Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO ANDREA LULLI IN SEDE DI DISCUSSIONE GENERALE SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2201-A
ANDREA LULLI, Relatore. La volontà da parte del Governo di intraprendere politiche di liberalizzazione è stata chiara sin dal luglio dello scorso anno, con la presentazione del primo «pacchetto Bersani» (decreto-legge n. 223 del 2006, convertito con la legge 248/2006). Si trattava di una serie di interventi sul fronte delle liberalizzazioni - dalle farmacie alle banche, dai taxi agli ordini professionali - finalizzati a rilanciare la crescita della nostra economia e a modificare la stessa composizione sociale del paese attraverso la limitazione delle posizioni corporative e di rendita. Il «piano Bersani» costituiva, pertanto, un asse strategico per stimolare la crescita (aumentando l'attività e la concorrenza nei settori liberalizzati e abbassando i costi per le famiglie e le imprese) e diffondere una nuova imprenditorialità nei settori liberalizzati con l'ingresso di nuovi soggetti. Si affermava così la volontà di aprire il mercato e di abbattere i vincoli amministrativi, eliminando 14 restrizioni alla concorrenza segnalate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. L'efficacia delle misure varate è stata recentemente confermata dal «Primo rapporto sullo stato di attuazione della legge n. 248», da cui si evince che, a sei mesi dall'entrata in vigore, sono stati conseguiti i seguenti risultati.
Per quanto riguarda i servizi professionali, gli ordini hanno adeguato, ove necessario, i propri codici. Inoltre, alcuni professionisti hanno iniziato, a livello locale, ad utilizzare strumenti di comunicazione diretta con i potenziali bacini di utenza e a praticare sconti. La liberalizzazione della vendita dei medicinali da banco ha prodotto risultati al di sopra delle aspettative. Il 31 dicembre ben 600 esercizi avevano comunicato l'avvio dell'attività al Ministero della salute: nell'85 per cento dei casi si tratta di parafarmacie ed erboristerie distribuite in tutte le regioni e nel restante 15 per cento di reparti di esercizi della grande distribuzione. Effetti positivi si sono immediatamente riscontrati circa i prezzi di vendita: quelli praticati dai nuovi esercizi, rispetto alle farmacie tradizionali, risultano in media il 20 per cento in meno.
I nuovi strumenti di intervento nel settore dei taxi cominciano ad essere sfruttati dai comuni in cui erano più stringenti le esigenze di potenziamento del servizio di taxi: a Roma, in particolare, l'intervento più incisivo: protocolli di intesa, delibere, regolamenti che toccano tutte le opzioni offerte dall'articolo 6 della legge n. 248 (introduzione di turnazioni aggiuntive, assegnazione di 1.000 nuove licenze, fissazionePag. 63di un sistema di controllo e monitoraggio, determinazione di tariffe fisse eccetera).
Con riguardo ai passaggi di proprietà, secondo un'indagine campionaria commissionata dall'IPI, l'85 per cento delle agenzie è oggi in grado di fornire il servizio di autentica in alternativa al notaio. L'eliminazione dei costi di chiusura e l'abbassamento dei costi di gestione dei conti correnti bancari sono diventati elementi di marketing pubblicitario per le banche. Dal 1o febbraio è in vigore il risarcimento diretto nel campo della Rc-Auto: secondo le previsioni, 1'80/90 per cento dei sinistri che normalmente si verificano saranno rimborsati agli automobilisti in tempi brevi (dai 30 ai 90 giorni) dalla propria compagnia assicurativa.
La politica di rinnovamento e di riforma del Governo non si è fermata qui. Essa percorre anzi una serie molto più ampia di filoni e si è sostanziata in un blocco diversificato di provvedimenti: il disegno di legge per liberalizzare maggiormente i settori dell'energia elettrica e del gas naturale e per rilanciare il risparmio energetico e le fonti rinnovabili; il disegno di legge per il riordino dei servizi pubblici locali; il disegno di legge che introduce l'azione collettiva risarcitoria a tutela dei consumatori (Class action); il disegno di legge in materia di professioni intellettuali; il disegno di legge in materia di Autorità indipendenti di regolazione, vigilanza e garanzia dei mercati, recentemente approvato dal Consiglio dei ministri; il secondo pacchetto di misure di liberalizzazione proposto dal ministro dello sviluppo economico Bersani, composto da un disegno di legge e dal decreto-legge in esame.
L'insieme di queste misure rappresenta una significativa discontinuità con il precedente Governo sul piano politico e culturale e incide su settori di rilevanza strategica sia sul versante della competitività che sulla vita quotidiana dei cittadini, i quali, non a caso, hanno dimostrato di apprezzare molto queste politiche.
