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Discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria (A.C. 2852-A) (ore 9,30).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria.
(Discussione sulle linee generali - A.C. 2852-A)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, deputato Di Gioia, ha facoltà di svolgere la relazione.
LELLO DI GIOIA, Relatore. Signor Presidente, il decreto-legge al nostro esame assume notevole rilievo, come evidenziato dalle dimensioni delle risorse interessate. Non si tratta soltanto di attenuare alcuni degli effetti prodotti dalla manovra correttiva posta in essere con la legge finanziaria per il 2007. Il provvedimento reca, infatti, anche diverse misure di sostegno a specifici comparti, rispondendo a finalità di carattere sociale, che appaiono del tutto condivisibili.
Il presupposto del provvedimento è costituito dal miglioramento complessivo degli andamenti di finanza pubblica, derivati essenzialmente dal positivo andamento del gettito tributario, largamente superiore alle aspettative. Si sono concretamente determinate le condizioni prefigurate dal comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007, con le quali si prefigurava l'utilizzo di eventuali maggiori entrate per il miglioramento dei saldi e, in secondo luogo, per finalità di sviluppo e di equità sociale. Il decreto-legge in esame destina ad interventi urgenti parte del cosiddetto extra gettito, cioè le maggiori entrate tributarie manifestatesi nei primi mesi del 2007 rispetto alle previsioni di bilancio. In tal senso, esso si collega strettamente alle previsioni del DPEF per gli anni 2008-2011, varato giovedì scorso dal Consiglio dei ministri, ove infatti si prevede che con il decreto-legge in esame si destinino ad impegni di spesa risorse pari allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo e che, pur non essendo inclusi nell'andamento tendenziale della spesa a legislazione vigente, rispondono ad impegni comunque sottoscritti. Infine, tali risorse sono destinate ad ipotesi di nuovePag. 4iniziative che fanno seguito alle attività di concertazione con le parti sociali, ovvero ad intese raggiunte tra le forze della maggioranza di Governo.
L'impatto delle misure contenute nel decreto-legge modifica, tuttavia, in modo limitato l'obiettivo di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni per l'anno in corso. Tale obiettivo viene portato dal 2,1 al 2,5 per cento del prodotto interno lordo e, comunque, in misura nettamente inferiore a quella prevista dal patto di stabilità e di crescita.
La rilevanza del provvedimento risulta ancora più accentuata dalle modifiche introdotte durante l'esame in sede referente da parte della Commissione bilancio. Al riguardo, ritengo di dover sottolineare che il lavoro compiuto si è rivelato proficuo e ha registrato una fattiva collaborazione; di ciò voglio ringraziare sia i componenti dell'opposizione, sia i componenti della maggioranza che, secondo il nostro punto di vista, hanno contribuito a migliorare notevolmente il testo che ci è stato sottoposto. Desidero anche ringraziare, in questa circostanza, il Governo, rappresentato dal sottosegretario Lettieri.
Ricordo l'esigenza di garantire un più consistente quadro di risorse per le spese di investimento degli enti locali e di porre rimedio ad alcune difficoltà di applicazione del patto di stabilità interno. Un'ampia convergenza si è pure registrata sulla decisione di dedicare una specifica attenzione, tra le varie situazioni di sofferenza alle quali potevano essere destinate le risorse dell'extra gettito, al tema della sicurezza e alle risorse per le forze dell'ordine. In questo quadro si sono poi inserite le proposte emendative del Governo, che hanno introdotto nel testo disposizioni importanti, come quelle in materia di cuneo fiscale e di studi di settore, oltre al recepimento delle intese con le parti sociali sull'incremento delle pensioni minime. Con riferimento al cuneo fiscale si è deciso di estendere le disposizioni afferenti tale materia contenute nella legge finanziaria per il 2007 anche alle banche e alle assicurazioni, al fine di ottenere la necessaria autorizzazione comunitaria. Per quanto concerne il secondo aspetto, sono stati recepiti l'intesa raggiunta con le organizzazioni di categoria e il dispositivo dell'atto di indirizzo recentemente approvato al Senato in ordine al valore probatorio delle risultanze degli studi di settore.
Mi soffermo su questi aspetti, rinviando al prosieguo della relazione una descrizione più attenta delle disposizioni introdotte, per richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulla circostanza che l'iniziativa del Governo ha richiesto un approfondimento dell'istruttoria compiuta dalla Commissione. In quest'ottica, si è dovuto procedere a un breve differimento dell'avvio della discussione sulle linee generali in Assemblea, al fine di consentire di inviare il testo risultante dagli emendamenti approvati dalla Commissione competente in sede consultiva. Risulta infatti ovvia, alla luce del contenuto delle proposte emendative del Governo, la rilevanza del parere delle Commissioni finanze e lavoro. È pertanto indispensabile una valutazione attenta delle disposizioni recate dal decreto-legge al fine di stabilire quali disposizioni di spesa risultino effettivamente funzionali a superare situazioni di emergenza e rappresentino un sostegno effettivo alla crescita dell'economia. È infatti evidente che tali misure risultano tanto più condivisibili quanto più potranno avere ricadute positive sul sistema economico nel suo complesso e, quindi, indirettamente, anche sulla finanza pubblica.
Il decreto-legge definisce quindi, in primo luogo, il perimetro di risorse a disposizione; le maggiori entrate tributarie vengono quantificate in 7.403 milioni di euro per l'anno 2007, in 10.065 milioni di euro per l'anno 2008 e in 10.721 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009, in coerenza con le previsioni del disegno di legge di assestamento presentato la scorsa settimana dal Governo. Esse sono destinate al conseguimento degli obiettivi di indebitamento come definiti dal DPEF, i quali quindi scontano già gli effetti del medesimo provvedimento; infatti l'articolo 17 prevede che - fatta eccezione per la disposizione dell'articolo 6, comma 8, e per altre disposizioni del medesimoPag. 5comma su cui ci soffermeremo più avanti - le medesime risorse vengano utilizzate a copertura delle misure previste dal provvedimento in esame.
Gli interventi del decreto-legge possono raggrupparsi in tre grandi aree: interventi in materia di finanza locale, interventi in materia previdenziale, interventi finalizzati al ripristino di autorizzazioni di spesa e alla rimozione di vincoli di spesa per le amministrazioni pubbliche.
Con riferimento al primo aspetto, l'articolo 2 consente, a determinate condizioni, agli enti locali di utilizzare più spese di investimento, ovvero l'utilizzo di una quota dell'avanzo di amministrazione. Si tratta di un aspetto significativamente modificato dalla Commissione grazie ad un utile confronto tra le forze di maggioranza e di opposizione - che hanno registrato sul tema una significativa convergenza - così che le modifiche introdotte dalla Commissione hanno ampliato significativamente le risorse messe a disposizione dei comuni per la realizzazione delle spese di investimento. Tale disposizione consente l'utilizzo degli avanzi ai comuni che hanno rispettato il patto di stabilità interno in misura proporzionale all'avanzo di amministrazione conseguito dal singolo ente, privilegiando gli enti che hanno conseguito un saldo finanziario positivo di cassa.
Inoltre, la Commissione ha approvato, sempre con un grande consenso sia della maggioranza sia dell'opposizione, in tema di finanza locale l'articolo aggiuntivo 1-bis, prevedendo, limitatamente al 2007, l'esclusione dal capo del saldo finanziario per il rispetto del patto di stabilità interno delle spese in conto capitale e di parte corrente sostenute dai comuni in attuazione di ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri a seguito di dichiarazione dello stato di emergenza. La disposizione prevede l'emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per la protezione civile, al fine di individuare i comuni interessati nonché la misura riconosciuta a ciascun ente nell'importo massimo di cinque milioni di euro.
L'articolo 3, invece, mira a correggere alcune difficoltà di applicazione del decreto-legge n. 262 del 2006, che prevedevano la riduzione dei trasferimenti erariali ai comuni in conseguenza delle disposizioni in materia di ICI presenti nel decreto-legge medesimo, che avrebbero dovuto consentire un aumento del gettito derivante da tale tributo per i comuni. Infatti, in assenza di dati effettivi sul maggior gettito, la detrazione dovrebbe essere disposta nei confronti della generalità dei comuni, con effetti discriminatori nei confronti di alcuni enti, nei quali l'aumento del gettito non si sia effettivamente verificato. In particolare, la norma prevede che a regime la riduzione dei trasferimenti in favore dei singoli comuni avvenga sulla base di apposita certificazione del reale maggiore gettito.
Inoltre, per l'anno 2007, è prevista una riduzione dei trasferimenti con criteri più mirati e legati alle entrate presunte. Anche su tale punto la Commissione è intervenuta approvando emendamenti volti ad evitare l'insorgere di dubbi interpretativi in sede di applicazione della disciplina.
In materia previdenziale interviene l'articolo 5, il quale è stato radicalmente riformulato nel corso dell'esame in sede referente, in seguito dell'approvazione dell'emendamento 5.26 del Governo e in attuazione dell'intesa raggiunta sul tema dell'incremento delle pensioni minime con le parti sociali. Infatti, se nel testo iniziale del Governo la definizione concreta di investimenti era rimessa ad un successivo decreto ministeriale, la disposizione che la Commissione sottopone ora all'Assemblea contiene anche la disciplina sostanziale. In particolare, si prevede, ai commi 1 e 2, lo stanziamento di 900 milioni di euro per l'anno 2007, per incrementare i trattamenti pensionistici più bassi. Inoltre, al comma 3, si dispone a decorrere dall'anno 2008 l'istituzione di un Fondo per il funzionamento, nel limite complessivo di 1.500 milioni di euro, dell'incremento dei trattamenti pensionistici bassi, del miglioramento del meccanismo di perequazione per le pensioni di importo non superiore a cinque volte il trattamento minimo mensilePag. 6vigente nell'assicurazione generale obbligatoria, nonché di misure agevolative relative al riscatto della durata legale del corso di laurea e alla totalizzazione dei periodi assicurativi maturati presso diverse gestioni previdenziali.
La terza area di interventi affronta una tipologia di problematiche molto più ampia. Nel prosieguo del mio intervento mi soffermerò sulle misure più rilevanti, segnalando che la Commissione ha, in particolare, affrontato alcuni temi, quali quelli della sicurezza e della revisione dei meccanismi di incentivo alle imprese. L'articolo 4 prevede, infatti, al comma 1, il superamento per l'anno 2007 della limitazione posta dalla riassegnazione di entrate della legge n. 311 del 2004 e della legge n. 266 del 2005.
Anche l'applicazione di questa disposizione si era rivelata alquanto problematica ed aveva sortito l'effetto paradossale di non consentire alle amministrazioni pubbliche l'utilizzo delle risorse presenti nei propri bilanci.
Il comma 2 prevede, inoltre, la non applicazione, per l'anno 2007, del taglio del 20 per cento delle spese di funzionamento per enti ed organismi pubblici, disposto dell'articolo 22, comma 2, del decreto-legge n. 223 del 2006.
I successivi commi 3 e 4 prevedono un meccanismo per restituire agli enti le somme già eventualmente affluite al bilancio dello Stato, stanziando, a tal fine, la somma di 217 milioni di euro nello stato di previsione del Ministero dell'economia.
La Commissione, inoltre, ha introdotto l'articolo aggiuntivo 4-bis, prevedendo l'istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, di «un fondo da ripartire per esigenze connesse all'acquisizione dei beni e servizi e a investimenti da parte della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, con una dotazione, per l'anno 2007, di 100 milioni di euro, di cui 20 milioni destinati alle esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco». Alla ripartizione del fondo si provvederà con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro della difesa. Entro il 31 maggio 2008, il Ministro dell'interno presenterà una relazione al Parlamento sull'utilizzo dei fondi, nella quale sarà indicata la destinazione delle relative risorse. Anche a tal proposito tengo a precisare, con grande onestà intellettuale ma, soprattutto, con grande senso di responsabilità, che l'aumento del fondo previsto per le forze dell'ordine ha rappresentato una battaglia voluta da tutti, sia dalla maggioranza sia dall'opposizione, che ha consentito di stanziare una dotazione superiore alle indicazioni precedenti.
L'articolo aggiuntivo 4-bis dispone, altresì, l'istituzione, per il 2007, nello stato di previsione del Ministero dei trasporti, di un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro «da ripartire per esigenze connesse all'acquisizione di beni e servizi da parte del Corpo delle capitanerie di porto - Guardia costiera (...)». Alla copertura dell'onere si provvede attraverso la riduzione delle risorse aggiuntive per la tabella A, prevista dal successivo articolo 6, comma 1.
L'articolo 6, infatti, prevede, ai commi 1 e 2, il reintegro dell'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente del Ministero dell'economia e delle finanze, nonché del fondo per le autorizzazioni di spesa delle leggi permanenti di natura corrente, di cui all'articolo 9-ter della legge n. 468 del 1978. In proposito, ritengo opportuno procedere ad alcuni approfondimenti, in quanto la determinazione degli importi dei fondi speciali, più ancora di quella degli importi del fondo per le autorizzazioni di spesa, costituisce «contenuto proprio» della legge finanziaria ai sensi delle disposizioni della legge n. 468 del 1978; è evidente, comunque, che il Governo dovrà chiarire a quali finalità risponde la dotazione aggiuntiva degli accantonamenti tabellari relativi al Ministero dell'economia e delle finanze.
I commi successivi dell'articolo 6 incrementano ulteriori autorizzazioni di spesa: il comma 3, ad esempio, prevede l'autorizzazione di una spesa per l'anno 2007 finalizzata all'erogazione del contributoPag. 7italiano al fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria. Su tale aspetto vi è un grande impegno da parte del Governo di centrosinistra.
Il comma 5 incrementa, fino al limite di 4 mila 200 milioni di euro annui, l'ammontare dei pagamenti per gli investimenti che la società ANAS potrà effettuare nell'anno 2007.
Il comma 7, come modificato dalla Commissione bilancio, istituisce un fondo con una dotazione di 20 milioni di euro, per finanziare interventi in favore delle zone confinanti tra le regioni. Di tali risorse, 14 milioni di euro sono destinati ai comuni confinanti con le regioni a statuto speciale.
Sul decreto concernente le modalità di ripartizione delle risorse è stato previsto anche il parere delle competenti Commissioni parlamentari.
Il comma 8 autorizza la spesa di 65 milioni di euro per l'anno 2007 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per far fronte all'esigenza dell'edilizia universitaria, recando, per tale misura, una specifica copertura, utilizzando l'accantonamento del Fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell'università e della ricerca.
Notevole importanza riveste, inoltre, l'articolo 7, che provvede, da un lato, all'integrazione di numerose autorizzazioni di spesa e, dall'altro, al disaccantonamento di somme rese indisponibili ai sensi dell'articolo 1, comma 507, della legge finanziaria per il 2007.
Con riferimento al primo aspetto, vengono, tra le altre, integrate le autorizzazioni di spesa relative al Fondo nazionale per il servizio civile, alle spese di funzionamento dell'Aran, alle somme da assegnare alla Presidenza del Consiglio dei ministri per le spese relative alle ricorrenti emergenze. Per quanto riguarda queste ultime, la relazione tecnica precisa che si tratta di somme da destinare all'emergenza di cui al decreto-legge che abbiamo discusso qualche giorno fa, relativo ai problemi esistenti nella realtà campana e, in modo particolare, nella città di Napoli.
Con una modifica apportata dalla Commissione bilancio, sono stati, inoltre, introdotti finanziamenti per un ammontare di 10 milioni di euro per la cooperazione allo sviluppo, di un milione a favore dell'organismo di vigilanza sulle ONLUS, di 700 mila euro a favore di taluni enti non commerciali operanti nel settore della sanità in alcune regioni del Mezzogiorno. Anche in tale ambito, in passato erano già state stanziate risorse con legge finanziaria, successivamente prorogate con il cosiddetto decreto mille proroghe.
Con riferimento al secondo aspetto, si procede al disaccantonamento, tra le altre, di somme da destinare al Fondo per gli investimenti nell'editoria, al Fondo per le aree sottoutilizzate, al Fondo unico per lo spettacolo, al Fondo per il funzionamento dell'Istituto superiore di sanità. La Commissione bilancio, a seguito dell'approvazione di alcuni emendamenti, ha limitato a 80 milioni, rispetto ai 100 milioni iniziali, la quota resa disponibile relativamente al fondo di riserva per spese impreviste.
L'articolo 8, invece, autorizza contributi per il fondo da ripartire per i trasferimenti correnti alle imprese pubbliche - mi riferisco a Ferrovie dello Stato Spa, a Poste Italiane Spa, all'ANAS Spa e alla ENAV Spa - e per la realizzazione di investimenti relativi alla rete tradizionale dell'infrastruttura ferroviaria nazionale.
La Commissione bilancio ha introdotto, inoltre, l'articolo 8-bis, concernente disposizioni in materia di incentivi alle imprese. Credo che questa disposizione debba essere accolta con grande soddisfazione, perché la Commissione ha condiviso, in modo totale, la possibilità di sbloccare somme importanti, che vanno nella direzione di determinare e di completare interventi di carattere industriale, che possono sicuramente incidere sull'aumento dell'occupazione all'interno del nostro Paese.
L'articolo 9, invece, reca autorizzazioni di spesa per la proroga della partecipazione italiana ad alcune missioni internazionali. Vengono, in questo modo, riproposte,Pag. 8in termini sostanziali, identiche disposizioni già contenute in precedenti provvedimenti di urgenza.
L'articolo 11 autorizza un'ulteriore spesa di 180 milioni di euro per l'anno 2007 per le supplenze brevi del personale docente, amministrativo, tecnico e ausiliario. In questo modo, si adempie ad impegni che da tempo aspettavano risposte.
L'articolo 12 reca disposizioni in materia di recupero degli aiuti di Stato indebitamente attribuiti agli autotrasportatori italiani negli anni 1992, 1993 e 1994, anche sotto forma di crediti di imposta.
L'articolo 13, invece, prevede la concessione di anticipazioni di tesoreria a valere sulle autorizzazioni di spesa indicate nell'elenco 1, di cui all'articolo 1, comma 758, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007). Si tratta di autorizzazioni di spesa che risultano bloccate, in attesa della decisione delle autorità comunitarie sul trattamento contabile del Fondo per l'erogazione ai lavoratori dipendenti del settore privato dei trattamenti di fine rapporto, istituito dal comma 755 della medesima legge finanziaria per il 2007. Le anticipazioni di cassa risultano necessarie per avviare immediatamente la realizzazione degli interventi a valere su tali autorizzazioni di spesa non più differibili.
Anche in questo caso, si tratta, quindi, di una norma finalizzata a favorire la realizzazione di investimenti in settori importanti, quali la realizzazione di infrastrutture strategiche, energetiche, la promozione di nuova edilizia ad alta efficienza energetica e la ristrutturazione di imprese in difficoltà.
L'articolo 14...
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, ha ampiamente superato il tempo a sua disposizione.
LELLO DI GIOIA, Relatore. Interverrò successivamente, non potendo terminare la mia relazione.
Come dicevo, l'articolo 14 prevede che, con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, si possa procedere a variazioni compensative tra diverse tipologie di spesa, quali quelle per studi, incarichi di consulenze, relazioni pubbliche, convegni, pubblicità, manutenzione di autovetture, assicurando l'invarianza in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Rilevo che questa norma è fondata sull'obbligo di trasmissione di decreti di variazione al Parlamento.
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, deve concludere. È ben oltre il tempo a sua disposizione.
LELLO DI GIOIA, Relatore. In conclusione, voglio ringraziare nuovamente tutti i membri della Commissione, il Governo, rappresentato dal sottosegretario Lettieri, il presidente della Commissione, l'onorevole Duilio, tutti i funzionari che ci hanno permesso di portare in Assemblea un provvedimento complesso, estremamente delicato e che, comunque, pone in essere interventi che vanno nella direzione che l'attuale Governo si era prefissata già precedentemente, e cioè di dare competitività, di rideterminare il debito pubblico, ma soprattutto di creare equità sociale all'interno del nostro Paese.
Signor Presidente, non potendo comunque concludere la relazione, come dicevo in precedenza, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Di Gioia, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare il deputato Zorzato. Ne ha facoltà.
MARINO ZORZATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, svilupperò alcune considerazioni in relazione al disegno di legge n. 2852 che stiamo esaminando e che riguarda l'uso dell'extragettito, il cosiddetto «tesoretto».Pag. 9
Nella valutazione del provvedimento all'esame della nostra Assemblea, credo che non possiamo non cominciare le nostre considerazioni dalle dichiarazioni rese dal Governatore della Banca d'Italia, Draghi, il quale, nell'audizione di qualche giorno fa, di fronte alle Commissioni riunite di Camera e Senato, ha testualmente affermato che non esiste un «tesoretto» da spendere, che la parola «tesoretto» è fuorviante e che il miglioramento delle entrate - per intenderci, sono tasse in più che hanno pagato gli italiani - deve essere utilizzato per il risanamento dei conti pubblici.
Ricordo altresì che tale impegno era parte integrante della vostra ultima legge finanziaria: vi rammento che l'articolo unico, al comma 4, prevedeva che tutti i fondi in più, che risultassero da maggiori entrate fiscali, dovessero essere utilizzati per il ripianamento del debito.
Certo non occorre citare episodi specifici come questo, per ricordare la vostra incoerenza, il vostro comportamento, ovviamente non costante, tra impegni che prendete e determinazioni che poi assumete.
Sempre il Governatore ricorda quanto contenuto nel DPEF per il triennio 2008-2011 - che, a nostro avviso, avrebbe dovuto essere collegato a questa manovra di spesa pubblica - circa la necessità di reperire risorse per interventi correttivi per un ammontare di 11 miliardi di euro (lo 0,7 per cento del PIL) per finanziare impegni già presi da questo Governo e non coperti.
