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Informativa urgente del Governo sulla vicenda dei decessi verificatisi presso l'ospedale di Castellaneta e sulle misure che si intendono adottare al riguardo anche in altri ospedali.
(Intervento del Ministro della salute)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della salute Livia Turco.
LIVIA TURCO, Ministro della salute. Signor Presidente, onorevoli deputati, di fronte alla notizia della morte di otto persone avvenuta in pochi giorni presso l'ospedale di Castellaneta, il Ministero della salute ha reagito immediatamente, attraverso una tempestiva ed accurata iniziativa ispettiva, nello spirito di una leale collaborazione istituzionale con la regione Puglia. In questa attività ci siamo avvalsi delle professionalità e delle competenze Pag. 12tecniche del Ministero, dell'Istituto superiore di sanità e del preziosissimo contributo dei NAS.
Garantire lo scrupoloso accertamento dei fatti, individuare le responsabilità, colpire in modo inflessibile ogni errore o manchevolezza, è quanto sentiamo doveroso fare per tutelare la dignità delle persone ed il diritto alla salute. In questo senso, a partire dalla scelta della trasparenza, mi sento di esprimere soddisfazione per la sintonia con cui abbiamo lavorato con la regione Puglia, e voglio dare atto al governo regionale di aver agito con tempestività e rigore per la inflessibile ricerca della verità. Dopo avere lungamente riflettuto, ho ritenuto - e voglio dirlo subito, onorevole Fitto - di non recarmi ora all'ospedale di Castellaneta, come avrei voluto (e come ho fatto, ad esempio, nella circostanza di Vibo Valentia): mi ha trattenuta la preoccupazione che la visita sembrasse formale o apparisse strumentale. Sono comunque d'accordo con il nuovo commissario, e con l'assessore regionale, che mi recherò sul posto dopo la campagna elettorale, per un confronto approfondito con gli operatori e per far visita alle famiglie.
Il mio intervento si compone di due parti. La prima parte è costituita da una relazione sugli eventi di Castellaneta, sia per quanto riguarda gli aspetti clinici, che con riguardo alle modalità di gestione dei lavori: all'interno di tale parte si darà conto anche della normativa applicabile in materia di certificazione degli impianti. Nella seconda parte si riferisce - come peraltro mi è stato chiesto - delle iniziative e delle attività del Ministero per quanto riguarda la prevenzione e la sicurezza delle cure.
Per quanto attiene alla relazione sugli eventi di Castellaneta, tale relazione è stata compilata, in primo luogo, sulla base degli accertamenti eseguiti dai NAS in data 5 maggio 2007 e successivi presso la direzione generale della ASL di Taranto, l'ospedale di Castellaneta, nonché i presidi ospedalieri nei quali ha operato la stessa ditta; in secondo luogo, sulla base della visita ispettiva effettuata in data 7 maggio 2007 da parte di rappresentanti del Ministero della salute e dell'Istituto superiore di sanità, congiuntamente con i rappresentanti della commissione della regione Puglia, presso la direzione generale della ASL di Taranto e l'ospedale di Castellaneta; in terzo luogo, sulla base della visita ispettiva da parte di rappresentanti del Ministero della salute e dell'Istituto superiore di sanità, effettuata in data 8 maggio 2007, presso la ditta Ossitalia, realizzatrice degli impianti di gas medicali nel suddetto presidio ospedaliero; infine, sulla base della relazione della commissione di indagine istituita dalla regione Puglia, presentata al consiglio regionale in data 9 maggio 2007, a seguito della quale il governo regionale ha commissariato la ASL Taranto 1.
Intendo partire innanzitutto dalla descrizione degli eventi clinici. Il 27 aprile 2007 è stata attivata ufficialmente, presso il presidio ospedaliero di Castellaneta, l'unità di terapia intensiva coronarica (UTIC).
Dalla prima analisi dei documenti disponibili è emerso che, nel corso dei successivi quindici giorni, vale a dire fino al 4 maggio 2007, presso la stessa unità di terapia intensiva coronarica si sono verificati otto decessi di pazienti ricoverati, su un totale di ventuno pazienti ricoverati.
Come risulta dalla relazione della commissione di indagine istituita dalla regione Puglia, in quattro casi il rapporto tra assunzione di gas non contenente ossigeno e evoluzione sfavorevole del caso è altamente probabile, in uno il rapporto è incerto e in tre il rapporto è altamente improbabile. Segnalo però che, sotto un profilo strettamente tecnico-clinico, tali informazioni sono da ritenersi incomplete, in attesa che i consulenti tecnici del pubblico ministero svolgano gli ulteriori approfondimenti.
