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Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 7 settembre 2007, n. 147, recante disposizioni urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2007-2008 ed in materia di concorsi per ricercatori universitari (A.C. 3025-A) (ore 11,25).
(Esame dell'articolo unico - A.C. 3025-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 3025 sezione 3), nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 3025 sezione 4).
Avverto che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dalle Commissioni (Vedi l'allegato A - A.C. 3025 sezione 5).
Ricordo che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 3025 sezioni 1 e 2).
Avverto che prima dell'inizio della seduta sono state ritirate le seguenti proposte emendative: Froner 1.36, Goisis 1.011 e Benzoni 2.21.
Avverto che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, 89 e 96-bis, comma 7, delPag. 3Regolamento, le seguenti proposte emendative, già dichiarate inammissibili nel corso dell'esame in sede referente: Garagnani 1.01, concernente l'insegnamento, nell'ambito dei programmi delle scuole di ogni ordine e grado, della tradizione culturale cristiana (deve, inoltre, considerarsi inammissibile anche l'articolo aggiuntivo Garagnani 1.010, su analoga materia, presentato solo per la fase di esame in Assemblea); Aprea 2.3, volto a esonerare dal servizio il personale eletto nei consigli di disciplina; Raiti 2.24, volto a consentire ai dirigenti scolastici la permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età, a prescindere dal numero di anni di contribuzione; Porfidia 2.01, riguardante l'inquadramento nelle posizioni stipendiali previsto dal contratto collettivo nazionale del comparto scuola di alcuni direttori dei servizi generali e amministrativi delle istituzioni scolastiche ed educative; Aprea 2.02, volto ad articolare la professione docente in tre distinti livelli.
Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, 89 e 96-bis, comma 7, del Regolamento, ulteriori proposte emendative. Tali proposte non sono state previamente presentate in Commissione e il loro contenuto non risulta strettamente attinente all'oggetto del decreto-legge in esame: Goisis 1.73, che prevede lo svolgimento di un modulo didattico obbligatorio volto a trasferire ai minori immigrati le conoscenze fondamentali della tradizione cristiana; Porfidia 2.66 e 2.67, volti a consentire che i vincitori del corso-concorso per dirigente scolastico, non confermati negli incarichi per l'anno scolastico 2007-2008, svolgano mansioni precedentemente svolte; Barbieri 3.50, finalizzato a modificare la disciplina per il reclutamento dei ricercatori universitari; Tocci 3.53, volto a destinare le risorse finanziarie destinate all'ANVUR all'attività del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU) e del Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca (CIVR); De Simone 3.55, volto a stabilire le modalità attuative riguardanti il sostegno ai progetti presentati dai ricercatori universitari; Goisis 3.010, che definisce una nuova articolazione in quattro funzioni del comparto scuola; Goisis 3.011, che individua nuovi criteri per la definizione dello Statuto degli insegnanti.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative presentate l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.
SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, dopo la discussione sulle linee generali svoltasi ieri, dopo un primo confronto con il Governo e tra maggioranza e opposizione in quest'aula, affrontiamo il complesso degli emendamenti presentati al disegno di legge di conversione del decreto-legge recante misure urgenti per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico 2007-2008 ed in materia di concorsi per ricercatori universitari.
L'iter di queste norme, signor Presidente, è curioso, ma non isolato e su di esso bisognerebbe consentire a quest'Assemblea un'ulteriore riflessione.
Si tratta infatti di una norma, che originariamente era inserita all'interno di uno dei tre provvedimenti Bersani giunti all'attenzione di quest'Assemblea e che, su richiesta dell'opposizione, è stata stralciata in quanto contenente misure, che riguardavano il sistema scolastico e che ben poco avevano a che fare con il quadro delle liberalizzazioni messo sul tappeto dalla proposta del Ministro Bersani.
Tale norma, quindi, fu stralciata ed intraprese un percorso differente: essa fu trasmessa alla Commissione competente - la VII Commissione (cultura), presieduta dal presidente Folena - ed iniziò il proprio iter di discussione politica, dove vi è stato a mio parere un confronto anche piuttosto costruttivo. Nel seguire i lavori della VII Commissione, tra maggioranza e opposizione vi sono stati elementi di contrasto, ma anche di accordo su alcuni punti in particolare, tant'è che il provvedimento ha concluso il proprio iter in sede referente all'interno della Commissione competente in assoluta tranquillità e serenità.
Durante tale percorso, questo provvedimento ha cominciato a chiamarsi «DisposizioniPag. 4urgenti per ...»: questo è l'iter che ha avuto in Commissione, per poi arrestarsi presso la Commissione bilancio alla vigilia della pausa estiva.
Ci troviamo, signor Presidente, ormai alla fine di settembre, a convertire un decreto-legge del Governo sulla stessa identica materia. Il Governo ha raccolto norme in materia scolastica contenute in un altro disegno di legge, che erano già state esaminate dalla VII Commissione e che, certamente, ben poco hanno a che fare con l'avvio dell'anno scolastico. Come affermava ieri la collega Aprea, abbiamo effettuato una valutazione: sono inseriti in tale decreto-legge 3 articoli con 14 commi, corrispondenti più o meno a 14 argomenti diversi.
Ammettiamo pure che questo decreto-legge abbia i requisiti di necessità e di urgenza nella parte che riguarda le sanzioni per gli insegnanti. Ammettiamo pure che li abbia per quanto riguarda il reperimento di fondi per le sostituzioni e per le maternità, ma per tutto il resto riteniamo che tali requisiti di necessità e di urgenza non vi siano e soprattutto che, anche qualora vi fossero, siano da mettere in secondo piano rispetto al percorso, già attivato e concluso in sede referente presso la VII Commissione, del disegno di legge da cui tali norme vengono prese.
Si tratta quindi, ancora una volta, di un atteggiamento singolare del Governo: una Commissione svolge il suo lavoro, discute, vi è un confronto tra maggioranza e opposizione, ma a un certo punto tale confronto viene vanificato perché il Governo decide che bisogna procedere mediante decreto-legge.
Si tratta, quindi, di una questione di metodo, che ritengo sia necessario porre alla Presidenza e all'Assemblea per una riflessione ulteriore. Credo, infatti, che ciò mortifichi non soltanto il Parlamento in generale e il lavoro della Commissione, ma a maggior ragione il lavoro dei deputati della maggioranza. Questi ultimi, in sede di conversione del decreto-legge, certamente possono avanzare proposte emendative (ascoltavo ieri, da parte del Viceministro Bastico, parole di disponibilità ad accogliere eventuali modifiche, che mi auguro vi siano), ma stiamo pur sempre parlando di un atto avente forza di legge già in vigore.
Ci troviamo, pertanto, nella necessità di convertire un decreto-legge in vigore, quindi in tempi stretti. Il Governo di fatto comunica alla VII Commissione (della quale mi fa piacere vedere oggi qui in aula anche il presidente Folena): «Svolgete pure il lavoro che preferite! Tuttavia, quando lo stesso Governo ritenga che tale lavoro vada un po' troppo per le lunghe oppure possa essere scavalcato in qualche modo dalla decretazione d'urgenza, prenderà queste norme e le inserirà in un decreto-legge, immediatamente efficace; poi ci si rivedrà al momento della conversione, perché il vostro disegno di legge, su cui la Commissione ha già lavorato, può aspettare!».
In questo senso, onorevoli colleghi, si tratta di un percorso tristemente parallelo a quello della sicurezza stradale. La Camera e persino il Senato hanno affrontato la discussione di un disegno di legge, vi è stato un confronto tra maggioranza, opposizione e Governo, successivamente e miracolosamente il Governo, all'inizio dell'estate, con un'operazione un po' demagogica ha tirato fuori dal cilindro il decreto sulle sanzioni, ponendo in essere qualcosa, che in una democrazia dovrebbe far riflettere. Non intendo dire che ci troviamo ai livelli della giunta birmana, ma ritengo che quando un Governo interviene in materia di sanzioni penali mediante decreto-legge, seppure successivamente ad un passaggio parlamentare, vi sia qualcosa che non va.
Il provvedimento in discussione - lo ripeto - presenta una eterogeneità: 14 argomenti diversi in 14 commi.
