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Svolgimento di interpellanze urgenti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Liberazione del terrorista Posada Carriles - n. 2-00514)
PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00514 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, vorrei illustrare la mia interpellanza osservando, innanzitutto, che la vicenda in esame appare in qualche misura (almeno a prima vista così la si potrebbe giudicare) una storia sortita da libri che parlano di un passato, ancorché di un passato recente, ovvero, per intenderci, la storia del «cortile di casa». È la storia di un'America latina nella quale assistemmo - parlo degli anni Cinquanta, Settanta, Ottanta - a un susseguirsi di colpi di Stato, allo spadroneggiamento degli squadroni della morte, al sorgere di regimi fascisti, ad una scena occupata da tiranni e da torturatori.Pag. 20
Tale storia, come sappiamo, coinvolge anche gli Stati Uniti nella direzione politica e, comunque, nel sostegno e nella copertura di numerosi personaggi che si macchiarono di gravissime colpe ai danni delle popolazioni latinoamericane.
La vicenda in esame è stata goffamente accantonata; si è cercato, maldestramente, di oscurarla e di rimuoverla. Tale storia, tuttavia, riemerge sempre, poiché si verificano delle smagliature e questo passato nuovamente si presenta con il suo volto grondante sangue, violenza e tragedie.
La vicenda cui l'interpellanza in esame si riferisce verte precisamente su quel passato. È la storia di un uomo, oggi libero cittadino e che le autorità giudiziarie e politiche degli Stati Uniti hanno restituito alla piena libertà, il quale ha passato decenni, precisamente quarant'anni, tra un attentato terroristico, la tortura di oppositori politici, l'assassinio e l'organizzazione di altri gesti criminali. Lo ripeto: quarant'anni!
Ricordo che, nell'ottobre del 1976, tra le varie altre gesta di costui, 73 persone persero la vita per un attentato contro un aereo della Cubana de Aviacion davanti alle coste delle Barbados: 73 persone!
Costui, che risponde al nome di Luis Posada Carriles, il 4 novembre del 1997 organizza un attentato all'Hotel Copacabana de L'Avana a Cuba, dove colloca una carica di esplosivo C4 che tronca la vita di un giovane imprenditore italiano, Fabio Di Celmo il quale, in conseguenza di tale gesto terroristico, muore giovane e incolpevole.
Il coinvolgimento di Posada Carriles è accertato, non soltanto perché un suo complice salvadoregno, Raul Ernesto Cruz, lo chiama in correità come mandante e finanziatore dell'atto terroristico, ma anche perché lo stesso Posada Carriles, in un'intervista rilasciata al New York Times del 12 luglio 1998, qualche mese dopo la morte di Di Celmo, dichiara tranquillamente di essere effettivamente l'architetto dell'attentato. Posada Carriles aggiunge, inoltre, che: «la morte del turista italiano è stata solo un incidente imprevisto che non mi turba affatto il sonno. Anzi: io dormo come un bambino perché l'italiano si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato».
Questo è il personaggio di cui oggi ci occupiamo per ricordare che Posada Carriles non è mai stato perseguito negli Stati Uniti per reati terroristici.
L'unico ostacolo che gli si è frapposto tra un passo e l'altro è che, avendo violato una legge sull'immigrazione, è stato per qualche tempo detenuto nelle carceri americane. Gli Stati Uniti, però, si sono sempre rifiutati di giudicarlo per terrorismo, nonostante che un giudice, Kathleen Cardone, abbia riconosciuto - situazione davvero incredibile! - il suo coinvolgimento in alcune delle azioni più infami del XX secolo. Tra queste ricordiamo l'invasione della Baia dei Porci, lo scandalo Iran-Contras, l'abbattimento del volo 455, di cui ho appena parlato, e l'esplosione di bombe in numerosi centri turistici.
Signor Presidente, concludo la mia illustrazione dicendo che siamo di fronte ad una situazione incredibile. Gli Stati Uniti, come sappiamo, combattono guerre in nome della lotta contro il terrorismo, legiferano - penso al Patriot Act - in modo molto severo contro il terrorismo e attribuiscono a molti Stati sovrani il marchio di Stati terroristici sostenendo che «appoggiano o praticano direttamente il terrorismo all'interno del loro territorio o fuori dei confini a danno dei Paesi terzi». Insomma, si ergono a giudici delle condotte altrui. Quando, però, hanno a che vedere con un personaggio che per quarant'anni ha seminato morte nell'interesse dei regimi reazionari imposti o sostenuti dagli Stati Uniti o nell'interesse diretto degli Stati Uniti, come nel caso dell'attentato contro Cuba, non lo perseguono, né lo ostacolano e tanto meno lo consegnano alla giustizia dei Paesi che reclamano la possibilità di giudicarlo.
Chiedo, quindi, al Governo se, di fronte a questo curriculum criminale, non intenda, intanto, dichiarare alle autorità giudiziarie e di governo degli Stati Uniti il proprio rincrescimento e la propria meraviglia per un trattamento così favorevole nei confronti di un dichiarato terrorista e,Pag. 21inoltre, se non intenda intraprendere passi ufficiali per ottenerne quanto prima l'estradizione, anche alla luce del fatto che nel nostro Paese sembra si stia avviando un procedimento giudiziario.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Famiano Crucianelli, ha facoltà di rispondere.
FAMIANO CRUCIANELLI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, dall'inizio del proprio mandato il Governo in carica ha riservato un'attenzione particolare alla lotta al terrorismo e alla violenza, fenomeni da combattere e da estirpare in quanto minano alla radice ogni possibilità di crescita e sviluppo di sistemi democratici rispettosi della dignità della persona.
In qualunque scenario si utilizzino tali metodi, il nostro Paese risponde riaffermando l'adesione ai principi di fondo e alla difesa della dignità umana e dei diritti umani, civili e politici.
La difesa delle vittime della violenza, dei loro diritti e talvolta della loro memoria, come nel caso degli scomparsi italiani durante i periodi dei regimi militari e dittatoriali in America latina, ha portato il Governo italiano, già dal primo mandato del Presidente Prodi, a costituirsi parte civile nei processi intrapresi contro gli autori di questi crimini.
All'interno di questa impostazione e con questo stesso spirito, il Governo si è mosso anche in relazione alla vicenda del nostro connazionale Fabio Di Celmo, morto tragicamente il 4 settembre 1997 a L'Avana, vittima di un attentato terroristico, triste evento che, peraltro, è stato anche oggetto di una recente produzione cinematografica italiana.
Già nel giugno 2006, a poche settimane dalla costituzione del Gabinetto Prodi, il sottosegretario di Stato per gli affari esteri con delega per l'America latina ha avviato, con il sottosegretario di Stato per la giustizia competente, un approfondimento della vicenda.
Da questa ricognizione emergeva come la procura di Genova avesse aperto, nel 1998, un fascicolo a carico di ignoti per l'attentato commesso a L'Avana nel settembre 1997, ma che successivamente i giudici inquirenti avevano emesso un decreto di archiviazione, essendo ignoti gli autori del reato.
In assenza di un'istanza proveniente dall'autorità giudiziaria, non sussistevano atti di competenza del Ministero della giustizia, né vi erano procedure amministrative pendenti.
Nello stesso periodo, su vari organi di stampa, iniziarono ad apparire articoli relativi al presunto coinvolgimento di Luis Posada Carriles quale mandante degli attentati terroristici a Cuba. Le stesse fonti riportavano la notizia di un suo successivo ingresso illegale dal Messico negli Stati Uniti e della sua detenzione ad El Paso, in attesa del giudizio in relazione al suo ingresso clandestino negli Stati Uniti. Le autorità giudiziarie di El Paso hanno posto in libertà condizionata il signor Posada Carriles il 6 aprile 2007, sulla base della modesta imputazione allora elevata a suo carico, e lo hanno assolto da ogni imputazione l'8 maggio 2007, ordinandone la rimessione in libertà.
Secondo recenti notizie di stampa, il tribunale federale di Newark, nel New Jersey, avrebbe avviato una nuova inchiesta sull'attacco terroristico all'Hotel Copacabana, ma non è ancora noto se tale nuovo filone abbia un impatto sulla posizione del signor Posada Carriles. In questo contesto, ancora fluido, un elemento di valutazione per le autorità statunitensi potrebbe essere senz'altro costituito anche dalle eventuali domande di estradizione da parte di Stati terzi.
Su un piano generale si può peraltro osservare che risulterebbe verosimilmente difficile per gli Stati Uniti consentire l'estrazione di Posada Carriles in paesi che non diano sufficienti garanzie giurisdizionali o dove vi sia il ragionevole sospetto che egli possa essere sottoposto a tortura. Segnalo, ad ogni modo, che da quando c'è stato segnalato dal Ministero della giustizia, la procura della Repubblica di Roma ha aperto un nuovo procedimento penale in Italia nei confronti di Luis PosadaPag. 22Carriles, indagato per il reato di strage. Il Ministero della giustizia ha già effettuato, in data 15 novembre, i passaggi procedurali richiesti dall'articolo 8 del codice penale per procedere in materia di delitti politici commessi all'estero. Tuttavia, ad oggi, non è stato ancora trasmesso dall'autorità giudiziaria al Ministero della giustizia alcun provvedimento restrittivo in ordine all'omicidio Di Celmo. Allo stato mancano, pertanto, il presupposto e il giudizio necessario per la formulazione di una richiesta di estradizione da parte dell'Italia.
Il prosieguo della vicenda dipende, quindi, in ultima istanza, dagli orientamenti che emergeranno in sede giudiziaria. Il Governo non mancherà, comunque, di esaminare con la massima cura il seguito da dare ad un'eventuale richiesta di estradizione da parte della magistratura.
PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di replicare.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la ringrazio e mi dichiaro soddisfatto per questa risposta che mi lascia tranquillo sia per quanto apprendiamo in ordine ai passi che vengono mossi, finalmente, dall'autorità giudiziaria, sia in ordine alla disposizione del Governo di assecondarli e di sostenerli con le richieste connesse, finalizzate ad un'estradizione della persona di cui stiamo parlando.
Mi limito semplicemente ad osservare, dal punto di vista generale e politico, che il nostro Paese e il Governo che in questo momento storico ne regge le sorti devono tenere presente che, certamente in un contesto di alleanza che nessuno discute (ad ogni modo non è questa la sede), i rapporti tra gli Stati Uniti e l'Italia non sono sempre stati improntati ad un regime di rispetto da parte degli Stati Uniti nei nostri confronti.
Mi limito a ricordare molto puntualmente e sommariamente tre episodi che sono nella memoria di tutti noi: il caso del Cermis, quello di Abu Omar e quello di Calipari. Cosa lega tra loro queste vicende? Il fatto che in tutti e tre questi episodi, pur così diversi tra di loro, vi è stata un'esplicita e programmatica assunzione di posizioni di indifferenza - in qualche misura persino di disprezzo - delle autorità di Governo e delle autorità giudiziarie statunitensi nei confronti delle omologhe autorità di Governo e di giurisdizione italiane.
Nel caso del Cermis, i magistrati italiani non furono messi in condizione di procedere: la Corte militare americana assolse i responsabili di quel gioco criminale, che determinò la morte di venti persone, e, addirittura, il Senato americano, dopo avere stanziato 40 milioni di dollari, vide la propria decisione a sostegno dei familiari delle vittime vanificata dalla decisione ulteriore del Ministro della difesa, che accantonò quello stanziamento e quel finanziamento.
Nel caso di Abu Omar sappiamo bene cosa è successo: un rapimento in una via di Milano, con conseguenti torture, e la dichiarazione da parte americana che gli agenti della CIA che si sono resi responsabili di tale rapimento non saranno mai giudicati dall'autorità giudiziaria italiana perché non ritenuta competente dalle autorità americane.
Nel caso del marine che ha assassinato Nicola Calipari, egli non sarà mai sottoposto al giudizio di un tribunale italiano perché la vicenda è giudicata sovranamente conclusa dalle autorità americane.
In questo contesto, torno a dire che è molto importante che il Governo ci rassicuri in ordine alla propria determinazione ad assecondare i passi dell'autorità giudiziaria volti ad aprire un procedimento penale nei confronti di Posada Carriles. Questo, infatti, sarà forse un atto in controtendenza o quanto meno un atto che porrà le premesse - lo speriamo - affinché la sequenza di episodi che ho richiamato venga interrotta. Concludo così questo mio commento, ringraziando il sottosegretario Crucianelli.
(Stato dei lavori per la messa in sicurezza del sistema Gran Sasso - n. 2-00505)
PRESIDENTE. Il deputato Crisci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00505 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
NICOLA CRISCI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, con l'interpellanza urgente da me presentata e sottoscritta da altri trentasette colleghi, si chiede al Governo di dare risposte il più possibile chiare e puntuali sui lavori eseguiti e su eventuali opere da realizzare per la definitiva messa in sicurezza del sistema Gran Sasso, a seguito della grave situazione di emergenza socio-ambientale verificatasi il 16 agosto 2002 per la fuoriuscita dai laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare di una sostanza chimica che inquinò le acque del torrente Mavone.
Questa vicenda è stata seguita con particolare interesse dai cittadini della provincia di Teramo e in generale dell'Abruzzo, perché rientra nell'ambito di una lotta portata avanti per oltre un decennio contro l'ipotesi di costruzione, all'interno del Gran Sasso d'Italia, di una terza galleria e di ulteriori laboratori in cui far operare l'Istituto nazionale di fisica nucleare. Un'opera per molti versi preoccupante, perché l'interferenza tra gli attuali laboratori utilizzati dall'Istituto nazionale di fisica nucleare e le falde acquifere ha determinato preoccupazione e anche pericoli di inquinamento. Tant'è che, proprio a partire dall'incidente verificatosi il 16 agosto 2002, le popolazioni protestarono fortemente, e insieme ad esse anche gli enti locali e la stessa provincia di Teramo. La magistratura intervenì nominando un consulente tecnico d'ufficio, che nell'aprile 2003 concluse le sue verifiche evidenziando una situazione di rischio per la popolazione e per gli stessi addetti ai laboratori, per il pericolo di un possibile inquinamento delle preziose falde acquifere del Gran Sasso.
Si è giunti così, nel 2003, alla determinazione di intervenire con assoluta urgenza per far fronte a tale grave situazione. Con ordinanza della Presidenza del Consiglio dei ministri del 18 luglio 2003 fu nominato il commissario delegato, nella persona del dottor Balducci, al fine di intervenire con mezzi straordinari per far fronte a tale situazione di emergenza.
Successivamente, fu rilevata la complessità dell'intervento e l'ordinanza, che aveva un carattere limitato nel tempo, fu prorogata fino al 31 dicembre 2005.
Le risorse messe a disposizione, originariamente limitate, furono successivamente integrate con un apposito provvedimento. Tale provvedimento trasferì le somme che la legge n. 366 del 1990 aveva stanziato per la realizzazione del terzo tunnel del Gran Sasso, pari a 110 miliardi di lire, alla disponibilità del commissario delegato per il completamento delle opere necessarie e per la definitiva messa in sicurezza dell'area interessata. Si fece inoltre ricorso alla legge n. 109 del 1994, che prevede misure speciali di sicurezza e di segretezza, nonché il conferimento di poteri speciali al citato commissario.
Sono intervenuto più volte sulla materia, poiché quella del Gran Sasso è un'area particolarmente importante, non soltanto sul piano ambientale, ma anche perché contiene una risorsa, l'acqua, che serve 800 mila cittadini in Abruzzo. Ho chiesto, dunque, ripetutamente che si facesse il più possibile chiarezza sulla natura degli interventi effettuati e, soprattutto, sulla quantità delle risorse utilizzate per mettere definitivamente in sicurezza il Gran Sasso, così da evitare il possibile inquinamento delle falde acquifere. Le risposte (anche ad un'interpellanza svolta poco più di un anno fa) sono sempre state piuttosto generiche, lacunose e poco trasparenti. Mi risulta, inoltre, poco veritiero il fatto che gli enti locali interessati siano stati informati: infatti, tanto la provincia di Teramo quanto l'ambito territoriale ottimale non hanno avuto in questi ultimi tempi alcuna significativa notizia né sulla quantità dei lavori effettuati, né su quelli che sono ancora necessari per completare l'opera e per mettere definitivamente in sicurezza il sistema Gran Sasso.Pag. 24
Credo, dunque, che - così come è stato rilevato anche da parte della Corte dei conti nella relazione sui lavori effettuati all'interno dei laboratori dell'Istituto nazionale di fisica nucleare - sia necessaria una parola di chiarezza sulla natura e sulla quantità dei lavori svolti, sulle somme spese, nonché sugli scostamenti fra il cronoprogramma e le opere effettivamente eseguite. Ciò anche perché, nonostante la citata legge n. 109 preveda la segretezza degli interventi, essa prevede anche che, entro il 30 giugno di ogni anno, il commissario delegato debba trasmettere al Parlamento un'apposita relazione annuale. Ecco perché chiedo che si faccia il più possibile chiarezza.
Chiedo, inoltre, che il Governo prenda una posizione definitiva rispetto alla vicenda in esame, che ha interessato i cittadini della provincia di Teramo e di Pescara, in particolare, e l'intero Abruzzo, soprattutto in ordine al pericolo di veder realizzata un'opera che considero, come molti altri, inutile e dannosa, ossia il terzo tunnel del Gran Sasso. Si tratta, infatti, di una legge ancora vigente, anche se svuotata sul piano finanziario. Gradirei che il Governo, in questa occasione, oltre a riferire sulla quantità e sulla natura dei lavori effettuati e sulle eventuali opere ancora da realizzare, chiarisca in modo definitivo che il terzo tunnel del Gran Sasso non si farà e che la battaglia portata avanti dai cittadini teramani ed abruzzesi, dalle associazioni ambientaliste e dagli enti locali trovi una risposta definitiva nell'impegno a non rifinanziare l'opera prevista dalla citata legge n. 366, che per molti versi è inutile e dannosa.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il 16 agosto 2002, all'interno dei laboratori di fisica nucleare del Gran Sasso, nel corso dell'esperimento denominato «Borexino», riguardante la misurazione dei neutrini solari e durante la fase di test di un impianto di filtrazione e di purificazione della sostanza chimica pseudocumene, si è verificato un incidente che ha causato il versamento, nel pozzetto di drenaggio, di circa cinquanta litri della predetta sostanza.