Nell'annuale classifica della competitività redatta dal World economic forum, l'Italia ha visto costantemente erodere la sua posizione e nel 2006 è scesa al 42o posto, quattro posizioni in meno rispetto all'anno precedente: si tratta del risultato di una combinazione di fattori. Tra quelli che influenzano negativamente la competitività, c'è il 78o posto nella classifica dell'efficienza di mercato, in cui vengono imputati elementi che agiscono - positivamente oppure in termini distorsivi - sulla concorrenza, come, ad esempio, il numero degli adempimenti e il tempo necessario per avviare un'attività, la presenza di barriere, l'efficacia di meccanismi per la promozione della concorrenza.
Non è un caso, quindi, che su questi aspetti si sia diretto l'intervento del Governo con la legge n. 248 prima e con il decreto-legge in esame e il disegno di legge «Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali» adesso. Il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, si propone, al fine di accrescere la competitività del sistema produttivo nazionale e contribuire alla crescita economica, di rimuovere alcuni degli ostacoli che limitano lo sviluppo e, contestualmente, di promuovere i diritti dei consumatori e la concorrenza, fattori rispetto ai quali l'Italia ha storicamente evidenziato situazioni difformi rispetto a quanto accade comunemente negli altri paesi europei.
Non a caso, il decreto, oltre a recepire suggerimenti provenienti dai cittadini e richieste del mondo imprenditoriale (come, ad esempio, nel caso della semplificazione del procedimento di inizio attività), raccoglie anche le segnalazioni dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (si veda l'abolizione dei costi di ricarica delle carte prepagate o l'esclusività nella distribuzione delle assicurazioni nel ramo danni) e delle stesse istituzioni comunitarie per la violazione, rispettivamente, dei principi costituzionali e comunitari.
In particolare, le misure in esame intervengono su due ambiti tra loro connessi: la tutela dei consumatori, in particolare nelle condizioni di mercato asimmetriche, in cui i consumatori rappresentano la parte più debole, e la riduzione ePag. 64la semplificazione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese. Si tratta di interventi, previsti nel programma del Governo, a cui il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) 2007-2011 ha dedicato molta attenzione, indicando le motivazioni politiche ed economiche, i settori, i metodi e le priorità d'intervento per promuovere la concorrenza e migliorare la condizione dei consumatori.
Questo perché la politica per la concorrenza pone al centro il consumatore e, abbattendo le rendite di monopolio, favorisce nel contempo lo sviluppo e l'efficienza dell'economia. Così, se da un lato mercati più aperti limitano la crescita dei prezzi e rafforzano il potere d'acquisto dei redditi, dall'altro la riduzione nel prezzo dei servizi favorisce le imprese attraverso la riduzione dei costi di produzione, in entrambi i casi accrescendo la competitività sui mercati internazionali.
Ma oltre all'efficienza, particolarmente importanti sono gli effetti sull'equità, dal momento che la riduzione delle rendite di monopolio apre nuove opportunità a chi ne era in precedenza escluso e tutela i consumatori più deboli. Ecco perché il decreto-legge in esame introduce misure urgenti di tutela dei consumatori, dì liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, legando tutti questi interventi, come sottolinea la relazione introduttiva, ad una duplice e unitaria finalità. Da una parte, ridurre i comportamenti anticoncorrenziali oggi ancora troppo diffusi nell'economia, determinati dalla difesa di interessi particolaristici, corporativi e localistici, eliminare quegli adempimenti burocratici che non trovano giustificazione tanto nella tutela dell'interesse pubblico quanto piuttosto nel mantenimento di barriere all'entrata di nuovi operatori, come ad esempio, gli obblighi di rispetto di contingenti numerici e di distanze tra esercizi attualmente in vigore per alcune attività e su cui il decreto interviene.
L'altro obiettivo che questo provvedimento persegue è proprio l'ingresso nel mercato di nuovi operatori, attraverso misure che riducono i tempi per avviare un'attività e al contempo forniscono maggiori opportunità di lavoro, garantendo comunque la tutela dei consumatori. Siamo di fronte ad obiettivi ambiziosi.
Questo decreto-legge, ovviamente, non li esaurisce, ma si inserisce pienamente in un disegno complessivo di lungo periodo, che include l'abbandono della logica burocratica in favore di un progressivo spostamento del ruolo della pubblica amministrazione verso funzioni di programmazione e di controllo delle attività degli operatori di mercato. Il passo successivo è quello di costruire una pubblica amministrazione sempre più amica di cittadini, che incoraggi a fare, che si metta a disposizione ai fini dell'interesse generale del paese per facilitare chi merita e aiutare chi ha bisogno. Una società aperta che stimoli ciascuno a dare di più, valorizzando ambizioni e meriti in un quadro di crescita civica e solidale che siamo sicuri può produrre un generale aumento della ricchezza e del benessere sociale.
Ci sentiamo di dire oggi alle compagnie telefoniche, alle assicurazioni, alle banche, alle professioni forti, che noi abbiamo fiducia nelle loro capacità professionali e nel patrimonio umano e tecnologico che rappresentano, e per questo crediamo che maggiore trasparenza nel rapporto con gli utilizzatori dei servizi e maggiore concorrenza può rappresentare una formidabile spinta alla crescita nel mercato interno e, perché no, verso il mercato europeo e internazionale.
