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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,01).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative per garantire la possibilità per i consumatori di cambiare operatore di telefonia mobile nel caso di aumenti tariffari - n. 2-00607)
PRESIDENTE. L'onorevole Fogliardi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00607 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1), concernente iniziative per garantire la possibilità per i consumatori di cambiare operatore di telefonia mobile nel caso di aumenti tariffari.
GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, signor sottosegretario, mi rivolgo a lei anche a nome degli altri parlamentari firmatari dell'interpellanza.
L'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (il cosiddetto «pacchetto liberalizzazioni»), convertito dalla legge 2 aprile 2007, n. 40, ha disposto la cosiddetta «abolizione dei costi di ricarica», al fine di consentire una maggiore trasparenza tariffaria e permettere al cittadino-consumatore di conoscere l'effettivo costo del servizio. Il costo di ricarica incideva sull'importo ricaricato con un'incidenza inversamente proporzionale al taglio scelto (20 per cento per i tagli da 10, 20 e 25 euro, 10 per cento per i tagli da 50 euro, 5 per cento per i tagli da 100 euro).
Precedentemente, Wind, operatore di telefonia mobile, ha provveduto ad aumentare le proprie tariffe, modificando anche quelle dei vecchi clienti. In primo luogo, con decorrenza 1o maggio 2007, il piano telefonico «Wind10» è stato rimodulato per tutti i vecchi clienti, divenendoPag. 41«Wind12»; oltre all'aumento dello scatto alla risposta, si è registrato un aumento del costo delle chiamate voce nazionali (+20 per cento) e degli SMS (+50 per cento). In secondo luogo, con decorrenza 15 maggio 2007, il piano telefonico «sempre light» è stato trasformato d'ufficio nel nuovo profilo «senza scatto new», con un deciso aumento (+40 per cento) della tariffa per le telefonate con durata superiore ai 3 minuti.
In data 31 maggio 2007, si è appreso da più fonti che anche l'operatore 3-H3G ha informato la propria rete commerciale che, con decorrenza 1o agosto 2007, avrebbe effettuato una modifica peggiorativa di tutti gli impianti telefonici prepagati in commercio. In particolare, il rincaro medio riguarda sia lo scatto alla risposta, sia la tariffa al minuto (+20 per cento), sia il costo degli SMS (+20 per cento). Oltre a questo, sarebbe stata introdotta un'ulteriore modifica peggiorativa in riferimento alla riduzione dell'importo corrisposto come autoricarica (-50 per cento), oltre all'introduzione di limiti alla fruizione del credito derivante da autoricarica. Anche in questo caso, pertanto, gli aumenti introdotti paiono superare di gran lunga i mancati introiti dovuti all'abolizione dei costi di ricarica.
Il codice delle comunicazioni elettroniche, all'articolo 70, comma 4, prevede la possibilità del cliente di recedere dal contratto in caso di modifiche peggiorative della propria tariffa. Nel caso della rimodulazione annunciata dall'operatore 3-H3G, tuttavia, la possibilità di recedere tramite richiesta di cambio operatore con mantenimento del numero è fortemente limitata, per due differenti motivi. In primo luogo, il credito presente sulla scheda, derivante da ricarica o da autoricarica, andrebbe perso. In secondo luogo, i telefonini cosiddetti sim-lock, acquistati da larga parte dei clienti di 3-H3G insieme alla scheda telefonica, diverrebbero inutilizzabili.
Alla luce di tutto ciò, si chiede come si valuti il comportamento che i gestori di telefonia mobile hanno assunto a seguito della nuova normativa proposta dal Governo, con atti che solo formalmente possono essere giustificati da un intervento normativo che aveva come finalità quella di introdurre maggiore trasparenza sul mercato. Inoltre, se si intenda intervenire al fine di ottenere un intervento normativo volto a garantire più concretamente la libera possibilità per i cittadini-consumatori di cambiare operatore qualora il proprio gestore di telefonia mobile proceda ad arbitrari aumenti tariffari, in particolare, al fine di ottenere la previsione di un possibile cambiamento di operatore, mantenendo il credito residuo e/o prevedendo la possibilità di monetizzarlo, e al fine di ottenere la previsione di un'assoluta equiparazione tra il credito derivante da ricarica e il credito derivante da autoricarica, nonché al fine di poter richiedere gratuitamente la rimozione del sim-lock, nel caso in cui il proprio gestore introduca modifiche tariffarie peggiorative.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Marco Stradiotto, ha facoltà di rispondere.
MARCO STRADIOTTO, Sottosegretario per lo sviluppo economico. Signor Presidente, in risposta all'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Fogliardi ed altri, faccio presente che l'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, nel testo risultante dalla legge di conversione 2 aprile 2007, n. 40, stabilisce il divieto, da parte degli operatori di telefonia, di reti televisive e di comunicazioni elettroniche, di applicare costi fissi e contributi per la ricarica di carte prepagate.
Scopo della norma è favorire la concorrenza e la trasparenza delle tariffe, garantire ai consumatori un adeguato livello di conoscenza sugli effettivi prezzi del servizio e facilitare il confronto tra le offerte presenti sul mercato. In particolare, in merito alle presunte violazioni della citata disposizione normativa, numerose sono state le segnalazioni pervenute da parte di molti consumatori e di associazioni dei consumatori, che hanno evidenziato la modifica unilaterale dei piani tariffari e di singole voci di costo ad opera di alcuni operatori di telefonia mobile.Pag. 42
Nell'ambito dell'attività di monitoraggio svolta dall'amministrazione, tali segnalazioni sono state tempestivamente trasmesse all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni che, in qualità di organo competente ai sensi del comma 4 dell'articolo 1 della legge n. 40 del 2007, svolge il compito di vigilare sull'attuazione dell'articolo 1 e anche del comma 2, relativo alla trasparenza, nell'offerta commerciale, dell'indicazione delle voci di costo che compongono la stessa, comminando inoltre le sanzioni in caso di violazione della normativa.
Si segnala, tra l'altro, che la stessa legge istitutiva dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, la n. 249 del 1997, affida, fra gli altri, il compito di regolare le relazioni fra i gestori di telefonia e gli utilizzatori dei servizi nei limiti dell'autonomia contrattuale delle parti.
Va altresì osservato che, in una prospettiva di mercato, il costo fisso di ricarica costituiva, anteriormente al decreto-legge n. 7 del 2007, una componente di prezzo di un servizio esclusa da logiche concorrenziali e che, invece, in conseguenza della predetta norma, tale componente riacquista influenza nelle decisione di acquisto del servizio di telefonia da parte dei consumatori.
Il Ministero, quindi, non è deputato a valutare i comportamenti dei singoli operatori, né intende peraltro basare il proprio monitoraggio su detti comportamenti (nuove offerte commerciali, variazioni di profili tariffari); per cui, ove gli stessi operatori ritengano di variare i profili tariffari offerti ai consumatori, lo faranno tenendo conto che in un mercato concorrenziale, com'è noto, il prezzo non è una variabile ininfluente nelle decisioni di acquisto. Compito del Ministero è, bensì, osservare e analizzare gli effetti complessivi sui consumatori dell'eliminazione dei costi di ricarica e delle altre misure legislative adottate al fine di aumentare la trasparenza e la concorrenza nei settori della telefonia fissa e mobile.
A questo fine, come per altri settori oggetto di misure di liberalizzazione, l'attività di monitoraggio del Ministero avrà un continuo riferimento sull'andamento dell'indice Istat, che costituisce un indicatore generale, mese per mese, dell'evoluzione dei prezzi anche nel settore dei servizi telefonici. Infatti, lo stesso indice ha già rilevato gli effetti positivi dell'applicazione della disposizione sui costi ricarica. Sin dal mese di marzo, secondo l'Istat, i prezzi nei servizi di telefonia mobile hanno registrato complessivamente un ribasso del 14,4 per cento.
A maggio la variazione tendenziale corrisponde ad un abbassamento del prezzo di quattordici punti. Saranno le rivelazioni effettuate dall'ISTAT sul costo della vita a fornire elementi di chiarezza circa l'impatto di eventuali rincari nei servizi di telefonia mobile e non il comportamento commerciale dei singoli operatori difficilmente valutabile in termini di impatto generale.
L'articolo 1 del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, nel testo risultante dalla legge di conversione del 2 aprile 2007, n. 40, stabilisce inoltre il divieto della previsione di termini temporali massimi di utilizzo del traffico o del servizio acquistato, e la facoltà di trasferire le utenze presso altro operatore senza vincoli temporali o ritardi non giustificati e senza spese non giustificate da costi dell'operatore.
Sulle presunte violazioni poste in essere dall'operatore 3-H3G, numerose sono state le segnalazioni pervenute da parte di molti consumatori e di associazioni dei consumatori. Anche tali segnalazioni sono state tempestivamente trasmesse all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, cui spetta la vigilanza sulla corretta applicazione delle disposizioni, con i maggiori poteri introdotti con la legge 2 aprile 2007, n. 40. Infatti, per quanto riguarda alcuni comportamenti di operatori riferiti dagli onorevoli interroganti, si evidenzia, secondo le informazioni fornite dal Ministero delle comunicazioni, che la stessa Autorità ha recentemente adottato le seguenti misure. In primo luogo, con riguardo alle modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali messe in atto dall'operatore di telefonia mobile Wind aPag. 43seguito della legge n. 40 del 2007, si fa presente che l'Autorità ha già adottato gli opportuni provvedimenti e, in particolare, con riguardo alla modifica del piano tariffario, nota come «Wind 10-Wind 12», è in corso un procedimento sanzionatorio a carico dell'operatore mobile al quale, in data 10 maggio 2007, è stato notificato un atto di contestazione. A tale riguardo, si fa presente che il termine massimo ordinario di conclusione del procedimento sanzionatorio è di centocinquanta giorni dalla notifica della contestazione. Sempre nei confronti di Wind, anche con riferimento alla trasformazione del piano «sempre light» in « senza scatto new», è stato avviato un analogo procedimento sanzionatorio.
Più in generale, si precisa che le offerte di piani tariffari a condizioni più costose rientrano nella piena disponibilità degli operatori - anche secondo l'Autorità garante per la concorrenza e il mercato offrire nuovi e più costosi piani tariffari rientra nella disponibilità delle imprese -, essendo il mercato retail dei servizi telefonici mobili un mercato non compreso tra i diciotto mercati rilevanti per i quali, secondo la Commissione europea, si possono adottare misure ex ante, in quanto tale mercato al dettaglio è un mercato vivace sotto il profilo concorrenziale e, quindi, sottratto a remedies particolari, in base al quadro regolamentare comunitario vigente nel settore delle comunicazioni elettroniche. Tale facoltà di modifica delle condizioni nei contratti per adesione, tuttavia, non esime l'operatore che intenda esercitarla dal rispetto degli obblighi di trasparenza di cui all'articolo 70, comma 4, del codice delle comunicazioni elettroniche, né esonera la condotta posta in essere dall'operatore dall'esercizio di azioni inibitorie promosse dagli utenti o dalle associazioni dei consumatori innanzi l'autorità giudiziaria, ai sensi del codice del consumo.
In secondo luogo, con riferimento alla «modifica peggiorativa» di tutti i piani telefonici prepagati di 3-H3G a partire dal mese di agosto, che tale operatore avrebbe comunicato alla propria rete commerciale, l'Autorità fa presente che, ai sensi dell'articolo 70, comma 4, del codice delle comunicazioni elettroniche, tale modifica, completa di tutti i dettagli, dovrà essere comunicata alla stessa con almeno 30 giorni di anticipo rispetto alla relativa decorrenza. Al momento, in mancanza della prescritta comunicazione da parte dell'operatore in questione, l'Autorità non disporre di elementi sufficienti a valutare l'opportunità di un intervento; comunque l'Autorità segnala che nei confronti di 3-H3G è in corso un'attività pre-istruttoria con riguardo ad altri profili sempre attinenti la trasparenza dei prezzi.
In terzo luogo, sul tema della portabilità dei numeri mobili, l'Autorità è intervenuta con la delibera 17/06/CIR, imponendo, tra l'altro, una quota più elevata di lavorazioni giornaliere. Per quanto riguarda la possibilità di prevedere un regime speciale di portabilità per quegli utenti che abbiano subito una modifica in peius delle condizioni tariffarie, l'Autorità rileva che tale soluzione sarebbe discriminante nei confronti di quegli utenti già «in coda», che hanno deciso di richiedere la portabilità per motivi diversi (ad esempio per la maggiore convenienza di una nuova offerta di un altro gestore) con effetti distorsivi per le regole della concorrenza.
In ogni caso, non risulta che al momento vi sia alcun backlog per il passaggio da 3-H3G ad altri operatori mobili.
In quarto luogo, in merito alla questione del credito residuo, è in corso l'elaborazione, da parte dell'Autorità, di un'interpretazione del combinato disposto dei commi 1 e 3 dell'articolo 1 della legge n. 40 del 2007, al fine di stabilire se, dopo l'entrata in vigore della suddetta legge, sussista il diritto degli utenti al riconoscimento del credito residuo, sotto forma di restituzione in denaro in caso di recesso o di trasferibilità nell'ipotesi di portabilità del numero.
In quinto luogo, l'Autorità è già intervenuta, a suo tempo, sul tema dell'assoluta equiparazione tra il credito derivante da ricarica e quello derivante da autoricarica, con la delibera n. 7/02/CIR. Con essa, al fine di garantire condizioni trasparentiPag. 44alle offerte promozionali, si impone ai gestori di servizi mobili di evidenziare, nelle carte dei servizi, le eventuali restrizioni alla restituzione del credito accumulato in virtù di tali offerte.
In sesto luogo, con riguardo, infine, alla questione della rimozione gratuita del sim-lock in caso di modifica in peius delle condizioni contrattuali, l'Autorità ha già disciplinato la materia con la delibera n. 9/06/CIR, recante disposizioni regolamentari in tema di sblocco di terminali mobili, introducendo un duplice orizzonte temporale per lo sblocco, cui afferiscono differenti condizioni economiche per l'utente. Riconosciuta la legittimità del sistema sim-lock - laddove esso consente ai consumatori di accedere all'acquisto di un terminale mobile ad un prezzo inferiore rispetto a quello di mercato - quale forma di compensazione per l'operatore che effettua la promozione, l'articolo 5 della delibera citata ha previsto la possibilità di sblocco del terminale con vincolo, su richiesta dell'utente, dopo nove mesi dall'acquisto, a fronte del pagamento di un corrispettivo non superiore al 50 per cento del sussidio ricevuto per l'acquisto del telefono. Trascorso il periodo massimo di diciotto mesi, invece, il terminale viene sbloccato gratuitamente da parte del fornitore di servizi. Non sembra possibile pertanto che l'operatore non riconosca, in caso di recesso anticipato da parte dell'utente a seguito di una modifica unilaterale del piano tariffario - ancorché essa sia effettuata con i dovuti requisiti di trasparenza - le medesime condizioni che la delibera n. 9/06/CIR prevede per il caso di recesso ordinario e, dunque, anche nell'ipotesi in cui esso abbia luogo prima dello scadere dei suddetti due termini di nove e diciotto mesi dall'acquisto.
PRESIDENTE. L'onorevole Fogliardi ha facoltà di replicare.
GIAMPAOLO FOGLIARDI. Signor Presidente, mi dichiaro molto soddisfatto perché credo che l'articolata risposta fornita dal sottosegretario Stradiotto - che ringrazio - metta in risalto la pertinenza degli argomenti e degli aspetti trattati.
