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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,07).
(Schema di regolamento recante modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatori universitari - n. 2-00650)
PRESIDENTE. L'onorevole Filipponio Tatarella ha facoltà di illustrare l'interpellanza La Russa n. 2-00650, concernente lo schema di regolamento recante modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatori universitari (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 11), di cui è cofirmataria.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor sottosegretario Dalla Chiesa, a me sembra che, con riferimento alla problematica relativa all'accesso alla carriera di ricercatore universitario, il peccato originario risieda nel comma 647 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), il quale testualmente dispone - lo ricordo anche se lei lo conosce - che, in attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari, il Ministro dell'università e della ricerca, con proprio decreto, da emanare entro il 31 marzo 2007, sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) e la CRUI, disciplina le modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatore, banditi dalle università successivamente alla data di emanazione del predetto decreto ministeriale, con particolare riguardo alle modalità procedurali ed ai criteri di valutazione di titoli didattici e dell'attività di ricerca, garantendo celerità, trasparenza e allineamento agli standard internazionali.
Già qui, a mio avviso, si radica il primo errore, sia sotto il profilo giuridico costituzionale, sia sotto quello politico. Con riguardo al primo aspetto, non può, infatti, non destare profondo disappunto il ricorso ad un meccanismo di delega in bianco, che il legislatore, cioè lo stesso Governo, ha conferito al Ministro dell'università e della ricerca, che, titolare dell'esercizio della potestà normativa regolamentare, si accinge ora a disciplinare ex novo un settore così importante dell'ordinamento universitario, quale quello che attiene alle procedure concorsuali dei ricercatori.
Noi tutti - penso anche lei - abbiamo imparato, studiando sui più importanti manuali di diritto costituzionale e di diritto pubblico, che l'istituto della delega è, per antonomasia, quello individuato dall'articolo 76 della Costituzione, che autorizza il Governo ad esercitare la funzione legislativa, previa determinazione da parte del Parlamento dei principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
Nulla in questo schema viene riprodotto dalla citata norma della legge finanziaria che, nelle more di una futuribile riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari, consegna nelle mani della burocrazia del Ministero il compito di introdurre nell'ordinamento, legibus solutus, norme che, anche nel merito, appaionoPag. 61molto discutibili. Inoltre, sul piano del rispetto della gerarchia delle fonti del diritto, si configura un monstrum, nel senso etimologico del termine: con un decreto ministeriale - quindi con un mero atto amministrativo, questo per me è il punto - si modifica una precedente disciplina normativa, anzi la si abroga di fatto, in modo implicito, non tenendo conto che la vigente disciplina in materia di reclutamento dei ricercatori è contenuta nella legge n. 210 del 1998 e nel relativo regolamento di attuazione. Tra l'altro, nel caso di specie, non ci troviamo nemmeno di fronte ad un regolamento di delegificazione, di cui all'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, che è l'unico autorizzato ad abrogare norme di rango primario o norme contenute in altri tipi di regolamenti, emanati ai sensi della stessa legge n. 400 del 1988. Signor sottosegretario, in questo modo non si abroga solo una legge (sarebbe poco male); secondo me si abroga il principio di legalità che, come lei sa, è un pilastro dello Stato di diritto, vale a dire di ciò che attiene all'essenza stessa del diritto.
Finora - ma solo per non essere prolissa - ho esposto i limiti giuridico-formali del provvedimento, ma l'intera questione non può sfuggire ovviamente ad un sindacato di natura politica. Infatti, come già ho avuto modo di sottolineare in altra sede, un'ulteriore conseguenza di questa improponibile soluzione normativa è anche quella che attiene all'oggettivo esautoramento del ruolo del Parlamento, che in questa vicenda ha ricevuto, mi sia consentito dirlo, «l'avviso di notifica» Mi rendo conto che la conversione al bipolarismo politico, in cerca di un maturo e definitivo radicamento nel nostro Paese, vede le forze politiche, dell'una e dell'altra coalizione, essere portate irresistibilmente a riscrivere, a propria immagine e somiglianza, segmenti rilevanti dell'ordinamento giuridico. Tuttavia, in tal modo la certezza del diritto - intendendosi per tale il bisogno di mantenere una ragionevole, tendenziale stabilità del quadro normativo complessivo - viene ad essere sottoposta ad uno stress continuo, causato dall'uso congiunturale ed occasionalistico degli strumenti di normazione, la cui finalità (preciso che non ritengo che questa finalità che sto per esporre sia insita nel provvedimento in esame), il più delle volte, è solo quella di soddisfare interessi politici (e ribadisco la precisazione che ho esposto poc'anzi).
