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TESTO AGGIORNATO AL 16 APRILE 2007
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative conseguenti alla dichiarazione conclusiva dell'Assemblea generale della Pontificia accademia per la vita svoltasi nel mese di marzo 2007 - n. 2-00434)
PRESIDENTE. La deputata Poretti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00434 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, signor sottosegretario, tengo a ricordare come, lo scorso 17 marzo, sia stata resa nota la dichiarazione conclusiva dell'Assemblea generale della Pontificia accademia per la vita. Successivamente, organi di stampa hanno pubblicato l'appello delle gerarchie ecclesiastiche, nel quale si invitava al «doveroso esercizio» di una «coraggiosa obiezione di coscienza i medici, infermieri, farmacisti e personale amministrativo, giudici e parlamentari, ed Pag. 34altre figure professionali direttamente coinvolte nella tutela della vita umana individuale, laddove le norme legislative prevedessero azioni che la mettono in pericolo».
Tali pubbliche dichiarazioni potrebbero integrare il reato previsto e punito dal codice penale all'articolo 414, in quanto istigazione alla commissione di uno o più reati e, in particolare, quello previsto e punito dall'articolo 328 dello stesso codice (rifiuto e omissione d'atti d'ufficio).
L'istigazione pare tanto più grave in quanto è rivolta ad una categoria di pubblici ufficiali e funzionari quali i magistrati, soggetti, per il dettato dell'articolo 101 della Costituzione, esclusivamente alla legge.
La Corte costituzionale, del resto, ha chiarito, in più occasioni, che l'obiezione di coscienza dei giudici è in netto contrasto con la tutela dell'ordine giuridico. Pare evidente che una disobbedienza civile degli organi dello Stato, deputati proprio a far rispettare quella legge a cui disobbediscono, si tradurrebbe nella morte dello Stato di diritto e della legalità.
Ciò considerato anche che invitare i magistrati a disapplicare la legge italiana quando in contrasto con i principi della fede cattolica, così come affermato dallo Stato del Vaticano, costituisce una violazione del Concordato lateranense fra la Repubblica italiana e la Chiesa cattolica (legge 20 marzo 1985, n. 121) e, in particolare, proprio del suo primo articolo, il quale recita: «La Repubblica italiana e la Santa Sede riaffermano che lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani, impegnandosi al pieno rispetto di tale principio nei loro rapporti ed alla reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del paese».
Con tali esortazioni - quelle formulate, per l'appunto, dalla Pontificia accademia per la vita -, lo Stato del Vaticano non ha semplicemente espresso un'opinione su norme che non condivide (cosa assolutamente legittima), ma si è adoperato affinché la legge - e, quindi, «l'ordine» prima richiamato nel Concordato - della Repubblica italiana fosse trasgredita. Tutt'altro che un esempio di quel «pieno rispetto» per l'ordine, l'indipendenza e la sovranità dell'Italia previsto dal citato Concordato!
Tali dichiarazioni costituirebbero, anche in assenza di un patto concordatario, una grave offesa alla sovranità dello Stato italiano. Se ad invitare i magistrati italiani a non applicare la legge fosse stato un qualsivoglia altro paese, si sarebbe immediatamente aperta una grave e duratura crisi diplomatica.
Ebbene, chiedo se, a fronte di quella che si palesa come una chiara ed evidente violazione del Concordato, il Governo italiano non ritenga di poter ravvisare in essa gli estremi per un sostanziale superamento del Concordato stesso, in riaffermazione di una piena indipendenza e sovranità della Repubblica italiana.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Ricordo preliminarmente (lo accennava poc'anzi anche l'onorevole Poretti) che in Italia i rapporti tra Stato e Chiese sono regolati anzitutto dagli articoli 7 e 8 della Costituzione.
L'articolo 7, primo comma, della Costituzione, che la Santa Sede ha riconosciuto, firmando, nel 1984, l'Accordo di revisione del Concordato lateranense, sancisce il principio secondo il quale lo Stato e la Chiesa sono indipendenti e sovrani, separando espressamente l'ordine dello Stato e l'ordine della Chiesa. Principio, questo, ripetuto anche nelle intese stipulate con diverse confessioni religiose, a reciproca garanzia delle parti.
Con l'articolo 8, primo comma, si è stabilito che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.
Queste disposizioni hanno permesso, nel corso di decenni di storia repubblicana, di mantenere distinti i due piani, temporale e spirituale, e contemporaneamente Pag. 35hanno consentito un fecondo dialogo tra lo Stato, la Chiesa cattolica e le altre Chiese e confessioni religiose.
In questo contesto di pluralismo religioso e di libertà, le autorità della Chiesa cattolica e delle altre religioni presenti nel paese sono pienamente libere di manifestare il proprio pensiero e di fornire insegnamenti ai loro fedeli che, ovviamente, non possono essere vincolanti nell'ordine dello Stato.
In particolare, per quanto riguarda i rapporti con la Chiesa cattolica, con la revisione del Concordato lateranense del 1984 è stato riaffermato e concretamente articolato il principio costituzionale dell'assoluta distinzione, indipendenza e autonomia dei due ordini della Chiesa e dello Stato, che si impegnano ad una reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e del bene del paese.
A questo si aggiunge, nel protocollo addizionale, il venir meno del principio originariamente richiamato dai Patti lateranensi della religione cattolica come religione dello Stato, in conformità al dettato della Costituzione, ispirata al principio supremo di laicità dello Stato.
L'azione del Governo si è costantemente attenuta, di fronte al libero esplicarsi del fenomeno religioso, a tale principio, alla luce dell'interpretazione data dalla Corte costituzionale, la quale afferma che la laicità dello Stato implica non indifferenza nei confronti della religione, ma garanzia dello Stato stesso per la tutela della libertà religiosa in un regime di pluralismo confessionale e culturale.
Il Presidente della Repubblica Napolitano, nel suo discorso rivolto al Pontefice Benedetto XVI in occasione della sua visita in Vaticano, avvenuta lo scorso novembre, ha riaffermato che in Italia l'armonia dei rapporti tra Stato e Chiesa è garantita dal principio laico di distinzione sancito dalla Costituzione e dall'impegno alla «reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e per il bene del paese».
Il Capo dello Stato ha inoltre sottolineato che, pur se esistono scelte che appartengono alla sfera statale, alla responsabilità e all'autonomia della politica, viene avvertita come esigenza pressante ed essenziale il richiamo al fondamento etico della politica. La libertà della Chiesa cattolica e lo svolgimento della sua missione pastorale, educativa e caritativa di evangelizzazione e di santificazione è riconosciuta dall'articolo 2 dell'Accordo del 1984, che garantisce, inoltre, «ai cattolici e alle loro associazioni ed organizzazioni, la piena libertà di manifestazione del pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».
Apparirebbe pertanto contraddittorio riconoscere la libertà di opinione, di espressione e di manifestazione del pensiero alla Chiesa cattolica e alle altre confessioni religiose se poi volessimo limitare o negare o escludere questa libertà quando il contenuto riguarda atti che sono oggetto di dibattito pubblico. Questi non si sottraggono, anche sui temi eticamente rilevanti, ai giudizi espressi in una prospettiva religiosa, alla quale si può liberamente aderire o con la quale, altrettanto liberamente, si può essere in contrasto.
Nella libertà della Chiesa è quindi compreso il pieno diritto di esprimere valutazioni e formulare giudizi, di parlare alle coscienze dei cittadini e dei politici. Spetta poi a questi ultimi e alla loro coscienza valutare, accogliere, seguire oppure ignorare tali dichiarazioni.
Nell'autonomia dello Stato rientra, ovviamente, il pieno diritto di elaborare norme e leggi sulla base di liberi orientamenti degli organi di Governo e legislativi. Ciò avviene, d'altra parte, in tutti i paesi democratici ad ispirazione laica, dove non mancano le discussioni di carattere etico e religioso.
La Dichiarazione finale della XIII Assemblea generale della Pontificia accademia per la vita si inserisce nel contesto della diffusione dei risultati del lavoro di studio e di ricerca legato alla Santa Sede e rientra nella libera espressione del magistero e del ministero della Chiesa.
La predetta Dichiarazione è, quindi, un documento di sintesi che serve a presentare i risultati delle sessioni di lavoro e i membri si impegnano ad agire in conformità con il magistero della Chiesa.Pag. 36
D'altro canto, la stessa Pontificia accademia per la vita, nei giorni scorsi, ha formulato precisazioni in merito ad alcune interpretazioni apparse sugli organi di informazione proprio sui contenuti della predetta Dichiarazione, specificando che il documento ha carattere di indirizzo universale e, pertanto, non è rivolto ad una nazione in particolare. Posizione, questa, di cui ha tenuto conto il Consiglio superiore della magistratura che, in una nota, in occasione dell'apertura di un dibattito interno sul delicato tema dell'obiezione di coscienza, ha fatto sapere che «non vi è alcuno scontro fra il Consiglio superiore della magistratura e la Chiesa sull'obiezione di coscienza dei giudici, ma solo una decisione dell'organo di autogoverno di approfondire le tematiche della deontologia professionale».
Pertanto, si può affermare che la libertà religiosa e di coscienza garantita dalla Costituzione, da un lato, assicura alla Chiesa cattolica e alle confessioni religiose la libertà di esprimere in ogni forma il loro insegnamento e, dall'altro, garantisce a ciascun individuo la libertà di agire secondo i dettami della propria coscienza.
Per queste ragioni non c'è motivo per ritenere che una discussione come quella che si sta sviluppando in Italia in questi mesi possa, in qualche modo, mettere in crisi i rapporti tra Stato e Chiesa cattolica, che poggiano su basi solide e sull'idea condivisa dell'applicazione del dettato costituzionale.
PRESIDENTE. La deputata Poretti ha facoltà di replicare.
DONATELLA PORETTI. Signor Presidente, non mi posso ritenere soddisfatta della risposta.