Il DPEF prevede altresì che altri 10 miliardi di euro, e sempre nel 2008, debbano servire per alcuni impegni che prevedete di voler assumere e che non avete coperto nello stesso DPEF e - primo caso nell'attività parlamentare, almeno per quanto io ricordi - il DPEF e il Ministro rimandano alla risoluzione parlamentare l'individuazione dei modi per coprire tali maggiori spese che voi prevedete. In altri termini, procediamo «alla rovescia»: normalmente è il Parlamento che fornisce al Governo indicazioni sulla programmazione, sulla volontà di fornire risposte al Paese e il Governo si preoccupa, normalmente, di reperire le risorse. In questo caso si agisce al contrario: il Governo fa le promesse e il Parlamento dovrebbe trovare le risorse per coprire le promesse del Governo!
Si ha l'impressione di leggere una delle favole più educative che i nostri figli imparano a scuola: mi riferisco alla favola della formica e della cicala. Non la racconto - certamente è nota a tutti - ma, parafrasandola, tutte le persone responsabili, e con esse gli organismi preposti all'analisi del controllo del sistema economico Italia (la Commissione europea, l'OCSE, la Corte dei conti, la Banca d'Italia, il Fondo monetario) fanno la parte della formica, e tutti costoro raccomandano alla cicala (e chiunque può riconoscere il Governo italiano e la maggioranza che lo sostiene nella parte della cicala) parsimonia e prudenza nella gestione dei conti pubblici, perché arriveranno momenti difficili. E la cicala - che, ricordo, siete voi - sorda ad ogni sollecitazione, si gode il suo momento di felicità, che chiamerei gestione di potere o voglia di potere, non pensando a ciò che la attende.
Se l'inverno che attende la cicala riguardasse solo lei, ovvero solo voi, la fiaba rimarrebbe soltanto un utile insegnamento, ma nel nostro caso la conclusione invece è diversa: la cicala trascina con sé in questo freddo inverno anche la formica che nel nostro caso rappresenta tutti gli italiani. Ecco allora il futuro che ci aspetta con questa gestione della finanza pubblica: il baratro!
Entrando nell'analisi del provvedimento al nostro esame, cercherò di evidenziare qualche criticità. È evidente l'incoerenza tra l'invito al Parlamento di cercare margini per ridurre la spesa primaria come previsto nel DPEF per il periodo 2008-2011 e le elargizioni fatte con il presente decreto-legge, in particolare con quanto riportato negli articoli 6 e 7. Tali elargizioni riguardano proprio tipologie di spesa riconducibili alla classificazione economica dei consumi intermedi, categoria di spesa che si è cercato di contenere più volte nelle ultime leggi finanziarie.Pag. 10
Il DPEF esclude una manovra correttiva per il 2008, la rimanda agli anni 2009-2011 proprio quelli nei quali il PIL è previsto in diminuzione e in cui si prevede una economia in difficoltà. Nonostante tali dati il presente decreto-legge si propone l'obiettivo non di utilizzare l'extragettito, il «tesoretto» (pari a 7,4 miliardi di euro, 15 mila miliardi delle vecchie lire), come consiglia il Governatore della Banca d'Italia Draghi e tutti gli altri, per il miglioramento dei saldi, come avrebbe voluto il buonsenso e come era scritto nelle cose. No! Il Governo preferisce utilizzare 3,2 miliardi di euro per variazioni di spese già autorizzate con la legge di assestamento e 4,1 miliardi di euro, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5 sul quale un certo consenso vi è da parte di tutti, in spese polverizzate in tanti piccoli interventi che è facile ricondurre ai singoli Ministri.
Ecco poi la «ciliegina sulla torta»: in un momento di «vacche magre» spunta l'articolo 7, comma 1, del decreto-legge in esame, che dispone il disaccantonamento di somme previste come risparmio della vecchia legge finanziaria per il 2007. Ovvero con la legge finanziaria per il 2007 accantoniamo delle somme e imponiamo ai ministri di fare economia, con questo decreto-legge, in corso d'anno, è come se dicessimo loro: ma no, era uno scherzo, abbiamo messo da parte dei Fondi, ma era solo per farvi un po' di paura: spendete pure i soldi, gestite la vostra campagna elettorale del futuro (magari, in parte, potrebbe essere utile anche per le primarie). Voglio ricordare, allora, che la parola disaccantonamento nasconde un'ulteriore possibilità di spesa concessa ai ministri pari a 2, dico 2, miliardi di euro (4 mila miliardi delle vecchie lire), e siamo pure in un periodo di «vacche magre»!.
Alcune disposizioni servono solamente per il cosiddetto «effetto annuncio». Ricordo che il Fondo rotativo per favorire l'accesso al credito dei giovani che voi rifinanziate è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo da una sentenza della Corte costituzionale e voi, non paghi, lo rifinanziate pur sapendo la fine che farà.
Non dimentico certo di ricordare e sottolineare le risorse stanziate ai sensi dell'elenco 1 dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 6, comma 1, della legge n. 142 del 1991. Evidenzio che tali fondi consistono in 80 milioni di euro - il cui stanziamento riproponete nel decreto-legge in esame - destinati al rifinanziamento dell'emergenze rifiuti in Campania. Ricordo che la Camera dei deputati ha appena concluso l'esame del disegno di legge n. 61, del 2007 recante interventi straordinari per superare l'emergenza rifiuti in Campania. Il provvedimento normativo prevedeva all'articolo 8 una esplicita clausola di invarianza finanziaria, ovvero che l'emergenza si sarebbe dovuta risolvere con i fondi di quella regione. Ebbene, voi, non paghi e contraddicendovi, stanziate nel contempo altri 80 milioni di euro per tale posta. Appare chiaro che il Governo non ha alcun interesse ad avere una chiara indicazione delle risorse necessarie a fronteggiare l'emergenza rifiuti, anzi questa ennesima forzatura cerca di mascherare l'inefficienza e l'incapacità di governo del sindaco Jervolino e del presidente Bassolino, dei quali credo sia noto a tutti il colore politico.
Se poi ai 2 miliardi di euro dati ai ministeri contrapponiamo lo sblocco dell'utilizzo degli avanzi di bilancio per gli enti locali (comuni e province) per 370 milioni di euro - a fronte di maggiori spese per 4.130 milioni di euro previste in totale dal provvedimento -, allora siamo alla frutta!
Ricordo che stiamo liberando 370 milioni di euro per i comuni, i quali registrano avanzi, vale a dire soldi non spesi, per 5.500 milioni di euro: i comuni sono virtuosi, mettono da parte i soldi, non li possono spendere e noi liberiamo meno del 10 per cento di queste risorse per investimenti!
Contemporaneamente, con lo stesso provvedimento, diamo 2 miliardi di euro (4.000 miliardi delle vecchie lire) ai ministri per spese che, in qualche modo, voglio ricordare velocemente: il bonus bebè, l'Aran, i debiti pregressi, i finanziamenti per la regione Campania, i fondi per lePag. 11politiche comunitarie, per il servizio nazionale civile, ancora soldi (francamente non so come saranno spesi!) per le donne vittime di violenze, per l'edilizia universitaria (e abbiamo chiesto di sapere, per cortesia, dove saranno investiti).
Ma non è solo questo! Con l'articolo 7 sono devoluti 490 milioni di euro per la Presidenza del Consiglio dei ministri. Continuo a leggere: al Fondo di riserva sono destinati 100 milioni di euro; per le spese di funzionamento della Presidenza del Consiglio dei ministri sono stanziati altri 30 milioni di euro; per gli immigrati, i profughi, i rifugiati vengono stanziati 15 milioni di euro. Cito alcuni voci più significative: per il Ministro Rutelli - la voce Fondo unico per lo spettacolo si ripete quattro volte! - sono previsti 61 milioni di euro.
Dunque, ci domandiamo se è più importante attribuire risorse ai comuni che hanno accantonato fondi per effettuare investimenti nelle loro realtà o destinare soldi al Ministro Rutelli per il Fondo unico per lo spettacolo. Penso francamente che, in un momento di difficoltà, i comuni ne abbiano più bisogno. D'altra parte, voi avete consentito ai comuni, contro la nostra volontà, di sbloccare le addizionali. Quindi, da un lato, consentite ad essi di aumentare le tasse e, dall'altro, li obbligate a non spendere soldi: c'è qualcosa che non va o, forse, quei soldi li userete voi?
Sull'articolo 15-bis dico soltanto che esso è stato introdotto al solo scopo di superare difficoltà che si sono verificate durante l'esame del provvedimento al Senato. Anche in tal caso si nota che manca un disegno politico di sviluppo e rilancio del Paese. Si è inserito tale articolo solo per un mero istinto di sopravvivenza.
Per quanto riguarda gli studi di settore reputo che quanto fatto l'avete realizzato perché l'Italia vi ha spinto a farlo. Sulla materia si soffermeranno i colleghi membri della Commissione finanze.
Prima di concludere, anticipo alcune considerazioni che saranno esposte dalla maggioranza: in parte le ha già svolte il relatore. Probabilmente si affermerà di aver migliorato il testo in Commissione, di aver accolto alcune sollecitazioni dell'opposizione: bah!
La nostra ipotesi principale era accantonare le spese e le somme stanziate non sperperandole in mille rivoli: questa era la linea prioritaria! Se proprio volevate spendere soldi - perché non siete capaci di non spendere soldi e di non imporre le tasse - almeno dovevamo concentrare tante risorse sui finanziamenti per la polizia, per le forze dell'ordine, per i vigili del fuoco, e non attribuire loro così poche risorse. Ricordo che in Commissione si è tenuta una bella discussione sull'emergenza criminalità nel nord. Abbiamo discusso con voi sul nuovo problema della criminalità nelle città, nei quartieri e nelle periferie, sugli assalti in villa e la vostra risposta è stata: «ma non abbiamo risorse». Però, le abbiamo per il Ministro Rutelli per il Fondo unico per lo spettacolo: in questo c'è qualcosa che mi lascia abbastanza sconcertato!
Concludo: non solo ai nostri occhi ma soprattutto agli occhi degli italiani, questo è e resta il Governo delle tasse e della spesa. È un esercizio di equilibrismo quasi impossibile, perché l'aumento delle tasse ha un limite fisiologico per il cittadino contribuente. A forza di spremerlo prima o poi non esce più niente. Allora, come pagheremo tutte le spese che voi continuate ad aumentare?
Gli osservatori internazionali, le agenzie di rating, che elaborano le valutazioni sull'Italia (ditelo al mondo dell'impresa cosa vuol dire essere declassati!), gli osservatori italiani, il Governatore della Banca d'Italia, ma soprattutto tutti gli italiani che vivono con trepidazione l'attuale momento economico, ci chiedono responsabilità. Voi, Governo, maggioranza (ormai solo parlamentare, certamente non nel Paese) sembrate come quei suonatori che nel Titanic che stava affondando e a dispetto di quanto accadeva continuavano a suonare.
Lascio perdere quanto ha detto il capogruppo dell'Italia dei Valori in Commissione, criticandovi duramente; evito di ricordare quanto succede oggi sulla riformaPag. 12della giustizia e sulla riforma delle pensioni e quanto ha fatto la Ministra Bonino, la vostra Ministra: non aggiungo altro.
Guardatevi attorno e ascoltate i cittadini. Nessuno degli italiani, anche se voi suonante, ha più voglia di ballare la vostra musica. Prendetene atto, mettete via gli strumenti e tirate giù il sipario. Lasciate scegliere agli italiani la musica che preferiscono: non è la vostra! (Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, l'illustrazione così dettagliata ed approfondita del collega Di Gioia risparmierà i tempi del mio intervento. Il decreto-legge che la Camera si appresta a convertire in legge è stato presentato dal Governo contestualmente al Documento di programmazione economico-finanziaria e produrrà i suoi effetti, nel corso di questo anno, per circa lo 0,4 per cento del PIL e per lo 0,1 per cento negli anni successivi.
Tale decreto-legge - è bene sottolinearlo - nasce e trova origine, come è stato già affermato, dal sensibile miglioramento dei nostri conti pubblici, da ascrivere sostanzialmente al migliore andamento del gettito tributario. Il provvedimento in esame, inoltre, rispetta l'impegno, assunto sette mesi fa con l'approvazione della legge finanziaria, nel cui articolo 1, comma 4, si prevede che le maggiori entrate tributarie realizzate nel 2007, rispetto alle previsioni, vengano destinate prioritariamente a realizzare gli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e sui saldi di finanza pubblica. Al comma 4 è, altresì, previsto, che le eventuali maggiori entrate tributarie eccedenti rispetto agli obiettivi di miglioramento dei saldi siano destinate a finalità di sviluppo e di equità sociale, dando priorità a misure di sostegno alle fasce di reddito più basse. Mi domando, quindi, dove siano le critiche a tal proposito.
Alle citate finalità, il provvedimento stanzia per quest'anno circa 4,1 miliardi di euro complessivi. Si tratta di un provvedimento che interviene e si muove, quindi, anche nella direzione di una necessaria e più equa redistribuzione delle risorse. Si tratta di un passo - è evidente la distanza dal collega Zorzato, che mi ha preceduto - ancora insufficiente; ma si tratta, comunque, di un passo in avanti.
Molti - soprattutto (ma non solo) in ambito europeo e, forse, l'opposizione - con il decreto-legge in discussione avrebbero auspicato che l'extragettito fosse stato completamente e unicamente finalizzato al miglioramento dei nostri saldi di bilancio. Noi, invece, condividiamo l'impostazione di fondo del provvedimento, che ha voluto conciliare il rispetto degli impegni europei, in termini di risanamento della nostra finanza pubblica, con la necessità - non più rinviabile, colleghi! - di fornire una risposta, seppur parziale, e un sostegno alle esigenze delle categorie economicamente più deboli.
È in tale ambito che vanno letti gli aumenti delle pensioni minime e delle pensioni sociali. Ricordo che l'opposizione tanto si vantò di un aumento della pensione sociale, che però non riguardò tutta la molteplicità dei casi che avevano, invece, bisogno di un sostegno, possedendo un reddito molto, molto basso. L'opposizione, e l'onorevole Berlusconi, tuttavia, si vantarono - e continuano a vantarsi - di quel provvedimento, non cogliendo che, con il provvedimento in discussione, si va oggi nella medesima direzione, portando, però, a livelli più alti e più efficaci la risposta ad un problema, ad un'urgenza e ad una necessità.
Accanto ai citati interventi prioritari di sostegno al welfare vengono previste e destinate ulteriori risorse, volte a favorire lo sviluppo e l'economia.
In tale ambito rientrano le risorse per le infrastrutture stradali e ferroviarie, la tutela dell'ambiente, la formazione, il potenziamento della ricerca e la pubblica amministrazione, che rappresentano anch'essi urgenze e obiettivi che ritengo condivisibili.
Come abbiamo visto, il quadro nel quale si inserisce e si giustifica il decreto-Pag. 13legge in discussione è quello di un miglioramento dei saldi di finanza pubblica, nonché di una crescita, seppur lieve, della nostra economia nell'ambito di quella europea.
A ciò va aggiunto un migliore andamento del gettito tributario, come ho già sottolineato, emerso fin dai primi mesi di quest'anno. Ciò ha creato, come già visto, le condizioni per l'adozione di tale decreto-legge in materia finanziaria il quale restituisce e redistribuisce risorse e, pertanto, fa giustizia presentando finalità, oltre che di equità sociale, anche di spinta ed espansione ulteriore dell'economia.
Si tratta, pertanto, di una manovra di taglio espansivo, per dirlo in termini economici. Lungo tale linea si muoverà la prossima legge finanziaria per l'anno 2008, così come anticipato all'interno del DPEF.
Riconosciamo che gli ambiti di intervento del decreto-legge in discussione e le norme che prevede sono vasti e probabilmente avrebbero dovuto essere maggiormente contenuti e limitati a poche significative voci, perché così vogliono la vulgata attuale e la necessità di una comunicazione chiara.
Tuttavia, durante l'esame del provvedimento in Commissione si è dovuto allargarne il raggio di azione. Come giustamente affermato dal relatore Di Gioia, grazie alle modifiche introdotte nel confronto con il Governo e le proposte presentate da quest'ultimo, è stato possibile fornire risposte alle necessità più urgenti e pressanti che il Paese esprime.
In primo luogo, condividiamo e consideriamo un atto dovuto le norme che intervengono mediante nuove risorse sul welfare, sulla rivalutazione delle pensioni più basse e su quelle sociali. In tal caso si va a rispondere realmente ai bisogni elementari delle categorie sociali più fragili ed esposte del nostro Paese, le quali negli anni scorsi, più di altre, hanno subito un indiscutibile impoverimento.
Un altro importante successo è rappresentato dalla norma che dispone l'erogazione del contributo italiano di 260 milioni di euro a favore del Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria, flagelli del pianeta.
Si tratta di un impegno che il nostro Paese ha disatteso per troppi anni - vorrei ricordarlo al collega Zorzato - e che va letto contestualmente a quanto contenuto nel DPEF (che da pochi giorni è stato presentato dal Governo al Parlamento) dove si prevede, tra l'altro, di aumentare nei prossimi tre anni i fondi per la cooperazione dal misero 0,20 per cento attuale allo 0,33 per cento nel 2008, per arrivare allo 0,51 per cento del prodotto interno lordo, cioè quasi 4,5 miliardi di euro in più rispetto a quelli attuali nell'anno 2010, rispettando in tal modo gli obiettivi che il nostro Paese si è dato in occasione del Consiglio europeo del 2005. In ciò non possiamo non cogliere una netta inversione di tendenza rispetto alle politiche di aiuto allo sviluppo del precedente Governo di centrodestra.
Inoltre, esprimiamo grande soddisfazione per la previsione relativa a 180 milioni di euro stanziati a favore della scuola per l'anno 2007, destinati al finanziamento delle supplenze brevi del personale docente e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, cifra importante e molto attesa dal mondo scolastico che si va ad aggiungere ai 162 milioni di euro previsti nella legge di assestamento del bilancio.
L'esame del provvedimento in Commissione ha consentito, inoltre, di destinare 100 milioni di euro alla sicurezza - un comparto fin troppo penalizzato in questi anni - 50 milioni di euro alla Polizia di Stato, ai carabinieri e alla Guardia di finanza e venti milioni di euro - che non sono neanche sufficienti - alle esigenze dei vigili del fuoco.
Ciò non può che farci piacere anche perché, tra l'altro, avevamo presentato uno specifico emendamento - anche se noi chiedevamo qualcosa di più - volto appunto ad incrementare le risorse per il potenziamento del Corpo dei vigili del fuoco.
Siamo, inoltre, favorevoli all'aumento degli stanziamenti per le ONLUS, per laPag. 14cooperazione allo sviluppo, per l'accesso al credito per i giovani, per il servizio civile (e veramente mi chiedo cosa abbia da eccepire l'opposizione al riguardo), anche se - lo ripeto - li consideriamo passi ancora timidi, insufficienti. Infatti, nel nostro emendamento prevedevamo uno stanziamento superiore.
Anche per l'edilizia universitaria e per la protezione civile sono state previste nuove risorse. Insomma, il lavoro in Commissione, signor Presidente, onorevoli colleghi e signor rappresentante del Governo, ha consentito di aumentare sensibilmente le risorse rispetto ad aree sofferenti del nostro sistema.
Un esempio che saluto con piacere è lo stanziamento di risorse, aumentate nel corso del lavoro in Commissione (tuttavia già previste dal decreto-legge anche se in misura inferiore), messe a disposizione per i comuni e le province che hanno rispettato il patto di stabilità nel triennio 2004-2006, andando così incontro a richieste che erano state avanzate da tutti i comuni - di destra e di sinistra - e presentate anche dall'ANCI.
Si tratta, quindi, di un provvedimento - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente - di vasto respiro che rimette nel sistema Paese risorse importanti, ma che tende anche a reindirizzare e a ricalibrare le politiche, gli interventi, le strategie stesse alla luce delle maggiori entrate e in forza di un risanamento avviato in così pochi mesi e con successo; tutti elementi che credo dovrebbero essere valutati anche dall'opposizione in modo maggiormente sereno e obiettivo (Applausi dei deputati del gruppo Verdi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Giudice. Ne ha facoltà.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole sottosegretario, intervengo per esprimere un giudizio fortemente negativo sul disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 81 del 2 luglio 2007, che dopo avere subito - lo dico subito - un vero e proprio colpo di mano da parte del Governo, attraverso l'inserimento del disegno di legge n. 1485 che si era impantanato al Senato, è diventato l'ennesimo decreto-legge omnibus, un ennesimo provvedimento contenitore, figlio di una manovra d'estate per un Governo che - lo leggiamo sui giornali - è sempre più fragile, con un'alleanza interna priva di una comune visione circa il proprio destino.
Onorevole Zanella, ho ascoltato con attenzione il suo intervento perché riconosco il suo impegno in Commissione, sempre molto attento; non riesco a comprendere, però, dove, nel decreto-legge in esame, lei possa scorgere il rispetto del comma 4 dell'articolo 1 della legge finanziaria, approvata peraltro dall'attuale maggioranza con un voto di fiducia. Non vedo dove si possa ravvisare, nel provvedimento in discussione, un contenuto dedicato al rilancio economico di questo Paese.
In realtà, come affermato dall'Unione europea, dal fondo monetario e dal Governatore della Banca d'Italia, questa manovra comporta solo una conseguenza: un peggioramento dell'indebitamento netto di 6.685 milioni, pari allo 0,4 per cento del prodotto interno lordo.
Questo è l'unico risultato reale di questo provvedimento!
Vorrei sottolineare alcuni aspetti relativi all'iter che abbiamo portato avanti in Commissione bilancio e al testo base del decreto-legge.
Questo decreto-legge, che abbiamo chiamato «decreto tesoretto», dovrebbe applicare le linee guida del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011. Più volte nel corso della sua audizione il Ministro Padoa Schioppa ha citato tale collegamento, anche se il provvedimento non risulta essere un collegato alla legge finanziaria. Ma questo DPEF, rispetto al quale dobbiamo necessariamente fare un piccolo cenno, è macchiato da una grave violazione della legislazione contabile.