Ecco allora, signor sottosegretario, che l'aver optato per il ricorso allo strumento del decreto ministeriale equivale non solo a ledere l'impianto politico-istituzionale di base, già compromesso dal rinnovo, a ritmi incalzanti, della relativa normativa di settore, ma soprattutto equivale ad introdurre, nell'universo mondo dell'ordinamento, norme di rango secondario, non solo non condivisibili sul piano del merito - come ha affermato la CRUI, con il parere dello scorso 24 maggio, che lei ben conosce - ma che sono assai fragili e precarie. Infatti, come lei stesso può immaginare, il prossimo Ministro dell'università e della ricerca, sia egli di centrodestra o di centrosinistra, può provvedere a revisionare in un attimo questo provvedimento predisposto da voi, proprio in quanto trattasi di atto amministrativo. Quindi, questo atto ha meno chance di perdurare nel tempo rispetto ad una normativa di rango primario, che il signor Ministro avrebbe potuto promuovere, con senso di responsabilità istituzionale e con il concorso di tutte le forze politiche, di maggioranza e di opposizione.
Non è questa la via che avete seguito! Avete seguito la via del decreto ministeriale. Francamente, ciò mi stupisce, perché riconosco e sono convinta, per la conoscenza che posso avere, che il Ministro Mussi ha un elevato senso istituzionale, nonché un autentico interesse per la riforma dell'università e per la stessa in genere. Tale incongrua scelta - ripeto - oltre a ledere i principi del diritto e l'interesse dell'università, mi stupisce e mi dispiace, perché si sarebbe potuta evitare.
Quello che chiediamo è che si scelga una forma giuridica più congeniale all'importanza dell'oggetto di cui stiamo discutendo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Nando Dalla Chiesa, ha facoltà di rispondere.
NANDO DALLA CHIESA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Signor Presidente, l'interpellante ha ampliato il quadro critico rispetto all'interpellanza che ci era stata proposta e quindi aggiungerò delle notazioni riferite agli appunti che sono stati aggiunti.
Ricordo intanto che le disposizioni alle quali si è riferita l'onorevole Filipponio Tatarella prevedono che, in attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari, il Ministro dell'università e della ricerca, con suo decreto, disciplini le modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatore, con particolare riguardo alle modalità procedurali e ai criteri di valutazione dei titoli didattici e dell'attività di ricerca, garantendo celerità, trasparenza ed allineamento agli standard internazionali.
È evidente che la legge finanziaria, che è una norma ordinaria e, quindi, fonte di rango primario, ha stabilito i criteri da seguire per la regolamentazione della materia dei concorsi a ricercatore e ha rimesso al decreto del Ministro l'attuazione dei criteri indicati.
Il Governo ha, pertanto, dato seguito alle disposizioni della legge n. 296 del 2006. In relazione alle considerazioni esposte, non si ritiene che sul provvedimento adottato potrà essere ipotizzato un fondato contenzioso giurisdizionale.
Il regolamento per il reclutamento è stato presentato dal ministro Mussi nell'audizione presso la 7a Commissione del Senato del 29 maggio 2007 nel corso della quale ha, tra l'altro, esposto i contenuti del provvedimento ed ha illustrato gli obiettivi del piano straordinario di reclutamento. Tali argomenti sono stati ripresi anche in occasione dell'audizione del Ministro presso la VII Commissione della Camera dei Deputati svoltasi il 13 giugno 2007.
Il provvedimento, come è senz'altro noto agli onorevoli interpellanti, prevede una razionalizzazione dello svolgimento dei concorsi per l'assunzione dei ricercatori, con l'obiettivo di eliminare le molte problematiche collegate alla procedura di reclutamento prevista dalla normativa vigente; il testo della proposta ministeriale tiene conto dei suggerimenti del Consiglio universitario nazionale e della CRUI, il che non esclude che la stessa CRUI possa, a sua volta, muovere ulteriore rilievi tanto che alcuni suggerimenti proposti sono state adottati.
In conclusione, il Ministero ha intenzione di proseguire l'iter di approvazione del provvedimento che prevede l'acquisizione del parere del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari, ritenendo di dover dare applicazione alle disposizioni previste dalla legge finanziaria per l'attuazione del riordino della disciplina relativa alle modalità di svolgimento dei concorsi per i ricercatori.