Inoltre, vi è un problema di metodo consistente nel fatto che il Governo ha approfittato della presenza in Commissione e della conclusione dell'iter di questa norma per emanare un decreto, che ha ben poco a che vedere con l'urgenza dell'avvio dell'anno scolastico, se non per due norme che anche noi riconosciamo utili. Prendiamo atto che vi è una problematicaPag. 5di metodo anche in relazione alla previsione che riguarda i ricercatori, sebbene vi sia una disponibilità da parte di Forza Italia a sostenere tale esigenza. Alla questione di metodo si unisce quella di merito, attinente alla riforma Moratti.
Riteniamo che quest'ultima sia stata una riforma virtuosa, che ha inserito nuovi meccanismi effettivamente positivi per lo sviluppo della scuola italiana, per la crescita dei nostri giovani e per la loro formazione. Tuttavia, riteniamo anche che la riforma Moratti abbia avuto il pregio di essere una riforma che il Parlamento ha discusso. Ora si vuole smontare la riforma Moratti per decreto, con il cosiddetto cacciavite del Ministro Fioroni, per motivi anche di natura quasi esclusivamente pregiudiziale e ideologica. Si pensi alla questione del tempo pieno - sulla quale, peraltro, la sinistra ha avuto la cattiva creanza di portare i bambini in piazza nella scorsa legislatura - e si pensi a tutte le «balle» affermate in merito al tempo pieno, smentite anche autorevolmente nel corso della trasmissione televisiva «Porta a porta» dal segretario della CISL di quel tempo, che disse che il tempo pieno non era stato cancellato dalla riforma Moratti, bensì organizzato diversamente.
Sono state dette tante «balle» sul tempo pieno; oggi si passa nuovamente alla vecchia organizzazione del tempo pieno anche se, tra l'altro, non si riesce a comprendere neanche se garantirà le stesse classi.
Tuttavia, intervenire mediante un decreto-legge per ripristinare, per esempio, gli esami di ammissione alla maturità - al di là del merito e del fatto che sia giusto o meno - ci sembra sbagliato, perché crediamo che su questo punto debba discutere un Parlamento sovrano.
Allora, occorre svolgere un'ulteriore riflessione e chiedersi come si possa pretendere il rispetto nei confronti del Parlamento e dell'immagine dei deputati se il Governo, per primo, non ha rispetto del Parlamento e dei deputati (non mi riferisco solo ai deputati dell'opposizione).
Mi auguro davvero che tale dibattito sia costruttivo, perché ve n'è tanto bisogno.
Anche per la parte che riguarda le sanzioni occorre una riflessione di natura metodologica, ma non solo. È chiaro che l'abbreviazione dei tempi per l'applicazione di provvedimenti disciplinari non può che essere giudicata positivamente. È chiaro che rappresenta un dato positivo la possibilità dei presidi di sospendere gli insegnanti in presenza di condizioni talmente gravi da imporre moralmente tale scelta.
Tuttavia, qual è il motivo per cui tale genere di stretta, che pure non è completa, attraverso questo meccanismo sanzionatorio non interviene negli altri comparti del pubblico impiego, bensì solamente nella scuola?
Qual è stato il motivo che ha permesso al Ministro Fioroni l'adozione di tali misure? L'emergenza di una specifica inchiesta, un caso specifico, non certo il fatto che il sindacato si sia «svegliato» da un giorno all'altro e sia improvvisamente diventato riformista e abbia allentato il «cordone sanitario» che tutela - e spesso stratutela - i dipendenti pubblici, in questo caso gli insegnanti.
Quindi, ben venga una norma che dà la possibilità di intervenire con sanzioni disciplinari in maniera più diretta ed efficace e di sospendere gli insegnanti indagati per gravi reati! Ben venga quel meccanismo che, in tutto il pubblico impiego, non subordina necessariamente alla conclusione di un'inchiesta (con i tempi, a noi noti, delle inchieste) l'irrogazione delle sanzioni e le attività disciplinari inerenti al pubblico impiego!
È evidente, però, che ciò avviene sull'onda emotiva di un caso che ha tenuto banco sulle prime pagine dei giornali e dei telegiornali: ci riferiamo al caso di Rignano. Sappiamo benissimo come ciò possa esser un elemento, anche emotivo, che forza i tempi e crediamo che il Ministro Fioroni abbia inviato un segnale positivo anche se dovrebbe esserci un atteggiamento complessivo, verso l'intero comparto del pubblico impiego, volto a creare segnali non solo di natura sanzionatoria, ma anche premiale. Sembra una riflessione banale ma va fatta! In tutto ilPag. 6pubblico impiego - scuola compresa - bisogna riuscire a creare meccanismi in base ai quali si paghi di più e meglio chi lavora (e chi lavora bene) e si paghi di meno e si sanzioni (in ipotesi, anche con il licenziamento) chi lavora male, chi non lavora o chi a lavorare non ci va per niente!
Sembra una banalità, ma crediamo che ciò debba essere fatto e per questo riteniamo che si debba intervenire in maniera più organica sul meccanismo delle sanzioni e anche su quello delle premialità. È nostra opinione che si debba lavorare in maniera più organica (non è nuova la richiesta di un testo unico sulla scuola, sui meccanismi che riguardano l'ordinamento scolastico, lo status giuridico dei docenti) e che non si possa intervenire ogni volta per decreto, smontando, un pezzettino dopo l'altro, una riforma dotata di una propria organicità, la cosiddetta riforma Moratti.
Credo che quanto affermato ieri dalla collega Aprea in Assemblea sia sacrosanto: se esiste un progetto alternativo di riforma (e non credo sia tale l'iniziativa del Quaderno bianco sulla scuola, che mi sembra alternativa fino ad un certo punto), se c'è un progetto di riforma alternativo al modello Moratti, lo si porti in quest'Assemblea! Ci si confronti! Ci si scontri! Si discuta, anche ad alta voce, anche con grande passione, lo si voti e si veda cosa succede, ma non si proceda per decreto! Non si proceda a smontare pezzo per pezzo, tassello per tassello, bullone per bullone, vite per vite, un impianto costruito per rimanere insieme e per funzionare tutto intero. È questo, infatti, il meccanismo che viene attuato, con i regolamenti ministeriali, con i decreti e con le occasioni che, volta per volta, vengono fornite dall'attualità e dall'emergenza che poi diventano, come vediamo e sappiamo, necessità ed urgenza.
Quindi, ecco la necessità di una maggiore organicità, di una visione complessiva, che forse a questa maggioranza in qualche modo manca sul tema della scuola, che è e rimane un tema centrale.
Ripeto ci sono ...
PRESIDENTE. Onorevole Baldelli, concluda.
SIMONE BALDELLI. Concludo, Presidente. Sono presenti elementi che condividiamo all'interno del decreto, elementi di merito sui quali certamente il voto favorevole di Forza Italia non mancherà, ma ci sono elementi che non condividiamo (e sono elementi non solo di metodo, ma anche di merito) ed è su questi che daremo battaglia con i nostri emendamenti (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, il decreto-legge in esame anticipa alcune misure già previste dal disegno di legge atto Camera 2272-ter, cosiddetto «Bersani ter-A», che ha subito una battuta d'arresto. L'articolo 1, comma 1, ha ripristinato il modello del tempo pieno precedente alle modifiche introdotte dalla cosiddetta legge Moratti con il decreto legislativo n. 59 del 2004.
Il dettato di questa norma presenta molte ambiguità e i limiti delle intenzioni governative: ristabilisce l'esistenza del modello del tempo pieno limitandolo de facto alle sezioni già esistenti secondo la volontà amministrativa affermatasi negli anni Ottanta e Novanta.
La Lega Nord è attenta ai problemi sociali e, ovviamente, sarebbe d'accordo sull'istituzione del tempo pieno come formula scolastica in grado di esaudire la domanda sociale delle famiglie, anche al fine di attuare nelle scuole modelli modulari didatticamente innovativi.
