva e non avanzare una richiesta di parere, non essendo peraltro ancora operativo il provvedimento ed essendo ancora nei termini, il problema è diverso, come mi sembra sottolineato nella lettera del procuratore nazionale, dottor Grasso.
Rispetto ad un ufficio delicato come quello di Palermo, ritengo che il procuratore nazionale antimafia non debba assumere notizie di tale rilievo (perché chi dirige la DDA di Palermo si occupa di una parte preponderante della lotta alla mafia) da organi di stampa. È lì il vulnus e credo che di ciò siamo tutti consapevoli.
Capisco che in termini legislativi e regolamentari l'intervento del Ministero della giustizia sia abbastanza ristretto. Per comprenderci, non chiedevamo l'apertura di un'azione disciplinare, ma ci sono altri strumenti di valutazione e, forse, di modulazione di rapporti.
Signor sottosegretario, ciò che purtroppo non mi rassicura è il fatto che conflitti di questo tipo possano essere risolti proprio in seno all'organo di autogoverno della magistratura. Purtroppo, l'esperienza di questi vent'anni, soprattutto rispetto all'ufficio di Palermo (lei, con la sua esperienza anche professionale, conosce bene le gravi situazioni che vi si sono verificate) ha mostrato che troppo spesso il Consiglio superiore della magistratura, piuttosto che aiutare la «pacifica coabitazione», ha anche creato problemi ulteriori.Pag. 100
Non è una questione di facile soluzione. Approfitto di questa occasione (sebbene lo svolgimento di interpellanze urgenti non sia la sede propria) per sollecitare un intervento. Forse dovremmo chiederci veramente, con maturità politica e con senso di responsabilità, a vent'anni di distanza, se alcuni istituti, che sono stati risolutivi in una determinata fase storica per infliggere seri colpi alla criminalità organizzata, oggi, per una normale eterogenesi dei fini (di solito anche gli istituti migliori si consegnano all'usura) non siano da rivedere. E dovremmo chiederci se anche le direzioni distrettuali antimafia non siano diventate più luoghi di «gestione di potere» e di privilegiati, che non di amministrazione reale della giustizia.
Il rischio c'è e come politica - noi come Parlamento, voi ovviamente, in questa fase, come Governo - dobbiamo assolutamente riflettere sul tema. In caso contrario, se perdessimo quest'occasione di una riflessione senza schemi e senza pregiudizi su questa materia e se la situazione di alcune regioni dovesse peggiorare, forse non ce lo perdoneremmo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
(Iniziative per il contenimento della spesa sanitaria in Puglia - n. 2-00366)
PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00366 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, signor sottosegretario, parliamo di sanità di cui negli ultimi tempi si è molto discusso, naturalmente purtroppo in modo negativo a causa di alcune vicende giornalistiche che l'hanno posta all'attenzione del pubblico.
Ebbene, pur in presenza di debiti e di disorganizzazione crescenti nel quadro generale della sanità, la regione Puglia, guidata dal presidente Fitto e dalle forze della Casa delle libertà, ha rappresentato uno dei pochi esempi di buona gestione, attenta a coniugare le esigenze di bilancio ed efficienza dei servizi; meriti, che poi sono stati implicitamente riconosciuti dal Governo del centrosinistra, che, infatti, nel giugno 2006 ha escluso la Puglia dalle regioni che rischiavano di dover aumentare l'Irpef e l'Irap, per avere «sforato» la spesa sanitaria del 2005, mentre esponenti dell'attuale maggioranza nella regione Lazio hanno più volte parlato di una «cura Fitto» per risanare il proprio bilancio regionale.
Viceversa, la giunta Vendola, che è andata al governo con lo slogan «riapriamo gli ospedali chiusi da Fitto», ha da tempo avviato la spirale perversa del disavanzo sanitario; sempre a giugno 2006 è stato reso noto che lo sforamento del primo trimestre dello stesso anno avrebbe assorbito l'intero incremento del fondo sanitario regionale per il 2006, pari a 195 milioni di euro, mentre l'incremento della spesa sanitaria regionale cresceva del 21,7 per cento, a fronte del 12,5 per cento di incremento della media nazionale.
Di fronte ad un deficit crescente, valutato dal piano salute pugliese, appena emanato, in 335 milioni di euro, nel provvedimento sull'esercizio finanziario provvisorio regionale - la legge n. 39 del 2006 -, all'articolo 5, si prevede il taglio delle aziende sanitarie locali da 12 a 6 e la nomina di commissari e subcommissari: si dimezzano le aziende sanitarie locali, privando i cittadini di servizi essenziali e si moltiplicano contemporaneamente nomine e poltrone; infatti, il paradosso vuole che lo stesso Vendola dichiari che l'obiettivo «più importante» - di tale piano - «è rompere la solitudine del malato, del cittadino di fronte a una rete della salute labirintica»; ovviamente detto piano, a quanto pare, passa per il dimezzamento delle strutture.
