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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Gestione commissariale dell'emergenza rifiuti in Sicilia - n. 2-00698)
PRESIDENTE. L'onorevole Lomaglio ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00698, concernente la gestione commissariale dell'emergenza rifiuti in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 9).
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, intendo illustrare la mia interpellanza poiché, rispetto a quando l'ho presentata, la situazione della gestione del ciclo dei rifiuti in Sicilia è ulteriormente peggiorata.
Ci troviamo di fronte all'evidente fallimento del piano regionale dei rifiuti così come esso è stato voluto e predisposto dal presidente Cuffaro nella sua veste di Commissario delegato per l'emergenza rifiuti in Sicilia. Già dal 1999, la Regione Sicilia, con ordinanza del 31 maggio, era stata commissariata, a fronte delle esigenze di predisporre ed adottare un piano di gestione dei rifiuti e delle bonifiche delle aree inquinate, e anche per la realizzazione degli interventi necessari per far fronte alla situazione di emergenza, che è ufficialmente cessata il 30 giugno 2006. In realtà, però, ci troviamo di fronte ad una condizione sempre più grave: il sistema degli ATO in Sicilia è crollato; vi sono ATO in procinto di dover portare i libri in tribunale; un po' ovunque nelle province siciliane, poi, vi sono scioperi degli operatori ecologici e del personale dellePag. 71aziende che lavorano nel ciclo della gestione dei rifiuti. I cittadini si sono così trovati, da Palermo a Catania e alle province di Enna, di Caltanissetta e di Trapani, con mega-bollette della TARSU a fronte di un servizio che peggiora sempre più.
Nel frattempo, è evidente che non esiste un piano credibile di discariche né per la realizzazione di impianti intermedi per la produzione di compost da frazione organica e per il recupero di inerti. Lo stesso può dirsi per gli impianti di preparazione di carta, plastica, vetro, metalli ferrosi, che sono inesistenti un po' ovunque negli ambiti territoriali ottimali. Tutto ciò, nonostante i poteri straordinari che al Presidente della Regione Sicilia - quindi, in questi ultimi anni, al presidente Cuffaro - erano stati affidati dalla Presidenza del Consiglio.
In realtà, secondo noi, non si è lavorato per costruire un ciclo integrato dei rifiuti. Tutti gli interpellanti evidenziano infatti che, nella sostanza, si è lavorato soltanto per la costruzione dei famosi quattro termovalorizzatori, che in verità sono inceneritori, poiché, stante la ridotta quantità di raccolta differenziata effettuata, essi in realtà bruciano il rifiuto tal quale. In proposito, la Corte dei Conti nella sua relazione stralcio (che, a nostro avviso, ha evidenziato le carenze del piano regionale dei rifiuti ed i risultati estremamente ridotti raggiunti nel periodo del commissariamento) afferma: «L'attività del commissario delegato si è incentrata nella predisposizione delle convenzioni aventi ad oggetto la chiusura del ciclo dei rifiuti, con esito ancor oggi del tutto insoddisfacente. L'avviso pubblico per la stipula di convenzioni riguardanti il sistema di gestione integrato per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani al netto della raccolta differenziata (...) è stato pubblicato in data 9 agosto 2002, imponendo, peraltro, un termine assai breve di 80 giorni (...) per la presentazione della proposta di partecipazione alla gara, sul presupposto dell'urgenza». «Il bando si rivolgeva ad operatori industriali che si impegnassero, a far tempo dal 31 marzo 2004, a trattare in appositi impianti la frazione residuale dei rifiuti e ad utilizzarla in impianti di termovalorizzazione con recupero di energia da realizzarsi in siti idonei (ovvero in impianti industriali propri o di cui essi avessero la disponibilità gestionale) esistenti nel territorio della regione».
«Noi giudichiamo errata la procedura adottata. A prescindere da ogni valutazione di legittimità riguardante i termini e soprattutto l'anomala procedura che, per importi superiori alla soglia comunitaria, non ha previsto una gara conforme alle direttive europee in materia di appalti pubblici, si rileva che tale modo di procedere ha, di fatto, favorito coloro che, per la loro presenza sul luogo, erano a conoscenza della situazione fattuale prima della pubblicazione dei bandi e chi era già in possesso di impianti e studi di fattibilità tecnico-economico-finanziaria».