L'ultimo evento occorso è stato quello che ha portato alla luce il problema. Infatti, nel corso dell'anestesia al soggetto, richiesta per una defibrillazione cardiaca per aritmia atriale, si è verificato l'arresto cardiaco e il decesso.Pag. 13
L'episodio ha portato ad una verifica delle modalità di erogazione dei gas nell'unità di terapia intensiva coronarica, utilizzando l'analizzatore dei gas medicali, di cui è dotato il respiratore artificiale in uso presso l'attigua sala operatoria.
La misura della concentrazione di ossigeno proveniente dalla relativa presa, presente alla testata di ogni posto letto, ha dimostrato che la bocchetta destinata all'erogazione di ossigeno, in realtà erogava protossido di azoto, vale a dire gas anestetico la cui utilizzazione non era prevista nell'unità di terapia intensiva coronarica. A seguito di quanto avvenuto, l'unità di terapia intensiva coronarica e la documentazione sanitaria sono stati sottoposti a sequestro giudiziario.
Come secondo punto, ritengo utile fare una descrizione della normativa applicabile in materia di certificazione degli impianti. In termini generali, si deve tener presente che gli impianti di distribuzione dei gas medicali sono collocati tra i dispositivi medici, in quanto destinati a somministrare all'uomo dei medicinali, i gas.
Ad essi sono associati, abitualmente, gli impianti per la realizzazione del vuoto, destinati all'aspirazione di secrezioni dalle ferite o dalle vie respiratorie, di area medicale, e quello per l'evacuazione dei gas anestetici dai locali ove questi vengono somministrati.
Nel caso specifico dell'unità di terapia intensiva coronarica di Castellaneta erano previsti solo gli impianti per l'erogazione di ossigeno, aria compressa e per il vuoto.
I dispositivi medici sono collocati in tre diverse classi crescenti: 1, 2a, 2b e 3, a seconda del rischio connesso al loro utilizzo. Questi impianti si collocano nella classe 2b, ad eccezione di quello per l'evacuazione dei gas anestetici, che si colloca in classe 2a, e di alcuni componenti forniti separatamente.
Nel rispetto delle norme legislative che regolano il settore dei dispositivi medici - l'articolo 11 del decreto legislativo n. 46 del 1997 che recepisce la direttiva 93/42/CEE -, per poter marcare CE ed immettere in commercio un impianto è necessario espletare le procedure di certificazione previste.
Per l'impianto di gas medicali in toto si applicano le procedure previste per la classe 2b, che prevedono l'intervento di un organismo notificato, cioè di un organismo privato o pubblico sito in uno dei Paesi dell'Unione europea, autorizzato ad espletare tali procedure.
In Italia, esistono più organismi certificatori, tutti autorizzati dai Ministeri della salute e dello sviluppo economico, tra i quali la società Certiquality, che ha certificato gli impianti della ditta Ossitalia.
Il fabbricante dell'impianto può scegliere uno qualsiasi degli organismi notificati europei, purché autorizzato a certificare la specifica tipologia dei dispositivi, ed una delle procedure previste per la classe corrispondente. Nel caso specifico, la ditta ha optato per la certificazione sulla base della valutazione del sistema di qualità, ai sensi dell'allegato 2 del decreto legislativo n. 46 del 1997.
Questa modalità di certificazione prevede che l'organismo attesti il sistema di qualità del produttore e le procedure adottate sulla base di un fascicolo tecnico generale. Il singolo impianto, peraltro, deve rispondere alle specifiche del progetto tecnico che lo riguarda sempre nel rispetto di quanto previsto dal fascicolo tecnico generale. Infine, il fabbricante dovrà rilasciare, in ogni caso, indipendentemente dalla procedura di certificazione scelta, la dichiarazione di conformità per il singolo impianto e marcare il dispositivo. In tal modo, egli conferma sotto la responsabilità del fabbricante il rispetto dei requisiti essenziali previsti dalla normativa vigente.
La ditta Ossitalia ha emesso dichiarazione di conformità per ogni singolo impianto citando l'applicazione delle norme tecniche di settore.