Infatti, esso presenta cifre non rispondenti alla realtà, in quanto i dati sul deficit tendenziale del prossimo anno sono calcolati a legislazione invariata sul 2007 ePag. 15non sul 2008. Insomma, lo potremmo considerare un DPEF da falso in bilancio, frutto di un Governo che tende a nascondere la realtà, perché la verità - lo dice l'importo necessario per l'attuazione degli obiettivi del 2008 - è che si vedono all'orizzonte certamente nuove tasse: non dobbiamo dimenticare, infatti, che finora questo Governo ci ha dato solo nuove tasse.
Vorrei entrare nel merito di alcuni aspetti, come, ad esempio, la relazione tecnica che il Governo ha presentato a corredo dell'emendamento sugli studi di settore. In quella relazione tecnica i maggiori ricavi che derivano dai nuovi indicatori vengono considerati presunzioni semplici. Vorrei rilevare che le norme fiscali assumono gli stessi concetti di presunzione stabiliti dal codice civile, il quale, esattamente all'articolo 2727, stabilisce che le presunzioni sono le conseguenze che la legge o il giudice trae da un fatto noto per risalire ad un fatto ignorato.
Nel diritto tributario ci possono essere solo presunzioni relative per effetto del principio di capacità contributiva. Quindi, in presenza di una presunzione legale relativa, il contribuente ha l'onere di fornire la prova contraria rispetto al fatto presunto dalla norma.
Le presunzioni semplici, invece, sono lasciate alla prudenza del magistrato, che può ammettere solo presunzioni gravi, precise e concordanti. In questi casi - lo abbiamo visto - l'ufficio ha l'onere di dimostrare al giudice tributario che i fatti a base della rettifica hanno i caratteri suddetti. Ecco perché, secondo noi - e non solo - risulta un errore tecnico parlare di presunzioni relative con inversione dell'onere della prova a carico del contribuente.
Avete sempre parlato di massima concertazione, di condivisione di alcune problematiche. Pensavate di andare incontro alle richieste dei contribuenti con questo emendamento? Questo modo di fare politica, signori del Governo, sta sempre più annaspando e sta frenando l'economia e lo sviluppo del Paese.
Se ne sono accorti a Bruxelles, dove ci incoraggiano continuamente a fare riforme e a contenere sul serio la pressione fiscale, in modo che le nostre aziende abbiano una ripresa tale da fare abbassare la disoccupazione giovanile e fare respirare le famiglie, aumentando il reddito e invitandole a consumare e a migliorare sensibilmente la loro qualità della vita.
Se ne è accorto il Fondo monetario internazionale; ce l'ha detto pochi giorni fa anche il Governatore della Banca d'Italia Draghi, che è stato chiarissimo! Il provvedimento che stiamo esaminando (su cui, già lo sappiamo, sarà posta la questione di fiducia), che destina il cosiddetto tesoretto - che termine infelice! -, ci lascia sempre più perplessi.
In primis, ci sono, come al solito, norme che non hanno nulla a che vedere con le finalità del decreto.
Forse sarebbe stato opportuno e sicuramente più rispettoso della norma almeno cambiare il titolo del decreto-legge: ad esempio, l'articolo 10, recante disposizioni in materia di personale militare, cosa c'entra con il titolo del decreto-legge? Vi sono inoltre l'articolo 16, sul riordino della disciplina delle tasse e dei diritti marittimi e l'articolo 9, dedicato al rifinanziamento della partecipazione italiana alle missioni internazionali: sono tutte disposizioni che non appaiono assolutamente direttamente riconducibili al quadro delle norme in materia finanziaria, cui si riferisce in esclusiva il titolo del decreto-legge. Non capisco, peraltro, la posizione di Rifondazione Comunista sul delicato tema del rifinanziamento delle nostre missioni all'estero.
Inoltre, l'articolo 15, comma 6, sulla destinazione di risorse in particolare sull'istituzione di un fondo rotativo, dotato di personalità giuridica, per favorire l'accesso al credito dei giovani, seppur nessuno lo discuta in quanto assolutamente lodevole nell'intento, ripropone una disposizione analoga a quella già introdotta dall'articolo 1, comma 336, della legge finanziaria per il 2006, e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 137 del 2007.Pag. 16
Vogliamo ignorare la sentenza della Corte? Vogliamo fare finta di nulla? Non solo: il comma in questione solleva forti dubbi in ordine alla compatibilità con i limiti fissati dall'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 e, in particolare, con la norma secondo cui il Governo non può, mediante decreti-legge, ripristinare l'efficacia di disposizioni dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale per vizi non attinenti al procedimento.
Non ci stupiamo se l'opinione pubblica, a questo punto sempre più scettica, ha preso le distanze da questo tipo di politica, che riesce poi - questa è una cosa strana - a scontentare tutti. La riforma della giustizia scontenta avvocati e magistrati; il disegno di legge in esame scontenta l'ANCI, l'UPI, i sindacati di categoria, le piccole, medie e grandi aziende, strozzate sempre di più dalla pressione fiscale, le famiglie, che si sentono abbandonate, e i giovani, che non possono fare progetti per il loro futuro.
Con questo decreto-legge si poteva e si doveva fare di più. Le risorse derivanti dall'extragettito dovevano sostenere i giovani precari, che rappresentano il presente e il futuro del nostro Paese. Essi sono il nostro vero «tesoretto», non i soldi incassati in più, di cui si sta facendo un pessimo utilizzo. Invece, i giovani vivono nella precarietà quotidiana, con poche certezze lavorative, incoraggiati da questo malgoverno a lasciare il nostro Paese: è aumentato il flusso dei giovani che cercano un futuro in altri Paesi. Oggi in Italia essere precario credo significhi coniugare un salario basso con un posto che può mancare da un momento all'altro, non poter pagare l'affitto e probabilmente non arrivare a fine mese.
Un vero Governo riformatore dovrebbe scrivere un nuovo patto tra le generazioni italiane. Ciò vuol dire allora far sì che le istituzioni siano in grado di garantire la trasmissione ai giovani della conoscenza, delle competenze e del sapere; vuol dire restituire fiducia all'investimento in capitale umano e, quindi, dare spazio al merito nelle università, nelle imprese e nei concorsi pubblici. Tutto ciò vuol dire puntare ad una vera libertà di scelta per le persone e la libertà può esistere solo se ci sono alternative per gli individui e le tutele necessarie.
Al Governo spetta avanzare delle proposte serie e programmatiche che diano stabilità e sicurezza, partendo proprio dalla relazione tecnica. Leggendo in maniera seria il decreto-legge n. 81 del 2007, non ci sono risposte gratificanti, ma un confuso puzzle di interventi dichiarati urgenti: la stessa Commissione ha atteso invano che il Governo chiarisse il motivo di certi interventi, a rischio anche di copertura finanziaria, ricordando l'esigenza della massima trasparenza in ragione sia dell'entità delle risorse complessivamente impegnate, sia delle finalità serie che si doveva porre il decreto-legge stesso.
Cari colleghi, è assolutamente indispensabile una valutazione attenta delle singole disposizioni contenute nel decreto-legge, al fine di valutare quali disposizioni di spesa risultino effettivamente funzionali a superare, nelle intenzioni del Governo, la situazione di emergenza in cui versano talune categorie colpite dal decreto stesso, nella speranza che ne derivi un sostegno effettivo alla crescita dell'economia del nostro Paese.
Occorre inoltre porre mente al collegamento esistente fra il decreto-legge al nostro esame e la legge finanziaria per l'anno 2007. In proposito, vorrei sottolineare la necessità di avviare - l'ho chiesto anche al presidente della Commissione - un'ampia riflessione sullo stato di attuazione di tale legge: non è infatti possibile che da una parte il Governo attribuisca al Parlamento il compito di individuare le risorse da destinare alla copertura dei più disparati interventi (nel DPEF il Governo infatti afferma: «Questa è la situazione: pensi il Parlamento a trovare la copertura per il raggiungimento degli obiettivi»), mentre dall'altra parte, si scopre che, in relazione alla destinazione l'80 per cento degli interventi effettuati con la scorsa legge finanziaria è nei fatti inapplicato e inoperativo.Pag. 17
Si pensi, ad esempio, al caso della politica per il Mezzogiorno, che è scomparsa dall'agenda del Governo. Nella legge finanziaria per l'anno 2007, grazie all'impegno dei parlamentari del Mezzogiorno, sia del centrosinistra sia del centrodestra, si erano ottenuti alcuni risultati: la distribuzione dei fondi Fintecna, le strade provinciali, una seria rimodulazione del fondo per le aree sottoutilizzate. Ricordo che circa cinque o sei commi della legge finanziaria erano destinati esclusivamente al Mezzogiorno. Ebbene, nessuna di quelle norme, oggi, mentre stiamo per iniziare ad occuparci della nuova legge finanziaria, è stata attuata dal Governo. Il Parlamento legifera, il Governo non applica; il Parlamento dà direttive, il Governo non le rende operative.
Signori colleghi, sono necessari programmi chiari e scadenze precise, ma soprattutto è necessaria la volontà di perseguire gli obiettivi con coerenza e caparbietà, poiché questa maggioranza non riesce a governare il nostro Paese per mancanza di una struttura solida al suo interno.
Ritornando all'analisi del decreto-legge, ci accorgiamo che l'extra-gettito fiscale non viene destinato a ridurre deficit e debito, rendendo così impossibile raggiungere l'obiettivo del pareggio dei bilanci nel 2010, che noi avevamo assolutamente condiviso.
Si capisce dunque l'inutilità di questo provvedimento e del modo in cui è intervenuta questa maggioranza, suscitando anche le preoccupazioni di Bruxelles, i cui suggerimenti andavano in tutt'altra direzione. La speranza dell'Unione europea e - aggiungo - la nostra è che attraverso queste manovre finanziarie si riesca a non violare il patto di stabilità europeo, facendo quadrare i conti e trovando le risorse necessarie affinché il nostro Paese possa crescere economicamente, uscendo dalla depressione politica causata da questa maggioranza confusionaria e pasticciona.
Credo, amici, che sia necessario affrontare la prossima legge finanziaria con una maggiorità e con un percorso che sia più chiaro è più corretto. Questo Governo continua a litigare sulla distribuzione del «tesoretto», non riesce non soltanto a trovare un accordo con i sindacati sulla riforma delle pensioni e la quadratura per una corretta copertura finanziaria, ma anche a tenere conto dello sviluppo economico del Paese, che è legato anche alla politica sulla previdenza, che rimane su un piano inclinato e assai scivoloso.
Questo Governo, con la sua politica, non riesce a svolgere una funzione di guida, non avendo quella forza e quella autorevolezza che rendono una classe dirigente capace di governare il processo di cambiamento, di cui il nostro Paese ha bisogno.
L'Italia non può più attendere i tempi e le mancanze di questa politica dell'attuale maggioranza, sempre più incapace di prendere decisioni che portino il nostro Paese ad essere una potenza economica e sociale a livello mondiale.
Devo, in ultimo, ringraziare il relatore per aver tentato disperatamente, nella difficoltà di un percorso assai complesso, di trovare alcuni punti su cui si potesse dialogare e rendere un servizio al Paese.
Noi, da parte nostra, lo abbiamo fatto con serietà, pur senza condividere assolutamente la decisione che il «tesoretto» venisse utilizzato a copertura di provvedimenti a legislazione vigente, dal momento che ritenevamo che sarebbe stato certamente più opportuno destinarlo interamente al ripiano - o, meglio, alla decurtazione - del debito pubblico, potendo utilizzare le minori risorse che avremmo pagato in termini di interessi.
Considerato, però, che il Governo andava avanti, abbiamo tentato di fornire il nostro contributo. In tal senso, abbiamo dato il nostro contributo nell'aumentare le risorse per la Polizia di Stato - che riteniamo essere sempre piccola cosa rispetto alle esigenze reali - e nel tentare di alleviare alcune sofferenze su temi sensibili, come quelli della sicurezza, ma crediamo che ancora poco si sia fatto e molto ancora vi sia da fare.
Spero che voi, responsabilmente, vi rendiate conto delle serie difficoltà in cuiPag. 18la vostra maggioranza sta ponendo il nostro Paese e che possiate, per il beneficio dell'intero Paese, togliere il disturbo e lasciare il Governo a chi può meglio governarlo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Andrea Ricci. Ne ha facoltà.
ANDREA RICCI. Signor Presidente, ormai da molti anni i cittadini italiani sono abituati alla consueta «manovrina» estiva di finanza pubblica e ormai da troppi anni il tradizionale provvedimento finanziario di luglio aveva un carattere restrittivo, mirante a tagliare la spesa pubblica e ad incrementare le entrate fiscali per riportare la finanza pubblica lungo i binari, tortuosi e difficili, della sostenibilità.
Quest'anno, invece, per la prima volta dopo molto tempo, la «manovrina» estiva cambia completamente di significato e, anziché imporre nuovi e pesanti sacrifici ai cittadini, assume un carattere espansivo e consente di impiegare, tra il decreto-legge che oggi esaminiamo e la proposta di assestamento di bilancio, circa 6,5 miliardi di euro per nuovi interventi di spesa in campo sociale e per il sostegno allo sviluppo economico. Di questa positiva novità non possiamo che rallegrarci.
Superato questo momento di soddisfazione, occorre tuttavia procedere ad una lucida analisi della situazione che si è determinata sul terreno della politica economica e finanziaria del Governo.
Il primo passo in questa direzione consiste nel domandarsi come sia potuto accadere che ci si trovasse, a metà anno, con una disponibilità di risorse nelle casse dello Stato superiore di ben 11,5 miliardi di euro, lo 0,7 per cento del PIL rispetto alle previsioni e agli obiettivi programmatici. Infatti, se non vi è dubbio che le circostanze risultano oggi felici rispetto a quanto accaduto in passato, allorché lo scostamento rispetto agli obiettivi era di segno inverso, rimane pur sempre il fatto che una corretta ed efficace programmazione degli interventi di politica economica non dovrebbe richiedere interventi correttivi di tale dimensione, a meno che essi non siano giustificati da un cambiamento di indirizzo di politica economica.
Invece oggi siamo di fronte alla conferma, anzi addirittura all'accentuazione, del quadro stabilito nel DPEF dello scorso anno e tuttavia siamo costretti ad apportare variazioni così significative al bilancio dello Stato. Ripeto, quest'anno, a differenza degli anni precedenti, siamo di fronte ad una circostanza felice, di distribuzione di risorse aggiuntive, ma questa situazione deve essere considerata eccezionale e non ripetibile, altrimenti saremmo di fronte ad una grave patologia nella conduzione della politica economica del Paese.
Lo dico con tutto il rispetto per il Ministro dell'economia e delle finanze. Siamo tutti contenti di poter attivare nuovi interventi utili al benessere generale del Paese, però non bisogna vantarsi troppo per gli errori - questa volta positivi, in passato negativi - nelle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. Dobbiamo, semmai, impegnarci per comprendere seriamente quali cause abbiano determinato tali rilevanti scostamenti, per evitare in futuro di ripetere gli stessi errori. Lo affermiamo noi che pure nel mese di settembre dello scorso anno sostenemmo pubblicamente, alla luce dei primi dati sull'andamento delle variabili economiche, che la manovra lorda della legge finanziaria per il 2007 avrebbe potuto essere di 24 miliardi di euro, esattamente 11,5 miliardi di euro in meno, pari al cosiddetto «tesoretto» oggi certificato, di quanto poi, in realtà, non fu. Se allora fossimo stati ascoltati, probabilmente il rapporto del Governo con l'opinione pubblica sarebbe stato molto migliore di quanto non sia oggi. Per la verità, allora non fu solo il Ministro dell'economia e delle finanze a sostenere la necessità di una manovra troppo pesante, ma egli fu spinto in tale direzione da autorevoli rappresentanti delle principali organizzazioni economiche internazionali e nazionali, iniziando dalla Banca d'Italia per arrivare all'Unione europea e al Fondo monetario internazionale. A tutti costoro, iniziandoPag. 19con il governatore Draghi, noi, che pure non possediamo competenze e saperi paragonabili ai loro, rivolgiamo un appello ad una maggiore umiltà, necessaria per una reale e non ideologica comprensione delle dinamiche economiche. I ricordati ripetuti errori di stima fanno sorgere seri dubbi sulla validità teorica ed empirica dei modelli econometrici fondati su un ortodosso impianto neoclassico, usati per formulare le previsioni macroeconomiche.
Sul piano strettamente economico due sono state le cause della sottostima delle entrate tributarie, all'origine dell'attuale maggiore disponibilità di risorse: la prima riguarda il consistente aumento della base imponibile, derivante dall'attuazione concreta di misure serie ed efficaci di lotta all'evasione fiscale. La seconda, una sostenuta dinamica di crescita economica intorno al 2 per cento annuo, dopo un quinquennio di stagnazione. Anche se non previsti, entrambi questi fattori possono essere in gran parte ascritti come successi dell'azione di Governo. Credo che tutta la maggioranza che sostiene l'Esecutivo debba, con maggiore forza, rivendicare di fronte all'opinione pubblica tali risultati.
Una volta accertata l'entità delle maggiori risorse disponibili si è aperto un confronto, a volte anche aspro, sul loro utilizzo. Abbiamo lottato contro coloro i quali avrebbero voluto destinare interamente le maggiori risorse alla riduzione accelerata del deficit e del debito pubblico. Il fronte che sostiene tale tesi è molto vasto, potente ed articolato. Esso comprende i principali organismi economici, dal Fondo monetario alla Commissione europea, sino ad arrivare alla Banca centrale europea e alla sua succursale italiana. Inoltre, comprende la Confindustria di Montezemolo, salvo poi che esponenti di tale fronte, nei corridoi dei palazzi, avanzano continue richieste di nuove risorse da mettere a disposizione delle grandi imprese. Infine, sul piano politico questo fronte ultra-ortodosso include l'intera opposizione, come abbiamo anche ascoltato dal dibattito odierno - salvo poi che vengono presentate decine e decine di emendamenti al testo, per una miriade di micro-interventi settoriali, corporativi e territoriali - e comprende anche alcune componenti centriste della maggioranza.
Questa tesi ultrarigorista persegue un unico obiettivo, che poco o nulla ha a che vedere con le esigenze di sviluppo economico e sociale del Paese. In realtà, l'obiettivo perseguito è di tipo squisitamente politico, in nome di una permanente quanto fasulla dichiarazione di emergenza finanziaria, che paradossalmente assume toni tanto più concitati quanto più la situazione dei conti pubblici è sotto controllo. Si vuole impedire che si possa avviare nel Paese un processo di riforma del sistema economico e sociale teso a ridurre le disuguaglianze sociali, a redistribuire reddito e ricchezza e a promuovere uno sviluppo economico diverso e alternativo rispetto a quello esistente.
La permanente emergenza finanziaria, come arma sempre puntata contro le riforme necessarie a rendere più giusto, più equo e più civile il Paese, è un'arma puntata anche a difesa della ricchezza e del potere di poche caste di privilegiati resi forti dall'egemonia politica e culturale del modello della globalizzazione neo-liberista. Chi fa della riduzione del deficit e del debito un feticcio, un valore assoluto a cui tutto deve sottomettersi è, in realtà, spinto da un potente spirito di conservazione, perché vuole impedire che, attraverso l'azione pubblica della politica e dello Stato, si possano introdurre elementi, anche minimi, di giustizia e di moralità nell'assetto sociale del Paese. Certo, in Italia il deficit e il debito pubblico sono elevati. Per questo motivo la politica economica deve incorporare il vincolo della sostenibilità finanziaria, che, appunto, deve condizionare il perseguimento dei veri obiettivi di politica economica che sono, non dobbiamo mai dimenticarlo, quelli della qualità della vita della popolazione e della giustizia sociale. La riduzione del debito non può trasformarsi da vincolo necessario in obiettivo assoluto e supremo di un intero Paese. Il vincolo della sostenibilità finanziaria è oggi pienamente soddisfatto e rispettato dall'Italia. Il processo di riduzione del deficit e delPag. 20debito, anche dopo la parziale distribuzione del tesoretto, è nettamente più accelerato di quello concordato, a suo tempo, dal Governo Berlusconi in sede di Unione europea.
L'Italia sta compiendo uno sforzo di risanamento superiore a quello richiesto. Allora, non sono più ammissibili ingerenze così pesanti da parte della Commissione europea e della Banca centrale europea sulla politica interna italiana. Noi avremmo voluto che le risorse aggiuntive da usare per la redistribuzione e lo sviluppo fossero maggiori di quelle contenute nel presente provvedimento. Tuttavia, la mediazione a cui, alla fine, la maggioranza è arrivata trova il nostro consenso, sempre che ad essa seguano ulteriori passi successivi, a cominciare dalla soluzione del nodo del superamento dello «scalone Maroni» sulle pensioni.
La destinazione dei 6,5 miliardi del tesoretto corrisponde, sia pure in maniera ancora parziale, alle principali esigenze del Paese e il lavoro svolto dalla V Commissione, grazie anche all'impegno apprezzabile del relatore e del presidente, ha introdotto ulteriori importanti modifiche, che hanno consentito di migliorare sensibilmente il provvedimento. Anzitutto, è presente, nel decreto-legge in esame, l'aumento delle pensioni più basse e ciò risponde ad un'esigenza diffusa, che trae la propria origine dalla grave sofferenza sociale che coinvolge milioni e milioni di pensionati italiani. Sono stanziati 900 milioni nel 2007, quasi 1.200 milioni dal 2008. La platea coinvolta dagli aumenti è di circa 3 milioni e mezzo di pensionati con un reddito inferiore a 650 euro. È importante anche il metodo con cui si è arrivati a definire questa proposta: è stato quello di un confronto serio e costruttivo con i sindacati, che ha consentito di assumere un provvedimento così importante e sentito per risolvere o, quantomeno tentare di ridurre, un grave problema sociale del Paese.
In secondo luogo, nel provvedimento in discussione vi sono misure a favore dei giovani, sempre sul terreno pensionistico, come il riscatto agevolato degli anni di laurea e le misure per il ricongiungimento pensionistico, che possono dare una risposta, sia pure ancora del tutto parziale, ai futuri problemi che incontreranno i giovani di oggi sul terreno previdenziale.