Lungi da me l'intento di voler limitare la libertà di espressione e ringrazio il sottosegretario per questa piccola lezione riassuntiva del principio della laicità dello Stato e di quello della separazione tra lo Stato e la Chiesa.
In realtà, ci troviamo in un momento politico assai delicato e, per quanto si voglia chiamare coraggiosa disobbedienza civile, l'appello contenuto nel documento della Pontificia accademia per la vita costituisce un'istigazione a violare le leggi. D'altra parte, disobbedienza civile, vuol dire proprio violare le leggi e assumersene pubblicamente la responsabilità penale, civile o amministrativa, anche a fini di lotta politica.
Ricordo per inciso la vicenda della disobbedienza civile posta in essere da un giudice, il dottor Luigi Tosti di Camerino che, proprio appellandosi alla laicità dello Stato, si è rifiutato di svolgere la propria funzione giudicante perché nell'aula di giustizia dove si svolgeva il rito non veniva rimosso un crocifisso appeso al muro. Per tale motivo, il suddetto magistrato è stato condannato dal tribunale dell'Aquila a sette mesi di reclusione per omissione d'atti d'ufficio. Questo vuol dire dar vita ad una disobbedienza civile!
Inoltre, ricordo le disobbedienze civili praticate dai radicali per ottenere l'obiezione di coscienza in caso di servizio militare, alle quali seguì l'arresto dell'allora segretario del partito radicale, Roberto Cicciomessere. Pochi mesi dopo il suo arresto, grazie ad una mobilitazione dell'opinione pubblica promossa dal partito radicale, il Parlamento italiano approvò, il 15 dicembre del 1972, una legge che riconosceva il diritto civile all'obiezione di coscienza nel servizio militare.
Simili iniziative, del resto, sempre da parte dei radicali, furono svolte anche in Belgio dove, Olivier Dupuy, che poi fu segretario del partito radicale transnazionale, fu condannato a due anni di carcere per aver disubbidito alle leggi in materia di leva obbligatoria.
Queste sono obiezioni di coscienza praticate con la disobbedienza civile e, quindi, con l'autodenuncia e con la richiesta di condanna per aver violato una legge ritenuta ingiusta di cui si sollecita una modifica; vi sono poi casi di obiezione di coscienza previsti dalla legge e praticati, perciò, nel pieno rispetto della normativa vigente, come nel caso del servizio civile svolto al posto di quello militare fino a quando la leva era obbligatoria, o, ancora, come nel caso previsto dalla legge n. 194 Pag. 37del 1978 sull'aborto, che costituisce tuttavia reato laddove il medico eserciti la propria disobbedienza al di fuori dai casi tassativamente previsti dalla citata legge.
La disobbedienza cui si riferisce, invece, il documento in questione, che, non a caso, la definisce «coraggiosa», inequivocabilmente non rientra fra i casi tassativamente previsti dalla legge, perché si riferisce anche a categorie professionali che non hanno alcuna possibilità legale di obiettare alla legge secondo la propria coscienza, quali, ad esempio, i magistrati. L'istigazione in questione appare tanto più grave in quanto è rivolta ad una categoria di pubblici ufficiali e funzionari quali i magistrati, soggetti, secondo il dettato dell'articolo 101 della Costituzione, esclusivamente alla legge e la Corte costituzionale ha chiarito in più occasioni che l'obiezione di coscienza dei giudici è in netto contrasto con la tutela dell'ordine giuridico. Appare evidente che una disobbedienza civile degli organi dello Stato deputati proprio a far rispettare la legge cui disobbediscono si tradurrebbe nella morte dello Stato di diritto e della legalità, nonché nell'imposizione della propria scelta «disobbediente» a chi si era, invece, rivolto al magistrato proprio perché agisce in nome del popolo italiano. La forza dell'appello - e sul punto si torna all'appello, signor sottosegretario -, la sua diffusione mediatica, le sue potenzialità, il seguito dello stesso, che derivano dalle indubbie capacità delle gerarchie vaticane di influenzare i cittadini, oltre che una massa generalizzata di persone potenzialmente recettrici dell'istigazione, rendono probabile la sussistenza del reato di istigazione a compiere atti contrari ai doveri del proprio ufficio, così come previsti e imposti dalle leggi vigenti.
Per mio conto, oltre a questo atto di sindacato ispettivo, presentato con il gruppo de La Rosa nel Pugno, con i compagni radicali, con il presidente di gruppo Villetti, ho inviato a quaranta procure un esposto-denuncia in cui chiedo di verificare la sussistenza dei reati di istigazione a delinquere e di violazione del Concordato. Altrettante procure sono state, per il momento, raggiunte da esposti di cittadini che, attraverso il sito dell'associazione per i diritti degli utenti e consumatori - www.adoc.it - hanno scaricato il facsimile e lo hanno inviato alle procure.
In attesa di una risposta dalle aule della giustizia, è urgente una risposta politica. Ogni giorno che passa l'Italia appare sempre più «supina» ed «inginocchiata» alle gerarchie vaticane. I diktat si susseguono con una frequenza ed una veemenza sempre più impressionanti. Dopo la dettatura dell'agenda politica, ormai dal Vaticano arrivano anche dettagliati e puntuali emendamenti alle leggi che il legislatore è in procinto di scrivere, sempre che abbiano superato il veto iniziale. Così: Pacs no, Dico neppure, testamento biologico sì, ma solo a certe condizioni, e così via. Dopo l'esposto alle procure, in attesa che un giudice decida di dar corso alla giustizia e di applicare la legge, rivolgo un appello in quest'aula, signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, a rispettare la nostra Costituzione ed il nostro essere Stato laico. «A Cesare ciò che è di Cesare, a Dio ciò che è di Dio», che, a mio avviso, è la miglior garanzia per la stessa religione, per i fedeli ed anche per le gerarchie ecclesiastiche, e le scritte che in questi giorni compaiono sui muri delle nostre città ne sono anche la testimonianza: se la Chiesa diventa un attore politico ne subisce anche le peggiori conseguenze.
Iniziative per ammettere alle agevolazioni previste dal decreto del Ministro dei trasporti del 31 gennaio 2007 anche le merci trasportate sulle tratte marittime tra la Sardegna e il resto d'Italia - n. 2-00399)
PRESIDENTE. Il deputato Cicu ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00399 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
SALVATORE CICU. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, la Sardegna, per i collegamenti con la Penisola, può utilizzare due sole modalità di trasporto: Pag. 38quello aereo e quello marittimo, e naturalmente è fortemente penalizzata a causa dell'assoluta mancanza di possibilità di modalità di trasporto su ferro e su gomma.
La situazione che riguarda la continuità territoriale è disastrosa in tutti i sensi, anche con riferimento all'ultima norma contenuta nella legge finanziaria, che vede il trasferimento totale di costi e di oneri ancora una volta sui cittadini sardi, che vengono così ulteriormente penalizzati. Peraltro essi vengono penalizzati rispetto a criteri, valutazioni e presupposti, che sono stati individuati anche a livello europeo; si sottolinea infatti come l'articolo 158 del Trattato di Amsterdam abbia considerato l'insularità come una valutazione definitiva rispetto alla possibilità di ottenere finanziamenti e agevolazioni.
Il decreto emanato il 31 gennaio 2007 dal ministro dei trasporti ha individuato delle tratte marittime incentivabili per il trasporto di merci in ambito mediterraneo, partendo da quelle rotte che sono considerate le tratte tra gli archi tirrenici nord e sud, dimenticando però che in mezzo a questi archi, tra i porti francesi e spagnoli del Mediterraneo, c'è una regione, un'isola italiana, la Sardegna, che viene completamente esclusa dagli incentivi. Tutto ciò contro ogni valutazione, criterio e presupposto - come dicevo prima - considerato che la Sardegna si trova in una posizione strategica, al centro del Mediterraneo, ha una riferibilità, per aver consentito lo sviluppo della civiltà già in età preistorica, senza dimenticare che la regione vive in gran parte di turismo, e si appresta ad avere crescente importanza con la riapertura del polo energetico e quindi dell'utilizzo delle miniere carbonifere del Sulcis ai fini della produzione di elettricità ed i lavori per la costruzione del metanodotto per il collegamento tra l'Algeria e l'Europa centromeridionale.
Di tutto questo sembra non si accorga il Governo nazionale, né tanto meno quello regionale, perché, al di là di una laconica e melanconica dichiarazione dell'attuale assessore ai trasporti, altre prese di posizione mi sembra che non ve ne siano state, se non quelle di tutti i parlamentari sardi, che hanno sottolineato con interpellanze e interrogazioni questo rilevante problema.
Riteniamo che il contenuto del citato decreto sia ancora più stupefacente se si considera, come abbiamo sottolineato nella nostra interpellanza, che l'allegato 2 alla delibera CIPE n. 121 del 2001 e l'intesa generale quadro relativa alle autostrade del mare dell'11 ottobre 2002, richiamata nell'accordo di programma quadro viabilità del 2003, considerano strategico «completare e qualificare la rete di infrastrutture di mobilità, di persone e di merci tra i principali hub portuali e interportuali e tra le principali aree urbane, al fine di valorizzare la potenzialità strategica dell'isola come grande piastra logistica del Mediterraneo inserita nei grandi flussi di mobilità delle autostrade del mare e nei cicli di produzione legati a questi flussi».
Sulla base di queste considerazioni riteniamo opportuno, fondamentale e centrale modificare tale decreto nel senso di ammettere alle agevolazioni anche e soprattutto le merci trasportate sulle rotte tra la Sardegna e il resto d'Italia, oltre che tra la Sardegna, la Francia e la Spagna.
PRESIDENTE. Il viceministro dei trasporti, Cesare De Piccoli, ha facoltà di rispondere.
CESARE DE PICCOLI, Viceministro dei trasporti. In merito alle questioni poste dall'interpellante, vorrei precisare che con il decreto ministeriale 31 gennaio 2007 si è data attuazione al disposto del decreto del Presidente della Repubblica 11 aprile 2006, n. 205.
