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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Rapporti intercorsi tra la Siemens AG e le società IRI, Stet e Italtel - n. 2-00515)
PRESIDENTE. La deputata Biancofiore ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00515 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, sottosegretario Levi - verrebbe da dire: ancora lei!- non posso esimermi dall'elogiarla per lo spirito di sacrificio che la unisce al suo leader che, invece di affrontare le avversità personali di petto,Pag. 37dice ai suoi sottoposti, con tutto il rispetto: armiamoci e partite. Dunque, non può certo chiamarsi leader.
Mi chiedo, però, se lei, sottosegretario, sia consapevole (spero di sì, visto la sorte toccata al suo collega Rovati) di aver già reso false dichiarazioni al Parlamento nel corso dello svolgimento della prima interpellanza e che non è opportuno indugi nello stesso atteggiamento. La ascolteremo, pertanto, con molta attenzione. Confidiamo, inoltre, che questa volta sia stato preparato minuziosamente, visto anche l'ulteriore tempo che si è preso, dalle ore 16 a questo momento, per fantomatici impegni legati al Consiglio dei ministri cui, però, non mi risulta partecipino anche i sottosegretari. È vero che il Governo Prodi si munisce di regole autoreferenziali in ogni campo, ma ciò sarebbe troppo anche per voi!
Considerato, inoltre, che ora la riunione del Consiglio dei ministri è terminata, sarebbe stato opportuno che il Presidente del Consiglio non indugiasse nella politica delle «tre scimmiette», ma trovasse il coraggio per riferire di persona al Parlamento che lui, evidentemente, considera, come ha già dimostrato in passato, un fastidioso impiccio.
Torniamo ai fatti. Il 14 dicembre scorso il Governo (nella sua persona, sottosegretario Levi, invero piuttosto imbarazzato), ammettendo di non essere in grado di rispondere ad una mia analoga interpellanza sul tema in questione - che ancora una volta vede inciampare il professor Prodi in una materia a lui particolarmente cara, ovvero la telefonia di Stato - ha chiesto, fatto inusuale per il Parlamento, ulteriore tempo per rispondere e, dunque, la presentazione tecnica di una successiva interpellanza.
Lo abbiamo preso in parola. Ciò anche perché ne abbiamo sentito il dovere innanzi al Paese, alla luce dei nuovi e gravissimi fatti emersi dalle inchieste delle procure di Bolzano, di Milano, nonché delle procure svizzere e tedesche, e riportati da alcuni autorevoli organi di stampa nazionali. Tali fatti coinvolgono direttamente, sebbene non indagandolo formalmente - e lo sottolineo -, l'attuale Presidente del Consiglio.
Il professor Romano Prodi, all'epoca dei fatti, era infatti presidente dell'IRI, ovvero della società a capitale pubblico chiamata a dare il benestare, per stessa ammissione implicita di Prodi (si legga il discorso alle Camere del 28 settembre scorso su un analogo caso Telecom), e cito testualmente le sue parole, sui più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa.
L'Italtel è stata coinvolta in uno di questi processi. L'azienda italiana, al centro dello scandalo internazionale che sta coinvolgendo la consorella tedesca Siemens Ag - sospettata di aver pagato tangenti anche in Italia per aggiudicarsi il 50 per cento dell'azienda della telefonia italiana - rientra tra quelle privatizzazioni poste in essere, per sua stessa e orgogliosa ammissione, dall'IRI di Prodi.
Tali privatizzazioni hanno poi riguardato anche altri settori come quelli della produzione di pelati e di panettoni, i supermercati, e via dicendo, con gli esiti noti al Paese intero.
L'Italtel - è bene che si sappia - era il fiore all'occhiello nel settore manifatturiero della telefonia dell'epoca. Era un società in grado di competere e sbaragliare colossi come l'americana AT&T o la svedese Ericsson nell'innovazione tecnologica per la telefonia e le telecomunicazioni, concorrenti curiosamente battute da Siemens nella successiva acquisizione.
Era un'azienda che dava lavoro a 14.786 lavoratori superspecializzati sparsi nel mondo ad installare reti portanti, sistemi di commutazione, centraline digitali e via dicendo. Oggi è, viceversa, storia di ordinario declino, con un insediamento fantasma a Carini, in provincia di Palermo, e a Castelletto, nel comune di Settimo Milanese, con una forza lavoro dipendente pari a duemila anime scarse. Ciò conferma che anche Italtel si deve annoverare tra le tante privatizzazioni fallite operate dall'IRI di Prodi e delle quali l'Italia intera dovrebbe chiedergli conto.Pag. 38
C'è qualcosa che lascia esterrefatti, in quest'ennesimo malaffare italiano che vede coinvolto l'attuale Presidente del Consiglio, già Presidente IRI e senior advisor della Goldman Sachs, che rivede spuntare alcuni suoi collaboratori odierni e dell'epoca: Silvio Sircana, capoufficio stampa dell'Italtel e Massimo Tononi, già assistente di Prodi all'IRI e dirigente della Goldman Sachs nel settore acquisizioni e fusioni delle imprese, oggi sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, nonché la solita banca d'affari della quale il professor Prodi era consulente.
Ciò che lascia esterrefatti è proprio l'evidente contraddittorietà delle affermazioni di Prodi e del suo staff, tanto più gravi perché rese da esponenti del Governo nel Parlamento italiano e dal Presidente del Consiglio nel Paese e, come poi è accaduto anche nell'analogo caso Telecom Rovati, risultate, fatti e documenti alla mano, in ogni caso non corrispondenti alla realtà.