Ritengo opportuno evidenziare che dalle disposizioni legislative descritte in precedenza vanno tenute distinte le cosiddette norme tecniche, elaborate dagli enti nazionali o internazionali di normalizzazione. In relazione a tali impianti, la Pag. 14principale è la UNI EN 737, elaborata dal Comitato europeo di normalizzazione. L'applicazione delle norme tecniche è volontaria, ma ove il fabbricante decida di applicarle e le rispetti integralmente, il dispositivo si presume conforme per gli aspetti trattati dalla norma, così come previsto dal decreto legislativo n. 46 del 1997, all'articolo 6, comma 1. Ove il fabbricante decida di non applicare le norme tecniche, dovrà dimostrare di raggiungere con diversa modalità lo stesso grado di conformità del dispositivo. La direttiva 93/42/CEE e il decreto legislativo n. 46 del 1997 non si occupano esplicitamente dei collaudi, che sono invece indicati anche con il dettaglio delle prove da eseguire nelle norme tecniche citate.
Voglio qui analizzare le procedure seguite nel caso di Castellaneta. Questa analisi permette di evidenziare quanto segue. Dagli atti disponibili risulta che l'unità di terapia intensiva coronarica (UTIC) sia stata allocata in locali precedentemente destinati a pediatria e, ancor prima, a sub-terapia intensiva, per complessive tre variazioni di destinazione. Tale decisione, che risale alla fine del 2004, ha comportato nuovi lavori, tra i quali la realizzazione di un impianto di distribuzione dei gas medicali in questi locali. I lavori risultano completati nel marzo 2005. L'ultima variazione di destinazione non risulta essere stata tradotta in alcuna variante di progetto. Secondo quanto dichiarato da Ossitalia, il collaudo finale, operato nel marzo del 2005, avrebbe riguardato l'impianto nello stato in cui le tubazioni erano state portate a ridosso delle montanti, ma non collegate alle stesse. Il collaudo sarebbe stato effettuato con contenitori pressurizzati di ossigeno, ovvero bombole portatili ed aria compressa. A seguito di tale collaudo, è stata rilasciata da Ossitalia la dichiarazione di conformità. Successivamente a questa fase avrebbe fatto seguito il collegamento delle tubazioni alle montanti, ma Ossitalia afferma di non aver eseguito tale operazione. Non risulta chi avrebbe connesso le tubazioni alle montanti, né se, dopo tale operazione e prima dell'uso dell'impianto, siano state effettuate e da chi le prove previste dalla norma di settore.
Sono disponibili le certificazioni in possesso della ditta Ossitalia rilasciate dalla società Certiquality, la certificazione di conformità redatta dalla stessa Ossitalia, che ha costruito in subappalto l'impianto per conto della società Sapio, e la documentazione relativa alle prove tecniche eseguite con particolare riferimento all'ossigeno. Quest'ultima documentazione non risulta controfirmata da un rappresentante dell'ospedale, tranne il modulo G1, su cui compare la firma del direttore dei lavori. Al riguardo, si precisa che la norma UNI EN 737 prevede la compilazione di numerosi moduli, la maggior parte dei quali deve essere sottoscritta anche dal rappresentante dell'ospedale. La modulistica dell'Ossitalia, invece, non prevedeva gli appositi spazi per apporre la firma del rappresentante ospedaliero.
Su tale documentazione non risultano essere stati comunque sollevati rilievi da parte della commissione di collaudo (che è stata nominata il 2 maggio 2005 con atto amministrativo da parte del dirigente dei lavori pubblici) nell'unico atto di collaudo intervenuto in data 28 febbraio 2007. In tale data risulta redatto un atto unico di collaudo relativo a una serie di lavori tra i quali quelli relativi agli impianti di gas medicali dell'UTIC, alla presenza di rappresentanti dell'associazione temporanea di impresa esecutrice. A pagina 16 di tale documento, nel paragrafo relativo a «verifiche e prove degli impianti e delle apparecchiature», si dà conto della documentazione fornita alla commissione di collaudo. A tale riguardo viene riportata anche la dicitura «dichiarazione e collaudo imprese e distribuzione gas medicali UTIC», che sembra richiamare i documenti prodotti nel 2005 sopra descritti. In tale atto non è stata evidenziata erronea erogazione di protossido d'azoto in luogo di ossigeno.