Ciò ha determinato una situazione d'emergenza che ha richiesto un intervento straordinario di protezione civile, poiché è stata rilevata la presenza di una sostanza del tipo diisopropilnaftalene nelle acque destinate al consumo umano. Inoltre, l'area interessata è stata oggetto di studio in quanto sussisteva un collegamento idraulico ed idrogeologico tra tutte le sorgenti e gli sbarramenti.
Pertanto, oltre al sequestro preventivo dei laboratori del Gran Sasso da parte della competente autorità giudiziaria, è stato dichiarato lo stato di emergenza ai sensi della legge n. 225 del 1992, deliberato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 giugno 2003. Sempre nel 2003 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3303 e, successivamente, lo stato di emergenza è stato prorogato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 luglio 2004, sino al 31 dicembre 2005.
Alla scadenza dello stato di emergenza, sono state emanate le ordinanze di protezione civile n. 3525 e n. 3536 del 2006 ai sensi dell'articolo 5, comma 3, della legge n. 225 del 1992 (provvedimenti normativi non derogatori), con cui disciplinare le attività necessarie a garantire il definitivo rientro nell'ordinario.
Sempre sulla base di dette ordinanze, il commissario delegato ha effettuato gli interventi necessari per il superamento delle emergenze, anche attraverso studi e progettazioni eseguiti in ambito commissariale con la condivisione e la partecipazione degli enti territoriali, della regione Abruzzo, delle amministrazioni provinciali e comunali e, per gli aspetti specifici, dell'Istituto nazionale di fisica nucleare.
Quindi, si è ottenuto il dissequestro da parte dell'autorità giudiziaria e la ripresaPag. 25delle attività di ricerca scientifica nell'ottica della sicurezza sotto il profilo idrogeologico e dei relativi approvvigionamenti idrici, nonché salvaguardando la sicurezza del livello autostradale e, in maniera specifica, all'interno della galleria dell'Istituto nazionale di fisica nucleare.
Attualmente sono in corso le verifiche e i collaudi tecnico-amministrativi, il cui compimento è previsto entro la fine del 2007. Il completamento degli interventi inerenti il sistema antincendio, invece, è previsto per il mese di aprile 2008, mentre il relativo collaudo, ultimo atto dell'intervento, sarà espletato entro il mese di ottobre 2008.
Per quanto riguarda l'attività svolta dal commissario delegato, ingegner Balducci, si fa presente che quest'ultimo, oltre a provvedere all'individuazione e all'esecuzione di opere urgenti e indifferibili direttamente correlate al superamento dell'emergenza socio-ambientale, ha provveduto a far redigere studi interdisciplinari, da mettere a disposizione degli enti territoriali competenti, al fine di permettere interventi sul complesso sistema Gran Sasso - Monti della Laga, nell'ambito del definitivo rientro alla normalità.
In relazione ai tempi di esecuzione delle opere, i cronoprogrammi, cioè i tempi di attuazione delle attività effettuate dal commissario delegato, sono stati articolati in ragione delle diverse esigenze connaturate alla peculiarità del sito e i corrispondenti finanziamenti sono stati suddivisi nel tempo.
In particolare, i suddetti cronoprogrammi sono stati aggiornati di volta in volta, sulla base delle situazioni che si sono presentate in corso d'opera. Gli interventi sono stati eseguiti in ambiente ad elevata concentrazione di impianti e di attrezzature destinate alla ricerca scientifica, con scenari che non potevano essere preventivamente noti.
Tutti gli interventi sono terminati coerentemente con i pertinenti provvedimenti autorizzativi, ad eccezione di quelli relativi al sistema antincendio, come ricordato.
Tale eccezione deriva dal fatto che, a causa di un quadro normativo specifico rispetto alle peculiarità del Laboratorio nazionale Gran Sasso - Istituto nazionale di fisica nucleare, i suddetti interventi sono stati definiti con l'attivo contributo delle competenze dei vigili del fuoco, grazie al quale, allo stato, sono stati in buona parte già eseguiti.
Inizialmente sono stati stanziati 110 miliardi di lire e, ad essi, si sono aggiunte ulteriori risorse messe a disposizione da altri enti, in particolare dall'Istituto nazionale di fisica nucleare.
Tutto questo in rapporto alle specifiche esigenze che si sono palesate in corso d'opera.
Poiché la complessità del sistema Gran Sasso richiede, in ogni caso, interventi a più ampio raggio, questi dovranno essere programmati, ulteriormente finanziati e affrontati dagli enti interessati (quali la regione, la provincia, l'ANAS, ecc.), anche sulla base degli studi messi a disposizione dall'ufficio del commissario.
Gli interventi effettuati dal commissario delegato non sono riconducibili alla fattispecie della normativa nazionale in materia di sicurezza e di segretezza, bensì al quadro legislativo concernente il sistema nazionale di protezione civile e, in particolare, a quanto disposto dalla legge n. 225 del 1992, articolo 5, recante «Stato di emergenza e potere di ordinanza» e, pertanto, non sono soggetti agli adempimenti previsti dall'articolo 33 della legge n. 109 del 1994, menzionato dall'onorevole interpellante.
Inoltre il commissario, in rapporto a quanto previsto dall'articolo 5 della predetta ordinanza n. 3303 del 2003, ha provveduto a redigere periodici rapporti fornendo indicazioni sullo stato di attuazione dei programmi al Comitato tecnico scientifico, istituito ai sensi della medesima ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri.
A completamento degli interventi, comunque, sarà prodotta la relazione finale, che sarà senz'altro messa a disposizione di tutte le istituzioni.
Per quanto riguarda, infine, la realizzazione del terzo traforo del Gran Sasso, come sollecitava l'onorevole interpellantePag. 26- spero di essere chiaro su questo punto e all'altezza delle attese - previsto dalla legge n. 366 del 1990, si sottolinea come, non rientrando tale opera nel quadro emergenziale di competenza del commissario delegato, essa non possa essere inclusa tra le problematiche affrontate in sede commissariale. Infatti, ogni aspetto relativo agli interventi dell'intero complesso del sistema Gran Sasso-Monti della Laga attiene unicamente a programmi infrastrutturali di competenza regionale e nazionale e ad essi si farà riferimento.
PRESIDENTE. Il deputato Crisci ha facoltà di replicare.
NICOLA CRISCI. Signor Presidente, la ringrazio per la puntuale ricostruzione storica di una vicenda complessa e per molti versi allarmante, che ha preoccupato moltissimo i cittadini di Teramo, di Pescara e dell'Abruzzo in generale.
Ritengo che tale ricostruzione sia stata puntuale e che, con riferimento a questo aspetto, la risposta fornita non può che soddisfare le aspettative dell'interpellante. Ritengo, tuttavia, che alcuni problemi sollevati debbano trovare una ulteriore precisazione da parte del Governo.
È del tutto evidente, infatti, che il commissario ha operato sulla base di poteri speciali, in deroga alle regole ordinarie che prevedono, ad esempio, l'aggiudicazione dei lavori, ma mi sembra anche evidente che, in ogni caso, si renda necessaria una rendicontazione periodica, sia amministrativa, sia contabile.
È buona prassi, infatti, che si conoscano non soltanto la natura delle opere svolte, ma anche il loro costo, anche perché la stessa Corte dei conti, a cui ho fatto riferimento durante l'illustrazione dell'interpellanza, evidenzia o, quanto meno, osserva l'opportunità che al soggetto che conferisce al commissario l'incarico di intervenire venga rendicontata periodicamente la gestione dell'opera.
Gradirei che su tale problema vi fosse una maggiore informazione ed anche una maggiore partecipazione da parte degli enti locali. Ancora una volta si è detto che l'opera è stata programmata attraverso la partecipazione e la condivisione della regione Abruzzo, della provincia di Teramo, dell'ATO e degli enti locali.
Dalle mie indagini sulla quantità e sulla natura delle informazioni, mi risulta che vi sia soltanto una lettera inviata dal commissario delegato al direttore dell'Istituto nazionale di fisica nucleare e, per conoscenza, anche alla provincia di Teramo.
Concludendo, a me preme che tutti possano operare in regime di sicurezza: non solo i cittadini, che possono veder tutelata una risorsa importante come l'acqua; non soltanto il sistema del Gran Sasso che, inoltre, pretende e attende risposte positive rispetto al suo equilibrio naturale; non soltanto l'Istituto nazionale di fisica naturale, che rappresenta sicuramente una preziosa istituzione al servizio della scienza, in cui si svolgono sperimentazioni di livello mondiale e che ospita scienziati di sicura fama.
Credo, infatti, che al primo posto debba essere posta la sicurezza dell'intera area e dei cittadini. Si tratta di un territorio particolarmente importante, inserito nel Parco nazionale del Gran Sasso-Monti della Laga, compreso nel sistema delle aree verdi d'Abruzzo e che indica il percorso di sviluppo della nostra regione. Pertanto, gli interventi che si pongono in essere all'interno del massiccio del Gran Sasso, credo che debbano essere il più conosciuti e condivisi possibile. A tutt'oggi ciò non si è verificato. Spero che sul punto il Governo aumenti il tasso di informazione, di partecipazione e di conoscenza.
Con riferimento all'ultimo aspetto, proprio perché si tratta di un'area di particolare importanza anche sul piano dello sviluppo economico della nostra regione, credo che la risposta, per quanto mi riguarda, non possa essere soddisfacente. È, infatti, del tutto evidente che la costruzione del terzo tunnel non rientra tra le competenze specifiche del commissario delegato, il quale deve far fronte esclusivamente ad una situazione di emergenza.Pag. 27Ho chiesto al Governo se abbia intenzione o meno di rifinanziare la legge n. 366 del 1990, che ha previsto la realizzazione di quest'opera, pensata negli anni Ottanta e programmata negli anni Novanta. Tale legge - lo ripeto - è stata svuotata nella sua copertura finanziaria, essendo già stati utilizzati i 110 miliardi delle vecchie lire previsti, senza che neanche fossero sufficienti a realizzare l'intervento in emergenza.
Alla luce di tutto ciò, mi attendevo una risposta definitiva - che spero comunque ci sia in futuro - su un tema che raccoglie un particolare interesse e una particolare preoccupazione nei cittadini della provincia di Teramo, degli enti locali e delle associazioni ambientaliste. Sarebbe auspicabile che il Governo annunciasse che quest'opera non verrà eseguita. Non vorremmo, infatti, correre più il rischio che si ripetesse quanto accaduto nel 2001, quando un ministro, a distanza di dieci anni, ha ripreso la pratica, ha riaperto i fascicoli sostenendo che fosse un'opera utile, ha riattivato le procedure e, addirittura, con una buona dose di protervia, ha dichiarato che le proteste dei cittadini abruzzesi, in particolare della provincia di Teramo, erano inutili e che sarebbero rimaste inascoltate.
Proprio per queste esperienze e per la paura che qualcuno in futuro possa riprendere la procedura di costruzione del terzo tunnel, chiedo ancora al Governo di concludere la vicenda, annunciando che non verrà ulteriormente manomessa la montagna del Gran Sasso, che già ospita laboratori importantissimi per la ricerca e che è già stata ferita con la costruzione di un'importante arteria quale l'autostrada.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Scotto n. 2-00503)
PRESIDENTE. Avverto che, a seguito di accordi intercorsi tra il presentatore ed il Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Scotto ed altri n. 2-00503 è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative per un'ispezione ministeriale presso la procura della Repubblica di Reggio Emilia in relazione alla vicenda del crack della cooperativa ACLI Domus - n. 2-00527)
PRESIDENTE. Il deputato Alessandri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00527 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3).
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, si tratta di una questione che a Reggio Emilia riempie le pagine dei giornali, con una certa apprensione, da parecchi anni. Ormai, sono dodici anni che questa vicenda si trascina attraverso le aule dei tribunali e ancora oggi non è possibile darvi una risposta. Ho presentato questa interpellanza, con il collega Barbieri, con l'intento di consentire che vengano date risposte chiare ai circa sessanta cittadini truffati. Lo spunto ci è stato fornito dall'esposto presentato dalla consigliera Tinelli, anche lei reggiana come noi, al Consiglio superiore della magistratura, con cui si chiede l'intervento da parte del Consiglio stesso presso il Ministero della giustizia per un'ispezione che chiarifichi la situazione.
Ventiquattro parti offese, in data 20 aprile 2007, avevano presentato un'istanza di avocazione delle indagini da Reggio Emilia a Bologna, dopo che il loro iter processuale, per dodici anni, era stato piuttosto emblematico e anche poco chiaro e trasparente. Le medesime parti offese, il 23 aprile 2007, hanno segnalato inspiegabili ed ingiustificate inadempienze da parte della procura di Reggio Emilia nel procedimento penale che li vedeva coinvolti al Presidente della Repubblica, al ministro interpellato e al Consiglio superiore della magistratura, sollecitando un intervento diretto ed immediato di tali figure istituzionali. La segnalazione contiene anche la richiesta di un'ispezione ministeriale presso la procura di Reggio Emilia.
È tristemente nota la vicenda riguardante il crack, quantificato in tre milioni di euro, della cooperativa edilizia ACLIPag. 28Domus di Reggio Emilia, in liquidazione coatta amministrativa dal 12 ottobre del 2000, dichiarata in stato di insolvenza dal 21 marzo 2001. Le famiglie truffate, come dicevo, sono circa sessanta. Le vittime di questo crack si dividono, di fatto, in tre categorie, più una. Ci sono coloro che hanno versato anticipi per prenotare l'acquisto di una casa, oppure di un appartamento in corso di costruzione, e che, poi, non hanno mai visto nulla. Ci sono coloro che hanno versato somme per acquistare una casa o un appartamento in corso di costruzione, ma non è stato loro consegnato nulla. Ci sono altri (undici), che hanno interamente pagato un appartamento finito (privo di abitabilità), ma che - oltre il danno, anche la beffa - hanno anche dovuto versare ulteriori somme per cancellare l'ipoteca che nel frattempo ACLI Domus aveva contratto con le banche per avere i finanziamenti. Ci sono poi gli altri truffati, coloro che hanno venduto terreni o immobili alla ACLI Domus e anch'essi non hanno percepito nulla.
Di fatto, l'affossamento della cooperativa edilizia ACLI Domus è conseguenza diretta dell'avvenuta distrazione dall'operazione mobiliare di questi soldi, attraverso altre cooperative affiliate alla stessa ACLI Domus, come la cooperativa La Dimora, la cooperativa Prosecco, il circolo Arché e forse anche altre (se le indagini fossero state compiute tempestivamente, avremmo potuto conoscerne il nome), principalmente a favore del consorzio provinciale ACLI.
La prima denuncia per truffa (presentata nel 1995 dai signori Cladone e Zarilli) fu subito archiviata con la motivazione che si trattava semplicemente di un illecito civile, quando ancora doveva essere notificato l'avviso di garanzia. Nel 2001, allorché il commissario liquidatore nominato nel 2000 dal Ministero del lavoro presentò, presso la procura, la sua prima relazione, fu iscritta la notizia di reato n. 13321/01 ed il fascicolo fu assegnato al sostituto procuratore dottor Padula. Di fatto, il magistrato cui è stato assegnato il fascicolo ha compiuto pochissimi atti di indagine. Il sospetto, che in questi anni ha tenuto banco anche nell'opinione pubblica, è che si sia voluta tenere la pratica ferma e che ci siano state anche valutazioni politiche. Questo è uno dei motivi per cui chiediamo l'intervento del ministero.
A noi appare piuttosto grave che il magistrato procedente omise di delegare alla Guardia di finanza accertamenti patrimoniali (una delle azioni principali che avrebbero dovuto essere condotte subito) a carico degli indagati e dei soggetti beneficiari delle somme distratte (farlo oggi, dopo dodici anni, risulta complesso).
Furono omessi anche accertamenti diretti a fotografare i rapporti intercorrenti tra il consorzio ACLI e le cooperative ad esso affiliate. Il dottor Padula non provvide mai alla chiusura delle indagini e soltanto alla fine del 2005 (dopo numerosi solleciti e richieste da parte dell'avvocato Gherpelli, nel frattempo nominato difensore di parte) il fascicolo fu assegnato ad un altro magistrato - vi fu una sorta di muro di gomma - il sostituto procuratore dottoressa Salvi.
A questo punto, successe ciò che è logico che succeda in questi casi: i reati di truffa aggravata andarono in prescrizione. Capite bene quale danno viene arrecato ai cittadini, che possono appellarsi solamente al danno morale. Sembra che tutto ciò sia stato perseguito volontariamente. Mettetevi nei panni dei cittadini truffati per comprendere quanto ci sia poco da credere nella giustizia nel nostro Paese.
La dottoressa Salvi, succeduta al dottor Padula, nel febbraio del 2006, depositò l'avviso di conclusione delle indagini, finalmente, ex articolo 415-bis del codice di procedura penale, formulando capi d'imputazione per bancarotta fraudolenta aggravata a carico degli ex amministratori (sono sette) e degli ex liquidatori di questa cooperativa. Seguivano richiesta di rinvio a giudizio e avviso di fissazione d'udienza preliminare. A questo punto, inizia un'altra telenovela, con udienze che rimandano all'udienza successiva, che poi vengono rinnovate e si arriva fino al 2007, per farla breve. Sottolineo anche che i quotidiani locali hanno sempre mantenuto molta attenzione sulla vicenda, che l'intera città, inPag. 29quei giorni, si disse pronta ad essere vicina ai truffati, dalla parte della giustizia e della verità, e anche il procuratore capo, dottor Materia, quest'anno si è detto pronto a prendere in mano il fascicolo personalmente per cercare di capire che cosa è successo. A distanza, però, di altri due mesi, nonostante l'intermedio sollecito, fatto dall'avvocato Gherpelli, in data 30 marzo 2007, nulla era ancora successo.