Infatti, da una parte, lei, sottosegretario Levi, affermava testualmente che l'operazione in oggetto è stata perfezionata nella primavera del 1994 e che comunque la decisione in merito rientrava e rientra nell'esclusiva sfera di valutazione e di decisione, dati i rapporti esistenti all'interno del gruppo IRI, della società interessata Italtel e della sua controllante STET Spa; e la capogruppo IRI Spa è stata oggetto esclusivamente di un informativa. Dall'altra parte, però, un comunicato di Palazzo Chigi del 18 aprile scorso, in piena contraddizione con quanto da lei dichiarato al Parlamento pochi mesi prima, in un primo take d'agenzia, affermava che le attività di privatizzazione compiute dall'IRI nel periodo in cui Romano Prodi ne era presidente sono tutte regolari, cadendo nella più classica excusatio non petita. Con ciò si è confermato, nei fatti, che Prodi era a conoscenza della privatizzazione di Italtel in atto (sulla quale la procura di Bolzano indaga per corruzione: è bene sottolinearlo) e si è anche affermato che l'operazione era regolare, sconfessando, di conseguenza, proprio lei, sottosegretario Levi, che per primo dovrebbe trarne le conseguenze.
In un secondo take d'agenzia, però, lo staff di Palazzo Chigi, essendosi evidentemente confrontato e accortosi della gaffe che avrebbe portato a gravi conseguenze per lei, sottosegretario, ha ripetuto pedissequamente quanto da lei affermato nel corso della seduta del 14 dicembre scorso, ovvero che l'IRI non c'entrava e che, dunque, il professor Prodi non sapeva.
È una girandola di bugie e contraddizioni, che ricordano l'affaire Telecom Rovati, guarda caso di Goldman Sachs, e che finiscono per smentire Prodi stesso e il suo famigerato «rap prodiano» che gli faceva dire, alla Camera dei deputati, nel tentativo di discolparsi per la «ristatalizzazione» di Telecom, che per lui in particolare ciò avrebbe significato sconfessare parte della sua storia professionale, visto che da presidente dell'IRI in quegli anni, aveva avviato - è bene sottolinearlo - uno dei più consistenti processi di privatizzazione intrapresi in Europa.
Dunque, se il Presidente del Consiglio e il suo sottosegretario continuano, con evidenti contraddizioni, a scavarsi da soli il terreno sotto i piedi mentendo, va da sé pensare che qualcosa di oscuro, di profondo, di non dichiarabile, rende impossibile dire la verità.
Ma può un Paese come l'Italia essere governato da un Presidente del Consiglio e dai suoi collaboratori, di Governo e personali, implicati in veri e propri conflitti di interessi - questo sì - tra pubblico e privato, nei quali ogni limite tra la politica e gli affari viene con tutta evidenza travalicato? Non noi, ma un componente della vostra stessa maggioranza, ha recentemente dichiarato: Romano Prodi, piuttosto che affrontare i nodi sociali del Paese, dedica la sua principale attività ad incoraggiare o scoraggiare, consigliare o sconsigliare cordate. È esattamente quello che un Capo del Governo non dovrebbe fare.
Può un Paese accettare di avere a Palazzo Chigi - mutuo le parole del Presidente Tremonti - un comitato d'affariPag. 39che, invece di pensare all'interesse generale del Paese, pensa a quello particolare dei soliti nomi noti degli ultimi 15 anni? Quanto semplice sarebbe stato, viceversa, se non vi fosse stato nulla di anomalo! Che il professor Prodi ammettesse di sapere, come era inevitabile, è confermato non solo da un'indignato ex amministratore delegato della STET, Biagio Agnes, ma dalle sue stesse parole e da una moltitudine di documenti agli atti delle procure, da missive di ambasciatori e della stragrande maggioranza di coloro che avevano responsabilità dirigenziali nelle aziende protagoniste dell'interpellanza. Si tratta di documenti che, sotto molteplici forme, come riportato nel dettaglio dell'interpellanza, portano sempre ad un unico ed eccellente nome: Romano Prodi (e non si tratta di un caso di omonimia!).
Quanto semplice sarebbe potuto essere per lei, signor sottosegretario, rispondere almeno alla più facile di tutte le domande poste da me e dal gruppo Forza Italia, ovvero chi fosse, all'epoca dei fatti, il presidente dell'Iri controllante! Perché non lo ha fatto, ritenendo, viceversa, di leggere un documento richiesto alla procura della Repubblica di Bolzano, contenente dettagli da me già evidenziati, perché riportati in una sentenza definitiva del GUP di Bolzano dell'ottobre 2005, che non davano alcuna risposta?