Con l'articolo 3, comma 1, sono state individuate le tratte marittime da finanziare al fine di incentivare il trasferimento modale dalla strada al mare nel rispetto dei criteri stabiliti dalla Commissione europea, secondo la quale una tratta marittima può essere finanziata in presenza di un itinerario stradale alternativo che renda, quindi, comparabili i due percorsi e permetta di calcolare i costi delle due Pag. 39diverse modalità di trasporto. L'esclusione delle rotte tra la Sardegna e il resto d'Italia, oltre che tra la Sardegna e la Francia e la Spagna, aveva trovato, quindi, una giustificazione nella non perfetta comparazione tra l'itinerario stradale e quello marittimo. Tuttavia, al fine di riscontrare pienamente le esigenze dell'utenza, in data 26 marzo 2007 il Ministero dei trasporti ha emanato il decreto integrativo del citato decreto del 31 gennaio 2007, inserendovi anche le rotte tra i porti della Sardegna, benché ricomprese all'interno di rotte di provenienza continentale, meritevoli di incentivazione.
PRESIDENTE. Il deputato Cicu ha facoltà di replicare.
SALVATORE CICU. Signor Presidente, mi ritengo assolutamente insoddisfatto della risposta perché mi sembra che proprio a causa della sua insularità, e contravvenendo al criterio riconosciuto quale presupposto dall'Unione europea, la Sardegna sia stata ulteriormente penalizzata. Mi pare di capire che si può rientrare nella configurazione delle autostrade del mare soltanto quando non si tratti di isole. Infatti, per le isole non c'è la possibilità di rappresentare una alternativa stradale. Questa è una aberrazione, un paradosso che non trova alcuna giustificazione o motivazione.
Soprattutto, questo Governo ancora continua a ritenere la Sardegna una terra priva della necessaria dignità. Si consideri, anzitutto, lo stato di depressione economica che essa vive: negli ultimi due anni i disoccupati sono aumentati di 24 mila unità e si registra una situazione di povertà diffusa nella quale i piccoli e medi imprenditori e l'industria sono allo sbando, non c'è alcuna soluzione e le crisi non sono affrontate. Inoltre, non si dà alcuna indicazione per risolvere in qualche modo i gravissimi e drammatici problemi di questa terra.
Si aggiunga a tutto ciò la negligenza del Governo, il quale ritiene di non dover attuare un confronto vero con l'Unione europea e ritiene di non dover aprire un contenzioso su una situazione che in nessun modo può essere tollerata ed accettata. Non è pensabile, infatti, che laddove esistano le alternative stradali e autostradali vi sia la possibilità di ottenere finanziamenti e sostegni e che laddove questa possibilità non ci sia, così come accade per le isole, non possa esistere alcun sostegno finalizzato al trasporto merci, che può avvenire soltanto - come dicevo all'inizio del mio intervento - per mezzo di aerei o di navi. Le autostrade del mare, guarda caso, riguardano i territori in cui ci sono già le autostrade terrestri ed è possibile effettuare il trasporto su gomma o con modalità alternative. Le autostrade del mare dovrebbero riguardare le isole, mentre da questo Governo, per le isole, non sono state previste e non sono assolutamente sostenute.
Quindi, la risposta mi lascia totalmente insoddisfatto.
(Definizione del ruolo del Formez nell'ambito del riordino delle organizzazioni strumentali in materia di formazione nella pubblica amministrazione - n. 2-00432)
PRESIDENTE. Il deputato Martusciello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00432 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
ANTONIO MARTUSCIELLO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, a distanza di un anno, ormai, dall'insediamento del Governo Prodi si è delineato un quadro di presunta razionalizzazione delle organizzazioni strumentali nell'ambito della formazione nella pubblica amministrazione. Tale processo noi riteniamo sia del tutto eccepibile sia sul piano del metodo politico, sia sul piano tecnico. In primo luogo, per la creazione della Agenzia nazionale per la formazione, recentemente istituita con la legge finanziaria per il 2007, ancora non sono stati emanati i decreti di attuazione, che pure erano stati previsti per il mese di marzo. Sappiamo che la data della emanazione Pag. 40del regolamento dell'istituenda Agenzia è stata spostata al 15 giugno, perché ancora non era pronto.
È quindi in corso un processo di presunta razionalizzazione in termini di organizzazione della formazione pubblica e di riordino delle scuole, che in essa sono confluite. Si accampano delle giustificazioni, come, ad esempio, la necessità di riqualificare le strutture di formazione della pubblica amministrazione. Noi riteniamo che questo processo, del tutto nebuloso, avrebbe dovuto essere semmai proposto a valle di un percorso di rivisitazione dell'intero sistema della formazione pubblica del nostro Paese che, in questi anni, ha visto impegnate cospicue risorse finanziarie, oltre che tante risorse umane e professionali.
Il Governo Prodi, invece, ha deciso di procedere unificando sotto la regia di un soggetto unico - la costituenda Agenzia per la formazione - le diverse scuole che poi dovranno confluirvi, svuotandole di attribuzioni programmatico-operative e bloccando, nei fatti, alcune delle attività loro attribuite.
Fra i soggetti interessati al presunto piano di riordino, figura anche il Formez, che - va ricordato - ha visto crescere il proprio portafoglio progetti in misura considerevole di anno in anno. Il Formez, struttura localizzata prevalentemente nelle regioni del Mezzogiorno, nel corso di questi ultimi anni, è divenuto un istituto che ha coperto tutto lo spettro di attività previste dal dettato normativo, contenuto nell'articolato della legge n. 285 del 1999. Esso ha operato sul piano del raccordo strategico con quello operativo, per quanto attiene allo sviluppo delle politiche pubbliche di multilivello, dalle politiche centrali e locali a quelle nazionali ed internazionali. Purtroppo, le considerazioni del ministro della funzione pubblica all'indirizzo dell'istituto sono state focalizzate, nel corso del tempo, in larga misura su temi di concentrazione, espungendo dalla missione del Formez la formazione e approfondendo, invece, i temi dell'accompagnamento al sistema pubblico in termini di organizzazione e di innovazione della comunicazione pubblica e delle attività internazionali a sostegno del Ministero degli affari esteri, della Commissione europea e delle agenzie internazionali.
Appare evidente che, in questo modo, il percorso di rilancio per una struttura come il Formez, che opera attraverso commesse pubbliche per la conduzione di attività progettuali a supporto dell'inquadramento programmatico centrale, sarebbe evidentemente molto problematico e del tutto in salita. In quest'ultimo anno, inoltre, c'è stata un'attività di attacco politico al Formez. In occasione della preparazione della legge finanziaria per l'esercizio 2007, infatti, esso è stato spesso al centro di tutte le iniziative volte al commissariamento dei vertici dell'istituto ad opera di alcuni esponenti della maggioranza. Ricordo, tra l'altro, che il Presidente del Senato ha espunto, dall'articolato del disegno di legge finanziaria, il comma che ad esso si riferiva, per palese incostituzionalità e per la sua inapplicabilità, ai sensi della disciplina in materia di contabilità pubblica.
A nostro avviso, appare evidente la volontà di procedere in maniera non adamantina nella necessità del riordino del Formez, intervenendo anche sulle chiare attribuzioni del consiglio d'amministrazione previste a norma statutaria in tema di funzionamento della macchina operativa stessa. Ci riferiamo, per esempio, all'applicazione di modalità di spoil system in tema di attribuzioni o conferma di incarichi dirigenziali, che sanno tanto di epurazione: solo alcuni tra i dirigenti, infatti, sono stati convocati dal presidente del consiglio di amministrazione ed è stata loro comunicata una difficoltà politico-gestionale nel mantenimento del loro ruolo dirigenziale.
È evidente il contrasto con quanto avvenuto nella precedente legislatura, quando il Governo, all'indomani del suo stesso insediamento, si era speso per varare un programma quadro, denominato governance per la funzione pubblica, che è stato presentato in Parlamento e che ha operato in pieno raccordo con gli indirizzi comunitari espressi nel libro bianco della Pag. 41Commissione europea in tema di governance. Il Governo Berlusconi ha lavorato per fare in modo che potessero crescere le commesse a favore del Formez che, invece, nel corso di questi ultimi mesi, registrano una contrazione.
La riduzione delle commesse porterebbe ad una conseguente riduzione degli organici, da quelli dirigenziali fino a quelli impiegatizi. La contrazione delle risorse produce una contrazione degli investimenti e non dà continuità all'azione dell'istituto né dà luogo ad una rinnovata mission che invece potrebbe accompagnare la riforma delle amministrazioni pubbliche in termini di cambiamento, innovazione, qualità, sostenibilità e condivisione del processo della formazione pubblica.
Da parte del Governo manca una politica rapida, seria e trasparente che possa stabilizzare i precari, presenti in misura cospicua all'interno del Formez e che rappresentano un patrimonio professionale del Formez stesso. I dipendenti del Formez corrono il serio rischio di perdere il posto di lavoro. Manca insomma un progetto di valorizzazione del patrimonio professionale dell'istituto, alla luce di una gestione che deve essere orientata a criteri di professionalità e di competenza tecnica. Siamo fortemente preoccupati per l'operato del Governo Prodi e per quello del ministero della funzione pubblica. Per tale motivo ci rivolgiamo al Governo affinché dia risposte credibili e serie su questo problema, che riguarda un ente strumentale così importante come il Formez.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Gian Piero Scanu, ha facoltà di rispondere.