Vi proponiamo di uscire insieme dalle secche di una società chiusa, ingessata, un po' giungla, un po' feudalizzata, che scarica costi e problemi sulle parti più deboli della popolazione, che mangia il futuro alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi e che sfrutta pesantemente immigrazione a basso costo.
L'articolo 12 parte dalla constatazione che da oltre 16 anni siamo in attesa di vedere realizzate opere che hanno un carattere strategico e il semplice fatto che rimanga ancora una attesa, è una drammatica prova dei ritardi del nostro paesePag. 65nel settore dei trasporti, che si riflette in danni rilevanti alla comunità e che frena lo sviluppo economico del paese.
Questo è il problema! Si pensa che l'articolo 12 non sia la soluzione giusta? Si proponga una valida alternativa, che consenta di realizzare quello di cui il paese ha necessità vitale, un sistema di alta capacità che consenta una mobilità europea.
L'Autorità per la concorrenza e il mercato già nel 2005 dopo aver rilevato il carattere innovativo dell'istituto della concessione di costruzione e gestione ed il ricorso alla figura del general contractor e dopo aver affermato che lo strumento del project financing offrisse opportunità per l'Alta velocità che sarebbe importante cogliere fino in fondo, rileva che «tuttavia la mancanza di assunzione del rischio di investimento da parte di privati può compromettere la potenzialità del progetto Alta velocità e soprattutto vanificare la valenza pro-concorrenziale del project financing, sia in quanto strumento per avviare iniziative che altrimenti non si realizzerebbero, sia in quanto strumento di ammodernamento dei mercati finanziari.
L'atto di affidamento a TAV della realizzazione del sistema alta velocità (AV) si configura come concessione di costruzione e gestione la cui caratteristica principale consiste nel fatto che la controprestazione dei lavori eseguiti dal concessionario non è data dal pagamento di una somma di denaro a titolo di corrispettivo bensì dal diritto di gestire l'opera per un determinato periodo di tempo. La reintegrazione delle spese sostenute dipenderebbe pertanto dai risultati della gestione del servizio di cui il concessionario gode in esclusiva.
Alla novità sotto il profilo economico si accompagna l'adozione di soluzioni contrattuali innovative per il settore interessato come l'istituto della concessione di costruzione e gestione ed il ricorso alla figura del General Contractor quale soggetto fiduciario cui affidare la realizzazione delle singole tratte. Rileva sottolineare che a quest'ultimo vengono attribuite le particolari funzioni di garante, di appaltatore, nei confronti di TAV, e di appaltante per quanto riguarda l'affidamento di parte dell'opera ad imprese terze. In particolare il progetto AV può rappresentare il primo grande esperimento di project financing.
L'Autorità ritiene importante che le opportunità offerte da questo strumento possano essere pienamente colte. Tuttavia, la mancanza di assunzione del rischio dell'investimento da parte di privati può compromettere le potenzialità del progetto AV e, soprattutto, vanificare la valenza pro-concorrenziale del project financing, sia in quanto strumento per avviare iniziative che altrimenti non si realizzerebbero, sia in quanto strumento di ammodernamento dei mercati finanziari.
Dall'esame dei contratti che regolano i rapporti tra FS, TAV e General Contractor emerge un quadro contraddittorio con le finalità e le potenzialità dello strumento project financing. In particolare, come evidenziato nel provvedimento di chiusura dell'istruttoria, FS, oltre all'apporto del capitale di rischio pari al 40 per cento del capitale sociale, si assume una serie di altri impegni dai quali emerge che il rischio della gestione dell'opera fa capo alla stessa FS, mentre lo sfruttamento economico, formalmente attribuito a TAV, si riduce alla cessione dei propri diritti a fronte di corrispettivi che, indipendentemente dai risultati di gestione, dovranno assicurare la copertura del debito, l'equilibrio economico dell'iniziativa e la remunerazione dell'investimento.
La differenza sostanziale dell'impegno di FS rispetto a quello degli altri azionisti privati induce a ritenere che l'affidamento della concessione ad un'impresa diversa da FS non consenta di ottenere i vantaggi, in termini di partecipazione del capitale privato e di allocazione del rischio, che il modello organizzativo prescelto apparentemente voleva ricercare.
L'assegnazione a soggetti privati dei diritti di sfruttamento in esclusiva di importanti infrastrutture rappresenta una soluzione sicuramente distante dai tradizionali modelli normativi inerenti la gestione di grandi opere. I motivi che giustificano questo tipo di soluzione sussistonoPag. 66quando gli extra-profitti costituiscono un compenso per il rischio a favore di coloro che compiono investimenti che altrimenti non si sarebbero realizzati, vengono completamente meno quando i beneficiari dell'esclusiva sono immuni dal rischio delle loro iniziative» (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (2005), «Settore dell'alta velocità», IC7, punti 9 e 10 del provvedimento).
Con la previsione di cui all'articolo 12, comma 4, si introduce, a carico delle Amministrazioni, l'obbligo di corresponsione di un indennizzo nei casi di revoca di atti amministrativi che incide su precedenti rapporti negoziali con i privati.