Perché il Presidente del Consiglio avrebbe dato mandato ai suoi legali, secondo i comunicati di Palazzo Chigi - leggo testualmente -, « di porre in essere tutte le iniziative a tutela della propria immagine e reputazione », facendosi forte dell'inesistente smentita effettuata dalla procura della Repubblica di Bolzano, rispetto ai contenuti e al titolo dell'articolo che affermava che egli era oggetto dell'indagine, quando l'unica cosa vera affermata dalla procura della Repubblica era che il Presidente del Consiglio non fosse formalmente indagato, e non che non fosse oggetto delle indagini, come riferito, in un'intervista virgolettata, dal procuratore capo della Repubblica di Bolzano Cuno Tarfusser? Erano indagini delle quali, peraltro, con estrema gravità, il Presidente del Consiglio era già a conoscenza per il tramite del suo Viceministro dell'economia e delle finanze, che, attraverso i controlli sugli accessi ai dati fiscali del Premier, all'epoca comune cittadino, ha probabilmente provocato una fuga di notizie su accertamenti in corso coperti da segreto istruttorio e sulla quale il gruppo Forza Italia ha presentato un'interrogazione a risposta immediata.
I quotidiani interessati, però, così come l'interpellanza in oggetto, signor sottosegretario, non intendono accertare - anche perché non rientra nei compiti né della stampa né del Parlamento, bensì della magistratura - se il Presidente Prodi sia in qualche modo coinvolto in fatti illeciti di natura industriale, bensì - e questo è palese - che egli è stato eticamente scorretto con il Parlamento e con il Paese, mentendo ancora una volta sul suo ruolo e sul suo coinvolgimento in una privatizzazione. Si tratta di una privatizzazione che ha impoverito il paese e ha portato al licenziamento di migliaia di lavoratori, nella quale fu prescelta la cordata tedesca, anche a fronte di migliori offerte di altri operatori, e nella quale venne anche totalmente meno quella salvaguardia dell'italianità invocata dalla Presidenza del Consiglio nel caso Telecom e, viceversa, criticata in passato, all'epoca delle tentate scalate bancarie.
Dunque, la commistione tra politica e affari, a quanto pare, nella visione prodiana diventa strutturale, permanente e pervasiva. Non è quanto meno singolare, oltre che attestante il coinvolgimento del Presidente, signor sottosegretario, il fatto che la personale conoscenza del professor Romano Prodi, già senior advisor della Goldman Sachs (banca oggetto dell'inchiesta da parte della procura di Bolzano per un bonifico da dieci milioni di euro non contabilizzato) venga citata dal capo della filiale Goldman Sachs di Francoforte, Arthur Walter, in una missiva al dottor Moser, capo delle fusioni e acquisizioni di Siemens, quale valore aggiunto per far conferire alla Goldman Sachs il mandato di advisor nell'affare Siemens-Italtel, cosa che puntualmente avvenne? Non vi sembraPag. 40quanto meno conflittuale e inopportuno che negli stessi anni la società ASE - lo dico io, visto che lei, signor sottosegretario, in passato si è sottratto -, il cui legale rappresentante risultava essere la signora Flavia Franzoni, moglie dell'attuale Premier, risultasse intrattenere rapporti di consulenza con la stessa Goldman Sachs? Perdoni la mia curiosità, ma con tutto il rispetto per la signora Franzoni, mi chiedo che tipo di consulenza potesse fornire un'insegnante a una banca d'affari internazionale. Ce ne può dare conto?
Alla luce dei riscontri riportati dalla stampa nazionale ed internazionale, dunque, il Presidente del Consiglio dovrebbe trarre le conseguenze di chi, chiamato a ricoprire una delle più alte cariche istituzionali del Paese, mente allo stesso senza riguardo e apparentemente senza motivi comprensibili.
Il Presidente del Consiglio dovrebbe trarne le conseguenze, perché questo è l'ennesimo gravissimo episodio che lo vede coinvolto nei fatti, documenti alla mano, e che in qualsiasi altro paese europeo avrebbe portato alle dimissioni di un Capo di Governo responsabile. O finirà per liquidare anche questa faccenda con la sua tipica affermazione: ma che stiamo diventando matti?.
Altrimenti, ha un'alternativa: abbia il coraggio di smentire tutte le missive citate in mano alle procure, come chiediamo nei quesiti che seguono. Affermi, ancora una volta, che era all'oscuro di tutto e si prenda la responsabilità di queste eventuali affermazioni davanti al Parlamento. Se verrà - come crediamo - scoperto a mentire dai fatti e dagli atti, che cercheremo di produrre, tragga immediatamente le conclusioni invocate dal Paese.
Vogliamo, dunque, sapere cosa risponde Prodi, non lei signor sottosegretario, all'intervista virgolettata al quotidiano Il Giornale, nella quale l'ex Presidente della STET, Biagio Agnes, ha confermato, leggo testualmente, che «i vertici dell'IRI avevano avuto un ruolo attivo nella privatizzazione di Italtel e che quando la STET trattava di acquisizioni, fusioni, scorpori, vendite, dovevano - sottolineando il dovevano - necessariamente avere il placet dell'IRI perché era il loro maggiore azionista».
Lo stesso ex-presidente della Stet ha sentenziato che all'IRI sapevano, eccome, e che la risposta del Presidente Prodi circa l'estraneità dell'IRI all'epoca dei fatti e della sua presidenza lo faceva sorridere di amarezza e che quando saltano fuori le inchieste penali sulle cessioni delle aziende del gruppo IRI Prodi risponde sempre di non saperne nulla e non è vero: non sono parole mie, ma di Biagio Agnes.