In terzo luogo, tendiamo a sottolineare l'importanza degli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo, con i 260 milioni per il Fondo per la lotta all'AIDS e con ulteriori 10 milioni aggiuntivi per la cooperazione.
Vi sono poi maggiori risorse per i comuni e per le province, che rispettano il patto di stabilità interno. Tali risorse sono state aumentate grazie al lavoro della Commissione. A tal proposito noi sottolineiamo, anche in vista della prossima legge finanziaria, la necessità di rivedere le regole a fondamento del patto di stabilità interno. In particolare, chiediamo che l'uso dell'avanzo di amministrazione per estinguere i debiti pregressi degli enti locali possa essere portato all'interno della normativa. Vi sono risorse aggiuntive per il welfare, la scuola, la ricerca, l'università. Vi è il rifinanziamento dei contratti di pubblico servizio per le poste, le ferrovie e l'ANAS. C'è l'annullamento o la riduzione degli accantonamenti per i programmi di spesa ministeriale stabiliti dalla legge finanziaria per il 2007 e che tante difficoltà hanno creato nella conduzione quotidiana delle politiche pubbliche. Infine, vi sono gli stanziamenti per aumentare i consumi intermedi e gli investimenti per la sicurezza, per le forze dell'ordine e per i vigili del fuoco. A tal proposito, abbiamo accolto la necessità di incrementare in Commissione gli stanziamenti a questo fine, con il vincolo, però, che essi fossero destinati a tutto il territorio nazionale, non solo ad una sua parte. Infatti, le situazioni di difficoltà delle forze di sicurezza riguardano l'intero Paese, a causa dei sacrifici necessari introdotti dalla legge finanziaria per il 2007.
A tal proposito, vogliamo tuttavia sottolineare che la percezione diffusa di un incremento dell'insicurezza non è in linea con i dati sull'andamento dei reati e della criminalità. In realtà, la percezione dell'insicurezza crescente deriva da altro.Pag. 21Siamo in presenza di una insicurezza esistenziale, che trae la sua origine da una condizione sociale di precarietà che rende difficile la vita di ognuno. Non possiamo quindi pensare di risolvere il problema attraverso un continuo aumento degli stanziamenti per il settore della sicurezza, perché dobbiamo ricordare, a tal proposito, che l'Italia spende più della media europea in questo settore. Semmai, dovremmo tutti interrogarci sulla necessità di una riorganizzazione delle forze dell'ordine in tale importante settore della vita pubblica del Paese, in modo da spendere meglio ed ottenere risultati migliori.
Infine, è stata inserita dal Governo, attraverso appositi emendamenti, la parte fiscale che era in discussione in un apposito provvedimento al Senato. Noi avremmo preferito un'altra soluzione: una strada che non si intersecasse con il decreto-legge sulla distribuzione del cosiddetto tesoretto. Tuttavia, questa è stata la strada scelta dal Governo e noi vogliamo sottolineare un punto di criticità, rispetto ad una serie di misure che complessivamente condividiamo.
All'interno del decreto-legge in esame è stata inserita la questione del cuneo fiscale per le banche e le assicurazioni, a seguito di una sentenza comunitaria, che obbliga il nostro Paese a non adottare misure selettive di settore per questo tipo di incentivo fiscale. La criticità riguarda il fatto che la compensazione dell'erogazione di risorse attraverso la riduzione del cuneo fiscale per banche ed assicurazioni è soltanto parziale. Noi avremmo preferito che fosse integrale, perché banche, assicurazioni e il settore finanziario non hanno bisogno di questo tipo di incentivi, considerando che si trovano già in condizioni estremamente favorevoli. Occorre allora rimediare a tale situazione nella prossima legge finanziaria. Infine, ci appare equilibrata la revisione sulla normativa degli studi di settore. Quest'ultimo è uno strumento da correggere - ma da mantenere, perché efficace - e non siamo d'accordo con chi lo vuole smantellare completamente.
Signor Presidente, concludo affermando che quello in esame è un primo provvedimento redistributivo, dopo che surrettiziamente nella politica economica del Governo è prevalsa la priorità del risanamento, rispetto a quella dell'equità sociale e dello sviluppo.
Crediamo che occorra procedere oltre in questa direzione per far fronte ai gravi problemi sociali, che il Paese oggi incontra e che riguardano, in modo particolare, la fascia del mondo del lavoro, dei pensionati e dei giovani. Il DPEF e la soluzione del nodo del superamento della riforma Maroni sono i prossimi passaggi decisivi per la piena attuazione del programma dell'Unione e per il rafforzamento di questa esperienza di Governo (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Garavaglia. Ne ha facoltà.
MASSIMO GARAVAGLIA. Signor Presidente, inizio subito con i ringraziamenti al relatore e agli altri membri della Commissione per la buona volontà con la quale, tutto sommato, si è cercato di migliorare il testo del provvedimento oggi al nostro esame. Lo faccio subito perché il resto dell'intervento sarà - ed è - fortemente e profondamente negativo.
Il decreto-legge sul cosiddetto tesoretto nasce da lontano, come operazione di marketing e, se mi consentite la battuta, diventa poi un'operazione di «marketting». Traducendo il neologismo, anziché fare marketing, ossia fare mercato, diventa un decreto con cui si fanno «marchette» il che nel gergo parlamentare significa distribuire prebende a destra e a manca. Questa purtroppo è la realtà! Ripercorriamo un po' la storia di questo tesoretto. Di maggiori entrate fiscali - il termine tesoretto onestamente è demenziale, quindi anche chi l'ha pensato aveva qualche problema quando lo ha fatto - si inizia a parlare a gennaio, quando si scopre l'acqua calda; vale a dire che, avendo predisposto una manovra finanziaria con la quale si erano aumentate lePag. 22tasse a dismisura, di 35 miliardi di euro quando ne servivano all'incirca 12, si sono registrate entrate fiscali in più. Complimenti! Non ci voleva una scienza per capirlo. A ciò si sono aggiunti gli altri 10 miliardi della manovra fiscale realizzata obbligatoriamente dai comuni, perché avete tagliato loro le risorse. Ebbene, a detta della propaganda di sinistra, i 37 miliardi di tasse riscosse in più nel 2007 derivano dalla lotta all'evasione fiscale. Ciò è sostenuto in particolare dal Viceministro Visco, assolutamente mal visto da tutti i contribuenti, non in quanto rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze, ma perché considerato un esponente del Governo che, anziché tutelare il rapporto di fiducia che in teoria dovrebbe correre tra il contribuente e lo Stato, è stato designato unicamente, da un lato, allo scopo di inventare meccanismi per rendere più complicato pagare le tasse; dall'altro, per farne pagare il più possibile. Forse è vero. Dalla lotta all'evasione e all'elusione fiscale sarebbero derivati all'incirca 6 miliardi; realisticamente (forse) ne sono derivati 4; gli altri sono unicamente e semplicemente tasse in più.
Nel mese di marzo la ex moglie di Padoa Schioppa - a nostro avviso, economista anche più brava dell'ex marito - suggerì autorevolmente di usare il tesoretto nel modo seguente: un terzo per ridurre il debito, un terzo per ridurre le tasse (quindi, per attuare una politica economica espansiva) ed un terzo per aiutare i redditi più bassi, in particolare le pensioni più basse (dunque per realizzare anche sotto questo profilo una politica economica espansiva attraverso i consumi). Una bella ricetta, assolutamente condivisibile. Cosa fa l'ex marito di Fiorella Kostoris? All'inizio, insieme a Prodi, quasi le dà ragione, perché sostiene che dei dieci miliardi del cosiddetto tesoretto se ne possono spendere solo due e mezzo, in quanto gli altri sono destinati alla riduzione del debito; che due terzi di questi due miliardi e mezzo andrebbero impiegati per gli obiettivi dell'equità e dello sviluppo - solita affermazione ambigua che vuol dire tutto e il contrario di tutto - e un terzo per ridurre il debito.
Anche a tale riguardo potremmo essere quasi d'accordo; se buona parte è utilizzata per ridurre il debito ma una parte viene spesa, vediamo, dunque, come la spendete. Tuttavia, adesso, all'inizio di luglio, arriva il decreto-legge e miracolosamente, anziché 2,5 miliardi, spendiamo tutti e sette i miliardi di euro. Quindi, cosa è accaduto? A fronte di questa modifica radicale della politica economica del finto rigorista Padoa Schioppa, che quando va in Europa assume il ruolo di «professorone» mentre quando viene in Italia è assolutamente incapace di «tener bordone» e di limitare la spinta alla spesa pubblica della sinistra estrema, cosa succede? Otteniamo una «bocciatura» totale da parte di tutti: dell'Unione europea, che rileva che, con questa sciagurata politica, stiamo mettendo a repentaglio addirittura i tassi di interesse dell'Europa; delle agenzie di rating, con un possibile, eventuale declassamento - «certo», se si va verso l'abolizione dello scalone -; del Fondo monetario internazionale, dove doveva andare Padoa Schioppa - sarebbe stata una bella idea, in quanto avremmo risolto un problema molto grande: lui sarebbe stato a posto con la pensione (visto che tutto sommato è anche ora che vada in pensione!) e noi ce lo saremmo «tolto dalle scatole» -; della Corte dei conti, ed è il minimo, visto che si tratta dell'apposita istituzione deputata a controllare come spendiamo i soldi; della Banca d'Italia.
Draghi molto semplicemente, infatti, ad una domanda posta circa l'uso del «tesoretto», ovvero su come giudicasse il fatto che si utilizzasse quasi tutto il «tesoretto» per aumentare la spesa, ha risposto che, anzitutto, il «tesoretto» non esisteva e che, comunque, se mai, avrebbe dovuto essere usato, se non tutto per ridurre il debito, almeno per ridurre le tasse e, quindi, favorire l'economia. Chiarissimo. Infine, vi è stata la «bocciatura» sonora da parte dell'ANCI. Ciò è il minimo, in quanto ai comuni avete «rubato» - questo è il termine esatto - 4 miliardi di euroPag. 23di avanzi di amministrazione. Quando un comune risparmia soldi, infatti, questi sono suoi. Avete deciso per legge, invece, che i comuni non li possono spendere perché se li tiene il Governo per spenderli come vuole.
L'osservazione del Governatore della Banca d'Italia Draghi è interessante e da approfondire; quindi mi domando da dove arrivi questo fantomatico «tesoretto». Perché abbiamo 7 miliardi di euro da spendere? L'operazione è semplice nella sua assurdità. Il ragionamento è il seguente: se non facciamo alcunché, possiamo chiudere l'esercizio con un indebitamento netto del 2,1 per cento; però, dato che avevamo previsto di «chiudere» con un indebitamento del 2,5 per cento, allora spendiamo lo 0,4 per cento. È un ragionamento semplice ma completamente idiota e demenziale. Infatti, è come se un'azienda che ha ricevuto un fido da una banca, constatato che gli affari stanno andando male e stando per chiudere il bilancio con una perdita del 2 per cento, ritenesse, poiché, se anche chiudesse con un disavanzo del 2,5 non le toglierebbero il fido, di poter sostenere delle spese «idiote» in più, e di poter, pertanto, aumentare la perdita. È chiaro che si tratta di un ragionamento demenziale e a breve termine.
Oltretutto, è assolutamente demenziale e a breve termine tenendo conto di alcune certezze, e non di ipotesi e di ragionamenti. Precedentemente il collega Ricci parlava di economia, che può essere anche vista in modo differente, ma alla fine l'economia ha delle regole anche abbastanza semplici mentre noi, tante volte, la consideriamo più difficile di quello che effettivamente è. Sappiamo, infatti, che i tassi di interesse arriveranno al cinque per cento. Quanto costa passare dal 4 al 5 per cento? Significa che noi, anziché pagare 74 miliardi di euro di tassi di interesse sul debito pubblico, pagheremo, se va bene, 77-80 miliardi l'anno dopo e, a regime, lo 0,4 in più.
È banale, quindi, che, a fronte della certezza dell'aumento dei tassi, si debbano destinare risorse per tale obiettivo anziché per altri.
In sede di Commissione abbiamo utilizzato un'espressione paradossale, ma comprensibile a tutti, perché è necessario capirsi. È come se un padre di famiglia, dopo aver giocato al superenalotto ed aver vinto una bella cifra, anziché recarsi in banca per estinguere il mutuo sulla prima casa, si recasse presso il concessionario per acquistare una Ferrari! È chiaro che un padre di famiglia che si comporti così sarebbe da prendere a schiaffoni! Ebbene, il Governo si comporta peggio di lui! Non esiste, in Italia, un padre di famiglia che, dopo essersi comportato in questo modo, non sia preso a schiaffoni dalla moglie! E il Governo fa esattamente questo: prende i soldi e li spende tutti. Peccato che, nel nostro caso, non si tratti neanche di una vincita al superenalotto o di soldi (cento, mille euro) che, ad esempio, i colleghi qui presenti potrebbero aver giocato; si tratta, piuttosto, di soldi che abbiamo sottratto ai contribuenti, aumentando le tasse! Decidiamo, in maniera assolutamente demenziale, di chiudere l'anno con un indebitamento netto maggiore rispetto a quello che avremmo non facendo nulla.
Oltretutto, l'operazione è assolutamente scoperta, non perché ce lo inventiamo noi, ma perché lo afferma lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Padoa Schioppa. Nel DPEF si sostiene che vi sono spese da coprire per 21,2 miliardi di euro. Tornando all'esempio del buon padre di famiglia, è come se questi, sapendo di dover coprire 21,2 miliardi di euro, ne trovi casualmente in tasca 7 e li spenda tutti! È, ancora una volta, da prendere a schiaffoni!
Ma non è finita qui: c'è l'operazione «scalone». Siamo «in ballo» da un anno e non si capisce come andrà a finire: questo è oggettivamente imbarazzante e demotivante, per chi, come noi, è neodeputato. Accanto a me ci sono i colleghi Goisis e Fugatti: spesso discutiamo di come sia possibile che una trattativa duri un anno. Vi sono persone che non sannoPag. 24se possono o meno andare in pensione: le donne, che potevano andare in pensione a 57 anni, adesso, forse, non possono più farlo perché si sta discutendo un'operazione che, per dare un anno in più a tutti, fa andare in pensione le donne più tardi. Roba veramente da pazzi!
Nel caos più totale, vi è la questione della copertura. Non si dice dove si reperiscano le risorse. Quanto costerà l'operazione? Sempre che alla fine Prodi dica cosa diavolo vuole fare, visto che fa annunci da sei mesi e che a questo punto siamo anche interessati a saperlo - ha detto che lo annuncia giovedì, ma tutte le settimane lo ripete: forse, questo è il giovedì buono! -, bisogna capire quanto costa l'operazione e dove si trovino i quattrini! L'operazione può costare da 1,5 miliardi (il che significa «fumo negli occhi» e rinviare il tutto di un anno) a 4 miliardi per il primo anno e 9 a regime, con l'abolizione totale dello «scalone». Questo è quanto vuole la sinistra estrema, che non accetterà mai un compromesso al ribasso, e quindi la parte dello schieramento di maggioranza seduta lì, a sinistra, la sinistra più a sinistra, vuole che lo «scalone» sia abolito del tutto!
GIACOMO DE ANGELIS. Esatto!
MASSIMO GARAVAGLIA. Si tratta di 66 miliardi di euro in dieci anni. Il Governo ci deve dire dove trova i soldi! Se davvero aveva tale intenzione (perché il programma prevedeva di effettuare una simile operazione demenziale) poteva conservare il «tesoretto» per tale scopo anziché spenderlo tutto!
Ma non è finita! Già fin qui si dovrebbe abbastanza preoccupati: avevo parlato, infatti, di 21 miliardi scoperti, della questione dello «scalone» (da 2 a 4 miliardi all'anno, che non si sa dove trovare): oltre a ciò, però, vi è la questione Alitalia. È di oggi la notizia che l'azienda è sostanzialmente fallita. Secondo voi questo Parlamento la lascerà fallire, mandando a casa tutti i dipendenti? Sicuramente no!
Si procederà all'ennesima operazione stanziando ancora chissà quanti quattrini per l'ennesimo prestito ponte, per chissà quanto tempo e con quale costo. Anche questa è un'operazione non coperta.
Poi vi è il problema attinente alla sanità: il Lazio, da solo, governato prima da Storace, poi da Marrazzo, continua comunque ad accumulare «buco» su «buco». Anche in questo caso, il piano di rientro sembra non andare come previsto. Dove si recupereranno le risorse? A quanto ammontano le risorse necessarie? Quanti miliardi dovremmo dare l'anno prossimo? Ancora 10, 1, 2, 3, 20 miliardi? Sembra davvero di dare i numeri.
Vi è, inoltre, la questione dei rifiuti della Campania, che non si sa se e quando finirà, tant'è vero che nel decreto-legge si prevedono i soliti 80 milioni di euro. Abbiamo approvato, la settimana prima, un provvedimento che avrebbe dovuto essere a costo zero, ma poi, furbescamente - ma neanche tanto: piuttosto, in maniera proprio scorretta - il Governo inserisce, la settimana dopo, nel decretone omnibus sul «tesoretto» i soliti 80 milioni di euro.
Vi è, poi, la questione del patto di stabilità dei comuni: obbligando questi a non spendere o, comunque, a spendere in minima parte l'avanzo di amministrazione, di fatto state dicendo alla stragrande maggioranza dei comuni che è venuto meno il rispetto del patto di stabilità.
Tantissimi, infatti, sono gli amministratori locali che hanno già deciso di «sforare» il patto e di farlo, a questo punto, alla grande, perché, visto che non riescono a rispettarlo, per quale motivo dovrebbero diventar matti per cercare di rientrarvi a tutti i costi? Se si sfora, si sfora alla grande! Anche ciò avrà dei costi assolutamente incomprensibili.
Ciò detto, si tratta, quindi, di un'operazione assolutamente scoperta, per i motivi elencati.
Vediamo ora di dare un rapido giudizio su come avete speso questo «tesoretto».
La prima parte riguarda le pensioni: si prevede di aumentare quelle basse. È un'ottima operazione, sulla quale chiaramente non si può che essere d'accordo. Occorre fare un distinguo, però, sulla natura di una tantum della previsione. NovecentoPag. 25milioni di una tantum sono, è vero, comunque un aiuto, però, citando Schimberni, ex direttore di Ferrovie dello Stato, un'operazione una tantum è come la pipì a letto: scalda, ma per poco.
A cosa serve dare 300 euro a testa ai pensionati in prossimità del Natale? Servirà ai nonni e alle nonne a comprare il telefonino ai nipoti. Cosa abbiamo risolto? Abbiamo buttato via in un colpo solo 900 milioni. Un'operazione un po' più intelligente, invece, avrebbe potuto prevedere di spenderli in maniera più continua. In questo modo, invece, si dà una mano ai pensionati, ma si tratta di una misura una tantum, che ha scarsa utilità.
Giustamente, però, vi è anche l'aumento di un miliardo e mezzo l'anno, ma a partire dall'anno venturo e con copertura da trovare in sede di finanziaria, vale a dire con nuove tasse. Avete dimostrato, infatti, l'assoluta incapacità di contenere la spesa, quindi per aumentare le pensioni basse avremo un miliardo e mezzo di maggiori tasse.
Tra l'altro, se qualcuno ha tempo e voglia, oggi può leggere un interessantissimo articolo a pagina sei di Italia Oggi, che dimostra che l'operazione sulle pensioni basse è, in realtà, pagata dai pensionati. Ciò è davvero interessante.
Il fantastico Viceministro Visco ha cambiato il sistema, passando dalle deduzioni alle detrazioni. Tale operazione ha comportato l'incremento del reddito imponibile, quindi anche degli introiti e delle tasse anche sulle pensioni. La simulazione che emerge dall'articolo citato è molto interessante, perché dimostra come il miliardo e mezzo che in teoria date alle pensioni basse è la stessa cifra che viene incamerata dalle maggiori tasse che pagano i pensionati con pensioni che vanno da 600 a 1.000 o 1.200 euro, che sono ancora pensioni basse. Quindi, si tratta di una partita di giro, ma, a furia di essere presa in giro, la gente, se ne sta accorgendo.
Veniamo, poi, all'altra componente di spesa all'interno di questo decretone, che è il taglio del taglio della spesa. Avete deciso, cioè, di ridare ai ministeri due miliardi di euro.
Nel corso dell'esame della legge finanziaria per il 2007, il Governo, in particolare il Ministro Padoa Schioppa aveva affermato che si trattava di una manovra finanziaria di rigore: nei saldi vi erano 4,7 miliardi di taglio di spese dei ministeri.
Bene, dopo sei mesi gliene restituiamo il 50 per cento, due miliardi. E anche su questo punto vi sarebbe da discutere.
A ancora più discutibile è la modalità con cui restituite tali risorse. Il «taglio» è stato criticato perché è lineare, applicato nella misura del 13 per cento a tutti, in maniera indiscriminata. Nel restituire le risorse, intervenite invece con discrezionalità, tant'è che, casualmente, il Ministro Ferrero si ritrova tutta la sua quota riprendendosi tutti i circa 180 milioni di euro di «taglio» che gravavano sul suo Ministero. Non è un caso. Poi discuteremo su come li usi: abbiamo letto sulla stampa di quella idea, abbastanza balzana, di concedere 50 milioni di euro alle moschee, cosicché gli imam insegnino l'italiano e la Costituzione ai loro fedeli. No comment.
A chi, ancora, vengono restituite tutte le risorse? Al Ministro Mussi, giusto per fare un altro esempio. In pratica, le risorse vengono restituite, con discrezionalità, a chi detiene il potere di ricatto più alto, cioè alla sinistra estrema. È una situazione che viviamo quotidianamente: la sceneggiata di ieri del ministro Bonino - che forse si dimette: poi vedrà, adesso vedremo - sta a dimostrare esattamente questo, cioè che la maggioranza sta in piedi soltanto con il ricatto della sinistra estrema. Questa, a un certo punto, fa anche bene, visto che è sufficiente che alzi la voce e le concedono tutto: è logico che alzi sempre e sempre di più la posta, però è evidente che si tratta di una forzatura. Non si può parlare di Governo della maggioranza del Paese, quando a governare il Paese è, sì e no, il 20 per cento dell'elettorato.