L'ufficio della procura di Reggio Emilia ha dimostrato, secondo gli interpellanti, grave disinteresse per il caso: alle tre udienze tenutesi davanti al giudice dell'udienza preliminare, l'ufficio è stato rappresentato da tre diversi sostituti (ed ogni volta, è chiaro, era impossibile che i sostituti potessero essere aggiornati sulla vicenda non avendola seguita: sembra anche questo un gioco dell'oca) suscitando il disappunto, la rabbia e la presa di posizione di numerose parti offese. L'intervenuta prescrizione dei reati di truffa aggravata ex articolo 640 e 61, n. 7 del codice penale, ha cagionato un gravissimo danno patrimoniale ai truffati che, a questo punto, possono soltanto vedersi risarcito il danno morale, e credo che ciò sia uno degli aspetti principali della vicenda.
A distanza di dodici anni non si è fatto nulla: il fascicolo è rimasto sul tavolo dell'ufficio in attesa di assegnazione alla dottoressa Salvi dal 16 dicembre 2004 al 28 dicembre 2005 - per un anno intero, inspiegabilmente - e negli ultimi due mesi si è ripetuta ancora questa situazione. Su sollecitazione mia e del collega Emerenzio Barberi finalmente si è mosso qualcosa e la stessa Tinelli è intervenuta successivamente. Credo che il nostro intervento sia stato utile, perché ha suscitato negli organi competenti un interesse che, fino a quel momento, non esisteva e, ad avviso degli interpellanti, tutto ciò che forma oggetto del presente atto è abbastanza preoccupante. Agli uffici, e credo anche al sottosegretario, sono arrivati tutti gli atti relativi, in quanto abbiamo prodotto un fascicolo che era giusto fornire perché la vicenda è piuttosto complessa.
Chiediamo se il ministro non intenda, ed anche abbastanza rapidamente, disporre un'ispezione ministeriale presso la procura della repubblica di Reggio Emilia, alla luce di quanto rappresentato, ai fini dell'eventuale promozione dell'azione disciplinare, ma anche, e soprattutto, per cercare di fare finalmente chiarezza su una questione che rischia di allontanare davvero sempre di più - ammesso che già non siano lontane - la popolazione e la voglia di giustizia dal modo in cui la giustizia è, invece, rappresentata oggi nel Paese.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Daniela Melchiorre, ha facoltà di rispondere.
DANIELA MELCHIORRE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza, posso comunicare che sui fatti menzionati dagli onorevoli interpellanti proprio di recente, nelle settimane scorse, è pervenuto al Ministero della giustizia un esposto delle parti offese nel procedimento penale in corso presso la procura della repubblica di Reggio Emilia. A seguito di tale esposto, considerata la rilevanza dei fatti, la direzione generale magistrati del Ministero della giustizia è stata incaricata di svolgere accertamenti preliminari diretti ad acquisire, per il tramite della procura generale di Bologna, tutte le notizie necessarie al fine di verificare la fondatezza delle doglianze avanzate. Tali accertamenti sono tuttora in corso di svolgimento; una volta completati, il ministro, esaminati gli atti, potrà eventualmente disporre ulteriori approfondimenti sulla vicenda processuale, anche per il tramite dell'ispettorato generale, a mezzo di inchiesta e, comunque, valuterà la ricorrenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di sua spettanza.
PRESIDENTE. Il deputato Barbieri ha facoltà di replicare per l'interpellanza Alessandri n. 2-00527, di cui è cofirmatario.
EMERENZIO BARBIERI. Signor Presidente, esordisco dicendo che non sono per niente soddisfatto, anzi, devo dire che laPag. 30ricomparsa in Parlamento della sottosegretaria Melchiorre, che non vedevamo, per la verità, da parecchi mesi - non so se per colpa del Ministro Mastella o per altre questioni - mi aveva indotto a pensare che il Governo desse una risposta un po' più seria alla nostra interpellanza.
Credo che qualunque dattilografa del Ministero della giustizia, se avesse avuto accesso in aula, avrebbe potuto dare la risposta fornita dalla sottosegretaria, perché tale risposta non entra nel merito della questione. È inutile dire, come ha fatto lei, sottosegretaria, che il Ministero sta valutando. Cosa sta valutando? La bontà di ciò che abbiamo scritto? La loro veridicità? Se nessuno, fino ad ora, ci ha querelato, vuol dire che le cose che abbiamo scritto corrispondono al vero!
È un po' strana, poi, la concezione per la quale il Governo non si fida delle affermazioni dei parlamentari che, nella fattispecie, sono eletti dal popolo - contrariamente a tanti sottosegretari, che non si sono mai misurati con il voto popolare -, ma deve verificare se i parlamentari raccontino bugie o dicano la verità!
Aspetto, signor Presidente, perché trovo un po' originale che la sottosegretaria si metta a chiacchierare... C'è un dovere di attenzione, da parte del Governo, nei confronti dei parlamentari, come ha ripetutamente affermato il Presidente Bertinotti.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Stavamo commentando.
EMERENZIO BARBIERI. Mi sarei aspettato che si venisse a dire che, alla luce di ciò che è stato scritto, è intenzione del Ministero della giustizia promuovere l'azione disciplinare, oppure non promuovere alcuna azione, qualora ritenesse che i magistrati, a Reggio Emilia, abbiano operato bene. Mi aspettavo una di queste due risposte! Ma com'è possibile che non ci si renda conto che, dopo dodici anni, c'è un problema di credibilità della giustizia, da parte della gente?
In quest'aula, nel quinquennio precedente - lo ricorderanno i colleghi che erano presenti - si levarono attacchi politici, assolutamente legittimi, all'allora Ministro della giustizia, il senatore Castelli, per una serie di ritardi nella sua azione di Governo. Basterebbe solo sfogliare gli atti parlamentari, per trovare abbondante materiale al riguardo. Da questo punto di vista, se fossero state vere le accuse dell'allora opposizione, oggi maggioranza, non sarebbe cambiato assolutamente nulla. Non rispondere al quesito al quale, dopo dodici anni, si è ancora in attesa di avere una forma di risposta, credo sia, sottosegretaria, un'omissione di atti d'ufficio.
Per di più, come lei avrà colto dall'illustrazione del collega Alessandri, si tratta di una cooperativa che fa riferimento alle Associazioni cristiane lavoratori italiani (ACLI), e che riguardo al fallimento delle ricordate sessanta famiglie, per la verità, di cristiano ha avuto molto poco! Ha avuto molto di protestante, più che di cristiano...
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Anche i protestanti sono cristiani!
EMERENZIO BARBIERI. Come dimostra l'interpellanza, ci si è peritati, sottosegretario Alfonso Gianni, di riuscire a mettere nelle tasche degli amministratori qualche fondo che era stato distratto.
Qual è la risposta che dovremmo fornire, a questo punto, a coloro che ci hanno sollecitato? Dovremmo dire, in termini molto chiari, che le ACLI non si sono fatte carico, in nessun modo, della questione; è notoria, a Reggio Emilia, la vicinanza tra le stesse ACLI e l'ex partito de La Margherita (proprio l'ex partito, per i noti motivi e i noti congressi): sarebbe stata necessaria, quindi, anche dal punto di vista dell'assunzione della responsabilità politica, una precisa assunzione di responsabilità da parte delle ACLI medesime.
Invece, di tutto ciò, il Governo, presieduto dal Presidente reggiano Romano Prodi - ribadisco «reggiano», il che vuol dire che anche al Presidente del Consiglio non importa niente della vicenda - ci viene a dire che si sta valutando, si staPag. 31tentando di capire come vadano le cose, dopo di che ci saranno le opportune determinazioni.
Devo dire sottosegretario che giudico la risposta assolutamente insufficiente e ritengo che la giudicheranno allo stesso modo tutti coloro che hanno a cuore le sorti dei truffati che oggi si trovano ancora a chiedere giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania).
(Misure a favore dei lavoratori degli stabilimenti siti a Limatola (Benevento) delle società Elettrocablaggi e Elettrosistemi - n. 2-00532)
PRESIDENTE. La deputata Mazzoni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00532 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, vorrei brevemente illustrare la mia interpellanza perché sottopone al Governo una questione abbastanza complessa e vorrei ringraziare prima di tutto il sottosegretario di Stato per la giustizia che risponde per il Ministero del lavoro alla mia interpellanza. Certo l'assenza del Ministero del lavoro mi rammarica non poco, perché la questione posta è delicata e complessa e sicuramente avrebbe meritato un'attenzione diversa e soprattutto una collaborazione sin da questo primo momento di confronto.
La vicenda si radica, come ha detto lei Presidente, in provincia di Benevento, nel comune di Limatola, ma la questione coinvolge anche interessi economici di altre zone limitrofe in Campania, di tutta la valle caudina, della provincia di Caserta, della provincia di Benevento. La società Cablelettra, un gruppo societario che si occupa prevalentemente di componentistica automobilistica per il gruppo Fiat e che sviluppa il proprio impegno anche in altri settori significativi come il settore del turismo (è proprietaria della Valtur e di altre società significative) ha radicato anni fa alcuni stabilimenti nella realtà della provincia di Benevento, per ragioni comprensibili di investimento in un'area del territorio nazionale dove molti incentivi venivano concessi alle società che insediavano i propri stabilimenti. Ha incominciato con i primi stabilimenti ed oggi è arrivata addirittura a contare ben quattro società che sono, come lei ha detto: La Elettrocablaggi, L'Elettrokit, L'Elettrosistemi e la Fem Smc.
Nel corso degli ultimi anni si sono però avviate all'interno di queste società, in una maniera che non è del tutto chiara, procedure di ristrutturazione e di esubero e cioè di liquidazione anche di alcune di queste società, riducendo considerevolmente il personale occupato e mandando in cassa integrazione un numero considerevole di lavoratori. In particolare la mia attenzione si è incentrata sul fatto che, dall'inizio alla fine del 2005, la prima società che ha cominciato a praticare queste procedure, la Elettrocablaggi srl, ha messo in cassa integrazione, avviando una procedura di ristrutturazione, ventotto prestatori di lavoro su sessantuno unità lavorative. Successivamente la Elettrosistemi, all'inizio del 2006, ha avviato una procedura di esubero per diciassette unità su trentatrè unità complessive e, con procedure di cui non si ha contezza, il gruppo complessivamente ha collocato fuori dal mercato del lavoro ben ottanta unità sulle complessive centosettanta impegnate dal gruppo Cablelettra. A questo situazione di difficoltà che riguarda non solo le famiglie dei lavoratori interessati direttamente, ma che riguarda anche tutto l'indotto economico che intuibilmente era collegato all'insediamento produttivo di queste società si collega anche un'altra vicenda che interessa in maniera particolare il Ministero del lavoro. I lavoratori in cassa integrazione non percepiscono il relativo trattamento; in particolare, i primi ventotto citati non percepiscono il trattamento di cassa integrazione dal luglio del 2006, i successivi dal gennaio scorso. Si tratta di una situazione di comprensibile difficoltà perché vuol dire mandare al massacro intere unità familiari che da un giornoPag. 32all'altro si ritrovano senza quel reddito con il quale sostengono la quotidiana vita della propria famiglia.
Le richieste di chiarimento, avanzate dai lavoratori, da alcuni rappresentanti sindacali e dalla sottoscritta, in merito a tali complesse situazioni, non hanno ottenuto risposte soddisfacenti, ed ho quindi ritenuto doveroso interpellare con urgenza il Ministro competente, perché la situazione è realmente drammatica. Attendo dunque la risposta del Governo per poi eventualmente replicare.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Daniela Melchiorre, ha facoltà di rispondere.
DANIELA MELCHIORRE, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, nell'interpellanza urgente cui intendo rispondere, si chiedono chiarimenti circa la mancata erogazione (relativa al secondo semestre, periodo dal 9 luglio 2006 al 6 gennaio 2007) dell'integrazione salariale straordinaria ai dipendenti del gruppo Cablelettra, in particolare delle aziende Elettrocablaggi ed Elettrosistemi, ubicate nel comune di Limatola.
Sulla base di notizie acquisite presso l'assessorato al lavoro della regione Campania, è emerso che il detto gruppo, al fine di mantenere la competitività sul mercato, ha realizzato stabilimenti di produzione all'estero, da ultimo in Tunisia e in Polonia, ed è classificato come fornitore partner della FIAT-Auto, poiché realizza cablaggi per autovetture del gruppo automobilistico torinese e per marchi Lancia, Alfa Romeo, ed Iveco.
In riferimento all'evoluzione del mercato, il gruppo ha verificato la necessità di mantenere sul territorio nazionale una struttura organizzativa, rivolta soprattutto ai servizi «logistica» ed «assistenza al cliente», riducendone nel contempo l'impegno produttivo.
Le citate società singolarmente hanno fatto ricorso alla Cassa integrazione guadagni straordinaria per organizzazione aziendale dal 9 gennaio 2006. Con decreti direttoriali datati 31 luglio 2006 è stata autorizzata la corresponsione del trattamento in questione per il periodo dal 9 gennaio 2006 all'8 luglio 2006.
Ciò premesso, vorrei far presente che, in merito alla mancata formalizzazione del decreto di concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria per il secondo semestre 2006, i ritardi non sono certamente dovuti a mancanze dell'amministrazione, ma alla necessità da parte dell'ufficio preposto all'erogazione del beneficio in parola di acquisire ulteriori elementi.
Detto ufficio, interpellato in merito, ha comunicato che il programma di riorganizzazione aziendale presentato prevedeva la fusione in un'unica unità produttiva delle cinque società del gruppo Cablelettra al fine di ridurre i costi di produzione ed il personale in forza e la trasformazione dell'attività lavorativa in una struttura logistica e di assistenza al cliente.
A tale scopo, sono state indirizzati i maggiori investimenti verso la formazione del personale. Il rimanente degli investimenti è stato indirizzato agli impianti e alle attrezzature, nonché all'informatizzazione delle attività di logistica e di magazzino.
Con nota n. 14/2903 del 13 marzo 2007, la Direzione generale degli ammortizzatori sociali del Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha richiesto al Servizio ispezione del lavoro di Benevento un ulteriore accertamento ispettivo al fine di verificare se le società interessate alla cassa integrazione guadagni straordinaria avessero effettuato investimenti per impianti, attrezzature ed altro, previsti dal detto programma. Dalla nota ispettiva del 4 dicembre 2006 era emerso che le società in questione avevano effettuato esclusivamente gli investimenti rivolti ai corsi di formazione e riqualificazione, i quali, come previsto dalla normativa, non possono da soli giustificare un programma di riorganizzazione con le relative sospensioni.
Il locale Servizio ispettivo, in data 3 aprile 2007, ha comunicato che le societàPag. 33hanno effettuato spese a consuntivo per un ammontare di euro 72.329,32 per la formazione del personale.
Con precedente nota del 20 marzo 2007, lo stesso ufficio aveva comunicato che le spese inerenti agli impianti, ai macchinari ed altro, ammontavano a circa 19.113 euro, come da fatture esibite e attribuite pro quota in parti uguali per ogni società del gruppo Cablelettra. Successivamente, con nota del 7 maggio 2007, veniva ribadito quanto comunicato con la nota del 20 marzo 2007.
Gli uffici del Ministero del lavoro e della previdenza sociale hanno inoltre fatto presente che, avendo ricevuto i suddetti elementi, allo stato attuale, il procedimento è in via di definizione e, non appena completato il quadro istruttorio, potrà essere emanato il decreto di concessione del beneficio della cassa integrazione guadagni straordinaria. L'INPS ha assicurato che, non appena avrà acquisito il decreto in parola, provvederà all'erogazione della prestazione economica.
Faccio presente infine che, con atto notarile del 20 dicembre 2006, le predette cinque società sono state fuse nella Cablelettra Sud Srl con sede in Limatola, con il passaggio dei lavoratori senza soluzione di continuità, e che pertanto tutte seguono il medesimo iter procedurale.
PRESIDENTE. La deputata Mazzoni ha facoltà di replicare.
ERMINIA MAZZONI. Signor Presidente, il sottosegretario con la sua risposta mi ha praticamente confermato la nebulosità nello sviluppo delle procedure che hanno interessato il gruppo Cablelettra. Mi conferma, in particolare, che ci sono circa ottanta famiglie che sono senza reddito incolpevolmente da oltre sette mesi e che questa operazione in danno dei lavoratori e di un territorio già disagiato viene portata avanti senza nessun tipo di ostacolo, dato che la burocrazia non funziona. Infatti, tutta la ricostruzione sull'iter in corso di lettere, di scambi di sollecitazioni, di comunicazioni da parte degli uffici dell'INPS, degli uffici regionali, dell'INAIL, testimonia che la burocrazia, che l'apparato non funziona.
Ma l'aspetto del quale più mi dolgo in questa occasione - ma ripeto, come ho detto prima, non è al sottosegretario Melchiorre che rivolgo le mie doglianze, ma al Ministero - è che la nota che ha letto il sottosegretario, trasmessa chiaramente - comprendo - dal Ministero del lavoro, sembra una nota difensiva del Ministero stesso e non quella nota di partecipazione, di collaborazione, che mi sarei attesa.
