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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,05).
(Deliberazione del consiglio comunale di Verona relativa alla nomina di membri del consiglio direttivo dell'Istituto veronese per la storia della Resistenza - n. 2-00686)
PRESIDENTE. Il deputato Tranfaglia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00686, concernente deliberazione del consiglio comunale di Verona relativa alla nomina di membri del consiglio direttivo dell'Istituto veronese per la storia della Resistenza (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 5).
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, deputati di diverse forze politiche che appartengono tutte alla maggioranza - che rappresento - alla fine dello scorso luglio hanno presentato al Governo una interpellanza (allora non vi fu il tempo di svolgerla) rispetto ad una vicenda, che in quei giorni ha occupato le prime pagine dei giornali. Tale vicenda nasce dalla nomina, da parte del consiglio comunale di Verona, di due consiglieri (appartenenti l'uno al Movimento Sociale-Fiamma Tricolore e l'altro ad Alleanza nazionale) come membri designati del consiglio direttivo dell' Istituto veronese per la storia della Resistenza.
Ora, l'articolo 3 dello statuto di tale istituto presenta una indicazione molto significativa: «L'Istituto si riconosce negli Pag. 17ideali di democrazia, libertà e antifascismo che animarono il movimento resistenziale che fu alla base della Repubblica italiana. L'adesione all'Istituto da parte dei soci comporta il riconoscimento e la valorizzazione di tali ideali». Ciò detto, si deve rilevare che i consiglieri designati dalla maggioranza del consiglio comunale avevano precedenti molto chiari rispetto alle loro posizioni: nel caso del consigliere Miglioranzi, infatti, si tratta di una persona che è stata condannata, in base alla cosiddetta legge Mancino, per oltraggio nei confronti delle indicazioni contenute nella Costituzione contro l'odio di razza.
Nell'altro caso, erano intervenute dichiarazioni rese dall'altra consigliera che andavano nello stesso senso. Per quanto riguarda il sindaco, questi a sua volta aveva accettato l'indicazione del consiglio in tale direzione. Non sappiamo come sia stata risolta la vicenda, ma certo è che tale episodio è in contrasto con il Testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000 e che esso appare agli interpellanti in contrasto con la Costituzione ed i valori repubblicani.
Chiediamo al Ministero dell'interno che cosa intenda fare e se il Governo intenda intervenire, valendosi del citato decreto legislativo, per chiedere al sindaco di Verona di attivarsi in tal senso, essendovi un contrasto molto chiaro tra lo statuto dell'Istituto della Resistenza e questa nomina.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Alessandro Pajno, ha facoltà di rispondere.
ALESSANDRO PAJNO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'episodio ricordato dagli interpellanti suscita, in effetti, notevoli perplessità per la grave inopportunità di nominare in seno ad un ente culturale - e, tanto più, ad un Istituto sulla storia della Resistenza - rappresentanti che palesemente non condividono le finalità ed i principi ispiratori dell'ente che, ricordo, sono valori fondanti della Repubblica.
L'Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea è un ente riconosciuto di rilevante interesse culturale, aderente all'Istituto nazionale per la storia del movimento di liberazione in Italia e all'Istituto veneto per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea.
Le funzioni di controllo sull'Istituto, in quanto ente privato, vengono svolte dal consiglio direttivo e dal comitato scientifico, che sono organi interni all'Istituto stesso.
Come evidenziato nell'interpellanza, l'articolo 3 dello statuto adottato nel 1998 stabilisce che «l'Istituto si riconosce negli ideali di democrazia, libertà e antifascismo che animarono il movimento resistenziale che fu alla base della Repubblica italiana» e che «l'adesione all'Istituto da parte dei soci comporta il riconoscimento e la valorizzazione di tali ideali».
Lo stesso statuto annovera tra i soci fondatori dell'istituzione, oltre ai componenti del comitato dei garanti, anche la provincia e il comune di Verona, cui spetta la nomina di tre rappresentanti ciascuno in seno all'assemblea dei soci.
La vicenda ha avuto inizio il 19 luglio scorso, allorquando il consiglio comunale, su proposta dei capigruppo di maggioranza, ha deliberato la nomina, in seno all'Istituto veronese, di Andrea Miglioranzi del Movimento Sociale-Fiamma Tricolore e di Lucia Cametti di Alleanza Nazionale, affiancati da Graziano Perini del gruppo dei Comunisti Italiani in rappresentanza dell'opposizione.
I designati hanno riportato, rispettivamente, ventotto, venti ed undici voti su quarantadue votanti.
La nomina di Miglioranzi e Cametti ha suscitato critiche e prese di posizione da parte delle forze politiche di sinistra e dell'Associazione nazionale partigiani, che ritengono che i trascorsi e le convinzioni politiche dei due consiglieri, negando il valore della Resistenza e dell'antifascismo quale patrimonio fondante della Repubblica, siano incompatibili con le finalità ed i principi ispiratori dell'Istituto.