La vostra proposta non legittima, però, tale formula, perché l'erosione delle compresenze procede più velocemente che ai tempi della riforma Moratti in virtù della diminuzione dell'organico e nuove scuole si trovano nella necessità di «bruciare» le predette compresenze per mantenere il totale di ore di classe o per far fronte alle diverse emergenze non coperte da risorse ordinarie.Pag. 7
Non a caso, la norma prevede la realizzazione del modello del tempo pieno nei limiti della dotazione complessiva dell'organico di diritto. Il Governo continuerà a dire nelle vetrine mediatiche di avere ripristinato il tempo pieno, mentre la finanziaria per il 2007, e anche quella in preparazione, continueranno ad erodere personale docente per evitare l'incompatibilità di bilancio. La clausola di salvaguardia per evitare di far lievitare ulteriormente il budget massimo di 626 milioni di euro ha determinato la riduzione del 60 per cento dei fondi di funzionamento delle scuole.
Le scuole che hanno istituito il tempo pieno dovranno scegliere se rinunciare alle compresenze oppure utilizzare illegittimamente ore del sostegno o dell'attività alternativa all'insegnamento della religione cattolica oppure chiedere ai genitori di togliere un pomeriggio e affidarlo a cooperative private.
Si tratta di opzioni già operanti, che questa norma sottintende e sostiene per rendere flessibile il modello. La finanziaria per il 2007 ha infatti previsto, all'articolo unico, comma 605, un incremento percentuale dello 0,4 del valore medio nazionale del rapporto alunni-classi (dalle attuali 20,6 a 21 unità per classe), da realizzare nel rispetto della normativa vigente.
Con circolare ministeriale del 13 febbraio 2007, n. 19, è stato trasmesso alle istituzioni scolastiche lo schema di decreto interministeriale relativo alla determinazione degli organici per l'anno scolastico 2007-2008, contestualmente sottoposto al concerto del Ministero dell'economia e delle finanze. Il decreto in questione prevede una riduzione dell'organico di 14.179 unità.
Ne consegue che tale modello didattico, come precedentemente è stato sottolineato, potrà continuare ad essere una formula scolastica flessibile. A questo proposito, il gruppo Lega Nord ha presentato talune proposte emendative intese ad intervenire su alcuni profili oggi presenti nella nostra scuola.
Sappiamo infatti che nella nostra scuola è crescente la presenza di alunni immigrati, alunni extracomunitari; nel momento in cui vengono introdotti nelle classi normali, nelle normali classi elementari, costoro incontrano delle difficoltà oggettive di apprendimento dovute a ostacoli linguistici e culturali che tutti possiamo facilmente comprendere.
Ciò comporta che il programma scolastico, così come è concepito dalle leggi in vigore, in queste classi dove alta è la presenza di alunni extracomunitari, viene rallentato. Il programma scolastico, quindi, non segue un percorso normale, così come vorrebbero le leggi vigenti, a scapito di chi il programma sarebbe in grado di apprenderlo (a scapito, dunque, degli alunni italiani).
Capiamo la volontà degli insegnanti di cercare di mantenere per tutti gli alunni lo stesso livello di apprendimento; però, ciò comporta, oggettivamente, che ci sia un ritardo nell'apprendimento del programma scolastico.
Abbiamo presentato talune proposte emendative che contengono la stessa soluzione già adottata in una mozione discussa in questa Assemblea ovvero la costituzione di classi di inserimento per alunni extracomunitari; classi all'interno delle quali verrebbero svolti corsi specifici per l'apprendimento della lingua e delle nozioni, per poi permettere a questi alunni di mettersi al pari, per quanto riguarda il programma scolastico, con gli altri alunni italiani che non hanno queste difficoltà di comprensione della lingua e di comprensione culturale.
La mozione era stata discussa all'interno di questa Assemblea ed era stata «bocciata» dalla maggioranza. Oggi, noi riproponiamo l'istituzione di classi di inserimento temporanee attraverso gli emendamenti presentati a questo provvedimento, ricordando che non si tratta di una proposta che abbiamo inventato noi.
In una provincia - quella, addirittura governata dal centrosinistra, di Bolzano - si discute dell'adozione di tale misura; non è stata ancora applicata, ma si discute dell'istituzione di classi di inserimento temporanee: non per una forma di discriminazione, ma per l'intenzione di dare aPag. 8tutti gli alunni la possibilità di apprendere e di seguire il programma scolastico così come il programma scolastico stesso prevede, cioè nei tempi e nei modi previsti dalla legge. Oggi, infatti, in certe classi, in alcune zone delle nostre città, dove alta è la presenza degli alunni extracomunitari, il programma è rallentato giocoforza, perché gli insegnanti si preoccupano, peraltro giustamente, di insegnare le nozioni di base che mancano agli alunni extracomunitari, nozioni di cui però sono già in possesso gli alunni italiani. Al riguardo, abbiamo quindi proposto degli emendamenti, che auspichiamo vengano approvati dall'Assemblea.
Entrando nel merito della normativa vigente che disciplina il tempo lungo e il tempo prolungato, si ricorda peraltro che ai sensi dell'articolo 19, comma 4, del decreto legislativo n. 59 del 2004, gli articoli 129 e 130 del testo unico sulla scuola sono stati abrogati a decorrere dall'anno scolastico successivo alla data di entrata in vigore del provvedimento. Di conseguenza non appare congruo il riferimento, per il tempo pieno, al modello didattico previsto dell'articolo 130 del testo unico, abrogato dal decreto legislativo n. 59 del 2004.
Quanto al rispetto dei limiti di spesa previsti per il personale della scuola dalla legge di bilancio, non si capisce come mai non si faccia riferimento all'aggregato della finanza pubblica, dal momento che le disposizioni in esame investono anche la competenza degli enti locali. L'impressione è che il Governo voglia mettere in atto una politica degli organici non rigidamente calcolata sul rapporto frontale alunni-docenti, coinvolgendo regioni e comuni nell'organizzazione delle classi funzionanti a tempo pieno nonché nello stanziamento di risorse finanziarie integrative, in quanto lo Stato potrebbe chiedere agli enti locali il personale educativo per garantire i servizi connessi all'attuazione dell'orario settimanale di quaranta ore per gli studenti abili, per quelli diversamente abili nonché per attività di integrazione dei minori immigrati.
Il comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge fissa in 178 milioni 200 mila euro a decorrere dall'anno 2007 il limite di spesa per gli esami di Stato conclusivi dei percorsi di istruzione secondaria superiore presso gli istituti del sistema nazionale di istruzione. Si specifica, nella relazione tecnica, che sono a carico dello Stato anche i compensi per i commissari esterni e per i presidenti delle commissioni degli istituti paritari e degli istituti pareggiati e legalmente riconosciuti, in cui continuano a funzionare corsi di studio ai sensi dell'articolo 1-bis, comma 6, del decreto legge n. 250 del 2005; si escludono invece da tale compenso i commissari interni, che saranno quindi a carico delle scuole paritarie, alle quali il Governo concede la disponibilità delle risorse accantonate sull'unità provvisionale di base Fondo da destinare alle scuole non statali, risorse corrispondenti a 9,2 milioni di euro che il decreto legge n. 81 del 2007 renderebbe disponibili per l'integrazione dell'insufficienza di risorse verificatasi nel corso dell'anno 2006. Aggiungiamo poi che il predetto aumento degli stanziamenti non viene fatto con risorse aggiuntive, bensì con riduzione degli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria per il 2007 per ambiti di intervento che qualificano l'offerta formativa, quali l'obbligo scolastico, la sicurezza sui luoghi di lavoro, la gratuità degli libri di testo, la formazione tecnica superiore e l'innovazione tecnologica.
Con riferimento all'articolo 1, comma 4-ter, con cui si dispone che l'esame conclusivo della scuola secondaria di primo grado sia integrato con un'ulteriore prova scritta a carattere nazionale, si rileva che il Governo non precisa alcuna forma di copertura né fornisce chiarimenti circa i possibili oneri derivanti dalla norma, connessi ad esigenze di carattere logistico ed organizzativo.
Per quanto concerne invece l'istituzione delle cosiddette sezioni primavera, il Governo estende al Paese il modello dell'Emilia-Romagna, costoso per le famiglie meno abbienti. Il Governo di centrodestra aveva cercato di assicurare il diritto all'infanzia di tutti i bambini, anticipando l'ingresso nella scuola a due anni e mezzo. L'estensionePag. 9dei servizi per l'infanzia da zero ai sei anni è un bisogno diffusamente sentito dalla popolazione e risponde all'esigenza di sostenere la famiglia e l'occupazione femminile.