In sostanza, si estende - anche all'attività privatistica - la previsione di cui all'articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241, che prevede, in termini più generici, l'ipotesi di revoca che comporta pregiudizi in danno di soggetti direttamente interessati.
Poiché la revoca consegue ad una diversa valutazione ovvero ad una sopravvenienza che impongono una rivisitazione dell'interesse pubblico come inizialmente apprezzato è opportuno che il potere di revocare il provvedimento sia condizionato all'obbligo di indennizzare il privato, che per effetto della revoca abbia subito un pregiudizio, anche nei casi - sempre più frequenti - di attività negoziale dell'amministrazione.
Versandosi in una ipotesi di responsabilità da atto lecito, motivata in ragione dell'interesse pubblico, non si tratta di un risarcimento del danno ma di corresponsione di indennizzo. Nei termini descritti, la citata previsione di cui all'articolo 12, comma 4, è assolutamente conforme ai principi generali del nostro sistema di diritto e non pone in pericolo gli affidamenti dei privati, né le aspettative create nel promoter/concessionario nel caso di project financing, disciplinato dagli articoli 37-bis e seguenti della legge n. 109/94 e successive modificazioni e integrazioni.
Al riguardo, deve essere rammentato che, in questi casi, l'esigenza di rendere possibile una eventuale revoca è strettamente connessa anche alla particolare delicatezza dell'operazione di valutazione del piano economico finanziario, predisposto dal privato, che rappresenta la condizione necessaria perché la pubblica amministrazione possa ritenere idonea la proposta formulata dal promotore a soddisfare l'interesse pubblico alla cui gestione e cura essa è preposta.
Peraltro, una parte della giurisprudenza amministrativa ha ritenuto che la posizione del privato promotore non sia assimilabile a quella di un'impresa che ha vinto una gara ad evidenza pubblica, ma sia connotata da una situazione di provvisorietà.
In ogni caso, l'adozione dell'indicato provvedimento di secondo grado (revoca) richiede l'esistenza di presupposti ben precisi: la puntuale specificazione dell'interesse pubblico, che non si esaurisce nel soddisfacimento del bisogno di ripristino della legalità; la correttezza nell'esercizio della discrezionalità tecnica da parte dell'Amministrazione; l'applicazione del principio di proporzionalità, che obbliga, nell'effettuare l'operazione di bilanciamento degli interessi in gioco, ad assicurare il minor danno possibile agli interessi privati coinvolti e solo se strettamente necessario.
Anche la quantificazione dell'indennizzo nei termini di cui all'articolo 12, comma 4, si ritiene perfettamente in linea con i principi generali. In primo luogo, sotto il profilo quantitativo, ci si riferisce al solo danno emergente. In linea generale, per tutelare l'affidamento del soggetto che ha subito la revoca viene prevista la corresponsione dell' indennizzo.
Tuttavia, allo stesso tempo, la norma cristallizza la necessità che il comportamento delle parti contraenti sia - imprescindibilmente - ispirato ai canoni civilistici di buona fede e di diligenza. Pertanto, al fine di delimitare la sfera e la misura dell'indennizzo di cui debba farsi carico l'Amministrazione, sono stati presi in considerazione i due seguenti parametri: la conoscenza (o conoscibilità) della contrarietà dell'atto all'interesse pubblico; l'eventuale concorso, dei contraenti o di altriPag. 67soggetti, all'erronea valutazione della compatibilità dell'atto con lo stesso interesse pubblico.
Si tratta - in entrambi i casi - di una valorizzazione del principio di autoresponsabilità per cui ciascuno risente delle conseguenze negative della propria attività e delle proprie scelte. Nel caso sub a), è evidente che al disvalore connesso con la conoscenza della contrarietà all'interesse pubblico segue la diminuzione della misura dell'indennizzo. Nel caso sub b), la disposizione applicabile è quella di cui all'articolo 1227, comma 1, codice civile, sul concorso di colpa della vittima nella causazione dell'evento. In proposito, la parte che ha concorso all'erronea valutazione dell'interesse pubblico deve - logicamente - risentire fino in fondo delle conseguenze della sua scelta.
Lo scatto alla risposta è certamente da superare, ma le condizioni per inserire una norma in tal senso nel decreto non ci sono.
Mancano i presupposti di urgenza, non è stata svolta nessuna istruttoria dalle Autorità (Agcom e Agcm): solo nella giornata di ieri si è riunito il tavolo di confronto tra Agcom e Ministero per lo sviluppo economico. Devo evidenziare che all'articolo 1, comma 1, quando si parla di costi fissi vietati è da riferirsi ai costi di ricarica, come si evince dalla relazione di accompagnamento, e come risulta dal fatto che le segnalazioni pervenute dall'Autorità sono incentrate sui costi di ricarica, che sono un vero e proprio balzello svincolato da dati tecnici e qualitativi dei servizi forniti.