Vorrei aggiungere che i rilievi a cui ha fatto riferimento l'onorevole Filipponio Tatarella, che mi sembra condividano alcune delle perplessità e dei rilievi che sono stati proposti dalla CRUI, non sono in sé infondati. Credo che il problema non sia quello di respingere quelle osservazioni, ma sia quello di valutare se vi sia un saldo positivo della scelta adottata di dare corso al reclutamento nelle forme che sono state indicate.
Credo che tale saldo positivo vi sia. Non si tratta di «disfare» gli ordinamenti legislativi, né di destabilizzare il sistema accademico, portando le leggi di chi ha vinto le elezioni; mi sembra, piuttosto, che, nel mondo dell'università, l'ossatura del sistema universitario su cui ha lavorato il precedente Governo sia stata mantenuta. Ed è proprio in omaggio al principio per il quale non si disfano le cose, se non si sono valutati attentamente i vantaggi e gli svantaggi, che stiamo monitorando con tanta attenzione gli effetti del nuovo impianto degli studi universitari.
Il problema è che era necessaria un'iniezione di giovani ricercatori nel sistema universitario ed il provvedimento che viene criticato dagli onorevoli Filipponio Tatarella e La Russa nella loro interpellanza urgente è stato pensato esplicitamente - come anche lei, onorevole, haPag. 63ricordato - in attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari.
Non si tratta, quindi, di un provvedimento che ha l'ambizione di valere per sempre, ma di una disciplina che si inserisce in un momento transitorio della vita dell'università italiana e che intende far fronte alla necessità di reclutare nuovi ricercatori e che si propone, certo, anche di disegnare delle modalità di reclutamento, le quali - se pure presentano quegli inconvenienti a cui lei faceva riferimento - hanno anche vantaggi, a nostro avviso, importanti, in termini di trasparenza e di imparzialità della valutazione (è un grande problema nel reclutamento dei ricercatori, come lei sa meglio di me).
Tale imparzialità va garantita, individuando meccanismi che riescano a sottrarre il procedimento di valutazione a pregiudizi, interessi o lealtà di tipo accademico baronale (per usare un'espressione molto in voga) e garantire che, davvero, i giovani talenti migliori possano accedere al ruolo di ricercatore.
Pertanto, è chiaro che il meccanismo che è stato pensato si presta ad alcune critiche; tuttavia, credo che il saldo, alla fine, sia ampiamente positivo per l'interesse generale dell'università. Inoltre, ritengo anche che aver delineato - sia pure in una circostanza transitoria - meccanismi che potrebbero essere successivamente adottati mediante una fonte normativa di rango primario sia un'iniziativa che può avere una certa utilità anche per il futuro del nostro sistema accademico.
Lei parlava dell'eccezionalità del fatto che tale scelta passi attraverso una fonte normativa di rango secondario; a tal proposito, devo ricordarle che anche l'attuale normativa è disciplinata con una fonte di rango secondario: il decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2000, n. 117, che non è appunto fonte di rango primario.
Pertanto, stiamo parlando di innovare una fonte normativa di rango secondario con una fonte di pari grado. Su tale aspetto possiamo, naturalmente, improntare tutte le discussioni del caso e rispetto tutte le valutazioni che lei ha fornito, tuttavia, se è così, non ci troviamo di fronte ad un monstrum giuridico.
PRESIDENTE. L'onorevole Filipponio Tatarella ha facoltà di replicare.
ANGELA FILIPPONIO TATARELLA. Signor Presidente, per ricambiare la cortesia del sottosegretario, il quale ha trovato non infondate le mie obiezioni, potrei dire che mi sento parzialmente soddisfatta della sua risposta, ma, signor sottosegretario, purtroppo non lo posso dire e gliene spiego i motivi.
Sulle finalità di tale norma, da lei indicate, non sono d'accordo con lei, ma c'è di più!
Come ho sempre detto e ripetuto questa sera, non penso affatto che da parte vostra vi sia, per così dire, la malafede. Sono convinta che cerchiate una soluzione e che il vostro fine sia il migliore possibile. Tuttavia, proprio per tale ragione, se mi consente, impiego le mie energie per cercare di intervenire, perché ritengo che, almeno in relazione a ciò, condividiamo lo stesso obiettivo. Tuttavia, come lei stesso mi insegna, i mezzi per raggiungere un fine, purtroppo, non sono facili da trovare. Sto parlando proprio di ciò.