Ma la costituzione di sezioni cosiddette «primavera» sembra assolvere all'unico scopo di nascondere il rifiuto politico dell'anticipo previsto dalla legge n. 53 del 2003 (in un articolo che è stato abrogato). In realtà, però, con questa iniziativa si determinano le seguenti situazioni: si anticipa di un anno intero l'età (le classi primavera verranno così costituite con bambini di due anni); si destinano a tali sezioni maestre statali, mentre all'epoca si contestava che esse potessero occuparsi di bambini di due anni e mezzo; si invade una competenza specifica degli enti territoriali - e in particolare delle regioni - relativa agli asili nido e così si contraddice il giusto orgoglio del Governo di attuare un piano di istituzione di asili nido su tutto il territorio nazionale.
Gli asili nido, destinati ai bambini di età fino ai tre anni, sono disciplinati dalla legge n. 1044 del 1971, nella quale l'assistenza prestata attraverso tali strutture viene definita quale servizio sociale di interesse pubblico, rivolto a tutta la cittadinanza e gestito dai comuni sulla base della programmazione regionale. Tale provvedimento si colloca esplicitamente nel quadro di una politica sociale per la famiglia, assegnando all'asilo nido il compito di provvedere alla temporanea custodia dei bambini e facilitando così anche l'accesso delle donne al lavoro.
L'inquadramento del servizio nella materia concorrente dell'assistenza e dei servizi sociali - la cosiddetta «beneficenza pubblica» del vecchio testo dell'articolo 117 della Costituzione - emerge quindi con chiarezza sia nella lettera della legge del 1971 sia nella stessa giurisprudenza costituzionale, la quale, in più occasioni, ha ricondotto le relative funzioni a quelle trasferite a regioni ed enti locali ad opera dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977. È grazie alla legislazione regionale - adottata appunto nell'ambito dell'esercizio di tale competenza concorrente - che il nido si è invece trasformato progressivamente da luogo della custodia temporanea a spazio educativo, formativo e di socializzazione dei bambini, arricchendo le funzioni del servizio prestato al suo interno e, al tempo stesso, imponendo una maggiore qualificazione del personale addetto.
L'esame della legislazione regionale vigente in materia a partire dagli anni Ottanta è emblematico: l'asilo nido viene definito quale servizio socio-educativo di interesse pubblico, teso a favorire la crescita psicofisica e la socializzazione del bambino nei primi tre anni di vita. In questa prospettiva, il legislatore regionale prescrive caratteristiche strutturali ed organizzative adeguate: titoli di studio e formazione per il personale educativo ed ausiliario.
L'originaria finalità di assistenza alla famiglia e la natura di mero servizio di supporto al lavoro dei genitori si arricchiscono quindi - alla luce dell'evoluzione degli studi pedagogici - di nuove finalità educative, segnando il passaggio da una legislazione improntata alla promozione dell'istituto familiare ad una normativa che tende ad inquadrarsi nelle più moderne politiche regionali per l'infanzia, le quali riconoscono i bambini quali soggetti di diritti individuali, giuridici, civili e sociali, e disciplinano funzioni e strumenti affinché essi siano rispettati come persone. In questa prospettiva, il soggetto tutelato dalla disciplina recata dalla normativa regionale sugli asili nido non è più soltanto la famiglia ed in particolare la donna lavoratrice, ma sempre più è il bambino, il quale da oggetto di tutela diviene sempre più soggetto protagonista della legislazione regionale in questione.
In questo contesto, la normativa di cornice statale, che è rimasta ferma alla legge del 1971, nel definire la finalità «custodialistica» del servizio, risente di un approccio antiquato e di un'inadeguatezza sempre più evidente, se la si confronta con la nuova prospettiva inaugurata dal legislatore regionale nelle politiche sociali per l'infanzia. Siamo quindi di fronte ad un settore nel quale la legislazione regionalePag. 10ha svolto un ruolo primario - e, per così dire, d'avanguardia - nel recepire prontamente le spinte evolutive della società e le indicazioni della più moderna riflessione pedagogica ed educativa.
In sostanza, si tratta della statalizzazione di un pezzo degli asili nido, al quale verranno applicate le regole, gli insegnamenti, le metodologie, il calendario, le cattedre, gli orari della scuola dell'infanzia, che invece, con la legge n. 53 del 2003, venivano riservati esclusivamente ai bambini che si sentivano pronti a questo modello di istituzionalizzazione.
Signor Presidente, gli ulteriori argomenti verranno approfonditi dai successivi oratori del gruppo Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Prestigiacomo. Ne ha facoltà.
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo sul complesso degli emendamenti per rilevare, ancora una volta, il fatto che il decreto-legge al nostro esame non rappresenta, come dovrebbe, lo strumento per risolvere questioni urgenti (che necessitano, appunto, di una corsia preferenziale); si tratta di un provvedimento contenente disposizioni su questioni molto importanti che si sarebbero potute affrontare con ben altro dibattito ed approfondimento.
Purtroppo, l'attuale Governo ci ha abituati a comprimere le discussioni, ponendoci di fronte a continue forzature; peraltro, mi piacerebbe che il Governo fosse presente nel momento in cui si svolge un intervento sul complesso degli emendamenti... Signor Presidente, vorrei che i rappresentanti del Governo sedessero ai banchi loro riservati e seguissero l'intervento, che potrebbe anche essere utile.
PRESIDENTE. Dov'è il rappresentante del Governo?
LUCA VOLONTÈ. Allora!
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Il Governo è andato a prendere un caffè (Commenti dei deputati del gruppo L'Ulivo)!
PRESIDENTE. No, per cortesia!
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Il rappresentante del Governo è presente in aula; chiedo al sottosegretario, ringraziandolo per questo, se cortesemente può seguire il mio intervento. Come dicevo, il metodo cui ci ha abituati il Governo è assolutamente improprio, quello, cioè, di affrontare questioni importanti attraverso strumenti impropri.
Voglio ricordare che pochi mesi fa, per citare un esempio, si è verificato il caso della legge sulle tossicodipendenze e del maldestro tentativo di stravolgerla, modificando attraverso un provvedimento ministeriale le tabelle che stabilivano le dosi minime.
Oggi, invece, nel mirino del Governo vi è la riforma della scuola varata dal Governo Berlusconi - la riforma Moratti -, sulla quale si vuole incidere a colpi di decreto-legge, modificando disorganicamente ed a pezzi quella che è stata, invece, una revisione organica del sistema dell'istruzione.
La ragione della nostra opposizione al decreto-legge in discussione è, quindi, in primo luogo politica (si pone in termini complessivi) e riguarda il metodo discutibile con cui il Governo, diviso su tutto ed incapace di trovare sintesi alte sui problemi del Paese, attua una prassi demolitoria e parcellizzata sulle grandi riforme del Governo Berlusconi. O almeno ci prova, considerato che su altri temi - penso alla legge Biagi, alla riforma delle pensioni - siete molto lontani da una convergenza su soluzioni alternative rispetto a quelle che invece, con tenacia e coerenza, abbiamo perseguito nella passata legislatura, con l'introduzione di misure di profonda modernizzazione del nostro Paese.
Nel caso della scuola, è desolante oggi assistere allo scenario di un comparto tanto importante per il Paese - per il presente, ma soprattutto per il futuro -Pag. 11sospeso tra annunci di controriforme e caos quotidiano, in cui gli operatori, i docenti, il personale ausiliario e gli studenti non sanno in che scuola dovranno lavorare e studiare.
Il ministro Fioroni formula un annuncio alla settimana, ma non è capace di dare al Paese una visione chiara di ciò che vorrebbe fosse la scuola ai tempi del centrosinistra, e soprattutto non spiega perché, al di là di uno sterile odio di parte, si debba demolire a tutti i costi il lavoro della riforma Moratti, che tanti plausi aveva ricevuto anche all'estero (si tratta di una riforma che nasce dall'esigenza di modernizzazione profonda della scuola, da un'analisi vera e dall'esigenza di sintonizzare il nostro Paese con l'Europa).