Come ho avuto modo di affermare nell'illustrare l'interpellanza urgente in esame, oggi è necessario ottenere chiarezza e bloccare atti che minano le finalità fondamentali che persegue il provvedimento sulle liberalizzazioni proposto dal Ministro Bersani, le quali sono volte ad introdurre una maggiore trasparenza nel mercato.
Come è stato evidenziato nella risposta del sottosegretario, in cui si fa riferimento anche all'avvio di vari procedimenti, la questione di cui si discute è stata ampiamente sollecitata da alcune unioni di consumatori e da molte categorie di soggetti, forse le più deboli, le meno abbienti, le meno protette, quelle che ogni giorno si sentono sole, derise, gabbate e, soprattutto, stanche di sentirsi dire che, «fatta la legge, trovato l'inganno». Tale situazione mi è stata evidenziata anche da molti studenti universitari i quali si trovano già ora a far fronte, con le loro paghette mensili e i loro piccoli risparmi, i costi quotidiani e, conseguentemente, non hanno bisogno di essere presi in giro anche da tali «giochi».
Signor sottosegretario, penso che dare risposte chiare rientri in un'ottica volta a fare fronte, prima che a necessità finanziarie, ad un'esigenza etica che in questo Paese spesso sembra sia dimenticata e che, invece, abbiamo il dovere di salvaguardare.
Per questo motivo la ringrazio ancora.
(Iniziative per prevedere l'equipollenza delle lauree di scienze e tecnologie alimentari e di scienza della nutrizione umana alle lauree in biologia e chimica ai fini dell'ammissione ai pubblici concorsi - n. 2-00511)
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00511
(Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), concernente iniziative per prevedere l'equipollenza delle lauree di scienze e tecnologie alimentari e di scienza della nutrizione umana alle lauree in biologia e chimica ai fini dell'ammissione ai pubblici concorsi.Pag. 45
Sottosegretario Stradiotto, la prego di rimanere in aula finché non arriva il suo collega.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, credo di dover illustrare la mia interpellanza, anche per attendere l'arrivo del sottosegretario Modica, il quale dovrebbe rispondermi.
Nella mia interpellanza, si parla della laurea in scienze e tecnologie alimentari e della laurea in scienze della nutrizione umana, che sono sistematicamente e irrazionalmente ignorate come titolo di ammissione a quasi tutti i concorsi pubblici, nonché ad alcune classi di concorso per l'insegnamento, addirittura in materie attinenti alle scienze dell'alimentazione e della nutrizione umana, previste in molti istituti professionali.
Tale esclusione è quasi sempre determinata da semplice dimenticanza o da mancata conoscenza dell'esistenza di tali lauree. Ciò che colpisce molto, ovviamente, è che il Ministero dell'università e della ricerca non sappia dell'esistenza di tali corsi di laurea, che esso stesso ha previsto tra i corsi universitari.
Ovviamente, il danno per i laureati in queste discipline e per le loro famiglie, impossibilitati a confrontarsi con quelli di altre facoltà scientifiche, risulta grave ed ingiusto. Non dimentichiamo che gli studenti conseguono un titolo di laurea, portano avanti il loro impegno scolastico e sopportano sacrifici, anche economici, come le loro famiglie, che vengono poi vanificati dalla «ignoranza», intesa come mancanza di conoscenza e di attenzione da parte del Ministero, dei vari enti che bandiscono concorsi pubblici e della scuola.
I laureati in scienze e tecnologie alimentari e in scienza della nutrizione umana non possono addirittura essere ammessi alle borse di studio del Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), ai concorsi in quasi tutte le aziende sanitarie locali, a quelli indetti dall'Istituto superiore della sanità - cosa ancora più grave - e a tutti i concorsi statali, regionali e comunali per i quali è richiesta la laurea in biologia o chimica.
Il corso di laurea, così com'è strutturato ed organizzato, con un piano di studi ben preciso, fornisce tutte le conoscenze di base e l'adeguata preparazione scientifica di carattere biochimico che ne permetterebbero l'equipollenza.
Quindi, chiedo al Ministro interpellato quali iniziative intenda assumere per ovviare a questa situazione, ritenuta ormai insostenibile e ingiusta, affinché sia possibile prevedere l'equipollenza della laurea in scienze e tecnologie alimentari e della laurea in scienza della nutrizione umana alle lauree in biologia e in chimica ai fini dell'ammissione a qualsiasi concorso pubblico o per l'insegnamento di tali materie.
PRESIDENTE. Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 15,25, è ripresa alle 15,30.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, chiedo scusa per il ritardo, ma mi trovavo presso l'aula della VII Commissione nella quale era in corso una seduta.
In relazione alla questione posta dall'onorevole interpellante, ritengo opportuno ricordare la normativa che disciplina i requisiti di partecipazione ai pubblici concorsi.
Per quanto riguarda i titoli di studio richiesti dalle amministrazioni che emanano i bandi per la copertura dei posti disponibili, la competenza sul coordinamento dei concorsi pubblici nonché il compito di comunicare agli enti le tipologie dei titoli utili per la partecipazione ai concorsi stessi spetta al Dipartimento riforme e innovazioni nella pubblica amministrazione. Il predetto ufficio, con laPag. 46direttiva del 3 novembre 2005, ha in particolare sottolineato che gli enti che bandiscono i concorsi hanno piena discrezionalità sulla scelta dei requisiti che ritengono più adatti alle professionalità di cui hanno bisogno.
In ogni caso si precisa che, a seguito della definizione dei nuovi ordinamenti didattici, ai sensi dei decreti ministeriali n. 509 del 1999 e n. 270 del 2004, questo Ministero provvede ogni anno a pubblicare tutta l'offerta formativa degli atenei, con riferimento sia ai corsi di laurea, sia a quelli di laurea magistrale, attraverso l'aggiornamento annuale della guida universitaria ai corsi di studio e alle professioni - disponibile e consultabile sul sito ufficiale del Ministero - e la «banca dati offerta formativa», contenente l'elenco e gli ordinamenti di tutti i corsi di laurea attivati dalle università nel territorio nazionale.
Ai sensi della normativa vigente, per quanto riguarda l'equipollenza tra due lauree, i cui percorsi di studio presentino affinità, la dichiarazione di equipollenza è nella competenza del Ministero dell'università e della ricerca - di concerto con il Dipartimento riforme e innovazioni nella pubblica amministrazione - che si pronuncia su domanda dei soggetti interessati, dopo avere acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale, che provvederà ad esprimersi esaminando il curriculum formativo delle lauree in questione.
Al termine del procedimento, se l'istruttoria è favorevole, viene emanato un provvedimento che dichiara l'equipollenza tra le due lauree ai fini della partecipazione ai pubblici concorsi.
Una procedura analoga è prevista per il riconoscimento di un titolo accademico ai fini dell'accesso all'insegnamento. Il provvedimento viene predisposto con decreto del Ministro della pubblica istruzione, sentito il parere del Consiglio nazionale della pubblica istruzione, a seguito di una specifica richiesta documentata, inoltrata da un ateneo, che dimostri l'affinità tra il corso di studio per il quale si richiede l'accesso ad una classe di insegnamento e quelli già riconosciuti idonei a tal fine.
Solo a seguito di tale iter procedurale sarà possibile riconoscere validità alla laurea in scienze e tecnologie alimentari e alla laurea in scienze della nutrizione umana, ai fini dell'insegnamento nella scuola secondaria.
Si deve aggiungere, per completezza, che la nuova normativa sull'autonomia didattica universitaria, varata dai decreti ministeriali già citati, introduce le classi di corsi di laurea e di laurea specialistica/magistrale, per cui corsi di laurea o di laurea specialistica/magistrale appartenenti alla medesima classe sono equipollenti a tutti gli effetti senza bisogno di ulteriori provvedimenti.
Ne segue che, in futuro, occorrerà armonizzare la normativa della dichiarazione di equipollenza con quella delle classi di corsi di laurea, ritenendosi per varie ragioni logiche che l'equipollenza sia da stabilirsi, eventualmente, tra classi di corsi di laurea e non tra singoli corsi di laurea. Nel caso particolare prospettato dall'interpellante, si segnala, a puro scopo informativo, che i corsi di laurea e di laurea specialistica/magistrale in scienze e tecnologie alimentari, in biologia e in chimica appartengono a differenti classi.
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario. Ovviamente dovrà capire che non posso essere soddisfatto dalla lettura dello scritto che le hanno predisposto, ma credo che neanche lei, che è stato rettore della prestigiosa università di Pisa, da cui ho avuto il piacere e l'onore di uscire come medico, possa condividerlo.
Infatti lei stesso, da rettore, ha attuato questi corsi di laurea specifici in scienze e tecnologie alimentari e in scienze della nutrizione umana e sa che i laureati in tali discipline - che fanno sacrifici per arrivare alla laurea, studiando le materie che sono, di fatto, quasi le stesse dei corsi di biologia e di chimica - non possono insegnare nelle scuole secondarie materiePag. 47quali scienze della nutrizione e scienze alimentari: lo possono fare solo i chimici e i biologi e non chi è provvisto della laurea specifica.
È un'assurdità, una dimenticanza. Sicuramente il dipartimento riforme e istituzioni ha altro cui pensare, senza tenere conto che vi sono studenti che percorrono un iter formativo e che si impegnano - non sono dei lavativi - arrivando a conseguire una laurea con l'impegno economico delle loro famiglie, pur sapendo che tale laurea non servirà a nulla. Infatti, questi studenti non verranno ammessi con tale titolo di studio neanche ai concorsi del Consiglio nazionale delle ricerche - nella mia interpellanza ciò è ben specificato, ma ovviamente chi le ha scritto la risposta non ha capito, perché ignora quello che volevo chiederle - né a quelli dell'Istituto superiore della sanità e nemmeno a quelli delle aziende sanitarie locali.
Insomma, abbiamo creato dei corsi di laurea, abbiamo dato dei titoli di laurea, inducendo dei giovani ad intraprendere quel tipo di studi, ma poi precludiamo loro qualsiasi sbocco lavorativo per semplice dimenticanza o per mancanza di conoscenza dell'esistenza di tale laurea, tanto che non verranno ammessi neanche ai concorsi delle regioni, dei comuni e delle province.
La invitiamo, onorevole sottosegretario Modica, insieme al Ministro Mussi, a fare in modo che tale dimenticanza, tale «ignoranza», tale mancanza di conoscenza venga superata con il riconoscimento dell'equipollenza determinata con legge o con una circolare ministeriale, in modo da facilitare anche ai laureati in tali materie l'accesso ad un'attività lavorativa. Ritengo che ciò sia necessario, perché si tratta di un diritto degli studenti, un diritto delle loro famiglie e, ancor più, un diritto della collettività a veder premiati gli studenti meritevoli.
Tale dimenticanza si inserisce in un momento drammatico. In questi giorni - come lei saprà perfettamente - i neolaureati in medicina di tutte le università, anche della nostra di Pisa, dovranno sostenere l'esame di Stato per le scuole di specializzazione il 18 luglio e hanno dovuto presentare le domande entro il 4 giugno. Non è stata però prevista - per una dimenticanza, perché forse il Ministro Mussi era più impegnato a creare la «cosa rossa», piuttosto che a creare gli sbocchi lavorativi che servono - una quota di riserva nei bandi, in modo che il titolo sussistesse al momento di apertura delle scuole di specializzazione, ossia al 30 luglio, come sempre è successo in Italia e nel mondo.
Pertanto, dei neolaureati in medicina dovranno perdere un anno per legge, ossia non per mancanza di capacità o di impegno, ma solamente per una lacuna e per una negligenza del Ministero, che non ha previsto una norma di salvaguardia per gli studenti e per le famiglie che si sono sacrificate per farli studiare. Parliamo del corso di medicina di sei anni e delle scuole di specializzazione di ulteriore durata di cinque, per un totale di undici anni. Tali studenti entreranno nel mondo del lavoro un anno più tardi per la sola responsabilità del suo Ministero.
(Iniziative in favore della deputata afgana Malalai Joya - n. 2-00622)
PRESIDENTE. L'onorevole Venier ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00622 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), concernente iniziative in favore della deputata afgana Malalai Joya.
IACOPO VENIER. Signor Presidente, sottosegretario Di Santo, siamo stati costretti a presentare questa interpellanza urgente per la risposta del tutto insufficiente che abbiamo ottenuto dal sottosegretario Giovanni Vernetti ad un atto di sindacato ispettivo presentato in Commissione affari esteri la scorsa settimana. Spero davvero che oggi il Governo voglia dare una risposta diversa a ciò che sottoponiamo, attraverso questo atto parlamentare, alle istituzioni, al nostro Esecutivo e all'intero Paese.Pag. 48
Bisogna ricordare chi è Malalai Joya: si tratta di una deputata, la più giovane del Parlamento afgano, di una militante per i diritti civili, una donna coraggiosa impegnata nell'organizzazione della società civile afgana, la quale ha avuto un ruolo, con la sua organizzazione, nella denuncia della situazione terrificante e mostruosa delle donne, degli uomini e dei diritti civili in Afghanistan, ben prima che la comunità internazionale, sulla spinta degli Stati Uniti, aprisse gli occhi e intervenisse - anche in modo così sbagliato - in tale Paese.
Le donne in Afghanistan si sono battute, da decenni, contro tutti i fondamentalismi e hanno continuato a farlo contro le ipocrisie della cosiddetta esportazione della democrazia e dei suoi alleati in Afghanistan.
Malalai Joya è stata minacciata di stupro all'interno dell'aula del Parlamento afgano. Malalai Joya, che è una deputata, è stata espulsa e cacciata dallo stesso Parlamento perché si è permessa di ricordare come in quella sede - come riportano tutte le agenzie dei diritti umani e tutte le strutture che si occupano dell'Afghanistan - siedano criminali di guerra, macellai della propria popolazione, trafficanti di droga, ex talebani, ossia signori che si sono votati da soli - per sé - l'amnistia dalla responsabilità - come ha detto Malalai Joya - di aver abusato e strumentalizzato il termine jihad per realizzare un macello nel loro Paese e per trasformarlo in un inferno.
Insomma, siamo di fronte ad una personalità che dovrebbe rappresentare il punto di riferimento per chiunque abbia a cuore i diritti umani, lo sviluppo della democrazia e la crescita di una società civile; eppure questa espulsione da quella che è utilizzata come istituzione che formalmente legittima il Governo Karzai - il Parlamento afgano - non ha dato scandalo e, addirittura, il nostro stesso Governo, come ho avuto modo di dire e di replicare al sottosegretario Vernetti, ne ha dato una lettura minimalista, quasi che fosse un problema legato alla divisione dei poteri in Afghanistan.
Noi siamo a pochi giorni, sottosegretario Di Santo, dall'apertura qui a Roma di una conferenza internazionale proprio sull'Afghanistan e sulla situazione dello Stato di diritto e del bilancio dell'azione dell'Italia, la quale si è candidata in Afghanistan proprio per un ruolo nella costruzione di un sistema giuridico; quelle poche risorse che il nostro Stato non dedica all'intervento militare dichiara di investire proprio nella costruzione di un percorso che deve portare al primato della legge e dello Stato di diritto in Afghanistan.
