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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).
(Episodi di intolleranza e razzismo nei confronti della comunità rom - n. 2-00703)
PRESIDENTE. Il deputato Burgio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00703, concernente episodi di intolleranza nei confronti della comunità rom (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 8).
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, signor sottosegretario, anche alla luce della risposta che ella ha fornito all'interpellanza dell'onorevole Smeriglio e delle informazioni diramate dalla questura di Roma a proposito degli sgomberi che si sono verificati su questo territorio, vorrei partire in primo luogo da alcuni riscontri di carattere istituzionale.
Ella sa, intanto, che il nostro Paese è stato più volte richiamato in ordine alla mancata applicazione della direttiva europea contro la discriminazione razzista basata sulle differenze di origine etnica e che, inoltre, l'Unione europea ha segnalato che vi è un rischio per la sicurezza delle popolazioni rom, sinti e camminanti. Dopodiché, alla luce della vicenda di Livorno - è parte della mia interpellanza - si è verificato che il vicesegretario del Consiglio d'Europa, de Boer-Buquicchio, - che, peraltro, è stato in Italia in questi giorni e che ha rilasciato una breve dichiarazione che vorrei riportarle - ha invitato le autorità italiane ad attivare le misure necessarie per l'integrazione dei rom, adottando un piano coordinato che preveda campagne di informazione pubblica - questo è un punto su cui cercherò di attirare la sua attenzione, anche alla luce delle incresciose vicende del pavese - per contrastare la discriminazione e i radicati pregiudizi. Successivamente, alla luce delle vicende di Pavia, lo stesso vicesegretario della Consiglio d'Europa ha sollevato il problema dell'inadeguatezza dei campi, della brutalità degli sgomberi e dell'assenza o dell'inadeguatezza delle soluzioni abitative. Affermo ciò non già per contestare le informazioni che ella ha fornito, che naturalmente non posso che assumere, ma per dire che vi è indubbiamente una cornice problematica segnalata anche in sede istituzionale. È in tale cornice che si collocano i due episodi, oggetto della mia interpellanza, tra loro certamente molto diversi, ma che sono accomunati dal riferimento in particolare alle popolazioni rom, di cui si è discusso anche nella precedente interpellanza.
Si tratta di popolazioni che sono - lo voglio dire perché in questa Assemblea sono presenti anche esponenti di altre forze politiche che esprimono ottiche, prospettive, valutazioni molto diverse dalle nostre - strettamente legate alla nostra storia anche non recente. Nella mia interpellanza richiamo due date, la prima delle quali è il 1938, quando in Italia popolazioni spregiativamente definite zingare, che facevano anche allora parte della nostra comunità nazionale, furono colpite, al pari degli ebrei, dalle prime misure razziste - spero che non si utilizzi più il termine «razziali», perché ciò implica che le razze esistano, ma questo è stato superato già da tempo peraltro dalla cultura democratica scientificamente fondata - di questo Stato allora fascista; sono state colpite, perseguitate, rastrellate, deportate, con un totale circa 500 mila morti. L'altra data è il 1999, la vicenda del Kosovo, dei bombardamenti a cui noi partecipammo e anche su tale vicenda vi sono valutazioni molto diverse. Di fatto, le popolazioni rom del Kosovo sono ancora oggi oggetto di persecuzione e sono costrette ad emigrare dalle loro terre nelle quali vivevano in case (questo stereotipo del nomadismo come se fosse uno stigma naturale è esso stesso conseguenza e causa di un'ottica razzista funzionale poi alle persecuzione) che oggi Pag. 28non hanno più perché sono state loro sottratte. Queste persone sono state costrette, anche per nostra responsabilità, ad emigrare ed, in parte, hanno raggiunto il nostro Paese. Tutto ciò lo voglio affermare, perché non si tratta di un problema esterno alla nostra vicenda, né alla nostra popolazione e, tra l'altro, circa la metà dei rom, sinti e camminanti residenti in questo momento in Italia sono cittadini italiani come tutti coloro che sono presenti in quest'aula; comunque, la quasi totalità di essi sono cittadini europei, cittadini comunitari. Affermo ciò perché certamente le più diverse valutazioni hanno una loro legittimità, ma è bene che si riferiscano ad un contesto fattuale che è tale e che va considerato.