Inoltre va evidenziato che non tutti i piani telefonici prevedono lo scatto alla risposta e quindi, allo stato, un eventuale intervento potrebbe essere lesivo delle autonome scelte imprenditoriali (non essendoci alcun controllo).
Peraltro faccio notare due disposizioni contenute nel decreto: la disposizione per la quale le compagnie devono evidenziare correttamente e chiaramente le tariffe reali dei servizi offerti ed erogati; la possibilità per l'utente di trasferire l'utenza telefonica presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati.
Tutto ciò è sottoposto alla vigilanza dell'Agcom. Sono misure che possono, indirettamente, favorire l'eliminazione dello scatto alla risposta in quanto favoriscono la trasparenza tariffaria e lo sviluppo della concorrenza.
Naturalmente se l'Agcom riterrà di avviare una istruttoria e di ravvisare comportamenti distorsivi o eventuali profili anti-competitivi o verifichi che gli scatti alla risposta emergano come addebiti impropri configurando possibili intese tra operatori ai danni degli utenti, sono sicuro che Governo e Parlamento non si sottrarranno dall'intervenire.
Infine, sulla telefonia non posso non rilevare che la tassa di concessione governativa di fatto rappresenta una distorsione del mercato e auspico che il Governo ne prenda in seria considerazione il superamento, magari nella prossima Finanziaria.
L'articolo 13 del decreto-legge detta alcune disposizioni in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica.
In particolare, il comma 1 dell'articolo prevede che del sistema dell'istruzione secondaria superiore fanno parte i licei, gli istituti tecnici e gli istituti professionali di cui all'articolo 191 del testo unico approvato con il decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297; essi sono finalizzati al conseguimento di un diploma di istruzione secondaria superiore. In conseguenza di ciò, vengono in parte abrogate e in parte modificate alcune norme contenute nel decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, che fanno riferimento ai licei tecnologici ed economici.
Il comma 1-bis stabilisce che gli istituti tecnici e professionali previsti dall'articolo 191 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994 sono riordinati e potenziati come istituti tecnico-professionali, che fanno parte del sistema di istruzione secondaria superiore, e sono finalizzati al conseguimento di un diploma. Questi istituti sono strutturati organicamente sul territorio attraverso collegamenti stabili col mondo del lavoro -Pag. 68ivi compreso il volontariato ed il privato sociale -, con la formazione professionale e con l'università e la ricerca.
Il comma 1-ter, nel demandare a regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 e successive modificazioni, la disciplina del riassetto degli istituti tecnici e professionali di cui al comma 1-bis, detta una serie di principi cui i predetti regolamenti attuativi devono attenersi: la riduzione del numero degli attuali indirizzi di studio ed il loro ammodernamento nell'ambito di ampi settori tecnico-professionali, articolati in un'area d'istruzione generale, comune a tutti i percorsi, e in aree d'indirizzo; la scansione temporale dei percorsi ed i relativi risultati di apprendimento; la previsione di un monte ore di lezioni sostenibile per gli allievi ed il conseguente riassetto delle discipline d'insegnamento ed un più ampio spazio per le esperienze di laboratorio, di stage e di tirocini; l'orientamento agli studi universitari e al sistema dell'istruzione e formazione tecnica superiore.
Al riguardo va precisato che l'adozione di regolamenti ministeriali in materia di assetti ordinamentali dei corsi d'istruzione era già prevista dall'articolo 205 del testo unico approvato con il decreto legislativo n. 297 del 1994.
Il comma 1-quater prevede l'adozione di apposite linee guida, predisposte dal ministro della pubblica istruzione e definite in Conferenza unificata, per realizzare raccordi organici tra i percorsi degli istituti tecnico-professionali ed i percorsi di istruzione e formazione professionale attuati dalle strutture formative previste dall'articolo 1, comma 622 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e per il conseguimento di qualifiche e diplomi professionali di competenza delle regioni, rispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui al Capo III del decreto legislativo n. 226 del 2005, compresi in un apposito repertorio nazionale.
Il comma 1-quinquies stabilisce che all'attuazione dei commi da 1-bis a 1-quater si provveda mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente e pertanto senza nuovi o maggiori oneri.
Al comma 2 si prevede la costituzione di appositi «Poli tecnico professionali», tra gli istituti tecnici e professionali, le strutture della formazione professionale accreditate e le strutture che operano nell'ambito della formazione tecnica superiore, denominate «Istituti tecnici superiori». I Poli sono costituiti, sulla base della programmazione dell'offerta formativa, a livello provinciale o sub-provinciale, hanno natura consortile e sono dotati di propri organi di gestione, da definirsi con apposite convenzioni tra le istituzioni che costituiscono il Polo.
Essi sono finalizzati a favorire l'interazione tra le diverse strutture e percorsi dell'istruzione e della formazione tecnico-professionale e a promuovere in modo stabile e organico la diffusione della cultura scientifica.