Altra componente è quella degli investimenti: ad un certo punto ci si potrebbe anche trovare d'accordo, perché vengono concessi circa 2 miliardi di euro per gliPag. 26investimenti per le infrastrutture. Va bene, siamo d'accordo, attenzione però: come gruppo della Lega Nord abbiamo presentato un emendamento, di una tale banalità e semplicità che è veramente incredibile il fatto che sia stato respinto. L'emendamento in questione riprendeva, in pratica, il programma del Ministro Di Pietro, stabilendo che le nuove risorse per le infrastrutture dovessero essere assegnate con priorità alle opere in corso. Perché aprire nuovi cantieri, quando abbiamo cantieri aperti? Si tratta di un atteggiamento assolutamente logico e così bisogna agire per utilizzare bene i fondi pubblici. Ovviamente ci viene risposto negativamente, per due ordini di motivi: in primo luogo, ancora, per il ricatto della sinistra estrema e dei Verdi, che leggono - perché leggono sempre tutto con malizia - «opere in corso» e l'unica opera in corso a cui pensano è la TAV; pertanto, siccome bisogna bloccare la TAV, allora blocchiamo tutte le opere in corso nel Paese e facciamone di nuove - e questa è la seconda motivazione per cui è stato «bocciato» l'emendamento da noi proposto - perché nel realizzarle vi sono le «marchette», cioè le prebende distribuite a destra e a manca (o meglio: a manca e a manca, perché comunque le prebende vengono distribuite solo nel modo confacente alla maggioranza). Paradossalmente, sempre e solo sotto il Rubicone: abbiamo fior di opere, da noi, nel nord Italia, che languono, perché non vi sono le risorse. Allora apriamo nuovi cantieri, per fare le autostrade nel deserto! Va bene, tanto il nord ha già capito com'è la «solfa».
Mi avvio verso la conclusione ribadendo che in buona sostanza questa operazione è assolutamente irresponsabile, come abbiamo affermato prima. È irresponsabile perché aumenta di molto la spesa pubblica, quasi tutta di parte corrente: quando si aumenta la spesa corrente si compie un'operazione che non ha effetti sullo sviluppo del Paese, perché si tratta di risorse che, una volta spese, vengono perdute. Poca è la componente di investimento. Inoltre, per coprire tale spesa, si aumentano le tasse.
Qual è il problema? Lo ha evidenziato, in maniera molto semplice, il Governatore Draghi qualche giorno fa, ma noi lo evidenziamo tutti giorni: se in futuro il ciclo si arrestasse dove andremmo a reperire le risorse? Porto un esempio molto semplice: avete incrementato i contratti degli statali, ma cosa succederebbe se in futuro, per un motivo o per un altro, il ciclo si arrestasse? Lasciamo perdere ipotesi catastrofiche di nuovi attentati: immaginiamo semplicemente che il ciclo si arresti e la crescita non vi sia più.
Abbiamo aumentato la spesa pubblica, che ha raggiunto una quota superiore al 50 per cento del PIL: cose da pazzi! La pressione fiscale è ai massimi storici: essa si attesta al 42,8 per cento e tale dato si riferisce esclusivamente alle persone che pagano le tasse. Ciò vuol dire che, in realtà, se distribuiamo questo 42,8 per cento su tutta la popolazione (ricordiamoci che abbiamo 270 miliardi di evasione fiscale di cui si discute sempre), la metà della popolazione, il 50 per cento, lavora in nero. E se metà del Paese lavora in nero le tasse sono pagate da chi lavora regolarmente; quindi quel dato che si attesta al 42,8 per cento in realtà supera ampiamente il 50 per cento.
Il risultato è che da noi, al nord, le ditte prima di investire fanno due conti e vanno ad aprire attività in Slovenia, in Croazia, in Austria o in Svizzera. Sul nostro quotidiano la Padania, un giorno sì e un giorno no vi è la pubblicità di una società svizzera che invita le nostre aziende ad andare ad investire da loro, e questo è un problema!
Si continua a voler difendere i posti di lavoro, ma non è facendo diventare tutti impiegati statali che si tutelano i posti di lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Lo ripetiamo: quando gli impiegati statali pagano le tasse, lo fanno per finta, è una partita di giro! L'insegnante prende dallo Stato i soldi per pagare le sue tasse, ma lo Stato sta in piedi con le tasse pagate dal settore privato: se voi costringete il settore privato a chiudere, se fate scappare tutte le aziende e continuate ad aumentare la spesa pubblica,Pag. 27mi spiegate, ci spiegate dove andrete a reperire le risorse se in futuro il ciclo economico dovesse arrestarsi?
La vostra operazione, quindi, è irresponsabile e disorganica perché avete inserito in un decreto-legge tutto e il contrario di tutto. È logico che agiate così poiché tutte le volte che presentate un provvedimento al Senato rischiate «la pelle»; quindi, presentate pochi decreti-legge inserendovi dentro di tutto, compiendo anche un'operazione - diciamolo una volta per tutte - incostituzionale.
La nostra, sulla carta, è ancora una democrazia parlamentare: in teoria noi esercitiamo il mandato parlamentare, ma in pratica è da circa un anno che si legifera solo attraverso la decretazione di urgenza. Il Governo adotta un decreto-legge, ma in realtà non lo predispongono i Ministri, bensì le segreterie di partito, enti che sono al di fuori della politica. Ad esempio, sulle pensioni le segreterie dei partiti si accordano con i sindacati siglando un accordo raggiunto al di fuori dal Parlamento, che inseriranno in un decreto-legge che arriverà in Parlamento. Alla Camera dei deputati, poiché ci sono i numeri, se c'è tempo (purtroppo, adesso non ve n'è), si finge di discutere il provvedimento, ma se essa è in prima lettura al Senato viene posta la questione fiducia, quindi, viene ratificato quanto deciso dalle segreterie dei partiti.
Il risultato è che la democrazia da parlamentare si è trasformata nemmeno in una democrazia presidenziale, dove c'è un Premier che governa, ma in una democrazia oligarchica dove non governano neanche i Ministri, ma le segreterie di partito che assumono alcune decisioni e le inseriscono in un decreto-legge che arriva in Assemblea; in questa sede, per salvare la forma, facciamo finta di discuterlo, per poi votare la fiducia.
Volete andare a casa o volete stare ancora un po' seduti sulle poltrone? Restiamo seduti sulle poltrone che stiamo comodi! Stiamo ancora un po' seduti sulle poltrone, ma per poterci rimanere, distribuiamo un po' di quattrini nell'ottica della più vecchia politica, quella che per ottenere il consenso lo comprava!
È un'azione disperata che non porterà a nulla se non all'ennesimo peggioramento dei conti pubblici.
Intanto, al nord lo hanno capito: avete perso il consenso del nord e, purtroppo per voi, ma meglio per noi, lo avete perso per sempre (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Napoletano. Ne ha facoltà.
FRANCESCO NAPOLETANO. Signor Presidente, colleghi deputati, che l'opposizione debba muovere delle critiche legittime al provvedimento è cosa assai comprensibile vuoi per visioni diverse nell'ambito delle manovre economiche e finanziarie del Paese, vuoi per il gioco delle parti che spesso bisogna fare.
In realtà, non c'è critica che possa invalidare una considerazione del tutto evidente: come è stato ricordato, infatti, questo tipo di manovra, per così dire, estiva ha un carattere innovativo rispetto ad analoghi provvedimenti del passato, perché comunque dà e non solo toglie, come avveniva in precedenza. Possiamo dire tutto quello che vogliamo, ma si tratta di un dato insopprimibile. Può anche dare fastidio che tale manovra sia attuata da questo Governo e da questa maggioranza, può pure far balenare l'idea del Titanic, del baratro: sono state perfino evocate tali iperboli, tali paragoni del tutto insussistenti, peraltro da chi ci ha fatto veramente trovare il Paese nel baratro o sull'orlo dell'affondamento per una situazione azzerata rispetto alla fase di ripresa, con i conti pubblici sballati.
Siamo giunti ad una manovra finanziaria di tal genere proprio perché è cambiato il contesto economico e finanziario del Paese. Tutti gli indicatori economici volgono al miglioramento, quando non al bello. Abbiamo un incremento delle entrate tributarie, che consente di varare questo tipo di provvedimento, non solo perché è in atto una ripresa dell'economia,Pag. 28ma anche perché è stata posta in essere un'azione che in passato non era mai stata effettuata, volta a recuperare e a lottare contro l'evasione fiscale. Per questo motivo si è assistito ad un incremento delle entrate tributarie, rispetto alle previsioni iniziali pari a 7.403 milioni di euro per l'anno 2007, a 10.065 milioni di euro - si stima - per l'anno 2008 e a 10.721 milioni di euro per l'anno 2009. E non è ancora finita, perché la lotta all'evasione fiscale è appena agli inizi.
Certo si tratta di un aspetto del risanamento che è stato avviato da questo Governo e da questa maggioranza: lo sottolineo per ricordarlo anche a qualche ministro, che talvolta ha bisogno di riflettere meglio sulla composizione del Governo e sul contributo che ciascuna forza dà per raggiungere gli obiettivi.
Il mutato quadro economico-finanziario consente di attuare un'operazione sulla cui filosofia di fondo siamo assolutamente d'accordo: andare a ridistribuire risorse, soprattutto nei settori che sono stati compressi nella spesa. Infatti, con gli strumenti finanziari del 2007 sono state inserite regole piuttosto rigide, che hanno determinato una situazione di sofferenza negli enti locali e negli altri uffici dello Stato. Adesso questo si può fare; il decreto-legge in discussione sarà pure omnibus, avrà pure mille lacune, ma una disposizione ce lo farà sicuramente ricordare e lo farà ricordare a 3 milioni e 400 mila cittadini italiani: finalmente, dopo aver avviato il risanamento, si comincia a passare all'equità e si aumentano le pensioni per 3 milioni e 400 mila pensionati del nostro Paese. Certo, noi siamo tra coloro che avrebbero desiderato maggiore coraggio nell'incrementare la quota di «tesoretto», come viene chiamato, a favore dei pensionati, quindi dei ceti meno abbienti, perché parliamo delle pensioni più basse. Comunque, viene attuato un importante intervento al di là delle chiacchiere di coloro che non lo dicono o non lo evidenziano, o vanno a leggere Il Sole 24 ore o il «sole delle 12 ore» o Italia Oggi e il «paese di domani».
La verità è questa: 3 milioni e 400 mila pensionati troveranno nelle loro tasche degli euro in più. È un dato che mi sembra assolutamente importante. Accadrà già in questo scorcio di 2007, quando tutti insieme percepiranno un acconto cospicuo, e nel gennaio 2008 si andrà oltre. Tale misura era già prevista nella legge finanziaria.
Il comma 4 dell'articolo 1 già prevedeva che, se fossero pervenuti degli introiti maggiori, una parte di questi, dopo avere effettuato il risanamento, sarebbe stata destinata all'equità. Non c'è nulla, quindi, di straordinario. Si tratta di una pianificazione, che è stata effettuata dal Governo con precise scelte di maggioranza, che hanno composto e mediato le richieste, rispetto alle aspettative, così come accade in ogni coalizione. Alla fine, si è raggiunto un risultato importante.
Non si parla, tuttavia, soltanto dei pensionati. Una parte di quei 1.500 milioni di euro che vengono destinati all'equità - come dicevo - andrà anche ad incentivare la regolarizzazione e il riscatto a fini contributivi e previdenziali del corso legale di laurea. Si è parlato tanto di giovani e di prestare attenzione al Fondo che ne incentiva l'accesso al credito, in modo che essi abbiano la possibilità di affrancare altri quattro anni di contributi. E quanto ciò sia importante, solo ciò il cielo lo sa, quando i giovani tardano ad essere immessi nel mondo del lavoro e quando dal precedente Governo hanno ereditato un futuro di marginalizzazione e di precariato!
Oggi vi è una sensibilizzazione al riguardo anche da parte di colleghi che stimiamo per la serietà e per la pacatezza, ma che, tuttavia, appartengono all'altro schieramento politico. Essi oggi piangono lacrime di coccodrillo sui precari. Si dice che non avremmo dovuto distribuire il «tesoretto», ma darlo ai precari! Voi avete approvato la cosiddetta legge Maroni sui precari e oggi venite ad imprecare su questo, quando avreste potuto farlo voi! Sapete bene come la lotta al precariato siaPag. 29in cima alle battaglie dei Comunisti Italiani, che mi onoro di rappresentare in questo momento.
Anche sul versante dei comuni e degli enti locali è previsto un intervento importante, in relazione soprattutto all'assestamento di bilancio e all'utilizzo delle sue quote, non rilevanti sul piano del Patto di stabilità. Sapevamo con quanto rigore si fosse arrivati a limitare, a «strozzare» i comuni sotto questo punto di vista.
Già a partire dalla proposta era stato stabilito un limite percentuale sull'utilizzo per investimenti del fondo in discussione, cioè dell'avanzo di amministrazione. L'egregio lavoro svolto nella Commissione bilancio ha fatto sì che la proposta iniziale fosse largamente migliorata. Gli enti locali virtuosi - cioè quelli che nel triennio 2003-2005 hanno presentato dei saldi positivi di cassa e che, quindi, hanno rispettato il Patto di stabilità - potranno infatti beneficiare, per quanto riguarda le province, non di una quota del 7,6 per cento, ma del 17 per cento, mentre per quanto riguarda i comuni virtuosi, non di una quota del 7 per cento, ma del 18,9 per cento.
Un'altra importante novità che viene proposta all'Assemblea consiste nel fatto che i comuni da cinquemila a centomila abitanti possono beneficiare di tali quote (più che raddoppiate!) previste per l'utilizzo dell'avanzo di amministrazione, mentre soltanto il 7 per cento viene destinato ai comuni virtuosi superiori ai centomila abitanti. Si è voluto, cioè, evitare che «il rosso dell'uovo» fosse destinato soltanto alle metropoli - si trattasse anche della metropoli capitale! - e che, invece, la stragrande maggioranza dei comuni fosse tagliata fuori da risorse importanti.
È necessario compiere un salto di qualità, perché non è giusto che un comune virtuoso, che possieda cospicui avanzi di amministrazione, si veda privato del suo «tesoretto», necessario per pagare i suoi debiti pregressi e per effettuare investimenti, come le proprie disponibilità economiche gli permettono. Ci troviamo in una situazione assurda in cui i comuni virtuosi, che possiedono rilevanti disponibilità finanziarie per investimenti, non possano utilizzarle. Questo è veramente incredibile!
Inoltre, da parte della Commissione bilancio - o meglio di una parte trasversale di componenti di maggioranza di tale Commissione - vi sono state ulteriori proposte di modifica proprio in relazione ai comuni.
Vi è anche quest'altro aspetto: paradossalmente, un comune che riesca ad ottenere un maggior gettito dell'ICI dovrebbe subire una proporzionale decurtazione della quota dei trasferimenti statali prevista dalle leggi finanziarie o dai provvedimenti in materia fiscale del nostro Paese. È una previsione assolutamente ingiusta, è il colmo! Un comune che riesca ad ottenere maggiori entrate, è come se debba addirittura restituirle allo Stato. Ciò non è possibile se non in un momento particolare, eccezionale, straordinario o perché è stato rilevato un buco nei conti, per cui anche gli enti locali hanno dovuto svolgere la propria parte, quegli stessi enti locali ai quali, cari colleghi, bisognerà cominciare a chiedere conto delle consulenze miliardarie.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 11,40)
FRANCESCO NAPOLETANO. Altro che costi della politica nel Parlamento, alla Camera e al Senato! Verifichiamo quali siano gli sprechi degli enti locali! Prendiamo in considerazione tutte le ipotesi: quella «calda» e quella «fredda», il taglio e la circostanza che, se un comune deve far ricorso ad un'anticipazione di cassa a causa del ritardo o della diminuzione di trasferimenti dovuta ad un conteggio non esatto degli introiti dell'ICI, lo Stato, mediante il provvedimento in discussione, vuole giustamente farsi carico degli interessi passivi di tali anticipazioni.
Tuttavia, non è giusto che un comune debba fare ciò entro quattro mesi, perché dopo quattro mesi e un giorno perderebbe tale beneficio. Perché quattro mesi anziché un periodo più ampio? Si tratta purPag. 30sempre di una pubblica amministrazione, di un'istituzione.
Allora, se è vero che crediamo nel regime delle autonomie, cerchiamo di «strozzare» in misura minore gli enti locali quando si tratta dell'utilizzo di risorse, interveniamo per una razionalizzazione ed una riqualificazione della spesa, senza tuttavia togliere risorse; ciò, infatti, bloccherebbe i comuni, i quali costituiscono il primo centro istituzionale di riferimento dei cittadini.
Si tratta di un argomento che sarà sottoposto all'attenzione del Parlamento anche nel momento in cui si renderà conto delle proposte della Commissione bilancio, la quale ha svolto un lavoro egregio. Io stesso vorrei ringraziare il relatore non soltanto per la scrupolosità con cui ha adempiuto al suo mandato politico, ma anche per l'attenzione dimostrata in relazione alle proposte avanzate dall'opposizione, perché spesso in Commissione vengono espresse posizioni diverse rispetto a quelle portate in Assemblea e si tiene una diversa condotta.
Tuttavia, se è vero che molti esponenti dell'opposizione hanno riconosciuto che, più che in altre circostanze, il dibattito svolto in Commissione è stato molto costruttivo, ciò è merito di chi lo ha condotto (il relatore) e di chi ha presieduto i lavori (il presidente). Poiché a volte sento bistrattare la Commissione bilancio, vorrei farne gli onori, in quanto si è sobbarcata un grande lavoro.
Il provvedimento in discussione sarà un decreto-legge omnibus. Ebbene, la manovra finanziaria non sostituisce il DPEF o la legge finanziaria, ma rappresenta una correzione di rotta mentre l'auto è in corsa. Da un lato, ci scandalizziamo che la legge finanziaria abbia previsto alcune poste nelle sue tabelle e allegati, dall'altro e deploriamo il fatto che, essendovi maggiori risorse, esse si utilizzino per rimpinguare molte di tali poste (certo, si tratta di una scelta politica), che non sono casuali bensì relative al funzionamento, non solo di ministeri, come è stato già evidenziato.
Si conferiscono maggiori risorse alla protezione civile, per gli aspetti viari a Messina, per l'emergenza rifiuti a Napoli e provate fastidio che le risorse vadano al sud; ma - scusate - anche noi siamo tra coloro i quali combattono le responsabilità di chi ha provocato l'emergenza rifiuti in Campania! Non ci sottraiamo, non indossiamo il bavaglio né ci tappiamo le orecchie o copriamo gli occhi. Sappiamo benissimo che vi sono responsabilità anche politiche, e quando vi sono queste responsabilità, noi guardiamo prima all'interesse dei cittadini e del paese e solo successivamente a coloro i quali si trovano nelle coalizioni o altrove. Questo interesse rappresenta ciò che ci preme innanzitutto.
Allora che facciamo? Esiste l'emergenza ma, siccome in passato non hanno risolto il problema e hanno dissipato le risorse, non diamo loro più neanche un euro? Non aiutiamo questa nostra regione così popolosa a venirne fuori? È importante che vi sia questa presa di coscienza da parte dell'intero Paese.
Aggiungiamo poi anche i fondi per le università. Durante la discussione della legge finanziaria abbiamo fatto polemiche quando sono stati sottratti fondi all'università e - aggiungerei - alla ricerca. Adesso prevediamo 10 milioni di euro per l'edilizia universitaria e altri 5 per il funzionamento ordinario dell'università. Quello in esame sarà pure un decreto-legge omnibus, ma sapete quanti progetti e quanti accordi di programma sottoscritti con le università avranno la possibilità di essere attuati e portati a compimento?
Sono soltanto alcuni esempi. Non vi piace l'assegno per il bebè? Su tale questione e sulla famiglia, però, sembra che si commuovano e si inteneriscano tutti, ma, quando bisogna tirare fuori i soldi, si parla di decreto omnibus: bisogna pur compiere delle scelte in questo senso!
Abbiamo già parlato del giovani, che avranno la possibilità di accedere al credito con maggiore facilità e di ricevere le garanzie richieste dagli istituti di credito. Con il provvedimento in esame abbiamo distribuito soldi anche alle ferrovie, alle poste e all'ANAS, per interventi che hanno creato degli investimenti o, comunque, degli impegni che sono stati svolti conPag. 31maggiori oneri per contratti sottoscritti con gli enti di vigilanza. Si tratta di 250 milioni di euro, ma sono importanti!
Certo, duole dare 426 milioni di euro all'ANAS per coprire la perdita di esercizio del 2006: in questo caso vorremmo capire meglio la situazione, perché è evidente che non possiamo chiudere l'ANAS o mandarla in fallimento, come probabilmente avverrà per l'Alitalia. Vedremo cosa succederà.
Occorre sì ripianare i debiti, ma non ci si deve limitare a elargire denaro, come è accaduto per il decreto-legge che ha coperto il disavanzo sanitario. Si è smarrito il principio che lo Stato non elargisce denaro senza ragioni: concede fondi, ma chiede di renderne conto.
Concediamo soldi all'ANAS, perché di tale istituto abbiamo necessità, ma chiediamo conto di come si spendono, perché 426 milioni di euro di perdite solo per l'anno 2006 necessitano di una spiegazione.