Non si tratta di un problema esterno; si tratta di una parte della nostra popolazione e della nostra cittadinanza, che - piaccia o non piaccia - è una cittadinanza irreversibilmente articolata, plurale e composita, nella quale dobbiamo vivere, generando le migliori condizioni della convivenza e del reciproco riconoscimento.
In tale contesto, si verificano le due vicende oggetto dell'interpellanza. Non le ripercorrerò, perché le interpellanze sono pubblicate e, quindi, non è necessario farlo.
Vorrei semplicemente, in questa introduzione, attirare l'attenzione del sottosegretario sui due punti cruciali. Per quanto riguarda la questione di Livorno, quanti hanno seguito la vicenda - vorrei dire - della strage dei bambini che sono morti carbonizzati nel campo livornese, sostengono che è molto verosimile che si sia trattato di una strage in piena regola, e che le osservazioni autoptiche sui cadaveri tendono ad escludere l'ipotesi dell'incidente e, quindi, bisognerebbe scongiurare con tutti i mezzi istituzionali possibili, naturalmente - so di rivolgermi al Governo e non alla magistratura - che questa indagine venga archiviata.
Il piccolo codicillo che mi permetto di aggiungere nell'interpellanza è che domani, venerdì, ci saranno i funerali dei bambini e vi è il paradosso che i genitori, verosimilmente incolpevoli, poiché non hanno una residenza non possono godere della possibilità degli arresti domiciliari (perché non hanno domicilio) e nemmeno potranno recarsi al funerale dei loro piccoli, che verosimilmente sono stati vittime di quella che rappresenterebbe la più grave strage razzista che io ricordi in quella ipotesi che evoco.
Per quanto riguarda, invece, la vicenda di Pavia, essa fa un po' il paio con quelle che oggi abbiamo ascoltato, se non altro per una questione cruciale: l'amministrazione comunale di Pavia ha disposto uno sgombero, senza predisporre alcuna soluzione alternativa, ovverosia senza individuare i siti nei quali insediare tali persone. In altre parole, si è limitata a «ripulire», come oggi si tende a dire con un orribile gergo, un'area dismessa sulla quale - mi permetto di segnalare - si addensano anche incisivi interessi speculativi (si tratta di una vicenda che lasciamo sullo sfondo).
Si è, dunque, limitata a cacciarli, determinando a catena una sequenza di vicende che ha poi visto emergere gli spiriti animali di un razzismo tenace che nella nostra storia - ma non solo nella nostra, perché in Europa si tratta di una storia che conosciamo bene - allignano.
La vicenda è particolarmente grave proprio per questo: come si può prendere 200 persone e semplicemente abbandonarle al proprio destino con tutto quello che ne segue?
In seguito, si è verificata quella vicenda - che conosciamo - di un sindaco che addirittura capeggia una rivolta contro il prefetto, perché si dà il caso che il prefetto si sia adoperato per stemperare, smussare ed individuare una soluzione, in quanto ha cercato in qualche misura di ridurre il danno, ed invece abbiamo visto un sindaco che con la fascia tricolore ha capeggiato una sfilata ed una manifestazione francamente razzista. Non si tratta di un'opinione, perché quando si utilizzano espressioni del tipo: «vi mandiamo nelle camere a gas e nei forni crematori» - e non voglio ripetere le altre frasi, perché ho rispetto per quest'aula e quindi non vorrei eccedere - non solo ci vengono i brividi come singoli cittadini, ma anche gravi preoccupazioni Pag. 29come operatori della politica, sulle quali tornerò, replicando al sottosegretario.