GIAN PIERO SCANU, Sottosegretario di Stato per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole Martusciello, se lei mi permette, prima di dare lettura di un dettagliato appunto che volentieri porrò alla sua attenzione e a quella dei presenti nel corso di questa seduta, vorrei svolgere qualche considerazione per rispondere ad alcune sue osservazioni di carattere politico. Vorrei infatti rassicurarla sull'intenzione del Governo in merito al futuro del Formez. Il ministro in primo luogo, prima di quanto avrei potuto fare personalmente, ha colto il significato della sua preoccupazione e di quella degli altri interpellanti. Si teme che sia in atto un'azione di smantellamento del Formez, che la nascita dell'Agenzia della formazione possa costituire un magnete capace di attrarre a sé l'intera materia gestita attualmente dal Formez e che pulsioni politiche governative possano indurre i rappresentanti del Governo, ed in primo luogo il ministro della funzione pubblica, ad attuare un sistema delle spoglie, a danno dei lavoratori del Formez.
Desidero volentieri chiarire che la situazione è del tutto diversa rispetto a quella che lei paventa e che con indubbia passione politica ha testè espresso. Vorrei subito affermare che la costituzione dell'Agenzia della formazione non determinerà alcuna rivoluzione a danno dell'assetto complessivo, sviluppato a beneficio non soltanto della formazione dei dirigenti e dei lavoratori della pubblica amministrazione, ma anche dell'accompagnamento che deve essere garantito nei confronti delle regioni, delle province e dei comuni, in un clima assolutamente nuovo - o comunque rinnovato - grazie al quale la pubblica amministrazione sia considerata come un fattore di produzione e come un elemento rivitalizzante dell'economia e della società civile, piuttosto che come un peso.
Per semplificare, per restituire vigore alla pubblica amministrazione e per rispondere ad un bisogno fortissimo che non soltanto la stampa esprime, ma che è presente in maniera molto radicata nell'immaginario collettivo, si avverte il bisogno di restituire dignità ad una pubblica amministrazione che, spesso, in maniera demagogica, populistica e qualunquistica, è stata criminalizzata.
Si tratta, dunque, di razionalizzare la formazione e ciò sarà demandato all'Agenzia della formazione che, come giustamente Pag. 42lei ha ricordato, ha tempo fino al 15 giugno per dotarsi, con relativo decreto attuativo, del regolamento.
Il Formez, per evitare commistioni, sovrapposizioni o conflitti di competenza che possono determinare, come contraccolpo, lacune e latitanze, è chiamato ad assolvere, cedendo la propria parte in verità minima relativa all'esercizio della formazione, altre funzioni che sono quelle da lei richiamate, non paventandone l'eventuale realizzazione: mi riferisco all'accompagnamento delle pubbliche amministrazioni nella creazione di una nuova stagione di iniziative che valgano a valorizzare il territorio, partendo soprattutto dalla volontà di svilupparlo.
Per quanto riguarda l'eventuale temuta, paventata, attuazione dello spoil system, vorrei tranquillizzarla. Le posso anticipare, onorevole Martusciello, se crede a questa mia affermazione - che peraltro non ritengo possa o debba avere, per la solennità dell'aula nella quale la declino, minore dignità rispetto a quanto andrò successivamente a leggere - che non mi è stato impossibile e direi neppure difficile apprendere che il consiglio di amministrazione del Formez, che, come lei ben sa, non è stato nominato da questo Governo ma dal Governo precedente, nell'ultima sua seduta ha confermato sino al mese di settembre, quindi per altri sei mesi, tutti i dirigenti; il che significa che presunte forme di discriminazione o, peggio ancora, di persecuzione nei confronti di quanti venissero ritenuti non in linea con la politica del Governo, non solo non sono state attuate, ma non sono neppure state pensate.
Certo è che, come avrò modo di spiegare, dando lettura del documento che sottoporrò alla vostra attenzione, vi è necessità di giustificare e legittimare, in un contesto di rinnovata attenzione sul significato della spesa pubblica, la presenza dei dirigenti e dei dipendenti che, per le peculiarità del Formez, dovranno essere incardinati temporaneamente o definitivamente, a seconda dei progetti che verranno realizzati.
Quindi, se posso definire questa mia prolusione di carattere politico e se la sua generosa attenzione vorrà rendermene merito, mi pare che certe preoccupazioni relative, da una parte, allo smantellamento e, dall'altra, a possibili azioni di vessazione nei confronti dei lavoratori del Formez non siano state concretizzate né vi è l'intenzione di farlo da parte di nessuno, tanto meno da parte del ministro Nicolais che, oggettivamente, ha dimostrato il massimo dell'attenzione per la problematica in questione.
Desidero ora, per completezza dell'informazione, leggere alcuni riferimenti che sono sicuro risulteranno a lei ed agli altri interpellanti quanto meno sufficientemente utili.
Come è noto, con la legge finanziaria 2007, sono state approvate disposizioni concernenti il riassetto complessivo del sistema della formazione dei dirigenti e dei dipendenti pubblici, nonché il sostegno all'innovazione ed alla modernizzazione delle amministrazioni pubbliche.
In particolare, al fine di ottimizzare la qualità delle attività formative pubbliche, nonché di garantire una selezione rigorosa della dirigenza dello Stato, anche in considerazione della centralità dei temi emergenti, quali l'internazionalizzazione e l'informatizzazione, l'articolo 1, comma 580, della legge finanziaria 2007, ha istituito l'Agenzia per la formazione dei dirigenti e dipendenti delle amministrazioni pubbliche - Scuola nazionale della pubblica amministrazione come strutture di Governo e coordinamento unitario del sistema della formazione pubblica.
Nell'ambito di tale opera di razionalizzazione la legge finanziaria prevede anche l'accorpamento delle strutture nazionali preposte a funzioni coincidenti o analoghe con eliminazione di sovrapposizioni e duplicazioni e la precisa indicazione delle missioni e dei compiti di ciascuna struttura.
Nell'ottica di un riassetto generale delle strutture formative, il Governo, consapevole del ruolo significativo che il Formez svolge nel settore della pubblica amministrazione, ha ritenuto necessario puntualizzarne Pag. 43la missione operativa, anche per renderla coerente con il mutato contesto istituzionale in cui viene chiamato ad operare.
La rifocalizzazione della missione del Formez, nel contesto della razionalizzazione delle strutture interessate all'innovazione delle amministrazioni pubbliche, tiene conto, in particolare delle profonde modifiche che hanno interessato nell'ultimo decennio il sistema delle amministrazioni pubbliche, e, in particolare, l'organizzazione e la gestione del personale delle amministrazioni centrali e locali; dell'utilizzo crescente delle tecnologie informatiche applicate alle attività e ai servizi della pubblica amministrazione e, soprattutto, delle enormi potenzialità che derivano dall'utilizzo della banda larga; dell'evoluzione qualitativa e quantitativa della domanda di servizi da parte dei cittadini e delle imprese con effetto sulla qualità dei servizi erogati; degli strumenti della comunicazione delle pubbliche amministrazioni e degli strumenti che garantiscano la partecipazione dei cittadini e delle imprese alle scelte politico-amministrative; dell'accresciuta consapevolezza che un'amministrazione competente di qualità riveste un ruolo strategico nel sostenere la competitività del paese; dell'accelerazione dei processi di globalizzazione che ridefiniscano continuamente il peso e il ruolo degli elementi che concorrono ad accrescere la competitività del paese.
Tenendo conto delle competenze già stabilite dal decreto legislativo n. 285 del 1999, il Governo intende, dunque, rifocalizzare la missione del Formez, valorizzando, in particolare, le seguenti attività: accompagnare le amministrazioni pubbliche, in particolare le amministrazioni regionali e locali, nello sviluppo di progetti di innovazione organizzativa e amministrativa e nel monitoraggio delle politiche dei processi di innovazione, anche attraverso lo sviluppo di programmi finalizzati a sviluppare la qualità della regolazione e la semplificazione amministrativa, nonché promuovere l'impiego delle nuove tecnologie per il miglioramento delle risorse umane e dei processi organizzativi; fornire alle amministrazioni pubbliche assistenza tecnica e tecnico-formativa per migliorare la qualità dei servizi e l'efficacia delle politiche, avendo come particolare riferimento le politiche regionali e locali e gli interventi finalizzati ad accrescere la competitività dei territori e del paese; fornire alle amministrazioni pubbliche il supporto, l'assistenza tecnica ed i contenuti utili a migliorare la comunicazione delle stesse tra di loro, nonché verso i cittadini e le imprese; sviluppare, anche d'intesa con altre amministrazioni ed organizzazioni italiane e di altri paesi, progetti di cooperazione internazionale finalizzati alla crescita dei sistemi amministrativi anche attraverso l'attivazione di processi di scambio di esperienze e di «buone pratiche»; supportare il percorso di internazionalizzazione delle amministrazioni pubbliche, in particolare le amministrazioni regionali e locali; svolgere ogni altra attività devoluta, mediante apposito accordo, dal dipartimento della funzione pubblica, da altri associati o da altre amministrazioni pubbliche.
Va, inoltre, segnalato che le predette linee strategiche della nuova missione del Formez - già oggetto del necessario confronto con regioni ed autonomie locali mediante gli strumenti a ciò preposti dal decreto legislativo n. 285 del 1999 - sono state, infine, approvate all'unanimità dall'assemblea dei soci in data 11 aprile 2007.
In conclusione, il Governo si propone, attraverso la ridefinizione della missione del Formez, di garantire che lo stesso continui ad essere parte integrante ed essenziale di un sistema coordinato di governo della formazione della pubblica amministrazione e a svolgere un ruolo precipuo di assistenza tecnica e di accompagnamento alle riforme e all'innovazione della stessa pubblica amministrazione, conservando la sua specificità, il patrimonio di conoscenze ed esperienze e la sua autonomia gestionale.
Pertanto, il Formez vedrà rafforzato il suo ruolo di supporto alle amministrazioni nei temi connessi, da un lato, all'innovazione amministrativa e tecnologica ed alla semplificazione amministrativa e, dall'altro, Pag. 44alla comunicazione pubblica e alle attività internazionali in ausilio sia del Ministero degli affari esteri che delle regioni.