I commi 3, 4 e 5 dettano disposizioni volte ad agevolare le donazioni in favore delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado, statali e paritarie senza scopo di lucro appartenenti al sistema nazionale di istruzione di cui alla legge 10 marzo 2000, n. 62, destinate al sostegno dell'innovazione tecnologica, e finalità connesse all'edilizia scolastica e all'ampliamento dell'offerta formativa. Tale agevolazione si realizza attraverso una estensione dei benefici fiscali già previsti per le donazioni alle fondazioni.
Il comma 6 prevede che il ministro dell'economia e delle finanze svolga un'attività di monitoraggio relativamente agli oneri conseguenti all'estensione dei benefici fiscali di cui sopra, anche al fine di adottare eventuali provvedimenti correttivi.
Il comma 6-bis impegna il ministro della pubblica istruzione a riferire, dopo due anni di applicazione delle suddette norme, alle competenti Commissioni parlamentari sull'andamento delle erogazioni liberali effettuate a favore delle istituzioni scolastiche.
Il comma 7 prevede che i soggetti donanti non possono far parte del consiglioPag. 69di istituto e della giunta esecutiva delle istituzioni scolastiche; da tale divieto sono esclusi coloro che, in ciascun anno scolastico, hanno effettuato una donazione per un importo non superiore a 2000 euro. È infine prevista una norma che equipara i dati concernenti le suddette donazioni, in particolare quelli relativi all'identità della persona fisica o giuridica che le ha effettuate, ai «dati personali» ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali (decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196).
L'articolo 13-bis reca alcune abrogazioni al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226.
Infine voglio dar conto del lavoro svolto in Commissione.
Nel corso dell'esame presso la Commissione attività produttive (iniziato il 7 febbraio e concluso il 22 febbraio) sono state apportate un numero consistente di modificazioni al testo iniziale del decreto legge recante «Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese». Sono stati presentati, infatti, circa 500 emendamenti e ne sono stati approvati oltre quaranta (43), dei quali quasi un terzo (13) dell'opposizione.
Articolo 1 (Ricarica nei servizi di telefonia mobile, trasparenza e libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici, televisivi e di servizi INTERNET). L'intervento più rilevante sull'articolo 1 è stato quello relativo all'estensione del divieto di applicazione di costi fissi e di contributi per la ricarica delle carte prepagate anche agli operatori di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, oltre che, come in origine previsto, per le ricariche telefoniche. In merito al divieto di previsione di termini temporali massimi di utilizzo delle carte prepagate, è stata prevista inoltre una deroga relativa a eventuali offerte promozionali che già comportassero vincoli di durata. Con apposito emendamento, sono stati infine meglio definiti le funzioni e i compiti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, e individuate le eventuali sanzioni da essa comminabili.
Articolo 2 (Informazione sui prezzi dei carburanti e sul traffico lungo la rete autostradale e stradale). In relazione all'articolo 2, sono state individuate, al comma 1, le sanzioni applicabili ai gestori degli impianti di carburante in caso di violazione dell'obbligo di comunicare al gestore della rete stradale e autostradale i prezzi praticati (sanzioni previste dalla disciplina del commercio per la mancata esposizione dei prezzi e, in caso di reiterazione, revoca della concessione).
Articolo 3 (Trasparenza delle tariffe aeree). Non è stata apportata alcuna modifica.
Articolo 4 (Data di scadenza dei prodotti alimentari). Nell'articolo 4, che concerne le modalità di indicazione della data di scadenza dei prodotti alimentari, è stata utilizzata una dizione più stringente, che specifica che tale informazione deve essere riportata con modalità egualmente visibili e collocate nello stesso campo visivo delle informazioni recanti la quantità del prodotto.
Articolo 5 (Misure per la concorrenza e per la tutela del consumatore nei servizi assicurativi). Al comma 1, che estende il divieto di distribuzione esclusiva di polizze dal settore della responsabilità civile auto a tutti i rami danni, è stato previsto che la disposizione entri in vigore il 1 o gennaio 2008. È stato introdotto quindi il comma 1-bis che, con una novella al codice delle assicurazioni, stabilisce che in caso di cessazione del rischio assicurato o comunque di mancato rinnovo del contratto per mancato utilizzo del veicolo, l'ultimo attestato di rischio conseguito perdura per cinque anni. Al comma 2 è stato precisato che, in caso di stipula di un nuovo contratto aggiuntivo, la classe di merito non può essere più sfavorevole di quella già posseduta dalla persona fisica titolare del contratto se il contratto è relativo ad un veicolo della medesima tipologia. Infine, è stato concesso il termine di 180 giorni per adeguare le clausole dei contratti di assicurazione poliennali alle nuove normePag. 70relative alla facoltà di recesso annuale e senza oneri, con preavviso di 60 giorni.
Articolo 6 (Semplificazione nel procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari). In relazione a questo articolo, che prevede l'estinzione automatica dell'ipoteca iscritta a garanzia di obbligazioni derivanti da mutui decorsi 30 giorni dall'avvenuta estinzione dell'obbligazione garantita, è stata allargata la platea dei creditori a cui si applica la norma: in origine erano previste solo le banche, la Commissione ha introdotto la dizione, più estesa, di «esercenti attività finanziaria». Inoltre, al comma 2, è stato specificato che le clausole in contrasto con quanto definito sono nulle ma non comportano la nullità del contratto (ovvero del mutuo).