L'interpellanza presentata da un deputato - non so se adesso gli usi hanno deviato questo strumento - è, forse, lo strumento che serve ad attivare un percorso di proficua collaborazione tra potere esecutivo e potere legislativo. È il momento nel quale chi, tra noi, rappresentanti della comunità, evidenzia un problema lo sottopone a chi ha gli strumenti per risolverlo cercando, quindi, nell'Esecutivo una risposta che possa eventualmente allontanare le preoccupazioni e possa sollevare dall'ansia quelle persone che si rivolgono ai loro rappresentanti al fine di sollecitare la soluzione di determinate problematiche.
In questo caso, non ho avuto né l'una né l'altra risposta. Lo scrupolo del Ministero è stato solo quello di descrivere dettagliatamente perché l'azienda delocalizza. La delocalizzazione è un fenomeno - lo ricordo - di cui questo Governo - così aveva dichiarato - si sarebbe fatto carico. La delocalizzazione delle aziende italiane in territori dove si produce a minor costo è, infatti, un problema che riguarda il nostro sistema-Paese, ed era una delle questioni, lo ripeto, che l'attuale Esecutivo si proponeva di affrontare.
Il Mezzogiorno, che soffre più di altre zone del Paese, doveva essere un altro obiettivo principale, prioritario del Governo. Ricordo la passerella alla Reggia di Caserta dove hanno sfilato tutti i Ministri e i sottosegretari i quali hanno dichiarato cosa avrebbero fatto per il Paese, a partire dal sud, dal Mezzogiorno. Inoltre, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale aveva dichiarato, almeno a parole, di nutrire un interesse fondamentale e forte neiPag. 34confronti dei temi riguardanti la tutela delle garanzie dei lavoratori, vale a dire la stabilità e la conservazione del posto di lavoro, anche con riferimento alla gestione di talune crisi aziendali. Ciò al fine, lo ripeto, di tutelare i livelli occupazionali e non per consentire facili buonuscite a chi aveva male amministrato e mal gestito.
In questo caso, invece, abbiamo la fotografia esatta di tutto il «marcio» da eliminare e, per tale fotografia, il Governo non fa altro che acquistare una cornice, offrirla in mano a me (in questo caso, in veste di interpellante), per poterla consegnare con lode ai cittadini, i quali, da più mesi, non sanno cosa dire alle proprie famiglie, né sanno come sfamarle.
Signor Presidente, sono profondamente insoddisfatta e so che è irrituale, ma mi permetto di sottoporre a lei - sapendo quanto abbia lavorato su tali temi - la questione che oggi ho posto all'attenzione di questa Assemblea. Non si tratta di una questione che riguarda Limatola, riguarda il lavoro!
(Iniziative per l'istituzione di una zona franca urbana nel centro storico di Napoli - n. 2-00533)
PRESIDENTE. Il deputato Ossorio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00533 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, desidero illustrare la mia interpellanza urgente in modo molto essenziale e chiaro.
Il mio atto di sindacato ispettivo, che credo sia stato vagliato dal rappresentante del Governo, è molto chiaro. Con esso non si vuole soltanto affrontare un problema relativo ad uno strumento che, oggi, sembra andare di moda - quello della zona franca - ma si intende anche richiamare l'attenzione sulla questione relativa al centro storico di Napoli. Sottopongo tale questione al Governo perché reputo che essa sia molto sentita nel capoluogo campano e non da pochi mesi! A Napoli, infatti, non stiamo affrontando il problema del centro storico da alcuni mesi, ma lo affrontiamo da anni!
Se è vero che la legge finanziaria ha rappresentato un momento importante perché ha consentito di svolgere su tale problematica alcune riflessioni, è altrettanto vero che questa Assemblea, in ben altri tempi e occasioni, ha già avuto modo di ascoltare uomini di grande impegno etico e politico - come Francesco Compagna - affrontare il problema del centro storico di Napoli. Non si tratta soltanto di un problema di degrado urbano e di miseria, ma esso riguarda anche la cultura mondiale. In tale senso, mi sono permesso di presentare questa interpellanza urgente al Governo.
Nella legge finanziaria per il 2007, il comma 340 dell'articolo 1 ha stabilito, infatti, che: «per favorire lo sviluppo economico e sociale, anche tramite interventi di recupero urbano, di aree e quartieri degradati nelle città del Mezzogiorno, identificati quali zone franche urbane, con particolare riguardo al centro storico di Napoli, è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito fondo», e così di seguito.
Ricordo, inoltre, che nel 1995 l'Unesco ha dichiarato il centro storico di Napoli patrimonio dell'umanità. Parliamo di ben 720 ettari, dove le civiltà si sono susseguite e dove esiste un'intensa attività di micro-unità lavorative. Nel febbraio dello scorso anno, il consiglio comunale del capoluogo campano approvò all'unanimità un ordine del giorno, nel quale si ribadiva l'importanza del centro storico e si sollecitava il Governo ad affrontare, nel miglior modo possibile, l'argomento. Vi è poi stata la legge finanziaria, parliamo, quindi, della fine dello scorso anno.
Nel marzo di quest'anno, le quattro municipalità del centro storico, che rappresentano ben 400 mila abitanti - quasi la metà della popolazione napoletana, pari circa ad un milione di abitanti - hanno individuato il perimetro della zona franca, come indicato dall'Unesco e, successivamente, hanno chiesto alla regione Campania di inserire il centro storico nel programmaPag. 35regionale di sviluppo. L'11 aprile scorso, la giunta comunale ha indicato l'area orientale della città come zona franca urbana. Signor Presidente, come lei ricorderà senz'altro, tale zona concerne l'area della vecchia industrializzazione di Nitti, oramai totalmente sguarnita, a causa della massiccia deindustrializzazione che ha colpito tutto il Mezzogiorno, ed è totalmente in disuso.
Ritengo che, mettere in concorrenza tra loro l'area orientale - dove sarebbe necessario un piano di sviluppo industriale e dove sarebbero necessari ben altri interventi per ripristinare quell'antica forza operaia e industriale - con il centro storico di Napoli, sia una cosa a dir poco «puerile». Lo strumento della zona franca urbana - già attuato in Francia dove è stato in grado di migliorare il degrado esistente in piccole zone urbane - potrebbe rappresentare un'opportunità per il centro storico di Napoli.
Riteniamo, quindi, che questo strumento sia opportuno e necessario per il centro storico di Napoli.
Con questa interpellanza urgente chiediamo al Governo, proprio in considerazione di questa dicotomia tra la legge finanziaria e l'indicazione del comune di Napoli, quali interventi intenda mettere in campo per dotare la città di una zona franca urbana nel centro storico, come espressamente previsto dall'articolo 1, comma 340, nella legge finanziaria per il 2007.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Alfonso Gianni, ha facoltà di rispondere.
ALFONSO GIANNI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, mi permetta, anche se ciò è irrituale, di precisare, unicamente perché rimanga agli atti, che poc'anzi ho interrotto il deputato Emerenzio Barbieri, non in quanto mi sono permesso di occuparmi di materie che non sono di mia pertinenza, bensì in quanto ho considerato del tutto impropria la contrapposizione, fatta dal collega, tra cristiani e protestanti, poiché questi ultimi non sono nient'altro che una categoria dei primi.
Detto questo, onorevole Ossorio, vorrei premettere che l'identificazione e la perimetrazione delle zone franche urbane avverrà attraverso scelte strategiche e processi decisionali realizzati dalle regioni e dai comuni interessati, naturalmente in conformità ai principi di sussidiarietà e decentramento consolidati nella programmazione di risorse aggiuntive, comunitarie e nazionali per lo sviluppo e riaffermati nel quadro strategico nazionale per il periodo 2007-2013.
I criteri generali e gli indicatori per l'identificazione e la perimetrazione delle aree che, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, saranno oggetto di una delibera del CIPE, la quale precederà l'individuazione territoriale delle singole zone franche urbane, sono attualmente in via di definizione.
Le prime ipotesi, relative all'individuazione di tali criteri ed indicatori, sono già state oggetto di discussione - in buona parte con esito positivo - in tavoli tecnici di dialogo interistituzionale tra il Governo, le regioni e l'ANCI, con la partecipazione delle parti economiche e sociali.
Con riferimento alla possibile individuazione del centro storico di Napoli, secondo il perimetro riconosciuto dall'UNESCO - cioè relativo ad un'area da 720 ettari di estensione, con una popolazione di 400 mila abitanti - devo ribadire che quanto ho fin qui esposto evidenzia che tale deliberazione potrà spettare solamente alla regione Campania e al comune di Napoli, naturalmente però nel rispetto dei criteri e dei parametri comuni a tutte le regioni e città del Mezzogiorno, criteri e parametri che sono attualmente in elaborazione.
A tale proposito, è opportuno segnalare che, nell'esperienza francese - richiamata nel testo dell'interpellanza - la dimensione media delle cento zone franche urbane è di circa 18.000 abitanti e le più grandi superano appena i 30.000 abitanti. Tale dimensione è stata ritenuta congrua dalla Comunità europea, che nelle proprie decisioni - da ultimo la n. 2329 del 2006Pag. 36- valutando positivamente la limitata copertura geografica e demografica, ha posto tale limite a fondamento del proprio parere favorevole alla richiesta francese.
Conclusivamente, si evidenzia invece che, utilizzando i parametri demografici e finanziari delle zone franche urbane francesi (dimensione media delle zone franche urbane, popolazione totale coperta nel Paese, costo complessivo delle agevolazioni) è possibile stimare che il costo complessivo del regime agevolato, per una zona franca che fosse - come il centro di Napoli - di 400 mila abitanti, supererebbe i 140 milioni di euro annuali. Una cifra, onorevole Ossorio, molto superiore a quanto stanziato dalla legge finanziaria per il 2007 per la sperimentazione delle zone franche urbane nell'intero territorio del Mezzogiorno.
PRESIDENTE. Il deputato Ossorio ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, intanto ringrazio il sottosegretario, perché dalla sua risposta emerge che nel Governo vi è una riflessione sull'argomento.
Devo dire che, ancorché deputato della maggioranza, non sono soddisfatto, perché lei ha eluso il problema. Signor Presidente, mi rivolgo alla Presidenza ovviamente, ma ho dovuto rivolgermi direttamente anche al sottosegretario, perché il suo mi sembra un modo molto strano di ragionare.
Nella legge finanziaria è scritto «centro storico di Napoli», non: interveniamo con la zona franca per 400 mila abitanti con un territorio di determinate dimensioni e via dicendo». Si indica il centro storico di Napoli. Ovviamente, se il Governo volesse disattendere una legge dello Stato - questo è il problema - innanzitutto farebbe una cosa molto grave; ma in questo caso elude il problema. Qui non si dice: vogliamo la zona franca per tutto il centro storico di Napoli. No, signor sottosegretario. Nel centro storico si può individuare anche un'insula, una zona limitata o molto limitata; ma nella legge finanziaria per il 2007 si individua un'area. Se vi fosse la volontà del Governo di affrontare, in modo probabilmente anche «latente», diciamo così, il problema della città di Napoli (ma noto che non vi è questa volontà), allora non si dovrebbe dichiarare che si tratta di un'area di 400 mila abitanti ed è troppo estesa.
Sappiamo bene, per nostra cultura, che quello di Napoli è, forse, il centro storico più grande d'Europa. Lo sappiamo, non c'era bisogno che lo dichiarasse il Governo. Ma il problema è un altro. Nella legge finanziaria per il 2007 abbiamo individuato un'area: si può individuare, nell'ambito di tale area, un'insula o, invece, si vuole cancellare l'indicazione che, di massima, si trova nella legge finanziaria? Questo è il problema!
Il motivo per cui sono insoddisfatto è la disattenzione nei confronti della città di Napoli, e ciò mi suscita disappunto perché sono un deputato della maggioranza, ho sostenuto nella campagna elettorale questa maggioranza e questo Governo che ho votato. Ritengo, tuttavia, che la risposta sia elusiva.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Buontempo n. 2-00508)
PRESIDENTE. Avverto che, a seguito di accordi intercorsi tra il Governo ed il presentatore, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Buontempo n. 2-00508 è rinviato ad altra seduta.
(Rapporti intercorsi tra la Siemens AG e le società IRI, Stet e Italtel - n. 2-00515)
PRESIDENTE. La deputata Biancofiore ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00515 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, sottosegretario Levi - verrebbe da dire: ancora lei!- non posso esimermi dall'elogiarla per lo spirito di sacrificio che la unisce al suo leader che, invece di affrontare le avversità personali di petto,Pag. 37dice ai suoi sottoposti, con tutto il rispetto: armiamoci e partite. Dunque, non può certo chiamarsi leader.
Mi chiedo, però, se lei, sottosegretario, sia consapevole (spero di sì, visto la sorte toccata al suo collega Rovati) di aver già reso false dichiarazioni al Parlamento nel corso dello svolgimento della prima interpellanza e che non è opportuno indugi nello stesso atteggiamento. La ascolteremo, pertanto, con molta attenzione. Confidiamo, inoltre, che questa volta sia stato preparato minuziosamente, visto anche l'ulteriore tempo che si è preso, dalle ore 16 a questo momento, per fantomatici impegni legati al Consiglio dei ministri cui, però, non mi risulta partecipino anche i sottosegretari. È vero che il Governo Prodi si munisce di regole autoreferenziali in ogni campo, ma ciò sarebbe troppo anche per voi!
Considerato, inoltre, che ora la riunione del Consiglio dei ministri è terminata, sarebbe stato opportuno che il Presidente del Consiglio non indugiasse nella politica delle «tre scimmiette», ma trovasse il coraggio per riferire di persona al Parlamento che lui, evidentemente, considera, come ha già dimostrato in passato, un fastidioso impiccio.
Torniamo ai fatti. Il 14 dicembre scorso il Governo (nella sua persona, sottosegretario Levi, invero piuttosto imbarazzato), ammettendo di non essere in grado di rispondere ad una mia analoga interpellanza sul tema in questione - che ancora una volta vede inciampare il professor Prodi in una materia a lui particolarmente cara, ovvero la telefonia di Stato - ha chiesto, fatto inusuale per il Parlamento, ulteriore tempo per rispondere e, dunque, la presentazione tecnica di una successiva interpellanza.
Lo abbiamo preso in parola. Ciò anche perché ne abbiamo sentito il dovere innanzi al Paese, alla luce dei nuovi e gravissimi fatti emersi dalle inchieste delle procure di Bolzano, di Milano, nonché delle procure svizzere e tedesche, e riportati da alcuni autorevoli organi di stampa nazionali. Tali fatti coinvolgono direttamente, sebbene non indagandolo formalmente - e lo sottolineo -, l'attuale Presidente del Consiglio.
Il professor Romano Prodi, all'epoca dei fatti, era infatti presidente dell'IRI, ovvero della società a capitale pubblico chiamata a dare il benestare, per stessa ammissione implicita di Prodi (si legga il discorso alle Camere del 28 settembre scorso su un analogo caso Telecom), e cito testualmente le sue parole, sui più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa.
L'Italtel è stata coinvolta in uno di questi processi. L'azienda italiana, al centro dello scandalo internazionale che sta coinvolgendo la consorella tedesca Siemens Ag - sospettata di aver pagato tangenti anche in Italia per aggiudicarsi il 50 per cento dell'azienda della telefonia italiana - rientra tra quelle privatizzazioni poste in essere, per sua stessa e orgogliosa ammissione, dall'IRI di Prodi.
Tali privatizzazioni hanno poi riguardato anche altri settori come quelli della produzione di pelati e di panettoni, i supermercati, e via dicendo, con gli esiti noti al Paese intero.
L'Italtel - è bene che si sappia - era il fiore all'occhiello nel settore manifatturiero della telefonia dell'epoca. Era un società in grado di competere e sbaragliare colossi come l'americana AT&T o la svedese Ericsson nell'innovazione tecnologica per la telefonia e le telecomunicazioni, concorrenti curiosamente battute da Siemens nella successiva acquisizione.
Era un'azienda che dava lavoro a 14.786 lavoratori superspecializzati sparsi nel mondo ad installare reti portanti, sistemi di commutazione, centraline digitali e via dicendo. Oggi è, viceversa, storia di ordinario declino, con un insediamento fantasma a Carini, in provincia di Palermo, e a Castelletto, nel comune di Settimo Milanese, con una forza lavoro dipendente pari a duemila anime scarse. Ciò conferma che anche Italtel si deve annoverare tra le tante privatizzazioni fallite operate dall'IRI di Prodi e delle quali l'Italia intera dovrebbe chiedergli conto.Pag. 38
C'è qualcosa che lascia esterrefatti, in quest'ennesimo malaffare italiano che vede coinvolto l'attuale Presidente del Consiglio, già Presidente IRI e senior advisor della Goldman Sachs, che rivede spuntare alcuni suoi collaboratori odierni e dell'epoca: Silvio Sircana, capoufficio stampa dell'Italtel e Massimo Tononi, già assistente di Prodi all'IRI e dirigente della Goldman Sachs nel settore acquisizioni e fusioni delle imprese, oggi sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, nonché la solita banca d'affari della quale il professor Prodi era consulente.
Ciò che lascia esterrefatti è proprio l'evidente contraddittorietà delle affermazioni di Prodi e del suo staff, tanto più gravi perché rese da esponenti del Governo nel Parlamento italiano e dal Presidente del Consiglio nel Paese e, come poi è accaduto anche nell'analogo caso Telecom Rovati, risultate, fatti e documenti alla mano, in ogni caso non corrispondenti alla realtà.