Per quanto concerne le attività più propriamente formative di studio e di ricerca sul sistema formativo svolte dal Formez, le relative competenze - peraltro già fortemente ridimensionate negli ultimi anni - passano ora alla costituenda Agenzia per la formazione, fermo restando che il Formez potrà operare nella fase di implementazione dei modelli in stretto raccordo con l'Agenzia stessa.
Ne consegue che le risorse umane organizzative stabili del Formez resteranno dedicate allo svolgimento della sua attuale missione, come sopra precisata, con la sola esclusione delle risorse dedicate alle predette attività specificamente formative, il cui eventuale trasferimento all'Agenzia, peraltro, sarà comunque subordinato all'esercizio di un diritto di opzione da parte degli interessati.
Per quanto concerne, invece, le altre risorse utilizzate dal Formez, va precisato che quest'ultimo svolge buona parte delle proprie attività mediante commesse conferite da amministrazioni pubbliche ed enti territoriali con durata limitata nel tempo e con risorse finanziarie variabili, aggiuntive a quelle previste nella tabella C allegata alla legge finanziaria. Pertanto, esso recepisce ed impiega le risorse umane ed organizzative necessarie ad assolvere tali compiti con meccanismi flessibili mediante chiamata diretta, previa valutazione selettiva delle professionalità richieste e per il tempo strettamente necessario ad assolvere le esigenze contingenti determinate dai contratti che disciplinano le relative commesse.
PRESIDENTE. Il deputato Martusciello ha facoltà di replicare.
ANTONIO MARTUSCIELLO. Signor sottosegretario, volevo brevemente ricordare soltanto alcuni aspetti.
Il Formez ha lo scopo di accompagnare, attraverso la produzione e la diffusione delle conoscenze, i processi di trasformazione e di innovazione del sistema amministrativo italiano, secondo il principio di collaborazione tra le amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali, in un'ottica di federalismo cooperativo. Quanto detto, avviene nella direzione del miglioramento continuo della capacità di rispondere alle domande dei cittadini, delle imprese e dello sviluppo.
Questa è la mission del Formez. Attendiamo che il Governo determini oggi una nuova necessità strategica per il Formez, vale a dire non soltanto quella di accompagnare, in termini consulenziali, le attività di internazionalizzazione della pubblica amministrazione, espungendo dalle funzioni del Formez quella della formazione.
Ciò detto, poiché verba volant et scripta manent - stamane, infatti, il sottosegretario ha avuto l'amabilità di affermare che le cose che sono state dette prima, non soltanto in termini personali, ma anche istituzionali, assumono un doppio carattere di sacralità -, ci auguriamo che il Formez non perda quella sua funzione così importante, cioè di essere un patrimonio che ha caratterizzato il quadro della formazione pubblica in Italia nel corso di questi ultimi anni.
Dal 1999 ad oggi - vorrei ricordarlo - le commesse pubbliche e l'attività di formazione del Formez sono cresciute in maniera continuativa e quindi hanno migliorato il know-how della professionalità dei dipendenti stabili e anche di quelli occasionali del Formez stesso. Naturalmente, ciò anche con riferimento al suo management.
Riguardo, poi, al fatto che il Formez vive di commesse, si tratta di un dato acquisito. Noi ci preoccupiamo, evidentemente, di un aspetto molto più politico: alcuni contratti, che naturalmente hanno una scadenza, sono legati a determinate funzioni e, magari, anche a determinate persone.
Poiché i manager in questione hanno dato dimostrazione, nel corso degli anni, di grande professionalità, tanto da meritarsi un giudizio di eccellenza ed addirittura un premio di produttività, ci auguriamo Pag. 45che, in occasione delle prossime valutazioni che dovranno essere effettuate dal consiglio di amministrazione, si tenga conto dell'aspetto professionale e non, invece, dell'appartenenza politica.
(Funzionamento dei servizi di terra dell'aeroporto di Fiumicino e rispetto della «Carta dei diritti del passeggero» - n. 2-00448)
PRESIDENTE. L'onorevole Meta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00448 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, mi limiterò, per ora, ad ascoltare la risposta del Governo, riservandomi di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Andrea Annunziata, ha facoltà di rispondere.
ANDREA ANNUNZIATA, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, le problematiche afferenti l'attività aeroportuale sono già state oggetto di discussione in una seduta della Commissione trasporti dedicata allo svolgimento del sindacato ispettivo. D'altra parte, non si può non ricordare che la medesima Commissione ha approvato una risoluzione finalizzata all'intero settore del trasporto aereo.
Anche in quell'occasione il Governo ha posto in evidenza come, fin dal suo insediamento, abbia posto in essere valide iniziative nel settore del trasporto aereo: particolare attenzione è stata posta alla vigilanza che l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) deve operare sull'attività del trasporto aereo in qualità di unica autorità di regolazione tecnica, di coordinamento e di vigilanza nel settore dell'aviazione civile, così come individuata dal decreto legislativo n. 96 del 2005, recante la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione.
Tra le azioni di competenza dell'ENAC, l'adozione della «Carta dei diritti del passeggero»- consultabile peraltro sul sito istituzionale dell'ente -, che raccoglie in un testo unico, sulla base della normativa vigente, nazionale, comunitaria ed internazionale, tutte le forme di tutela rivendicabili oggi dal viaggiatore in caso di disservizi, consente al passeggero, appunto, di conoscere e, quindi, di mettere in pratica ogni azione volta a rivendicare i suoi diritti di utente.
Peraltro, sul sito medesimo sono pubblicate tutte le informazioni necessarie nonché gli appositi moduli per l'inoltro dei reclami nei confronti degli operatori aeroportuali inefficienti.
Ad ulteriore garanzia dell'utente è stato emanato il decreto legislativo n. 69 del 2006, recante la disciplina sanzionatoria per la violazione delle disposizioni del regolamento (CE) n. 261 del 2004, che prevede, altresì, l'obbligo per il vettore di informativa ai passeggeri.
Come detto anche in Commissione trasporti, deve essere inoltre riconosciuto che, fin dal suo insediamento, il Governo ha mostrato la massima attenzione nei confronti di tutti gli operatori e dell'utenza, dei passeggeri. Tra le iniziative volte a garantire l'offerta di vettori affidabili in termini di qualità e sicurezza deve essere citata l'istituzione di un gruppo di lavoro interministeriale, con la presenza di personale dell'ENAC, per disciplinare gli ambiti operativi dei tour operator del settore del trasporto aereo.
A rafforzare ulteriormente l'intendimento che il Governo si è prefisso, si ricordano l'atto di indirizzo del Presidente del Consiglio dei ministri, Prodi, del 12 dicembre 2006 ed il successivo disegno di legge delega al Governo per la riforma del trasporto aereo nazionale che, tra l'altro, prevede la revisione e l'integrazione del sistema sanzionatorio nonché la ridefinizione dei ruoli, delle funzioni e delle competenze dei soggetti interagenti nel settore aeronautico. Al riguardo, la Commissione trasporti, di cui è presidente l'onorevole Meta, svolge attualmente un ruolo di primaria importanza.Pag. 46
In particolare, tale disegno di legge contiene esplicito riferimento alla qualità del trasporto aereo in un'ottica di allineamento agli standard comunitari che, oltre ad assicurare la prioritaria tutela dei passeggeri, possa innescare prassi autoregolative capaci di premiare quei comportamenti maggiormente volti all'incremento qualitativo del servizio.
Si segnala inoltre che è in fase di definizione il contratto di programma tra il Ministero dei trasporti e l'ENAC, che individua funzioni e fissa obiettivi dell'ente. In particolare, in linea con i principi fondamentali relativi all'erogazione dei servizi pubblici, di cui alla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 1994, l'articolo 10 individua una serie di obblighi che impegnano l'ENAC a mettere in atto tutte le azioni necessarie a realizzare gli obiettivi di qualità prefissati.
A titolo esemplificativo, si ricorda l'avvio di un sistema di monitoraggio per verificare l'efficacia e l'efficienza dei processi individuati nella Carta dei servizi, adottata dai singoli gestori aeroportuali e dai vettori aerei ed approvata dall'ente medesimo, nonché le iniziative volte al miglioramento del livello dei servizi offerti, anche attraverso l'applicazione di idonei meccanismi correttivi nei confronti degli operatori aeroportuali.
Nel dettaglio di quanto rappresentato nell'atto ispettivo, l'ENAC ha riferito che in data 26 marzo 2007, in considerazione dei consistenti ritardi in partenza dei voli assistiti da EAS spa ed Alitalia Airport spa è intervenuto il proprio personale ispettivo al fine di accertare le cause delle criticità.
Per quanto riguarda i voli EAS, i disservizi, che hanno causato ritardi in partenza, quantificabili tra i venti e i quarantacinque minuti, e nella riconsegna bagagli tra i venticinque e i sessanta minuti, sono stati provocati dal disallineamento tra il nuovo operativo dei voli (stagione estiva) e risorse umane inferiori al fabbisogno. La società ha effettuato i relativi interventi ripristinando la situazione intorno alle ore 10,30.
I ritardi alle partenze dei voli Alitalia Airport sono invece stati causati dalla carenza improvvisa di personale dedicato alle operazioni di pulizia di bordo e di sicurezza che ha impedito la costituzione di due squadre di intervento. La situazione è rientrata intorno alle ore 11. Ciò non significa che non rimane attuale uno stato di attenzione e di criticità nei confronti di chi ha comunque creato disservizio.
Per quanto riguarda l'utilizzo degli ascensori, l'impianto di collegamento al parcheggio multipiano era sottoposto a manutenzione ordinaria, mentre risultavano regolarmente funzionanti gli ascensori adiacenti (140 e 141).
Da ultimo, l'ENAC, nell'ambito dell'attività ispettiva della direzione aeroportuale di Fiumicino, ha elevato otto sanzioni agli handlers totali presenti in aeroporto dal mese di marzo ad oggi.