In Afghanistan, in questi ultimi giorni, abbiamo avuto il sequestro, la detenzione senza processo, la probabile tortura e il rilascio - anche nelle forme in cui è avvenuto - di Abdullah Hanefi, uomo fondamentale per la soluzione del caso Mastrogiacomo, il quale è stato detenuto senza alcuna garanzia nelle carceri afgane, che tutte le agenzie indipendenti ci descrivono come luoghi dell'orrore e della violazione sistematica dei diritti fondamentali della persona e dell'umanità.
Abbiamo avuto, sottosegretario, stragi terrificanti operate dalle strutture militari della NATO, anche in zone sotto comando italiano, con operazioni che avevano quale motivazione quella di colpire organizzazioni terroristiche o criminali di guerra che, però, in forma diversa, siedono, come ho già detto, all'interno delle stesse strutture istituzionali del Governo afgano.
Abbiamo inoltre avuto - ed il caso è oggetto, appunto, dell'interpellanza in esame - l'espulsione di un membro del Parlamento per il semplice fatto di essersi permessa di denunciare questa situazione, di portare una critica politica, etica, morale alla situazione delle istituzioni afgane, di non essersi piegata ad essere portavoce degli interessi di questi tipi di organizzazioni criminali o degli interessi multinazionali, internazionali che agiscono in Afghanistan. Per tali motivi ci aspettiamo che il nostro Governo possa intervenire in modo diretto e molto deciso sulle autorità afgane, perché Malalai Joya possa tornare a svolgere la sua azione all'interno del Parlamento, ma, soprattutto, perché laPag. 49società civile sia il nostro interlocutore in Afghanistan, perché queste donne coraggiose sentano di essere loro lo strumento della costruzione di ogni ipotesi di democrazia, non certo questi personaggi che si sono riciclati, che hanno cambiato il colore del loro turbante e che oggi siedono nelle istituzioni cosiddette dell'Afghanistan.
Se noi faremo mancare il nostro appoggio a questa realtà, avremo davvero mancato di ogni efficacia nell'affrontare una situazione che è disperata non perché manchino interlocutori in Afghanistan ma perché gli interlocutori sono stati abbandonati per decenni secondo la logica degli interessi geopolitici che portavano gli Stati Uniti, prima ad armare quella jihad contro i russi, poi a sostenere, attraverso il loro alleato pakistano, la vittoria dei talebani e infine, in seguito, ad abbattere coloro che fino a pochi mesi prima erano agenti della CIA, come Bin Laden, per instaurare un nuovo regime, che ben poco si differenzia, come ci dicono gli osservatori indipendenti, da quelli precedenti.
Per tutte queste ragioni, siamo a fianco di Malalai, delle organizzazioni che la sostengono e vorremmo prendessero questa posizione anche il nostro Paese e il nostro Governo.
Mi riservo di replicare alla risposta che fornirà il Governo; però, ribadisco che l'iniziativa parlamentare e istituzionale non può piegarsi, non può essere subordinata ad alcuna azione di tipo militare. Guai se il nostro Paese non sapesse vedere la realtà di ciò che sta avvenendo e confondesse dei criminali con degli interlocutori!
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Donato Di Santo, ha facoltà di rispondere.
DONATO DI SANTO, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Signor Presidente, il tema sollevato dall'interpellanza è stato già oggetto di un'interrogazione a risposta immediata in Commissione, il 7 giugno scorso. Ricapitolo i fatti. Lo scorso 21 maggio, alla Camera bassa del Parlamento afgano, si è votato, per alzata di mano e senza conteggio dei voti, sull'espulsione della deputata Malalai Joya. La procedura è stata avviata in applicazione dell'articolo 70 del regolamento parlamentare, che proibisce ai deputati di insultarsi reciprocamente, dopo che, in un'intervista, la deputata aveva espresso opinioni gravemente offensive nei confronti dei colleghi.
L'onorevole Malalai Joya ha ora fatto appello alla Corte suprema afgana. La sua posizione si basa non solo su un'interpretazione del regolamento parlamentare diversa da quella portata avanti dall'istituzione, ma soprattutto sull'articolo 101 della Costituzione afgana, che stabilisce che nessun membro dell'Assemblea nazionale è perseguibile per le opinioni espresse nell'esercizio delle proprie funzioni. Il rango di tale norma dovrebbe porla al di sopra di ogni altra fonte legislativa.
In questo momento non è chiaro quale possa essere l'esito della vicenda, anche perché in questo momento il Parlamento afgano è chiuso e riaprirà solo a metà luglio. È tuttavia fin d'ora possibile affermare che una parola definitiva di chiarezza potrà essere data dalla Corte suprema afgana.
La questione riguarda quindi, in questa fase, i rapporti fra due poteri della Repubblica afgana - la Corte suprema e il Parlamento - le cui prerogative sono chiaramente stabilite dalla Costituzione di quel Paese.
In questo contesto un intervento sul Governo afgano rischierebbe di apparire quantomeno contraddittorio.
Proprio noi abbiamo incoraggiato e incoraggiamo l'Afghanistan, nel quadro delle attività di assistenza alle operazioni di institution building, ad adottare una piena separazione fra i poteri esecutivo, legislativo e giudiziario.
Sarebbe quindi difficile giustificare un intervento sul Governo afgano per modificare una decisione che il Parlamento afgano ha adottato sulla base del proprio regolamento interno e che è attualmente al vaglio della massima istanza giudiziaria del Paese.Pag. 50
E questo, torno a ripetere, indipendentemente dalla valutazione di merito sulla vicenda menzionata dall'onorevole interpellante.
Ciò che potrebbe essere fatto, semmai, è individuare forme di interazione paritaria fra Parlamenti che consentano ai nostri rappresentanti di far pervenire ai colleghi afgani le proprie opinioni, in attesa che la Corte di giustizia afgana si esprima sulla vicenda e di avviare, se del caso, forme proficue di collaborazione e di cooperazione interparlamentare.
Vorrei comunque aggiungere alcune valutazioni di carattere generale sulla tutela dei diritti umani e sul rispetto dei principi dello Stato di diritto in Afghanistan.
L'Italia, come noto, è fortemente impegnata nella stabilizzazione e nella ricostituzione dell'Afghanistan e, dal 2001, coordina lo sforzo internazionale nel settore della giustizia e dello stato di diritto, nella convinzione del ruolo fondamentale che la giustizia ed i principi dello Stato di diritto possono svolgere nel quadro complessivo della ricostruzione del Paese: senza giustizia infatti non si può avere sicurezza, democrazia, diritti umani e sviluppo economico.
In tal senso ci si è sempre espressi nei frequenti contatti intrattenuti ai più alti livelli delle istituzioni afgane. E proprio nella direzione di tale sforzo si colloca l'organizzazione della conferenza Rule of law in Afghanistan, che si terrà a Roma i prossimi 2 e 3 luglio.
Purtroppo la situazione in Afghanistan - a causa anche delle tormentate vicende storiche attraversate da quel Paese, poc'anzi richiamate dall'onorevole Venier - rimane a livelli ben lontani da quegli standard necessari per ogni sistema basato su di un reale Stato di diritto, sul pieno rispetto dei diritti umani e delle libertà individuali. Proprio tale situazione è d'altronde all'origine del poderoso impegno intrapreso dalla comunità internazionale, nel quale l'Italia svolge un ruolo importante, per avviare quel processo di formazione e sostituzione di un sistema compatibile con i principi di uno Stato di diritto. Tale processo, come ho appena ricordato - ma giova ribadirlo ed averlo sempre bene a mente - è estremamente lungo e complesso.
Va detto, al tempo stesso, che peraltro l'Afghanistan è parte di alcuni strumenti in materia di salvaguardia dei diritti umani: la Convenzione contro la tortura, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne e la Convenzione per i diritti del fanciullo. Il Paese ha inoltre firmato - ma non ancora ratificato - il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale ed i Protocolli opzionali alla Convenzione sui diritti del fanciullo (il primo riguardante il diritto dei bambini coinvolti nei conflitti armati e il secondo la vendita dei bambini e la pedo-pornografia), ed ha ratificato lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, a dimostrazione che l'azione internazionale gradualmente inizia dare i suoi frutti.
Siamo, dunque, consapevoli delle mancanze che, certamente, ancora persistono nel sistema dello Stato di diritto afgano e il caso della parlamentare Malalai Joya ne è l'ennesima prova. Il Governo ritiene, tuttavia, che pur fra infinite difficoltà e con tempi certamente lunghi si possa dire che, con lo sforzo congiunto della comunità internazionale, a livello di Stati e organizzazioni internazionali, e con l'appoggio della società civile, oltre che con l'impegno dello stesso Governo afgano, ci si sia avviati sulla strada del ristabilimento delle condizioni minime di uno Stato di diritto.
PRESIDENTE. L'onorevole Venier ha facoltà di replicare.
IACOPO VENIER. Mi dispiace, sottosegretario Di Santo, non poter assolutamente dichiararmi soddisfatto della «seconda» risposta da parte del nostro Governo su tale caso.
Nascondersi dietro una presunta divisione dei poteri, in un Paese dove il Presidente Karzai rappresenta poco più che l'autorità sulla capitale e dove chiunquePag. 51si batta per i diritti civili - anzitutto, le donne per le loro libertà - rischia la vita e paga con la vita questo impegno; nascondersi dietro questo presunto ruolo delle istituzioni afgane, che sono ancora oggi strumenti nelle mani di organizzazioni legate al narcotraffico e di uomini che hanno commesso orrendi crimini contro le proprie popolazioni (criminali che ancora oggi controllano parti del proprio Paese con le loro bande armate); ebbene, condursi in tal modo, significa abbandonare tale persona e anteporre il presunto interesse dello Stato alla propria collocazione in quel contesto ai veri interlocutori che potrebbero fare crescere un'alternativa in quel Paese. Significa non mandare un messaggio chiaro alla società civile di quel Paese, che faticosamente e difficilmente tenta di trovare una sua strada attraverso le interlocuzioni internazionali.
È tutta qui la nostra critica al doppio standard seguito che ci ha fatto scegliere una via militare, e non politica, nella relazione con quel Paese: faremo una conferenza sul ruolo della legge mentre non sappiamo dire una parola decisa e ferma sul fatto che la legge, il luogo stesso della legge, in Afghanistan vengono violati (e ne viene travolto il significato) proprio attraverso l'espulsione di una donna ovvero di quell'elemento femminile che, secondo le comuni affermazioni, giustificava, più di altri, l'azione e l'intervento militare. L'espulsione di tale voce dal luogo della legge! In nome di cosa? In nome del fatto che tale donna ha avuto il coraggio di affermare ciò che sappiamo tutti e che facciamo finta di non dire, ovvero il ruolo che ancora oggi il traffico di droga, i signori della guerra e le bande criminali che controllano quei luoghi hanno nella spartizione delle istituzioni di quel Paese.
Quali passi avanti potremo compiere mascherandoci dietro tale tipo di formalismi? Ritengo che qui vi sia un punto politico da affrontare subito, perché ovviamente vi è un nesso tra tutto ciò e il modo in cui il nostro Paese è situato in quel contesto.
Come già affermato, noi abbiamo approvato il rifinanziamento della missione militare in Afghanistan nel quadro di una stabilizzazione e di una conferenza di pace che devono portare ad un ruolo diverso la nostra presenza: non militare, ma costruita intorno ad un progetto delle Nazioni Unite. Qui si misurano gli insuccessi della nostra presenza!
Non riusciamo ad ottenere la conferenza di pace e le istituzioni afgane vengono trasformate, anche attraverso atti di questo tipo, in istituzioni che legalizzano, che concedono l'amnistia a quanti sono stati (e sono ancora) protagonisti della tragedia della guerra civile in Afghanistan. Guerra che ha visto contrapposti fondamentalismi opposti sul piano militare, ma coerenti nel negare i diritti di quel popolo.
Ecco perché non possiamo essere soddisfatti della risposta del rappresentante del Governo; certo, svilupperemo un'azione parlamentare, ma il nostro Governo non sta in Afghanistan come un osservatore neutro, è parte della legittimità stessa di quelle istituzioni che, senza l'appoggio del nostro Paese, crollerebbero come un castello di carte.
Pertanto, lo ripeto, torneremo ad agire politicamente nei confronti del Governo italiano; però, si tratta di un fatto, di un passaggio che ci segna politicamente. Se non riusciamo ad affermare posizioni come queste, sarà sempre meno accettabile e comprensibile dare un sostegno a quella che da alcuni, anche dentro la maggioranza, viene ancora considerata una missione in grado di contribuire ad una evoluzione positiva di quel Paese. In realtà, invece, tale missione rischia di tradursi semplicemente in una sostituzione di regime senza alcuna modifica strutturale delle relazioni civili e della qualità dello Stato di diritto, dell'affermazione dei diritti di quelle popolazioni.
Per tutte queste ragioni, non siamo soddisfatti e penso vi sia la necessità che nel nostro Governo si apra una riflessione ancora più profonda su quali possano essere le conseguenze di giustificazioni molto formali, molto burocratiche, ma che cambiano la natura politica dei mandati che abbiamo conferito.
(Eventuali responsabilità di Trenitalia nella gestione di eventi che comportano il trasporto di persone in occasione di manifestazioni di massa - 2-00612).
PRESIDENTE. L'onorevole Cannavò ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00612 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4), concernente eventuali responsabilità di Trenitalia nella gestione di eventi che comportano il trasporto di persone in occasione di manifestazioni di massa.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, la ringrazio e ringrazio anche il sottosegretario Naccarato qui presente, anche se nel rispetto del suo ruolo e della sua funzione non posso non rilevare il fatto che, per il tipo di interpellanza presentata, sarebbe stata più appropriata la presenza di rappresentanti di ministeri più interessati al problema, in particolare il Ministero dei trasporti o quello dell'interno.
L'interpellanza infatti viene motivata in particolare dalle vicende occorse durante la manifestazione del 9 giugno, in occasione della presenza in Italia del Presidente degli Stati Uniti Bush.
Si tratta di una questione che è stata «toccata» dall'informativa urgente svolta in Assemblea dal Viceministro Minniti, ma solamente in parte, e soprattutto non ne è stato affrontato un aspetto che rischia di generare un problema strutturale nella gestione dell'ordine pubblico e, in particolar modo, con riferimento alla possibilità ed alla libertà di manifestare in questo Paese.
Prima di arrivare ai tre quesiti posti con l'interpellanza, vorrei focalizzare brevemente il problema: si è detto e scritto molto sulla manifestazione e molto di quello che si è scritto, tra l'altro, ha oscurato alcuni aspetti importanti e positivi della manifestazione stessa, al di là della sua partecipazione.
Intanto, quella manifestazione è stata organizzata e gestita da parte degli organizzatori con un rapporto costruttivo e positivo con le autorità preposte all'ordine pubblico, un rapporto che ha permesso uno svolgimento sostanzialmente positivo della manifestazione, che è stato del resto riconosciuto dalle stesse autorità di cui abbiamo parlato. Gli organizzatori si sono ben preoccupati di allertare le autorità e di costruire con loro un clima positivo nello svolgimento della manifestazione.
Non è stato invece possibile costruire alcun rapporto con un'azienda che è privata, ma che comunque è ancora a nomina pubblica - Trenitalia - per garantire un aspetto non indifferente nella gestione delle manifestazioni stesse, cioè il trasporto dei manifestanti per raggiungere la sede propria, in questo caso la capitale, al fine di poter svolgere la manifestazione.