Infatti, da una parte, lei, sottosegretario Levi, affermava testualmente che l'operazione in oggetto è stata perfezionata nella primavera del 1994 e che comunque la decisione in merito rientrava e rientra nell'esclusiva sfera di valutazione e di decisione, dati i rapporti esistenti all'interno del gruppo IRI, della società interessata Italtel e della sua controllante STET Spa; e la capogruppo IRI Spa è stata oggetto esclusivamente di un informativa. Dall'altra parte, però, un comunicato di Palazzo Chigi del 18 aprile scorso, in piena contraddizione con quanto da lei dichiarato al Parlamento pochi mesi prima, in un primo take d'agenzia, affermava che le attività di privatizzazione compiute dall'IRI nel periodo in cui Romano Prodi ne era presidente sono tutte regolari, cadendo nella più classica excusatio non petita. Con ciò si è confermato, nei fatti, che Prodi era a conoscenza della privatizzazione di Italtel in atto (sulla quale la procura di Bolzano indaga per corruzione: è bene sottolinearlo) e si è anche affermato che l'operazione era regolare, sconfessando, di conseguenza, proprio lei, sottosegretario Levi, che per primo dovrebbe trarne le conseguenze.
In un secondo take d'agenzia, però, lo staff di Palazzo Chigi, essendosi evidentemente confrontato e accortosi della gaffe che avrebbe portato a gravi conseguenze per lei, sottosegretario, ha ripetuto pedissequamente quanto da lei affermato nel corso della seduta del 14 dicembre scorso, ovvero che l'IRI non c'entrava e che, dunque, il professor Prodi non sapeva.
È una girandola di bugie e contraddizioni, che ricordano l'affaire Telecom Rovati, guarda caso di Goldman Sachs, e che finiscono per smentire Prodi stesso e il suo famigerato «rap prodiano» che gli faceva dire, alla Camera dei deputati, nel tentativo di discolparsi per la «ristatalizzazione» di Telecom, che per lui in particolare ciò avrebbe significato sconfessare parte della sua storia professionale, visto che da presidente dell'IRI in quegli anni, aveva avviato - è bene sottolinearlo - uno dei più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa.
Dunque, se il Presidente del Consiglio e il suo sottosegretario continuano, con evidenti contraddizioni, a scavarsi da soli il terreno sotto i piedi mentendo, va da sé pensare che qualcosa di oscuro, di profondo, di non dichiarabile, rende impossibile dire la verità.
Ma può un Paese come l'Italia essere governato da un Presidente del Consiglio e dai suoi collaboratori, di Governo e personali, implicati in veri e propri conflitti di interessi - questo sì - tra pubblico e privato, nei quali ogni limite tra la politica e gli affari viene con tutta evidenza travalicato? Non noi, ma un componente della vostra stessa maggioranza, ha recentemente dichiarato: Romano Prodi, piuttosto che affrontare i nodi sociali del Paese, dedica la sua principale attività ad incoraggiare o scoraggiare, consigliare o sconsigliare cordate. È esattamente quello che un Capo del Governo non dovrebbe fare.
Può un Paese accettare di avere a Palazzo Chigi - mutuo le parole del Presidente Tremonti - un comitato d'affariPag. 39che, invece di pensare all'interesse generale del Paese, pensa a quello particolare dei soliti nomi noti degli ultimi 15 anni? Quanto semplice sarebbe stato, viceversa, se non vi fosse stato nulla di anomalo! Che il professor Prodi ammettesse di sapere, come era inevitabile, è confermato non solo da un'indignato ex amministratore delegato della STET, Biagio Agnes, ma dalle sue stesse parole e da una moltitudine di documenti agli atti delle procure, da missive di ambasciatori e della stragrande maggioranza di coloro che avevano responsabilità dirigenziali nelle aziende protagoniste dell'interpellanza. Si tratta di documenti che, sotto molteplici forme, come riportato nel dettaglio dell'interpellanza, portano sempre ad un unico ed eccellente nome: Romano Prodi (e non si tratta di un caso di omonimia!).
Quanto semplice sarebbe potuto essere per lei, signor sottosegretario, rispondere almeno alla più facile di tutte le domande poste da me e dal gruppo Forza Italia, ovvero chi fosse, all'epoca dei fatti, il presidente dell'Iri controllante! Perché non lo ha fatto, ritenendo, viceversa, di leggere un documento richiesto alla procura della Repubblica di Bolzano, contenente dettagli da me già evidenziati, perché riportati in una sentenza definitiva del GUP di Bolzano dell'ottobre 2005, che non davano alcuna risposta?
Perché il Presidente del Consiglio avrebbe dato mandato ai suoi legali, secondo i comunicati di Palazzo Chigi - leggo testualmente -, « di porre in essere tutte le iniziative a tutela della propria immagine e reputazione », facendosi forte dell'inesistente smentita effettuata dalla procura della Repubblica di Bolzano, rispetto ai contenuti e al titolo dell'articolo che affermava che egli era oggetto dell'indagine, quando l'unica cosa vera affermata dalla procura della Repubblica era che il Presidente del Consiglio non fosse formalmente indagato, e non che non fosse oggetto delle indagini, come riferito, in un'intervista virgolettata, dal procuratore capo della Repubblica di Bolzano Cuno Tarfusser? Erano indagini delle quali, peraltro, con estrema gravità, il Presidente del Consiglio era già a conoscenza per il tramite del suo Viceministro dell'economia e delle finanze, che, attraverso i controlli sugli accessi ai dati fiscali del Premier, all'epoca comune cittadino, ha probabilmente provocato una fuga di notizie su accertamenti in corso coperti da segreto istruttorio e sulla quale il gruppo Forza Italia ha presentato un'interrogazione a risposta immediata.
I quotidiani interessati, però, così come l'interpellanza in oggetto, signor sottosegretario, non intendono accertare - anche perché non rientra nei compiti né della stampa né del Parlamento, bensì della magistratura - se il Presidente Prodi sia in qualche modo coinvolto in fatti illeciti di natura industriale, bensì - e questo è palese - che egli è stato eticamente scorretto con il Parlamento e con il Paese, mentendo ancora una volta sul suo ruolo e sul suo coinvolgimento in una privatizzazione. Si tratta di una privatizzazione che ha impoverito il paese e ha portato al licenziamento di migliaia di lavoratori, nella quale fu prescelta la cordata tedesca, anche a fronte di migliori offerte di altri operatori, e nella quale venne anche totalmente meno quella salvaguardia dell'italianità invocata dalla Presidenza del Consiglio nel caso Telecom e, viceversa, criticata in passato, all'epoca delle tentate scalate bancarie.
Dunque, la commistione tra politica e affari, a quanto pare, nella visione prodiana diventa strutturale, permanente e pervasiva. Non è quanto meno singolare, oltre che attestante il coinvolgimento del Presidente, signor sottosegretario, il fatto che la personale conoscenza del professor Romano Prodi, già senior advisor della Goldman Sachs (banca oggetto dell'inchiesta da parte della procura di Bolzano per un bonifico da dieci milioni di euro non contabilizzato) venga citata dal capo della filiale Goldman Sachs di Francoforte, Arthur Walter, in una missiva al dottor Moser, capo delle fusioni e acquisizioni di Siemens, quale valore aggiunto per far conferire alla Goldman Sachs il mandato di advisor nell'affare Siemens-Italtel, cosa che puntualmente avvenne? Non vi sembraPag. 40quanto meno conflittuale e inopportuno che negli stessi anni la società ASE - lo dico io, visto che lei, signor sottosegretario, in passato si è sottratto -, il cui legale rappresentante risultava essere la signora Flavia Franzoni, moglie dell'attuale Premier, risultasse intrattenere rapporti di consulenza con la stessa Goldman Sachs? Perdoni la mia curiosità, ma con tutto il rispetto per la signora Franzoni, mi chiedo che tipo di consulenza potesse fornire un'insegnante a una banca d'affari internazionale. Ce ne può dare conto?
Alla luce dei riscontri riportati dalla stampa nazionale ed internazionale, dunque, il Presidente del Consiglio dovrebbe trarre le conseguenze di chi, chiamato a ricoprire una delle più alte cariche istituzionali del Paese, mente allo stesso senza riguardo e apparentemente senza motivi comprensibili.
Il Presidente del Consiglio dovrebbe trarne le conseguenze, perché questo è l'ennesimo gravissimo episodio che lo vede coinvolto nei fatti, documenti alla mano, e che in qualsiasi altro paese europeo avrebbe portato alle dimissioni di un Capo di Governo responsabile. O finirà per liquidare anche questa faccenda con la sua tipica affermazione: ma che stiamo diventando matti?.
Altrimenti, ha un'alternativa: abbia il coraggio di smentire tutte le missive citate in mano alle procure, come chiediamo nei quesiti che seguono. Affermi, ancora una volta, che era all'oscuro di tutto e si prenda la responsabilità di queste eventuali affermazioni davanti al Parlamento. Se verrà - come crediamo - scoperto a mentire dai fatti e dagli atti, che cercheremo di produrre, tragga immediatamente le conclusioni invocate dal Paese.
Vogliamo, dunque, sapere cosa risponde Prodi, non lei signor sottosegretario, all'intervista virgolettata al quotidiano Il Giornale, nella quale l'ex Presidente della STET, Biagio Agnes, ha confermato, leggo testualmente, che «i vertici dell'IRI avevano avuto un ruolo attivo nella privatizzazione di Italtel e che quando la STET trattava di acquisizioni, fusioni, scorpori, vendite, dovevano - sottolineando il dovevano - necessariamente avere il placet dell'IRI perché era il loro maggiore azionista».
Lo stesso ex-presidente della Stet ha sentenziato che all'IRI sapevano, eccome, e che la risposta del Presidente Prodi circa l'estraneità dell'IRI all'epoca dei fatti e della sua presidenza lo faceva sorridere di amarezza e che quando saltano fuori le inchieste penali sulle cessioni delle aziende del gruppo IRI Prodi risponde sempre di non saperne nulla e non è vero: non sono parole mie, ma di Biagio Agnes.
E, ancora, cosa ha l'ardire di dirci il Presidente Prodi sul fatto che la procura di Bolzano non ha affatto smentito che sia in atto un qualsiasi tipo di indagine a carico del Presidente del Consiglio dei ministri (forse si ravvisa qualche pressione sulla Procura di Bolzano, stante le dichiarazioni di Palazzo Chigi); infatti, la procura ha acquisito le fatture emesse dal Presidente Prodi alla Goldman Sachs, advisor di Siemens e ha avviato accertamenti patrimoniali su Prodi, su sua moglie e sulle loro società. La stessa procura, pur confermando che il Presidente del Consiglio non è formalmente coinvolto nella loro indagine, ha ammesso di indagare per corruzione in merito alla vicenda della vendita di Italtel a Siemens.
Ha il coraggio di dire il Presidente Prodi, per caso, che è una bugia che egli, senior advisor di Goldman Sachs Italia, venga citato da quest'ultima nel sostenere che la sua passata presidenza dell'IRI, con successivo rientro nel 1993, avrebbe costituito uno dei validi elementi per riconoscere alla stessa Goldman Sach il contratto di consulenza con Siemens, proprio per curare l'affare di acquisto Italtel?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MICHAELA BIANCOFIORE. Mi avvio a concludere, signor Presidente, utilizzando anche cinque minuti della replica.
Si tratta, in particolare, della sopracitata lettera scritta da Arthur Walter, responsabile Goldman Sach Frankfurt, al dottor Moser, direttore dell'ufficio fusioni e acquisizioni di Siemens Germania, protocollataPag. 413 febbraio 1993 e pubblicata da Il Giornale in data 19 aprile, nella quale si esprime anche l'intenzione di presentare, dunque, al dirigente Siemens i loro colleghi esperti industriali per discutere le alternative concernenti Italtel.
PRESIDENTE. Mi dispiace, ma la prego di concludere.
MICHAELA BIANCOFIORE. Sto concludendo.
PRESIDENTE. Mi fanno notare che non può utilizzare il tempo della replica.
MICHAELA BIANCOFIORE. Dalla mia stessa replica, non posso?
PRESIDENTE. No, non è possibile, mi dispiace. La prego.
MICHAELA BIANCOFIORE. Tra quei colleghi esperti industriali figurava appunto un certo Romano Prodi.
Potrei leggere tutte le altre missive - vado concludendo - ma sono comunque già riportate negli atti parlamentari dov'è pubblicata l'interpellanza. Sono tutti atti - ribadisco - documenti...
PRESIDENTE. La prego, davvero, non si faccia richiamare. Deve concludere.
MICHAELA BIANCOFIORE. Concludo, signor Presidente. Con altre persone di solito è un po' più magnanimo.
PRESIDENTE. Non è vero, assolutamente. Lo sono stato molto con lei, che ha parlato oltre un minuto e mezzo il tempo a sua disposizione.
MICHAELA BIANCOFIORE. In aula non è presente una grande folla ed è una cosa importante per il Paese.
PRESIDENTE. La prego di non insistere. Le regole valgono per tutti in tutti i casi.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, magari valessero per tutti, sarebbe un'ottima cosa.
PRESIDENTE. Io lavoro perché valgano per tutti.
MICHAELA BIANCOFIORE. Va bene. Vado concludendo e chiedo che venga il Presidente Prodi a dire la verità su questa faccenda - se lei, sottosegretario, avrà qualcosa da dirci in più ne saremo contenti - altrimenti, se dovrà ancora una volta mentire al Paese e al Parlamento, ne tragga le conseguenze, sottosegretario, ma soprattutto si rivolga al suo Presidente del Consiglio.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario, vorrei salutare, anche a nome dell'Assemblea, un gruppo di emigranti italiani del Laufenbug, in Svizzera, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Franco Levi, ha facoltà di rispondere.
RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, riprendendo il filo delle considerazioni svolte in aula il 14 dicembre scorso, rispondo all'interpellanza degli onorevoli Biancofiore, Bondi, Elio Vito, Leone e La Loggia.
In via preliminare e, dunque, prima di entrare nel merito dell'interpellanza, desidero dare conto delle informazioni ricevute, tramite il Ministero della giustizia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bolzano, impegnato, come si sa, nelle indagini relative all'eventuale filone italiano delle tangenti Siemens.
Già cinque mesi fa il Procuratore di Bolzano aveva dichiarato pubblicamente che sul Presidente del Consiglio Prodi non era in corso alcuna indagine.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,55)
RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Esattamente una settimana, cioè in data 10 maggio, il procuratore ha fatto presente che nei cinque mesi successivi alla sua prima comunicazione «Nulla di rilevante è successo sotto il profilo investigativo, se si esclude l'acquisita conferma dell'originaria ipotesi investigativa».
Per quanto concerne le notizie apparse recentemente sul quotidiano Il Giornale, cui l'interpellanza fa riferimento, il procuratore di Bolzano si è riportato integralmente ad un suo precedente comunicato stampa e, in relazione specifica all'articolo dal titolo «Una procura setaccia gli affari di Prodi», ha detto, cinque giorni fa: «Escludo che il Presidente del Consiglio dei ministri sia indagato nell'ambito dell'indagine condotta dalla procura della Repubblica di Bolzano sulla vicenda della cessione di consistenti quote di Italtel alla Siemens, avvenuta a metà degli anni Novanta, allorquando l'Italtel era in fase di privatizzazione».
Tale formale presa di posizione del procuratore di Bolzano potrebbe di per sé essere sufficiente a sgomberare il terreno da ogni ipotesi, supposizione o voce riguardante un possibile ruolo del professor Prodi nella vicenda sulla quale si concentra l'interpellanza.
Condividendo, tuttavia, i sentimenti di preoccupazione destati dalle notizie relative all'inchiesta internazionale in corso sulla società Siemens e, soprattutto, con la volontà di offrire al Parlamento e alla pubblica opinione tutti gli elementi di conoscenza disponibili, risponderò in dettaglio alle domande specifiche avanzate dagli interpellanti. Sarà, dunque, su queste domande che mi concentrerò nella presente risposta, persuaso che, così facendo, potrò rispondere anche alle numerose considerazioni svolte dagli interpellanti nelle premesse.
La prima domanda, segnata con la lettera a), riguarda le linee di azione adottate dall'IRI sotto la presidenza del professor Prodi nei confronti di dirigenti eventualmente coinvolti in vicende dal rilievo penale. A questa domanda risponderò citando innanzitutto la lettera inviata dal presidente dell'IRI Prodi il 5 luglio 1993 ai presidenti e amministratori delegati delle seguenti società controllate dall'istituto: Stet, Finmeccanica, Finmare, SME, ILVA, Fincantieri, Iritecna, Spi, Alitalia, Cofiri, Rai, Sofinpar, Iritel, Comit, Credit, Edindustria, Edicima, Iri Management.
In tale lettera, ricordati i principi di trasparenza e correttezza cui erano chiamati tutti i dipendenti e i dirigenti, si sottolineava come «Qualora dovessero evidenziarsi comportamenti difformi sarà inevitabile, come conseguenza del venir meno del rapporto fiduciario sopra richiamato, procedere all'adozione anche di drastiche misure».
Nella seduta del 7 ottobre 1993 del consiglio d'amministrazione, il presidente dell'IRI ricordava poi di avere chiesto alle società del gruppo «una rappresentazione di tutti gli eventuali procedimenti penali pendenti o archiviati in cui fossero stati o fossero coinvolti amministratori, dipendenti e società anche quali soggetti passivi dell'illecito penale».
Ricordava inoltre il presidente di avere chiesto «elementi conoscitivi sullo stato di fatto e giuridico delle procedure e responsabilità sulle iniziative intraprese dalle stesse società e sui riflessi economici e tributari derivanti dagli illeciti ipotizzati» e di avere chiesto altresì che tali elementi formassero oggetto «di attento esame da parte dei consigli di amministrazione di ciascuna società interessata».
Dall'IRI e dal suo presidente sono dunque venute, in modo costante ed impegnativo, istruzioni a tutto il gruppo di vigilare nel modo più severo per assicurare la correttezza di comportamenti dovuti in ogni azienda e, a maggior ragione, in aziende pubbliche.
