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Discussione delle mozioni Bimbi ed altri n. 1-00113, Gozi ed altri n. 1-00114, Elio Vito ed altri n. 1-00120 e Maroni e Pini n. 1-00123 sul rilancio del processo costituzionale europeo e dell'azione dell'Unione europea (ore 16,10).
(Intervento del Governo)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, onorevole Crucianelli.
FAMIANO CRUCIANELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Voglio ringraziare innanzitutto i numerosi colleghi intervenuti. È stato, questo, un dibattito molto ricco e anche molto appassionato. D'altronde, non poteva che essere così, perché già in passato, come è stato giustamente ricordato quando si è discusso di Europa, si è sempre avuta una discussione molto intensa e piena anche di sentimento. Sarò molto breve: farò una prima, doverosa e, forse, burocratica ricognizione e successivamente qualche considerazione sui punti più aperti del dibattito che si è avuto.
Le celebrazioni del cinquantenario della firma dei Trattati di Roma e la dichiarazione che verrà approvata il 25 marzo dai Capi di Stato e di Governo non rappresentano un semplice evento commemorativo, ma costituiscono, o dovrebbero costituire, un passaggio fondamentale per il rilancio del processo costituzionale e dell'azione dell'Unione europea.
Siamo ad uno snodo decisivo del progetto di integrazione: o riusciremo a trovare un accordo sul Trattato costituzionale entro le elezioni del 2009 (so bene che questo è un punto controverso, ma tale è la ferma opinione del Governo), o quella che pure avevamo definito come una «pausa di riflessione» si dimostrerà, nei fatti (e già vi sono tutti segni), una crisi paralizzante.
È necessario, quindi, uno sforzo collettivo per rilanciare l'Europa e in questo sforzo collettivo i parlamenti dovranno avere una funzione fondamentale.
In questo, il nostro Parlamento, in passato e per alcuni versi, ha giocato un ruolo esemplare; basti ricordare, in proposito, che l'Italia è stata tra i primissimi membri a ratificare il Trattato costituzionale e che lo ha fatto in quest'aula con una amplissima maggioranza.Pag. 25
Ben venga, quindi, il contributo di idee, di indirizzi che già è emerso ampiamente in questo dibattito; essi rappresentano un autentico contributo. E ben venga il valore simbolico che sicuramente rivestirà all'immediata vigilia del Consiglio europeo di Berlino l'evento commemorativo che il Parlamento italiano ha organizzato per il 22 e il 23 marzo. È importante che tale evento avvenga a ridosso del Consiglio europeo di Berlino del 24 del 25 marzo. La dichiarazione che dovrà essere approvata il 25 marzo a Berlino dai leader dell'Unione europea avrà una grande importanza anche sul piano simbolico nel rilancio del processo di integrazione. Nei nostri desideri, la dichiarazione segnerà la conclusione della fase di riflessione avviata a seguito del referendum francese ed olandese e dovrebbe segnare (questa è la nostra volontà) l'inizio di una nuova, più dinamica fase del dibattito: nella sostanza, chiudere la cosiddetta pausa di riflessione, che rischia di essere un'eterna riflessione, ed aprire invece una nuova fase per entrare nel vivo del dibattito e per riprendere le fila del Trattato costituzionale.
Non c'è modo migliore per avviare questa nuova fase che ricordare, senza facili trionfalismi, ma con una giusta rivendicazione, i successi del passato, analizzando, in maniera lucida, le sfide attuali e future con cui si confronta l'Europa e i mezzi per farvi fronte adeguatamente.
Ed è per questo che il Governo ha voluto dare, fin dall'inizio, attraverso l'ambasciatore Ruggiero, un contributo particolarmente attivo e riconosciuto dalla stessa Presidenza tedesca al processo di elaborazione della dichiarazione. La dichiarazione costituirà un'occasione per dare nuovo slancio al progetto europeo, impegnandosi nella costruzione di un'Europa forte, efficiente, e capace di affrontare le sfide globali del futuro. In tal senso, il Governo condivide la bozza presentata dalla Presidenza. Questa scaletta si articola attorno a cinque parti fondamentali: i successi di cinquant'anni di integrazione; i caratteri essenziali dell'unificazione europea; i valori condivisi; le priorità interne ed esterne dell'Unione; gli impegni per il futuro.
Ai nostri partner, il Governo italiano, inoltre, ha espresso l'auspicio che la dichiarazione contenga un riferimento alla volontà di completare il processo di riforma costituzionale e il tempo per le elezioni del Parlamento europeo del 2009, così da permettere all'Europa allargata di funzionare efficacemente. Siamo, infatti, convinti che quest'indicazione programmatica contribuirebbe a dare un senso politico compiuto ed un impatto operativo immediato alla dichiarazione medesima.