Questa situazione è stata - ripeto - evidenziata con molta forza dalla Corte dei conti, ma è stata ripresa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee, che ha dichiarato inadempiente lo Stato italiano, infliggendo allo stesso una sanzione pecuniaria con la seguente motivazione: «dato che la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la protezione civile, ufficio del commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia - ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nei comuni della regione siciliana, e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi». «La Repubblica italiana» - ha statuito la Corte di giustizia delle Comunità europee - «è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi articoli 11, 15 e 17».
Quindi, non solo la Corte dei conti, ma anche l'Alta Corte di giustizia europea sottolineano quest'inadempienza che abbiamo, in maniera circostanziata, citatoPag. 72nell'interpellanza urgente da noi presentata. Ma non si tratta soltanto di irregolarità o del mancato raggiungimento di obiettivi da parte del commissario delegato, circostanze queste ultime che inducono a sostenere che il periodo del commissariamento non ha prodotto gli effetti attesi (così come il piano regionale dei rifiuti è, di gran lunga, al di sotto degli obiettivi e dei risultati sperati). Siamo di fronte, piuttosto, al fatto che il piano di gestione predisposto dalla regione siciliana prevedeva di promuovere e attuare le aggregazioni di comuni in ambiti territoriali ottimali. È successo, invece, che le società d'ambito costituite sono state dapprima venticinque entro il 2002 e sono poi diventate ventisette, mentre dopo otto anni di gestione commissariale si deve constatare che la raccolta differenziata, che nel 2000 era pari all'1,9 per cento della produzione complessiva di rifiuti in Sicilia, ha ottenuto un incremento risibile, attestandosi nel dicembre del 2005 al 5,5 per cento della produzione. Nello stesso periodo, la quantità di rifiuti smaltiti in discarica è passata da una percentuale del 93,7 per cento nell'anno 2000 al 90,7 per cento del 2005 (non vi è stata quindi una consistente riduzione dei rifiuti), confermando così il fallimento delle politiche volte a ridurre la quantità dei rifiuti prodotti e il loro conferimento in discarica.
Voglio sottolineare che, in questi giorni, ciò che sta accadendo in varie province della Sicilia (come denunciato da consigli comunali, organizzazioni sindacali, associazioni dei consumatori e da Assindustria Sicilia) evidenzia la gravissima situazione di caos gestionale ed incertezza normativa in cui versano gli ATO siciliani. Afflitte, nella quasi totalità dei casi, da gravissime situazioni deficitarie, le società d'ambito non sono più in grado di garantire il regolare espletamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani ed il pagamento puntuale delle spettanze dovute al personale, sempre più spesso costretto allo sciopero e all'interruzione del servizio. Le associazioni delle imprese del settore hanno calcolato in circa 500 milioni di euro l'ammontare dei crediti vantati dalle aziende, ormai da molti mesi, nei confronti delle società d'ambito. I movimenti rappresentativi dei consumatori hanno inoltre fatto rilevare come in Sicilia, a fronte del generalizzato peggioramento della qualità del servizio prestato, i cittadini utenti abbiano ricevuto bollette per il pagamento della Tarsu e della TIA con considerevoli aumenti, in molti casi superiori al 200 per cento.
Quindi, si registra una situazione di fallimento grave che ci fa preoccupare. In questo senso, chiediamo al Governo, ed al rappresentante del Governo, una valutazione su quanto sta accadendo, tanto sulle denunce della Corte dei conti e sulla sentenza dell'Alta Corte di giustizia europea, quanto su una condizione ormai alle soglie dell'emergenza. Quindi, la vigilanza che noi riteniamo debba spettare al Governo - in maniera particolare, alla Protezione civile ed alla Presidenza del Consiglio - deve anche tradursi in una vigilanza su una «bomba» ambientale e sociale che rischia di esplodere e può portare a risultati gravissimi, anche sul fronte del pericolo di inquinamento della criminalità mafiosa che, specialmente nel settore del ciclo dei rifiuti, è presente in Sicilia, come emerso anche negli ultimi giorni con attentati alle aziende che gestiscono i rifiuti (la magistratura ha dimostrato che ormai la presenza delle cosche è particolarmente attiva nel tentativo di controllo della gestione del ciclo dei rifiuti).
Per questa ragione gli interpellanti chiedono al Governo quali iniziative intenda assumere e quale sia la valutazione sulla condizione attuale del ciclo dei rifiuti in Sicilia e delle iniziative che devono essere intraprese per evitare che l'emergenza diventi conclamata.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali, Paolo Naccarato, ha facoltà di rispondere.