Se lo stato finanziario del sistema sanitario della regione Puglia non deve considerarsi ancora drammatico, soprattutto confrontandolo con altre realtà, preoccupanti sono, tuttavia, le condizioni politiche della giunta pugliese, con il progressivo degrado dei servizi sanitari, del quale ogni giorno giungono segnalazioni da operatori e cittadini. Per quel che riguarda il primo Pag. 101aspetto, la stessa Rifondazione Comunista non condivide molte delle scelte in materia di sanità del governatore Vendola, la Margherita non partecipa più ai lavori del consiglio regionale, i Comunisti Italiani non partecipano alle riunioni di maggioranza, i Democratici di sinistra attaccano su tutti i fronti e l'Italia dei Valori, a giorni alterni, attacca su tutte le questioni. Quanto al secondo aspetto, talune vicende sarebbero paradossali se non fosse che, trattandosi di sanità, sono drammatiche, perché si parla della salute e dei problemi dei cittadini; la «perla» arriva dall'azienda sanitaria locale Taranto 1, che ha assunto un consulente esterno - che, peraltro, non proviene nemmeno dalla regione Puglia - a 50 mila euro, per «liberare» la stessa regione Puglia dalle «consulenze esterne»; sempre a Taranto i sindacati, - cioè la stessa macchina organizzativa che ha sostenuto Vendola nella campagna elettorale - parlano di «gestioni organizzative sconclusionate e nocive» e di «assenza di trasparenza negli atti».
Nonostante la Puglia abbia un rapporto infermieri-abitanti inferiore a quello italiano, che, peraltro, è inferiore a quello europeo (5,4 infermieri per abitante, rispetto al 6,9 comunitario), si continuano a rimandare, di mese in mese, i concorsi per l'assunzione di nuovi infermieri, mentre si prevede di non rinnovare il contratto in scadenza agli infermieri precari: sono 400 nel solo ospedale Fazzi di Lecce quelli che andranno a casa il 30 giugno 2007.
Nelle aree del brindisino, dove si voterà ad aprile 2007 per le elezioni amministrative, si aprono e chiudono reparti, si sperimentano day hospital, ma a Brindisi viene negata l'apertura di una nuova sala di neurochirurgia, nonostante richieste di intervento da parte di 800 pazienti, né abitualmente si trova posto a geriatria o a medicina generale; si pensi poi ai 22 ospedali mai finiti in Puglia, con un costo già sostenuto di quasi un miliardo di euro. Quest'ultima è la cosa più incredibile: ci sono state persone sottoposte al balletto e al movimento degli infermieri mentre erano al pronto soccorso. Infatti, a Taranto gli addetti al 118 devono fornire assistenza terapeutica al pronto soccorso, ma contemporaneamente rispondere alle chiamate di urgenza. Quindi, si rischia di essere «mollati» nel bel mezzo di una terapia d'urgenza, perché l'infermiere deve correre altrove a guidare l'ambulanza del 118.
Sempre a Taranto il pronto soccorso dell'ospedale Moscati è stato spostato 4 volte, ma non se ne conoscono i costi: attualmente si trova in un ambiente malsano, umido, illuminato dalla sola luce artificiale; però, l'azienda sanitaria locale ha siglato una convenzione con Israele «per le emergenze» (non si comprende se le emergenze di Israele o della Puglia), con l'ovvio codazzo di viaggi all'estero.
A nostro avviso, insomma, complessivamente riemerge la gestione clientelare contro cui la precedente giunta regionale si era battuta e contro la quale non si vede a cosa possa servire realmente aumentare il ticket per le visite specialistiche o tentare di introdurre un ticket del «pronto soccorso» ovvero ridurre la redditività delle case farmaceutiche, in caso di sforamenti di spesa o denunciare i medici per sovraprescrizioni.
Dunque, noi vogliamo chiedere al sottosegretario se il Governo non intenda esercitare i poteri riconosciuti dalla legge n. 311 del 2004, al fine di individuare gli interventi necessari per il perseguimento dell'equilibrio economico e del contenimento della dinamica della spesa sanitaria nella regione Puglia (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Antonio Gaglione, ha facoltà di rispondere.
ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Carlucci, onorevoli deputati, in merito alla situazione economica e finanziaria della regione Puglia, si precisa che la regione stessa ha garantito l'equilibrio economico finanziario fino all'anno 2005, ai sensi del comma 174dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 331 e altresì Pag. 102sono stati garantiti fino al 2004 la qualità delle prestazioni e il contenimento della spesa, mentre sono ancora in corso di valutazione presso il tavolo tecnico di verifica degli adempimenti, istituito ai sensi dell'articolo 12 dell'accordo Stato-regioni del 23 marzo 2005, il bilancio consuntivo regionale relativo all'anno 2005.
La data di scadenza per la comunicazione al sistema informativo sanitario del ministero della salute dei modelli riepilogativi regionali coincide con la giornata odierna, vale a dire il 15 febbraio dell'anno successivo a quello di riferimento. Solo successivamente, pertanto, potrà essere effettuata la procedura di verifica e quindi gli eventuali interventi invocati nell'interpellanza.
Sulla situazione gestionale e organizzativa della società pugliese si ritiene opportuno comunicare gli elementi forniti dal competente assessore.