Pertanto, le domande che rivolgiamo al Governo nascono immediatamente dal quadro che ho descritto. Chiedo all'Esecutivo quali misure intenda mettere in atto per impedire che si producano tali situazioni, per mettere fine all'odiosa reazione di violenza, garantire la sicurezza di questi cittadini che sono effettivamente a rischio ed anche per richiamare le amministrazioni comunali al rispetto di quello che è un loro preciso dovere (come le direttive europee ribadiscono). Domando, inoltre, al Governo se non ritenga di adoperarsi se non altro affinché i genitori dei bambini di Livorno possano presenziare alle esequie dei figli.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, appare significativo il fatto che tre interpellanze all'ordine del giorno della seduta odierna - e pochi giorni fa ero qui a rispondere insieme ad un'altra collega a due interrogazioni aventi ad oggetto la stessa materia - riguardino proprio la presenza e le condizioni in cui vivono in Italia le comunità rom, l'attenzione e le risposte da dare, il rapporto che con esse ha sia l'attività di governo locale e nazionale, sia la stessa popolazione.
Tale dato indica che vi è una forte attenzione e una forte rilevanza che tali questioni stanno assumendo, rispetto alle quali il Governo sta rispondendo con altrettanta attenzione, mi permetto anche di dire con un'attenzione inedita rispetto al passato. Eppure si tratta di presenze che sono con noi e tra noi da tanto tempo e che evidentemente hanno trovato solo di recente l'attenzione che meritano e che giustamente deve essere data, perché personalmente sono convinta che voltare le spalle significa soltanto far entrare poi dal buco della serratura i problemi che si vogliono lasciare dietro la porta e che, quando entrano, lo fanno con dimensioni e problematicità che sono assai più gravi e più difficili da affrontare.
Anche le questioni che specificamente l'onorevole Burgio ha posto e, quindi, gli episodi che vengono richiamati, relativi alle comunità rom di Livorno e di Pavia, devono essere inseriti, come rilevato dallo stesso interpellante, all'interno di una riflessione più ampia, una riflessione complessa che chiama in causa una serie di elementi di carattere non solo normativo ma anche economico, sociale e culturale.
Lei faceva riferimento, ad esempio, anche all'analisi del dato - condivido tale osservazione - che spesso è sovrastimato nella percezione dell'opinione pubblica, e che non tiene conto peraltro della pluralità nella composizione della presenza di queste comunità nel nostro territorio. Infatti, si tratta in parte di presenze storicamente esistenti e quindi anche, come lei ricordava, di cittadini italiani. Parliamo inoltre di persone che sono fuggite dal conflitto dell'ex Jugoslavia e che si trovano in Italia in una condizione di «invisibilità» - soprattutto i loro figli - perché non hanno documenti o hanno difficoltà a ricostruirli. Personalmente, sento di dire che l'invisibilità significa mancanza di rispetto del diritto della persona all'identità, ma significa anche una preoccupazione di carattere «comunitario», della comunità italiana, nonché relativa alla legalità, perché l'invisibilità spinge molti ragazzi nella clandestinità e nella devianza. Dunque, preoccuparsi di tale situazione significa preoccuparsi in un'ottica individuale ma anche di interesse comune. Vi sono, infine, persone che, invece, sono ormai comunitarie, come lei ricordava, perché di nazionalità rumena, così come persone immigrate, nei confronti delle quali - ma è una minima parte - si applicano le norme del testo unico sull'immigrazione.
Ciò induce anche a riflettere, come da lei osservato, su quanto si possa davvero attribuire a queste persone la denominazione di nomadi e su quanto si possa parlare di nomadismo rispetto ad un fenomeno che invece presenta anche caratteri di stanzialità.Pag. 30
Ritengo sia un bene che anche la politica si interessi di tali aspetti. Probabilmente ne dobbiamo discutere in maniera realistica, come lei richiede - lei diceva: con le evidenze -, per ricercare le soluzioni pertinenti, perché è ovvio che, se non c'è nomadismo, è difficile poi dire: rendiamo temporanea la presenza nei campi sosta!
Siamo inseriti in una discussione che è aperta, che merita soluzioni e le merita, come lei notava, anche nell'ottica di quei richiami europei e internazionali ai quali l'Italia è sottoposta, ma direi anche nell'ottica di una riflessione che coinvolge tutta l'Unione europea.