Ciò ha prodotto ricadute pesantissime sull'ordine pubblico, e soprattutto sia sull'incolumità di alcuni manifestanti sia sullo stress che le stesse forze di polizia hanno dovuto subire in una giornata peraltro molto faticosa per la presenza di Bush in Italia. L'ampiezza e la dimensione della manifestazione erano ampiamente previste, le autorità erano perfettamente a conoscenza delle modalità di trasporto e delle possibilità di arrivo a Roma di manifestanti, soprattutto da città del Nord. Eppure nella gestione di tale trasporto ci si è trovati di fronte a una situazione di assoluta indisponibilità a consentirne la fruibilità da parte di gente che doveva partecipare semplicemente a una manifestazione, e non certamente fare una gita fuori porta.
La posizione di Trenitalia, che dice che c'è un tariffario e che quello deve essere utilizzabile per situazioni di questo tipo, è una posizione comprensibile dal punto di vista aziendale, ma non corrisponde invece a nessuna concretezza quando si tratta di gestire una situazione che ha a che fare non solo con l'ordine pubblico, ma anche con l'espletamento effettivo di diritti civili e con la possibilità di una dialettica democratica come quella della manifestazione, in quel caso una manifestazione contro la guerra.
In quella giornata ci si è trovati in una condizione di presidio militare di importanti stazioni del Nord, con ricadute pesantiPag. 53sul servizio stesso, e quindi, in qualche modo, le inflessibilità di Trenitalia hanno provocato un maggior danno e un maggiore disservizio al trasporto. Si è determinato un confronto tra manifestanti e forze di polizia che poteva essere tranquillamente evitato: mi riferisco agli incidenti avvenuti nella fase finale della manifestazione, quando essa si era sostanzialmente conclusa senza disordini significativi, e agli incidenti provocati in larga misura dall'eccessivo presidio della stazione di Roma Tiburtina, che hanno determinato un accumulo di tensione che si è scaricato anche sulle forze di polizia, ma soprattutto sui manifestanti stessi, che poi sono stati messi in condizione di raggiungere la loro destinazione grazie all'intervento del Dipartimento della pubblica sicurezza. Tale intervento è giunto tra le ore 24 e le ore 1, dopo che il problema era noto ed evidente nella sua ampiezza e nelle sue dimensioni già alle 18. L'intervento, alla fine, è stato necessario, ma se fosse stato governato e pianificato si sarebbe garantita a tutti, forze di polizia e manifestanti, una gestione più serena della giornata.
Concludo sottolineando che le questioni sono sostanzialmente tre. In primo luogo, come garantiamo il diritto a manifestare, che è anche un diritto alla mobilità e alla possibilità di raggiungere i luoghi delle manifestazioni? Si badi bene: non si sta sostenendo la tesi per cui bisogna garantire la gratuità del trasporto, ma semplicemente la possibilità di concordare una modalità fruibile per chi manifesta, per chiunque manifesta; stiamo infatti parlando di diritti da garantire non soltanto ad alcune forze sociali rispetto ad altre, ma a forze sociali che vogliono esprimere una normale dialettica. La domanda è molto semplice: è possibile che per partecipare a una manifestazione a Roma si debbano spendere 100 euro? Credo si tratti di un problema che attiene alla libertà di manifestare e alla tensione che si accumula sui binari delle stazioni.
Inoltre, il Governo pensa di demandare a Trenitalia la gestione dell'ordine pubblico di questo Paese? Ovviamente no, la domanda è retorica; tuttavia, Trenitalia viene caricata di una responsabilità molto forte, quella di garantire o meno la possibilità di manifestare. Stiamo parlando di spostamenti consistenti: non di decine di persone che fanno una gita fuori porta, ma di migliaia di persone che in modo prevedibile si spostano in giro per l'Italia, e che di fronte a un diniego e all'impossibilità da parte di Trenitalia di costruire una mediazione e di concordare il trasporto, provocano evidentemente un problema di ordine pubblico. L'ordine pubblico, da quel punto di vista, viene quindi demandato alle scelte che Trenitalia compie semplicemente rispondendo ai suoi meccanismi di bilancio. Ma Trenitalia deve anche fornire un servizio, in questo caso un servizio democratico.
Il terzo quesito invece sottintende una proposta, e spero che il sottosegretario possa impegnarsi o comunque possa offrire una possibilità di dialogo su questo punto.
Il Governo è in grado ed ha la volontà di affrontare la questione in termini politici, come si conviene in questa situazione, e quindi di costruire un orientamento - anche insieme alle organizzazioni sociali, le più disparate e le più ampie possibili - per trovare una modalità condivisa nella gestione di avvenimenti di tale portata, in modo da eliminare alla radice tutti i problemi e tutti i disservizi che possono essere provocati da giornate così tese?
Si tratta semplicemente di predisporre un meccanismo che peraltro aiuterebbe probabilmente la stessa azienda dei trasporti. Infatti, una volta concordate tariffe abbordabili e orari di spostamento per i manifestanti che siano compatibili con gli orari commerciali dell'azienda, si consentirebbe un sereno e naturale svolgimento delle manifestazioni, impedendo, ad esempio, che quel che non si verifica, in termini di ordine pubblico, nella città destinataria della manifestazione si verifichi invece nelle città di partenza, che rischiano di divenire il vero avvio della manifestazione, anche in termini di conflittualità, di problemi e di tensioni.Pag. 54
Credo si tratti di una questione che il Governo può porsi e su cui può ragionevolmente impegnarsi: è su questo che verte il quesito fondamentale dell'interpellanza in esame.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Cannavò per la cortesia ed il garbo con i quali ha testé illustrato la sua interpellanza. Desidero inoltre chiarire preliminarmente che risponde il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri - e non, come l'onorevole Cannavò avrebbe preferito, un collega del Ministero dei trasporti o del Ministero dell'interno - solo perché l'interpellanza è rivolta in primo luogo al Presidente del Consiglio dei ministri, e dunque, proprio per maggiore rispetto nei confronti dell'onorevole interpellante, abbiamo ritenuto che fosse la stessa Presidenza del Consiglio a dover rispondere.
Nel pomeriggio del 9 giugno, a Roma, in occasione della visita in Italia del Presidente degli Stati Uniti d'America, si sono svolte due manifestazioni pubbliche: una a Piazza del Popolo, promossa dalla FIOM-CGIL e da altre associazioni, con la partecipazione di circa 500 persone, ed un'altra promossa dal Comitato 9 giugno. Quest'ultima si è articolata in un corteo da Piazza della Repubblica a Piazza Navona con la partecipazione di circa 10 mila persone, molte delle quali gravitanti nell'area antagonista e no global, con una significativa partecipazione dei centri sociali del nord Italia.
Al termine della manifestazione, circa 300 persone sono giunte presso la stazione ferroviaria di Roma Tiburtina, presidiata da contingenti delle forze dell'ordine, manifestando l'intenzione di ottenere una riduzione del biglietto per il rientro a Milano. Dopo lunghe trattative con Trenitalia e numerosi atti di protesta da parte dei manifestanti, in occasione dei quali sono intervenute le forze di polizia, si è organizzato il deflusso ed il rientro nei luoghi di origine dei partecipanti ai cortei. Infine, alle ore 1,30 circa, i manifestanti sono partiti a bordo dei due treni speciali messi a disposizione da Trenitalia su richiesta del Dipartimento della pubblica sicurezza per evidenti e gravi ragioni di ordine pubblico.
Quanto agli episodi avvenuti nelle stazioni di partenza, la mattina del 9 giugno si sono radunate circa 80 persone presso la stazione di Padova, per lo più appartenenti al centro sociale Pedro ed al collettivo di scienze politiche Laboratorio Fuo.Co., che hanno tentato di contrattare con il personale di Trenitalia condizioni di favore per il viaggio in treno fino a Roma. Successivamente, tramite le biglietterie automatiche, alcuni leader del gruppo hanno acquistato, per tutti i partecipanti al corteo, i titoli di viaggio per la tratta Padova-Monselice, avendo così accesso ai binari della stazione, dove si sono ricongiunti con circa 60 altri manifestanti provenienti da Vicenza e muniti di biglietto per la tratta Vicenza-Padova. Anche in questo caso, dopo ulteriori forme di protesta e l'occupazione dei binari, sono iniziate trattative fra i responsabili locali di Trenitalia ed i rappresentanti dei manifestanti; tali trattative si sono concluse intorno alle ore 12 con l'accordo sul pagamento del biglietto ridotto per comitive ordinarie per la tratta Padova-Roma.
Si precisa, comunque, che nessun manifestante è giunto a Roma gratuitamente, nella scrupolosa osservanza di una pratica consolidata e rispettosa della legge e dei regolamenti ferroviari che si ripete in occasione di eventi che si svolgono a Roma.
In proposito, va precisato che Trenitalia, in relazione alle strategie utilizzate per garantire gli spostamenti dei partecipanti alle manifestazioni, come nel caso specifico della manifestazione del 9 giugno, predispone, anticipatamente, un programma di gestione per questo tipo di eventi che comportano un forte afflusso di viaggiatori.Pag. 55
Al riguardo, vengono effettuate, con sufficiente anticipo, apposite riunioni - sia a livello centrale che territoriale - con il Ministero dell'interno per valutare il probabile flusso dei manifestanti e viene predisposto un piano organizzativo finalizzato a gestire sia il volume di traffico passeggeri aggiunto prevedibile, sia i possibili disservizi determinati da eventuali situazioni di emergenza, quali disordini, occupazioni di binari e via dicendo. Nell'ambito di tale piano, si provvede all'individuazione delle aree più critiche e dei referenti territoriali responsabili per ciascuna di esse, nonché dei treni potenzialmente a rischio di criticità. Nelle aree maggiormente interessate dai possibili flussi vengono predisposti anche servizi sostitutivi, come i bus, da utilizzare, se necessario, nel caso di saturazione dei treni o di interruzione della circolazione ferroviaria.
Le associazioni promotrici di questi eventi hanno come punto di riferimento la struttura di assistenza e vendita di Trenitalia, la cui organizzazione è strutturata attraverso articolazioni che coprono l'intero territorio nazionale. Attraverso tale struttura è possibile acquisire ogni utile informazione circa i servizi programmati e le tariffe previste e approfondire ogni altro aspetto commerciale, come, ad esempio, la possibilità di acquistare treni charter.
Per l'accertamento di eventuali responsabilità nella gestione di qualsiasi attività propria dell'azienda di trasporto è prevista nell'organizzazione di Trenitalia una specifica struttura di audit, avente il compito di verificare la corretta esecuzione delle azioni connesse all'espletamento dei compiti di ciascuna struttura aziendale.
Attualmente la politica commerciale adottata da Trenitalia non prevede la stipula di convenzioni che comportino riduzioni tariffarie particolari. La normativa tariffaria vigente, infatti, prevede già un'offerta commerciale per gruppi di viaggiatori di almeno dieci persone, cosiddetta «comitive ordinarie». Inoltre, c'è la possibilità di acquistare treni completi a tariffe prestabilite e valide per chiunque ne faccia richiesta, come, peraltro, è già avvenuto in diverse occasioni. D'altronde, la valutazione delle finalità del viaggio e dell'evento connesso non compete all'impresa di trasporto, il cui compito è quello di garantire la mobilità a prezzi di mercato, assicurando il medesimo trattamento e condizioni a tutta la clientela.
PRESIDENTE. L'onorevole Cannavò ha facoltà di replicare.
SALVATORE CANNAVÒ. Signor Presidente, ringrazio molto il sottosegretario Naccarato per l'impegno che ha assunto in questa sede a nome della Presidenza del Consiglio, come è giusto che sia. Desidero, quindi, valorizzare molto questa sua disponibilità, perché ovviamente quella di oggi sarà solo la prima di una lunga serie di atti di sindacato ispettivo, dal momento che la risposta mi trova del tutto insoddisfatto per una ragione di fondo. Mi si propone, infatti, una risposta sostanzialmente basata sui tabellari commerciali di Trenitalia e quindi si evade, in parte, il senso politico dell'interpellanza stessa.
I tabellari sono ben conosciuti, e rappresentano il primo contatto che chiunque voglia organizzare una qualsiasi iniziativa che preveda trasporti prende con l'azienda. Ovviamente, però, non sono qui in discussione i tabellari, né le regole per accedere ai treni, a tutti ben note. Stiamo parlando, invece, di qualcosa di più importante e serio, ed inviterei il Governo a considerare molto più seriamente la questione, perché ogni mese circa si produce un problema di ordine pubblico che, tra l'altro, non riguarda più solamente i manifestanti.
È accaduto infatti, qualche giorno fa, un fatto abbastanza inquietante, che dovrebbe far riflettere il Governo: alcuni pendolari non riescono più a sostenere il peso di un biglietto di 75 euro che devono sborsare ogni settimana per muoversi, per ragioni di lavoro, da Salerno a Milano - e già dovrebbe far riflettere la circostanza che in Italia vi siano pendolari tra Salerno e Milano - con ricadute pesantissime sullo stesso servizio.Pag. 56
Se consideriamo la ricostruzione che il Governo ha proposto in questa sede, notiamo in primo luogo un elemento che conferma quanto avevo già sottolineato in sede di illustrazione.
Da parte dei manifestanti vi è sempre stata la volontà di contrattare, con la società Trenitalia, lo spostamento, e quindi di non esigere un trasporto gratuito. Infatti, lei stesso, signor sottosegretario, ha affermato che più volte le situazioni si sono sbloccate proprio a causa di accordi intervenuti nel corso delle proteste. Che il problema non sia solo di natura commerciale e di tabellari, è dimostrato anche dal fatto che per quel tipo di occupazione, del tutto pacifica e senza nessuno scontro con le forze dell'ordine, quei manifestanti stanno però subendo alcune inchieste giudiziarie; pertanto, non si tratta di una questione di tabellari commerciali.
Ma, se vogliamo stare al tema della sua risposta, il «nocciolo» è abbastanza smontabile da questa semplice constatazione: al fine di consentire l'accordo conclusivo con i manifestanti, Trenitalia, quella mattina, ha compiuto un gesto molto semplice: ha declassato i treni, cioè ha deciso d'arbitrio, quindi con un atto unilaterale, che il treno intercity non fosse più tale, ma diventasse un interregionale. Declassando i treni, ha abbassato il costo complessivo del servizio, facendo in modo tale che la riduzione commerciale, così come da lei descritta, potesse essere alla portata anche dei manifestanti. Pertanto, ha compiuto una scelta politica. Perciò, è possibile compiere delle scelte politiche, e non solo di natura aziendale, ovviamente in relazione al problema da affrontare in quel giorno. L'idea che Trenitalia debba rispondere solo a logiche di bilancio e aziendali è smontata dagli stessi fatti.
Inoltre, la questione del rapporto tra Trenitalia e le forze di polizia, per garantire solo il deflusso, è controversa; se si tratta esclusivamente di garantire il deflusso, perché manifestanti muniti di biglietto si trovano di fronte a stazioni ferroviarie fortemente presidiate, creando situazioni che generano, all'inizio stesso della giornata, una tensione che potrebbe essere tranquillamente evitata?
Forse il Governo non sa che il 19 maggio, a Napoli, si è svolta una manifestazione e che in occasione del rientro a Roma di alcuni manifestanti muniti di regolare biglietto, che dunque hanno pagato, Trenitalia ha comunque deciso la soppressione del treno, lasciando nella stazione di Napoli cento persone, che avrebbero potuto incendiare cassonetti, bloccare i binari, fare di tutto e che invece non hanno fatto niente, perché sono persone responsabili. Trenitalia si è assunta così una responsabilità enorme dal punto di vista dell'ordine pubblico, e a fronte dell'intervento di un parlamentare la stessa società si è sentita in diritto di poter dire: dell'intervento di un parlamentare non mi importa nulla, io sopprimo il treno, chiudo la stazione e poi se la veda la questura di Napoli.