L'assessorato alla politica della salute sta procedendo alla verifica dei modelli preconsuntivi del quarto trimestre dell'anno 2006; solo successivamente sarà possibile, da parte della regione, definire l'eventuale disavanzo delle aziende sanitarie. È stato sottolineato, a tale proposito che la sottostima del fondo sanitario nazionale nell'anno 2006, operato dal precedente Governo, e quantificata in 10 milioni di euro dallo stesso Documento di programmazione economico-finanziaria, ha inciso notevolmente sui conti di tutte le regioni, nonostante l'intervento successivo dell'attuale esecutivo con un incremento del fondo pari a 2 milioni di euro.
Gli orientamenti del governo Vendola vanno nella direzione di rimediare alla situazione di scarso livello assistenziale creatosi in precedenza nella regione, che ha determinato un sottodimensionamento sia degli operatori del settore, che in Puglia ammontano a complessive 35 mila unità, contro le 57 mila presenti in regioni con uguale popolazione (Emilia Romagna) o addirittura con popolazione inferiore (Toscana), che dei posti letto attivi, i quali risultano inferiori sia alla precedente programmazione che agli standard nazionali (4,5 posti letto per mille abitanti), in mancanza, peraltro, di soluzioni alternative sul territorio, alimentando, in tal modo, la mobilità dei cittadini pugliesi verso strutture sanitarie di altre regioni.
Per ovviare a tali carenze, la regione, con proprie leggi, emanate nel secondo semestre dell'anno 2005, ha provveduto ad autorizzare le aziende a bandire ed espletare i concorsi per i profili professionali più carenti nelle dotazioni organiche (ad esempio, gli infermieri professionali). L'assessore ha precisato, inoltre, che, al fine di fronteggiare eventuali situazioni di criticità nell'assicurare i livelli essenziali di assistenza, dovute anche alla programmazione del precedente Governo, con la legge regionale 8 agosto del 2006, n. 26, le direzioni generali sono state autorizzate a disporre, nelle more dell'adozione del piano sanitario regionale, l'attivazione di ulteriori attività o trasferimenti di sede, fermi restando i vincoli posti dagli standard nazionali e dalle esigenze di equilibrio economico.
L'assessorato ha ribadito che la nuova programmazione regionale è orientata verso il superamento delle rilevanti criticità emerse dai precedenti piani sanitari regionali.
Infine, in merito all'operato di taluni direttori generali, è stato precisato che la regione verificherà, anche attraverso indagini amministrative effettuate dal proprio nucleo ispettivo, l'attività gestionale delle aziende.
Con la legge regionale del 28 dicembre 2006, n. 39, sono state costituite le ASL provinciali di Bari, Foggia e Lecce; si è provveduto alla nomina dei commissari straordinari e alla cessazione dell'incarico di 9 direttori generali, dando applicazione al decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 che prevede l'articolazione del servizio sanitario regionale, di norma, con una ASL per provincia. Per i direttori generali delle ASL di Brindisi e Taranto, essendo prossima la scadenza dei diciotto mesi del rispettivo mandato, ai sensi del decreto legislativo citato, una commissione regionale verificherà le attività poste in essere per il raggiungimento degli obiettivi, Pag. 103assegnati a ciascuno con il provvedimento di incarico e con il documento di indirizzo economico funzionale annuale, fra i quali è prioritario il raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario.
La regione ha affermato che è assolutamente fantasiosa la notizia per cui nella regione Puglia vi sarebbero ventidue strutture ospedaliere non completate e finanziate per un supposto importo di quasi un miliardo di euro. È, invece, vero che è in corso il completamento unicamente dei nuovi ospedali di Altamura e dell'IRCCS oncologico Giovanni Paolo II di Bari.
In ultimo, il Ministero della salute precisa che, con riferimento ai fondi previsti dall'articolo 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, la regione Puglia ha presentato, in occasione di recenti contatti intercorsi con questo ministero, un elenco di quarantuno interventi da attuare nell'ambito dell'edilizia sanitaria, che dovranno essere inseriti in una formale proposta regionale di accordo di programma. Si ritiene necessario, inoltre, osservare che il comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, istituito presso questa amministrazione, ha valutato gli indicatori della regione Puglia in evidente processo di miglioramento.
PRESIDENTE. La deputata Carlucci ha facoltà di replicare.
GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, non sono soddisfatta della risposta del sottosegretario, perché ci rimanda ad una serie di dati e di verifiche che avverranno nel corso dell'anno, quindi nel secondo semestre del 2007.
Lei parla di qualità di prestazioni, ma ci tengo a farle sapere che, chiamando uno qualunque degli ospedali dell'area di Brindisi o di Taranto, per un screening mammario viene indicata la data del febbraio 2008 e lo stesso dicasi per una TAC, mentre per una visita senologica ci vogliono sette mesi e lo stesso tempo per una visita di neurochirurgia.
Lei ha parlato, invece, del problema del sottodimensionamento del personale: quindi, siamo felici perché, probabilmente, i quattrocento infermieri a rischio dell'ospedale Fazzi di Lecce non andranno a casa a giugno, ma verranno riassunti. Si tratta, dunque, di una buona notizia per gli amici dell'ospedale Fazzi che ci stanno ascoltando!