Lei ricordava la presenza sul nostro territorio dell'onorevole de Boer Buquicchio. Bene, in coincidenza con questa presenza, come lei sa, c'è stato un incontro con il Ministro della solidarietà sociale, che ha avuto come tema proprio il governo della presenza delle comunità rom. Ci sarà nei prossimi giorni la presenza in Italia di una delegazione rumena per affrontare la stessa questione.
Credo che anche ciò vada nella direzione di quanto dianzi osservavo ovvero dell'attenzione del Governo a queste problematiche e soprattutto alla necessità di individuare e riconoscere l'identità culturale di queste comunità prive di territorio, tuttavia tenendo presente l'esigenza di garantire una serena convivenza con le popolazioni residenti, prevenendo ogni motivo di intolleranza o di discriminazione nei loro confronti.
Per quanto riguarda gli episodi che lei ha citato nell'interpellanza, il primo si è verificato nella notte tra il 10 e l'11 agosto scorsi, in una zona periferica di Livorno. Lì si è sviluppato un incendio in alcune baracche abitate da cittadini di nazionalità rumena. L'intervento dei vigili del fuoco, a seguito di segnalazione telefonica, seppure tempestivo, non ha potuto evitare, una volta domate le fiamme, il tragico epilogo, e cioè il rinvenimento all'interno delle baracche dei corpi carbonizzati di quattro minori rom.
Sin nell'immediatezza dell'evento è emerso che al momento dell'incendio erano presenti sul posto due cittadini rumeni, che si erano successivamente allontanati dal luogo del rogo senza comunicare ai vigili del fuoco la presenza dei minori nelle baracche.
In un secondo momento essi sono stati rintracciati dalle forze dell'ordine in prossimità della locale stazione ferroviaria unitamente ad altri connazionali e interrogati da personale della locale questura per comprendere la dinamica dei fatti.
I due rom, dichiaratisi genitori delle vittime, hanno attribuito l'incendio ad un'azione dolosa di cittadini marocchini per la mancata soggezione a pretese estorsive. Le ricostruzioni investigative dell'accaduto hanno tuttavia evidenziato l'inattendibilità della tesi da loro riportata e nei confronti dei due genitori è stato emesso un decreto di fermo, perché ritenuti responsabili di incendio colposo, in concorso con altre persone non ancora identificate, e di abbandono di minori.
Il Ministero della giustizia, sentito il procuratore della Repubblica, ha riferito che la magistratura inquirente ha espresso parere favorevole alla partecipazione dei genitori, in atto indagati per abbandono di minori e incendio colposo, ai funerali dei bambini tragicamente deceduti.
Da un aggiornamento, che ho personalmente richiesto, mi risulta che il permesso è limitato alla possibilità di assistere alla cerimonia funebre da parte degli stessi genitori. Lei ricordava che le esequie si terranno il 14 settembre, cioè domani, alle ore 11 nel duomo di Livorno, dove verranno celebrate con rito greco ortodosso.
Tra l'altro, è previsto l'arrivo in città di parenti delle vittime e verrà allestita un'area di accoglienza in loro favore con la collaborazione delle associazioni di volontariato, che assicureranno una presenza all'interno della stessa area.