Siamo arrivati a un punto tale che l'azienda di trasporti, che comunque è di proprietà dello Stato, può permettersi di gestire in questo modo problemi così scottanti, come quello del trasporto dei manifestanti? Cito i fatti, perché sono i fatti che generano i disordini e i problemi che tutti noi vogliamo evitare. Il senso di questa interpellanza è quello di contribuire ad evitare problemi che invece, a quanto pare, dalle risposte che fornisce il Governo, sono del tutto trascurati e non considerati.
Per tali ragioni mi ritengo fortemente insoddisfatto e preannuncio al Governo, da parte mia e di altri deputati interessati al problema, la presentazione di ulteriori atti di sindacato ispettivo. Il Governo deve anche sapere che il problema dello spostamento di manifestanti, in occasione di importanti eventi, sarà una questione politica con cui si dovrà cimentare - nelle sedi e nelle forme dovute - e che genererà problemi al Governo stesso, ovviamente di natura politica, perché non è possibile che la risposta possa essere così amministrativa e distante dalla vera natura del problema stesso.
(Mancata applicazione da parte dell'Istat delle disposizioni normative che prevedono sanzioni pecuniarie a carico di cittadini ed imprese che non rispondono alle indagini statistiche - n. 2-00621)
PRESIDENTE. L'onorevole Carta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00621 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5) concernente la mancata applicazione da parte dell'Istat delle disposizioni normative che prevedono sanzioni pecuniarie a carico di cittadini ed imprese che non rispondono alle indagini statistiche.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, intendo illustrare l'interpellanza urgente da me presentata e il mio intervento sarà anche abbastanza breve.
Il settimanale Panorama del 14 giugno ha pubblicato un articolo, a firma di Donatella Marino, dove si pone in evidenza che, nonostante le disposizioni contenute negli articoli 7 e 11 del decreto legislativo n. 322 del 1989, che prevedono sanzioni pecuniarie a carico di cittadini ed imprese che non rispondono alle indagini statistiche (da un minimo di 200 ad un massimo di 2 mila euro per i cittadini e da 500 a 5 mila per le imprese), per stessa ammissione dell'Istat, vi è un numero di questionari non compilati all'anno che ammonta a circa 350 mila.
Secondo il dato sindacale l'erario avrebbe perso, nell'arco di cinque anni (considerando solo i termini relativi alla prescrizione) da un minimo di 775 milioni di euro ad un massimo di 3 miliardi di euro.
Tali ingenti risorse, con un Governo che cerca di raschiare il barile per risolvere le mille richieste dei vari «tesori e tesoretti», se questi dati corrispondono al vero, costituiscono una quota enorme.
Pertanto, qualora tali dati risultassero esatti - e non v'è dubbio perché provengono non solo dall'indagine giornalistica, ma da un'ammissione dell'Istat - chiediamo al Governo quali provvedimenti intenda adottare per verificarne la fondatezza e, nel caso in cui trovasse conferma, cosa intenda fare per superare ciò che sarebbe da considerarsi una grave omissione da parte degli organismi dirigenti, tenuto conto che il sindacato ha anche presentato una denuncia alla Corte dei conti.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, ringrazio molto gli onorevoli interpellanti e l'onorevole Carta che ha illustrato la sua interpellanza urgente perché consente al Governo di chiarire tale circostanza.
In riferimento all'atto ispettivo presentato si fa presente che è del tutto priva di riscontro la stima del cosiddetto «tesoretto», termine con cui si definisce l'importo economico complessivo che l'erario non avrebbe riscosso a seguito della mancata applicazione delle sanzioni previste nei confronti dei soggetti che violano l'obbligo di risposta alle indagini statistiche (ce l'hanno comunicato formalmente gli uffici preposti).
Tale importo, valutato con una fantasiosa approssimazione tra i 775 milioni e i 7,5 miliardi di euro, scaturisce da un calcolo che assimila a rifiuti tutte le circa 350 mila mancate risposte di un anno alle rilevazioni statistiche.
In realtà, l'accertamento dell'effettiva intenzionalità di ogni singola risposta non fornita richiede una complessa e onerosa procedura di verifica che coinvolgerebbe le prefetture, comportando costi di attuazione rilevanti e di incerto esito in termini di individuazione dei comportamenti sanzionabili. Inoltre, avrebbe sicuramente l'effetto di aggravare ulteriormente le attività già congestionata delle prefetture.
Per quanto riguarda la responsabilità per la mancata applicazione delle sanzioni, essa riguarda tutti soggetti titolari di rilevazioni con obbligo di risposta inserite nel programma statistico nazionale (organismiPag. 58centrali e amministrazioni periferiche). Per il triennio 2006-2008 ci sono state 216 rilevazioni dell'Istat e ben 246 di altri soggetti del Sistan, cioè del Sistema statistico nazionale.
Si precisa, inoltre, che la scarsa propensione a collaborare alla produzione di informazioni statistiche rappresenta un fenomeno di vasta portata e dalle molteplici cause, con cui la comunità nazionale e internazionale degli statistici ufficiali è sempre più chiamata a confrontarsi.
Una recente ricognizione effettuata dall'istituto nazionale di statistica in ambito europeo non ha rilevato casi di ricorso sistematico e generalizzato allo strumento sanzionatorio da parte degli istituti nazionali di statistica.
Alla radice di tale cauto atteggiamento vi è la comune consapevolezza che, ai fini della produzione di statistiche complete e affidabili, occorrono informazioni di base adeguate per quantità, ma soprattutto veritiere. Lo strumento repressivo, sebbene rappresenti un efficace deterrente, non esaurisce la molteplicità e la complessità degli interventi per assicurare ai titolari della funzione statistica la fiducia dei rispondenti e, di conseguenza, una partecipazione leale, consapevole e motivata alle rilevazioni.
Si tratta, in primo luogo, di far comprendere ai cittadini, alle famiglie, alle imprese ed alle istituzioni l'importanza dell'apporto che ciascuno può fornire alla statistica ufficiale attraverso la propria collaborazione. L'esperienza dimostra che un approccio persuasivo può rivelarsi risolutivo, anche in situazioni di iniziale inerzia o scetticismo.
In riferimento alla situazione italiana, gli articoli 7 e 11 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, istitutivo del Sistema statistico nazionale (Sistan), composto dall'insieme dei soggetti pubblici e privati, ai quali è affidato il compito di produrre e fornire al Paese e agli organismi internazionali l'informazione statistica ufficiale, riproducono la disciplina di cui all'articolo 18 del regio decreto-legge 27 maggio 1929, n. 1285, avente ad oggetto l'ordinamento dell'Istituto centrale di statistica, che prevedeva la comminazione di ammende (depenalizzate a partire del 1975) per violazione dell'obbligo di fornire le notizie richieste nell'ambito di rilevazioni statistiche ufficiali.
A ciò va aggiunto che la vigente disciplina normativa presenta lacune e carenze tali da rendere estremamente difficoltoso, non soltanto per l'Istat, ma anche per gli altri soggetti titolari di indagine comprese nel programma statistico nazionale che stabilisce, con riferimento ad un periodo di tre anni, le rilevazioni statistiche di interesse pubblico affidate al Sistan e gli obiettivi dallo stesso perseguiti, la corretta instaurazione del procedimento sanzionatorio, anche alla luce del rapido cambiamento delle tecniche e delle metodologie di conduzione delle rilevazioni statistiche. In particolare, risulta problematica la definizione della condotta che integra la violazione dell'obbligo di risposta.
L'articolo 7 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 si limita a stabilire che chiunque non fornisca, o fornisca intenzionalmente errati, i dati e le notizie che gli vengono richiesti per la realizzazione di rilevazioni previste dal programma statistico nazionale o, soggetti privati, richiesti dall'apposito elenco approvato con decreto del Presidente della Repubblica, è soggetto all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'articolo 11 del medesimo decreto legislativo.
Tale disposizione istituisce, dunque, un collegamento diretto ed automatico tra la mancata fornitura dei dati richiesti e l'attivazione del procedimento di accertamento. Di fatto, essa non consente agli enti e agli uffici di statistica competenti ad accertare la violazione di considerare gli elementi e le circostanze che possono, in concreto, aver determinato la mancata risposta, nonché di valutarne la rilevanza, anche in riferimento all'effettivo conseguimento degli obiettivi conoscitivi di volta in volta perseguiti dalla singola rilevazione.
Inoltre, la norma sembra presupporre che sia sempre in concreto possibile verificare, in maniera univoca, certa ed immediata, che il soggetto tenuto all'obbligoPag. 59di risposta vi abbia o meno adempiuto ed in quali circostanze di tempo e di luogo. Ciò può realizzarsi parzialmente con le rilevazioni che gli enti ed uffici del Sistan svolgono attraverso interviste dirette che implicano il contatto «faccia a faccia» tra rispondente e rilevatore.
Diversamente, la possibilità di verifica può non sussistere nelle rilevazioni svolte con altre tecniche di indagine come, ad esempio, nelle interviste effettuate mediante telefono o attraverso collegamento telematico o quando l'invio del questionario avviene per posta ordinaria.
Il consiglio dell'Istat, nel 2006, ha invitato a porre la questione in sede di comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica (Comstat), organo collegiale rappresentativo delle diverse componenti del Sistan, avente il compito di adottare direttive e atti di indirizzo nei confronti dei soggetti del Sistema statistico nazionale e di deliberare il programma statistico nazionale e, nel corso del febbraio 2007, ha inviato al Ministro per l'innovazione tecnologica nella pubblica amministrazione una proposta per apportare le necessarie modifiche ai predetti articoli 7 e 11 del decreto legislativo n. 322 del 1989, da inserire nei successivi provvedimenti legislativi.
L'obiettivo è quello di definire le attività che i soggetti del Sistan devono porre in essere per individuare in maniera certa, tra le mancate risposte, quelle che, per la volontarietà della condotta, configurano una effettiva violazione dell'obbligo di risposta.
Allo stesso tempo si mira a ridurre l'onerosità di dette attività e, più in generale, il forte impatto che esse determinano sul complessivo funzionamento del Sistema statistico nazionale, fino a mettere a rischio, paradossalmente, la stessa qualità delle statistiche.
PRESIDENTE. L'onorevole Carta ha facoltà di replicare.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, apprezzo molto l'impegno del sottosegretario e nutro il massimo rispetto per la persona e per l'istituzione che rappresenta. Tuttavia, mi pare che la risposta fornita dagli uffici, apparentemente articolata, sia non solo insoddisfacente, ma oserei dire stravagante. Ciò per due motivi.
Il primo quesito che viene posto attiene all'accertamento del numero delle infrazioni. Vale a dire, se arrivano 350 mila mancate risposte, 350 mila mancate risposte devono essere passibili di sanzioni. Se si attende l'analisi per capire quali di esse possano incidere o meno sul dato statistico, diventa un problema completamente diverso.
Capisco la complessità della rilevazione statistica, difficoltà dovuta anche ai diversi soggetti sottoposti alla rilevazione, tuttavia vorrei porre una domanda al Governo: è possibile che la difficoltà della rilevazione possa mettere in non cale norme che prevedono delle sanzioni? Non entro oggi nel merito dell'entità effettiva del tesoro o «tesoretto», mi fermo alla prima parte. Un Governo deve essere in condizione di far rispettare le norme, altrimenti, se esse non servono, si devono cambiare.
Signor sottosegretario, l'unica parte della risposta che può essere accettata è quella in cui si dice che il Governo sottopone al Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione il problema di trovare un sistema di rilevazione efficiente. Ma ciò sta a significare che, essendoci queste inadempienze, per ammissione dello stesso Istat, neanche la validità delle statistiche è una cosa seria.
C'è un altro aspetto. Al di là della validità della statistica che, ripeto, in questo caso altera il problema, il dato statistico riferito a soggetti e a imprese costituisce l'elemento base (anche se i dati sono spesso riservati) per un sistema di controllo incrociato anche al fine di combattere l'evasione fiscale. Infatti, uno degli elementi fondamentali del contrasto all'evasione fiscale è la conoscenza. Non importa se anche altri soggetti, nazionali ed esteri, non applicano le sanzioni. Ciò costituisce una grave inadempienza della parte organizzativa dell'istituto, una grave inadempienza da parte degli organi diPag. 60controllo e una grave inadempienza del Governo che risponde in maniera evasiva. L'unica piccola parte di soddisfazione deriva dall'augurio, nel nuovo clima che si è creato da ieri, che avvengano delle soluzioni «per magia» e che l'istituto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione possa dare una risposta.
Noi seguiremo questa vicenda che apparentemente può sembrare banale, ma così non è, signor sottosegretario. Questi dati si pongono alla base di conoscenze utili al Parlamento e al Paese. Ecco perché, con molto dispiacere, non posso che considerarmi insoddisfatto; se l'insoddisfazione potesse misurarsi per gradi, direi che lo sono al più alto grado per la risposta.
(Misure per contrastare le offese al sentimento religioso ed alle confessioni religiose - n. 2-00624)
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00624 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6), di cui è cofirmataria, concernente misure per contrastare le offese al sentimento religioso ed alle confessioni religiose.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, illustrerò molto brevemente la nostra interpellanza perché devo confessare che mi imbarazza perfino parlarne. Sono profondamente indignata del fatto che siamo costretti, come parlamentari, a rivolgere al Governo questo tipo di domande e a interrogare le istituzioni su quello che sta avvenendo nel Paese, che, a nostro avviso, è qualcosa di estremamente grave, che non va semplicemente stigmatizzato, ma va fermato. Il che è tutta un'altra cosa!
Nella nostra interpellanza denunciamo due episodi ugualmente gravi; uno derivante da un finanziamento dello Stato e, quindi, da un'attività pubblica riconosciuta e riconoscibile; un altro invece, riconducibile ad un'attività che forse esula da un controllo, ma che denuncia anche un'assenza di controllo e di prese di posizioni conseguenti alla gravità di quello che è accaduto.
Mi riferisco, in particolare, a quanto sta avvenendo in questi giorni alla Biennale di Venezia, ossia ad uno spettacolo pornografico, Messiah Game, che definire osceno è dir poco, per le scene - irripetibili - che si svolgono ai piedi di una croce. Ripeto: mi imbarazza perfino dover parlare di tali questioni in quest'aula per la quale, com'è noto, nutro un grande rispetto. Mi imbarazza dover sottolineare questi aspetti perché vuol dire che siamo scesi veramente molto in basso.
Mi riferisco, inoltre, alla presentazione di un gioco, chiamato Operazione pretofilia, che si può tranquillamente scaricare da un portale - noi lo abbiamo scaricato e chiunque può farlo senza alcuna difficoltà - in cui, per l'ennesima volta, vi è un attacco furibondo rivolto al Vaticano sull'onda di trasmissioni televisive in cui si è condotto il tentativo - poi non riuscito - di dimostrare che il Vaticano sarebbe connivente con la pedofilia praticata dai sacerdoti e intenderebbe soffocare e, in qualche modo, mettere a tacere tutti gli episodi, veri o presunti che siano, occorsi tempo addietro.