La seconda domanda, contrassegnata dalla lettera b), riguarda i rapporti fra l'IRI e le società del gruppo. In particolare, si chiede se l'IRI fosse tenuta a dare ilPag. 43benestare alla cessione dell'Italtel da parte della Stet. A questo proposito, ricordo che, in seguito alla trasformazione dell'IRI da ente di diritto pubblico a società per azioni, avvenuta nel luglio del 1992, all'interno del gruppo, con lettere inviate il 9 ottobre 1992 alle società Finmeccanica, Stet, Finmare, Sme, Ilva, Iritecna, Fincantieri, Alitalia, Rai, Spi e Cofiri, era stata adottata una precisa disciplina sulle informazioni dovute dalle aziende partecipate in merito agli atti societari da loro posti in essere.
Al primo punto dell'elenco nel quale si precisava quali fossero gli atti a cui si doveva riferire la nuova disciplina figuravano: «l'acquisto o la cessione di partecipazioni da parte di società controllate».
Rispetto a queste operazioni le aziende direttamente o indirettamente controllate da IRI Spa avevano un obbligo di carattere esclusivamente informativo «successivamente al perfezionamento dell'operazione o all'assunzione della delibera».
La gestione e la responsabilità per questi atti rientravano, quindi, nella sfera di autonoma competenza delle aziende interessate, mentre non si veniva a configurare alcun potere di autorizzazione in capo all'IRI.
La terza domanda, alla lettera c), riguarda il ruolo svolto personalmente dal professor Romano Prodi nella decisione ed esecuzione del passaggio della società Italtel alla Siemens nel suo ruolo di presidente dell'IRI e, successivamente, di Presidente del Consiglio.
I dettagli forniti in merito alla disciplina che governava i poteri e le responsabilità dell'IRI e delle società del gruppo offrono già la risposta a questa domanda: il professor Prodi non ha svolto alcun ruolo né nella decisione, né nell'esecuzione della cessione dell'Italtel alla Siemens.
La quarta domanda riguarda l'ex funzionario della Asst oggetto dell'indagine della procura della Repubblica di Bolzano. A questa domanda la risposta è brevissima: no, il Presidente Prodi non l'ha mai conosciuto, né ha mai avuto rapporti con lui.
Alla quinta domanda, alla lettera e), ossia chi fosse il legale rappresentante della società Ase il 12 maggio 1994, cioè alla data della conclusione del contratto di acquisizione, la risposta è altrettanto semplice: a quella data il rappresentante legale della società Ase era la signora Flavia Franzoni Prodi.
Tuttavia, questa risposta ha bisogno di un completamento per illustrare la natura e l'attività della società in questione. Ase, Analisi e studi economici Srl, fu fondata il 15 febbraio 1990 dalla Fin.Gi Srl. L'11 ottobre 1990 Romano Prodi e Flavia Franzoni Prodi acquisirono quote per l'intero capitale della società. Ase fu posta in liquidazione il 12 dicembre 1997. Il fatto che i coniugi Prodi fossero proprietari dell'Ase era di pubblico dominio, in quanto i dati relativi alla proprietà di quote in società a responsabilità limitata sono pubblici. Come tutti sanno, questi dati vengono notificati al registro delle imprese, sono da esso registrati e possono essere consultati da qualsiasi parte interessata.
Romano Prodi ha utilizzato la società per gestire in modo razionale il lavoro di consulenza suo e di sua moglie, con clienti diversi, nei periodi in cui non rivestiva incarichi pubblici.
Romano Prodi e la signora Franzoni hanno fatturato il loro lavoro individuale alla società. I pagamenti percepiti dalla Ase hanno naturalmente concorso alla formazione del loro reddito personale e come tali sono stati soggetti alle normali imposte.
Le spese della società sono consistite essenzialmente nell'acquisto di un ufficio a Bologna, tramite un contratto di leasing, e in corrispettivi per consulenze prestate a terzi.
Come già detto, nei periodi in cui fu presidente dell'IRI o Presidente del Consiglio, Romano Prodi non svolse alcuna attività di consulenza. Così, nel maggio del 1993, quando per la seconda volta fu nominato presidente dell'IRI, nello stesso giorno in cui assunse l'incarico, il professorPag. 44Prodi interruppe tutta la sua attività professionale e bloccò ogni attività di consulenza svolta dalla società Ase.
Così, ancora, nel 1995, quando decise di impegnarsi in politica, Romano Prodi, prima di assumere qualsiasi incarico pubblico e benché non fosse richiesto dalla legge, decise di abbandonare di nuovo qualsiasi attività professionale, sia direttamente, sia attraverso la Ase.
In ogni caso, con riguardo specifico ai rapporti di lavoro tra il professor Prodi e la società Goldman Sachs, un chiarimento dettagliato e autorevole sulla natura di tale rapporto si può trovare nella richiesta di archiviazione avanzata il 13 marzo 2002 dai sostituti procuratori della Repubblica Maria Monteleone e Giuseppe de Falco al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma; tale richiesta è stata accolta dal tribunale di Roma stesso con decreto di archiviazione del 15 luglio 2002.
Ebbene, in tale richiesta di archiviazione e sulla base degli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza di Bologna circa il contenuto di articoli del quotidiano inglese The Daily Telegraph di Londra (contenuto definito dallo stesso pubblico ministero come «pseudonotizia») si attesta che il rapporto che il professor Prodi intratteneva con Goldman Sachs International era «un rapporto di consulenza internazionale per prestazioni professionali legate all'Europa con particolare riferimento all'Europa dell'est».
Ogni e qualsiasi collegamento tra l'attività professionale del professor Prodi e il ruolo svolto della Goldman Sachs nella vendita dell'Italtel alla Siemens è del tutto privo di fondamento.
Quale ruolo abbia rivestito nella decisione ed esecuzione delle dette operazioni societarie la banca d'affari Goldman Sachs - questo è il contenuto della sesta domanda degli interpellanti - dunque, non può in alcun modo essere chiesto a Romano Prodi, in quanto del tutto estraneo a tali operazioni.
Per quanto riguarda, invece, le consulenze fatturate dalla Ase nel periodo 1993-1999 - è questo il contenuto della settima domanda - precisato che la stessa Ase fu posta in liquidazione nel dicembre del 1997, è opportuno rifarsi alla medesima fonte appena citata, cioè alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero nel procedimento originato dalla pubblicazione di articoli sulla stampa quotidiana inglese nel periodo in cui il Presidente Prodi era a capo della Commissione europea.
Il rapporto tra il professor Prodi e la Goldman Sachs International - così si legge nella richiesta di archiviazione e mi scuso sin d'ora se la citazione non sarà brevissima - «si è sviluppato dal marzo 1990 al maggio 1993 (allorquando il professor Prodi si era dimesso dall'incarico) e il corrispettivo era composto di un "compenso base annuo relativamente modesto" cui si aggiungeva la possibilità di un bonus a discrezione totale della società committente che solitamente avrebbe sostanzialmente superato il compenso base e che si determinava tenendo conto del successo della società in un determinato anno; per queste ragioni, il pagamento del bonus, in alcuni casi, era stato liquidato in anni successivi per prestazioni effettuate in anni precedenti».
«Dall'esame della documentazione della società di consulenza di Romano Prodi - cito ancora dalla richiesta di archiviazione - la Guardia di finanza ha evidenziato quanto segue: nell'anno 1990, per le prestazioni di servizi nei mesi di dicembre e novembre (comprese quelle alla Goldman Sachs) le entrate della società ammontavano a lire 199.811.100; nell'anno 1991 i profitti complessivi per prestazioni di servizi ammontavano a lire 710.583.308; nell'anno 1992 i profitti complessivi per prestazioni di servizi ammontavano a lire 754.500.544 (di cui 382 milioni si riferiscono ad un bonus riconosciuto dalla Goldman Sachs per tale anno e liquidato nel 1993); nel 1993 i profitti complessivi per prestazioni di servizi ammontavano a lire 1.075.869.526 (la documentazione acquisita dà atto che si riferiscono ad un periodo di cinque mesi che va da gennaio a maggio).
In tale somma è compreso un bonus riconosciuto dalla Goldman Sachs di lire 910.000.000Pag. 45sulle consulenze rese nel 1993. Nell'anno 1994, i profitti subiscono una diminuzione, in quanto ammontano a lire 710.508.742, comprensivi di lire 537.600.000 riconosciuti dalla Goldman Sachs in tale anno, ma relativi al periodo dal 1992 al 20 maggio 1993. La diminuzione si spiega alla luce del fatto che le prestazioni, sospese nel maggio 1993, risultano riprese nel settembre 1994, dunque a conclusione del periodo di presidenza.
Nell'agosto 1995, si registra, come ho ricordato in precedenza, l'abbandono dell'attività di prestazione di servizi. Quanto alla Goldman Sachs vi sono solo prestazioni rese nel periodo tra marzo e aprile, che sono fatturate nel 1996 per un importo di lire 39.863.150». Qui termina la citazione dal documento con cui si richiedeva l'archiviazione, sulla base di indagini della Guardia di finanza di Bologna.
Le domande successive, contrassegnate nel testo dell'interpellanza urgente dalle lettere dalla h) alla m), fanno largamente riferimento a lettere interne alla Siemens, o inviate alla Siemens stessa, da Goldman Sachs, da altre banche d'affari o, persino, dall'ambasciatore tedesco in Italia. Si tratta, con tutta e dichiarata evidenza, di corrispondenza di cui il professor Prodi non era né il destinatario né il mittente e di cui non era comunque a conoscenza. Chiedere a lui conferma del contenuto, o anche solo dell'esistenza, di queste lettere appare francamente illogico. Così pure sembra privo di qualsiasi rilevanza l'accenno ad un invito ad una cena che l'allora presidente di Siemens, Von Pierer, avrebbe indirizzato al professor Prodi e alla moglie.
Passando al punto conclusivo dell'interpellanza e all'accusa al Governo, e a me stesso, di avere reso false informazioni al Parlamento lo scorso 14 dicembre, se la domanda che gli onorevoli Biancofiore, Bondi, Vito, Leone e La Loggia vogliono avanzare è: «Sapeva il presidente dell'IRI Romano Prodi che Siemens stava negoziando con la Stet un memorandum di intesa per l'acquisto del 50 per cento di Italtel?», la risposta è evidentemente positiva. Infatti, è ovvio che il presidente dell'IRI fosse al corrente delle operazioni di maggior peso strategico in corso da parte delle principali società controllate dal gruppo.
Ma la domanda, nel contesto di cui ci occupiamo oggi, non è - e non può essere - questa. La domanda non è - e non ha senso che sia - «Chi sapeva della vendita di Italtel?» o, addirittura, «Prodi sapeva della vendita di Italtel?». La domanda, invece, deve essere «Chi aveva il potere di negoziare, valutare, decidere, realizzare la vendita di Italtel?». A tale domanda, la risposta è una sola: la Stet. Perché, come ho in precedenza chiarito in modo esaustivo, fornendo i dettagli delle procedure e del sistema decisionale operante all'interno dell'IRI, dopo la sua trasformazione in società per azioni, la responsabilità per la vendita della partecipazione nella Italtel spettava interamente alla sua controllante, cioè alla Stet. Essa soltanto aveva il potere di decidere e realizzare la vendita. All'IRI, la Stet era tenuta a fornire unicamente una informativa, cioè una comunicazione, successivamente al perfezionamento dell'operazione o all'assunzione della delibera. Questo è quanto, a nome del Governo, ho detto al Parlamento lo scorso 14 dicembre. Questo è quanto confermo oggi, dal momento che si tratta di nient'altro che della pura e semplice verità. Siamo partiti, signor Presidente, con la dichiarazione e le conferme del procuratore della Repubblica di Bolzano sull'inesistenza di qualsiasi indagine sul professor Prodi.
Siamo passati per una descrizione dettagliata del sistema che, all'interno del gruppo IRI, regolava i rapporti tra la capogruppo e le controllate. Abbiamo, poi, fornito informazioni particolareggiate sulle attività professionali svolte dal professor Prodi nei periodi in cui non rivestiva incarichi pubblici. Abbiamo terminato con la conferma riguardo all'esclusiva responsabilità della Stet nell'intera gestione dell'operazione di vendita della partecipazione nella Italtel. Il Governo, signor Presidente, è certo di aver svolto fino in fondo il proprio dovere di trasparenza nei confronti del Parlamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Biancofiore ha facoltà di replicare.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, intanto desidero ringraziare il sottosegretario Levi per il tentativo di essere esaustivo e per la particolarità dei dettagli che ha voluto fornire, dettagli assolutamente non richiesti dagli interpellanti, dato che riguardano il patrimonio, passato e presente, del Presidente Prodi. A ciò, però, signor sottosegretario, devo aggiungere la mia totale insoddisfazione per quanto da lei affermato. Intanto, perché poc'anzi ha smentito se stesso, perché nel dare risposta all'interpellanza già presentata sulla stessa questione lei aveva detto chiaramente che Prodi non sapeva assolutamente nulla della vendita di Italtel a Siemens, insomma, se l'italiano ha un senso, basta rileggersi quanto è scritto.
Tuttavia, a prescindere da ciò, lei chiarisce anche che ci sono state alcune dichiarazioni da parte del procuratore della Repubblica di Bolzano. Proprio il procuratore, in un'intervista successiva ai ricordati comunicati stampa del 18 aprile scorso, ha smentito tutto ciò; egli, infatti, ha sottolineato che il Presidente del Consiglio non è indagato formalmente, ma non che non sia oggetto delle indagini in corso da parte, non solo della procura di Bolzano, ma anche di altre procure che non indagano soltanto sui 10 miliardi di bonifico di Goldman Sachs, bensì anche su altri passaggi di denaro alla Alpenbank di Innsbruck, anche nel Trentino Alto Adige, ed altro.
L'indagine è macroscopica, come lei credo sappia perfettamente, perché è frutto di un'indagine internazionale per la costituzione di fondi neri extracontabili pari a 420 milioni di euro circa, dirottati - solo questi ultimi - verso l'Italia. Ma il punto importante è che lei, sottosegretario, dice che il Presidente del Consiglio non ha avuto alcun ruolo nella vendita di Italtel alla Siemens. Peccato che, anche in merito, purtroppo dichiara una falsità, in quanto esistono le ricordate lettere di cui, lei sostiene, il Presidente del Consiglio non è responsabile. È chiaro, ciascuno può scrivere di noi ciò che vuole. Peccato che lei sostiene anche che il Presidente del Consiglio non è mai stato il mittente di queste lettere, mentre è stato assolutamente lui. Infatti, esistono ben due lettere del dimissionario - bontà sua - presidente della Siemens, Heinrich Von Pierer, indirizzate personalmente al professor Romano Prodi, presidente dell'IRI, agli atti delle procure della Repubblica di Bolzano e di Milano, per quanto mi è dato sapere.
La mia, ovviamente, è un'interpellanza di tipo politico, non è un'interpellanza giudiziaria. Quindi, la ringrazio per tutti i chiarimenti che ci ha fornito, ma non mi interessava sapere se erano state emesse o no sentenze, se esse erano state accantonate o passate in giudicato, insomma, se erano state accantonate alcune situazioni pregresse. Mi interessava sapere se lei aveva detto il falso, se il Presidente del Consiglio continua mentire su questioni che, evidentemente, riguardano il Paese e che egli non poteva, con tutta evidenza, non sapere.
Ribadisco che esistono due lettere inviate da Heinrich Von Pierer al presidente Prodi, a cui si riferisce personalmente. Una delle due, tanto più grave - la cito testualmente, ma dovrebbe leggerla nell'interpellanza - è datata 16 maggio 1994, ovvero quattro giorni dopo la formalizzazione e la firma al protocollo di intesa, che ha ammesso anche l'IRI - e lei ne è al corrente - alla vendita, o meglio, della «svendita» di Italtel alla Siemens.
Esiste un altro rapporto della Siemens, in cui si sottolinea che «Meno male che si è concluso l'accordo con alla presidenza dell'IRI Romano Prodi» - è scritto testualmente un documento all'interno di Siemens - perché l'avvento di Silvio Berlusconi al Governo avrebbe potuto rimuovere dall'IRI Prodi, far saltare l'affare Siemens-Telecom e far migliorare l'offerta da parte degli altri competitori che, guarda caso, sono gli stessi nei confronti dei quali, evidentemente, il Presidente del Consiglio ha un'antipatia personale, perché si tratta di AT&T, Alcatel ed Ericsson. Nella lettera, datata 16 maggio 1994, indirizzata al professor Romano Prodi, il presidentePag. 47Heinrich Von Pierer si riferisce ampiamente all'accordo sull'azionariato della nuova società comune, nata tra Siemens ed Italtel, perché Siemens acquisì il 50 per cento di Italtel. Non solo, a margine - come lei ha ben ricordato - c'era anche una nota che riporta di invitare a colazione o a cena (sono affari loro, ovviamente) la moglie del presidente Prodi, la signora Flavia Franzoni, e dell'amministratore delegato di Stet, all'epoca Michele Tedeschi. Circostanza altrettanto curiosa è che chi ha venduto Italtel a Siemens, pochi anni dopo, nel 2002, diventa presidente di Siemens Italia e si tratta proprio di Michele Tedeschi, che all'epoca dei fatti era appunto il braccio destro del professor Romano Prodi.
Non credo che lei possa più replicare, comunque i fatti sono questi, sono agli atti della procura di Bolzano e, quindi, più andremo avanti nel prosieguo del tempo, più si evidenzierà qual è la verità. La procura sta andando avanti e sta indagando, recentemente è stato trovato un altro bonifico da 10 milioni di euro, non contabilizzato, arrivato - guarda caso! - alla filiale di Goldman Sachs di Francoforte, proprio la stessa filiale dalla quale partì la lettera all'allora amministratore della Siemens Ag che sollecitava che diventasse Goldman Sachs la banca d'affari nell'affare Italtel - Siemens, citando il nome, ancora una volta, del professor Romano Prodi.