Il procuratore ha smentito il contenuto di un articolo di stampa, considerati i dati allo stato acquisiti dall'indagine e l'esclusione di elementi probatori di qualunque genere comprovanti allo stato la dolosità dell'incendio.Pag. 31
Ben diversa, ma sempre attinente al tema delle condizioni alloggiative delle comunità rom, è la vicenda relativa allo sgombero dell'ex Snia Viscosa a Pavia. Questa vicenda ha avuto inizio lo scorso 30 agosto, quando al fine di consentire l'attuazione dell'ordinanza con la quale il sindaco di Pavia aveva disposto la messa in sicurezza di edifici strutturalmente pericolanti ubicati all'interno di un'area industriale dismessa, sono stati sgomberati forzosamente circa duecento cittadini rumeni di etnia rom ivi dimoranti senza titolo. Le persone evacuate sono state inizialmente assistite ed ospitate a cura della Croce rossa italiana e del comune di Pavia e successivamente riallocate in sistemazioni alternative nel frattempo reperite, anche attraverso provvedimenti straordinari di requisizione presso i comuni di Pavia, Albuzzano e Pieve Porto Morone. I provvedimenti adottati per la sistemazione delle persone sgomberate hanno incontrato proteste e resistenze nelle comunità locali interessate, poi parzialmente attenuatesi a seguito del volontario trasferimento di diversi nuclei familiari verso altri siti anche al di fuori della provincia di Pavia. Al momento, comunque, la situazione è ancora in evoluzione. Il Ministero della giustizia, in merito alla vicenda, ha rappresentato che non risulta pendente allo stato alcun procedimento penale per condotte di discriminazione razziale ed etnica legate allo sgombero dell'ex Snia, e che le attività di indagine in corso, coperte dal segreto investigativo, sono finalizzate ad accertare la sussistenza di ipotesi di reati edilizi in merito alla demolizione di uno degli edifici della predetta area.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 11,30)
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Il minimo comune denominatore dei due episodi che lei ha richiamato è quindi quello della precarietà alloggiativa dei gruppi nomadi, che è spesso causa di degrado delle condizioni di vita e di relazione con l'ambiente circostante. Si tratta di un profilo che investe, dicevo anche l'inizio, l'identità culturale di queste comunità e delle loro persone, dei loro appartenenti in quanto tali, e che pone quindi delicati problemi di governo del fenomeno che vanno affrontati in sinergia con gli enti locali competenti alla gestione e alla realizzazione dei campi, ma anche con gli organismi sanitari e le espressioni del volontariato e del privato sociale.
Ricordavo prima, nella risposta che ho dato all'onorevole Smeriglio, il Fondo per l'inclusione sociale degli immigrati. Credo che sia stato un punto importante aver recuperato una disponibilità di risorse in direzione dell'inclusione, dell'integrazione delle persone che vivono sul nostro territorio; osservo al riguardo, anche richiamandomi a quanto dianzi affermato, che esiste un'attenzione forte e continua del Governo centrale sul tema dei rom, tesa a coniugare i principi di accoglienza e legalità, nel pieno rispetto dei diritti delle minoranze e delle esigenze generali di promozione e tutela della civile convivenza. Al tavolo tecnico che il Ministero dell'interno ha convocato dallo scorso mese di aprile partecipano i rappresentanti di tutte le amministrazioni centrali interessate, nonché delle associazioni Opera nomadi, Comunità di Sant'Egidio, AIZO, UNIRSI, Sucar drom, Comunità di Capodarco, Centro studi zingari, Caritas ed Arci. I lavori del tavolo tecnico hanno individuato possibili soluzioni normative, che mirano a colmare le lacune della legislazione vigente in materia di tutela delle minoranze.
Per quanto riguarda gli atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sulle identità sessuale o di genere, va segnalato il disegno di legge di iniziativa governativa predisposto dal Ministero della giustizia recante «Norme in materia di sensibilizzazione e repressione della discriminazione razziale, per l'orientamento sessuale e l'identità di genere, modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654».
Il testo, che attualmente è all'esame della Commissione giustizia della Camera Pag. 32dei deputati, ha dato rilievo, fra l'altro, alla condotta della diffusione, in qualsiasi modo realizzata, delle idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale, prevedendo anche la condotta di incitamento in luogo dell'istigazione, con l'inasprimento delle relative pene. Si tratta di un'innovazione che consentirebbe di reprimere con efficacia ogni forma di esternazione concernente la superiorità e l'odio razziale qualora essa assumesse caratteristiche tali da cagionare, nell'ambito del tessuto sociale, un serio allarme in ordine alla possibile successiva realizzazione di atti di discriminazione.
Per quanto concerne, infine, la direttiva europea contro la discriminazione razzista, segnalo che il Governo vi ha dato piena attuazione emanando, su proposta dei Ministri del commercio internazionale, per le politiche europee, per i diritti e le pari opportunità e del lavoro e della previdenza sociale, con il concerto del Ministro della giustizia, il decreto legislativo 9 luglio 2003 n. 215, di attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, con il quale è stato istituito presso la Presidenza del consiglio l'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazione razziale). Con tale ufficio, il Governo ha inteso rimuovere ogni discriminazione fondata sulla razza e l'origine etnica, favorendo l'integrazione nella società di tutti gli stranieri e promuovendone la parità di trattamento.