Sull'onda di questa ormai inarrestabile moda, viene fatto scaricare un gioco che è l'ennesima dimostrazione del crescente attacco alle religioni e al sentimento religioso di tutte le confessioni, ma in particolare di quella cattolica. Peraltro, non oso pensare a ciò che sarebbe successo, probabilmente anche in quest'aula, se vi fossero stati attacchi analoghi ad altre religioni. Non oso pensare quanta solidarietà e quanta indignazione sarebbero state manifestate probabilmente da questi banchi se si fosse trattato di altre religioni.
Dato che si tratta della religione cattolica siamo costretti a presentare un'interrogazione al Governo per sapere cosa intenda fare nei confronti del denaro pubblico che viene speso per tali manifestazioni oscene, e che cosa intenda fare inPag. 61ordine a tali giochi che vengono tranquillamente scaricati dai siti Internet e nei confronti dell'autorità giudiziaria.
La risposta ci interessa molto perché darà la misura di qual è l'impegno del Governo in una situazione così drammatica e così seria.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente, il consiglio di amministrazione della fondazione La Biennale di Venezia, lo scorso 20 giugno, ha deciso di confermare lo spettacolo Messiah Game nel programma del 5o Festival di danza.
La fondazione ha comunicato che le proprie scelte, cito testualmente, «debbono conformarsi al primo scopo statutario della Biennale di Venezia, che è quello di assicurare piena libertà di idee e di forme espressive». Al riguardo, si precisa che le valutazioni artistiche operate in piena autonomia dalla fondazione esulano dal potere di vigilanza spettante al Ministero per i beni e le attività culturali che, invece, ai sensi del decreto legislativo n. 19 del 1998, si esplica esclusivamente sulla gestione economico-contabile della fondazione. Inoltre, gli spettacoli teatrali non sono soggetti a nulla osta da parte delle commissioni di revisione, come invece è previsto per gli spettacoli cinematografici.
In relazione al sito che ha pubblicato il gioco in questione, quest'ultimo è già da alcuni giorni all'attenzione del servizio postale e delle comunicazioni del Ministero dell'interno ed, in proposito, è stata informata l'autorità giudiziaria di Catania, poiché la prima segnalazione del predetto sito è stata raccolta dal servizio di polizia postale di tale città. Nel contempo, si sta cercando di rimuovere la pagina web del server dove la stessa è ospitata, server che, dai primi accertamenti, risulta collocato negli Stati Uniti d'America.
In via generale, per contrastare il fenomeno dello sfruttamento sessuale dei bambini e la pedopornografia anche a mezzo Internet, è stato istituito, presso l'organo per la sicurezza e la regolarità dei servizi di telecomunicazione, il Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete Internet.
Le attuali norme impongono l'obbligo, per i fornitori dei servizi resi attraverso reti di comunicazione elettronica, di segnalare al predetto Centro, qualora ne vengano a conoscenza, le imprese o i soggetti che, a qualunque titolo, diffondono, distribuiscono o fanno commercio, anche in via telematica, di materiale pedopornografico, nonché a comunicare, su richiesta, informazioni relative ai contratti con tali imprese o soggetti. È stata, quindi, attribuita al Ministero delle comunicazioni una competenza sanzionatoria da 50 mila a 250 mila euro per la violazione degli obblighi di segnalazione per il mancato utilizzo, da parte dei fornitori di connettività, degli strumenti di filtraggio.
Il Ministro delle comunicazioni, di concerto con il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, ha adottato, in attuazione dell'articolo 14-quater della legge n. 269 del 1998, integrata dalla legge n. 38 del 2006, il decreto 8 gennaio 2007, con il quale sono stati individuati i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio che i fornitori di connettività alla rete Internet devono utilizzare, al fine di impedire l'accesso ai siti segnalati dal Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia.
Il decreto prevede che il Centro comunichi ai fornitori di connettività alla rete Internet la lista dei siti cui applicare gli strumenti di filtraggio, in maniera da garantire l'integrità, la riservatezza e la certezza del mittente del dato trasmesso. I fornitori sono tenuti a procedere alle inibizioni entro sei ore dalla comunicazione. Inoltre, in esecuzione di quanto prescritto dall'articolo 8, comma 2, del predetto decreto, il Ministero delle comunicazioni ha già avviato il tavolo tecnico per la verifica delle attività in corso e per garantire il coordinamento interno tra Polizia, Internet service provider e Ministero.Pag. 62
La diffusione delle nuove tecnologie di trasmissione e lo sviluppo della convergenza delle piattaforme e dei media hanno notevolmente ampliato le possibilità di circolazione dei contenuti (programmi televisivi, immagini, audiovideo, chat, giochi e simili) determinando maggiori rischi per i minori.
I videogiochi, infatti, sono strumento dalle molteplici potenzialità che, oltre alla funzione ludica e allo sviluppo della coordinazione e della memoria, possono avere caratteristiche diseducative, in quanto incitano a comportamenti aggressivi, diminuiscono la capacità di cooperazione e trasmettono messaggi volgari, violenti o erotici. Come è noto, l'intrattenimento con i videogiochi ha ottenuto una straordinaria divulgazione determinando lo sviluppo dell'offerta di contenuti per giocatori adulti e da ciò deriva la necessità di prevedere forme di tutela idonee a preservare i minori.
In tale contesto, la Commissione europea, dal 1999, con il Safer Internet Action Plan e, dal 2005, con il programma Safer Internet Plus, promuove iniziative e finanzia progetti che coinvolgono gli Stati membri e gli operatori dei settori interessati, a completa tutela del minore nel suo approccio ad Internet e alle nuove tecnologie on line.
Di fronte alla difficoltà di impedire o limitare la produzione e la distribuzione dei prodotti in argomento e consapevoli dell'inefficacia di misure semplicemente interdittive, è necessario fornire un sostegno alle famiglie, finalizzato a valorizzare il carattere positivo dei videogiochi e, nel contempo, a vigilare per impedire il verificarsi di situazioni potenzialmente pericolose. Pertanto, è utile ed importante favorire la conoscenza e l'utilizzo, da parte dei consumatori-utenti, del sistema di classificazione PEGI (Pan european game information) - un sistema europeo di classificazione dei videogiochi in base al contenuto e all'idoneità all'utilizzo da parte dei soggetti appartenenti alle diverse fasce di età -, nato su iniziativa dell'Associazione europea degli editori di software interattivo ed utilizzato, dal 2003, in sedici Paesi europei.
Da parte sua, il Governo, ed in particolare il Ministro delle comunicazioni, ha ospitato, il 15 gennaio 2007, il PEGI Advisory Board ed a seguito della riunione, su sollecitazione del membro italiano in rappresentanza del Ministero, è stato avviato un lavoro di revisione del sistema, per migliorarne l'efficacia, renderlo più facilmente comprensibile alle famiglie e diffonderne la conoscenza, anche attraverso campagne informative.
A tal fine, il Governo ha anche attivato un tavolo di lavoro presso il Dipartimento per le politiche giovanili e le attività sportive della Presidenza del Consiglio dei ministri, che ha lo scopo di concordare, con i distributori di videogiochi presenti sul territorio nazionale, una serie di azioni e di programmi di informazione per genitori e adulti, volti a promuovere un acquisto consapevole dei prodotti, in rapporto alla formazione del minore utilizzatore finale.
In merito, inoltre, agli attacchi alle istituzioni religiose citate nell'interpellanza dell'onorevole Volontè, va precisato che, con l'accordo di revisione del Concordato Lateranense, firmato il 18 febbraio del 1984, è stato riaffermato e concretamente articolato il principio costituzionale dell'assoluta distinzione, indipendenza ed autonomia dei due ordini della Chiesa e dello Stato, che si impegnano ad una reciproca collaborazione per la promozione dell'uomo e il bene del Paese.
A ciò si aggiunge, nel Protocollo addizionale, il venir meno del principio, originariamente richiamato dai Patti Lateranensi, della religione cattolica come religione dello Stato, in conformità al dettato della Costituzione, ispirata al principio supremo della laicità dello Stato. L'azione del Governo sì è costantemente attenuta, di fronte al libero esplicarsi del fenomeno religioso, a tale principio, alla luce dell'interpretazione data dalla Corte costituzionale, la quale afferma che la laicità dello Stato «implica non indifferenza nei confronti della religione, ma garanzia delloPag. 63Stato stesso per la tutela della libertà religiosa in un regime di pluralismo confessionale e culturale».
La non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni, secondo la Corte costituzionale, giustificherebbe «interventi legislativi a protezione della libertà religiosa», tra i quali la Corte stessa annovera «la protezione del sentimento religioso», che «è venuta ad assumere il significato di corollario del diritto costituzionale di libertà di religione, corollario che, naturalmente, deve abbracciare allo stesso modo l'esperienza religiosa di tutti coloro che la vivono, nella sua dimensione individuale e comunitaria, indipendentemente dai diversi contenuti di fede delle diverse confessioni».
Da quanto enunciato dalla Corte costituzionale, sembra quindi che si possa affermare che il diritto di espressione, garantito dall'articolo 21 della Costituzione, così come la libertà dell'arte, sancita dall'articolo 33, debbano comunque rispettare il sentimento religioso, sia dei cattolici sia dei fedeli delle altre confessioni religiose. Nel codice penale sono oggetto della tutela del sentimento religioso sia la religione cattolica, sia i culti «ammessi» nello Stato.
La recente legge 24 febbraio 2006, n. 85, recante «Modifiche al codice penale in materia di reati di opinione», ha provveduto ad una riformulazione dei principali delitti in materia, stabilendo, in particolare, per il reato di cui all'articolo 403 del codice penale (offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone), la pena della multa da 1.000 euro a 5.000 euro a carico di chi pubblicamente offende una confessione religiosa mediante vilipendio di chi la professa, e quella della multa da 2.000 euro a 6.000 euro nel caso in cui l'offesa ad una confessione religiosa sia arrecata, invece, mediante vilipendio di un ministro del culto.
La scelta di limitare alla sola pena pecuniaria le sanzioni penali nell'ipotesi di vilipendio non deriva, tuttavia, dalla sentenza n. 168 del 2005 della Corte costituzionale, che aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del predetto articolo 403 sotto il profilo della violazione del principio di eguaglianza, non potendo l'offesa alla religione cattolica essere sanzionata più gravemente rispetto ad analoghe offese riguardanti culti diversi da quello cattolico. È, quindi, possibile per il legislatore conservare la pena della reclusione per le ipotesi di vilipendio più gravi, laddove comunque riferite a qualunque confessione religiosa.
Quanto alla delimitazione dell'ambito di applicazione del reato di vilipendio, secondo una consolidata giurisprudenza integrano il fatto di reato «la contumelia, lo scherno, l'offesa fine a se stessa, che costituisce ad un tempo ingiuria al credente (e perciò lesione della sua personalità) e oltraggio ai valori etici di cui si sostanzia ed alimenta il fenomeno religioso, oggettivamente riguardato».
Spetta, naturalmente, all'autorità giudiziaria, sulla base di una denuncia che può essere presentata da chiunque ritenga sussistere un'ipotesi di vilipendio, valutare l'effettiva sussistenza dei reati, individuare i responsabili e procedere al relativo eventuale giudizio.
PRESIDENTE. L'onorevole Capitanio Santolini ha facoltà di replicare.
LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, non mi pare di potermi dichiarare soddisfatta, anzi non lo sono affatto e cercherò brevemente di spiegare perché le risposte fornite dal sottosegretario non possono soddisfare una denuncia così grave. Vorrei, se possibile, dividere l'intervento del sottosegretario in tre parti e di ognuna di esse vorrei fare un breve commento, perché rimanga comunque a futura memoria una critica fondata e fondamentale ad un modo di approcciare questi temi che mi sembra veramente non accettabile.
Il sottosegretario, nella sua risposta, ha liquidato il problema della Biennale con pochissime parole, dicendo che le valutazioni artistiche esulano dalla competenza del Ministero per i beni e le attività culturali e che per le attività di spettacolo non esiste la censura, al contrario diPag. 64quanto avviene nella cinematografia, e che, quindi, praticamente non c'è nulla da fare. Quindi, con l'alibi di una manifestazione artistica, qualunque essa possa essere, sedicenti artisti, pornografi che si definiscono artisti, possono inscenare qualunque cosa, perché, se queste sono le logiche, e ciò ci viene raccontato, significa che per il cittadino non esiste possibilità alcuna di essere difeso. La Biennale di Venezia può tranquillamente, quindi, mettere in scena un'opera blasfema, offensiva e oscena, artisticamente assolutamente risibile, perché qualcuno, in particolare il consiglio di amministrazione e gli organi preposti alla Biennale di Venezia, ha deciso che va bene così. Siamo al libero arbitrio più assoluto, cioè non ci sono regole, né possibilità di contrasto!
Vi è, quindi, la dichiarazione di impotenza del Governo, del Parlamento e delle istituzioni, perché di fronte alla decisione di quattro, cinque od otto persone di mettere in scena uno spettacolo come quello in questione le istituzioni si dichiarano assolutamente impotenti ed impossibilitate ad intervenire.
Il Governo, in questa legislatura fa poco, anzi pochissimo, ma avrebbe potuto - e potrebbe, tuttora - preparare un disegno di legge, un provvedimento che saremmo tutti pronti a discutere subito, magari anche appassionatamente (non penso che siano tutti d'accordo con noi, ma comunque non siamo soli, siamo in buona compagnia), e si potrebbe cercare il modo di impedire tutto ciò, perché il fatto che si chiami Biennale di Venezia non ha alcuna importanza, dal momento che si offende la sensibilità religiosa. Questa dichiarazione di impotenza è di estrema gravità, si liquida il discorso affermando che il Ministero per i beni e le attività culturali non è competente, non ha possibilità di agire, non vi è censura e quindi va bene così.
Vi è un secondo aspetto: sulla questione dei siti pornografici il sottosegretario si è soffermato moltissimo, ha svolto un intervento lungo e molto articolato, affermando che vi sono tavoli, centri, tavoli tecnici, tavoli di lavoro, coordinamenti, iniziative europee, italiane, locali ed altro. È stato un lungo discorso, in cui il sottosegretario ha parlato di iniziative e di altre attività che sono state poste in essere o che si sta cercando di porre in essere (il sottosegretario ha detto letteralmente «si sta cercando», quindi, evidentemente, non si è ancora trovata la soluzione). Alla fine di tutta questa lunga elencazione di iniziative, emerge che vi è un'oggettiva difficoltà per impedire la diffusione dei siti Internet menzionati. Vi è un elenco degli aspetti negativi di questi videogiochi, che peraltro conosciamo tutti, e, alla fine, si cerca di risolvere tale inefficacia coinvolgendo il sostegno alle famiglie, cercando di favorire un modo corretto di gestire e di usare Internet, mezzo di comunicazione che può essere effettivamente molto pericoloso. Se la situazione non fosse grave e molto seria, verrebbe da sorridere. Infatti, finora ciò che abbiamo constatato, signor Presidente, sul tema del sostegno alle famiglie, sono alcuni spot mandati in onda - li avremo visti tutti, credo, in televisione - a cura della Presidenza del Consiglio e del Ministero delle comunicazioni, in cui si dice: quando tuo figlio va su Internet non lo lasciare solo. Ciò, credo, neanche sfiori una famiglia che ha altri problemi e che, magari, non è in condizione di capire la gravità di ciò che cela il fenomeno richiamato.