Articolo 7 (Estinzione anticipata dei mutui immobiliari divieto di clausole penali). Al comma 1 dell'articolo, che prevede il divieto di applicazione di penali in caso di estinzione anticipata di mutui immobiliari, è ampliato l'ambito di applicazione della disposizione dai mutui di acquisto solo della prima casa a tutti i mutui concernenti l'acquisto di unità immobiliari adibite ad abitazione da parte di persone fisiche; anche in questo articolo, inoltre, è stato previsto che i soggetti creditori possano anche essere società finanziarie o simili e non solo le banche. In conseguenza della modificazione apportata al comma 1, è stata inoltre soppressa la previsione (comma 4) relativa all'individuazione di cosa si intende, ai fini dell'applicazione della norma, per acquisto della prima casa.
Articolo 8 (Portabilità del mutuo; surrogazione). Anche in relazione a questo articolo, che prevede la cosiddetta «portabilità del finanziamento bancario» è stata allargata la platea dei destinatari della norma anche agli intermediari finanziari (comma 1); è stato inoltre specificato che la nullità del patto con il quale si impedisce o si rende oneroso per il debitore l'esercizio della facoltà di surrogazione non comporta la nullità del contratto (comma 3). È stato quindi previsto che la surrogazione non comporta il venir meno in generale dei benefici fiscali previsti dalla normativa vigente (non più solo quelli previsti per l'acquisto della prima casa, come nell'originario testo) (comma 4). Inoltre, nell'ipotesi di surrogazione non si applicano le imposte di registro, di bollo, ipotecaria e catastale, né l'imposta ad esse sostitutiva (comma 4-bis).
Articolo 8-bis (Disposizioni a tutela dei cittadini utenti). L'articolo, introdotto nel corso dell'esame in Commissione, prevede che nell'ambito dei rapporti assicurativi e bancari disciplinati dagli articoli 5, 6, 7 e 8 del decreto, è fatto divieto di addebitare al cliente alcuna spesa relativa alla predisposizione ovvero alla spedizione delle comunicazioni che si rendano necessarie.
Articolo 9 (Comunicazione unica per la nascita dell'impresa). Nell'articolo 9 è stato previsto che tutte le comunicazioni relative all'avvio dell'attività di impresa fra l'interessato e la pubblica amministrazione siano effettuate telematicamente, ovvero con l'utilizzazione di supporti informatici.
Articolo 10 (Misure urgenti per la liberalizzazione di alcune attività economiche). Le modificazioni apportate all'articolo 10 sono concentrate sul comma 5, relativo all'attività delle autoscuole. Si ricorda che la norma originaria sopprime la necessità dell'autorizzazione ai fini dell'apertura di autoscuole, sostituendola con la dichiarazione di inizio attività da presentare all'amministrazione provinciale. Era inoltre prevista la vigilanza amministrativa sulle autoscuole da parte delle province e la vigilanza tecnica da parte degli uffici provinciale della Direzione generale per la motorizzazione civile; tale ultima disposizione è stata modificata e la vigilanza, sia amministrativa che tecnica, resta affidata alle amministrazioni provinciali. Inoltre, sempre al comma 5, con una novella all'articolo 123, comma 11, del codice della strada, è aumentato l'importo della sanzione amministrativa comminabile a chi gestisce un'autoscuola senza titolo: la sanzione passa da un minimo di 742 ad un minimo di 10.000 euro, e da un massimo di 2.970 a un massimo di 15.000 euro. Sono stati quindi introdotti due nuovi commi, 5-bis e 5-ter, che intervengono ancora sull'articolo 123 del codicePag. 71della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, e precisamente: - con una modifica al comma 4 viene reso più stringente il rapporto fra il titolare e l'autoscuola, della quale deve avere «proprietà e gestione diretta, personale, esclusiva e permanente» e viene inoltre specificato che, nel caso di apertura di ulteriori sedi, per ciascuna di esse deve essere dimostrato il possesso di tutti i requisiti prescritti, e segnatamente della capacità finanziaria, e deve essere preposto un responsabile didattico; con modifiche ai commi 8 e 9 viene operato un coordinamento, sopprimendo il vecchio riferimento all'autorizzazione; inoltre, viene inserito un nuovo comma 9-bis che prevede, in caso di revoca dell'esercizio dell'autoscuola per sopravvenuta carenza dei requisiti morali del titolare, al titolare stesso sia revocata anche l'idoneità tecnica, che può essere di nuovo conseguita solo dopo cinque anni (ovvero dopo la riabilitazione).
Articolo 11 (Misure per il mercato del gas). A questo articolo è stata apportata solo una modificazione, al comma 2, di mero coordinamento, derivante da un'osservazione del Comitato per la legislazione.