Mi sembra comunque strano che siano passati due anni da quando Vendola è stato eletto presidente della regione Puglia. Noi sappiamo che anche lei, sottosegretario Gaglione, era presente, insieme al presidente Vendola, su tutti i media della Puglia (giornali e telegiornali), per raccontare quanto fosse pessima la sanità in Puglia e come la gente perdesse addirittura la vita, quasi fosse colpa del presidente Fitto in persona! Vediamo, invece, come in questi due anni, in cui abbiamo pazientemente atteso di ricevere qualche segnale di cambiamento, non è successo nulla, tranne il fatto che sono stati aperti, come abbiamo detto più volte, alcuni day hospital in luoghi dove si sa, notoriamente, che tra poco si voterà. Ci sembra, quindi, che non sia questo il modo di rispondere alle esigenze dei cittadini.
Sappiamo che il presidente Vendola ha riaperto il reparto di ostetricia dell'ospedale della sua città natale, Terlizzi, così come il senatore Latorre (il braccio destro di D'Alema) ha aperto il reparto di ostetricia a Fasano. Allora, non ci sembra che queste siano le risposte da dare ai cittadini!
Sono oltremodo preoccupata - e lo sono anche tutti i cittadini pugliesi - perché ho saputo del vostro ben architettato blitz al Senato con il quale avete soppresso il ticket di 10 euro sulle ricette. Molto bene; contemporaneamente, però, avete stabilito di affidare alle regioni il compito di individuare, concertandole con il Governo, nuove modalità alternative di compartecipazione alla spesa sanitaria. Dunque, abbiamo capito bene: da una parte togliete il ticket, ma ve lo riprenderete in qualche altro modo!
Siamo preoccupati, inoltre, perché vogliamo capire quale sarà il metodo di compartecipazione che verrà adottato dal presidente Vendola. Abbiamo il forte timore, dunque, che tale compartecipazione Pag. 104alla spesa sanitaria della regione Puglia venga realizzata chiudendo qualche reparto d'ospedale di qualche città amministrata dal centrodestra.
Insomma, a voi affidiamo questa nostra preoccupazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia)!
(Rischi derivanti da una potenziale crisi da influenza aviaria - n. 2-00364)
PRESIDENTE. Il deputato Bellotti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00364 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 10).
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, inizierò ricordando i fatti. Il 4 febbraio in Gran Bretagna, nell'allevamento di Suffolk, viene individuato il virus dell'influenza aviaria. Vengono abbattuti 159 mila tacchini e si tratta della prima volta che il virus H5N1 si manifesta nel 2007 in Europa occidentale.
La settimana precedente era stata riscontrata la presenza di tale virus in Ungheria. Nel 2006, il virus dell'influenza aviaria, ad alta patogenecità, è stato identificato in allevamenti di pollame ed in cinque Stati membri dell'Unione europea: Francia, Svezia, Germania, Danimarca e Ungheria. In altri nove paesi, invece - Italia, Grecia, Ungheria, Austria, Slovacchia, Polonia, Regno Unito, Repubblica Ceca e Spagna -, il virus è stato scoperto su animali selvatici migratori.
Si sospetta che il virus si stia spargendo, anche se in misura minore rispetto allo scorso anno, per effetto delle migrazioni o delle importazioni di carni dall'estero. Nel frattempo, in Asia e in Africa esso miete vittime. La Turchia è il paese confinante con l'Europa più colpito; di recente, sono stati sottoposti a quarantena quattro villaggi dell'est del paese.
I dati non destano preoccupazione per la sicurezza, dal momento che l'Italia è all'avanguardia nei settori della tutela del consumatore e della profilassi veterinaria, ma vi è la preoccupazione che l'esplosione di nuovi focolai del virus vicino al nostro paese possa incidere sul consumo di pollame.
Il settore avicolo, infatti, va sollevandosi solo ora dalla caduta a picco dei consumi familiari subita nello scorso anno (-25,6 per cento), con un rialzo del 6 per cento. A preoccupare, dunque, è la carenza di informazioni ai cittadini, piuttosto che pericoli reali.
Credo che l'interpellanza urgente in oggetto risponda, più che alla volontà di conoscere e di sapere, all'esigenza di dare all'opinione pubblica un'informazione corretta. Tale informazione deve educare e prevenire quei fenomeni che, esattamente un anno fa, hanno sconvolto un settore che dà lavoro a 180 mila persone e ad oltre 500 aziende di trasformazione e, in alcuni ambiti delle nostre regioni, è la struttura portante del PIL dell'agricoltura.
Chiediamo al Governo quale siano le azioni che intenda intraprendere e quali siano le azioni che l'Europa sta cercando di portare avanti in questa direzione.
Credo di offrire al Governo l'occasione per fornire un'informazione corretta, onde evitare che l'esplosione di emotività, così com'è accaduto negli scorsi anni, degeneri e crei scompensi infiniti alle tante famiglie di allevatori che hanno visto ridurre, in maniera importante, il proprio reddito e la propria prospettiva di lavoro.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la salute, Antonio Gaglione, ha facoltà di rispondere.
ANTONIO GAGLIONE, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, onorevole Bellotti, onorevoli deputati, si ribadisce quanto già precisato nella risposta ad una interpellanza svolta nella seduta di quest'Assemblea dell'8 febbraio e si conferma che, anche per l'anno in corso, pur in assenza dei flussi migratori in atto e in condizioni epidemiologiche definibili favorevoli, restano in vigore le misure adottate con l'ordinanza ministeriale del Pag. 10526 agosto 2005, e successive modifiche ed integrazioni, concernente misure di polizia veterinaria in materia di malattie infettive e diffusive di volatili da cortile.