La scuola italiana che il Governo Berlusconi ha ricevuto in eredità - lo voglio ricordare - si classificava, infatti, agli ultimi posti nelle comparazioni internazionali per quanto riguarda i livelli di competenza, le percentuali di dispersione scolastica, la rigidità del sistema e soprattutto quell'immobilismo sociale che si tramutava in un lungo e tortuoso cammino verso la prima occupazione. La nostra riforma ha espresso chiaramente la volontà di porre al centro delle politiche educative la persona, le sue attitudini e le sue aspirazioni ed ha il merito non solo di avere modernizzato i metodi di apprendimento, ma anche di avere creato dei percorsi formativi finalizzati ad un rapido inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Non più, quindi, omologazione, ma personalizzazione, maggiori competenze spendibili a livello professionale e attenzione alle materie informatiche, nonché alla seconda lingua straniera. Sono queste alcune delle chiavi necessarie ai nostri ragazzi per competere con i loro coetanei europei che la riforma della Casa delle Libertà ha introdotto e valorizzato.
Sono stati cambiamenti profondi, non facili, soprattutto perché hanno radicalmente inciso su un sistema stratificato di decenni. Sono stati cambiamenti culturali profondi accompagnati, però, da fatti concreti: mi riferisco alle 130 mila assunzioni, lo voglio ricordare, effettuate dall'agosto 2001 al 2005 del personale della scuola, che hanno ridotto il precariato del 50 per cento, e alla spesa complessiva per il settore della scuola che, in cinque anni, è passata da 35 a 40 miliardi di euro. Ciò indica che vi è stato e vi è un impegno qualitativo e quantitativo sulla scuola, un investimento in intelligenze, progettualità e risorse, che i Governi precedenti non avevano mai tentato ed attuato. Contro tale riforma è stata scatenata dalla sinistra una vergognosa campagna denigratoria, priva di fondamenti reali, basata su parole d'ordine false, come l'abolizione del tempo pieno o il taglio dei precari o la riduzione dei posti di insegnanti di sostegno per i disabili. Un'eco di tale campagna elettorale la troviamo anche nel provvedimento in esame, quando si parla di reintroduzione del tempo pieno come se fosse stato abolito, ma di tale argomento parleremo nel dettaglio in seguito.
Adesso vorrei sottolineare l'approccio demagogico con cui la sinistra ha affrontato la riforma Moratti, un approccio utilizzato spregiudicatamente negli anni del Governo Berlusconi e in cui si scorge il seme di quella antipolitica alimentata pervicacemente da chi ieri era all'opposizione e che oggi si sta ritorcendo contro quegli stessi che l'hanno sostenuta, dopo che avventurosamente sono arrivati alla guida del Paese.
Sono convinta che un tema chiave come quello della formazione dei giovani avrebbe meritato in passato e meriterebbe oggi un approccio meno ideologico, una discussione seria e pacata e la ricerca di convergenze, in quanto si costruisce il futuro del paese. Ciò, nella consapevolezza che non si lavora per la politica di giornata, ma che si assumono decisioni in cui i riflessi sono destinati a protrarsi nel tempo, decisioni sulle quali si misura il nostro futuro.
Vorrei esprimere alcune considerazioni sulla ricerca di convergenze. Su questo testo alcune convergenze erano pure possibili e lo aveva sottolineato, in sede di Commissioni riunite, l'onorevole Aprea, che aveva mostrato disponibilità in tal senso. Mi riferisco, in particolare, allePag. 12norme che riguardano il pagamento delle supplenze per maternità e le sanzioni disciplinari. Vi era ed era stata chiaramente espressa la volontà politica di concordare misure per le quali sarebbe stata praticabile la via della decretazione d'urgenza.
Tuttavia, tale disponibilità non è stata raccolta. Il Governo e la maggioranza hanno deciso di procedere diversamente, forse per pagare cambiali politiche, forse per un patetico desiderio di mostrare muscoli che, come la cronaca racconta ogni giorno, questo centrosinistra non ha.
E così si è perseguita, ancora una volta, la via della demagogia e dell'abrogazione a rate della riforma Moratti, con la scelta di non affrontare, nel suo complesso e con serietà, la questione della formazione, ma procedere con il cancellino, ingenerando confusione e rafforzando l'idea che al centrosinistra manca un'idea organica della scuola o, come su altri temi, ne ha molte ed inconciliabili fra loro.
È triste rilevare come gli unici momenti in cui l'attuale incerta maggioranza mostri una qualche unanimità siano quelli in cui vi è da abrogare ciò che è stato fatto in passato. Il fatto grave è che anche le misure demagogiche e dannose sulla riforma della scuola rischiano poi di essere solo vuoti annunci. Ad esempio, il cavallo di battaglia della reintroduzione del tempo pieno, misura annunciata che rappresenta un ritorno al passato e decisamente un passo indietro culturale rispetto ad una visione moderna della scuola, si rivela poi vuota nel momento in cui non si stanziano né misure aggiuntive, né si prevede un ampliamento degli organici.
Questo modo di fare somiglia molto ai discorsi che abbiamo ascoltato in occasione della discussione della legge finanziaria dell'anno scorso che sembrava dovesse togliere ai ricchi per dare ai poveri e, invece, alla fine, ha tolto a tutti e soprattutto a chi aveva meno e alle famiglie numerose.
Il Presidente Prodi ed il Ministro Fioroni dovrebbero essersi resi conto che gli italiani non credono più alle loro parole d'ordine, ma vogliono vedere i fatti e questi mancano drammaticamente nell'agenda del Governo.
Non a caso, nei giorni scorsi, genitori di studenti disabili ed insegnanti di sostegno hanno manifestato contro il Governo, lamentando la carenza di posti e la mancanza di continuità didattica.
Voglio tornare - e mi avvio a concludere - alla questione del tempo pieno, un totem degli anni Settanta che noi non avevamo affatto abolito, ma riformato, consegnando alle istituzioni scolastiche il diritto e la responsabilità della definizione del progetto didattico che rientra - per usare una terminologia cara agli addetti ai lavori - nel piano dell'offerta formativa.
L'innovazione della nostra riforma consisteva nel dare alle famiglie la possibilità di scegliere fra i diversi progetti offerti dalla scuola, restituendo agli istituti l'autonomia didattica ed organizzativa.
La libertà di scelta era il cuore della riforma, come fra scuola pubblica e scuola privata. Libertà di scelta significa che non è il Governo a stabilire cosa sia meglio per la formazione dei nostri figli. Crediamo, invece, che vi debba essere una pluralità di offerte ed un'opportunità di scelta. In questo ambito, esisteva ed esiste il tempo prolungato, che non è stato, lo ripeto, abolito e che il decreto-legge in esame, quindi, non può reintrodurre a meno di non trasformare la libertà in obbligo; un approccio che, certamente, non fa parte della nostra cultura, ma che temiamo vada ancora per la maggiore in ampi settori della maggioranza.
Peraltro, parte di questa riforma è finanziata, come recita uno dei commi del decreto-legge in esame, con i fondi che erano stati stanziati dal precedente Governo per sostenere i nidi aziendali.
Quindi, da una parte si sottrae un'iniziativa, pur a carattere sperimentale, che era stata molto apprezzata nel Paese, per poi far finta di finanziare il tempo pieno; è giusto che questo si sappia.
Vorrei fare un ultimo cenno riguardo all'Europa: la Commissione europea aveva applaudito la riforma Moratti che aveva colmato un gap antico del sistema diPag. 13istruzione italiano, cito testualmente, «affrontando l'economia della conoscenza in modo completo, accogliendo pienamente le raccomandazioni dell'Unione europea e adottando provvedimenti per stimolare ricerca ed innovazione». Ho paura che, con provvedimenti come quello al nostro esame, dilapideremo il patrimonio di credibilità che abbiamo accumulato in Europa anche nel campo dell'istruzione.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Perina. Ne ha facoltà.
FLAVIA PERINA. Signor Presidente, non ripeterò le considerazioni svolte dai colleghi che mi hanno preceduto sul fatto che il provvedimento al nostro esame intenda fornire segnali di inversione di tendenza rispetto alla legge Moratti.