A tale riguardo, per rendere più incisiva l'attività di vigilanza espletata dall'ENAC, è necessario procedere ad una sistematica revisione ed integrazione del sistema sanzionatorio, aspetto che, come detto in precedenza, è oggetto del disegno di legge presentato in Parlamento.
Infine, si rappresenta a questo Parlamento e a tutta l'opinione pubblica che ci ascolta la massima attenzione di questo Governo, come non mai verificatosi in questi anni, per la sicurezza e per il trasporto in genere di tutti i vettori e di tutti gli utenti.
PRESIDENTE. Il deputato Meta ha facoltà di replicare.
MICHELE POMPEO META. Signor rappresentante del Governo, devo confessare che trovo la sua risposta soddisfacente. Mi pare, infatti, che da essa emerga chiaramente la volontà di questo Governo di intervenire per modificare la situazione in essere e per migliorare l'intero settore del trasporto aereo.
Anche l'aumento dei controlli, ai quali ella si riferiva, da parte dell'ENAC sia sui vettori che sulle società di gestione aeroportuale sta producendo risultati positivi. È necessario, a mio avviso, che tali controlli siano intensificati ulteriormente anche in vista dell'arrivo della stagione turistica.Pag. 47
Emerge, tuttavia, l'esigenza di definire un più articolato sistema sanzionatorio rispetto a quello vigente. È evidente come sia insufficiente la minaccia della revoca di una concessione ad una società solamente per alcuni disguidi. Si potrebbe, però, graduare una serie di multe rispetto all'entità delle inefficienze e dei disagi sistematicamente provocati. Questo, a mio avviso, porterebbe a risultati concreti, ma anche immediati, sia come risarcimento al passeggero per i disagi subiti sia come deterrente verso quelle società rispetto a comportamenti non consoni in merito ai servizi che dovrebbero offrire.
Signor rappresentante del Governo, per un turista, come sappiamo, l'immagine che si conserva di un paese deriva dalle impressioni che si hanno al momento dell'arrivo e al momento della partenza. Noi tutti sappiamo quanto sia importante il turismo nella nostra economia e quali sforzi compiano sia il Governo nazionale sia quelli regionali e comunali per incrementare l'offerta turistica e la qualità dell'accoglienza delle nostre splendide città.
Pertanto, riteniamo necessario ed urgente che tutte le iniziative da lei annunciate vengano prontamente attuate e che il settore del trasporto aereo raggiunga i livelli di qualità da noi e dal Governo auspicati.
(Tempi di realizzazione della terza corsia dell'autostrada A4 - n. 2-00450)
PRESIDENTE. Il deputato Viola ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00450 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, ascolterò la risposta del rappresentante del Governo, riservandomi di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. Sta bene.
Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Luigi Giuseppe Meduri, ha facoltà di rispondere.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture. Signor Presidente, il progetto preliminare relativo all'adeguamento dell'autostrada A4 a tre corsie per senso di marcia, nel tratto compreso tra Quarto d'Altino e Trieste, per uno sviluppo complessivo di chilometri 112, unitamente allo studio di impatto ambientale predisposto dalla Società Autovie Venete, è stato approvato dall'ANAS nel 2003, avviandosi poi le procedure previste dalla legge obiettivo per l'ottenimento del parere di compatibilità ambientale e di localizzazione urbanistica.
La regione Friuli, pur esprimendosi favorevolmente sul progetto, ha chiesto che la realizzazione della terza corsia fosse limitata fino alla stazione di Villesse, dalla quale prende avvio il raccordo autostradale Villesse-Gorizia, evitando, così, di interessare il tratto carsico della A4 compreso tra Villesse e Sistiana.
A seguito del recepimento di tale indicazione da parte del Ministero delle infrastrutture, l'intervento risulta ad oggi limitato a 94 chilometri, di cui 54 ricadenti nella regione Veneto e circa 40 nella regione Friuli-Venezia Giulia.
Il progetto preliminare è stato quindi definitivamente approvato con prescrizioni dal CIPE con delibera del 18 marzo 2005. In tale delibera il CIPE, tra l'altro, ha prescritto di garantire l'armonizzazione dell'opera con la linea ferroviaria alta velocità/alta capacità nella tratta Venezia-Ronchi dei Legionari, al fine di ottimizzare le interferenze fra le due opere, con particolare attenzione alla realizzazione dei sovrappassi e dei sottopassi ed alle opere di mitigazione e di compensazione.
La concessionaria ha quindi avviato la progettazione definitiva dell'opera, che ha subìto un notevole rallentamento per ottemperare alla citata prescrizione, atta a conseguire la compatibilità tra la progettazione autostradale e quella ferroviaria Venezia-Trieste, che ad oggi non è stata avviata.
In particolare, al fine di effettuare le necessarie valutazioni connesse al parallelismo con la linea ferroviaria alta velocità/alta capacità, si è giunti, in data 13 Pag. 48giugno 2006, con atto di indirizzo della regione Veneto, alla definizione del tracciato per il tratto veneto compreso tra Quarto d'Altino ed il confine regionale (fiume Tagliamento). Con tale atto di indirizzo sono state fornite le indicazioni inerenti al corridoio ferroviario, al fine di non compromettere la realizzazione di quello autostradale, stabilendo, tra l'altro, che la linea ferroviaria non si affiancherà alla rete autostradale nel tratto Quarto d'Altino-San Donà di Piave.
ANAS Spa, pertanto, ha impartito disposizioni alla società Autovie Venete affinché la stessa procedesse con urgenza alla redazione della progettazione definitiva per l'ampliamento a tre corsie del tratto Quarto D'Altino-San Donà di Piave, con carattere di priorità. Tale tratto è da intendersi prioritario, in quanto andrà a confluire nel passante autostradale di Mestre, attualmente in corso di costruzione.
Per quanto attiene alla copertura finanziaria dell'intera opera, la stessa viene realizzata senza contributo pubblico, così come risulta dal piano economico finanziario della società, già approvato da ANAS con prescrizioni e che dovrà comunque essere rivisitato alla luce della sopravvenuta normativa che disciplina l'intero settore autostradale.
Al riguardo, ANAS ha già inviato alla società Autovie Venete lo schema di convenzione unica, che prevede la realizzazione per stralci attuativi della terza corsia per l'intera tratta da San Donà di Piave a Villesse da inserire nei successivi aggiornamenti di piano economico finanziario.
Il completamento del progetto è previsto per il prossimo mese di settembre.
Per quanto attiene alla tratta ricadente nella regione Friuli, rimangono ancora in sospeso alcune problematiche relative al parallelismo con l'alta capacità-alta velocità ferroviaria, in particolare per la tratta San Donà di Piave-Gonars, per la soluzione delle quali è stato istituito apposito tavolo tecnico presso il Ministero delle infrastrutture, anche alla presenza di Rete ferroviaria italiana Spa. Per la tratta Gonars-Villesse, non sussistono problematiche di tale genere.
Con riferimento, quindi, all'istanza relativa agli interventi, a breve e medio termine, legati alla sicurezza dell'autostrada, si rappresenta che gli stessi sono allo studio di ANAS e della società concessionaria.
Il Ministero delle infrastrutture, per quanto di propria competenza, garantisce il suo pieno impegno al completamento di tutte le fasi attualmente in corso. La terza corsia, si conferma, va fatta tutta ed in tempi brevi, non avendo alcuna controindicazione di tipo politico, ponendosi esclusivamente la necessità di chiarimenti dal punto di vista finanziario e progettuale, che sono tuttavia in fase di definizione.
PRESIDENTE. Il deputato Viola ha facoltà di replicare.
RODOLFO GIULIANO VIOLA. Signor Presidente, sono soddisfatto della risposta, ma vorrei interloquire con il sottosegretario circa le indicazioni fornite sulla questione sollevata con l'atto di sindacato ispettivo. Non ho riproposto, in fase di illustrazione, il contenuto dell'interpellanza urgente, che però è frutto di una situazione assolutamente grave nel territorio della provincia di Venezia ed in tutto l'asse che va da Trieste a Venezia. Ancora ieri si è registrato l'ennesimo incidente; si tratta, a volte, di microtamponamenti che tuttavia provocano code lunghe centinaia di chilometri, con riversamento del traffico sulle strade locali. Si possono ben immaginare, quindi, le conseguenti difficoltà per tutto il sistema socioeconomico di quel territorio, a prescindere, ovviamente, dall'evenienza più grave della perdite di vite umane.
Da tale punto di vista, prendo atto favorevolmente dell'impegno del Ministero a fare in modo che la terza corsia venga realizzata al più presto; prendo atto altresì del fatto che, come è stato chiarito nella risposta, non sussistano ostacoli di natura politica all'avanzamento del progetto ed alla sua realizzazione.
Nella risposta, peraltro molto importante ed articolata, del sottosegretario, onorevole Meduri, viene fatto riferimento Pag. 49ad alcune problematiche intercorse in questo periodo compreso tra l'avvio della fase di progettazione e la progettazione stessa; faccio in particolar modo riferimento all'interconnessione con la progettazione dell'alta capacità-alta velocità, che ancora non è avviata ma che - considerato il transito del corridoio n. 5 (che dovrà collegare Kiev a Barcellona) su questa parte del territorio - costituisce già, in prospettiva, uno degli elementi di prossimo intervento.
Da tale punto di vista, esprimo gravissima preoccupazione per il riferimento che viene fatto alla delibera regionale con la quale, sostanzialmente, la regione Veneto determina già, in qualche misura, i percorsi della nuova alta velocità senza che abbia svolto al riguardo alcuna attività di concertazione né con la provincia di Venezia né con i comuni interessati. Questi ultimi sono venti, rappresentati peraltro da una conferenza dei sindaci istituita, con legge regionale n. 16 del 1993, dalla stessa regione Veneto; conferenza che non è stata minimamente sentita, sebbene proprio sui territori di tali enti locali inciderà questa importante opera.