PAOLO NACCARATO, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali. Signor Presidente,Pag. 73in primo luogo si fa presente che al Dipartimento della protezione civile non risulta sia stato annullato alcun decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri recante la dichiarazione o la proroga dello stato di emergenza nel settore dei rifiuti e delle bonifiche nel territorio della regione siciliana, attesa la sua insindacabilità in quanto atto di indirizzo politico. I successivi decreti di proroga, deliberati dal Consiglio dei Ministri, sono stati adottati a seguito di valutazioni istruttorie e del persistere delle condizioni, rappresentate dalla stessa regione siciliana, per cui era stato dichiarato lo stato di emergenza. Peraltro, le ultime due proroghe, effettuate con decreti del 23 dicembre 2004 e del 29 dicembre 2005, sono state concesse con limitazione degli ambiti derogatori alla sola materia ambientale, al fine di consentire la prosecuzione, fino al 31 maggio 2006, delle iniziative di carattere emergenziale ancora necessarie per il definitivo adeguamento degli impianti alla normativa ambientale vigente, nel rispetto di tutte le altre normative di settore.
Per quanto riguarda le valutazioni espresse dalla Corte dei conti nella relazione concernente la gestione dell'emergenza rifiuti in diverse regioni italiane da parte dei commissari delegati, il Dipartimento della protezione civile ha provveduto a trasmettere alla Corte stessa le proprie osservazioni, corredate dalla relativa documentazione, e ad effettuare alcune precisazioni. In particolare, l'ordinanza n. 3537 del 28 luglio 2006, successiva alla scadenza dello stato di emergenza, avvenuta il 31 maggio, non è derogatoria dell'ordinamento vigente, ex articolo 5, comma 3, della legge n. 225 del 1992, adottata in considerazione, pur nell'assenza delle condizioni richieste dalla citata legge per un'ulteriore proroga, del permanere, comunque, di una diffusa situazione di criticità nell'ambito della gestione dei rifiuti. Infatti, la citata ordinanza è finalizzata esclusivamente a facilitare il definitivo rientro nell'ordinario senza soluzione di continuità rispetto alle azioni intraprese in regime straordinario, autorizzando il commissario delegato ad attuare e a completare tutte le iniziative già programmate in regime ordinario e, ove ne ricorressero i presupposti, tramite le procedure d'urgenza e consentendo allo stesso un più rapido ed efficace espletamento di tutti quegli adempimenti connessi alla chiusura della gestione commissariale disposti dalla legislazione a regime.
In riferimento al piano regionale dei rifiuti la dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti urbani, pericolosi, non pericolosi ed inerti, in materia di bonifica e risanamento ambientale dei suoli, delle falde e dei sedimenti inquinati, è stata richiesta dall'allora presidente della regione siciliana al fine di superare il contesto critico relativo allo smaltimento dei rifiuti e, in particolare, al fine di attuare gli adempimenti previsti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, relativi alla predisposizione e all'aggiornamento del piano regionale dei rifiuti, cui la regione non aveva ancora ottemperato. Come risulta dalle premesse dell'ordinanza n. 2983 del 1999, l'unico piano vigente alla data di emanazione dell'ordinanza stessa risaliva al mese di marzo 1989 ed era basato esclusivamente sullo smaltimento dei rifiuti in discarica. Solo poche discariche previste precedentemente erano state realizzate, mentre gli impianti al momento in esercizio, non risultando adeguati ai requisiti tecnici del tempo, non garantivano un corretto esercizio.
In merito al giudizio critico espresso dalla Corte dei conti sullo stato di attuazione del citato piano regionale, definito pressoché modesto, l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, cui sono state trasferite le competenze che erano del commissario delegato nel corso dello stato d'emergenza, ha fatto presente che, con ordinanza commissariale n. 1166 del 18 dicembre 2002, è stato adottato il piano regionale che prevede la realizzazione dei sistemi integrati per la gestione dei rifiuti, da attuarsi in ambiti territoriali ottimali, basato essenzialmente sulla riduzione e sul riuso, recupero e riciclaggio dei materiali e sulla lavorazione della frazione residuale delle due componenti secco-umido, sulla termoPag. 74valorizzazione della frazione secca, con recupero di energia, sulla stabilizzazione della frazione umida e utilizzazione preferenziale della stessa per recuperi ambientali, nonché sullo smaltimento in discarica dei residui finali innocuizzati, vale a dire i rifiuti ultimi non utilizzabili.