Relativamente ai recenti casi di focolai di influenza aviaria accertati in Ungheria, Regno Unito, Russia e Turchia, la Commissione europea non ha ritenuto necessario disporre misure supplementari a quelle già in vigore, finalizzate alla sorveglianza epidemiologica e all'applicazione delle norme di biosicurezza.
Pertanto, il Piano di monitoraggio per il 2007, diramato alle regioni e province autonome, prevede, con analoghi livelli rispetto allo scorso anno, la sorveglianza attiva, sia sul pollame domestico allevato che sui volatili selvatici, e la sorveglianza passiva effettuata con controlli sulle specie selvatiche a potenziale rischio trovate morte o cacciate.
Il 6 febbraio scorso si è riunita, presso il Ministero della salute, l'unità di crisi centrale per l'influenza aviaria, istituita con il decreto ministeriale del 9 gennaio 2006, per le necessarie valutazioni circa i recenti focolai di influenza aviaria riscontrati nel pollame domestico.
Alla riunione era presente il Centro di referenza nazionale di Padova, che ha fornito aggiornamenti sui focolai da virus H5N1 citati ed ha confermato che i circa 14.200 campioni, esaminati dalla data dell'11 ottobre 2005 nell'ambito del piano di sorveglianza nazionale, sono risultati tutti negativi per i virus influenzali H5 e H7 ad alta patogenicità.
In tale occasione, è stato stabilito di predisporre, in tempi rapidi, una nota indirizzata alle autorità sanitarie regionali che sintetizzi alcune raccomandazioni e ribadisca la priorità di mantenere elevato il livello di allerta e il rigoroso rispetto delle norme in vigore, anche in un periodo epidemiologicamente favorevole per il nostro territorio, come quello attuale.
Deve essere sottolineato, peraltro, che il monitoraggio realizzato fin dal 2004 e l'adozione del piano di vaccinazione di emergenza in alcune zone considerate ad elevato rischio (Lombardia e Veneto), hanno contribuito a mantenere lo status sanitario indenne da influenza aviaria.
Relativamente alle iniziative ritenute utili per supportare il comparto avicolo in presenza di un'eventuale crisi, si richiama l'attenzione degli onorevoli deputati sulla legge 11 marzo 2006, n. 81, in particolare sull'articolo 1-bis, che ha già previsto aiuti al comparto avicolo, qualora abbia subito danni in conseguenza della precedente crisi di influenza aviaria.
Inoltre, è già all'esame della Commissione europea uno schema di decreto attuativo, ai sensi di quanto previsto dalla legge citata, predisposto dal Ministero delle politiche agricole e forestali e di concerto con il Ministero della salute.
PRESIDENTE. Il deputato Bellotti ha facoltà di replicare.
LUCA BELLOTTI. Signor Presidente, mi ritengo soddisfatto in maniera assolutamente parziale e cercherò di motivarne le ragioni. Innanzitutto, dal rappresentante del Governo mi sarei aspettato una descrizione più ampia sullo stato di attuazione della sicurezza agroalimentare nel nostro Paese.
Nella scorsa legislatura abbiamo compreso il fatto che per sviluppare il made in Italy nel settore agroalimentare era fondamentale certificare e dare una sorta di carta di identità ai nostri prodotti agricoli. Ciò ha consentito, anche grazie all'aiuto e alla grande capacità dei nostri veterinari e del nostro servizio sanitario nazionale, di farci trovare preventivamente coperti di fronte ad una serie di patologie animali di provenienza esterna. A mio avviso, tale aspetto sarebbe dovuto essere meglio evidenziato nella risposta del Governo.
Inoltre, un'altra questione non sollevata, ma che riteniamo molto importante, è lo stato di attuazione dell'authority alimentare. Anch'essa è stata preventivamente messa in cantiere nel corso della scorsa legislatura, ma ad oggi non sappiamo quale stato di attuazione intenda darle il Governo.
La mia interpellanza urgente avrebbe dovuto costituire l'occasione intanto per Pag. 106ribadire l'assoluta sicurezza delle merci alimentari italiane, in particolare dei nostri polli. Inoltre, avrebbe potuto essere l'occasione per un richiamo sereno e serio nei confronti di chi fornisce informazione, perché essa deve essere scientifica, adeguata, adatta e non emozionale, per non gettare nel panico i consumatori che ascoltano i notiziari, come avvenuto lo scorso anno. Infine, l'interpellanza avrebbe potuto essere l'occasione per dire che il Governo, dal punto di vista della sicurezza alimentare, prosegue nella strada tracciata dall'ex ministro delle risorse agricole, Gianni Alemanno, e poi proseguita dall'allora ministro Storace. Pertanto, ritengo che sia stata persa un'occasione importante.
Il Governo, oltre ad informarci sullo stato dell'arte e sull'agenda dell'Europa riguardo alle azioni preventive che intende mettere in atto, ha, a mio avviso, anche l'obbligo di togliere qualsiasi dubbio sul problema dell'etichettatura, come invece purtroppo si adombra anche da parte di autorevoli componenti del cosiddetto governo europeo. Si tratta di un problema serio, sollevato anche dalla Coltivatori diretti e credo che il Governo italiano voglia scongiurare questo pericolo politico incombente all'interno dell'Unione europea.