In realtà, per il sostegno alle famiglie non si sta facendo nulla. Le famiglie non si accorgono neanche di questi spot, che forse servono a mettere in pace la coscienza di qualcuno. Il risultato finale è che i siti di cui si tratta dilagano, continuano ad esistere malgrado le leggi, malgrado tutto e, alla fine, non si riesce ad intervenire - non si vuole o non si può - e certamente è complicato chiudere questi siti e comminare sanzioni o cercare, in qualche modo, di porre in essere un contrasto serio ad essi. Ciò è complicato, ma evidentemente non basta - e la contraddizione è palese - aprire centri, controcentri, tavoli e tavolini, per cercare di fermare un fenomeno che è in espansione esponenziale.Pag. 65
Affronto un terzo aspetto dell'intervento del sottosegretario e concludo: il lungo intervento sulla laicità dello Stato, sulla religione cattolica che non è la religione di Stato, sul fatto che vada riconosciuto il rispetto a tutte le religioni, sulla tutela della libertà religiosa (che non è indifferenza dello Stato, perché la laicità dello Stato non è indifferenza dello Stato), sulla tutela del sentimento religioso, è un discorso molto bello, molto giusto e ringraziamo per questa lezione sul concetto di laicità (che, tra l'altro, sarebbe stato bene che qualche collega della maggioranza avesse ascoltato, perché non possiamo che condividerlo), al termine di tutto questo ragionamento - in cui si ammette che, appunto, l'articolo 21 della Costituzione non consente che non si rispetti il sentimento religioso delle persone -, dopo aver parlato di pene pecuniarie o, addirittura, della pena della reclusione, alla fine, anche in questo caso, vi è una rassegnata dichiarazione di impotenza: è l'autorità giudiziaria che deve pensarci, questo si dice.
Dopodiché, si è fatta la propria parte, si è risposto all'interrogazione: spetta all'autorità competente decidere se metterli in prigione o meno, se fargli pagare delle multe e, con tale lezione sulla laicità dello Stato, si è concluso il proprio compito. Mi sembra molto poco, visto quanto sta succedendo. Non solo la Chiesa ma tutti noi siamo sottoposti ad un attacco a tenaglia, quotidiano e costante, da parte di istituzioni e di spettacoli che non hanno nulla di edificante. Ritengo che bisognerebbe davvero fare in modo che non ci siano più atti di sindacato ispettivo su tali argomenti e mi sarei aspettata una presa di posizione molto più incisiva, molto più immediata, molto più forte e molto più responsabile da parte del Governo che evidentemente è occupato su tantissimi altri versanti - come discutere con i sindacati o con la sinistra massimalista - ma di tali temi evidentemente non intende occuparsene perché probabilmente si tratta di questioni difficili che creano contrasti anche all'interno della maggioranza.
(Rinvio dell'interpellanza urgente La Loggia n. 2-00568)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente La Loggia n. 2-00568, concernente opere infrastrutturali da realizzare in Sicilia con le risorse originariamente destinate alla realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Frias n. 2-00623)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Frias n. 2-00623, concernente il rispetto dei diritti umani dei migranti da parte dei Paesi di provenienza e transito che ricevono finanziamenti dall'Unione europea, è rinviato ad altra seduta.
(Incidente ferroviario verificatosi in Sardegna il 15 giugno 2007 - n. 2-00616)
PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00616 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7) concernente l'incidente ferroviario verificatosi in Sardegna il 15 giugno 2007.
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, anche a nome dei colleghi che hanno sottoscritto l'interpellanza rivolta al Ministro dei trasporti, intervengo per sapere quali verifiche si intendano avviare per migliorare il livello di sicurezza di tutta la rete ferroviaria italiana e in particolare di quella tratta che è stata oggetto di un grave incidente avvenuto il 15 giugno quando si è verificato un grave scontro ferroviario, a circa 30 chilometri da Nuoro, tra due treni delle Ferrovie complementari della Sardegna. Il primo, compostoPag. 66da una motricelittorina passeggeri; il secondo, da una motrice e un vagone merci. Tale incidente ha causato tre morti (il macchinista di Macomer Cosimo Serra, il disabile di Silanus Bachisio Arca e la turista inglese Elizabeth Beever) e otto feriti, di cui quattro ancora gravi. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco, le ambulanze del 118, i carabinieri, la Polizia di Stato e sono accorsi anche il prefetto e il questore di Nuoro, a cui voglio rivolgere il nostro ringraziamento per il loro pronto intervento. Vorrei anche ringraziare le amministrazioni comunali che hanno offerto assistenza alle famiglie.
Sulla base delle prime ricostruzioni sulle cause del disastro, lo scontro sarebbe avvenuto in un tratto a binario unico a scartamento ridotto che viene utilizzato dalle Ferrovie complementari della Sardegna per il collegamento tra la zona industriale di Nuoro e Macomer.
Si tratta di una linea ferroviaria tracciata più di due secoli fa, costruita tra il 1886 ed il 1894; gli investimenti per il suo miglioramento risalgono agli anni Cinquanta e quelli di ammodernamento della linea, per le carrozze e così via, agli anni Novanta.
Tuttavia, la sicurezza su tale linea è interamente affidata all'attenzione del macchinista, secondo un sistema abbastanza arretrato, ancora in uso anche sulla rete ferroviaria nazionale.
Sulla linea dove è avvenuto l'incidente sono del tutto assenti sistemi di controllo automatizzato del traffico, ed il treno ha viaggiato per circa cinquanta chilometri senza incontrare alcun controllo intermedio per verificare l'esattezza delle prescrizioni imposte. Dall'analisi delle cedole orarie dei due treni, ora sotto sequestro, sarebbe già emerso come alla base della tragedia vi sia stato un errore umano. Può infatti essere realmente accaduto; può essere mancata l'informazione o comunque è possibile che si sia verificato un anticipo di orario.
Fatto sta che o il macchinista fermava quel treno oppure non vi sarebbe stata altra alternativa per impedire l'incidente, il quale è l'ennesimo e - noi speriamo - l'ultimo, in ordine cronologico, di una serie di incidenti che il trasporto ferroviario italiano ha fatto registrare negli ultimi tempi, e che impone quindi un'attenzione particolare da parte del Governo, soprattutto per quanto riguarda la questione della sicurezza del trasporto ferroviario.
Si tratta inoltre di una situazione di disagio, aggravata tra l'altro dalle continue riduzioni di organico, e da turni di lavoro abbastanza massacranti per gli operatori, i quali sono costretti a turni straordinari per riuscire a garantire il servizio. Tra l'altro, soprattutto in Sardegna, il personale è in età avanzata e fa fatica, di conseguenza ha difficoltà ad assicurare un livello qualitativo del servizio: ci risulta infatti una riduzione del personale dipendente da 2200 unità nel 1997 alle attuali 1300, ed è un fenomeno che ha determinato anche la riduzione di corse, fatto che è stato prontamente sottolineato attraverso un'interrogazione di un anno fa.
In attesa delle risposte sulle cause del disastro - a tal fine saranno molto importanti i risultati delle commissioni d'inchiesta prontamente disposte dal Ministro dei trasporti e dalle Ferrovie dello Stato, insieme alle conclusioni cui perverrà l'indagine avviata dalla magistratura - chiediamo di capire quali verifiche s'intendano avviare per assicurare un livello di sicurezza di tutta la rete ferroviaria italiana ed, in particolare, della rete ferroviaria sarda, che è stata oggetto del grave incidente.
Voglio concludere soprattutto considerando che si tratta di una rete che, in base al decreto legislativo n. 422 del 1997 in materia di trasporti, dovrebbe essere presto trasferita alla regione previo accordo con la stessa regione Sardegna, la quale nel 2005 ha varato la legge regionale n. 21. Però, all'articolo 42 di tale legge, la regione ha subordinato il passaggio della gestione alla certezza delle risorse finanziarie, che devono essere predisposte, sia dallo Stato, sia dalla regione, per il risanamento tecnico e finanziario delle ferrovie sarde,Pag. 67attualmente in gestione di un commissario del Governo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.
RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, come è noto, sull'incidente ferroviario di cui all'atto ispettivo il Governo ha già reso una comunicazione presso la IX Commissione trasporti della Camera in data 27 giugno 2007.
Il tragico incidente, avvenuto in data 15 giugno all'altezza del chilometro 7,558 della linea ferroviaria Macomer-Nuoro, fra il treno speciale Macomer-Iscra e il treno ordinario AT622, ha causato la morte di tre passeggeri e il ferimento di altri otto.
A causa dell'incidente la linea ferroviaria Macomer-Nuoro è stata interrotta al suddetto chilometro 7,558 e il servizio ferroviario è stato assicurato da autocorse sostitutive.
Subito dopo l'incidente sono accorsi sul posto i vigili del fuoco di stanza a Macomer, il personale aziendale, agenti della polizia ferroviaria di Macomer, il servizio 118 e le forze dell'ordine di stanza a Macomer e Nuoro.
Si è provveduto immediatamente alla evacuazione dei feriti ed alla messa in sicurezza del materiale rotabile incidentato. Sul posto è intervenuta anche l'autorità giudiziaria competente per territorio che ha effettuato rilievi e gli adempimenti di legge. In seguito a ciò, i mezzi coinvolti nell'incidente, nonché il tratto di linea ferroviaria interessata, venivano sottoposti a sequestro giudiziario.
Intorno alle ore 15 del 15 giugno 2007, eseguiti i rilievi dell'autorità giudiziaria, sono iniziati i lavori di rimozione del materiale rotabile incidentato che si sono protratti sino alle ore 20,30 circa del medesimo giorno e sono ripresi alle ore 7 del giorno successivo.
Relativamente alla ricerca delle cause che hanno determinato l'incidente, sono state istituite due commissioni di inchiesta, già ricordate, una da parte dell'azienda ferroviaria ed un'altra da parte di questo Ministero. Ambedue le commissioni si sono già insediate e una volta acquisiti dall'autorità giudiziaria, titolare delle indagini, gli elementi necessari, esse dovranno pronunciarsi entro sessanta giorni.
La direzione di esercizio di Macomer gestisce circa 57 chilometri di linea ferroviaria Macomer-Nuoro, dove transitano quotidianamente (esclusa la domenica) quindici treni nel periodo invernale e tredici nel periodo estivo. La linea a binario unico, come è stato ricordato, presenta un andamento plano-altimetrico molto tortuoso, con numerose curve di modesto raggio unite da brevissimi tratti rettilinei. La circolazione avviene con distanziamento a tempo e l'esercizio con dirigente locale nelle stazioni abilitate.
Il sistema di protezione delle stazioni è costituito da semafori azionati dagli agenti in servizio presso le stesse, quindi negli impianti impresenziati sono spenti. Il regolamento di circolazione dei treni dà disposizioni al personale di scorta e di condotta in presenza di semafori spenti.
Sulle linee a semplice binario, oltre alla necessità di distanziare i treni che viaggiano nello stesso senso e di assicurare la possibilità di precedenze, si presenta anche l'esigenza di disciplinare l'inoltro dei convogli in senso opposto di marcia.
Tale disciplina è dettata dai regolamenti di esercizio, complesso di norme e precauzioni atte, in definitiva, a garantire che un convoglio si inoltri su di un determinato tratto di binario solo quando il tracciato da percorrere sia libero da altri treni, o manovre, ed a garantire altresì che, mentre il treno considerato lo percorre, il tratto stesso di binario non possa essere impegnato da altri treni in moto od in manovra.
L'esistenza delle condizioni di libertà della via da percorrere, accertata dallo stesso guidatore nella normale circolazione stradale, non può essere accertata dal macchinista del convoglio ferroviario, tenuto conto tanto della velocità da raggiungere e delle corrispondenti lunghe distanze di frenatura quanto del fatto chePag. 68il macchinista non avrebbe possibilità alcuna di deviare dal proprio percorso in presenza di un ostacolo che improvvisamente gli si presentasse davanti. È quindi indispensabile che sia il personale a terra, che segue la circolazione, ad accertare lo stato di libertà della via e a darne tempestiva informazione al macchinista. Ed è allo stesso personale a terra che è affidato il compito di impedire, sempre a mezzo di informazioni, che altri treni o manovre possano effettuarsi nel binario su cui il treno considerato si sta muovendo.
Per quanto riguarda il materiale rotabile, si fa presente che oltre il 50 per cento dei locomotori diesel elettrici (LDE) immessi in servizio alla fine degli anni Cinquanta è stato sottoposto a revisione generale e/o manutenzione straordinaria; in particolare sugli LDE 601 e LDE 602 la manutenzione straordinaria ha interessato l'impianto ad aria compressa per il sistema di frenatura con la sostituzione integrale dei rubinetti del freno diretto e continuo, valvole ed altri componenti pneumatici.
Questo intervento ha consentito un miglioramento in termini di comfort, di maggiore accessibilità e riduzione dei tempi per l'approvvigionamento dei pezzi di ricambio, fermo restando i vincoli tecnico-strutturali che sono alla base della configurazione d'assieme del rotabile.
Per quanto riguarda le automotrici diesel-elettriche, immesse in servizio anch'esse nello stesso precedente periodo, la situazione delle revisioni generali e/o manutenzioni straordinarie evidenzia un minore coinvolgimento in termini impiantistici. Invero, salvo interventi di manutenzione correttiva - se si fa eccezione all'ADE 03 che ha visto il rifacimento degli impianti elettrici di trazione ed ausiliari - gli impianti elettrici ad aria compressa per la frenatura sono quelli risalenti alla loro costruzione, con rilevanti problemi relativi alla quasi totale impossibilità di reperimento dei pezzi di ricambio, poiché ormai fuori produzione (vedasi motori diesel, motori di trazione, dinamo, rubinetti freno, contattori di trazione, combinatori comando, ecc.).
Con voto della commissione interministeriale 1221 dell'11 novembre 1993 sono stati avviati gli interventi di ammodernamento ex lege n. 910 del 1986 relativamente ad opere civili ed armamento.
I lavori, iniziati nel 1994, sono stati completati nel 2001.
A seguito degli interventi di ammodernamento la linea è passata da una lunghezza complessiva di 61.220 metri ed una lunghezza di 57.700 metri. Sono state realizzate varianti di tracciato, sono state acquisite due nuove automotrici climatizzate capaci di una velocità massima di 100 chilometri orari, si è provveduto al risanamento delle tratte armate con rotaie 27 UNI, con rotaie RA 36 su traverse in legno e di alcune altre con rotaie 36 UNI, su traverse in calcestruzzo del tipo biblocco, oltre che un tratto sperimentale con traverse in calcestruzzo tipo monoblocco e attacco Vossloh SKL14.
In alcune tratte soggette a variante è stato possibile innalzare le velocità massime tra i 75 ed i 90 chilometri orari limitatamente alle nuove automotrici.
Attualmente la linea ferroviaria, esclusi i piazzali delle stazioni e delle assuntorie, è armata con binari 36 UNI su traverse in calcestruzzo esclusi 25.000 metri circa armati con binari RA 36 su traverse di legno.
Si sottolinea, inoltre, che la gestione governativa ferrovie della Sardegna gestisce, complessivamente, 614 chilometri di linea ferroviaria la cui costruzione risale alla fine dell'Ottocento ed opera in un bacino territoriale che si sviluppa nelle principali province della Sardegna (Cagliari, Sassari e Nuoro) oltre a servizi automobilistici e tranviari.