Articolo 12 (Revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione di linee ad alta velocità e nuova disciplina degli affidamenti contrattuali nella revoca di atti amministrativi). Anche all'articolo 12 è stata apportata un'unica modificazione, su suggerimento del Comitato per la legislazione, concernente l'eliminazione di un riferimento normativo errato.
Articolo 13 (Disposizioni urgenti in materia di istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica). Numerose le modifiche apportate a questo articolo.
Con l'inserimento del comma 1-bis, è stato precisata la finalità di procedere al riordino e al potenziamento degli istituti tecnici e degli istituti professionali qualificandoli quali «istituti tecnico-professionali». Essi attivano collegamenti con il mondo del lavoro e dell'impresa, compresi il volontariato e il privato sociale, con le università il mondo della ricerca e della formazione professionale, e con gli enti locali. Il comma 1-ter prevede l'adozione di uno o più regolamenti del ministro della pubblica istruzione per definire: la riduzione del numero degli indirizzi e il loro ammodernamento; la scansione temporale dei percorsi; la previsione di un monte ore annuale; la riorganizzazione delle discipline di insegnamento per potenziare attività laboratoriali e tirocini; l'orientamento agli studi universitari e all'istruzione tecnica superiore. Ai sensi del comma 1-quater, d'intesa con la Conferenza unificata, sono adottate linee-guida per realizzare raccordi organici tra i percorsi di studio degli istituti tecnici-professionali e i percorsi di studio di formazione professionale di competenza delle regioni.
Con alcune modifiche apportate al comma 2 sono definite più in dettaglio le modalità di costituzione e le finalità dei «poli tecnico-professionali» che possono essere costituiti a livello provinciale e sub-provinciale tra gli istituti tecnico-professionali, le strutture della formazione professionale accreditate e gli «istituti tecnici superiori».
Al comma 3, che disciplina la deducibilità delle erogazioni liberali effettuate in favore degli istituti scolastici, è stato precisato (con dizione che appare più restrittiva rispetto a quella originaria) che gli istituti ai quali tali erogazioni devono essere dirette, ai fini della deducibilità, devono essere quelli statali e paritari senza scopo di lucro, appartenenti al sistema nazionale di istruzione.
Con l'inserimento del comma 6-bis viene previsto che il ministro della pubblica istruzione riferisca, dopo due anni, al Parlamento in merito all'andamento delle erogazioni liberali di cui sopra.
Infine, al comma 7, che prevedeva l'esclusione dei soggetti che avessero effettuato le donazioni di cui al comma 3, dai consigli di istituto e dalle giunte esecutive delle istituzioni scolastiche, è stata prevista una deroga per coloro che abbiano effettuato una donazione non superiore a 2.000 euro annuali; inoltre, i dati concernenti lePag. 72donazioni sono considerati dati personali ai sensi del codice in materia di protezione dei dati personali.
Articolo 13-bis (Abrogazioni). L'articolo, introdotto nel corso dell'esame presso la Commissione, concerne una serie di modificazioni di raccordo al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, derivanti dalle disposizioni recate dall'articolo 13 sugli istituti tecnico-professionali. Anche questa modifica è stata effettuata in recepimento di un'osservazione del Comitato per la legislazione.
Articolo 14 (Misure in materia di autoveicoli) Questo articolo non è stato modificato. Articolo 14-bis (Clausola di salvaguardia). L'articolo, introdotto nel corso dell'esame, reca la cosiddetta clausola di salvaguardia, vale a dire la previsione che le disposizioni del decreto sono applicabili alle regioni e alle province autonome compatibilmente con i rispettivi statuti e le relative norme di attuazione.
Concludo auspicando un confronto serrato e aperto. Pensiamo che sia un buon provvedimento, del quale il paese ha bisogno.
A chi parla di finte liberalizzazioni, vorrei rivolgere un invito: abbandonate il pontificare ideologico e il parlare a prescindere dai contenuti.
La sfida sulle cose è cominciata. Non è in gioco il futuro di una maggioranza che comunque ha la volontà di esserci, ma quello del nostro paese. Un paese che amiamo e che vogliamo torni a credere in se stesso.
ERRATA CORRIGE
Nel resoconto sommario della seduta dell'8 marzo 2007, a pagina XIII, seconda colonna, righe seconda, terza e quarta, le parole da «sui problemi» a «di Rieti» si intendono sostituite dalle seguenti: «sulle iniziative per la tutela dei lavoratori della società Ritel in relazione all'attuazione del protocollo d'intesa riguardante il sito di Rieti».
Nel resoconto stenografico della stessa seduta, a pagina 121, seconda colonna, le righe dodicesima e tredicesima si intendono sostituite dalle seguenti: «(Iniziative per la tutela dei lavoratori della società Ritel in relazione all'attuazione del protocollo d'intesa riguardante il sito di Rieti - n. 2-00389)».
Conseguentemente, la medesima correzione si intende apportata nell'indice, a pagina III, seconda colonna, righe ventinovesima e trentesima.