E, ancora, cosa ha l'ardire di dirci il Presidente Prodi sul fatto che la procura di Bolzano non ha affatto smentito che sia in atto un qualsiasi tipo di indagine a carico del Presidente del Consiglio dei ministri (forse si ravvisa qualche pressione sulla Procura di Bolzano, stante le dichiarazioni di Palazzo Chigi); infatti, la procura ha acquisito le fatture emesse dal Presidente Prodi alla Goldman Sachs, advisor di Siemens e ha avviato accertamenti patrimoniali su Prodi, su sua moglie e sulle loro società. La stessa procura, pur confermando che il Presidente del Consiglio non è formalmente coinvolto nella loro indagine, ha ammesso di indagare per corruzione in merito alla vicenda della vendita di Italtel a Siemens.
Ha il coraggio di dire il Presidente Prodi, per caso, che è una bugia che egli, senior advisor di Goldman Sachs Italia, venga citato da quest'ultima nel sostenere che la sua passata presidenza dell'IRI, con successivo rientro nel 1993, avrebbe costituito uno dei validi elementi per riconoscere alla stessa Goldman Sach il contratto di consulenza con Siemens, proprio per curare l'affare di acquisto Italtel?
PRESIDENTE. La invito a concludere.
MICHAELA BIANCOFIORE. Mi avvio a concludere, signor Presidente, utilizzando anche cinque minuti della replica.
Si tratta, in particolare, della sopracitata lettera scritta da Arthur Walter, responsabile Goldman Sach Frankfurt, al dottor Moser, direttore dell'ufficio fusioni e acquisizioni di Siemens Germania, protocollataPag. 413 febbraio 1993 e pubblicata da Il Giornale in data 19 aprile, nella quale si esprime anche l'intenzione di presentare, dunque, al dirigente Siemens i loro colleghi esperti industriali per discutere le alternative concernenti Italtel.
PRESIDENTE. Mi dispiace, ma la prego di concludere.
MICHAELA BIANCOFIORE. Sto concludendo.
PRESIDENTE. Mi fanno notare che non può utilizzare il tempo della replica.
MICHAELA BIANCOFIORE. Dalla mia stessa replica, non posso?
PRESIDENTE. No, non è possibile, mi dispiace. La prego.
MICHAELA BIANCOFIORE. Tra quei colleghi esperti industriali figurava appunto un certo Romano Prodi.
Potrei leggere tutte le altre missive - vado concludendo - ma sono comunque già riportate negli atti parlamentari dov'è pubblicata l'interpellanza. Sono tutti atti - ribadisco - documenti...
PRESIDENTE. La prego, davvero, non si faccia richiamare. Deve concludere.
MICHAELA BIANCOFIORE. Concludo, signor Presidente. Con altre persone di solito è un po' più magnanimo.
PRESIDENTE. Non è vero, assolutamente. Lo sono stato molto con lei, che ha parlato oltre un minuto e mezzo il tempo a sua disposizione.
MICHAELA BIANCOFIORE. In aula non è presente una grande folla ed è una cosa importante per il Paese.
PRESIDENTE. La prego di non insistere. Le regole valgono per tutti in tutti i casi.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, magari valessero per tutti, sarebbe un'ottima cosa.
PRESIDENTE. Io lavoro perché valgano per tutti.
MICHAELA BIANCOFIORE. Va bene. Vado concludendo e chiedo che venga il Presidente Prodi a dire la verità su questa faccenda - se lei, sottosegretario, avrà qualcosa da dirci in più ne saremo contenti - altrimenti, se dovrà ancora una volta mentire al Paese e al Parlamento, ne tragga le conseguenze, sottosegretario, ma soprattutto si rivolga al suo Presidente del Consiglio.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario, vorrei salutare, anche a nome dell'Assemblea, un gruppo di emigranti italiani del Laufenbug, in Svizzera, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Franco Levi, ha facoltà di rispondere.
RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, riprendendo il filo delle considerazioni svolte in aula il 14 dicembre scorso, rispondo all'interpellanza degli onorevoli Biancofiore, Bondi, Elio Vito, Leone e La Loggia.
In via preliminare e, dunque, prima di entrare nel merito dell'interpellanza, desidero dare conto delle informazioni ricevute, tramite il Ministero della giustizia, dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Bolzano, impegnato, come si sa, nelle indagini relative all'eventuale filone italiano delle tangenti Siemens.
Già cinque mesi fa il Procuratore di Bolzano aveva dichiarato pubblicamente che sul Presidente del Consiglio Prodi non era in corso alcuna indagine.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 17,55)
RICARDO FRANCO LEVI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Esattamente una settimana, cioè in data 10 maggio, il procuratore ha fatto presente che nei cinque mesi successivi alla sua prima comunicazione «Nulla di rilevante è successo sotto il profilo investigativo, se si esclude l'acquisita conferma dell'originaria ipotesi investigativa».
Per quanto concerne le notizie apparse recentemente sul quotidiano Il Giornale, cui l'interpellanza fa riferimento, il procuratore di Bolzano si è riportato integralmente ad un suo precedente comunicato stampa e, in relazione specifica all'articolo dal titolo «Una procura setaccia gli affari di Prodi», ha detto, cinque giorni fa: «Escludo che il Presidente del Consiglio dei ministri sia indagato nell'ambito dell'indagine condotta dalla procura della Repubblica di Bolzano sulla vicenda della cessione di consistenti quote di Italtel alla Siemens, avvenuta a metà degli anni Novanta, allorquando l'Italtel era in fase di privatizzazione».
Tale formale presa di posizione del procuratore di Bolzano potrebbe di per sé essere sufficiente a sgomberare il terreno da ogni ipotesi, supposizione o voce riguardante un possibile ruolo del professor Prodi nella vicenda sulla quale si concentra l'interpellanza.