Nella stessa ottica, il Governo è aperto a prendere in considerazione, nell'ambito del processo di riforma costituzionale, la possibilità di interventi sull'attuale Trattato costituzionale che, senza alterarne lo spirito e la sostanza, siano in grado di rassicurare la pubblica opinione, in particolare valorizzando la dimensione sociale ed ambientale del processo di integrazione europea.
Il Governo ritiene, infatti, che sia opportuno venire incontro alle esigenze di quei paesi che hanno avuto difficoltà nel ratificare il testo sottoscritto nell'ottobre 2004, privilegiando l'ottica del completamento del testo attuale, a condizione però che di questa formulazione sia preservata in ogni caso la sostanza del testo fondamentale e a condizione che ne siano mantenute tutte le parti essenziali ed innovative.
Qualsiasi formula volta a superare le situazioni determinatesi dopo le consultazioni referendarie in Francia e nei Paesi Bassi dovrà, in ogni caso, partire dal testo firmato a Roma nell'ottobre 2004, in quanto espressione di un equilibrio complessivo tra paesi membri ed istituzioni dell'Unione Europea e di una visione ambiziosa dell'avvenire dell'Unione ampliata.
Occorrerà, infine, tenere pienamente conto del fatto che il testo è stato ratificato da 18 membri su 27, rappresentativi della maggioranza della popolazione dell'Unione. Voglio anche aggiungere che altri quattro paesi, che non hanno ratificato il Trattato costituzionale, hanno però dichiaratoPag. 26formalmente di essere d'accordo con la sua sostanza: quindi, 22 paesi su 27 condividono la sostanza del Trattato costituzionale.
Facendo riferimento ad alcune questioni che sono state sollevate, non sfugge certo la dinamica dei problemi che si è aperta con il referendum francese ed olandese; ciò è del tutto evidente, anche se un'analisi seria, accurata, obiettiva di ciò che è accaduto in quel referendum ci porterebbe a considerare una molteplicità di fattori e non tutti riconducibili al Trattato europeo o, comunque, alla questione Europa in generale. Quei referendum si sono fatti carico anche di una serie di problemi che erano propri ed interni di quei paesi, ma, a mio parere, non sfugge che nel corso di questi anni è maturata all'interno dell'opinione pubblica una forte insicurezza, una precarietà, una difficoltà sociale, che ha determinato un elemento di «scollatura» fra l'identità europea, l'obiettivo europeo e il senso comune dei cittadini europei.
Credo che tale dato - che, peraltro, è rilevabile non solo da ciò che sono stati i referendum francesi ed olandesi, ma anche dagli odierni sondaggi nell'opinione pubblica - si avverta nel clima europeo: sussiste una difficoltà reale - perlomeno, vi è stata nel corso dei recenti anni -, che nasce dalla profonda insicurezza che oggi si avverte fra i cittadini europei. Badate, all'interno di questa insicurezza c'è di tutto, come nel caso del voto francese, dove sono presenti sia Le Pen sia le posizioni della sinistra radicale: è l'insicurezza e l'incertezza sul futuro del lavoro, dei propri diritti sociali, delle grandi conquiste sociali, ed anche l'insicurezza e la paura che nasce dall'immigrazione e da altro tipo di incertezze: quindi, siamo di fronte ad una situazione che esprime una difficoltà reale.
Credo che all'interno di questa lontananza che si percepisce in alcuni settori dell'opinione pubblica europea vi sia anche una difficoltà dell'Europa come soggetto reale, come soggetto protagonista anche a livello dello scenario mondiale, cioè una difficoltà nel cogliere il senso e la qualità di un'iniziativa europea. Non vi è dubbio che - come è stato accennato - vi sia anche una difficoltà dei meccanismi democratici europei. L'Europa e le sue istanze istituzionali vengono avvertite dai cittadini come qualcosa che è lontano, che è difficilmente riconducibile alla dinamica democratica di ogni giorno. Quindi, penso che le obiezioni sollevate sulla difficoltà che si avverte fra i cittadini europei e l'idea, il futuro dell'Europa siano elementi su cui sicuramente occorre riflettere, ragionare ed intervenire.
In questo senso credo che non si possa semplicemente riproporre il Trattato così com'è dalla prima all'ultima parola - non solo perché vi è stato il referendum francese, ma anche per le considerazioni che avanzavo -, facendo valere magari un principio di maggioranza (come dicevo, potrebbe essere un'ampia maggioranza perché stiamo parlando di 22 paesi su 27). Sussiste una difficoltà che chi dovrà poi riprendere le fila e la redazione del Trattato costituzionale non può non prendere in considerazione. Inoltre, nella discussione che si è sviluppata, quando parliamo di sostanza, di spirito, di parti fondamentali, noi ci riferiamo fondamentalmente alla prima e alla seconda parte, mentre sappiamo bene che la terza parte è la ratifica in grandissima parte dei Trattati precedenti e la costituzionalizzazione degli stessi.