Staremo a vedere cosa succederà nel prosieguo, noi comunque non ci fermiamo, perché il Parlamento ha il diritto di sapere qual è la verità e, soprattutto, perché rappresenta il Paese, che non può avere governanti che dicono falsità al Parlamento e a tutti i cittadini.
(Condizioni di sicurezza sulla strada statale n. 16 nel tratto tra Ferrara e Ravenna - n. 2-00496)
PRESIDENTE. L'onorevole Ottone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00496 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
ROSELLA OTTONE. Signor Presidente, intendo illustrare l'interpellanza, precisando che la provincia di Ferrara ha appreso che l'aggiudicazione dei lavori di ripristino del tratto Ferrara-Consandolo dovrebbe avvenire nel mese di settembre. Considerati i tempi di accantieramento, si manifesta preoccupazione sulla possibilità di effettuare i lavori di manutenzione stradale entro l'inizio dell'inverno. Pensare che un'arteria così importante per il territorio delle province di Ferrara e Ravenna possa restare in uno stato disastroso anche durante la stagione invernale è fonte di preoccupazione e di grave pericolo per l'incolumità di tutti coloro che giornalmente transitano sulla statale.
Si sollecita un intervento, per garantire che i processi di affidamento dei lavori e di accantieramento avvengano in modo rapido, in via d'urgenza e certamente prima della stagione invernale. Ricordo, inoltre, che la vicenda della strada statale n. 16 da molti anni preoccupa i cittadini ferraresi. Il tratto Ferrara-Argenta-Ponte della Bastia era già stato inserito nel precedente programma triennale dell'ANAS e, per quanto riguarda il primo stralcio della statale San Biagio di Argenta-Ponte della Bastia, preso atto che la sentenza del Tribunale amministrativo dell'Emilia Romagna del gennaio del 2005, ne ha sospeso la procedura di esecuzione e che si è reso necessario per l'ANAS riavviare l'intera procedura di attivazione del progetto, si rileva che dopo due anni il progetto preliminare, la prima fase dell'opera, non è stato ancora inviato all'amministrazione comunale di Argenta per l'approvazione e le conseguenti varianti urbanistiche al piano regolatore generale, come previsto dalla normativa in materia. La procedura sta subendo ritardi notevoli rispetto ai tempi previsti e indicati alle amministrazioni comunali interessate. Si chiede pertanto a che punto sia la progettazione e quanto tempo manchi alla sua conclusione.
Per quanto concerne il secondo stralcio, Consandolo-Argenta, si rileva che, dal momento dell'aggiudicazione definitiva dei lavori alla ditta Rizzoni da Eccher, avvenutaPag. 48nel luglio 2004, sono passati tre anni, senza che siano iniziate le operazioni di accantieramento. Tutto ciò per un contenzioso fra l'ANAS e la ditta vincitrice dell'appalto, per un adeguamento dei costi dovuto a divergenze fra progetto esecutivo e progetto preliminare dell'ANAS.
Anche in questo caso, si rileva come le tempistiche siano state tutt'altro che sollecite! È preoccupante pensare che si era ormai giunti all'aggiudicazione dei lavori alla ditta vincitrice dell'appalto e, quindi, ad un passo dalla sua realizzazione!
L'iter del secondo stralcio ha visto il termine della progettazione nel mese di novembre 2002, la pubblicazione del bando dell'appalto integrato il 30 luglio 2003 e l'aggiudicazione definitiva alla ditta Rizzoni da Eccher il 2 luglio 2004. Attualmente, il presente stralcio è stato condizionato da una complessa trattativa tra la ditta vincitrice dell'appalto e l'ANAS - per un contenzioso sull'aggiornamento dei costi dell'opera - e da un giudizio pendente presso il TAR Emilia-Romagna, promosso da alcuni cittadini che hanno subito l'esproprio dei terreni per la realizzazione dell'opera stessa. La sentenza, già in questi giorni, dovrebbe essere stata emessa: ci auguriamo, ovviamente, che anche tale stralcio non venga sospeso. La provincia di Ferrara ha proposto un arbitrato da parte della commissione provinciale espropri, per evitare ulteriori lungaggini in termini di contenzioso: su tale proposta sembra che l'ANAS sia disponibile. Anche in merito, quindi, si vuole sapere a che punto ci si trovi.
In ultimo, e non sicuramente per importanza, si chiede se siano stati confermati i finanziamenti stanziati nel precedente piano triennale ANAS per la realizzazione della variante suddetta.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture, Luigi Giuseppe Meduri, ha facoltà di rispondere.
LUIGI GIUSEPPE MEDURI, Sottosegretario per le infrastrutture. Signor Presidente, la variante alla strada statale n. 16 Adriatica, nel tratto Argenta-Ponte Bastia, è stata inserita nella proposta di piano quinquennale della viabilità, di competenza statale per il periodo 2007-2011, elaborata dal Ministero per le infrastrutture, e dovrà essere recepita nel nuovo contratto di programma attualmente in fase di predisposizione, da stipulare con l'ANAS.
Sull'inserimento dell'opera in questione all'interno della predetta proposta si è, peraltro, registrata già la condivisione della regione Emilia-Romagna. Nello specifico degli interventi previsti lungo la strada statale in questione, l'ANAS ha rappresentato quanto segue.
I lavori di ammodernamento del tratto tra l'innesto con l'ex strada statale n. 495 e Ponte Bastia, primo stralcio dello svincolo di Argenta al chilometro 120,238, sono stati inseriti nella bozza di piano 2007-2011. Difatti, per effetto dell'impugnativa da parte di alcuni soggetti espropriati, come l'interpellante ha evidenziato, l'appalto già aggiudicato è stato revocato e la progettazione è stata completamente ripresa dalla fase preliminare.
I lavori relativi al secondo stralcio, al chilometro 101,330 ed al chilometro 120,330, sono stati affidati in appalto integrato. La predisposizione del progetto esecutivo ad opera dell'impresa aggiudicataria è prevista entro il corrente mese di maggio 2007. I lavori di variante nel tratto tra il chilometro 120,238 e il chilometro 147,120, primo stralcio variante di Alfonsine, è stato aggiudicato con appalto integrato. L'impresa affidataria ha predisposto e consegnato il progetto esecutivo, attualmente all'esame dell'ANAS ai fini dell'approvazione. Assicuro l'interpellante che, da parte del ministero, sarà espletata ogni attività per la conclusione più rapida possibile della vicenda.
PRESIDENTE. L'onorevole Ottone ha facoltà di replicare.
ROSELLA OTTONE. Signor Presidente, ringrazio sicuramente il sottosegretario Meduri per la risposta che ha voluto darmi. Devo far presente al sottosegretario che, in sostanza, questa è la stessa rispostaPag. 49che l'ANAS ha dato al collega Giuliano Pedulli, in seguito ad una riunione tenutasi in VIII Commissione.
Ciò che non mi lascia soddisfatta, signor sottosegretario, è il fatto che lei non sia stato in grado di rispondermi circa la fase di progettazione, perché a due anni dalla sua ripresa non si è ancora in grado di comunicare quale è lo stato e quanto tempo mancherà alla sua definizione.
Lei capisce che per un territorio che attende quest'opera da anni (precisamente dal febbraio del 2000, ossia da quando è stata inserita nel piano triennale dell'ANAS), e nel 2007 ancora non si vede - come si suol dire - un mattone o una carriola sulla strada, è un elemento di preoccupazione ed è in gioco la credibilità degli amministratori e di coloro che si occupano delle questioni locali. Mi auguro che lei possa a breve darmi una conferma su questi tempi.
Sulla questione dei lavori di ripristino del tratto Ferrara-Consandolo, sul quale è stato previsto il limite di velocità, mi pare di non aver avuto una risposta e non credo che mi sia sfuggita, signor sottosegretario. Lei capisce che i cittadini erano abituati a mantenere un limite di velocità di 90 chilometri orari - forse anche lo superavano - che era accettabile, soprattutto per chi si recava al lavoro: trovarsi improvvisamente una strada dissestata e un limite di 50 chilometri orari viene visto sicuramente come elemento di tutela per l'ANAS, ma come un impedimento per uno spostamento regolare di chi si mette sulle strade.
Mi auguro veramente che lei possa darmi conferma, non ora, ma in seguito, che i lavori vengano ripresi il più in fretta possibile. La ringrazio, comunque, per l'attenzione.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Volontè n. 2-00509)
PRESIDENTE. Avverto che, per accordi intercorsi tra il Governo ed i presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Volontè n. 2-00509 è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Mungo n. 2-00531)
PRESIDENTE. Avverto che, per accordi intercorsi tra il Governo ed i presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Mungo n. 2-00531 è rinviato ad altra seduta.
(Misure per intensificare l'attività di protezione e monitoraggio delle forze dell'ordine nelle zone dove sono presenti tabaccherie - n. 2-00522)
PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00522 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, avevo già presentato questa interpellanza quasi due mesi fa, quando proprio a Padova era successo un fatto analogo a quello che adesso illustrerò. Chiaramente la questione è diventata di estrema attualità, perché, come tutti sappiamo, la sera del 5 maggio del 2007 il tabaccaio Claudio Monetti è stato ucciso a Torino durante una rapina verificatasi ai suoi danni in prossimità di un sportello bancario di cassa continua, dove si era recato a versare i proventi della sua giornata lavorativa.
L'aggressione, purtroppo, è costata la vita a Claudio Monetti. Questa violenza non è che l'ultima di una serie costata alla categoria ben quattro vittime negli ultimi quattro mesi. Le tabaccherie, in effetti, sono da tempo un obiettivo della criminalità ordinaria ed organizzata a causa degli ingenti flussi finanziari in transito nei singoli esercizi, come prova la circostanza che già nel 2004, in occasione della pubblicazione di un libro bianco sulla sicurezza, curato dalla Federazione italiana tabaccai, erano stati censiti circa 3.500 furti e rapine verificatisi nell'arco di due anni.
Malgrado le ripetute denunce e le sollecitazioni inoltrate alle autorità di pubblica sicurezza, la situazione non ha accennatoPag. 50a migliorare, convincendo numerosi titolari di tabaccherie a considerare l'opzione dell'autodifesa armata dei propri esercizi. Di tal genere è la situazione, grave, gravissima che voglio denunciare.
I tabaccai chiedono un'intensificazione delle attività di presidio da parte delle forze dell'ordine e altresì sostegni economici per fronteggiare le spese resesi necessarie per equipaggiare le rivendite di sofisticati sistemi di sorveglianza e di dispositivi anti-intrusione.
Province e regioni, a dir la verità, hanno già provveduto ad intervenire a sostegno della categoria dei tabaccai, anche prevedendo l'erogazione di contributi, ma ciò non è sufficiente: è richiesto un intervento legislativo di portata nazionale.
Vorremmo, pertanto, conoscere l'opinione del Governo in merito all'opportunità di intensificare l'attività di protezione e di monitoraggio delle forze dell'ordine nelle zone dove sono presenti tabaccherie, nonché sulla possibilità di prevedere iniziative legislative che contemplino agevolazioni e sgravi fiscali per le rivendite di tabacchi che intendano potenziare i propri sistemi di difesa passiva.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'onorevole Goisis ha ricordato i profili della sua interrogazione sui quali chiede una risposta dal Governo, ovverosia l'opportunità di intensificare l'attività di protezione e monitoraggio delle zone dove esercitano tabaccherie e misure di tutela e di agevolazione proprio nei confronti di tale categoria, che risulta tra le più colpite dai reati di tipo predatorio.
Con riferimento alla provincia di Torino, nel corso dell'anno 2007 sono stati complessivamente otto gli episodi di rapina in danno di tabaccherie: tre rapine sono state perpetrate sul territorio cittadino, mentre le restanti si sono verificate nei comuni della provincia.
Il dato complessivo evidenzia, tuttavia, un notevole decremento rispetto a quello dell'anno precedente, durante il quale si sono verificati trentatré episodi, diciotto dei quali sul territorio del capoluogo.
Le ragioni di questa tendenza sono da ricercare, da un lato, nelle accresciute misure di sicurezza passiva adottate dalle tabaccherie, molte delle quali sono ora provviste di sistemi di videosorveglianza interna, dall'altro lato, nel fatto che sul territorio cittadino è stato predisposto un incremento dei servizi di prevenzione e repressione, mirato a tenere sotto controllo i fenomeni di microcriminalità predatoria attraverso l'istituzione di apposite pattuglie su auto e moto, sia in uniforme, sia in abiti civili.
L'attenta analisi dell'anno scorso del detto fenomeno ha comportato un articolato piano anti-rapina, cui hanno concorso gli equipaggi della sezione antirapina della squadra mobile e le volanti della questura di Torino, impiegate nel controllo del territorio, oltre alle pattuglie appositamente istituite, dando vita ad una serie di servizi di prevenzione, previa ripartizione per zone di intervento con l'Arma dei carabinieri, e al potenziamento dei servizi investigativi.
Il dispositivo ha consentito di ottenere validi risultati, anche sotto il profilo della repressione, perché ha condotto all'arresto di sei persone.
L'episodio che l'onorevole Goisis ha ricordato (già citato nella sua interpellanza) e che ha visto il tragico omicidio di Claudio Monetti ha un carattere non comune all'ordinario svolgersi di tali tipologie di reato.
Infatti, durante l'anno in corso e durante il precedente, nella provincia di Torino si sono verificati unicamente due episodi di rapina in tabaccheria, caratterizzati dall'aggressione fisica della vittima da parte degli autori.
Sappiamo che i furti e le rapine in danno alle tabaccherie devono ricomprendersi nel più ampio fenomeno della criminalità diffusa, la quale alimenta la percezione di insicurezza nelle persone. La tipologia di tali esercizi commerciali rappresenta un obiettivo estremamente appetibilePag. 51per i rapinatori, dato il notevole volume di affari e la giacenza in cassa di rilevanti somme di denaro contante.
Inoltre, alcune delle tabaccherie colpite sono anche esercizi bar, con punto di vendita di tabacchi. In molti casi, infine, oltre all'incasso, sono oggetto di interesse da parte dei rapinatori, le schede per le carte telefoniche in vendita presso tali tipologie di negozi.
In base ai dati rilevati, nel 2006, su tutto il territorio nazionale, i furti, consumati e tentati, commessi presso le rivendite dei tabacchi sono stati complessivamente 3.712, vale a dire lo 0,25 per cento sul totale di 1.403.953 furti commessi in Italia, mentre le rapine sono state 774, vale a dire l' 1,55 per cento su un totale di 49.793.
Nel primo trimestre del 2007 sono stati invece commessi 1.263 furti e 284 rapine. Dalla analisi dei valori relativi ai citati episodi delittuosi, disaggregati per trimestre, si può constatare che nel 2006, a fronte del picco, registrato nel primo trimestre per entrambe le tipologie di reato predatorio, 1167 furti e 260 rapine, il numero dei reati commessi si è attestato su livelli inferiori anche se in tendenziale crescita, sia nel secondo trimestre, 786 furti e 110 rapine, sia nel terzo, 832 furti e 167 rapine, sia ancora nel quarto trimestre, 827 furti e 237 rapine, fino al nuovo picco del primo trimestre del 2007, che, come già detto, ha registrato 1263 furti e 284 rapine.
Nel corso di rapine a tabaccherie sono rimasti uccisi, nel 2006, in Giugliano in Campania, un avventore e, nel 2007, due tabaccai, uno a Verona e, come già detto, uno a Torino. L'analisi di questi fatti criminosi ha consentito di rilevare che i furti vengono generalmente perpetrati nelle ore di chiusura dell'esercizio commerciale, all'interno dello stesso, presso i distributori di tabacchi ubicati fuori del negozio.
I rapinatori generalmente agiscono isolatamente o, al massimo, in coppia, armati di coltelli, siringhe, pistole o armi occasionali. Spesso si presentano a volto scoperto, ricorrono a travisamenti di semplice realizzazione mediante occhiali, sciarpe, cappelli, caschi da motociclista.
È sicuramente condivisibile che le tabaccherie, per maggiori livelli di sicurezza, siano dotate di dispositivi di videosorveglianza, eventualmente collegati in teleallarme con le sale operative delle forze di polizia e che ciò integri l'attività necessaria di monitoraggio e prevenzione svolta dalle forze dell'ordine, con un'azione fortemente dissuasiva degli intendimenti criminali.
Recentemente, proprio a seguito di una accurata analisi delle fenomenologie delittuose concernenti i reati di rapina ai danni di esercizi commerciali, farmacie, tabaccherie, supermercati, il servizio centrale operativo della Polizia di Stato ha promosso, a far data dal 28 marzo scorso e sino al 28 di questo mese, un progetto di contrasto al fenomeno, con il concorso degli uffici territoriali della Polizia di Stato, consistente in un dispositivo complesso di prevenzione e di contrasto di tali tipi di delitto, con forme di presidio del territorio e di attività di investigazione mirate.
Relativamente alla richiesta di un intervento legislativo mirante all'introduzione di eventuali agevolazioni e sgravi fiscali per le rivendite di tabacchi che intendano potenziare i propri sistemi di difesa passiva, la legge 27 dicembre 1997 n. 449, all'articolo 11, ha introdotto incentivi fiscali, sotto forma di credito di imposta, a favore, in un primo momento, delle piccole e medie imprese operanti nel settore del commercio e del turismo, per l'acquisto di determinati beni strumentali nella misura del 20 per cento del costo di tali beni, al netto dell'IVA, nei limiti degli aiuti cosiddetti de minimis.