Purtroppo, non posso dichiararmi soddisfatta. Lei sostiene che ci troviamo in presenza di un provvedimento transitorio. Tuttavia, è proprio questo il problema! Tale norma non è nemmeno quella definitiva, bensì si va a sostituire ad un'altra precedente. A me non interessa se la norma precedente sia migliore o peggiore e da chi sia stata varata; mi sto riferendo solo alla successione di ciò che accade.
Vi è una norma precedente e vi è questa, la quale, tuttavia, è transitoria, così transitoria che è stato utilizzato lo strumento del decreto ministeriale. Tuttavia, è mai possibile - mi ripeto - che qualcosa di talmente importante, di cui lei stesso poc'anzi ha evidenziato le finalità, possa essere disciplinato da una carta straccia, perché così può essere considerato il decreto ministeriale? Il decreto ministeriale può essere modificato da qualsiasi altroPag. 64ministro, senza interpellare nessuno. È possibile che si adotti un tale provvedimento anche solo in una situazione di attesa? Sappiamo che tali provvedimenti hanno bisogno di tempo, c'è poco da fare!
Lei è a conoscenza di quanto tempo sia stato necessario per varare le riforme precedenti. Un'attesa di sei mesi? Se si fosse trattato di soli sei mesi, sarebbe stata sufficiente la disciplina precedente. La mia è una questione di principio. Se neanche nel Ministero dell'università e della ricerca si bada ai principi, mi dica lei dove si deve fare. Se noi stessi, che per primi legiferiamo in materia, non badiamo ai principi del diritto - che il ministero culturale par excellence deve tutelare - mi dica lei quando invocarli!
Ritengo che, da un punto di vista pragmatico, che per me va benissimo, non si raggiunga il risultato che lei stesso ha sottolineato poc'anzi. È vero che esiste il problema - sono la prima a dirlo - di passare dai concorsi su base locale a quelli su base nazionale. Tra l'altro, esiste la legge Moratti: non mi interessa ricordarlo, vorrei solo far presente che già esisteva tale passaggio. Si può migliorare e cambiare tutto quello che vuole; tuttavia, si tratta di un argomento decisivo per persone giovani, perché i ricercatori sono persone tra i 23 e i 30 anni, che cominciano a fare tale carriera, mi creda, solo per passione. Può darsi che, strada facendo, si guastino - ciò posso ammetterlo - ma, secondo la mia lunga esperienza, ritengo che, all'inizio, tali ragazzi abbiano un certo livello di entusiasmo che va colto. Pertanto, metterli di fronte a tale incertezza sul loro avvenire e sulla legge relativa al loro primo reclutamento, che ancora non si sa quale sarà, non mi sembra la via migliore anche da un punto di vista psicologico!
Le espongo due ipotesi. In primo luogo, se questo provvedimento è il migliore possibile, perché lo avete affidato ad un decreto ministeriale? Mi scusi, così non tutelate il vostro provvedimento. In secondo luogo, se il provvedimento non è valido, perché lo emanate? Qui non se ne esce! Se è un provvedimento valido, presentatelo al Parlamento e lo approveremo con entusiasmo. Altrimenti, a maggior ragione, non c'è bisogno di aver fretta.
Volendo andare alla base del discorso, questo è quello che mi interessa: cercare la soluzione migliore possibile. Non mi interessa salvare vecchi, nuovi o futuri provvedimenti, bensì soltanto l'università, perché è molto difficile reclutare.
Le dico che non esiste una legge ad hoc che risolva questo problema perché se un ragazzo vale o non vale - stiamo parlando di ricercatori - lo può sapere soltanto il professore che lo propone. In questo caso, ci dobbiamo affidare, purtroppo, alla sua buona fede, e quando i due non hanno lo stesso cognome la buona fede si può anche ravvisare: non vedo perché un professore debba portare avanti una persona che non vale.
Quindi, il problema è grave, come può immaginare. Lei ha affermato che questa normativa è transitoria e vale solo per i ricercatori e via dicendo. Tuttavia - se me lo permette - ciò non è completamente vero. Sa che il Ministro Mussi ha dichiarato che, se tale legge funzionerà, essa verrà estesa alla prima e alla seconda fascia?
Esiste un modo di dire che afferma che «la montagna ha partorito un topolino»; in questo caso, però, è il topolino ad aver partorito la montagna! Il topolino ha la pretesa di aver partorito una montagna.