Potrebbe essere ripresa una discussione su questo terreno, come sostengono diversi francesi. Lo stesso Sarkozy, quando parla del Trattato, fa riferimento a questo tipo di problematica.
Anche dalla discussione che si è appena svolta emerge una domanda con cui dobbiamo confrontarci noi e l'Europa, che avrà il compito di portare a termine questo faticoso percorso del Trattato costituzionale. Tuttavia, mi preme fare due precisazioni. Infatti, vi è un equivoco sul quale dobbiamo chiarirci. La democrazia europea è fondamentalmente di carattere parlamentare. Non riesco a capire per quale ragione il referendum diventa un percorso democratico e il fatto che i Parlamenti nazionali discutano ed approvanoPag. 27un Trattato costituzionale diventi un percorso non democratico. Permettetemi di discutere o, quanto meno, di parlare di questo. Si può anche utilizzare lo strumento referendario, ma ciò non per il fatto che la discussione e la decisione in sede parlamentare siano di carattere antidemocratico. Francamente, in questo modo stravolgeremmo qualsiasi principio rispetto a quelle che sono le regole e le procedure democratiche. Trovo molto intrigante la proposta ed il ragionamento sul referendum contenuta in diverse mozioni. Si tratta di un terreno sul quale riflettere e discutere, non perché deve essere contrapposta una procedura che vede protagonisti i Parlamenti in qualità di procedura non democratica. Può essere un elemento che arricchisce la partecipazione e coinvolge più direttamente l'opinione pubblica europea, ma non per questo l'approvazione parlamentare deve essere considerata non democratica. Sarebbe bene ragionare sulla stessa procedura costituzionale e istituzionale che, a mio avviso, è molto complicata.
Questa è una prima considerazione. Successivamente, discuteremo anche nel merito delle mozioni e vedremo più puntualmente il contenuto delle stesse. Tuttavia, voglio dire che è bene fare chiarezza su questi punti fra di noi. Il Parlamento italiano, democraticamente e a grandissima maggioranza, ha approvato il Trattato costituzionale. Si possono poi fare altre proposte e così anche gli altri 18 - e potenzialmente 22 - Parlamenti si accingono a fare la stessa cosa.
Il secondo problema sul quale vorrei si ragionasse seriamente è quello relativo ai tempi. È per questo che il Governo italiano insiste su ciò che avverrà nel 2009. Noi ci troviamo ad un punto in cui, se non si arriva in tempi ragionevoli a definire un Trattato costituzionale che dia all'Europa la possibilità di funzionare, e non solo al suo interno - infatti oggi le strutture europee sono fondamentalmente paralizzate - ci troveremo davanti a tutta una serie di discussioni a Bruxelles come, ad esempio, quella per cui l'accordo di partenariato strategico con la Russia è stato bloccato dal veto polacco. Ci troviamo a fare discussioni di grandissima rilevanza, dove si deve inverare la posizione politica italiana ed europea su grandi scenari e dove si trovano grandissimi problemi come il Medioriente. In questi casi, prima di prendere una decisione, bisogna passare ore a discutere su una o su un'altra parola. È del tutto evidente che in queste condizioni, se si continua di questo passo, l'Europa andrà rapidamente verso il declino. Per i prossimi cinque o sei anni potrà accadere che avremo procedure straordinariamente democratiche, ma probabilmente discuteremo su qualcosa che a quel punto non c'è più.
Io vorrei che riflettessimo su questo. Infatti, mi pare che vi sia un'opinione ed una determinazione assolutamente comune sulla necessità e sull'esigenza storica e politica che l'Europa possa e debba giocare una sua funzione ed un suo ruolo in tutti gli scacchieri dove le crisi sono evidenti e, soprattutto, dove vi sono problemi seri.
La questione dell'allargamento che è stata sollevata presenta punti «brucianti» al suo interno. Si parla della Turchia, ma io vorrei parlare anche del Kosovo o, meglio, dei Balcani. È evidente che non si potrà più parlare di allargamento fino a quando non avremo una vera integrazione dell'Europa. E ciò potrà accadere solo quando avremo un Trattato costituzionale. È immaginabile che questi problemi possano essere ancora rinviati per anni e anni? Io non lo credo.
Quindi, in questo senso, vorrei rilevare che ci troviamo di fronte ad un duplice problema. Il primo problema che è stato posto, e che ritengo legittimo prendere in considerazione, è rappresentato dalla necessità di individuare un percorso maggiormente democratico e partecipativo, che coinvolga sia i Parlamenti, sia i cittadini europei. L'altro, drammatico problema che abbiamo dinanzi, tuttavia, è costituito dall'esigenza di avere tempi certi per giungere ad un'Unione europea chePag. 28possa esercitare una funzione reale sia nello scenario internazionale, sia al suo interno.
Queste sono le considerazioni di ordine generale che intendevo rappresentare. In una seduta successiva, entreremo poi nel merito delle diverse mozioni presentate, sulle quali esprimerò il parere del Governo.
PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.