Nell'ambito dell'attuazione del piano, il commissario delegato ha provveduto a promuovere ed attuare le aggregazioni di comuni e province per ambiti territoriali ottimali (i cosiddetti ATO), portando così alla costituzione di venticinque società d'ambito, divenute successivamente ventisette per soddisfare le richieste provenienti da alcuni territori con particolari peculiarità, come le isole Eolie o le alte Madonie. Gli ATO hanno il compito di attuare la gestione integrata dei rifiuti nei comuni che li costituiscono e di impostare ed avviare a realizzazione un sistema integrato basato sulla termovalorizzazione per il recupero energetico del rifiuto, in particolare della frazione residuale del rifiuto stesso. A valle della raccolta differenziata, vengono selezionate la frazione umida, da stabilizzare per l'impiego preferenziale in recuperi ambientali e ricoprimento discariche, e la frazione secca, da conferire al termovalorizzatore per il recupero energetico, mentre i sovvalli (cioè le frazioni non utilizzabili), le ceneri mimetizzate e le scorie della combustione sono conferiti alla discarica. Infine, la Commissione europea, nel maggio 2003, ha ritenuto il piano in argomento conforme «alle esigenze delle rilevanti direttive europee» ed ha invitato il presidente della regione siciliana «ad impiegare tutti i mezzi necessari per una sua messa in opera efficace».
Per quanto riguarda la raccolta differenziata, come illustrato dall'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, essa costituisce il centro della pianificazione di settore e la sua organizzazione è funzionale alla complessiva gestione integrata dei rifiuti, articolandosi principalmente su quattro azioni: riduzione, riutilizzo, recupero e riciclaggio. In proposito, il piano non fissa limiti massimi alle possibili percentuali di raccolta differenziata, ma indica le linee operative sulla base delle quali si propone di raggiungere almeno il 35 per cento della raccolta differenziata, con la più ampia possibilità conferita alla società di ambito, di perseguire percentuali superiori, dando rilevanza alla raccolta monomateriale o multimateriale leggera, in grado di garantire la maggiore purezza del materiale e, quindi, un migliore recupero.
Anche se la percentuale della raccolta differenziata non ha ottenuto un incremento soddisfacente, tale aumento rappresenta un progressivo, seppur lento, miglioramento che ha determinato la nascita di un sistema industriale al servizio del riciclaggio, che in un futuro prossimo potrà contribuire alla riduzione dei costi di gestione dei rifiuti. Peraltro, solo dall'inizio del corrente anno, le associazioni ambientaliste si sono attivate per la promozione concreta della raccolta differenziata e dal 2006 il Conai (Consorzio nazionale imballaggi costituito al fine di raggiungere, ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, gli obiettivi globali di recupero e di riciclaggio stabiliti dalla normativa comunitaria e nazionale e di garantire il necessario coordinamento dell'attività di raccolta differenziata) ha annunciato lo stanziamento di un importo di circa 6 milioni di euro per l'Italia meridionale e la disponibilità a sottoscrivere convenzioni specifiche per dare un maggiore impulso alla promozione della raccolta differenziata in Sicilia.
In merito alla situazione finanziaria deficitaria delle società d'ambito, al fine di fronteggiare la carenza di liquidità, il legislatore regionale ha previsto, con l'articolo 21, comma 17, della legge regionale n. 19 del 2005, l'istituzione di un Fondo di rotazione in favore delle stesse società d'ambito, destinato a garantire la copertura delle spese inerenti la gestione integrata dei rifiuti nei casi di temporanee difficoltà finanziarie.
Inoltre, la stessa legge stabilisce che i comuni soci delle società d'Ambito hanno l'obbligo di prevedere nel proprio bilancio un capitolo per intervenire sussidiariamente rispetto alla propria società di apPag. 75partenenza, dotandolo di adeguata capacità finanziaria. Relativamente, invece, alla riduzione degli ATO dagli attuali 27 a un massimo di 14, operata con l'articolo 45 della legge regionale 8 febbraio 2007, n. 2, l'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque ha evidenziato che sono state svolte apposite riunioni con le province, i comuni, l'Unione delle province siciliane, l'ANCI (Associazione nazionale comuni italiani), le organizzazioni sindacali, i rappresentanti delle società d'ambito, le organizzazioni degli operatori economici del settore e il Forum del partenariato, comprensivo delle associazioni ambientaliste, e che è stata formulata una proposta sulle modalità di riduzione e sulle nuove possibili aggregazioni. Detta proposta è stata inoltrata, così come è previsto dalla suddetta legge regionale, al presidente della regione per il prosieguo dell'istruttoria finalizzata all'emissione del provvedimento da parte del presidente stesso.