Le prime verifiche condotte sull'impianto di erogazione dei gas medicali fanno presumere che la linea di adduzione dell'ossigeno sia stata fatta erroneamente Pag. 15derivare dalla linea del protossido di azoto nel collettore principale. Su tale punto sono in corso gli accertamenti dell'autorità giudiziaria.
A seguito di verifica in loco è stato rilevato che l'identificazione per gas e direzione di flusso delle diverse linee del collettore principale, come previsto dalla normativa, era assolutamente carente. Le verifiche effettuate presso la ditta Ossitalia hanno evidenziato diverse carenze documentali fra le quali l'assenza di un capitolato tecnico dettagliato.
Per quanto riguarda la lettera che la società Ossitalia ha inviato, nell'ottobre 2005, al Ministero della salute e alla ASL di Taranto per segnalare l'avvenuta alterazione, da parte di terzi, di un proprio impianto, si precisa che dalla relazione ispettiva risulta che tale comunicazione si riferiva all'impianto di una indeterminata terapia intensiva, che comunque si riferiva a certificati di collaudo relativi ad opere eseguite nel 2002 e non all'impianto dell'UTIC che è la struttura dove si sono verificati gli otto decessi.
Sottolineo, inoltre, che, a seguito di quanto avvenuto, sono stati effettuati controlli in tutte le strutture ospedaliere nelle quali la ditta Ossitalia ha operato, al fine di accertare la presenza di eventuali situazioni di rischio per la salute e che tali verifiche non hanno evidenziato anomalie.
Quali sono, dunque, le conclusioni tecniche? Da quanto sopra descritto emerge che in un reparto di unità di terapia intensiva coronarica (UTIC) si sono verificati, in brevissimo tempo, un numero di decessi (otto su ventuno pazienti ricoverati) pari al 38,1 per cento, a fronte di un valore atteso del 10-12 per cento.
Non risulta che sia stata attivata alcuna procedura di valutazione dei casi, né che sia stato effettuato un audit degli eventi. Sembra evidente che alcuni decessi siano avvenuti a seguito della somministrazione di protossido di azoto al posto di ossigeno, a causa di una errata esecuzione dell'impianto di distribuzione del gas per probabile connessione della linea che eroga l'ossigeno in unità di terapia intensiva coronarica al collettore del protossido di azoto, in evidente non conformità con quanto affermato nei verbali di collaudo.
La dotazione organica di personale, soprattutto medico, risulta gravemente insufficiente per l'attivazione dell'UTIC e la dotazione di apparecchiature e presidi risulta carente.
La relazione della commissione d'indagine istituita dalla regione Puglia conclude evidenziando che le attività condotte per l'attivazione dell'unità di terapia intensiva coronarica dell'ospedale di Castellaneta abbiano subito due momenti di accelerazione: nei primi mesi del 2005 e del 2007, suggerendo anche che tali accelerazioni siano state precedute, accompagnate e seguite da una gestione approssimativa e superficiale delle procedure di attivazione, presa in carico, gestione e verifica degli impianti.
Tali conclusioni appaiono del tutto coerenti con quanto emerso nel corso delle ispezioni ministeriali.
L'accaduto evidenzia, in ultima analisi, una inadeguatezza dell'attività di verifica e controllo da parte della struttura pubblica (la ASL) rispetto all'operato della ditta titolare dell'appalto dei lavori. L'errore tecnico si sarebbe potuto evidenziare in diversi momenti, ma, soprattutto e senza ombra di dubbio, in fase di collaudo, qualora questo fosse stato correttamente eseguito, seguendo la procedura per la prova e l'accettazione della norma tecnica UNI EN 737-3.
Emerge in modo chiaro la carente azione da parte della direzione sanitaria nonché della componente clinica, rispetto all'occorrenza di un numero significativo di decessi, nei confronti dei quali è mancata la necessaria sorveglianza.
Per questo è stato concordato con la direzione dell'azienda di attivare una procedura di verifica e sorveglianza degli eventi avversi, anche sulla base dell'apposito protocollo elaborato da tempo dal Ministero della salute, al fine di promuovere gli opportuni e necessari cambiamenti organizzativo-gestionali per il miglioramento della qualità delle cure e della sicurezza nell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza, tramite l'immediata Pag. 16istituzione di un nucleo multidisciplinare per l'analisi e la gestione del rischio clinico. A seguito del commissariamento dell'ASL, è stato concordato con la commissione regionale di mantenere l'impegno a procedere in tal senso, anche con riferimento alla necessità di promuovere l'attuazione di un programma regionale di gestione del rischio clinico.