Condividendo, tuttavia, i sentimenti di preoccupazione destati dalle notizie relative all'inchiesta internazionale in corso sulla società Siemens e, soprattutto, con la volontà di offrire al Parlamento e alla pubblica opinione tutti gli elementi di conoscenza disponibili, risponderò in dettaglio alle domande specifiche avanzate dagli interpellanti. Sarà, dunque, su queste domande che mi concentrerò nella presente risposta, persuaso che, così facendo, potrò rispondere anche alle numerose considerazioni svolte dagli interpellanti nelle premesse.
La prima domanda, segnata con la lettera a), riguarda le linee di azione adottate dall'IRI sotto la presidenza del professor Prodi nei confronti di dirigenti eventualmente coinvolti in vicende dal rilievo penale. A questa domanda risponderò citando innanzitutto la lettera inviata dal presidente dell'IRI Prodi il 5 luglio 1993 ai presidenti e amministratori delegati delle seguenti società controllate dall'istituto: Stet, Finmeccanica, Finmare, SME, ILVA, Fincantieri, Iritecna, Spi, Alitalia, Cofiri, Rai, Sofinpar, Iritel, Comit, Credit, Edindustria, Edicima, Iri Management.
In tale lettera, ricordati i principi di trasparenza e correttezza cui erano chiamati tutti i dipendenti e i dirigenti, si sottolineava come «Qualora dovessero evidenziarsi comportamenti difformi sarà inevitabile, come conseguenza del venir meno del rapporto fiduciario sopra richiamato, procedere all'adozione anche di drastiche misure».
Nella seduta del 7 ottobre 1993 del consiglio d'amministrazione, il presidente dell'IRI ricordava poi di avere chiesto alle società del gruppo «una rappresentazione di tutti gli eventuali procedimenti penali pendenti o archiviati in cui fossero stati o fossero coinvolti amministratori, dipendenti e società anche quali soggetti passivi dell'illecito penale».
Ricordava inoltre il presidente di avere chiesto «elementi conoscitivi sullo stato di fatto e giuridico delle procedure e responsabilità sulle iniziative intraprese dalle stesse società e sui riflessi economici e tributari derivanti dagli illeciti ipotizzati» e di avere chiesto altresì che tali elementi formassero oggetto «di attento esame da parte dei consigli di amministrazione di ciascuna società interessata».
Dall'IRI e dal suo presidente sono dunque venute, in modo costante ed impegnativo, istruzioni a tutto il gruppo di vigilare nel modo più severo per assicurare la correttezza di comportamenti dovuti in ogni azienda e, a maggior ragione, in aziende pubbliche.
La seconda domanda, contrassegnata dalla lettera b), riguarda i rapporti fra l'IRI e le società del gruppo. In particolare, si chiede se l'IRI fosse tenuta a dare ilPag. 43benestare alla cessione dell'Italtel da parte della Stet. A questo proposito, ricordo che, in seguito alla trasformazione dell'IRI da ente di diritto pubblico a società per azioni, avvenuta nel luglio del 1992, all'interno del gruppo, con lettere inviate il 9 ottobre 1992 alle società Finmeccanica, Stet, Finmare, Sme, Ilva, Iritecna, Fincantieri, Alitalia, Rai, Spi e Cofiri, era stata adottata una precisa disciplina sulle informazioni dovute dalle aziende partecipate in merito agli atti societari da loro posti in essere.
Al primo punto dell'elenco nel quale si precisava quali fossero gli atti a cui si doveva riferire la nuova disciplina figuravano: «l'acquisto o la cessione di partecipazioni da parte di società controllate».
Rispetto a queste operazioni le aziende direttamente o indirettamente controllate da IRI Spa avevano un obbligo di carattere esclusivamente informativo «successivamente al perfezionamento dell'operazione o all'assunzione della delibera».
La gestione e la responsabilità per questi atti rientravano, quindi, nella sfera di autonoma competenza delle aziende interessate, mentre non si veniva a configurare alcun potere di autorizzazione in capo all'IRI.
La terza domanda, alla lettera c), riguarda il ruolo svolto personalmente dal professor Romano Prodi nella decisione ed esecuzione del passaggio della società Italtel alla Siemens nel suo ruolo di presidente dell'IRI e, successivamente, di Presidente del Consiglio.
I dettagli forniti in merito alla disciplina che governava i poteri e le responsabilità dell'IRI e delle società del gruppo offrono già la risposta a questa domanda: il professor Prodi non ha svolto alcun ruolo né nella decisione, né nell'esecuzione della cessione dell'Italtel alla Siemens.
La quarta domanda riguarda l'ex funzionario della Asst oggetto dell'indagine della procura della Repubblica di Bolzano. A questa domanda la risposta è brevissima: no, il Presidente Prodi non l'ha mai conosciuto, né ha mai avuto rapporti con lui.
Alla quinta domanda, alla lettera e), ossia chi fosse il legale rappresentante della società Ase il 12 maggio 1994, cioè alla data della conclusione del contratto di acquisizione, la risposta è altrettanto semplice: a quella data il rappresentante legale della società Ase era la signora Flavia Franzoni Prodi.