In ordine alle iniziative realizzate per l'attuazione del piano regionale dei rifiuti e necessarie alla gestione integrata degli stessi negli ATO, l'ordinanza n. 3190 del 2 marzo 2002, predisposta esclusivamente dal Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con l'articolo 5 ha soppresso e sostituito l'articolo 4 della citata ordinanza n. 2983 e ha autorizzato il commissario delegato a stipulare apposite convenzioni con cui gli operatori industriali interessati si impegnano, cito testualmente: «(...) a trattare in appositi impianti la frazione residuale dei rifiuti e a utilizzarla in impianti di termovalorizzazione con recupero di energia da realizzarsi in siti idonei ovvero in propri impianti industriali (...)», individuandoli in base a procedure di evidenza pubblica, in deroga alla normativa europea in materia di contratti e procedure di gara comunitaria. A seguito della soppressione di quest'ultima deroga alla normativa europea, la modifica, intervenuta con l'ordinanza n. 3334 del 2004, è stata espressamente richiesta dalla regione siciliana e, quindi, ai sensi dell'articolo 4, comma 1, dell'ordinanza n. 2983 del 1999, così come sostituito dall'articolo 5 dell'ordinanza n. 3190 del 2002, il commissario delegato, presidente della regione siciliana, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha provveduto a pubblicare un avviso per la stipula delle predette convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata prodotta nei comuni della regione siciliana.
Le procedure di selezione sono state individuate con l'avviso pubblico approvato con l'ordinanza commissariale n. 670 dell'8 agosto 2002 e pubblicate nella Gazzetta ufficiale della regione siciliana, nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, in un giornale a tiratura nazionale (Il Sole 24 ore) e in uno a tiratura regionale (Il Giornale di Sicilia). Tale avviso conteneva l'invito a presentare proposte documentate di progetti sviluppati sulla base di linee guida allegate allo stesso avviso pubblico, al fine di procedere a una selezione tra quanti erano disposti ad impegnarsi a utilizzare i rifiuti residuali, in funzione delle migliori condizioni economiche e di protezione ambientale. All'esito dell'esame della documentazione trasmessa, sono state prese in considerazione le proposte avanzate da quattro raggruppamenti che coprono l'intero territorio regionale e sono stati individuati quattro sistemi impiantistici, costituiti da stazioni di trasferenza, impianti di pretrattamento, termovalorizzatore e discarica per sovvalli.
Il sistema prevede che la frazione residuale, a valle della raccolta differenziata, venga conferita dalle società d'ambito alle stazioni di trasferenza dove viene presa in carico dall'operatore industriale che provvede a trasportarla negli impianti di pretrattamento. In tali impianti vengono divisi i metalli e la frazione organica, che una volta stabilizzata è utilizzata per l'impiego preferenziale in recuperi ambientali o nel ricoprimento delle discariche, mentre la frazione secca del rifiuto urbano, al netto della raccolta differenziata risultante da tale operazione di selezione, è portata a combustione nei termovalorizzatori.Pag. 76
Secondo quanto disposto dall'articolo 2, comma 4 dell'ordinanza n. 3334 del 2004, i quattro progetti per i quattro sistemi integrati sono stati notificati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la necessaria valutazione di impatto ambientale, ottenendo in data 10 giugno 2004 parere favorevole.
Successivamente sono state convocate le conferenze di servizi e approvati i quattro sistemi relativi alle proposte avanzate dalla società Sicil Power, con termovalorizzatore previsto nel comune di Paternò, dalla società Tifeo Energia Ambiente, con termovalorizzatore previsto nel comune di Augusta, dalla società Palermo Energia Ambiente, con termovalorizzatore previsto nel comune di Palermo, e, infine, dalla società Palatani Energia Ambiente, con termovalorizzatore previsto nella zona ASI (Area sviluppo industriale) di Casteltermini.