Premesso che noi siamo assolutamente favorevoli alla realizzazione dell'alta velocità come sistema di sviluppo anche di questo territorio, va ricordato che questa non può ricadere, come è stato fatto in altri territori, sugli enti locali interessati senza che si sia svolta alcuna concertazione.
Il parallelismo tra l'alta velocità e lo sviluppo della terza corsia deve essere a nostro parere riconfermato e, quindi, va rivista le delibera emanata dalla regione Veneto che disallinea il percorso dell'alta velocità rispetto a quello dell'autostrada. In questo senso, ringraziando ancora il sottosegretario Meduri per il suo intervento, chiedo che il Ministero delle infrastrutture si impegni affinché la progettazione, che ci viene detto sarà pronta per settembre, tenga conto anche di questi rilievi, impedendo di fatto di mettere delle precondizioni che costringerebbero la successiva progettazione dell'alta velocità ad invadere territori, tra l'altro, di particolare pregio ambientale (mi riferisco in particolare a tutto l'asse litorale della provincia di Venezia).
(Posizione dell'Italia riguardo al progetto statunitense di realizzazione di un sistema di intercettazione missilistica con basi in Europa - n. 2-00452)
PRESIDENTE. La deputata Deiana ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00452 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, la questione posta nell'interpellanza è di grande rilievo politico ed investe le scelte di destinazione dei fondi pubblici, le strategie militari del nostro paese ed anche la qualità dei rapporti tra le istituzioni dello Stato.
Qualora il contenuto nella nostra interpellanza corrispondesse a verità - in tal senso attendo la risposta del sottosegretario - significherebbe che vi sono stati dei meccanismi di indebolimento della trasparenza che su una materia di questo genere deve essere assicurata sia all'interno del Governo sia nel rapporto tra Governo e Parlamento.
Già nei mesi scorsi la stampa internazionale aveva veicolato all'attenzione pubblica la vicenda del sistema antimissilistico, riportando la notizia secondo la quale l'amministrazione Bush ha riesumato il progetto dello scudo spaziale, questa volta, a differenza che nel passato, con l'intenzione di allargare la protezione anche alla Polonia e alla Repubblica Ceca, nell'ambito, evidentemente, di una geopolitica orientale tendente ad inglobare nei meccanismi di autotutela dei paesi occidentali della NATO porzioni dell'ex impero sovietico.
La questione ci riguarda perché la stampa nazionale nelle ultime settimane ha dato notizia non solo del progetto statunitense per un sistema di intercettazione missilistica con basi in Europa orientale, ma ha rivelato l'esistenza di un coinvolgimento dell'Italia in questo progetto. Ne hanno parlato diversi organi di Pag. 50stampa nazionale, Il Manifesto con ricchi particolari, ma anche altri giornali, tra cui Il Messaggero di Roma.
In particolare, la stampa che si è occupata della questione ha riportato la notizia che la fonte di queste informazioni è il comandante dell'Agenzia missilistica del Pentagono, generale Henry Obering, il quale avrebbe affermato che il Governo italiano ha siglato un accordo quadro che definisce linee principali e meccanismi sulla base dei quali l'Italia collaborerà al progetto. Si tratta di una fonte ufficiale di grande autorevolezza e autorità, espressione dell'establishment statunitense che praticamente è stata veicolata a livello internazionale senza che il Governo italiano abbia avuto nulla da ridire.
Il quotidiano Il Manifesto, in un articolo a firma Manlio Dinucci e Tommaso Di Francesco del 1o aprile 2007, come già detto, arricchisce di particolari la vicenda, precisando che il memorandum di accordo quadro sarebbe stato siglato, al Pentagono, lo scorso febbraio, probabilmente dal sottosegretario per la difesa Giovanni Forcieri. Si fa riferimento ad un viaggio effettivamente compiuto dal citato sottosegretario - si tratta di una notizia ufficiale - per firmare l'assunzione di ulteriori impegni, da parte del nostro paese, nel programma del caccia statunitense F-35. Probabilmente, quindi, tale memorandum sarebbe stato siglato dallo stesso sottosegretario Forcieri.
Il problema, ovviamente, non è chi abbia firmato tale atto, ma se detto documento sia stato effettivamente firmato, nonché come si sia potuta adottare una scelta di questo genere senza che - come ci risulta - la questione sia stata discussa nel Consiglio dei ministri (come, del resto, richiederebbe l'articolo 2, lettera h), della legge 23 agosto 1988, n. 400), o tanto meno in Parlamento.
Ribadisco che si tratta di una questione che solo il dibattito provinciale del nostro paese sulle questioni internazionali e della difesa (ridotte a vicende che vengono continuamente derubricate a «faccenduole» del cortile di casa o dei rapporti tra maggioranza e minoranza) può ignorare! Insomma, siamo di fronte ad un tema di grandissima portata, che riguarda la nostra politica europea ed i nostri rapporti con la Russia.
Non è un caso, infatti, che la Federazione russa abbia sollevato, più volte, critiche rispetto a tale progetto, minacciando l'uscita dal trattato per l'eliminazione dei missili nucleari e richiedendo agli Stati Uniti, successivamente, la firma di un trattato di non aggressione. Ebbene, tale paese ha recentemente annunciato un programma di rinnovo di circa la metà del proprio arsenale ed equipaggiamento militare.
Vorrei segnalare che io stessa ho partecipato ad un incontro svolto con una delegazione di parlamentari russi dell'Assemblea della NATO, i quali hanno fatto di tale questione il tema centrale del confronto con la delegazione italiana. Siamo di fronte, dunque, ad un problema tutt'altro che secondario.
La scusa addotta dagli Stati Uniti per installare, già in fase sperimentale, questa protezione antimissilistica in Polonia e nella Repubblica ceca è l'esistenza del pericolo che proverrebbe dai futuri arsenali nucleari iraniani. Desidero osservare, tuttavia, che tutti i calcoli matematici circa la possibilità che si tratti di un'effettiva difesa contro l'Iran dimostrano che è solo una scusa: in realtà, si tratta di un riordinamento strategico, al fine di condizionare la Russia. Ciò pone notevoli problemi e rischia di far diventare l'Europa, qualora si portasse a termine un progetto di questo genere, una sorta di continente «cuscinetto».
Insomma, desidero sottolineare tale questione al di là dei problemi relativi agli aspetti di trasparenza, democrazia e onestà tra le istituzioni dello Stato, nonché agli impegni finanziari. Sussiste, infatti, l'esigenza di capire in cosa consisterebbe, laddove fosse stato firmato, un accordo di questo genere, poiché, come è evidente, non si può prescindere, di fronte a scelte così impegnative, dai contesti geopolitici e dalle strategie internazionali e militari del nostro paese.Pag. 51
Chiedo al Governo, quindi, se corrispondano al vero le notizie riportate dalla stampa in ordine alla decisione italiana di aderire a tale progetto; se così fosse, vorrei sapere per quale motivo una scelta così impegnativa sia stata assunta all'oscuro del Parlamento, sottraendola anche alla discussione in seno allo stesso Governo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la difesa, Marco Verzaschi, ha facoltà di rispondere.
MARCO VERZASCHI, Sottosegretario di Stato per la difesa. Signor Presidente, l'interpellanza in discussione affronta la questione del progetto statunitense di installare un sistema di intercettazione missilistica in Europa che sta avendo particolare evidenza mediatica. Infatti, nell'ambito della stessa interpellanza vengono citate diverse testate giornalistiche che riportano, tra l'altro, la notizia che ipotizzerebbe la decisione italiana di aderire a tale progetto.
In senso generale è opportuno considerare che la difesa missilistica si inquadra nel più generale concetto di «deterrenza» e prende spunto dalla natura imprevedibile ed asimmetrica delle nuove minacce provenienti dal terrorismo internazionale e dagli Stati potenzialmente ostili proliferatori di armi di distruzione di massa.
In questo quadro concettuale si collocano i programmi portati avanti in ambito NATO e quelli sviluppati sul piano bilaterale con gli Stati Uniti da alcuni paesi europei.
Ciò detto, il sistema progettato dagli Stati Uniti prevedrebbe, in particolare, l'installazione di un sistema radar nella Repubblica Ceca e di batterie di missili intercettori in Polonia.
L'amministrazione americana ha dato nuovo slancio ai programmi nazionali di difesa missilistica in un quadro concettuale che attribuisce maggior peso alla «deterrenza negativa», vale a dire alla vanificazione degli obiettivi dei potenziali aggressori. Il progetto americano, inizialmente concepito in funzione della difesa nazionale, è evoluto a programma volto a tutelare anche i territori e le popolazioni dei paesi alleati e amici.
Gli Stati Uniti hanno avviato il rafforzamento dei loro sistemi operativi dislocando sistemi di missili intercettori, sensori e radar in Alaska e California.
Analogamente, Washington intenderebbe dispiegare sistemi di difesa (prevalentemente radar per allertamento rapido, ma anche sistemi per l'intercettazione dei missili offensivi nella prima fase del lancio) anche in Polonia e nella Repubblica Ceca.
I principali alleati sono stati incoraggiati ad associarsi ai progetti americani e sono state avviate cooperazioni, oltre che con il nostro paese, anche con altri paesi, fra i quali Giappone, Regno Unito, Danimarca, Australia, Israele, Olanda e Russia.
La difesa contro la proliferazione della minaccia missilistica è avvertita in seno all'Alleanza atlantica come un'esigenza soprattutto protettiva.
Da parte italiana, è stato recentemente firmato un Accordo quadro di cooperazione Italia-USA che amplia il perimetro di tale cooperazione al settore della difesa da missili balistici.
Si ricorda che con gli Stati Uniti esistono già da tempo rapporti di collaborazione industriale nel settore missilistico, tra i quali emerge per importanza quello per la progettazione e lo sviluppo del sistema Medium Extended Air Defence system (MEADS), sistema che gli Stati Uniti intendono utilizzare in sostituzione del sistema di difesa denominato Patriot, utilizzato da numerose nazioni europee e non.