Tuttavia, questa risposta ha bisogno di un completamento per illustrare la natura e l'attività della società in questione. Ase, Analisi e studi economici Srl, fu fondata il 15 febbraio 1990 dalla Fin.Gi Srl. L'11 ottobre 1990 Romano Prodi e Flavia Franzoni Prodi acquisirono quote per l'intero capitale della società. Ase fu posta in liquidazione il 12 dicembre 1997. Il fatto che i coniugi Prodi fossero proprietari dell'Ase era di pubblico dominio, in quanto i dati relativi alla proprietà di quote in società a responsabilità limitata sono pubblici. Come tutti sanno, questi dati vengono notificati al registro delle imprese, sono da esso registrati e possono essere consultati da qualsiasi parte interessata.
Romano Prodi ha utilizzato la società per gestire in modo razionale il lavoro di consulenza suo e di sua moglie, con clienti diversi, nei periodi in cui non rivestiva incarichi pubblici.
Romano Prodi e la signora Franzoni hanno fatturato il loro lavoro individuale alla società. I pagamenti percepiti dalla Ase hanno naturalmente concorso alla formazione del loro reddito personale e come tali sono stati soggetti alle normali imposte.
Le spese della società sono consistite essenzialmente nell'acquisto di un ufficio a Bologna, tramite un contratto di leasing, e in corrispettivi per consulenze prestate a terzi.
Come già detto, nei periodi in cui fu presidente dell'IRI o Presidente del Consiglio, Romano Prodi non svolse alcuna attività di consulenza. Così, nel maggio del 1993, quando per la seconda volta fu nominato presidente dell'IRI, nello stesso giorno in cui assunse l'incarico, il professorPag. 44Prodi interruppe tutta la sua attività professionale e bloccò ogni attività di consulenza svolta dalla società Ase.
Così, ancora, nel 1995, quando decise di impegnarsi in politica, Romano Prodi, prima di assumere qualsiasi incarico pubblico e benché non fosse richiesto dalla legge, decise di abbandonare di nuovo qualsiasi attività professionale, sia direttamente, sia attraverso la Ase.
In ogni caso, con riguardo specifico ai rapporti di lavoro tra il professor Prodi e la società Goldman Sachs, un chiarimento dettagliato e autorevole sulla natura di tale rapporto si può trovare nella richiesta di archiviazione avanzata il 13 marzo 2002 dai sostituti procuratori della Repubblica Maria Monteleone e Giuseppe de Falco al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma; tale richiesta è stata accolta dal tribunale di Roma stesso con decreto di archiviazione del 15 luglio 2002.
Ebbene, in tale richiesta di archiviazione e sulla base degli accertamenti svolti dalla Guardia di finanza di Bologna circa il contenuto di articoli del quotidiano inglese The Daily Telegraph di Londra (contenuto definito dallo stesso pubblico ministero come «pseudonotizia») si attesta che il rapporto che il professor Prodi intratteneva con Goldman Sachs International era «un rapporto di consulenza internazionale per prestazioni professionali legate all'Europa con particolare riferimento all'Europa dell'est».
Ogni e qualsiasi collegamento tra l'attività professionale del professor Prodi e il ruolo svolto della Goldman Sachs nella vendita dell'Italtel alla Siemens è del tutto privo di fondamento.
Quale ruolo abbia rivestito nella decisione ed esecuzione delle dette operazioni societarie la banca d'affari Goldman Sachs - questo è il contenuto della sesta domanda degli interpellanti - dunque, non può in alcun modo essere chiesto a Romano Prodi, in quanto del tutto estraneo a tali operazioni.
Per quanto riguarda, invece, le consulenze fatturate dalla Ase nel periodo 1993-1999 - è questo il contenuto della settima domanda - precisato che la stessa Ase fu posta in liquidazione nel dicembre del 1997, è opportuno rifarsi alla medesima fonte appena citata, cioè alla richiesta di archiviazione del pubblico ministero nel procedimento originato dalla pubblicazione di articoli sulla stampa quotidiana inglese nel periodo in cui il Presidente Prodi era a capo della Commissione europea.
Il rapporto tra il professor Prodi e la Goldman Sachs International - così si legge nella richiesta di archiviazione e mi scuso sin d'ora se la citazione non sarà brevissima - «si è sviluppato dal marzo 1990 al maggio 1993 (allorquando il professor Prodi si era dimesso dall'incarico) e il corrispettivo era composto di un "compenso base annuo relativamente modesto" cui si aggiungeva la possibilità di un bonus a discrezione totale della società committente che solitamente avrebbe sostanzialmente superato il compenso base e che si determinava tenendo conto del successo della società in un determinato anno; per queste ragioni, il pagamento del bonus, in alcuni casi, era stato liquidato in anni successivi per prestazioni effettuate in anni precedenti».
«Dall'esame della documentazione della società di consulenza di Romano Prodi - cito ancora dalla richiesta di archiviazione - la Guardia di finanza ha evidenziato quanto segue: nell'anno 1990, per le prestazioni di servizi nei mesi di dicembre e novembre (comprese quelle alla Goldman Sachs) le entrate della società ammontavano a lire 199.811.100; nell'anno 1991 i profitti complessivi per prestazioni di servizi ammontavano a lire 710.583.308; nell'anno 1992 i profitti complessivi per prestazioni di servizi ammontavano a lire 754.500.544 (di cui 382 milioni si riferiscono ad un bonus riconosciuto dalla Goldman Sachs per tale anno e liquidato nel 1993); nel 1993 i profitti complessivi per prestazioni di servizi ammontavano a lire 1.075.869.526 (la documentazione acquisita dà atto che si riferiscono ad un periodo di cinque mesi che va da gennaio a maggio).