PRESIDENTE. L'onorevole Burgio ha facoltà di replicare.
ALBERTO BURGIO. Signor Presidente, do atto al sottosegretario delle misure positive che il Governo viene assumendo in tema di integrazione e di accoglienza, e ne sono molto lieto. Sono anche molto soddisfatto del fatto che i genitori di questi poveri bambini di Livorno possano partecipare ai funerali; mi auguro poi naturalmente - questo è solo un auspicio, che si accompagna peraltro alla fiducia nell'istituzione - che la magistratura disponga con la massima cura lo sviluppo delle indagini relative alla vicenda del rogo di Livorno.
Per quanto riguarda Pavia, la situazione è in evoluzione e dunque, signor sottosegretario, richiede anche da parte del Governo il mantenimento della massima attenzione. Sono invece un poco stupito che si ritenga - se ho ben capito - che sul territorio pavese non siano stati compiuti reati riconducibili al razzismo. Le frasi che riportiamo, infatti, che si attesta esser state pronunciate dal sindaco di Torre d'Isola, mi paiono configurare precisamente non già l'apologia ma la pratica del razzismo e dell'incitazione al razzismo. In proposito, qualche giorno fa, mi trovavo a Pieve Porto Morone e vi assicuro che vi è una situazione davvero spaventosa, con scritte asserenti la natura bestiale, animale di queste persone. Peraltro, non casualmente queste manifestazioni sono state poi seguite da veri e propri assedi, con lanci notturni di mattoni e minacce fisiche: una situazione che ha indotto il Ministro della solidarietà sociale a parlare di un vero e proprio pogrom.
Ella, signor sottosegretario, affermava - e concordo - che è necessario assumere un'ottica realistica: in altri termini, bisognerebbe tutti rinunciare a qualunque forma di speculazione ideologica e di strumentalizzazione politica, che costituirebbe il primo peccato di ordine morale, poiché vi sono di mezzo delle persone.
Sappiamo che in realtà, invece, spesso si cede poi alla tentazione, da tutte le parti, di «tirare» i fatti dalla propria parte per costruire tesi ideologiche che sembrano utili (e questo è un esercizio di straordinaria miopia, perché stiamo parlando di cose che si possono anche ritorcere contro di noi, con una violenza di cui tutti, peraltro, abbiamo esperienza).
Bisogna evitare, soprattutto, di speculare sulle paure e, magari, anche di ingenerare le paure, evocando scenari di invasioni barbariche e minacce di violenze o di contaminazioni.
Proprio per questo, signor sottosegretario, vorrei fare assai brevemente, in sede di replica, un ragionamento di fondo, Pag. 33senza il quale ho l'impressione che i singoli episodi manchino di una lettura adeguata.
Il punto, a mio giudizio, è generale, come ella stessa, peraltro, mostrava di intendere: qual è, cioè, l'idea delle relazioni che noi abbiamo tra le diverse componenti della nostra - sottolineo: nostra - popolazione? Quali sono le politiche di integrazione? Io penso, davvero, che il problema sia di ordine sistemico ed organico.
Oggi leggevo sul quotidiano della Confindustria un articolo che dimostra ciò in negativo l'illustre articolista, Innocenzo Cipolletta, istituiva l'alternativa: o tolleranza o sicurezza. Penso che questo sia, effettivamente, un modo pericoloso, oltre che sbagliato, di impostare il problema, e mi pare che abbiamo la riprova che, ciclicamente, ritorni questa sindrome autoritaria, con tutti i suoi corollari, e cioè l'illusione che reprimere è magari un prezzo che si paga tristemente, ma può assicurare ordine e sicurezza; mentre abbiamo sistematicamente la riprova del contrario: più repressione e più autoritarismo generano più violenza reattiva e maggiore insicurezza.
Lo stesso modello a «tolleranza zero», che è stato improvvidamente evocato anche da amministratori del centrosinistra, lo dimostra: anche negli Stati Uniti si registra crescente violenza, parallelamente al dilagare della popolazione sottoposta a misure di detenzione o a misure di restrizione della libertà.