Vorrei soffermarmi su un episodio che questa mattina è riportato sui giornali e che dovrebbe far riflettere sui nuovi slogan del ministro Fioroni riguardo al ritorno della serietà nelle scuole. Il teatro della vicenda è un liceo romano molto famoso, il Mamiani. Stiamo parlando di un liceo storico, capofila della contestazione degli anni Settanta, in cui è cresciuta l'élite della sinistra. Al Mamiani hanno deciso di ridurre di dieci minuti la tolleranza sull'orario di ingresso. Al mattino, i cancelli della scuola vengono chiusi alle 8,10, anziché alle 8,20.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIORGIA MELONI (ore 12,15)
FLAVIA PERINA. Da due giorni è stata posizionata una scala sul muro della scuola; studenti ed insegnanti approfittano di tale scala per entrare in classe oltre i limiti consentiti, creando grave imbarazzo e suscitando una specie di conflitto interno alla scuola sulla tolleranza o meno di tali dieci minuti.
Le svolte di serietà, quando vengono fatte con la cosiddetta politica del cacciavite (aggiustando, aggiungendo, mettendo), ma al di fuori di una strategia e di una visione politica complessiva, producono non serietà, ma il suo esatto contrario: la «burletta», il bluff ed una sensazione generale di inaffidabilità delle regole. Questa dovrebbe essere una considerazione centrale nel dibattito in corso.
Il gruppo di Alleanza Nazionale nelle sue proposte emendative ha fatto attenzione soprattutto a due punti del provvedimento in esame. Il primo concerne l'introduzione obbligatoria del tempo pieno. Non ripeterò considerazioni già svolte, ma vorrei invitare tutti a riflettere non solo sulla libertà di scelta delle famiglie riguardo alla loro organizzazione familiare e domestica, ma anche sulla differenza di personalità degli studenti e dei bambini piccoli e dei ragazzi, che dal prossimo anno saranno obbligati al tempo pieno. Vi sono ragazzi tranquilli che possono facilmente tollerare una lunghissima permanenza a scuola. Vi sono, viceversa, ragazzi più irrequieti che non possono pensare di rimanere a scuola con un orario equivalente all'orario di lavoro di un metalmeccanico, in scuole che spesso non hanno spazi fruibili all'esterno, né palestre e, quindi, non consentono di fare movimento, attività fisica, ovvero di garantire il cosiddetto sfogo, che i genitori ben conoscono, all'interno di un orario dilatato dalle 8 alle 16.
In Italia è in corso una riflessione su alcune sindromi della prima infanzia; si è svolto un forte dibattito, ad esempio, sulla liceità di introdurre gli psicofarmaci per risolvere il problema del deficit di attenzione di alcuni ragazzi. Credo che tale tipo di riflessione vada estesa al provvedimento che stiamo discutendo, perché non è pensabile di imporre un orario scolastico uguale per tutti, al di là delle personalità, delle propensioni, degli stili di vita, delle abitudini di ragazzi piccolissimi o addirittura di bambini. C'è un diritto delle famiglie di valutare la possibilità riconosciuta ai loro figli di usufruire di un orario di questo tipo e c'è un diritto dei minori ad essere rispettati nel loro desiderio di trascorrere il tempo della giornata non soltanto chiusi dentro un edificio scolastico.Pag. 14
L'altra valutazione su cui si è soffermato il gruppo di Alleanza Nazionale riguarda le procedure sui procedimenti disciplinari nei confronti degli insegnanti, come previsto dall'articolo 2.
Anche in questo caso siamo alle prese con un concetto di ritorno alla serietà nella scuola piuttosto bizzarro, perché se è apprezzabile che si riducano i tempi infiniti dei procedimenti disciplinari nei confronti degli insegnanti ad una durata quantomeno ragionevole che non superi l'intero anno scolastico, è difficile comprendere perché questo meccanismo non sia stato esteso ai procedimenti in corso e sia stato invece rinviato a quelli al di là da venire.
Questa scelta ci fa sospettare che, in realtà, con questo provvedimento si sia voluto dare un segnale demagogico all'opinione pubblica, sconcertata dai numerosi episodi che hanno avuto come protagonista la scuola, nello scorso anno scolastico, al di fuori di qualsiasi seria riflessione su quelle che sono le esigenze del corpo insegnante, la catena delle responsabilità all'interno della scuola, la possibilità da parte di ciascun soggetto di questa catena di fare fronte alle proprie responsabilità.
Per questo motivo ritengo che almeno su questi due aspetti, riguardanti il tempo pieno e le nuove norme disciplinari sugli insegnanti, sia necessario prendersi una pausa di riflessione e rinviare l'approfondimento ad un dibattito più organico e più complessivo nel quale sicuramente il centrodestra saprà esporre le sue ragioni (Applausi dei deputati dei gruppi Alleanza Nazionale e Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fasolino. Ne ha facoltà.
GAETANO FASOLINO. Signor Presidente, ritengo che la discussione di oggi possa servire a delineare uno spaccato della pubblica istruzione nel nostro Paese che il decreto in esame pone in una luce assolutamente negativa.
Credo che possiamo essere tutti d'accordo nel ritenere la scuola italiana la «Cenerentola» d'Europa e del mondo industrializzato. Non c'è diploma che consenta, una volta conseguito, di poter accedere direttamente al mondo del lavoro. Così come non c'è laurea nel nostro Paese che possa consentire la diretta immissione nel campo dell'economia e dei servizi. Vi è bisogno sempre di ulteriori specializzazioni, di ulteriori approfondimenti.
Perché tutto questo? Ritengo che tutto dipenda dal fatto che, nel corso della prima Repubblica, non si è mai voluto procedere per testi organici, legati direttamente alla strategia dell'istruzione. Si è sempre proceduto per spezzoni, per separatezze e per episodi.
Alla fine, solo nel corso della XIII legislatura si è avvertita la necessità di elaborare un testo unico dell'istruzione che ha visto la luce, però, solo nel corso della XIV legislatura, quando il Ministro Moratti ha varato finalmente una riforma dell'istruzione nel nostro Paese di valenza strategica, che ha fatto ammenda degli errori del passato e ha cercato di adeguare il mondo della cultura e dell'istruzione italiana a quanto avviene in Nordamerica e in Europa. Per la prima volta, lo affermo senza incertezze, l'istruzione con la riforma Moratti non è stata subordinata all'offerta didattica, ma alla domanda di apprendimento. Per la prima volta si è messo lo studente, lo scolaro, al centro del mondo della scuola.
Ebbene il Governo attuale, la maggioranza attuale, cosa sta facendo?
Sta cercando di tornare precipitosamente ai metodi della «prima Repubblica»: l'unica riforma organica della scuola, la riforma Moratti, viene minata ad ogni piè sospinto; non vi è occasione che il centrosinistra non cerchi di cogliere per «spezzare le gambe» a una riforma, la più grande del nostro Paese.
Purtroppo, il decreto-legge in esame rientra in tale logica perversa e distruttiva: è un decreto che nasce da un confronto tenutosi in Commissione, sede in cui il gruppo Forza Italia e tutta l'opposizione avevano dato dimostrazione di grande saggezza ed equilibrio; infatti, in Commissione eravamo giunti, pur trovandoci in posizione di dissenso su altri provvedimentiPag. 15contenuti nelle proposte di legge che erano portate alla nostra attenzione, a trovare un'intesa sul pagamento delle supplenze per maternità e sui provvedimenti disciplinari contro il bullismo e contro tutto ciò che di perverso accade nel mondo della scuola.
Si è ragionato in primavera, sono arrivate l'estate e la pausa estiva, e oggi ci ritroviamo con un atto monocratico - autocratico lo definisco io - del Governo, il quale, irridendo ai precedenti accordi e al metodo della concertazione con l'opposizione, porta avanti un discorso che non può trovarci d'accordo.
Vi sono alcuni articoli, come l'articolo 3, sul quale riusciamo anche a trovare un'intesa e voteremo a favore, ma tutto il resto non ci trova assolutamente d'accordo. Non ci trova d'accordo perché, innanzitutto, ripete un metodo che ritenevamo di aver superato: basti pensare che, nei tre articoli e nei quattordici commi del provvedimento in esame, vi sono ben quattordici disposizioni legislative diverse, una lontana dall'altra, senza una concatenazione logica, a dimostrazione che si utilizza un decreto-legge per inserirvi tutto e il contrario di tutto.