In tale somma è compreso un bonus riconosciuto dalla Goldman Sachs di lire 910.000.000Pag. 45sulle consulenze rese nel 1993. Nell'anno 1994, i profitti subiscono una diminuzione, in quanto ammontano a lire 710.508.742, comprensivi di lire 537.600.000 riconosciuti dalla Goldman Sachs in tale anno, ma relativi al periodo dal 1992 al 20 maggio 1993. La diminuzione si spiega alla luce del fatto che le prestazioni, sospese nel maggio 1993, risultano riprese nel settembre 1994, dunque a conclusione del periodo di presidenza.
Nell'agosto 1995, si registra, come ho ricordato in precedenza, l'abbandono dell'attività di prestazione di servizi. Quanto alla Goldman Sachs vi sono solo prestazioni rese nel periodo tra marzo e aprile, che sono fatturate nel 1996 per un importo di lire 39.863.150». Qui termina la citazione dal documento con cui si richiedeva l'archiviazione, sulla base di indagini della Guardia di finanza di Bologna.
Le domande successive, contrassegnate nel testo dell'interpellanza urgente dalle lettere dalla h) alla m), fanno largamente riferimento a lettere interne alla Siemens, o inviate alla Siemens stessa, da Goldman Sachs, da altre banche d'affari o, persino, dall'ambasciatore tedesco in Italia. Si tratta, con tutta e dichiarata evidenza, di corrispondenza di cui il professor Prodi non era né il destinatario né il mittente e di cui non era comunque a conoscenza. Chiedere a lui conferma del contenuto, o anche solo dell'esistenza, di queste lettere appare francamente illogico. Così pure sembra privo di qualsiasi rilevanza l'accenno ad un invito ad una cena che l'allora presidente di Siemens, Von Pierer, avrebbe indirizzato al professor Prodi e alla moglie.
Passando al punto conclusivo dell'interpellanza e all'accusa al Governo, e a me stesso, di avere reso false informazioni al Parlamento lo scorso 14 dicembre, se la domanda che gli onorevoli Biancofiore, Bondi, Vito, Leone e La Loggia vogliono avanzare è: «Sapeva il presidente dell'IRI Romano Prodi che Siemens stava negoziando con la Stet un memorandum di intesa per l'acquisto del 50 per cento di Italtel?», la risposta è evidentemente positiva. Infatti, è ovvio che il presidente dell'IRI fosse al corrente delle operazioni di maggior peso strategico in corso da parte delle principali società controllate dal gruppo.
Ma la domanda, nel contesto di cui ci occupiamo oggi, non è - e non può essere - questa. La domanda non è - e non ha senso che sia - «Chi sapeva della vendita di Italtel?» o, addirittura, «Prodi sapeva della vendita di Italtel?». La domanda, invece, deve essere «Chi aveva il potere di negoziare, valutare, decidere, realizzare la vendita di Italtel?». A tale domanda, la risposta è una sola: la Stet. Perché, come ho in precedenza chiarito in modo esaustivo, fornendo i dettagli delle procedure e del sistema decisionale operante all'interno dell'IRI, dopo la sua trasformazione in società per azioni, la responsabilità per la vendita della partecipazione nella Italtel spettava interamente alla sua controllante, cioè alla Stet. Essa soltanto aveva il potere di decidere e realizzare la vendita. All'IRI, la Stet era tenuta a fornire unicamente una informativa, cioè una comunicazione, successivamente al perfezionamento dell'operazione o all'assunzione della delibera. Questo è quanto, a nome del Governo, ho detto al Parlamento lo scorso 14 dicembre. Questo è quanto confermo oggi, dal momento che si tratta di nient'altro che della pura e semplice verità. Siamo partiti, signor Presidente, con la dichiarazione e le conferme del procuratore della Repubblica di Bolzano sull'inesistenza di qualsiasi indagine sul professor Prodi.
Siamo passati per una descrizione dettagliata del sistema che, all'interno del gruppo IRI, regolava i rapporti tra la capogruppo e le controllate. Abbiamo, poi, fornito informazioni particolareggiate sulle attività professionali svolte dal professor Prodi nei periodi in cui non rivestiva incarichi pubblici. Abbiamo terminato con la conferma riguardo all'esclusiva responsabilità della Stet nell'intera gestione dell'operazione di vendita della partecipazione nella Italtel. Il Governo, signor Presidente, è certo di aver svolto fino in fondo il proprio dovere di trasparenza nei confronti del Parlamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Biancofiore ha facoltà di replicare.
MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, intanto desidero ringraziare il sottosegretario Levi per il tentativo di essere esaustivo e per la particolarità dei dettagli che ha voluto fornire, dettagli assolutamente non richiesti dagli interpellanti, dato che riguardano il patrimonio, passato e presente, del Presidente Prodi. A ciò, però, signor sottosegretario, devo aggiungere la mia totale insoddisfazione per quanto da lei affermato. Intanto, perché poc'anzi ha smentito se stesso, perché nel dare risposta all'interpellanza già presentata sulla stessa questione lei aveva detto chiaramente che Prodi non sapeva assolutamente nulla della vendita di Italtel a Siemens, insomma, se l'italiano ha un senso, basta rileggersi quanto è scritto.