Nel corso degli anni in gestione governativa per l'ammodernamento ed il miglioramento degli standard di sicurezza non si sono rese disponibili altre risorse oltre quelle messe a disposizione dalla legge n. 910 del 1986 ed agli stanziamenti annuali della legge n. 297 del 1978.Pag. 69
Relativamente alla situazione del personale, a causa del blocco del turn-over, le unità lavorative sono passate da 2.140 al primo gennaio 1997 a 1.350 al 30 maggio 2007, con una riduzione del 36 per cento, mantenendo nel contempo lo stesso livello di servizi erogati dall'azienda.
Proprio alla luce di quanto delineato, in sede di predisposizione del piano di riparto fra le gestioni commissariali governative e le ferrovie di proprietà di questo dicastero, delle disponibilità derivanti dal comma 1038 della legge finanziaria per il 2007, finalizzate al conseguimento di un maggiore livello di sicurezza della circolazione, particolare attenzione è stata posta alla situazione della gestione commissariale governativa delle Ferrovie della Sardegna.
Per quanto riguarda, infine, il livello di sicurezza di tutta la rete ferroviaria italiana giova ricordare che allo stato attuale sull'intera rete ferroviaria sono in corso d'installazione tecnologie per la protezione della marcia dei treni.
In particolare sulla rete in concessione a Rete ferroviaria italiana (RFI), tutte le tratte attivate del sistema alta velocità- alta capacità sono attrezzate con il sistema radio ERTMS, mentre sulle tratte della rete fondamentale (oltre 11.000 km) è in corso di installazione il sistema SCMT (sistema controllo marcia treno), già realizzato per circa il 70 per cento, e sulle tratte della rete complementare (circa 5.500 chilometri) è in corso di installazione il sistema SSC (sistema di supporto alla condotta), già realizzato in Sardegna ed in parte in Sicilia.
Per l'installazione di tali sistemi sulla rete sono già stati garantiti i necessari finanziamenti ed i programmi di installazione prevedono il completamento entro la fine del 2007, con la copertura dell'intera rete.
Tali sistemi, per poter essere utilizzati, necessitano della installazione di apparecchiature a bordo dei rotabili in grado di interagire con il sistema di terra.
Con due direttive ministeriali (9 marzo 2006 e 20 ottobre 2006), in primo luogo è stato imposto al gestore dell'infrastruttura il rispetto dei tempi di installazione sulle singole linee sulla base di un progressivo programma che si concluderà, come detto, entro la fine del 2007 e che, allo stato attuale, risulta rispettato; in secondo luogo, è stato imposto alle imprese ferroviarie il progressivo attrezzaggio dei rotabili in coerenza con il programma dell'attrezzaggio di terra fissando il termine ultimo nel giugno del 2008 e prevedendo un monitoraggio mensile da parte del gestore dell'infrastruttura verso le imprese ferroviarie, non solo affinché sia garantito il rispetto dei tempi, ma anche per conseguire una ottimizzazione dell'utilizzo del materiale rotabile attrezzato sulle linee attrezzate; infine, è stato richiesto al gestore dell'infrastruttura di introdurre accorgimenti atti a favorire la transizione verso le nuove tecnologie, in relazione ai moduli di condotta, ai requisiti e compiti del secondo agente, all'impiego del dispositivo vigilante ed all'eventuale introduzione di ulteriori vincoli e-o limitazioni di esercizio per i treni non attrezzati.
Per quanto concerne l'attrezzaggio a bordo dei rotabili, che rappresenta la vera criticità soprattutto per quanto concerne Trenitalia, allo stato attuale è stato attrezzato oltre il 40 per cento su un totale di 4.600 chilometri rotabili. Su tale aspetto in particolare, il Ministero ha ritenuto non del tutto soddisfacenti i programmi presentati dalle imprese ferroviarie ed ha richiesto a RFI una più dettagliata analisi degli stessi, finalizzata a monitorare non solo il rispetto dei tempi di installazione, ma anche la ottimizzazione dell'utilizzo dei rotabili attrezzati sulle linee attrezzate.
PRESIDENTE. L'onorevole Schirru ha facoltà di replicare.
AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, signor sottosegretario, la risposta fornita non mi trova del tutto soddisfatta, sebbene compia una radiografia della situazione. Si intravede comunque la volontà, da parte del Governo, di lavorare per risolvere tali problemi. D'altronde, sono comprensibili le difficoltà che presenta la materia. Comunque, vorrei esprimere la mia soddisfazionePag. 70per la tempestività della risposta e formulare anche una raccomandazione.
È vero che sono stati effettuati interventi, con la legge finanziaria per il 2007, finalizzati a rispondere agli impegni per il trasferimento delle funzioni dallo Stato alla regione. Tuttavia, tali finanziamenti, attualmente, soprattutto per la realtà sarda, risultano insufficienti, anche perché è necessario, come lei stesso ha sostenuto, lavorare ancora per migliorare le infrastrutture e, soprattutto, rafforzare l'organico occorrente per assicurare un buon servizio e, ancor di più, la sicurezza per i lavoratori e gli utenti.
La ringrazio comunque per l'impegno assunto mediante la risposta fornita.
(Progetto di realizzazione di un edificio in piazza Montanelli a Fucecchio (Firenze) - n. 2-00464)
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00464 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8 ) concernente il progetto di realizzazione di un edificio in piazza Montanelli a Fucecchio (Firenze).
LUCIO BARANI. Signor Presidente, come lei stesso ha detto nel concedermi la parola, si sta parlando di una piazza nel paese di Indro Montanelli. In tale paese, è in atto la costruzione di un mostro edilizio, nella seicentesca piazza intitolata proprio allo stesso Montanelli, posta nel centro di Fucecchio.
Il mostro attualmente in costruzione, grande 8 mila metri cubi, è stato realizzato in surroga del precedente teatro ottocentesco, demolito, che aveva una cubatura di 5 mila metri cubi. Il mostro, oltre ad essere decisamente più voluminoso del precedente edificio, invade anche una superficie di appoggio difforme dalla precedente, al punto che l'amministrazione comunale ha dovuto vendere, ai nuovi proprietari dell'immobile, 408 metri quadrati di piazza.
La destinazione d'uso di tale mostro è puramente pleonastica: vorrebbero collocarvi una banca, una sala auditorium/cinema/teatro con capienza di 240 posti e alcuni uffici comunali. Si precisa che la banca ha già una sede a pochi metri da piazza Montanelli, che Fucecchio dispone di sei auditorium, di un cinema/teatro della capienza di 950 posti a 70 metri di distanza da piazza Montanelli e di un'altra sala cinema/teatro con capienza di 150 posti distante 150 metri dalla piazza suddetta. Pertanto, vi è una densità di cinema molto sospetta.
A Fucecchio, ovviamente, si è costituito un comitato, con lo scopo di salvaguardare l'integrità della piazza. L'iniziativa ha il solo scopo di realizzare il sogno di tante generazioni di fucecchiesi, vale a dire allargare la piazza, che è sempre stata lì. Il mostro edilizio, secondo questo comitato, deve essere abbattuto.
La domanda è cosa intenda fare il Governo per bloccare tale scellerato progetto e restituire la piazza libera da aggressioni architettoniche ai veri fruitori della stessa, che ne sono ovviamente i proprietari, i cittadini di Fucecchio.
PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per i trasporti, Raffaele Gentile, ha facoltà di rispondere.
RAFFAELE GENTILE, Sottosegretario di Stato per i trasporti. Signor Presidente, la piazza è stata ed è tutelata con decreto emesso in data 4 marzo 2003 (provvedimento di tutela indiretta, ai sensi dell'articolo 49 del testo unico n. 490 del 1999), notificato al comune di Fucecchio in data 13 marzo 2003 ed alla proprietà in data 14 marzo 2003.
La competente soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio per le province di Firenze, Pistoia e Prato ha rilasciato due nulla osta alla realizzazione di un edificio polivalente in piazza Giuseppe Montanelli, dettando una serie di prescrizioni, secondo quanto suggerito dalla direzione generale per i beni architettonici e paesaggistici e dal comitato tecnico scientifico di settore, «con il finePag. 71di mantenere gli ingombri del nuovo fabbricato il più aderente possibile alla sagoma preesistente, di indicare il numero massimo dei piani, le distanze minime dagli edifici esistenti, garantire coni visivi importanti, la gamma dei materiali non consigliabili e particolari soluzioni di disegno».
Il primo nulla osta, in data 21 aprile 2004, è stato rilasciato nella considerazione della necessità di acquisire ulteriori indicazioni progettuali, anche in corso d'opera, con particolare riferimento ai seguenti elementi: «la soluzione della copertura sia riproposta attraverso una specifica variante - senza apportare incrementi al volume geometrico complessivo, ma solo eventuali diminuzioni, con l'impiego di un appropriato materiale di finitura e/o rivestimento - illustrata attraverso gli opportuni elaborati grafici, comprensivi anche di simulazioni prospettiche e fotopiani; i collegamenti verticali esterni siano eliminati, individuando una soluzione alternativa negli spazi interni, o in ogni modo definiti in maniera diversa, in termini formali, strutturali e materici, ed illustrati con apposita variante; il materiale lapideo previsto nelle finiture esterne sia adeguatamente specificato, prima della posa in opera, mediante opportuna documentazione; le superfici esterne intonacate siano preliminarmente illustrate nelle specificazioni qualitative, con particolare riferimento alla valenza estetica; gli infissi esterni nelle varie caratteristiche siano concordati preliminarmente con la soprintendenza; ogni altro elemento di rifinitura esterna, di decoro, degli apparati tecnologici o impiantistici, non espressamente indicato nel progetto, ma in rapporto con l'aspetto esteriore del manufatto, sia preliminarmente documentato e coordinato con la soprintendenza: le connotazioni cromatiche di materiali impiegati nelle tinteggiature siano, in ogni modo, concordati sul posto con la soprintendenza, previa esecuzione di campionature di colore; le sistemazioni dell'area esterna circostante la nuova costruzione siano specificate attraverso adeguata documentazione - elaborati grafici e relazione tecnica - negli aspetti generali e di dettaglio; ogni altra eventuale variazione o precisazione attinente all'impiego di materiali ed alle tecniche esecutive sia comunicata preventivamente alla soprintendenza ed eventualmente verificata attraverso un sopralluogo congiunto».
La soprintendenza si è riservata di fornire in corso d'opera tutte quelle prescrizioni (oltre quelle già fornite) ritenute opportune per una corretta conduzione delle opere progettate, con particolare riferimento all'aspetto esteriore del nuovo manufatto. Il secondo nulla osta, in data 22 luglio 2005, riguardante il progetto di variante, ha confermato e ribadito le condizioni contenute nel primo nulla osta e ha dettato le seguenti ulteriori prescrizioni: «non sia realizzata la pensilina indicata negli elaborati grafici tra il piano terreno ed il primo sul prospetto est; siano specificati i materiali previsti nel rivestimento di quelle porzioni di copertura piana non ricoperte dagli elementi in rame; sia valutata la possibilità di definire la zona della copertura interessata dalla centrale termica con un manufatto di forma quadrilatera; ogni eventuale variazione e/o precisazione attinente all'impiego di materiali o alle tecniche esecutive, per quanto già definito, sia comunicata preventivamente alla soprintendenza e eventualmente verificata attraverso un sopralluogo congiunto». La soprintendenza si è, anche in questi, casi riservata di fornire in corso d'opera tutte quelle prescrizioni ritenute opportune per una corretta conduzione dei lavori di restauro.
Si sottolinea che la materia urbanistica ed edilizia è comunque di pertinenza delle amministrazioni locali.
Nel caso specifico, le eventuali difformità riguardanti le concessioni edilizie non risultano interagire, allo stato attuale dei lavori, con quanto previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 42 del 2004. La Sovrintendenza ha assicurato inoltre che continuerà ad adoperarsi per il controllo e la sorveglianza dei lavori in corso di esecuzione.
PRESIDENTE. L'onorevole Barani ha facoltà di replicare.
LUCIO BARANI. Signor Presidente, invito il sottosegretario e il Ministro Rutelli a fare un sopralluogo e ad andare in questa piazza che fa sicuramente rivoltare nella tomba il grande giornalista Indro Montanelli. È la sua piazza, il suo centro.
Mentre leggeva la risposta, che sono convinto non condivida nemmeno lei, mi veniva in mente un film comico del grande Totò, quando ha venduto la Fontana di Trevi. Nel paese di Fucecchio è successa la stessa cosa: c'è stato un Totò, ma non in un film comico bensì in un dramma per la comunità e per la collettività di quel comune, un'amministrazione che si è venduta la Piazza Montanelli, realizzata fin dalla seconda metà del XVI secolo, e in cui esisteva dal 1800 un fabbricato, il Teatro Pacini, di proprietà privata, in stato di completo degrado. La piazza, di impianto seicentesco, fatta realizzare dai granduchi medicei, è caratterizzata da presenze monumentali notevoli: i palazzi Aleotti e Baschieri, il ciclo liberty, il monumento a Giuseppe Montanelli, e, soprattutto la chiesa della Madonna delle Vedute, recentemente restaurata, e risalente nell'attuale consistenza ai primi anni del Settecento. Tali beni sono tutti soggetti a vincolo ex articolo 49 del decreto-legislativo n. 490 del 1999.
Allo scopo di evidenziare la singolare commistione di interessi pubblici e privati che caratterizza la vicenda e di agevolare il giudizio sulla presenza degli uni ovvero degli altri, occorre brevemente ricostruire gli abusi e i soprusi effettuati.
Innanzitutto vi è l'anomalia della vendita ai privati di una porzione di piazza Montanelli, e quindi di un bene demaniale avente attuale destinazione ad uso pubblico, per di più ad un prezzo della cui congruità non vi è prova.
Secondo: la mancata retrocessione, in favore del comune e del demanio comunale, della porzione della piazza venduta alla società acquirente dell'ex teatro Pacini, pur essendo scaduto il termine per la realizzazione dell'edificio secondo quanto pattuito dal contratto di vendita.
Terzo: l'anomalia del pagamento di un canone di leasing da parte del comune, effettuato senza garanzia e prima ancora dell'esistenza del fabbricato oggetto del leasing.
Quarto: l'illegittimità della variante al piano strutturale per contrasto con le norme limitative degli usi del centro storico.
Quinto: la difformità dell'edificio in corso di costruzione rispetto alla concessione edilizia (realizzazione della chiusura di una scala esterna e chiusura a mo' di chiostrina eseguita nell'ottobre 2005).
Sesto: il mancato rispetto della legge n. 122 del 1989, nota come «legge Tognoli», relativamente ai parcheggi.
Settimo: il mancato rispetto della legge n. 13 del 1989, relativamente alle uscite di sicurezza per le persone con ridotte ed impedite capacità motorie dai locali di pubblico spettacolo.
È questo, in sintesi, quello che si evince dall'esame della situazione relativa a tale «eco-mostro» voluto dall'amministrazione. In proposito, viene spontaneo pensare ad un altro film con Totò, quello che contiene il famoso «Vota Antonio! Vota Antonio!».
Avendo dedicato questa mia interpellanza urgente al grande giornalista Indro Montanelli, che lo merita, concludo con la citazione di una frase che egli era solito pronunciare: non ci rimane che redimere (come era solito dire, anziché redigere) querele. Citando dunque questa espressione che Montanelli era solito utilizzare, concludo la mia replica affermando, signor sottosegretario, che non siamo assolutamente soddisfatti della sua risposta.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
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