Da ultimo, ritengo che quando si parla di sicurezza alimentare non ci si riferisca soltanto ai decreti attuativi, alle norme o all'esaltazione della qualità italiana. Intanto, dobbiamo rivolgere un ringraziamento doveroso per la vigilanza importante che si effettua quotidianamente nel nostro Paese, al settore del controllo, iniziando dai veterinari e dalle nostre forze dell'ordine. Per costruire questa grande sicurezza alimentare serve l'aiuto ed il contributo di tutti. Dobbiamo sempre ricordare che la sicurezza alimentare significa serenità di una nazione. Dopo i fatti verificatisi in Inghilterra relativamente alla BSE, dove è stata data informazione corretta con un ritardo di dieci anni - e sappiamo bene con quali disastri - in Italia, grazie al contributo di tutti, siamo riusciti ad evitare tali disastri. Tuttavia, alla base vi è un'informazione sana e corretta.
(Iniziative per risolvere la posizione fiscale del personale italiano a contratto presso le rappresentanze diplomatiche e gli istituti di cultura negli Stati Uniti d'America - n. 2-00368)
PRESIDENTE. L'onorevole Ferdinando Benito Pignataro ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bellillo n. 2-00368 (vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 11), di cui è cofirmatario.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. La ringrazio, Presidente.
Signor sottosegretario, proprio mentre preparavamo questa interpellanza urgente nei giorni scorsi, è comparso sul Corriere della sera un articolo dal titolo: «I nostri diplomatici evasori per il fisco degli Stati Uniti».
L'articolo si riferisce a questo contenzioso tra Stati Uniti e Italia. Gli Stati Uniti sostengono che il personale dell'ambasciata deve pagare le tasse in loco. Il personale in servizio presso le ambasciate, le sedi consolari e gli istituti di cultura italiana ha ricevuto in questi giorni una lettera dal fisco americano, che intima di pagare le tasse arretrate entro il 20 febbraio. Si tratta di somme sostanziose: il debito pro-capite che i nostri connazionali avrebbero contratto con il fisco americano ammonterebbe a somme da 75 mila a 100 mila dollari.
L'articolo riportava tra l'altro che se queste persone non pagheranno entro il 20 febbraio, saranno trattate alla stregua di criminali comuni.
Credo che intanto sia necessario precisare che non si tratta di diplomatici, ma del personale delle sedi diplomatiche. Il fatto riguarda, in particolare, il personale non già del Ministero degli affari esteri, ma di quelle persone a contratto locale, di cui abbiamo già avuto modo di parlare per le tante vertenze e i tanti problemi, segnalati Pag. 107ai governi che si sono succeduti in questi anni e, purtroppo, rimasti drammaticamente irrisolti.
Per ultimo, proprio durante la discussione e l'esame della legge finanziaria 2007 (ma anche su questo punto non siamo riusciti a far approvare la nostra tesi) avevamo esperito il tentativo di modificare il decreto-legge n. 223 del 2006 (successivamente convertito in legge, il cosiddetto decreto Bersani), che a sua volta modificava l'articolo 3, comma 1, e l'articolo 24, comma 3, del testo unico per le imposte sul reddito, stabilendo che i soggetti non residenti, oltre a non avere diritto alle deduzioni per carichi di famiglia, non avrebbero, e non avranno, più diritto alle deduzioni per assicurare la progressività dell'imposizione, la cosiddetta no tax area.
Ci troviamo di fronte all'assurdo che il personale a contratto, il cui reddito viene sottoposto al regime fiscale italiano, subisce un trattamento fiscale discriminante rispetto a quello riservato al personale di ruolo, a parità di reddito, di condizione lavorative e familiari.
Si tratta di una delle tante discriminazioni a cui sono soggetti questi lavoratori e connazionali, i quali sono poi quei lavoratori fissi delle ambasciate, delle sedi consolari e degli istituti di cultura italiana. Si tratta di dipendenti fissi perché, mentre il personale del ministero degli affari esteri viene spostato in rapida successione da sede a sede, questi lavoratori sono la memoria storica presso le nostre sedi diplomatiche e istituti di cultura. Sono quei lavoratori che hanno il contatto, il rapporto continuo con i nostri connazionali che lavorano o risiedono all'estero.
Guardi, sottosegretario, credo che essi rischino tra l'altro anche una beffa ulteriore.
Pare infatti che le spese per le nostre sedi all'estero sarebbero decurtate del 35 per cento, facendo prevedere la chiusura di sedi consolari. A fronte di questo problema, a differenza che per il personale di ruolo non c'è nessuna previsione, per la ricollocazione del personale a contratto ed il mantenimento dei livelli occupazionali.
Su questo, sui diritti sindacali negati (basti pensare che questi lavoratori, a differenza degli altri, sono esclusi dalle elezioni delle rappresentanze sindacali, in base al decreto legislativo n. 103 del 2000), su tutte queste discriminazioni noi presenteremo nei prossimi giorni dei progetti di legge.