Il citato Accordo quadro di cooperazione si inserisce nelle molteplici iniziative intraprese in ambito NATO, dove, fin dal 1996, sono state avviate varie attività volte alla realizzazione di idonei strumenti a protezione dell'Alleanza dal rischio derivante dall'uso di missili balistici equipaggiati con armi di distruzione di massa (WMD) da parte di nazioni ostili o gruppi terroristici.
L'Accordo in questione è giustificato dalla volontà dei due paesi di creare un quadro normativo che consenta alle due nazioni di rafforzare la cooperazione in Pag. 52ambito bilaterale in tale specifico settore, per consentire di dare l'avvio a scambi di informazioni propedeutici a eventuali successive collaborazioni.
In particolare per l'Italia appare infatti necessario avviare uno scambio di informazioni per supportare lo sviluppo di una policy nazionale, basandosi anche sull'attività in corso negli Stati Uniti con il programma di difesa del territorio e della popolazione da missili balistici ed un vista della possibilità che la NATO decida di dotarsi di un sistema similare in grado di difendere territori e popolazioni dell'Alleanza.
L'accordo non determina impegni e/o oneri finanziari tra le parti. È infatti demandata alla stipula degli accordi attuativi successivi, ciascuno finalizzato allo specifico settore di collaborazione, la definizione delle caratteristiche e delle modalità per la suddivisione dei costi associati. Anche in ambito NATO esistono avanzati programmi di cooperazione in materia di difesa antimissile, che mirano alla protezione di tutti i territori e delle popolazioni alleate.
A questo riguardo, l'Italia, unitamente ad altri alleati, ha sollecitato l'avvio di una riflessione sulle opportunità di integrazioni fra i due progetti NATO ed USA, anche in riscontro alle recenti sollecitazioni delle stesse Repubbliche Ceca e Polacca, che in relazione alle sopracitate installazioni, hanno fatto stato della loro volontà che esse diventino parte di un sistema di protezione «alleato».
È fuor di dubbio che la difesa missilistica abbia eminentemente una finalità protettiva, ma nuovi programmi sono suscettibili di alterare equilibri strategici consolidati, in particolare con la Russia.
Conseguentemente, il ministro degli affari esteri, onorevole D'Alema, unitamente a esponenti di altri paesi partner, tra i quali il primo ministro tedesco Merkel, hanno convenuto sull'opportunità che tale materia sia affrontata in ambito NATO, anche nel formato Consiglio NATO-Russia, così come anche nella dimensione dell'Unione europea.
Il Governo americano ha, peraltro, più volte sottolineato, sia nell'ambito dell'Alleanza atlantica che nel corso di contatti bilaterali con la Russia, le finalità prettamente difensive di tali sistemi, collegandole esclusivamente a potenziali minacce provenienti dal quadrante orientale e mediorientale.
Nelle ultime settimane poi, da parte americana è stata manifestata ampia disponibilità ad inserire a pieno titolo la difesa missilistica tra le questioni in discussione nel quadro del Consiglio NATO-Russia.
L'Italia auspica che questo confronto possa continuare ed anzi rafforzarsi, in uno spirito costruttivo e senza preclusioni pregiudiziali, poiché esso valorizza il ruolo di strumento di dialogo politico (oltre che di cooperazione pratica) del Consiglio NATO-Russia, soprattutto in materia di sicurezza.
Esso inoltre giova a dissipare timori da parte di Mosca, che appaiono ingiustificati, ma che meritano tuttavia di essere tenuti in debita considerazione e riscontrati.
L'Italia è da sempre impegnata, con coerenza, nella promozione degli strumenti multilaterali di non proliferazione, di controllo degli armamenti e di disarmo nonché nella ricerca di soluzioni pacifiche e negoziali delle controversie internazionali. Aspetti questi che costituiscono un caposaldo della politica estera del nostro Governo.
PRESIDENTE. La deputata Deiana ha facoltà di replicare.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, non sono soddisfatta della risposta. D'altra parte, l'ammissione del sottosegretario Verzaschi è molto chiara e, tra l'altro, contrasta con le dichiarazioni rese dal sottosegretario Forcieri ad un giornale a seguito di una mia critica in ordine alla mancanza di trasparenza relativamente a tale vicenda. In quell'occasione, il sottosegretario Forcieri aveva dichiarato che non era vero nulla e che avrebbe smentito tutto, mentre lei, sottosegretario Verzaschi, nella sua risposta ammette ogni cosa. Pag. 53Pertanto, prendo atto che, attraverso questo memorandum di cooperazione, siamo entrati all'interno di un piano, al quale gli Stati Uniti stanno lavorando da tempo e al quale attribuiscono una grandissima importanza.
Sono insoddisfatta nel constatare come, nell'assunzione di decisioni di questo genere, le regole non abbiano alcun valore. Infatti, la scelta di firmare questo memorandum d'intesa - mi piacerebbe sapere chi lo ha firmato e quando ciò è avvenuto e chiederò che sia messo a disposizione delle competenti Commissioni - non è passata neanche attraverso il Consiglio dei ministri. Quindi, si tratta di decisioni assunte in un ambito assolutamente separato, senza la possibilità di una discussione né in sede governativa né in sede parlamentare.
Pertanto, si modifica strada facendo la logica sottesa alla politica internazionale, alle alleanze ed alle preoccupazioni tattiche della politica internazionale senza che il Parlamento ne sia informato.
Voglio sottolineare l'enfasi con cui il generale Obering ha dichiarato, il 27 marzo di quest'anno, che aveva il piacere di annunciare che nello scorso febbraio era stato definito un memorandum di accordo-quadro con l'Italia, grazie al quale l'Italia e gli Stati Uniti avrebbero potuto iniziare a condividere tecnologie di difesa missilistica, analisi e altre forme di collaborazione.
Quindi, secondo queste dichiarazioni, si tratta di un passo importante, decisivo, che probabilmente non comporterà soltanto la disponibilità a fungere da lato sud-orientale della difesa missilistica, ma anche che l'Italia farà parte della linea difensiva e quindi, sostanzialmente, si troverà a dover ulteriormente sviluppare quel profilo di «colonia militare», continuando ad accogliere basi militari.
L'Italia infatti non soltanto continuerà ad ospitare le basi già esistenti, senza rimetterne in discussione assolutamente la logica, ma sembra condividere l'opportunità di un loro ampliamento, indispensabile per le strategie statunitensi.
Si tratta di una idea di difesa del nostro Paese che andrebbe discussa seriamente in sedi pubbliche, nelle sedi istituzionali della rappresentanza, e non negli stati maggiori o in sedi separate.
Sembra infatti che si accentui questo carattere di «colonia militare», accogliendo la collocazione di questi missili. Questa è una probabilità insita nelle parole del generale Obering e nella logica dell'accordo, perché non si tratta soltanto di scambi tecnologici e di cooperazione «letteraria».
Oltre a questo aspetto poi, evidentemente, se ci sarà possibilità di condivisione di tecnologie e di ricerche, è chiaro che ci saranno anche impegni di tipo economico. Tutto questo, ripeto, avviene in senza il coinvolgimento del Parlamento e questo non può essere assolutamente accettato.
Tornerò a chiedere spiegazioni su questo aspetto, chiederò che il memorandum sia messo a disposizione e, laddove non avvenga, chiederò se esso sia classificato, riguardando una materia che dovrebbe essere di dominio pubblico, oggetto di discussione pubblica.
Ciò in ragione della delicatezza politica immediata della materia, che non ha nulla a che vedere con questioni di difesa o di pericolo nazionale, perché si tratta invece di una questione di strategia, di programma, che dovrebbe seguire tutt'altro iter, laddove fosse deciso democraticamente di accedere ad una impostazione di questo genere.
Voglio sottolineare che si tratta di un sistema di difesa offensiva e non difensiva - lo ripeto, offensiva e non difensiva - che sostanzialmente garantirebbe agli Stati Uniti un first strike contro un paese nemico, un sistema che comporta un forte condizionamento nei confronti del lato orientale dell'Europa, in particolare della Russia.
Accolgo positivamente le preoccupazioni che sono state espresse dal Governo, in particolare, per quello che ho capito, dal ministro D'Alema, che su questi aspetti dimostra sempre delle sensibilità positive nei confronti delle preoccupazioni della Russia.Pag. 54
La Russia ovviamente non spreca occasione per criticare questa impostazione, così come continuamente critica l'espansione a est della NATO. Uno dei motivi ricorrenti negli incontri con la delegazione dei parlamentari russi è esattamente questo: vi è sostanzialmente - come dire - la percezione di essere sottoposti ad un accerchiamento da parte della NATO.
Non entro nel merito delle ragioni per cui il Governo russo solleva continuamente tale questione. Indubbiamente però, il fatto che la sollevi costituisce un problema e il fatto che lo scudo missilistico venga concepito e collocato sul versante orientale con la scusa dell'Iran, ma in realtà con un evidente, fattuale condizionamento nei confronti della Russia, costituisce un problema di politica estera, che sarà affrontato dal Governo italiano - come lei, sottosegretario, ha detto - in sede Nato, in sede di Consiglio di sicurezza, in sede europea, nei rapporti in questo istituito organismo della Nato che comprende la Russia. Sta di fatto però che il problema rimane in tutta la sua gravità e in tutto il suo peso.
Accolgo dunque il chiarimento fornito circa l'esistenza di questo memorandum di intesa. Dunque, le notizie che ci sono venute dalla conferenza stampa del generale Obering sono vere. Rilevo che il Governo italiano non aveva fatto nulla per informare...
PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Deiana.
ELETTRA DEIANA. ...né la stampa, ma soprattutto il Parlamento, e rilevo che lo stesso Governo ha preso le decisioni senza un coinvolgimento di tutto il Governo.
Resto in attesa di poter leggere il memorandum e mi auguro che tutte le questioni di politica internazionale che ho sollevato possano essere oggetto di discussione e di approfondimento adeguati.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.