Poi c'è la questione delle missioni internazionali: facciamo parte di un Governo di coalizione e molte di queste missioni internazionali le abbiamo votate con la fiducia, per spirito di solidarietà, ma abbiamo un'altra visione della presenza italiana in alcuni scacchieri internazionali: a nostro modo di vedere, una cosa è il Libano, altro è l'Afghanistan. Però è previsto un potenziamento consistente per tutte le missioni internazionali: 26,8 o 26,6 milioni di euro sono una bella somma! Mi conforta, però, sapere che sono risorse che non serviranno per l'acquisto di materiale bellico tout court, almeno non quelle contenute nel provvedimento in esame, perché concediamo alle forze libanesi una serie di finanziamenti destinati alle autoambulanze, ad accordi viari e ad interventi logistici, non all'acquisto di armamenti. Ciò viene detto in maniera esplicita.
È chiaro che sulle missioni internazionali non si discute ogni sei mesi, ma una volta l'anno, dopo di che le dimentichiamo, quasi che il problema non esistesse. Siccome sono scenari delicati, abbiamo necessità di comprenderli sempre meglio e, soprattutto, di vedere l'esito delle iniziative di pace che l'Italia ha sempre espletato, promuovendo anche questa famigerata conferenza di pace. Quando votiamo, vogliamo sapere che quel voto servirà: sarà pure una goccia o un mattone che servirà a costruire ponti e non muri, ma vogliamo sapere se tali missioni si supereranno o no, visto che anche gli americani caccerebbero Bush a calci nel sedere perché ancora non va via dall'Iraq.
Questo provvedimento - mi avvio alla conclusione - contiene anche altri finanziamenti importanti: possono anche essere minimali, ma si tratta di 180 milioni di euro per le supplenze brevi nelle scuole. Scusate se è poco riuscire finalmente a finanziare attività, che vanno al di là del budget a disposizione di ciascuna autonomia scolastica.
Soprattutto, lasciatemi chiudere l'esame di questo decreto-legge con l'articolo 15. Finora ci siamo occupati soprattutto di agricoltura, come settore economico primario del Paese. E la pesca? È la cugina povera dell'agricoltura? Con le esigenze ambientali da un lato e quelle contributive e assistenziali dall'altro, derivate dal fermo biologico, i marittimi imbarcati venivano esclusi dalle provvidenze di Stato, che andavano soprattutto, ovviamente, alle imbarcazioni e agli armatori, che avrebbero dovuto essere buoni e bravi e dare qualcosa anche gli altri.
Adesso si prevede esplicitamente che questo contributo vada non soltanto all'ammodernamento e al potenziamento delle flotte di pescherecci, ma anche a ristorare quei lavoratori che rimangono fermi a casa, al minimo di stipendio, quando lo prendono: sappiamo, infatti, come i rapporti di lavoro sui pescherecci siano un po' diversi rispetto agli altri. Erano veramente periodi bui per i lavoratori della pesca! Si tratta di interventi, fra l'altro, chiesti anche dai sindacati di categoria, da più anni. Questa richiesta di aiuto, questo SOS che è stato lanciato viene raccolto.
Mi sembra importante anche la previsione di 3 milioni in più per il piano triennale della pesca: non ci si limita aPag. 32dare contributi, ma si stimola una programmazione e un investimento in questo settore, ancora importante per l'economia del Paese.
Non è certo la panacea di tutti i mali, ma intanto è una boccata d'ossigeno per pensionati, comuni, università e per tutte le altre categorie e gli uffici dello Stato che potranno beneficiare di questi incrementi. Ripeto che non è la sostituzione della politica economico-finanziaria più in generale, di cui ci occuperemo con gli strumenti adatti, ma è un primo intervento, che deve essere certo coordinato e collegato rispetto ai provvedimenti più generali, su cui ci possiamo anche dividere. Per favore, smettiamo però di dire che siamo sul Titanic, che stiamo suonando mentre la barca affonda. Cosa affonda? La barca affonda perché l'Europa nella persona di Almunia ha qualche perplessità? Perché il Fondo monetario è preoccupato? Anche l'anno scorso il Fondo monetario era preoccupato e abbiamo risanato alla grande i conti pubblici. È chiaro che questo percorso deve proseguire e non possiamo completamente cambiare direzione, prima risanando e poi reindebitandoci. Questo succede con i Governi: arriva il centrosinistra e risana le finanze, poi arriva il centrodestra che spende tutto, ma prende i voti e i consensi per il malumore della gente e così via.
Dovremmo cercare di spezzare, se possibile, questa spirale. Se riuscissimo insieme, al di là dei ruoli e delle divisioni di parte, pur comprensibili, a pensare al bene del Paese, credo che i cittadini ci ringrazierebbero, perché si determinerebbe il vero riavvicinamento del Paese alla politica: al di là delle differenze, delle coalizioni e dei colori, tutti quanti ci dobbiamo sforzare sul serio, non a parole, a guardare prima all'interesse del Paese e poi a quelli, pur legittimi, di parte.
Concludo questo mio intervento auspicando che i prossimi documenti finanziari raccolgano, più di ieri, il lamento e le esigenze del popolo italiano e della gente tutta, di chi lavora e di chi vorrebbe lavorare. Perciò, dopo l'emergenza del risanamento, dobbiamo dare loro risposte ancora più concrete, che significano creazione di lavoro. Questo è il patto tra le nuove generazioni e le vecchie, non quello che prevede di dare meno soldi agli anziani per dare una pensione di fame ai nostri figli. Questo viene chiamato «patto tra le generazioni»! Il patto fra generazioni consiste nel creare lavoro, perché quando si lavora si pagano i contributi e si mandano in attivo anche gli istituti previdenziali. Questi ultimi però, non a caso - ciò non si dice - vengono sovraccaricati anche delle provvidenze della cassa integrazione, della mobilità e quant'altro che non c'entra nulla con la previdenza, anche se è ovvio che lo Stato, in altre poste, dovrebbe farsi carico di questi problemi.
La prossima legge finanziaria, quindi, deve proseguire il risanamento avviato, ma deve curarsi maggiormente di riqualificare la spesa, di limitare di più coloro che sperperano e devono ancora «darsi una regolata» e deve guardare al Paese facendo crescere il PIL, perché deve aumentare il lavoro: questo è ciò che ci sentiamo di dire, questo è il primo punto della lista delle nostre priorità. Vogliamo guardare ai ceti più deboli e farci carico dei ceti produttivi nell'ambito del programma dell'Unione, ma vogliamo soprattutto dare realmente un futuro alle giovani generazioni (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, sono sconvolto perché ho sentito l'intervento del collega Napoletano. A parte la simpatia che mi ricordava quella di Antonio Albanese: «Chiù tesoretto pe' tutti», per parafrasare una nota frase di Albanese, tale intervento mi ha sconvolto perché, da una parte, ci sono appelli alla responsabilità e alla verità e, dall'altra parte, c'è una visione dell'intervento legislativo in esame che è totalmente lontana dalla realtà.
Da ultimo, il collega ci ha detto che dovremmo spogliarci delle nostre apparPag. 33tenenze politiche e cercare di tracciare un'analisi razionale della situazione del Paese, che qualcuno ha detto essere il Titanic che affonda, mentre secondo lui è una lussuosa nave da crociera.
Cercherò di essere obiettivo; egli non si ricorderà, lo ricorderanno meglio i colleghi dell'opposizione che erano presenti, ma cercavo di essere obiettivo anche quando ero membro della maggioranza. Ritengo che questa manovra sia una delle più irresponsabili che un Governo abbia varato negli ultimi dieci anni. Per quale motivo? Perché è una manovra che distribuisce risorse che non esistono, sapendo che non esistono. È una manovra che aumenta la spesa pubblica del prossimo anno, sapendo che nel prossimo anno - cito soltanto due dati: il debito della sanità delle regioni e l'extradebito delle regioni - avremo probabilmente 20 miliardi soltanto in più di spese per lo Stato riferite ai disavanzi sanitari delle regioni: 7 miliardi sono quelli del 2006 e 13 quelli che si prevedono per il 2007. Questi dati non li conosce solo qualcuno di nascosto: li conoscono il Ministero dell'economia, i colleghi della Commissione bilancio e chiunque altro si occupi minimamente di tenere sotto controllo i conti dello Stato.
Eppure si decide di fare una manovra da 7 miliardi di euro. Perché? La domanda è questa: perché? Da una parte, penso che ci sia la necessità del Governo di tenere buona - lo dicono tutti i giornali e lo afferma Emma Bonino, per altri motivi oggi sui giornali - la sinistra estrema e darle, quindi, un osso. Ma quali sono le motivazioni delle forze più moderate della maggioranza? Ho l'impressione - l'ho detto in Commissione, lo ripeto in aula - che l'unica motivazione logica, sottosegretario Lettieri, sia l'avvelenamento dei pozzi: si pensa di abbandonare la città e si avvelenano i pozzi.
Si mette, quindi, nelle condizioni il bilancio dello Stato di produrre per il prossimo anno - lo dico perché rimanga nei resoconti della Camera - un rapporto tra deficit e PIL del 3,5 o 3,6 per cento: è scritto adesso, lo scrivete adesso.
Il problema, anche se è andato via il collega Napoletano, che mi ha preceduto: sarà andato al Bagaglino...
LINO DUILIO. Al Bagaglino?
GUIDO CROSETTO. Sì, è un altro posto in cui si parla allo stesso modo.
Il problema è un altro: capire che adesso nasce il deficit del prossimo anno. Nasce con questo decreto-legge, che ci porterà a quelle cifre.
Non è la simpatia o meno che suscita il Governo italiano in Almunia: il problema è un altro, molto più serio. Il problema è che probabilmente a settembre la Banca centrale europea rivedrà al rialzo i tassi di interesse, imputando al deficit e ai conti italiani la responsabilità: anche questo verificheremo tra due mesi. Ciò produrrà un altro aumento di un miliardo-un miliardo e mezzo di euro di interessi nel prossimo anno da aggiungere a quello che prevediamo e che tutti già conosciamo adesso e indebolirà sempre di più il nostro Paese.
Il Governo, qualunque esso sia, sarà costretto, per rispondere, ad aumentare la pressione fiscale: sapete infatti benissimo tutti che, dei 700 miliardi che Padoa Schioppa indica come spesa dello Stato su cui si possono operare i tagli, in realtà 240 servono per le pensioni, e non si possono tagliare, 180 per i dipendenti statali, e non si possono tagliare, 80 per gli interessi passivi, e non si possono tagliare. È dunque possibile incidere solo su 100-120 miliardi; e provate ad operare, su 100-120 miliardi di spesa pubblica, tagli per un valore che va dai 30 ai 40 miliardi! Sarebbe impossibile per qualsiasi Governo o meglio, per qualsiasi Governo in questo Paese, perché probabilmente sarebbe possibile per Margaret Thatcher.
Stiamo costruendo le condizioni per un aumento della fiscalità nel prossimo anno. Ciò può anche essere condiviso da qualcuno, poiché probabilmente il collega dei Comunisti Italiani che ha parlato prima di me ritiene che vi possa essere in questo Paese un aumento della fiscalità. Vi è un problema: lo afferma sempre il GovernatorePag. 34della Banca d'Italia, ma lo affermate anche voi nei vostri dibattiti. Ognuno di voi, dal presidente Duilio al collega Ventura, quando parla nei propri territori dichiara che la pressione fiscale è inaccettabile. Il problema è che ci stiamo mettendo nella condizione di doverla aumentare di almeno 1,5-2 punti percentuali complessivamente, perché il richiamo dell'Europa ci obbligherà a farlo il prossimo anno. Quale sarà la conseguenza? È questo che vorrei far capire alla sinistra estrema, ma dovrebbe farglielo capire Prodi, non io: una fiscalità che aumenta in questa maniera obbligherà - lo diceva poco fa il collega della Lega Nord - decine, centinaia, migliaia di imprenditori a cercare un altro posto.
Quando, sei anni fa, iniziai la mia attività parlamentare, avevo in questo Paese il doppio dei dipendenti che ho oggi: probabilmente, alla fine di questa legislatura ne avrò un decimo. Forse perché ce l'ho con gli italiani? Forse perché li considero lavoratori peggiori? No: per sopravvivenza, poiché un imprenditore, prima di chiudere un'azienda che ha magari 20, 30 o 100 anni, cerca di farla sopravvivere: infatti, al di là delle strane visioni che se ne hanno, l'obiettivo principale di un imprenditore è la sopravvivenza della sua azienda, non è il guadagno personale. Vi sono centinaia di imprenditori che per sopravvivere si trasferiscono in Tunisia, in Turchia, in Romania o in Cina. Eppure, noi poniamo in essere condizioni che obbligheranno sempre più proprio le persone che costruiscono la vera ricchezza del Paese ad andarsene. Quando finirà questo circolo vizioso? Quale ne sarà il punto di arrivo?
Noi, da parte nostra, contribuiamo ad alimentare questo circolo vizioso pensando che il controllo della spesa pubblica e dei conti pubblici sia un obiettivo che possiamo rimandare. D'altronde, questo è un problema che, nel nostro Paese, non ci si è posti per cinquant'anni. Ognuno di noi, quando esamina un emendamento, pensa «Beh, che sarà, ancora per questa legislatura...». No, adesso è il momento! Forse siamo stati sfortunati anagraficamente, ma è questo il momento. Sono questi gli anni in cui il nostro Paese deve decidere da che parte far pendere la bilancia; sono questi gli anni in cui la crescita economica, che prima si era fermata, è ripresa, anche se in modo lento; sono questi gli anni in cui l'Europa ci fornisce una giustificazione esterna per operare sul debito; sono questi gli anni in cui stanno avvenendo grandi trasformazioni e il mondo, che era piccolo e costituito da sette o otto nazioni fino a quindici anni fa, è oggi divenuto un luogo in cui noi siamo piccoli. Viviamo in un mondo in cui, in un Paese strano che si chiama Cina, vi sono cento città che sono più grandi di Milano e delle quali nessuno di noi conosce un nome, salvo che per le due principali. Viviamo in un mondo in cui, sempre nello stesso Paese, ogni anno vengono sfornati la metà degli ingegneri che esistono nel nostro Paese.
È questo il momento in cui viviamo e le discussioni per affrontarlo muovono proprio da provvedimenti come questo.
Il problema non è il rapporto tra maggioranza e opposizione: il problema è fare interventi che possano essere utili al Paese. Certo, categoria per categoria e intervento per intervento, qualunque intervento di spesa favorisce qualcuno! Lo sappiamo tutti: potevamo spendere questi 7 miliardi di euro per i medici, gli insegnanti, gli industriali, gli artigiani e avremmo reso contento qualcuno. Come probabilmente sarebbe contento chi di noi si recasse in ospedale, pensando di doversi sottoporre ad una operazione grave e difficile, e il medico gli comunicasse di rimandarla. Ma è l'irresponsabilità del medico che non può essere perdonata!
È chiaro che incidere e spiegare al nostro Paese quale è la reale situazione fa male, ma bisognava certamente dire: «Ci siamo sbagliati, non c'è nessun tesoretto». Se io, con un miliardo di debiti in banca, andassi a casa e dicessi a mia moglie di aver vinto cento euro al gratta e vinci invitandola a festeggiare, mia moglie mi prenderebbe per scemo, ricordandomi il miliardo di debiti in banca. Invece, noi interpretiamo la situazione per cui avremmo trovato un «tesoretto», senzaPag. 35considerare il debito che abbiamo ed i problemi che avremo tra uno, due o sei mesi: intanto facciamo festa!
Come ho già sostenuto in Commissione, è come se un vostro amico imprenditore, al posto di cambiare il macchinario, di comprare il camion e di investire nel capannone, decidesse: «Ho questi soldi, c'è una concorrenza difficile, allora faccio tre giorni di festa con i dipendenti!». Abbiamo allestito un altro banchetto, anche se non voglio attribuirgli una valenza politica: probabilmente ne abbiamo allestiti anche noi e, probabilmente, ne allestiremo domani, ma non si affrontano i problemi del Paese in questo modo.
Il decreto-legge al nostro esame è una vergogna, non tanto per come vengono investite le somme, quanto per il fatto che un Governo serio non doveva neanche spenderle, ma aveva l'obbligo morale di prendere atto che tali risorse non esistono e che il deficit del prossimo anno probabilmente ci porterà fuori dall'Europa, costringendoci - lo voglio dire ora - a pesantissime manovre di interventi fiscali.
È per tali ragioni che critico l'attuale maggioranza, pur capendo perfettamente che la sopravvivenza vada al di là degli interessi del Paese; come, come la sopravvivenza di una maggioranza - che è anche la sopravvivenza fisica di ognuno di voi e di ognuno di noi - vada al di là degli interessi del Paese. Bisogna «pagare» il voto di Rifondazione Comunista, dei Comunisti Italiani e dei Verdi. Dico ciò perché, quando eravamo maggioranza, anche noi abbiamo pagato prezzi politici: non è una novità, non sto dicendo che noi eravamo bravi e voi siete cattivi. Sto solo dicendo che noi non abbiamo mai compiuto atti che, come questo, andassero contro i cittadini.
L'ultima legge finanziaria del ministro Tremonti ha consentito a voi di avere le condizioni economiche di pareggio di bilancio, addirittura di avanzo, e del «tesoretto».
Si è trattato di una manovra antielettorale, mentre noi ci troviamo, dopo un anno, di fronte ad una manovra elettorale. Per tali motivi, l'unica logica che ravviso in questa manovra è l'intenzione di avvelenare i pozzi, perché state pensando di abbandonare la città il prossimo anno. Ho troppo rispetto, infatti, per l'intelligenza di molti di voi o di molti membri del Governo per pensare che voi non sappiate ciò che state facendo. La somma di decreto-legge, DPEF e spese, come quella sulla sanità, note a tutti, significa, per il prossimo anno, 40-45 miliardi di euro da reperire. È una situazione che conoscete già ora: i 21 miliardi indicati da Padoa Schioppa nel DPEF e i 20 che derivano dai conti sulla sanità assommano a 41, cui si aggiungono quelli previsti dal decreto-legge al nostro esame (ve ne sono 4 o 5 non coperti), per un totale di 45, da trovare il prossimo anno, e non tra sei-sette anni. Non potete pensare di lavarvene le mani! Tali fondi devono essere reperiti tra sei mesi, questo è il problema, anche perché voi non avete fatto un'operazione come quella posta in essere, ad esempio, dal mio presidente di regione. Mercedes Bresso ha contratto un debito, per la regione Piemonte, di un miliardo e 800 milioni di euro (3.600 miliardi delle vecchie lire) che pagherà nel modo seguente: 5 milioni di euro vengono rimborsati quest'anno, 5 il prossimo e poi, tra trentasei anni, è previsto il rimborso di rate da 200 milioni di euro. È stato contratto un debito ora, ma lo pagheranno i miei figli, anzi i miei nipoti: si tratta di una operazione vergognosa dal punto di vista delle istituzioni, ma comprensibile.
Voi, invece, sapete che quanto state stabilendo ora lo dovrete pagare tra sei mesi, chiedendo ai cittadini italiani di trovare 40-45 miliardi di euro. Considerato che l'unico modo con cui potrete reperire tali somme è la pressione fiscale, uniformerete le rendite finanziarie, cosa che sta a cuore a Rifondazione Comunista (come stava a cuore ad alcuni della maggioranza, quando noi governavamo).
L'intervento sulle rendite finanziarie potrà rendere 5 o 6 miliardi di euro. Ne mancano 35 (Commenti del deputato Ventura). No, onorevole Ventura! Vorrei che ci trovassimo a gennaio per vedere ... Spero di avere torto, la differenza è che ioPag. 36spero di avere torto. Tale intervento vale meno di 5 o 6 miliardi di euro nella formulazione da lei proposta, onorevole Ventura, e che qualcuno dei nostri può condividere, mentre nella versione di Rifondazione Comunista vale 5 o 6 miliardi di euro. Ma il «buco» rimarrebbe di 35 miliardi di euro.
In Commissione abbiamo provato, con emendamenti che abrogavano tutti gli articoli, a spiegare questi fatti. Non ci è stato possibile. La circostanza che più mi pesa è sapere - in conclusione - che la parte più numerosa della maggioranza condivide totalmente i miei ragionamenti. Ciò che più mi affligge è sapere che parlo e mi riferisco a concetti e inoltre svolgo riflessioni che la maggioranza di voi condivide e che non può smentire e che se potesse votare in coscienza applicherebbe, respingendo il decreto-legge in esame e restituendolo al mittente.
È un dramma ancora superiore, onorevole Ventura mi scusi se mi rivolgo a lei, la circostanza che il Parlamento sia cosciente della situazione. Probabilmente, nella libertà che la Costituzione ci attribuisce, il Parlamento stesso potrebbe ravvedersi e in tale evenienza il decreto-legge sarebbe respinto. In realtà, camminando su un crinale che non è l'interesse del cittadino ma è quello che si percorre nella dialettica tra maggioranza ed opposizione, per sorreggere un Governo bisogna approvare un provvedimento anche se non lo si condivide, e si converte in legge un decreto-legge di questo tipo. Questo è il problema e prima o poi dovremo affrontarlo. Approfittiamo di questo momento, perché prima o poi dovremo renderci conto che la maggioranza di noi, compresi i parlamentari che sostengono il Governo e il cui ruolo è più difficile, approvano provvedimenti che non condividono e che sanno essere dannosi per il nostro Paese.
Sarà necessaria la forza del Parlamento per ribellarsi ad una logica che ci costringe a difendere provvedimenti al fine di difendere il Governo. Siamo in questa sede per difendere i cittadini, non il Governo. Nessuno di voi è stato eletto per difendere Prodi ed io non ero stato eletto per difendere Berlusconi. Siamo in Parlamento per difendere, uno ad uno, i cittadini italiani. La salvaguardia della democrazia spetta a noi, singolarmente, e approvare provvedimenti come quello in esame, sapendo che produrranno effetti dannosi, non tra un mese ma fra sei mesi, sarà o dannoso probabilmente per i prossimi cinque anni. Le conseguenze di un provvedimento come questo e del DPEF, con la logica collegata, le pagheremo per i prossimi cinque anni. Ebbene, ciò non significa svolgere pienamente il ruolo che la Costituzione e la democrazia ci affidano. Mi limito a ciò, a questa riflessione, al di là degli schemi e delle casacche che ognuno di noi indossa, perché rimanga agli atti e perché l'unica circostanza positiva del lavoro che svolgiamo, allorché parliamo in quest'aula, è costituita dal fatto che non dovremmo affermare «l'avevo detto», ma basterà prendere un resoconto e leggere ciò che avevamo dichiarato.