Le differenze e discriminazioni che riguardano questi lavoratori, però, sono tante: esse riguardano l'avanzamento professionale di carriera, diversificato rispetto al personale di ruolo, la stessa disparità di trattamento salariale (vi è fra l'altro anche una differenza nell'adeguamento all'aumento del costo della vita), le disparità sul trattamento economico in casi di malattia, il non accesso ai processi di formazione e riqualificazione.
Insomma, signor sottosegretario, si tratta di una vertenza ampia che ci auguriamo - visto che abbiamo sollevato il problema alla sua presenza - possa trovare un tavolo stabile al Ministero degli affari esteri, al fine di risolvere, caso per caso, tutte le questioni.
L'urgenza dell'interpellanza sta nel fatto che entro il 20 questi nostri cittadini o non accetteranno il condono e quindi saranno perseguiti dalla giustizia degli Stati Uniti d'America, oppure lo accetteranno e si autodenunceranno quali evasori fiscali; ciò, pur avendo regolarmente pagato le imposte - prelevate, accantonate e versate dal Ministero degli affari esteri, quale sostituto d'imposta - al ministero delle finanze americano. Essi pagano per un'omissione del Ministero degli affari esteri, che nella fase di accantonamento e versamento delle imposte avrebbe dimenticato di applicare i dettati dell'accordo bilaterale Italia-Usa. Quindi, non si tratta di evasori, ma di vittime di un errore che essi non hanno commesso.
Nei giorni scorsi le loro organizzazioni sindacali avevano chiesto all'ambasciata italiana negli Stati Uniti d'America di conferire un incarico ad un esperto americano di questioni fiscali, in modo che potesse dirimere la matassa, seguire la loro vicenda, il loro contenzioso e tentare Pag. 108di recuperare la situazione; fino ad oggi, però, non vi è stata nessuna risposta.
Anche il personale delle ambasciate di altri paesi è stato coinvolto nella verifica fiscale dall'amministrazione americana, partita nel febbraio 2006. Esso però è stato sollevato dall'amministrazione di provenienza, che è riuscita (come nel caso della Gran Bretagna, che si è fatta carico di rimborsare direttamente le imposte al fisco americano) a trovare soluzioni che tutelassero i loro dipendenti.
L'intervento che noi chiediamo riguarda lo slittamento della data del 20 febbraio relativa al condono e, nel frattempo, la revisione degli accordi fra l'Italia e gli Stati Uniti in materia tributaria, in modo che il trattamento fiscale sia improntato alla reciprocità fra stati aderenti. Insomma, vogliamo che vi siano accordi più chiari per prevenire situazioni di conflitto ed evitare le conseguenze date dalla richiesta di regolarizzazione relativa a situazioni debitorie pregresse nei confronti del personale a contratto.
Tra l'altro, vi è un precedente pericolosissimo avvenuto l'anno presso le nostre sedi consolari in Canada. Ad un dipendente le autorità canadesi hanno posto sotto sequestro tutti i beni in suo possesso e richiesto la restituzione di 300 mila euro, nonostante le tasse fossero pagate e incassate dal fisco italiano.
Quindi, si rende indispensabile la ratifica degli accordi sottoscritti da parte del Parlamento e una decisione in base alla quale le irregolarità causate dalle inadempienze del ministero vengano prontamente sanate. In ogni caso, credo urga un intervento immediato presso gli Stati Uniti per cercare di chiudere una vicenda, che potrebbe provocare danni enormi a lavoratori italiani.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Donato Di Santo, ha facoltà di rispondere.
DONATO DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Le prime avvisaglie di un irrigidimento del fisco statunitense sulla questione evocata dall'onorevole interpellante risalgono al marzo 2006. In quella occasione la nostra ambasciata a Washington aveva informato il Ministero degli affari esteri di un possibile, nuovo approccio americano al complesso tema del regime fiscale applicabile al personale a contratto, in servizio presso tutte le missioni estere negli USA.
Questo sviluppo, come segnalava l'ambasciata, lasciava tra le altre cose intravedere la possibilità di eventuali future verifiche del fisco locale sulla posizione tributaria di tutti i potenziali interessati, tra cui anche un certo numero di nostri dipendenti locali a contratto.
Nessuno sviluppo concreto è seguito nei mesi successivi. Tuttavia, il Ministero degli affari esteri ha proceduto, comunque, ad un approfondimento della materia con lo scopo di mettere meglio a fuoco la posizione fiscale del personale interessato, anche in relazione alle convenzioni vigenti.
Dalla verifica è emerso che, in una serie di casi (49 impiegati su un totale di 123) il regime fiscale previsto dai contratti di impiego dei singoli dipendenti non risultava conforme al dettato della convenzione bilaterale tra Italia e Stati Uniti per evitare le doppie imposizioni, in vigore dal 1985, in quanto in essi erano contenute clausole che disponevano l'assoggettamento degli interessati ai prelievi alla fonte dell'erario italiano.
Questa difformità non era, però, immotivata. La decisione di applicare ai casi in parola il regime fiscale italiano anziché quello americano nasceva, infatti, dalla constatazione dell'esistenza di una situazione di reciprocità de facto, che è risultata sostanzialmente avallata anche dalla vigente normativa statunitense.
Veniva, infatti, rilevato che le autorità tributarie americane sembravano essere prevalentemente interessate ad esercitare la propria potestà tributaria sui propri cittadini in servizio all'estero alle dipendenze delle proprie rappresentanze diplomatiche.