Allora, a questo punto, credo che giustamente il gruppo Forza Italia e l'intera opposizione debbano opporsi a un tentativo di manomissione e, soprattutto, di arretramento della legislazione vigente nel nostro Paese, in uno dei settori più vitali dell'assetto economico-sociale.
Colleghi della sinistra, quando il Ministro Moratti era al centro di polemiche e anche di manifestazioni contrarie, individuavamo facilmente la sorgente di tali manifestazioni: il mondo sindacale, il mondo della sinistra, abituato alla piazza e a manovrare la piazza.
Oggi, invece, è il Ministro Fioroni ad essere oggetto delle attenzioni della piazza: la diversità con quanto accadeva nella passata legislatura è data dalla spontaneità di tali manifestazioni di piazza, rispetto a ieri.
Quindi, fate attenzione: state smarrendo il consenso popolare, lo affermano i sondaggi, state perdendo terreno e però, perversamente, vi accanite a commettere gli stessi errori che hanno decretato, nel corso dei tempi, le vostre periodiche sconfitte.
Pertanto, qual è il nostro atteggiamento rispetto a questa materia? Vogliamo richiamarvi a un'attenzione diversa, a una collaborazione differente, perché potremmo avere anche interesse a che voi continuiate a sbagliare. È un interesse legittimo, sul piano politico, che voi perseveriate nel creare problemi alla scuola, ma poi ne soffre la scuola stessa.
Tale decreto-legge non apporta neppure nuove risorse, che avrebbero almeno potuto fornire una giustificazione al provvedimento legislativo. Allora perché utilizzare lo strumento del decreto-legge? Non una lira in più è stata apportata, come sarebbe stato necessario, per oliare la macchina della scuola, per pagare le supplenze, per andare incontro agli infiniti bisogni del mondo scolastico! Non una lira in più! C'è solo fretta, prevaricazione, autarchia e mancanza di democrazia. Caro Ministro, questi sono errori, che riteniamo non debbano essere più commessi.
Poi vi è un'ultima considerazione che desidero illustrare all'Assemblea, attinente al ruolo dei sindacati: richiedono sempre più soldi non indicando dove prenderli e sapendo che nella congiuntura attuale è difficile reperirli e che, così operando, si rendono necessarie nuove tasse per nuovi soprusi, al meglio per reiterate inutilità. Colleghi della maggioranza, state attenti, ci stiamo avvitando sempre di più e la scuola italiana fornisce sempre peggiori figure rispetto al mondo che la osserva. L'Europa che è stata solidale con la riforma Moratti potrà mai essere solidale con tali provvedimenti? Il mondo ci giudica e basti pensare allo scandalo delle ammissioni a medicina, una delle vicende più tristi e clientelari di sempre, per rendersene conto. È nei confronti di questi fenomeni che bisogna attirare l'attenzione e un decreto-legge andrebbe anche bene, laddove servisse per raddrizzare la barca, non per capovolgerla.
Alla luce di tali motivazioni, pur apprezzando qualche provvedimento verso ilPag. 16quale useremo attenzione nel momento del voto, siamo fermamente contrari al metodo e alla sostanza di tale decreto (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signor sottosegretario, sul decreto-legge in discussione la scorsa estate il Governo e il Ministro hanno intrapreso una grande iniziativa di marketing politico e con grande abilità e qualche spregiudicatezza hanno mostrato di voler raddrizzare la scuola, contendendo al centrodestra i valori della serietà e della severità. Considerato che i valori delle leggi non sono spirito ma lettera e che si misurano in termini di coerenza ed efficienza è difficile sostenere che questo decreto-legge possa, come auspicato dal ministro Fioroni, modificare l'andazzo della scuola italiana.
Al contrario prosegue l'andazzo decennale del legislatore italiano, con qualche parentesi come quella della scorsa legislatura, che sui temi della scuola ha sempre ritenuto di porre mano a pezzi del sistema e non ai fondamenti del sistema stesso e ha ritenuto di affrontare, mosso dall'interesse, dall'occasione o dal caso, gli aspetti apparentemente più urgenti dimostrandosi indifferente al sistema nel suo complesso e rischiando di rendere la delicata e incerta impalcatura della scuola italiana ancor più confusa e pericolante.
Come ha spiegato ieri l'onorevole Aprea sarebbe stato possibile ammettere un decreto-legge che intervenisse su uno o due punti specifici, condivisi ed evidenti, ma un decreto-legge che riscrive settori dell'ordinamento scolastico e che contiene le norme più varie e disparate - lo ricordava il collega Fasolino, sono ben quattordici e comprendono dalle sezioni primavera ai concorsi per ricercatori universitari - è istituzionalmente un'aberrazione.
Non bisogna avere paura di affermare che il decreto in esame risponde non tanto alle urgenze della scuola italiana quanto a quelle del Ministro Fioroni, urgenze di autopromozione magari legate al confronto serrato all'interno dell'Unione, in particolare del Partito democratico.
Ciò che per la scuola sarà poco più di un maquillage è diventato per Fioroni una grande operazione d'immagine.
D'altra parte Fioroni sa bene di non poter andare oltre le semplici operazioni d'immagine, impedito dalla natura stessa del blocco politico ed ideologico che controlla e comanda la scuola italiana. Consideriamo uno degli aspetti più qualificanti del decreto, su cui il gruppo di Forza Italia ha espresso una valutazione sostanzialmente positiva, quello relativo ai provvedimenti disciplinari. Anzitutto va detto che affrontare la questione della valutazione significa affrontare una materia, che ha a che fare sia con lo status degli insegnanti, sia con le regole dei percorsi di carriera.
Pensare che la valutazione abbia solo ed esclusivamente un aspetto sanzionatorio è concettualmente sbagliato. Peraltro, nel decreto in esame le misure, che - ripeto - anche noi appoggiamo, non sono rivoluzionarie, ma tendono solo ad accelerare e a semplificare, eliminando qualche possibilità di resistenza corporativa, ciò che già era previsto.
Non si arriva finalmente, come qualcuno ha pensato o è stato indotto a pensare, ad una disciplina del rapporto di lavoro nella scuola che preveda il licenziamento delle persone, ovverosia degli insegnanti che è bene che vadano a fare un altro mestiere, perché non sanno fare il loro mestiere specifico, che è quello di insegnare.
In realtà si arriva più facilmente, forse, ad alcune misure disciplinari. A tal proposito ritengo che la questione di una ridefinizione degli istituti di valutazione sia particolarmente importante, per evitare che le misure disciplinari abbiano solamente o principalmente risvolti legati al turbamento dell'ambiente scolastico o al rapporto fiduciario tra scuola e famiglia.
Credo che si debba - sono convinto che di questo sia il Governo, sia il Ministro Fioroni siano ben consapevoli - evitare di dare anche solo l'idea che tali misurePag. 17servano ai genitori per selezionare gli insegnanti, ad esempio, in base alle opzioni religiose, sessuali o di altro genere.
Il problema principale - oltre a quello relativo ai casi aberranti - è quello di consentire innanzitutto valutazioni e provvedimenti disciplinari sugli insegnanti che manchino alla loro missione, che è quella di sapere insegnare, di insegnare e di ottenere dei risultati.
La valutazione dovrebbe comportare - e ciò manca nel decreto in esame, che pur ha voluto o ha preteso di affrontare la questione generale - la necessità di verificare, misurare e promuovere la capacità ed altresì la possibilità di differenziare anche i trattamenti, compresi quelli economici - come succede nella scuola pubblica inglese, per non parlare di quella statunitense - anche in base ai risultati ottenuti.
Sappiamo che ormai vi sono ben sperimentate e consolidate procedure di valutazione dei risultati conseguiti nell'insegnamento, attraverso la valutazione dell'apprendimento da parte degli studenti.
Pensare alla valutazione significa prestare un'attenzione sostanziale, non formale, all'insegnamento e avere il coraggio di istituire merito e competizione come principi dell'ordinamento e del funzionamento di ciascuna scuola e dell'intero sistema di istruzione.