Passo rapidamente all'ultima parte dell'informativa urgente, concernente le iniziative per il miglioramento dell'efficienza e della sicurezza nella gestione tecnica delle aziende sanitarie. Al di là delle responsabilità dei singoli, che è compito della magistratura accertare, è da presumere che sia risultata inadeguata la capacità operativa dell'area tecnica dell'azienda sanitaria di Taranto. Tutto ciò non riguarda, però, soltanto tale azienda, essendo un problema riscontrabile ed irrisolto in molte aziende sanitarie del nostro Paese.
Mentre, infatti, la sanità ha registrato negli ultimi anni un'accelerazione esponenziale della complessità delle tecnologie impiegate, non vi è stata una corrispondente capacità di stimolare un'analoga evoluzione delle competenze e delle risorse degli uffici tecnici. Al contrario dell'ambito professionale sanitario, dove la dotazione organica del personale sanitario è codificata per numero e qualificazione per ogni specialità, non esiste alcun riferimento normativo che stabilisca il numero degli operatori e le professionalità richieste per la gestione tecnica di un ospedale o di un'azienda sanitaria. Molti uffici tecnici dispongono di personale non adeguatamente formato e selezionato.
Si deve tener conto, inoltre, che negli ultimi anni la normativa tecnica è cambiata completamente e le norme tecniche elaborate dall'Ente nazionale di unificazione, dal Comitato elettrotecnico italiano e altri, la cui padronanza è patrimonio di operatori altamente qualificati, sono divenute strumento corrente di lavoro.
Alla luce di quanto appena esposto, il Ministero della salute ritiene di dover affiancare alle necessarie iniziative di completamento normativo anche un'azione di ricognizione dello stato delle diverse strutture ospedaliere per verificare la sussistenza di criticità nella loro capacità di governo degli impianti e delle tecnologie. In particolare, abbiamo individuato il seguente percorso. In primo luogo, procederemo ad una ricognizione degli organici degli uffici tecnici; individueremo, poi, standard minimi di organico diversi a seconda della complessità delle strutture da gestire; in terzo luogo, adegueremo gli organici agli standard definiti; riqualificheremo, inoltre, il personale e individueremo, infine, gli indicatori della complessità delle strutture. Nel corso di tali attività, si renderà necessario elaborare, sempre di intesa con le regioni, specifiche linee guida tecniche da applicare per rimuovere le carenze che sono state riscontrate.
Voglio dire, però, che molto è stato fatto dal Ministero della salute - e non soltanto a partire dal Governo attuale - per quanto riguarda la prevenzione del rischio clinico. Cito gli aspetti più importanti.
Per quanto riguarda il monitoraggio degli eventi avversi, è in corso di revisione il protocollo sperimentale per il monitoraggio degli eventi «sentinella», ovvero di eventi rari, ma di particolare gravità. A tali eventi deve, infatti, far seguito un'accurata indagine che rilevi le cause determinanti e i fattori contribuenti all'evento, individuando i fattori di vulnerabilità che sono insiti nel sistema e attuare un piano correttivo per la prevenzione di ulteriori eventi.
Abbiamo proceduto, in questi mesi, alla stesura e alla implementazione di raccomandazioni e di linee guida, strumento particolarmente prezioso per gli operatori. Sono state rese disponibili le prime sei raccomandazioni per la prevenzione degli eventi «sentinella» e sono in corso di elaborazione ulteriori raccomandazioni relative a: comunicazione dell'errore, corretto utilizzo dei farmaci, morte o grave disabilità del neonato, corretta gestione dei dispositivi medici, caduta del paziente, morte o grave danno conseguente ad un malfunzionamento del sistema di trasporto, Pag. 17morte o grave danno conseguente alla inadeguata attribuzione del triage, morte o grave danno da inattesa complicazione post-chirurgica.
Mi riferisco, poi, all'attività di formazione avviatasi in questi mesi (proprio nel mese di maggio inizierà un'attività formativa del Ministero della salute insieme agli ordini professionali dei medici e degli infermieri); ad un'iniziativa di coinvolgimento dei cittadini, pazienti e utenti; ad un'attività di diffusione delle migliori pratiche; all'attività di valutazione delle tecnologie sanitarie e dell'innovazione tecnologica. Intendiamo estendere, con il contributo dell'Agenzia nazionale per i servizi regionali, in tutto il nostro Paese tali attività, peraltro consolidate e che sono state implementate da parte del Ministero della salute.