Solo all'inizio dello scorso dicembre le avvisaglie di irrigidimento del fisco statunitense prendevano concretezza con la comunicazione formale a tutte le missioni Pag. 109estere degli Stati Uniti dell'avvenuta adozione di un provvedimento del servizio delle entrate, consistente in una proposta di condono fiscale diretta a tutti gli impiegati delle rappresentanze estere negli Stati Uniti che non fossero in regola con il versamento delle imposte nel paese. Come termine di scadenza per aderire alla proposta di condono veniva fissata la data del 20 febbraio 2007, un termine apparso subito palesemente inadeguato in rapporto all'obiettiva complessità della materia, come anche del numero dei soggetti di vari paesi potenzialmente coinvolti.
Di fronte alle comprensibili preoccupazioni del personale interessato, il Ministero degli affari esteri ha intrapreso una serie di iniziative e contatti miranti a ottenere una congrua proroga del suddetto termine del 20 febbraio, a pervenire ad un riconoscimento da parte statunitense dell'esistenza di una condizione di reciprocità che, anche sulla base delle stesse disposizioni interne americane (sezione 893 del codice delle entrate fiscali) consenta il mantenimento dello status quo ante ovvero, in subordine, escluda qualsiasi effetto retroattivo delle pretese del fisco statunitense.
Per il conseguimento del primo obiettivo, in aggiunta ai numerosi interventi effettuati a livello bilaterale sia a Washington sia a Roma - in parallelo con analoghe sollecitazioni svolte anche da altri paesi dell'Unione europea - sono state date istruzioni alla nostra ambasciata affinché si facesse attiva promotrice anche di un passo da parte della Presidenza tedesca dell'Unione europea. Un'iniziativa simile veniva intrapresa in ambito ONU dalla nostra rappresentanza permanente a New York.
La pressante azione condotta sulla controparte statunitense attraverso tutti i canali possibili ha sortito un primo fondamentale risultato. Abbiamo, infatti, appreso proprio ieri che le autorità americane sono infine pervenute alla decisione di prorogare fino al 30 marzo prossimo il termine per l'adesione alla proposta di condono fiscale, dando pertanto spazio all'avvio dei necessari articolati contatti anche a livello tecnico per chiarire la situazione.
Alla luce di tale sviluppo è stato già richiesto all'ambasciata a Washington di informare i propri interlocutori locali che l'Italia intende avviare immediatamente consultazioni bilaterali, che includano anche le competenti autorità tributarie, al fine di pervenire ad un'intesa definitiva e soddisfacente per entrambe le parti sulla controversa materia.
Vale la pena ad ogni modo sottolineare che, nei contatti sinora avvenuti, la controparte americana ha già manifestato la propria disponibilità ad approfondire la questione della reciprocità.
Nelle consultazioni che interverranno con le autorità statunitensi, l'amministrazione si avvarrà di uno specialista appositamente individuato dalla nostra rappresentanza a Washington.
Vorrei infine precisare che sui progressivi sviluppi della vicenda sono state tenute costantemente aggiornate le organizzazioni sindacali attraverso apposite informative, tenute sia a Roma che a Washington. Incontri di uguale tenore anche con il personale direttamente interessato si sono svolti a Washington e in altre sedi negli Stati Uniti.
PRESIDENTE. Il deputato Pignataro ha facoltà di replicare.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Sono soddisfatto dell'intervento del Governo relativo alla mia interpellanza urgente, perché ritengo che il sottosegretario si sia presentato con risposte fattive alle nostre richieste di una proroga, anche se in termini molto brevi. È un fatto importante - era la prima richiesta che facevamo - che permetterà di promuovere quel chiarimento tecnico sugli accordi bilaterali e soprattutto di tentare di risolvere il problema della reciprocità.
Riguardo alla seconda questione, di cui credo non si possa che essere soddisfatti, si tratta di una risposta ad una delle richieste che era stata avanzata dalle organizzazioni sindacali e dagli stessi lavoratori Pag. 110a contratto negli Stati Uniti: essi chiedevano appunto di essere seguiti in tutta la fase di chiarimento e di confronto da uno specialista, di cui - il sottosegretario ce lo ha annunciato - la delegazione italiana si avvarrà.
Ritengo, quindi, che su questa vicenda ci possa essere soddisfazione, perché le risposte risultano adeguate e danno un segnale abbastanza chiaro di interesse da parte del Ministero degli affari esteri italiano verso questi lavoratori, che operano nelle nostre sedi consolari.
Ho fatto tutta una premessa nel mio ragionamento per arrivare a parlare di una vertenza molto più ampia, sulla quale mi pare evidente che il sottosegretario non potesse rispondere e che non era posta nei termini veri e propri di una interpellanza. Voglio, però, approfittare della presenza del sottosegretario Di Santo per sollecitarlo a questo punto, proprio perché vi sono elementi gravissimi di una vertenza che perdura da molto tempo e su cui non vi è alcuna soluzione, di farsi promotore o di promuovere in modo diretto un incontro con le organizzazioni sindacali su tutta la partita che riguarda i lavoratori a contratto delle ambasciate italiane, delle sedi consolari e degli istituti di cultura italiani all'estero.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.