Questa dinamica riattiva lo sviluppo del rifiuto razzista dell'altro (sia esso lo straniero, il marginale o colui il quale è ritenuto un intruso). Vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che non si tratta di una lezione di storia, ma del nostro presente, e che non c'è per la politica - che oggi si trova confrontata e sfidata da una crisi che alimenta pulsioni populiste, antipolitiche e plebiscitarie - rischio più grande del non intenderlo: è la nostra realtà.
Il razzismo torna ad essere, davvero, una componente della nostra relazione sociale e le cause sono ovvie: si dirà che ci sono i flussi migratori, ma, a monte, noi siamo una società pervasa dall'insicurezza, e a mio modo di vedere è questa precarietà, che si declina su tutte le dimensioni della nostra vita sociale, il vero innesco (e la paura, poi, come sempre alimenta versioni, stereotipi, inducendo a riflessi persecutori).
In genere si parla di «rigurgiti», e vorrei che riflettessimo su questa parola, perché proprio di rigurgiti si tratta (il termine rigurgito significa che non si è metabolizzato qualcosa): noi abbiamo a che fare con il nostro passato che ritorna, con il quale effettivamente non abbiamo fatto i conti.
Il razzismo è presente nella pancia delle nostre società, e ciò è, d'altra parte, anche comprensibile, perché è una delle componenti - ci piaccia o meno - dei processi di costituzione delle nostre comunità nazionali. Non si direbbe, però, che la politica ne sia sempre consapevole, se consideriamo con quale disinvoltura, leggerezza e, talvolta, irresponsabilità maneggiamo - ripeto, ancora una volta, tutti noi - materiali roventi e pericolosi, come i temi dell'insicurezza e delle ansie, i problemi dell'integrazione, della marginalità e l'immaginario che tutti questi problemi veicolano, con densi aloni simbolici che, appunto, richiamano poi le pagine più cupe della nostra storia. Quanto è avvenuto (e sta avvenendo) a Pavia, quanto è avvenuto a Livorno, non rappresenta un caso (questo è il punto, e lo dobbiamo sapere), ed evoca, a mio avviso, precise responsabilità dalle quali la politica - penso anche alla vicenda dei lavavetri, con tutto ciò che questo comporta in termini, ancora una volta, simbolici e di «sdoganamento» di una determinata prospettiva di interpretazione e di certi giudizi - non è immune. Perché i segnali poi si rivolgono ad un'opinione pubblica che li assume e li rielabora a modo suo.
Quando vi sono sindaci che capeggiano rivolte contro un prefetto che esercita opera di accoglienza e gridano slogan nazisti, ci si può meravigliare se le persone compiono le spedizioni punitive che ricordano i pogrom, come dicevo prima, quando anche le autorità di polizia, signor Pag. 34sottosegretario, e persino quelle di Governo si mostrano scarsamente attente nei confronti degli allarmi lanciati per il dilagare dello squadrismo neofascista? Al riguardo voglio raccontare un brevissimo episodio e concludo il mio intervento. Mi è capitato, infatti, per ben due volte, non una, di sentirmi replicare, per iscritto, e pertanto di leggere la risposta di un suo collega un po' sbrigativa, se vogliamo, che le intimidazioni di Forza Nuova, che venivano documentate nelle interpellanze, si inquadrerebbero nello schema degli opposti estremismi, ma in assenza di qualsiasi azione di parte opposta. Quando vi è una tale scarsa attenzione, ci si può meravigliare che la destra radicale faccia proseliti, specie tra i più giovani, e diffonda le sua predicazione di violenza e di odio verso i più deboli?
Questa, signor sottosegretario, in conclusione, è la situazione ed essa si presenta, a nostro modo di vedere, gravida di rischi. Non avremmo attenuanti se proseguissimo a sottovalutarla, ad affrontare i singoli episodi enucleandoli da un contesto o, peggio, se continuassimo a trasmettere messaggi ambigui che ammiccano, appunto, alle propensioni neorazziste che, purtroppo, in base alla nostra opinione, si stanno propagando nel nostro Paese.