È stato istituito il sistema di riferimento nazionale sulla sicurezza dei pazienti nella gestione del rischio clinico, che ha il compito di coordinare tutte le attività delle ASL e delle regioni con quelle della Commissione europea.
Abbiamo promosso, inoltre, il programma relativo alle infezioni ospedaliere. Sono grata al gruppo di lavoro, formato da alti esperti, che sta per consegnarci un rapporto molto dettagliato, insieme alle misure di controllo e alla definizione di linee guida, programmi formativi che serviranno, anche essi, per dare ulteriore sicurezza ai nostri ospedali.
Infine, voglio richiamare l'importanza del disegno di legge che il Consiglio dei ministri ha approvato l'11 maggio 2007, che riguarda non soltanto l'esercizio dell'attività della libera professione intra moenia, ma che affronta esattamente il tema della prevenzione del rischio clinico. Uno strumento legislativo - lo sappiamo - su un tema complesso, di governo regionale prima di tutto, come quello della sanità, non è risolutivo. Noi sappiamo benissimo che il lavoro fondamentale sarà quello che faranno le regioni e le ASL. Sappiamo, da parte nostra, di dover molto insistere perché questo programma di prevenzione del rischio clinico diventi una realtà uniforme nel nostro Paese. Tuttavia, lo strumento legislativo può molto aiutare, perché i livelli essenziali di assistenza sono un compito dello Stato e la sicurezza degli ospedali e delle strutture sanitarie attiene ai livelli essenziali di assistenza. Per questo, non riteniamo che costituisca un'ingerenza aver scritto una norma, nel disegno di legge dell'11 maggio 2007, che obbliga le regioni a dotarsi di un sistema per la gestione del rischio clinico finalizzato alla sicurezza dei pazienti nel percorso di diagnosi e cura, incluso il rischio di infezioni ospedaliere, attivando una specifica funzione aziendale in ogni ASL e in ogni ospedale.
Peraltro, attiene sempre alla definizione dei livelli essenziali di assistenza richiedere a tutte le ASL l'istituzione di un servizio di ingegneria clinica che garantisca l'uso sicuro, efficiente ed economico dei dispositivi medici costituiti da apparecchi e impianti sanitari, prevedendo procedure specifiche più stringenti per il collaudo, la manutenzione e le verifiche periodiche di sicurezza.
Inoltre, nel disegno di legge abbiamo introdotto norme per facilitare la soluzione stragiudiziale delle vertenze per danni derivanti da prestazioni fornite dagli operatori sanitari, in linea con quanto già sperimentato positivamente in alcune ASL e in altri Paesi europei; ciò per consentire al cittadino forme più celeri di risarcimento, ma anche per consentire ai medici di lavorare in un contesto di maggiore tranquillità per evitare quella che viene chiamata «la medicina difensiva».
Confido che il Parlamento saprà riconoscere l'alta valenza etica e sanitaria di questa iniziativa legislativa e assicurarne una sollecita approvazione.
Voglio, inoltre, ricordare la legge finanziaria per il 2007 che non soltanto ha aumentato le risorse per finanziare i livelli essenziali di assistenza, ma ha stanziato tre miliardi di euro per gli investimenti.
È stato siglato, inoltre, per la prima volta, un accordo tra le regioni, il Ministero della salute e il Ministero dello sviluppo economico che prevede lo stanziamento di risorse dei fondi comunitari.Pag. 18
Per la prima volta la sanità è considerata una grande infrastruttura del nostro Paese. D'intesa con le regioni, soprattutto con quelle del Mezzogiorno, 3 miliardi di euro sono stati stanziati e orientati per l'ammodernamento delle strutture sanitarie nazionali. Sono lieta di poter annunciare che con la regione Puglia si è concluso l'accordo di programma che prevede lo stanziamento di 459 milioni di euro, a cui si aggiungeranno gli altri 186, ripartiti in una recente riunione con tutti gli assessori regionali tra gli anni 2007, 2008 e 2009; tale accordo è mirato all'ammodernamento di importanti ospedali del territorio, in una logica di rete e di sviluppo della medicina territoriale. Mi auguro che di tutto ciò si possa discutere con lo spirito che è assolutamente essenziale quando è in gioco la salute dei nostri cittadini; vale a dire con il dialogo, il confronto e la cooperazione.