Per questi motivi vorrei, signor sottosegretario, attribuire a lei - mi scusi se carico sulle sue spalle questa responsabilità - e alla maggioranza che la sostiene la responsabilità di ciò che intendo dire a proposito del prossimo anno: 40 miliardi di euro, o di «buco» o di nuove tasse. Tale è la scelta che con il provvedimento in esame e con il DPEF preparate per i cittadini italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zinzi. Ne ha facoltà.
DOMENICO ZINZI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo chiamati a discutere un provvedimento complesso, che comprende una lunga serie di interventi di spesa, senza alcun criterio organico e senza alcuna logica che guidi la necessità di effettuare tali spese. Il decreto-legge in discussione, infatti, mette insieme misure attinenti alle materie più disparate, dai fondi per le pensioni minime a quelli per le missioni di pace, a quelli per i giovani, alla correzione per le rendite dei terreni agricoli, alla proroga di smaltimento di rifiuti elettronici, ad una delega al Governo per i diritti marittimi.Pag. 37
Si tratta, per lo più, di misure di breve respiro, slegate l'una dall'altra e senza alcuna traccia di riforme strutturali, che sarebbero, invece, necessarie soprattutto per rimodulare il sistema degli ammortizzatori sociali. Vi sono, invece, solo misure una tantum, come quella finalizzata ad innalzare le pensioni minime, e una miriade di nuove spese. Dalla politica del rigore estremo, tesa a destinare tutto l'extragettito al ripianamento del deficit di bilancio, si è passati alla politica della «spesa allegra», cedendo alle pretese della sinistra estrema. La valutazione del provvedimento in esame deve, infatti, essere inserita nel contesto generale dell'andamento dei conti pubblici. In tale contesto si pongono diversi interrogativi. Primo fra tutti, ci si chiede se, effettivamente, siamo in condizione di spendere le risorse aggiuntive derivanti dall'extragettito fiscale piuttosto che utilizzarle per diminuire il debito, obiettivo primario imposto dagli impegni assunti con l'Unione europea. La risposta è decisamente no. L'Italia non può permettersi una ulteriore espansione della spesa. Ciò perché non vi sono dati certi e verificabili sulla strutturalità dell'andamento positivo delle entrate e quindi non sappiamo quanto derivi dalla crescita e dallo sviluppo e quanto sia dovuto alla lotta all'evasione fiscale. Non possiamo, quindi, prevedere se questi effetti saranno duraturi nel tempo e non siano, invece, di natura congiunturale. Ciò che ci chiediamo è: se l'andamento delle entrate è così tranquillizzante, perché rimandare l'attuazione del piano di rientro del debito e il conseguimento del pareggio di bilancio, obiettivo così importante per i Paesi della zona euro?
Il secondo interrogativo che l'UDC pone è se sia giusto spendere in questo momento. Anche in questo caso la risposta è che adottare provvedimenti di spesa, al di fuori del quadro complessivo delle entrate e delle uscite fornite dalla legge finanziaria è certamente poco responsabile, perché rischia di alterare tale quadro e di rendere necessari interventi correttivi.
Infine, sorge l'interrogativo se sia giusto spendere così. Anche su tale punto, noi dell'UDC contestiamo questo metodo, figlio della logica della spesa pubblica spinta dalle entrate fiscali. In questo modo si innesca un meccanismo perverso per cui tutte le entrate derivanti dalle tasse provocano l'espansione della spesa. Più si spende, più si è costretti ad alzare la pressione fiscale. In tale contesto, la spesa pubblica diventa una variabile indipendente dal livello del debito pubblico, essendo legata appunto solo alle entrate. Non riteniamo giusto spendere in questo modo, anche in considerazione di una legge finanziaria, come quella dello scorso anno, incentrata su un aumento delle spese finanziato con l'aumento delle entrate.
Il provvedimento in esame, in ultima analisi, rappresenta il fallimento della parte della legge finanziaria per il 2007 che prevedeva tagli di spese. Tutte le misure relative a tagli di spese e alla riorganizzazione della pubblica amministrazione sono rimaste inattuate. In particolare, l'articolo 7 del decreto-legge in esame è la certificazione del fallimento del taglio lineare previsto dal comma 507 della legge finanziaria per il 2007. Ciò testimonia il fatto che tale tipo di tagli indiscriminati sono il metodo sbagliato per contenere la spesa pubblica perché vanno nella direzione opposta rispetto alla necessità di razionalizzare e rendere efficiente la spesa, ovvero di tagliare laddove ciò è necessario, convogliando, invece, le risorse laddove effettivamente serve.
Ricordo che l'UDC, in occasione della discussione della scorsa legge finanziaria, sia in Commissione, sia in quest'aula, ha insistito per molto tempo sulla necessità di modificare il criterio di taglio delle spese come stabilito dal comma 507 della stessa legge. Oggi il Governo è costretto a riconoscere che tale critica era ampiamente fondata.
L'unico intervento che giudichiamo opportuno è quello relativo all'aumento delle pensioni minime, previsto dall'articolo 5, sul quale però il Governo dovrebbe intervenire, al fine di evitare che gli aumenti riguardino anche le pensioni minime inserite in un contesto di redditi familiariPag. 38ricchi. Ad esclusione di tale misura, doverosa nei confronti di molte persone anziane, cui è necessario assicurare una pensione che permetta loro una esistenza dignitosa, tutte le altre non corrispondono ad un disegno organico di riorganizzazione della spesa e contraddicono i criteri di responsabilità, di efficienza e di efficacia, continuando a seguire l'impostazione di una pubblica amministrazione considerata più come ammortizzatore sociale che come elemento di sviluppo economico.
Giudichiamo positivamente anche l'impegno, seppur parziale, del Governo diretto ad attenuare l'impatto degli studi di settore sul lavoro autonomo e sulle piccole e medie imprese, sollecitato non solo dalla giusta protesta delle categorie interessate, ma anche dai partiti di opposizione. Per quanto ci riguarda, abbiamo presentato un emendamento sulla questione.
In ragione di tutte queste considerazioni il gruppo dell'UDC ha adottato la scelta di presentare quasi tutti emendamenti soppressivi delle disposizioni contenute nel decreto-legge in esame, di cui si contesta sia il metodo sia il contenuto. Purtroppo, dobbiamo constatare che anche il DPEF è figlio di questa politica economica irresponsabile rispetto alla spesa e poco lungimirante rispetto agli obiettivi, poiché elenca una serie di interventi, anche molto ambiziosi, senza però prestare la dovuta attenzione alle risorse necessarie per attuarli. Temiamo che, proprio a seguito dell'espansione della spesa e del cattivo utilizzo delle risorse disponibili, saranno necessarie manovre correttive, nonostante le previsioni ottimistiche del Governo.
In conclusione, vorrei ribadire la posizione fortemente critica dell'UDC sul provvedimento in esame, espressione di una politica economica adottata da questo Governo che non sostiene la crescita, non incentiva lo sviluppo e non soddisfa le reali esigenze del Paese. (Applausi dei deputati del gruppo UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Germontani. Ne ha facoltà.
MARIA IDA GERMONTANI. Signor Presidente, signor sottosegretario, quelle che inizialmente erano definite disposizioni urgenti in materia finanziaria, con il decreto-legge n. 81 del 2007, risultano oggi all'esame di questa Assemblea come le nuove, frettolose e caotiche disposizioni di Governo in materia fiscale. È avvenuto che, dopo avere avviato l'iter legislativo del decreto-legge n. 81 del 2007, il Governo ha pensato bene di formulare un nuovo emendamento ed un articolo aggiuntivo, riprendendo in larga parte il contenuto dell'atto Senato 1485, in discussione presso l'Assemblea di Palazzo Madama. Le modifiche riguardano la disciplina in materia di ammortamento dei fabbricati, affinché le quote dell'ammortamento stesso siano proporzionalmente riferite al costo dell'area e del fabbricato. Altra modifica concerne la tenuta dell'elenco dei clienti e fornitori IVA e cioè l'esonero da tale obbligo dei soggetti in regime di contabilità. La novità assoluta è, tuttavia, rappresentata dall'articolo aggiuntivo 15.04, sollecitata anche dalla Commissione europea.
In conclusione, le innovazioni introdotte dal Governo al testo originario del disegno di legge per i molteplici settori economici e per le diverse categorie di contribuenti rappresentano ulteriori aggravi fiscali. Determinano, anzi, un profondo disorientamento per come gli stessi vengono decisi dal Governo, con una tecnica sempre persecutoria, che obbliga dottori commercialisti ad aggiornamenti quotidiani in una materia che non è soltanto fiscale, ma anche finanziaria.
Ha suscitato in questi giorni grande preoccupazione la nuova tassa sulle holding, al punto che il Ministero dell'economia ha dovuto emettere un apposito comunicato stampa in materia di IRAP e di holding, e ha smorzato la portata del provvedimento affermando che si estenderà solo ad alcune holding industriali iscritte all'articolo 113 del testo unico bancario. Si è appreso che le limitazioni della deducibilità degli interessi passivi perPag. 39le banche, e allo stesso modo per le società finanziarie - le cosiddette holding industriali -, dovrebbero rispondere all'esigenza di ottemperare all'orientamento espresso dalla Commissione europea in sede di esame della disciplina in materia di IRAP, a seguito della notifica delle norme sul cuneo fiscale introdotte dalla legge finanziaria per il 2007. In particolare, per quanto riguarda le holding industriali, la nuova regola tiene conto delle caratteristiche dell'attività finanziaria dalle stesse esercitata e della circostanza che tale attività è rivolta alle società del gruppo, le quali, a giudizio del Governo, assumono la veste di clientela. Ne consegue che gli effetti della norma per le holding industriali sono stati quantificati, complessivamente, in qualche milione di euro nella relazione tecnica allegata all'emendamento del Governo. Così il «tesoretto» viene speso dal Governo che finisce però, in sostanza, con il penalizzare la parte produttiva della società italiana e le sue residue capacità imprenditoriali, quotidianamente messe a dura prova.
In concreto, l'emendamento 15.56 e l'articolo aggiuntivo 15.04, entrambi del Governo, sono intervenuti sull'originario testo del decreto-legge n. 81 del 2007 come strumenti assolutamente estranei e in aperta violazione della prassi legislativa del Parlamento. Le modifiche introducono, infatti, previsioni e sostanziali correttivi alla legge finanziaria per il 2007 e dimostrano l'assoluta incapacità di perseguire una coerente politica tributaria del Governo Prodi, che procede faticosamente, fra contraddizioni laceranti e contrasti insanabili in seno alla stessa maggioranza. Quello al nostro esame oggi non è un provvedimento qualsiasi; il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81 è in realtà una nuova legge finanziaria, integrativa di quella già in vigore o, se si vuole, anticipatrice di quella del prossimo anno. Sottoscritto dal Presidente del Consiglio dei ministri e da altri dieci ministri, il provvedimento spazia in un vastissimo campo di intervento legislativo, e così, di fronte alle maggiori entrate tributarie dovute ad una pressione fiscale inaudita e mal sopportata da tutti i contribuenti italiani, dopo un'interminabile serie di contrasti in seno alla maggioranza, il Governo ha deciso di utilizzare l'extragettito intervenendo un po' qui, un po' là, con un provvedimento che, oltre ad essere un'anticipazione della legge finanziaria, è certamente una nuova legge omnibus, caotica e pasticciata. Basta scorrere i singoli articoli del decreto-legge per trovare un elenco dove vi è davvero di tutto e di più: l'integrazione di finanziamenti per le missioni militari all'estero; il recupero parziale dell'ICI, che andrebbe totalmente abolita; la ripartizione delle quote di finanziamento a province e comuni, che hanno già fatto sentire le loro proteste; le spese per gli enti pubblici e gli organismi non territoriali; gli investimenti per l'ANAS. In particolare, è istituito un apposito fondo per i trasferimenti correnti alle imprese con il quale si prevede l'assegnazione di 166 milioni 300 mila euro alle Ferrovie dello Stato, 41 milioni 700 mila alle Poste italiane Spa, 36 milioni all'ANAS e 6 milioni all'ENAV. Si prevedono, inoltre, disposizioni concernenti l'edilizia universitaria e l'istituto nazionale di studi e architettura navale.
Non è finita: le maggiori entrate fiscale registrate sono quantificate nel modo seguente: 7 miliardi 400 milioni di euro per il 2007, 10 miliardi per il 2008 e 10 miliardi 700 milioni per il 2009. A questo punto il Governo avrebbe potuto e dovuto destinare i maggiori introiti fiscali a ripianare il deficit per il quale, a livello europeo, non sono mancati richiami, ma ha preferito dedicarsi a ineludibili esigenze di carattere sociale. Così vengono definite e lo ripeto: ineludibili!
Così il Governo Prodi ha pensato bene di destinare 80 miliardi di euro per lo smaltimento dei rifiuti in Campania - finanziamento inatteso, ingiustificato e aggiuntivo ai tanti denari pubblici già spesi - e poi, con spirito demagogico e ipocrita, ha pensato bene di aumentare di pochi euro i livelli minimi di pensione.
Tuttavia, la solidarietà sociale del Governo di centrosinistra va ben oltre i pensionati, infatti non ha dimenticato le relazioni pubbliche. L'articolo 14, perPag. 40l'esattezza, stabilisce alcune variazioni compensative per spese sostenute per studi, incarichi di consulenza, convegni, pubblicità, acquisto e manutenzione di auto blu e per le immancabili pubbliche relazioni. La verità è che le maggiori entrate tributarie avrebbero dovuto essere destinate al ripianamento del deficit ma, in realtà - come ha sottolineato anche ieri il Governatore della Banca d'Italia -, il «tesoretto» non esiste e, quindi, non c'è «tesoretto» da distribuire: con un debito e un disavanzo come il nostro, non esiste un «tesoretto» da spendere. Queste risorse sarebbero dovute essere usate a riduzione del disavanzo e del debito, in quanto, con un ciclo economico meno favorevole di quello odierno, si correrà il rischio di dover effettuare correzioni, e comunque si sarebbe potuto ridurre la pressione fiscale anziché aumentare la spesa.
Se gli andamenti tendenziali della finanza pubblica, infatti, si stanno rilevando migliori rispetto allo scorso anno, ciò è dovuto al senso di responsabilità dei contribuenti italiani, i quali vengono penalizzati ulteriormente con questo decreto-legge, così come avvenuto con la legge finanziaria in vigore. È grave che di fronte alle maggiori entrate non sia stata premiata la grande parte produttiva del Paese a livelli imprenditoriali e di lavoro dipendente. Non si è voluto dare il minimo sollievo, neanche una boccata d'aria, ai contribuenti italiani. Il Governo ha tagliato il cuneo fiscale, ma solo per rimediare al pasticcio che limiterà per banche, assicurazioni e holding la possibilità di dedurre gli interessi passivi scegliendo di mettere sullo stesso piano il settore finanziario e i vertici dei gruppi industriali. Tra l'altro, le proposte emendative del Governo sono state inserite nel testo, ripeto, in modo surrettizio e in violazione delle norme regolamentari in materia. Tali proposte emendative, infatti, hanno mutato in modo sostanziale il carattere del provvedimento, il quale ormai assume un rilievo prevalentemente fiscale. Molte imprese multinazionali italiane si sono organizzate in forme di holding perché devono far fronte alla competizione internazionale mentre, salvo in alcuni casi, banche e assicurazioni si muovono sul mercato nazionale.
Quindi, ai gruppi industriali la possibilità di organizzarsi in holding senza svantaggi fiscali serve. Una nota del Viceministro Visco spiega, come abbiamo detto, che l'aggravio della non deducibilità per le società di controllo e di partecipazione viene quantificato complessivamente in qualche milione di euro. La verità è che, nel proporre l'estensione voluta dalla Commissione europea, il Governo ha dapprima scelto un decreto-legge, poi ha ripiegato su un emendamento e su un altro decreto-legge, intitolato all'impiego dell'extragettito. Sconti con altri sconti, cosicché tutto l'impianto del cuneo fiscale pareva trovare, dopo mesi di tormentata attesa, una fisionomia definitiva.
Purtroppo il gioco dei rimandi da una legge all'altra ha fatto sì che una disposizione pensata per un piccolo drappello di società capogruppo finisse per trascinare con sé più di ventimila holding, con un potenziale gettito ben superiore a quello pari a qualche milione di euro indicato dalla relazione governativa e con preoccupanti analogie con la disavventure capitata, appena un anno fa, alle società immobiliari, quando una prima versione del decreto Bersani-Visco rischiò di imporre al settore oneri fino a 30 miliardi e i titoli di quelle imprese persero in Borsa, in una giornata, anche il 12 per cento del valore.
L'Italia, dunque, si troverà nel 2008 con le aliquote più alte di Europa. Tuttavia, non è solo un problema di livello di aliquote, poiché in questo modo si spaventano gli investitori stranieri. Aumenta, infatti, il quadro di incertezza mentre le scelte di investimento vengono, al contrario, effettuate sulla base della certezza del quadro fiscale. In tali condizioni è molto difficile stimolare la ripresa economica: pensioni, costo del lavoro e pressione fiscale sono ostacoli insormontabili per l'espansione della nostra economia, per gli investimenti finanziari e per la competitività.Pag. 41
Un articolo comparso ieri su la Repubblica sintetizza bene la situazione in cui ci troviamo. La pressione fiscale è a livelli non più sopportabili ed è aumentata dal 40,6 al 42,3 per cento; per raggiungere il pareggio del bilancio nel 2011 la spesa primaria dovrebbe diminuire di tre punti percentuali di PIL a partire dal 2008, e cioè dello 0,5 per cento all'anno. Come ci si può riuscire se, nella media dell'ultimo decennio, la spesa è, invece, cresciuta del 2,3 per cento?
Il deficit tendenziale del 2007, inoltre, salirà al 2,9 e non al 2,2 per cento per cento del PIL, come afferma il Documento di programmazione economico-finanziaria. Se si considera che servirà una correzione dello 0,7 per cento, pari a 11 miliardi di euro, e che, per coprire le spese per le nuove iniziative già in programma, serviranno altri 10 miliardi, come si può scrivere il numero «zero» alla voce «manovra da realizzare per il 2008»? Come si fa a non intendere che, nel prossimo autunno, ci aspetta un'altra finanziaria «da incubo», grosso modo di 21 miliardi?
Forse, invece di illudere gli italiani, sarebbe meglio utilizzare l'extragettito - se c'è - in reali misure per far ripartire l'economia. Sappiamo benissimo che non è mai facile coniugare lo sviluppo con il consenso ma, per sopravvivere, il Governo Prodi non può andare avanti giorno per giorno, senza prospettive per le giovani generazioni e destinando l'Italia a un declino inesorabile.
La stessa ricerca del consenso pubblico non può avvenire soltanto facendo leva sulle clientele. Il Governo, però, è ormai prigioniero della sinistra estrema ed ormai irreversibilmente condizionato da un meccanismo persecutorio fiscale che ha reso irreversibile la sua stessa crisi: le condizioni ci sono tutte e, forse, questo decreto sarà l'ultimo atto legislativo del Presidente del Consiglio.
Per il Governo, in realtà, questi sembrano essere «gli ultimi giorni di Pompei»: le dimissioni del Ministro Bonino e i moniti provenienti quotidianamente dalle più autorevoli istituzioni economiche italiane ed internazionali rendono impossibile la permanenza in carica del Governo. Ormai un solo quesito rimane aperto: la data della crisi (Applausi dei deputati del gruppo Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il disegno di legge al nostro esame, insieme al documento programmatico contestualmente presentato, segna la definitiva trasformazione del Ministro Padoa Schioppa che, in pochissimo tempo, con evidente stupore e imbarazzo degli ambienti comunitari, si è trasformato da tecnico prestato alle istituzioni - un civil servant, come egli stesso ha più volte affermato - in un politico disinvolto e cinico, pronto a smentire se stesso e gli impegni assunti in Parlamento nei confronti dell'opinione pubblica e delle stesse autorità comunitarie (per non parlare del Fondo monetario internazionale, che lo stesso Ministro, nei mesi scorsi, aveva ritenuto di coinvolgere in una procedura assai discutibile, per una sorta di irrituale verifica dello stato della finanza pubblica).
È bene essere chiari ed evitare equivoci: il DPEF e il disegno di legge che stiamo esaminando si basano su una grande mistificazione secondo la quale, grazie all'opera del Governo, si sarebbero improvvisamente create le condizioni per una manovra di tipo espansivo, che si muove in direzione diametralmente opposta a quella correttiva realizzata con l'ultima finanziaria. Il Governo vorrebbe farci credere che, in poco tempo, grazie alla sua opera, gli scenari della finanza pubblica sarebbero significativamente mutati: si sarebbe passati da una condizione gravissima, al limite della bancarotta - quale sarebbe stata, a giudizio del Ministro Padoa Schioppa, quella ereditata dal precedente Esecutivo - ad una condizione tale da giustificare l'assurdo confronto, in corso all'interno della maggioranza e con il sindacato, per allentare i cordoni della spesa.
Ricordiamo tutti che il Ministro venne in Parlamento per affermare che la situazionePag. 42dei conti pubblici sarebbe stata addirittura più grave di quella del 1992. In particolare, il Ministro intervenne presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato il 14 giugno 2006 e non ebbe alcun timore nell'affermare che le condizioni in cui versava la finanza pubblica erano addirittura più gravi di quelle del 1992, l'anno definito dallo stesso Ministro come «il più drammatico dell'evoluzione dell'economia italiana e del suo rapporto con i conti pubblici».