Quanto alle affermazioni contenute nella relazione della Corte dei conti e relative alla presunta stipula delle convenzioni effettuata a prescindere dall'acquisizione dell'informativa antimafia e alla presenza di una società, tra quelle riunite in associazione temporanea di imprese, aggiudicataria di due dei quattro sistemi integrati, infiltrata dalla criminalità mafiosa, gli uffici rappresentano che la società Altecoen, all'interno della quale, a seguito di un'inchiesta avviata dal Dipartimento distrettuale antimafia, è stata rinvenuta la preoccupante presenza di infiltrazioni mafiose, ha partecipato alla selezione finalizzata alla stipula di convenzioni per l'utilizzo della frazione residuale dei rifiuti a valle della raccolta differenziata, ai fini del recupero energetico, in due ATI (Associazioni temporanee d'impresa) che, successivamente, hanno costituito le società consortili denominate Sicil Power Scpa e Tifeo energia ambiente Scpa, di cui fanno parte diverse altre società.
In proposito il commissario delegato ha provveduto a richiedere alle prefetture di Catania, Palermo ed Enna, competenti per territorio, le informazioni antimafia sia per le società consortili, sia per le singole società che le costituiscono.
La prefettura di Catania ha comunicato che per la società Sicil Power «(...) non emergono, alla data odierna, elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa»; la prefettura di Palermo ha comunicato per la società Tifeo che «(...) non si hanno elementi utili a dimostrare la sussistenza di infiltrazioni mafiose o tentativi di condizionamento nelle scelte o negli indirizzi della società e delle persone interessate (...)»; la prefettura di Enna ha comunicato per la ditta Altecoen che «(...) non sussistono cause di divieto, sospensione e decadenza né, secondo le informazioni fornite dagli organi di polizia, risulta che siano emersi elementi atti a comprovare, allo stato, tentativi di infiltrazione mafiosa (...)». In ogni caso, l'Altecoen ha ceduto le proprie quote rispettivamente a Elettroambiente Spa, Panelli Impianti Tecnologici Spa, Daneco Spa e D.B. Group Spa e non è più presente nelle due società consortili Tifeo e Sicil Power.
Per quanto riguarda la vicenda che ha avuto come esito la revoca dei contratti di lavoro di due funzionari, il dottor Gioacchino Genchi e il dottore Alessandro Pellerito, la stessa Agenzia regionale comunica che, nell'ambito dei dipartimenti regionali, gli incarichi dirigenziali sono affidati dal dirigente generale del dipartimento e non dalla giunta di governo: nel caso in questione, essendo stato nominato un nuovo dirigente generale, questi, nel momento in cui sono scaduti i precedenti incarichi, ha provveduto ad effettuare un normale avvicendamento nella direzione dei servizi.
Con specifico riferimento alla procedura di infrazione comunitaria avviata nei confronti del Commissariato per l'emergenza nel settore dei rifiuti e delle bonifiche della regione Sicilia, culminata nella sentenza della Corte di giustizia europea del 18 luglio 2007, che ha condannato la Repubblica italiana per inadempimento, ex articolo 226, Trattato CEE, si rappresenta che l'inadempimento riguarda la procedura di affidamento dello smaltimento di rifiuti mediante termovalorizzazione in Sicilia e, in particolare, consiste nella mancata pubblicazione del bando di garaPag. 77poiché il commissario delegato si è limitato a pubblicare un mero avviso nella Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee.
L'avviso conteneva tutti gli elementi necessari per la partecipazione alla procedura selettiva e hanno partecipato oltre trenta operatori riuniti in sette sezioni temporanee di impresa, circostanza che, in considerazione della tipologia del servizio, è da ritenersi senza dubbio una partecipazione sufficientemente ampia.
È utile, altresì, evidenziare che la mancata applicazione dell'articolo 15 della direttiva del Consiglio 92/50/CEE del 18 giugno 1992, relativa appunto alle forme di pubblicità del bando di gara da osservare, deriva dalla differente qualificazione giuridica del rapporto che è stata data dal commissario delegato rispetto alla Commissione europea. Infatti, secondo il commissario, confortato anche dalla giurisprudenza nazionale, si tratterebbe di una concessione di servizi, mentre, secondo la Commissione europea, si tratterebbe di un appalto di servizi, atteso che la remunerazione per i servizi deriva solo dagli importi versati da terzi per l'utilizzo dei servizi stessi, forma di pagamento che determina assunzione del rischio della gestione. Tale assunto è stato contestato anche in diritto dal commissario, le cui osservazioni, peraltro, non sono state recepite dalla Commissione.