In seguito al clamore suscitato dal caso anche a livello nazionale, il consigliere Miglioranzi, alcuni giorni dopo la nomina, ha rassegnato le proprie dimissioni dall'incarico, Pag. 18motivando tale decisione con la volontà di evitare strumentalizzazioni, dimissioni alla luce delle quali il caso sembra, in parte significativa, almeno ridimensionato.
Quanto alla richiesta circa la ricorrenza dei presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 141 del Testo unico degli enti locali, ricordo che la valutazione che deve essere condotta a tal fine non concerne l'opportunità, bensì esclusivamente i profili di legittimità e che nel caso di Verona la delibera adottata sembra possa essere considerata gravemente inopportuna.
Nel rispetto del più generale principio di autonomia e di equa ordinazione fra le varie dimensioni rappresentative della Repubblica, da parte del Governo centrale, quindi, non può che prendersi atto della volontà espressa dal consiglio comunale ove essa non comporti una violazione dell'ordinamento tale da richiedere il ricorso a rimedi espressamente previsti e disciplinati dal testo unico degli enti locali. Aggiungo che la delibera del consiglio comunale n. 54 del 19 luglio scorso non risulta essere stata impugnata in sede giurisdizionale. In questa ottica non sembrano sussistere i presupposti per lo scioglimento del consiglio comunale per atti contrari alla Costituzione, poiché si è di fronte ad atti la cui valutazione riguarda, come ho detto, la sfera dell'opportunità, ma che sono stati posti in essere secondo le regole proprie che l'ordinamento prevede per la loro adozione.
Per ricevuto insegnamento si è di fronte, infatti, ad atti contrari alla Costituzione, idonei a legittimare il ricorso ai rimedi estremi previsti dall'ordinamento, quando si sia dinanzi ad un grave sconfinamento da parte degli enti locali del proprio ambito costituzionale di competenza e all'intenzione di realizzare una concreta ed effettiva lesione di principi costituzionali, di libertà e di diritti fondamentali, non quando si sia di fronte ad atti ispirati a punti di vista assolutamente criticabili e non condivisibili. Nel caso di specie è stato, appunto, adottato un atto che riguardava il procedimento di nomina del consiglio comunale e non un atto che riguardava la gestione e la messa in pericolo delle situazioni giuridiche collegate agli interessi costituzionali.
Il Ministero dell'interno, comunque, ha approfondito la questione per il tramite della prefettura di Verona, la quale, oltre a quanto già riferito, ha aggiunto che l'amministrazione comunale, nel trasmettere copia del verbale della seduta del 19 luglio, ha fatto presente che, in occasione dell'adozione della delibera di nomina dei rappresentanti del comune in seno all'Istituto, non vi è stato alcun dibattito sul punto.
PRESIDENTE. Il deputato Tranfaglia ha facoltà di replicare.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, prendo atto della risposta del Governo e ritengo che da un punto di vista giuridico essa abbia dei fondamenti, ma devo aggiungere che sono molto preoccupato di fronte a due elementi: il primo è che non vi è stato dibattito in consiglio comunale rispetto a tale decisione; il secondo elemento è costituito dalla mancanza di una riserva nella distinzione dell'articolo 141, che invece, a mio avviso, dovrebbe essere presente, rispetto ai valori fondamentali della Costituzione repubblicana perché ritengo che una cosa sia l'autonomia degli enti locali e delle scelte che questi compiono e un'altra sia la sussistenza di atti che, in qualche modo, vanno nella direzione di non tener conto dei presupposti fondamentali dell'attività culturale e politica di istituti che hanno caratteristiche molto chiare.
In fondo l'opposizione tra l'articolo 3 dello statuto, relativo ai valori fondanti dell'Istituto, e le scelte che sono state compiute, essendoci peraltro documentazioni sul pensiero dei consiglieri designati, mi sembra che costituisca un tema che dovrebbe condurre, in qualche modo, anche il Parlamento e il Governo ad una riflessione su tale incongruenza, perché adesso abbiamo discusso di un istituto importante ma, comunque, locale (di Verona) e di una vicenda in cui almeno il Pag. 19consigliere Miglioranzi ha sentito il dovere di dimettersi; se, diversamente, si fosse dinanzi ad altre nomine effettuate a livello regionale o di altri enti autonomi che effettivamente andassero nella direzione di una diversa organizzazione e disegno dei valori del nostro Paese, potremmo trovarci in ben maggiori difficoltà. Ciò sarebbe particolarmente contraddittorio rispetto ad un ordinamento, che vuole lasciare agli enti locali il massimo dell'autonomia, ma che, nello stesso tempo, deve difendere i valori fondamentali della nostra Costituzione.