Tuttavia, a prescindere da ciò, lei chiarisce anche che ci sono state alcune dichiarazioni da parte del procuratore della Repubblica di Bolzano. Proprio il procuratore, in un'intervista successiva ai ricordati comunicati stampa del 18 aprile scorso, ha smentito tutto ciò; egli, infatti, ha sottolineato che il Presidente del Consiglio non è indagato formalmente, ma non che non sia oggetto delle indagini in corso da parte, non solo della procura di Bolzano, ma anche di altre procure che non indagano soltanto sui 10 miliardi di bonifico di Goldman Sachs, bensì anche su altri passaggi di denaro alla Alpenbank di Innsbruck, anche nel Trentino Alto Adige, ed altro.
L'indagine è macroscopica, come lei credo sappia perfettamente, perché è frutto di un'indagine internazionale per la costituzione di fondi neri extracontabili pari a 420 milioni di euro circa, dirottati - solo questi ultimi - verso l'Italia. Ma il punto importante è che lei, sottosegretario, dice che il Presidente del Consiglio non ha avuto alcun ruolo nella vendita di Italtel alla Siemens. Peccato che, anche in merito, purtroppo dichiara una falsità, in quanto esistono le ricordate lettere di cui, lei sostiene, il Presidente del Consiglio non è responsabile. È chiaro, ciascuno può scrivere di noi ciò che vuole. Peccato che lei sostiene anche che il Presidente del Consiglio non è mai stato il mittente di queste lettere, mentre è stato assolutamente lui. Infatti, esistono ben due lettere del dimissionario - bontà sua - presidente della Siemens, Heinrich Von Pierer, indirizzate personalmente al professor Romano Prodi, presidente dell'IRI, agli atti delle procure della Repubblica di Bolzano e di Milano, per quanto mi è dato sapere.
La mia, ovviamente, è un'interpellanza di tipo politico, non è un'interpellanza giudiziaria. Quindi, la ringrazio per tutti i chiarimenti che ci ha fornito, ma non mi interessava sapere se erano state emesse o no sentenze, se esse erano state accantonate o passate in giudicato, insomma, se erano state accantonate alcune situazioni pregresse. Mi interessava sapere se lei aveva detto il falso, se il Presidente del Consiglio continua mentire su questioni che, evidentemente, riguardano il Paese e che egli non poteva, con tutta evidenza, non sapere.
Ribadisco che esistono due lettere inviate da Heinrich Von Pierer al presidente Prodi, a cui si riferisce personalmente. Una delle due, tanto più grave - la cito testualmente, ma dovrebbe leggerla nell'interpellanza - è datata 16 maggio 1994, ovvero quattro giorni dopo la formalizzazione e la firma al protocollo di intesa, che ha ammesso anche l'IRI - e lei ne è al corrente - alla vendita, o meglio, della «svendita» di Italtel alla Siemens.
Esiste un altro rapporto della Siemens, in cui si sottolinea che «Meno male che si è concluso l'accordo con alla presidenza dell'IRI Romano Prodi» - è scritto testualmente un documento all'interno di Siemens - perché l'avvento di Silvio Berlusconi al Governo avrebbe potuto rimuovere dall'IRI Prodi, far saltare l'affare Siemens-Telecom e far migliorare l'offerta da parte degli altri competitori che, guarda caso, sono gli stessi nei confronti dei quali, evidentemente, il Presidente del Consiglio ha un'antipatia personale, perché si tratta di AT&T, Alcatel ed Ericsson. Nella lettera, datata 16 maggio 1994, indirizzata al professor Romano Prodi, il presidentePag. 47Heinrich Von Pierer si riferisce ampiamente all'accordo sull'azionariato della nuova società comune, nata tra Siemens ed Italtel, perché Siemens acquisì il 50 per cento di Italtel. Non solo, a margine - come lei ha ben ricordato - c'era anche una nota che riporta di invitare a colazione o a cena (sono affari loro, ovviamente) la moglie del presidente Prodi, la signora Flavia Franzoni, e dell'amministratore delegato di Stet, all'epoca Michele Tedeschi. Circostanza altrettanto curiosa è che chi ha venduto Italtel a Siemens, pochi anni dopo, nel 2002, diventa presidente di Siemens Italia e si tratta proprio di Michele Tedeschi, che all'epoca dei fatti era appunto il braccio destro del professor Romano Prodi.
Non credo che lei possa più replicare, comunque i fatti sono questi, sono agli atti della procura di Bolzano e, quindi, più andremo avanti nel prosieguo del tempo, più si evidenzierà qual è la verità. La procura sta andando avanti e sta indagando, recentemente è stato trovato un altro bonifico da 10 milioni di euro, non contabilizzato, arrivato - guarda caso! - alla filiale di Goldman Sachs di Francoforte, proprio la stessa filiale dalla quale partì la lettera all'allora amministratore della Siemens Ag che sollecitava che diventasse Goldman Sachs la banca d'affari nell'affare Italtel - Siemens, citando il nome, ancora una volta, del professor Romano Prodi.
Staremo a vedere cosa succederà nel prosieguo, noi comunque non ci fermiamo, perché il Parlamento ha il diritto di sapere qual è la verità e, soprattutto, perché rappresenta il Paese, che non può avere governanti che dicono falsità al Parlamento e a tutti i cittadini.