Per quanto riguarda, infine, il riconoscimento, da parte della Corte di giustizia europea, della violazione del diritto comunitario da parte dello Stato italiano - che non si è ancora tradotto in una sentenza che preveda il pagamento di una somma forfettaria o di una penalità - il Governo sta valutando i provvedimenti da adottare per assicurare la tempestiva esecuzione della predetta sentenza. In ogni caso, il Governo continuerà a svolgere la sua attività di vigilanza su tutta questa complessa e difficile materia.
PRESIDENTE. L'onorevole Lomaglio ha facoltà di replicare.
ANGELO MARIA ROSARIO LOMAGLIO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Naccarato per la puntualissima ricostruzione; non sono d'accordo, però, con quanto affermato e mi dichiaro profondamente insoddisfatto per la risposta del Governo: al di là della ricostruzione attenta - che denota anche la volontà del Governo, poi dichiarata dal sottosegretario Naccarato, di seguire e di continuare a seguire questa complessa vicenda - credo che non si traggano le conseguenze di ciò che è emerso. Siamo ormai a nove anni dal primo commissariamento del 1999 e, nonostante tutto, sono stati raggiunti risultati assolutamente insoddisfacenti sul piano della raccolta differenziata (le cifre sono state già riferite) e sul piano dell'integrazione del ciclo dei rifiuti: siamo in una condizione che la Corte di giustizia delle comunità europee ha denunciato, anche con riferimento alla trasparenza delle procedure adottate, ad esempio, in merito alle convenzioni.
Ritengo che la risposta dell'Agenzia regionale per i rifiuti e le acque, menzionata nell'intervento del sottosegretario, non sia accettabile, in maniera particolare per il tentativo di spiegare la posizione dell'Alta Corte, distinguendo concessione di servizi e appalto di servizi. Ricordo che si tratta certamente di un appalto di servizi, considerata, appunto, la complessità - peraltro citata - delle opere e degli interventi richiesti ai raggruppamenti di imprese. Mi impressiona, però - e per questo ringrazio il sottosegretario Naccarato -, la valutazione del Governo sulla criticità che la situazione siciliana conserva e che, peraltro, mi pare abbia portato il Governo a non revocare l'incarico attribuito al presidente della regione, il quale, se ho ben compreso, è ancora commissario delegato per l'emergenza rifiuti, ai sensi delle ordinanze che sono state citate. Per tali ragioni ritengo che la vigilanza, a fronte di una situazione che gli interpellanti hanno denunciato e che inquieta e preoccupa una gran parte delle comunità siciliane, dovrebbe portare il Governo a un'azione di verifica.
Annuncio al rappresentante del Governo che la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attivitàPag. 78illecite ad esso connesse, nei prossimi giorni, sarà in Sicilia, proprio per verificare lo stato di attuazione del piano regionale dei rifiuti: credo che, da questo rapporto tra Governo e organismi parlamentari, debba nascere anche un approfondimento della condizione reale del ciclo dei rifiuti.
Credo che sarebbe davvero drammatico se non si facesse di tutto per evitare che fenomeni gravissimi (come quello che ha portato in Campania non soltanto all'emergenza, lo ripeto, di carattere ambientale, ma anche al verificarsi di un «inquinamento» che riguarda infiltrazioni mafiose e affaristiche, che sono oggetto di indagine giudiziaria, anche a carico dei più alti vertici della regione Campania) possano interessare anche la regione siciliana.
In questo senso, mi sento non solo di sollecitare il Governo, ma di porre l'attenzione proprio sulla vigilanza, che deve continuare e che può trovare forme ispettive, proprio per quanto è stato oggi detto dal sottosegretario Naccarato.
Invito, quindi, ad attivare queste forme ispettive e di controllo, riservandomi, insieme agli altri interpellanti, ulteriori momenti per cercare di sollecitare il Governo, anche perché vengano affrontate concretamente alcune questioni.
Ritengo inaccettabile che i cittadini di Caltanissetta debbano subire aumenti del costo del servizio, perché l'incapacità del commissario delegato ha portato a non realizzare le discariche nell'ATO CL1 della regione siciliana. Pertanto, i rifiuti, con un «turismo» del tutto inappropriato, devono fare duecento chilometri per essere conferiti nella discarica di Motta Sant'Anastasia, in provincia di Catania. Questo è inaccettabile e chiedo che il Governo intervenga.