In quell'anno, come noto, fu necessario porre in essere una manovra correttiva di ingentissime dimensioni, per ricondurre l'indebitamento della pubblica amministrazione entro dimensioni che oggi apparirebbero assolutamente inaccettabili.
Nella stessa circostanza, il Ministro riferì sugli esiti del lavoro svolto dalla Commissione Faini, che aveva effettuato una due diligence dalla quale si traeva la conclusione che il livello del disavanzo viaggiava verso il 4,1 per cento, con ulteriori elementi di precarietà, suscettibili di aggravare ulteriormente la situazione.
Ricordo a tutti noi, ma in primo luogo al Ministro, che l'opposizione e, in primis, l'ex Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, contestò duramente la verosimiglianza della ricostruzione della situazione e l'affidabilità delle valutazioni della Commissione Faini.
All'opposizione, infatti, sembrava che si trattasse di una drammatizzazione del tutto ingiustificata e dettata, per lo più, da ragioni politiche, senza reale fondamento scientifico.
In effetti, i dati resi noti pochissimi mesi dopo sull'andamento dei saldi di finanza pubblica non confermarono affatto le preoccupazioni del Ministro. In particolare, il gettito tributario evidenziò immediatamente un andamento assai più favorevole rispetto alle previsioni, pur in assenza di iniziative specifiche da parte del Governo Prodi. Ciò nonostante, però, il Governo ritenne, per non smentire le affermazioni che ne avevano contraddistinto l'esordio, di dover porre in essere, per l'anno in corso, una manovra correttiva di notevole entità, per un ammontare complessivo pari a circa 40 milioni di euro, di cui oltre 26 milioni costituiti da maggiori entrate.
Questa manovra, come abbiamo visto, non ha certamente contribuito a sostenere la ripresa economica italiana. Si è distinta, in particolare, la previsione di un accantonamento lineare sugli stanziamenti iscritti a bilancio, per un importo complessivamente pari a 4,5 miliardi di euro per l'anno in corso.
Gli effetti disastrosi di quella manovra sono immediatamente emersi. Si è vista un'ulteriore crescita della pressione fiscale, che è giunta a record europei, attestandosi ad un livello del 42,8 per cento del PIL, con una conseguente contrazione del reddito disponibile ed una conseguente riduzione del contributo alla crescita assicurato dalla domanda interna.
A proposito del ripristino dell'equità - perché mi ricordo che si giustificò tale manovra con la necessità di un ripristino dell'equità - inviterei i membri del Governo a fare un giro per l'Italia ed a trovare un solo italiano che possa dire di aver trovato ad oggi una situazione economica migliore in busta paga. Se ne trovano uno...
A ciò si è aggiunta l'insostenibilità degli accantonamenti disposti ai sensi del comma 507 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007. Si tratta, lo ricordiamo, del famoso originario articolo 53. Quel famoso articolo che vessava i ministri a mezzo di accantonamenti.
Quasi tutti i ministri avevano protestato verso tale disposizione, lamentando l'indisponibilità di risorse adeguate per far fronte ai propri compiti istituzionali.
Cosa è successo con il decreto-legge in discussione? Si sono disposti accantonamenti per un importo complessivo di circa 2 miliardi di euro. In pratica, si è dovuto prendere atto dell'inefficacia degli accantonamenti previsti dal citato comma 507 ai fini del contenimento della spesa. In pratica, si è restituito ai ministri parte di quanto era stato tagliato agli stessi nell'ottica del taglio della spesa e del rigore tanto proclamati.Pag. 43
Risulterebbe banale ricordare che l'opposizione, a suo tempo, aveva segnalato al Ministro che quella misura era impraticabile, perché si aggiungeva a tagli lineari già disposti dal Ministro Tremonti, che peraltro erano stati oggetto di fortissime critiche da parte dell'attuale maggioranza, all'epoca opposizione.
Tuttavia, è curioso che il Governo, per un verso, riconosce, sia pur tardivamente, di aver compiuto un errore e vi pone rimedio, relativamente all'anno in corso, mentre, per altro verso, nel DPEF non assume alcuna decisione coerente quanto agli esercizi successivi. Si tratta di una misura spot, temporanea.
Crediamo che la correttezza avrebbe voluto che si chiarisse come si intende sostituire gli accantonamenti, che dovrebbero assicurare risparmi complessivamente pari a oltre 5 miliardi di euro nel 2008 e a 4,9 miliardi di euro nel 2009.
In assenza di questi dati, infatti, risulta quanto meno azzardata l'affermazione secondo la quale il Governo conta di evitare l'adozione di ulteriori manovre correttive per il 2008.
Tale affermazione è palesemente infondata quando si consideri il fatto che agli accantonamenti di cui al comma 507 non si è accompagnato alcun reale intervento per il contenimento della spesa pubblica, che anzi nel 2006 - sono dati dell'Istat - è cresciuta, toccando il livello record del 5,5 per cento del PIL.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 12,45).
LAURA RAVETTO. In sostanza, il DPEF e le decisioni adottate dal Governo con il decreto-legge n. 81 del 2007 costituiscono un esempio, a nostro avviso, di schizofrenia. Da una parte, il Ministro Padoa Schioppa riesce ad avallare un ulteriore incremento della spesa - destinando una quota consistente delle maggiori entrate, quantificate nell'ordine di 7,4 miliardi di euro per l'anno in corso - e, quindi, si spende molto di più e, dall'altra parte, si ripropongono argomenti a cui, in verità, non crede più nessuno, come quello dei quattro comparti, della necessità di interventi significativi e strutturali di contenimento della spesa, dello spending review, del lavoro di ricognizione e verifica che il Governo intendeva affidare alla commissione tecnica per la finanza pubblica appositamente costituita. Diciamocelo: su quei quattro comparti non abbiamo visto alcun intervento; però abbiamo assistito ad una manovra fiscale pesantissima sui cittadini. Forse, ci siamo dimenticati che, se vi è tale extragettito, se vi è tale surplus - come ha affermato prima il collega del gruppo della Lega Nord Padania - questi sono soldi dei cittadini.
È come se io, possedendo una società, chiedessi agli azionisti una somma x per costruire un magazzino, e poi, registrando un introito e riuscendo ad incassare tale somma x più una somma y, non restituissi quella somma y agli azionisti, ma la spendessi per mettere le maniglie d'oro alle porte!
Ritengo che si impongano tasse sulla base di criteri oggettivi, per uno scopo: se si incassa di più rispetto allo scopo, si restituisce quanto è stato incassato. Nella specie, quindi, o si doveva destinare questo extragettito alla riduzione del debito - come hanno affermato anche i miei colleghi - o si doveva restituire ai cittadini stessi.
Insomma, vi è un po' la sensazione che, poiché vi è stato l'extragettito, si cambia la linea politica. Ritengo quanto meno inopportuno decidere che un extragettito diventi una spesa assolutamente discrezionale.
La contraddittorietà dei comportamenti del Ministro diventa ancora più clamorosa quando si consideri il tenore del confronto che il Governo sta conducendo, in vista di una riforma pensionistica che dovrebbe rimettere in discussione lo «scalone» e sacrificare qualche altro miliardo di euro per soddisfare le richieste di Rifondazione Comunista e della CGIL.
Non mi stupirei se, a conclusione della trattativa, vedremo il Ministro prestare ilPag. 44suo consenso ad una controriforma che smentirà clamorosamente l'affermazione che introduceva il DPEF presentato lo scorso anno e che individuava il comparto previdenziale - insieme con il pubblico impiego, la sanità e la finanza degli enti territoriali - come uno dei comparti su cui occorreva intervenire, in via prioritaria, per correggere le tendenze strutturali particolarmente pericolose.
Mi chiedo davvero come il Ministro possa oggi riproporre un DPEF, in cui sostanzialmente si ricalca quanto affermato un anno fa, senza avere effettuato alcun intervento di contenimento della spesa su tali comparti.
Un ulteriore - e non meno clamoroso - caso di incoerenza, riguarda gli impegni assunti dal Ministro con le autorità comunitarie. Il Ministro, nel corso dell'audizione del 14 giugno 2006, ebbe modo di ricordare che l'Italia si era assunta l'impegno di una serie di interventi correttivi che, tra l'altro, contemplavano l'obbligo di un aggiustamento strutturale da porre in essere ogni anno, successivamente al 2007, di 0,5 punti percentuali. Oggi tale impegno viene clamorosamente smentito. Ciò ha posto in serio imbarazzo le autorità comunitarie e anche gli stessi osservatori del Fondo monetario, che il Ministro Padoa Schioppa aveva ritenuto opportuno coinvolgere in quella revisione dei conti pubblici italiani, che non ha avuto precedenti nel nostro Paese, che conosciamo e di cui abbiamo detto.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 12,50).
LAURA RAVETTO. Però la cosa interessante è che il Ministro, per giustificare il suo disimpegno verso l'Europa, si è recato presso l'Ecofin, in sede europea, e ha affermato che agisce così anche la Francia. È vero, ma vi è un piccolo dettaglio: per quanto riguarda la Francia, il Presidente Sarkozy in sede Ecofin ha affermato che il pareggio del bilancio, con la riduzione del rapporto debito-PIL, lo rimanderà al 2010, forse al 2012, perché vuole ridurre le tasse ai cittadini francesi. Invece, il nostro Ministro si è recato in sede Ecofin affermando che anch'egli lo rimanderà, probabilmente al 2010, perché vuole spendere di più. Credo che vi sia una sostanziale differenza di approccio e di strategia.
Signor Ministro, al di là di tali considerazioni, sempre rimanendo in tema di disimpegno comunitario, vorrei riprendere tutta la tematica della riduzione del cuneo fiscale. Rammento il mio primo intervento in questa sede istituzionale, da neoeletta: in Commissione, dinanzi a lei, le chiesi conto del fatto che la riduzione del cuneo fiscale non generalizzata, a mio avviso, sarebbe stata bocciata da Bruxelles come aiuto di Stato e che l'avrebbe costretta ad un'estensione.
Il Ministro - lo ricordo bene - mi rispose: «onorevole, non si preoccupi, io e i tecnici della Commissione siamo della stessa pasta». Oggi, onestamente, rilevo che non sono esattamente «della stessa pasta», se si è costretti, di fatto, con questo decreto-legge omnibus in materia finanziaria, ad un'estensione della riduzione del cuneo. E non mi sembra che siano esattamente «della stessa pasta», se già da un anno questi tecnici censurano e criticano ogni manovra del Ministro e ogni manovra economica dell'attuale Governo.
Attendiamo con preoccupazione la prossima legge finanziaria dopo aver visto che anche il DPEF è riuscito a creare divisioni: per fare ciò - diciamocelo - ci voleva veramente una grande capacità, tanto più su un documento che non è mai stato ad alto tasso di contenuti.
Avrei un consiglio da dare al Governo: visto che il Presidente del Consiglio Prodi si era definito il medico che aveva la giusta cura per il paziente Italia gravemente malato, la Presidenza del Consiglio utilizzi una parte delle entrate che si è attribuita per realizzare un sondaggio; chieda al paziente Italia se, dopo un anno e mezzo dalla sua cura, si senta meglio, e chieda agli italiani se stiano meglio oggi o un anno fa (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, rilevo che il dibattito su quello che è stato definito l'extragettito fiscale rappresenta un'importante occasione per una riflessione. Noi rimaniamo convinti che il rilancio del Paese può essere ottenuto attraverso l'affermazione di due importanti principi: la crescita dell'economia e il risanamento del debito pubblico. Si tratta di due obiettivi imprescindibili che restano determinanti per il futuro del Paese.
L'attenzione del Governo, a nostro avviso, si sarebbe dovuta concentrare su questi due punti e l'extragettito si sarebbe dovuto destinare innanzitutto al risanamento dei conti pubblici del Paese. Per tali motivi ci è sempre sembrata condivisibile l'impostazione che sull'argomento, nel corso degli ultimi mesi, il Ministro Padoa Schioppa ha sempre avuto occasione di ribadire.
Sappiamo quanto resti importante e pesante la questione pensionistica nel nostro Paese e siamo convinti che sia strettamente collegata, per un verso, alla necessità del risanamento del debito pubblico e, per un altro, alla ripresa dello sviluppo di tutte le regioni del Paese. Tale è il nostro convincimento di fondo su cui crediamo opportuno e doveroso richiamare l'attenzione del Governo in vista delle scelte future.
Nell'esaminare il decreto-legge il gruppo dell'Italia dei Valori prende atto che il Governo ha ritenuto di dover affrontare alcune situazioni di oggettiva sofferenza sul lato della spesa pubblica suscettibili di generare difficoltà operative per le amministrazioni centrali, per gli enti locali e di dover intervenire contemporaneamente in maniera organica su alcuni specifici settori dell'economia.
Il Governo ha deciso - ribadisco che ne prendiamo atto - l'estensione del cuneo fiscale, l'aumento delle pensioni minime, gli interventi a sostegno degli investimenti nelle infrastrutture, ha destinato nuovi fondi alle imprese, ha rivisto i meccanismi degli studi di settore, ed ho elencato soltanto alcuni dei principali argomenti di intervento.
Sull'argomento che ho poc'anzi evidenziato, ovvero quello del risanamento della spesa pubblica, vorrei rispondere all'onorevole Andrea Ricci, che è intervenuto questa mattina. A nostro avviso, il risanamento del debito pubblico non è un feticcio (come egli ha affermato nel suo intervento). La volontà di ridurre il debito pubblico non è un'azione di retroguardia o di conservazione. Il risanamento del debito pubblico è una necessità e rappresenta la volontà ferrea di rimanere in Europa e di farsi carico del futuro delle giovani generazioni. Non riteniamo che insistere nel risanamento della spesa pubblica significhi attuare una politica di conservazione.
Per ritornare agli argomenti che, invece, sono oggetto del provvedimento in esame, dobbiamo rilevare, in primo luogo, una scelta assolutamente necessaria come quella di decidere la destinazione delle maggiori entrate tributarie alla realizzazione degli obiettivi di indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e dei saldi. Non è stata scelta la strada del risanamento, non si è scelto di accompagnare lo sviluppo economico, ma di andare incontro ad esigenze giuste ma particolari, che non riguardano un'azione generale di politica economica.
Allora, dobbiamo dire che inevitabilmente questo Governo ha agito come qualsiasi altro Governo: per questo voglio dire all'onorevole Crosetto che sono d'accordo con lui quando sottolinea la necessità di ripristinare un'azione rigorosa della spesa pubblica, anche se vorrei invitarlo, con molto garbo, a dirci se, quand'anche al posto del Governo Prodi vi fosse stato un Governo di centrodestra, il decreto-legge eventualmente adottato da quest'ultimo sarebbe stato probabilmente una copia di quello oggi in discussione. Sappiamo che vi sono spinte che provengono da diversi settori e che tutte rappresentano necessariamente momenti di approfondimento; ma di fondo si deve tener presente il problema della tenuta dei conti pubblici.Pag. 46
L'obiettivo, quindi, di ridurre il debito resta centrale per la politica finanziaria del Paese ed è sicuramente in linea con gli indirizzi europei: serve, però, in futuro un ridimensionamento dell'indebitamento della pubblica amministrazione, con interventi strutturali. Come diciamo sempre, vogliamo abbinare al concetto della riduzione dei costi della politica, il concetto della qualità della spesa pubblica: dobbiamo farci carico di tale questione. Dobbiamo capire la qualità dell'azione governativa, delle politiche pubbliche; allora potremo cominciare a riflettere su come ridurre strutturalmente il debito.
In ogni caso, bisogna pur rilevare che per quanto riguarda gli enti locali - ritorno ad uno degli argomenti che è oggetto del decreto-legge - sono state prese importanti decisioni in particolare per i comuni virtuosi, come si suol dire, vale a dire quelli che rispettano il patto di stabilità interno. Dobbiamo prenderne atto positivamente.
Fondamentale appare la volontà di premiare, dunque, i comuni che hanno dimostrato di sapere bene amministrare: per essi si è deciso l'intervento mirato di eliminare il limite imposto all'utilizzo degli avanzi di amministrazione per le spese di investimento. Riteniamo che sia un fatto positivo, perché immaginiamo che alla base della democrazia vi sia il principio secondo il quale i comuni sono ascoltati dal Governo centrale. È il punto nodale dello sviluppo democratico del Paese: per tale motivo, da questo punto di vista abbiamo concordato sul fatto che l'intervento in favore degli enti locali fosse affrontato nel decreto-legge.
Con il provvedimento in discussione si interviene anche su un altro aspetto legato alla realtà comunale, che sappiamo essere particolarmente importante nel complesso del sistema italiano. Si è deciso, cioè, di intervenire sulla riduzione dei trasferimenti erariali in favore dei comuni a compensazione di ipotizzati incrementi del gettito ICI. In particolare, si prevede che detta riduzione avvenga sulla base di apposite certificazioni. Vi è, dunque, un approccio sicuramente condivisibile. Comunque, sempre ferme restando le condizioni che il gruppo Italia dei Valori ritiene indispensabili in ordine al risanamento della spesa pubblica e del debito, dobbiamo anche qui ribadire che era forse opportuno affrontare nell'immediatezza il problema delle fasce deboli e degli anziani, in particolare disponendo l'aumento delle pensioni più basse, le pensioni minime, e prevedendo che tale aumento non costituisse reddito a fini fiscali. Come si può dire che si tratta di provvedimenti sbagliati? Sono provvedimenti utili, necessari. Sullo sfondo rimane, però, necessario capire il trend dell'azione politica del Governo.
Si prende in debita considerazione anche un aspetto importante per i giovani, facilitando il riscatto ai fini pensionistici del corso legale di laurea e si provvede, poi, ad integrare alcune autorizzazioni di spesa per interventi di finanziamento, come, per esempio, il bonus alle nascite, il Fondo per il servizio civile e per l'edilizia universitaria; conosciamo in quale stato obsoleto versano le strutture edilizie della ricerca e delle nostre università.
Sono stati decisi, inoltre, finanziamenti a favore dell'ANAS, per assicurare la prosecuzione e il completamento di interventi infrastrutturali in materia di viabilità. Tutti sappiamo quanto sia determinante tale settore per il rilancio dell'economia nazionale. A nostro parere, in questo caso, si sarebbe dovuto fare di più, perché il rafforzamento delle infrastrutture rappresenta per il Paese una condizione necessaria, ma non sufficiente, per un vero rilancio dell'economia.
Il gruppo dell'Italia dei Valori sottolinea che, probabilmente, dovevano essere accolte alcune considerazioni e proposte emendative avanzate in Commissione. Le proposte emendative portate all'attenzione dall'Italia dei Valori in Commissione prevedevano che la realizzazione di importanti arterie viarie potesse avvenire attraverso l'opera di un organismo pubblico, in grado di assumere tutti i poteri dell'ANAS e costituito in forma societaria e partecipata dall'ANAS stessa e dalle regioni di volta in volta interessate, per velocizzare iPag. 47tempi e semplificare le procedure autorizzative, coinvolgendo direttamente le realtà interessate. A nostro parere, tali proposte emendative erano - e restano - valide e vogliamo rilanciarle all'attenzione e alla riflessione non solo della maggioranza, ma di tutto il Parlamento.
A tale riguardo, presidente Duilio, mi permetta un breve accenno, da intendersi come una critica costruttiva per proseguire insieme in modo migliore. Per le modalità con cui si sono svolti i lavori in Commissione e, in particolare, in relazione ai criteri di ammissibilità degli emendamenti al decreto-legge in esame (la cui interpretazione ci è sembrata forse fin troppo rigida), non è stato possibile, di fatto, apportare miglioramenti, idee e suggerimenti al provvedimento stesso.
Tornando al merito, vediamo certamente con favore lo sblocco dei fondi della legge n. 488 del 1992 e le disposizioni per semplificare le procedure per l'erogazione degli incentivi a favore delle imprese. Questa è una decisione - come ho affermato - qualificante e decisamente importante, che segna, come altre, la capacità di recepire i reali bisogni del Paese da parte dell'attuale Governo.
Tra i vari interventi del decreto-legge in esame va ricordata anche la decisione di procedere al finanziamento della partecipazione italiana a missioni internazionali. È una questione importante - lo sottolineo - perché non possiamo immaginare di abbandonare una linea di esposizione italiana sul fronte dell'impegno internazionale e ritenere necessario un finanziamento ulteriore per tale partecipazione. Siamo, dunque, di fronte a un complesso di interventi, nella loro generalità, capaci singolarmente di assicurare momenti positivi, cioè condivisibili.
Tali interventi sono condivisibili non se li consideriamo un episodio di contesto, bensì soltanto ove vengano considerati momenti di singolari approfondimenti e settorialità.
Pertanto, si delinea un quadro complesso ed articolato di interventi che avrebbero potuto essere anche altri. Ribadiamo che, a nostro avviso, avrebbero potuto essere fatte ben altre scelte.
Poiché ci siamo impegnati a svolgere un intervento sintetico, mi avvio alla conclusione, ribadendo che le indicazioni fornite nel provvedimento in esame non possono certo considerarsi esaustive ma, al contrario, devono essere considerate come un segnale preciso di alcune sofferenze emerse ed essere volte a fornire risposte a determinate contingenze.
A futura memoria del Governo, mi permetto di aggiungere una valutazione che ritengo necessaria e che riguarda la necessità di considerare lo sviluppo del Paese nella propria interezza. A nostro avviso, non esiste una questione del settentrione da contrapporre a quella del meridione.
Signor Ministro, rappresentante del Governo in quest'aula, dobbiamo immaginare che nella legge finanziaria non si debba soltanto considerare l'opportunità di irrobustire quanto necessario per sostenere l'economia del nord. Dobbiamo ritenere che è necessario, altresì, rilanciare e tenere sotto controllo l'economia del sud, troppo spesso penalizzata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. La ringrazio per la sinteticità del suo intervento.
Ricordo che l'ordine del giorno della seduta prevedeva alle 13 una deliberazione in merito a un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato. Conseguentemente, sospendo la discussione sulle linee generali del disegno di legge in esame, che riprenderà subito dopo lo svolgimento del suddetto punto all'ordine del giorno.