Con un successivo intervento integrativo, la legge 23 dicembre 1999, n. 488, all'articolo 7, comma 17, ha inoltre esteso l'ambito soggettivo delle agevolazioni in esame, prevedendone, in particolare, l'applicabilità anche alle rivendite di generi di monopolio, operanti in base a concessione amministrativa.Pag. 52
Con l'aggiunta del comma 1-bis all'articolo 11 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, il medesimo articolo 7 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, ha ampliato anche l'ambito soggettivo di applicazione della disciplina, prevedendone l'estensione anche ai beni strumentali all'attività di impresa, destinati alla prevenzione del compimento degli atti illeciti da parte di terzi, individuati con decreto dell'allora Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, e di concerto con l'allora Ministro delle finanze e con l'allora Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Le preciso che la normativa predetta rientra tra quelle trasferite alle regioni, - ai sensi dell'articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, - le quali, come già gli interpellanti hanno evidenziato, sono impegnate.
Vorrei dirle, in conclusione, che proprio tali iniziative delle regioni sono seguite con attenzione dal Governo, così come il Governo (nella specie, il Ministero dell'interno) è fortemente impegnato, perché considera la sicurezza nelle aree urbane una sua priorità. Per tale motivo, il monitoraggio che lei esprimeva come auspicio viene svolto con l'azione delle forze di polizia e anche - elemento che reputo importante - con il contributo valutativo dei sindaci, nell'ottica di garantire una sempre maggiore aderenza dei servizi alle istanze delle comunità locali. Credo che, in tale ottica, sia importante anche una disponibilità al dialogo con le organizzazioni di rappresentanza di tali categorie di commercianti, prevalentemente indicate ed esposte ai crimini di cui abbiamo parlato.
Con riferimento all'impegno che il Governo intende assumere, con l'ausilio dei sindaci, le comunico che, proprio il prossimo 22 maggio, sarà firmato il patto per la sicurezza di Torino; così come, credo, domani sarà firmato quello per la sicurezza di Roma e, successivamente, quelli per le altre città. A mio avviso, tali patti rappresentano passaggi molto importanti, nella logica di una necessaria sinergia, che si deve sviluppare per dare una risposta alla domanda di sicurezza dei cittadini: una risposta che crediamo deve essere partecipata, cioè proveniente da parte di tutte le amministrazioni e non solo.
PRESIDENTE. L'onorevole Goisis ha facoltà di replicare.
PAOLA GOISIS. Signor Presidente, in riferimento alle ultime parole del sottosegretario, vorrei riprendere la questione del dialogo: è vero che bisogna dialogare con le categorie. Infatti, mi è appena stato comunicato che tali dialoghi sono stati intrapresi: sono stati aperti tavoli con i prefetti, con i questori, con le forze di polizia e con i sindaci. Ma la categoria dei tabaccai, ormai, è stanca: non si accontenta più di dialoghi e parole. La categoria dei tabaccai vuole risposte, perché è inaccettabile morire a 38 anni, mentre si lavora onestamente! Tale categoria si sta lamentando, perché tutto il sistema non funziona: i tabaccai si trovano a vivere, così come anche gran parte della popolazione (in modo particolare del nord, della Padania, che io rappresento) in una situazione di paura e di terrore.
Tale situazione è iniziata con le rapine in villa, di cui tutti avete sentito parlare e che conoscete. Ormai non è più possibile vivere tranquillamente e si è obbligati ad essere prigionieri, detenuti in casa propria. Chiaramente i tabaccai non possono mettere le inferriate alle finestre, perché la loro attività li costringe ad essere a contatto con la gente e i clienti. È una situazione di paura continua, ma bisogna considerare che lo Stato deve fornire risposte concrete e immediate. Non si può aspettare anni per arrivare a delle soluzioni, anche perché i tabaccai svolgono un'attività di esattori, ma di serie B. Infatti se è vero che essi ricavano un guadagno di soli 15 centesimi dalle ricariche telefoniche, si comprende come 15 centesimi non possano di certo valere la vita di una persona che lavora otto o dieci ore al giorno.
D'altra parte è necessario considerare che il 90 per cento del denaro che transita nelle tabaccherie è destinato allo Stato.Pag. 53Pertanto, i tabaccai svolgono un lavoro di custodia e transito del denaro da riversare allo Stato.
Questa situazione di incertezza e di paura li ha portati, oramai, all'esasperazione, come dimostrato anche dal fatto che ben 700 titolari di tabaccherie - pari al 15 per cento degli iscritti ad Assotabaccai - hanno già disdetto i contratti per i servizi con questo tipo di rendimenti. Si comprende perfettamente, lo Stato e il Governo comprendono che non è possibile continuare in questo modo. Lo Stato deve dimostrare di accorgersi del problema.
D'altra parte, i tabaccai subiscono oltre al danno anche la beffa perché, purtroppo, le somme rapinate devono essere restituite. Penso alla famiglia di Torino che, oltre ad avere perso il padre e il marito, deve anche provvedere a restituire il denaro rubato.
Per questi motivi, è evidente che non posso dichiararmi soddisfatta. I tabaccai si dicono impotenti e arrabbiati. Bene! Anch'io mi sento così, perché ci troviamo a dover difendere il nostro territorio anche con atteggiamenti chiaramente provocatori quali, ad esempio, l'istituzione delle ronde. Con le ronde si è voluta esprimere la nostra vicinanza alla nostra gente, che si sente abbandonata dallo Stato, il quale pensa solo ai detenuti, ai delinquenti, a coloro che violano tutte le leggi e gli elementi del vivere civile e che, anche se arrestati, vengono rimessi in libertà subito dopo. In ogni caso, c'è sempre l'indulto, grazie al quale possono tornare a delinquere. Faccio questa affermazione con cognizione di causa. Ad esempio, l'episodio verificatosi un paio di mesi fa a Padova, che mi ha indotto a presentare questa interpellanza, si riferisce ad una rapina in via Palestro. Il balordo che ha fatto questa rapina era già stato condannato per una serie di reati della stessa specie. Quando è stato arrestato, grazie all'attività della polizia e dei carabinieri, ben tre giorni dopo è stato rimesso in libertà, pronto a delinquere nuovamente.
Pertanto, ben si comprende come la questione sia molto grave, perché ciò che si chiede è la certezza della pena. Circa quindici giorni fa abbiamo votato a favore dell'istituzione di una Commissione che deve verificare, all'interno delle carceri, se i detenuti sono trattati secondo le regole civili e se vengono rispettati i loro diritti. Tuttavia, noi ci chiediamo se sia possibile pensare sempre ed esclusivamente ai delinquenti, quando i padri di famiglia, i figli e le madri vengono abbandonati costantemente al loro destino.
Purtroppo, questo Governo, quest'Italia possiamo definirli il Paese del perdonismo giudiziario. Senza contare che, in ogni caso, anche se i delinquenti vengono processati e condannati, nel giro di pochissimo tempo - grazie all'indulto, oppure alle varie scappatoie previste dal nostro sistema giudiziario - li troviamo di nuovo liberi, ad agire indisturbati.
Pertanto, è chiaro che non posso certo dire di essere soddisfatta, come mi diranno anche i tabaccai che ci hanno ascoltato oggi e che chiaramente non si sentono assolutamente tutelati.
È vero che ora - come ha ricordato il sottosegretario - la questione viene passata alle regioni, però è chiaro che, se lo Stato si preoccupa tanto dei delinquenti e di coloro che vengono nelle nostre case, nei nostri negozi, nelle nostre attività commerciali, a mettere in pericolo la nostra vita, quella dei nostri figli, dei nostri padri e dei nostri mariti, anche noi vogliamo risposte sicure, risposte serie.
Non si può continuare sempre a parlare di buone intenzioni: occorre davvero dare una risposta, perché le risposte che ci vengono fornite non ci bastano, non sono sufficienti.
Dicevo prima che siamo costretti a mettere le inferriate alle finestre. In Veneto, dove io abito, eravamo abituati ad uscire di casa lasciando le porte aperte; non occorreva neppure chiudere a chiave, perché il vicino dava un'occhiata, ma nessuno avrebbe osato entrare nelle nostre case. Oggi non siamo più liberi: nonostante le inferriate, nonostante i sistemi di allarme, arrivano ancora questi delinquenti a mettere in pericolo la nostra vita.
Dunque, capite bene che, se i commercianti o i tabaccai, in questo caso, hannoPag. 54la pistola nel cassetto, la responsabilità - se dovessero succedere fatti come quelli avvenuti ad Abano, in provincia di Padova, o anche in tante altre città - non può essere nostra o della nostra gente: la responsabilità è di questo Governo e di questa sinistra, che ha molto più a cuore delinquenti, extracomunitari e tutti coloro che vengono a mettere in pericolo la nostra vita, la nostra esistenza, la nostra cultura, le nostre tradizioni, piuttosto che la gente onesta, la gente civile (quale è la gente padana e, comunque, italiana in genere). Si tratta di gente che lavora tutta la vita, che esercita continuamente il proprio lavoro in modo onesto e che si vede poi scippare la maggior parte (il 45-50 per cento) dei propri proventi e dei propri guadagni, sudati con ore e ore, giornate intere di lavoro, per impiegarli per istituire commissioni in difesa dei detenuti o, magari, vengono sprecati a Napoli, per esempio, per i rifiuti, dove dopo tredici anni di attività svolta non si vuole ancora risolvere tale problema (tanto è vero che, se questi rifiuti devono essere eliminati, vengono portati al Nord).
Non vogliamo più accettare tali situazioni. Dal Governo e dalla sinistra vogliamo risposte certe. Non ci bastano le affermazioni secondo le quali nel 2007 ci sono state soltanto due morti. Non deve esservi neanche un morto, un nostro concittadino ucciso, una famiglia che venga lasciata in balia dell'impossibilità di vivere e di lavorare.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLA GOISIS. Questi bambini cosa faranno senza più l'assistenza del padre ? L'assistenza poi, caso strano, non viene mai rivolta verso le persone del Nord, anche perché hanno una dignità tale da non andare a piangere e a chiedere aiuti e assistenza. La gente del Nord non è abituata a chiedere assistenza, ma è abituata a lavorare.
Dunque, ripeto la mia sollecitazione e il mio urlo.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
PAOLA GOISIS. Governo, sinistra, pensateci e cercate di risolvere il problema, altrimenti succederà una rivoluzione, perché essere buoni va bene, ma - si dice in Veneto - cojoni no!
PRESIDENTE. Onorevole Goisis, mi consenta di richiamarla ad un maggiore rispetto dell'istituzione nella quale ci troviamo.
PAOLA GOISIS. Ho parlato in lingua veneta, in Veneto si parla così!
(Rinvio dell'interpellanza urgente Leone n. 2-00489)
PRESIDENTE. Avverto che, per accordi intercorsi tra il Governo ed i presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Leone n. 2-00489 è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative per inserire la discarica tossica di Bussi sul Tirino tra i siti inquinati di interesse nazionale - n. 2-00502)
PRESIDENTE. L'onorevole Fasciani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00502 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
GIUSEPPINA FASCIANI. Signor Presidente, illustro questa interpellanza anche per dare voce al grande allarme suscitato in tutto il territorio della regione Abruzzo per la scoperta della discarica di rifiuti tossici situati a Bussi sul Tirino, in provincia di Pescara.
L'ampiezza del sito di rifiuti tossici e chimici, quantificata, in sede di prima valutazione, intorno alle 250 mila tonnellate, la sua profondità, la sua composizione ancora in via di accertamento, richiede una grande e urgente attenzione da parte del Governo.
Bussi sul Tirino è situato vicino al fiume Pescara, ai cui confini è stato scoperto dal Corpo forestale dello Stato il sito inquinato. In tale zona insiste il poloPag. 55chimico industriale ceduto nel 1999 dalla Montedison all'attuale Solvay. La zona è ora posta sotto sequestro dall'autorità giudiziaria e, da quanto risulta, l'ARPA regionale sta effettuando le analisi necessarie. Sembrerebbe che, al momento, non sussistano contatti tra i rifiuti e le falde acquifere, ma è stato autorevolmente rilevato in sede tecnica, in data 7 aprile 2007, che il rischio è rappresentato dal percolamento delle acque piovane. Il sottosuolo di Bussi è il luogo di incontro di molta parte delle acque provenienti dalle sorgenti del Massiccio del Gran Sasso e della Maiella. Un eventuale inquinamento di tale zona di confluenza comporterebbe un disastro sia ambientale sia con conseguenze sulla salute dei cittadini senza precedenti.
Il fiume Aterno-Pescara attraversa tutta la Val Pescara, sfociando nel mare Adriatico. La popolazione interessata ad un eventuale inquinamento chimico ammonta ad oltre 400 mila abitanti, un terzo della popolazione abruzzese.
Nel consiglio comunale straordinario di Bussi, tenutosi il 1o maggio 2007, a cui hanno partecipato tutte le istituzioni locali e regionali, le organizzazioni sindacali, le associazioni ambientaliste, sono stati sollecitati interventi urgenti e qualificati, deliberando all'unanimità la necessità di procedere ad un'adeguata analisi del sito, all'elaborazione di un conseguente progetto di messa in sicurezza e ad un corrispondente progetto di definitiva bonifica.
Desta, inoltre, forte preoccupazione l'affermazione degli investigatori, riportata nel resoconto stenografico del 22 marzo 2007 della Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, per molta parte secretato, in sede di audizione del sostituto procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pescara, dottor Aldo Aceto, secondo cui il sito individuato, attualmente stimato in 250 mila tonnellate, sarebbe solo la punta di un iceberg, ovvero di una allocazione territoriale ben più vasta.
Da tutto ciò si evince l'eccezionalità del problema, a cui bisogna rispondere con una pari eccezionalità di interventi, altamente qualificati e specialistici e di risorse finanziarie adeguate. Già sono stati stimati necessari, credo per una prima bonifica, 60 milioni di euro. Per tali motivi chiediamo che il sito di Bussi, con la massima urgenza, venga inserito tra i siti di interesse nazionale così come previsto dalla legge n. 426 del 1998.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Laura Marchetti, ha facoltà di rispondere.
LAURA MARCHETTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signora Presidente in merito a quanto indicato nell'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Fasciani ed altri, in cui si chiede se tra gli intendimenti del Ministero per l'ambiente e la tutela del territorio rientri la possibilità di qualificare l'area di discarica di Bussi sul Tirino tra i siti da bonificare di interesse nazionale si riferisce quanto segue.
In data 7 maggio 2007 si è tenuta una riunione presso il dipartimento della Protezione civile in cui il rappresentante della regione Abruzzo ha confermato l'intenzione della regione medesima e del comune di Bussi di richiedere l'inserimento dell'area tra i siti da bonificare di interesse nazionale. Al riguardo si fa presente che l'articolo 252, comma 2, del decreto legge n. 152 del 2006 stabilisce che «All'individuazione dei siti di interesse nazionale si provvede con decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, d'intesa con le regioni interessate, secondo i seguenti principi e criteri direttivi: a) gli interventi di bonifica devono riguardare aree e territori, compresi i corpi idrici, di particolare pregio ambientale; b) la bonifica deve riguardare aree e territori tutelati ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42; c) il rischio sanitario ed ambientale che deriva dal rilevato superamento delle concentrazioni soglia di rischio deve risultare particolarmente elevato in ragione della densità della popolazione o dell'estensione dell'area interessata;Pag. 56d) l'impatto socio economico causato dall'inquinamento dell'area deve essere rilevante; e) la contaminazione deve costituire un rischio per i beni di interesse storico e culturale di rilevanza nazionale; f) gli interventi da attuare devono riguardare siti compresi nel territorio di più regioni».
Inoltre, il medesimo articolo 252, comma 3, stabilisce che: «Ai fini della perimetrazione del sito sono sentiti i comuni, le province, le regioni e gli altri enti locali, assicurando la partecipazione dei responsabili, nonché dei proprietari delle aree da bonificare, se diversi dai soggetti responsabili».
Alla luce di quanto esposto, nel puntuale rispetto delle sopra citate previsioni normative il ministero che rappresento dichiara la più ampia e urgente disponibilità a valutare, tramite adeguata istruttoria tecnica, la fattibilità del predetto inserimento, evidenziando, sin d'ora, che la richiesta regionale di inserimento tra i siti da bonificare di interesse nazionale dovrà ricomprendere, non solo l'area di discarica recentemente scoperta, ma anche l'intera area industriale di Bussi sul Tirino, compreso quindi il polo chimico-industriale ad esso contermine.
PRESIDENTE. L'onorevole Fasciani ha facoltà di replicare.
GIUSEPPINA FASCIANI. Prendo atto dell'attenzione del ministero nel valutare, attraverso un'istruttoria, l'inserimento della area di Bussi sul Tirino nei siti di interesse nazionale. Credo che, nel procedere in questo lavoro, sia necessario coinvolgere gli enti locali perché valuto un rischio di esclusione. Infatti, come il sottosegretario saprà, per il fiume Aterno-Pescara è stato nominato un commissario straordinario, il quale dovrebbe essere «incentivato» a far partecipare alle riunioni ed ai tavoli tecnici gli enti locali interessati. Mi riferisco, in particolare, alla provincia di Pescara e al comune di Bussi sul Tirino.
Chiedo, tra l'altro, e mi auguro che così si faccia, si valuti attentamente la necessità, non solo della messa in sicurezza immediata, ma anche della bonifica perché ho la sensazione che si «impacchetti» tutto con un bel fiocco celeste, mentre la bonifica è lungi dall'essere realizzata. Inoltre, è necessario valutare con le autorità locali se sia necessario, in via del tutto precauzionale, chiudere, anche nei prossimi giorni, i pozzi d'acqua potenzialmente inquinabili. Sappiamo, infatti, che c'è abbondanza di acqua per rifornire il consumo dell'utenza per cui si possono individuare e chiudere almeno i pozzi più a rischio.
Auspico, naturalmente, che questa valutazione, questa istruttoria tecnica del ministro sia immediata e che si possa dare sicurezza a 400 mila abitanti.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.