Dicevo prima che, in realtà, il blocco di potere che di fatto governa la scuola ha tarpato le ali al riformatore Fioroni. Ciò vale anche per gli aspetti che riguardano il tempo pieno. Siamo chiari su questo aspetto: non voglio dire che vi è la certezza ma, usando un eufemismo, quanto meno l'elevato rischio che, attraverso le misure previste per il tempo pieno, in realtà non si punti all'obiettivo di massimizzare l'utilità per gli utenti, per gli studenti e per i ragazzini che frequentano le scuole elementari, ma, come già venne fatto per la riforma del modulo con l'introduzione dei tre maestri, di massimizzare l'occupazione nella scuola, in un contesto in cui tutte le graduatorie e tutti i confronti internazionali mostrano che tutto manca alla scuola italiana tranne il numero di insegnanti e le risorse investite nell'insegnamento. Mancano, invece, drammaticamente i risultati e non credo che con questa versione del tempo pieno essi saranno avvicinati: magari un altro sistema di valutazione potrebbe essere utile.
Tornando alla questione della valutazione, si dovrebbe ripensare profondamente tutto il sistema di istruzione, non solo una sua parte minima. Si dovrebbe arrivare a considerazioni, che non attengono solo alla punizione dei lavativi dal punto di vista disciplinare, ma anche alla modalità di selezione e reclutamento di tutti gli insegnanti e di progressione in carriera. Fioroni certamente non può affrontare questo tema con la CGIL-scuola (solo per fare un esempio) e non può mettere in discussione questo tabù, se non fare qualche facile sparata propagandistica al Tg1.
Più in generale, credo che la discussione del decreto-legge in esame - in questo senso può aprirsi un confronto tra centrodestra e centrosinistra - riproponga una questione di fondo, che sta profondamente a cuore sicuramente a Forza Italia, alla maggioranza e in particolare ai riformatori liberali, che hanno posto il tema al centro di un'iniziativa politica. Sulla questione della scuola si gioca una partita decisiva in termini politici e culturali.
Tutti i tabù del sistema scolastico italiano - nessuno escluso - vanno messi in discussione. Vanno messi in discussione il principio del monopolio e della scuola come articolazione funzionale della pubblica amministrazione; la modalità di selezione e di remunerazione dei docenti; lo status giuridico delle scuole e la loro autonomia organizzativa; il modello pedagogistico dell'istruzione che rigetta come inutilmente nozionistico qualunque approccio disciplinare al sapere; va infine messo in discussione, anzi a mio avviso va ribaltato, il meccanismo del finanziamento pubblico del mercato dell'istruzione. Va aperta, spalancata davvero, la questione del buono-scuola: il sistema pubblico dell'istruzione non deve e non può coincidere con un sistema statale della formazione.Pag. 18
Tutte le famiglie vanno messe nella stessa condizione e a tutte deve essere offerta la stessa possibilità - che oggi è riservata solo a coloro i quali hanno maggiori disponibilità economiche - di scegliere per i propri figli il percorso formativo più idoneo nell'ambito di quelli che offre un sistema articolato (non solo statale, ma che veda anche una componente importante di operatori non statali). Questo cambiamento non può che avvenire attraverso il buono-scuola o meccanismi analoghi, che accettino di imporre tale rivoluzione al sistema pubblico dell'informazione, altrimenti saremmo di fronte a pannicelli caldi e a tentativi di inseguire qualche emergenza, anziché di dare risposte a quello che ci viene sbattuto in faccia periodicamente da parte delle organizzazioni internazionali (l'OCSE, il rapporto PISA, eccetera), cioè il drammatico declino della qualità dell'apprendimento degli studenti italiani, a partire dalle scuole elementari - forse anche dalla fase prescolare, ossia prima delle scuole elementari - fino alle scuole superiori.
Nella scorsa legislatura il Governo di centrodestra, proprio perché aveva sollevato nel proprio programma elettorale tali questioni di fondo del sistema scolastico italiano, è stato accusato di voler destabilizzare il mondo della scuola. Ciò è stato affermato come se, dalla sua quarantennale e sostanziale stabilità, dal controllo sul sistema scolastico pubblico, coincidente con quello statale ed esercitato in questi quarant'anni da un blocco di interesse politico-sindacale (che ha sempre messo al centro non gli studenti e il loro apprendimento, ma gli operatori della scuola, burocratizzandoli e rendendoli a tutti gli effetti degli impiegati pubblici, con qualche beneficio, ma anche con tutte le storture che l'impiego pubblico comporta in Italia), da tali petizioni di principio - solo in parte insomma, purtroppo, trasformate in iniziative legislative di Governo - fossero derivate chissà quali destabilizzazioni e come se, a fronte di questa quarantennale stabilità, la scuola italiana in realtà avesse prodotto e non consumato eccellenza.
La formidabile resistenza alle riforme opposta dalla sinistra e dal sindacato, che prosegue in questa legislatura con la sistematica demolizione di quanto realizzato dal Ministro Moratti, ha rallentato e spesso ha arrestato il cammino delle riforme. Il blocco corporativo all'interno della scuola - lo ripeto perché ritengo sia il punto centrale - fa sì che della scuola si parli, si operi e si paghi nell'interesse di chi vi lavora e non di chi vi studia. Alla fine, il centrodestra si è trovato a difendere culturalmente le ragioni di una riforma profonda, che - si pensi al tema della libertà di scelta educativa - non è riuscito politicamente a realizzare.
In conclusione, signor Presidente, le sparate di Fioroni dovrebbero dimostrare al centrodestra che i graduali compromessi e le faticose mediazioni non avvicinano, ma allontanano l'obiettivo della riforma della scuola.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
BENEDETTO DELLA VEDOVA. La scuola va portata di peso fuori dalle secche del monopolio e della logica del pubblico impiego. Il buono-scuola, la sussidiarietà, la libertà didattica e l'autonomia amministrativa (i principi, cioè, a cui il centrodestra ha sempre detto di ispirarsi) devono trovare un'attuazione radicale, perché fondano un modello di scuola - e probabilmente si ispirano a un modello di società - del tutto alternativo e concorrente a quello, al quale oggi e da decenni è stata affidata la formazione dei giovani italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, colleghi, membri del Governo, ancora una volta questo Governo ha dimostrato di legiferare in modo strano, addirittura dopo che una sentenza della Corte costituzionale - che è stata definita storica - ha finalmente accolto molte nostre logiche, espresse sia in I Commissione affari costituzionali, sia in quest'aula.Pag. 19
Secondo tali logiche, i decreti-legge devono avere una proprietà, che è costituzionalmente indicata: devono, cioè, essere varati in casi straordinari di necessità e di urgenza.
Si era creata una specie di consuetudine secondo la quale questi tassativi requisiti non venivano rispettati perché, nonostante vi fosse una sentenza della Corte costituzionale del 1975, altri arresti giurisprudenziali ancor più precisi non si erano verificati. Si riteneva, quindi, di poter ampliare la sfera tassativa di cui all'articolo 77 della Costituzione, creando quei decreti omnibus nei quali, insieme a qualche disposizione urgente e necessaria, si infilavano tantissime altre disposizioni che non erano né urgenti, né necessarie, né tanto meno omogenee alla logica specifica del provvedimento.
Cos'è accaduto? Questa sentenza della Corte costituzionale, con un'amplissima motivazione, ha tenuto conto di tutte le obiezioni che erano emerse dai banchi della minoranza e anche, qualche volta, da quelli della maggioranza e ha stabilito che non si può più legiferare in quel modo, ma che si deve rispettare non soltanto l'omogeneità della materia, ma anche la straordinarietà, la necessità e l'urgenza indicate in evidenti termini di specificità, coerenza e congruità.
Non solo: vi è un aspetto ancora più importante in un Paese come il nostro dove le leggi, per essere rispettate, hanno sempre bisogno di una sanzione (ciò, se vogliamo, è un qualcosa di non naturale, perché la conformità alla legge dovrebbe essere la regola anche senza la previsione di una sanzione). Ebbene, la sanzione individuata dalla Corte consiste nell'incostituzionalità di quelle parti di normativa contenute in un provvedimento che non siano adeguate al dettato costituzionale di cui all'articolo 77. Infatti, intervenendo su un caso specifico, la Corte dichiarò incostituzionale quella parte del provvedimento che non possedeva alcun requisito in termini di straordinaria necessità e di urgenza.
A fronte di questo fondamentale arresto giurisprudenziale, ancora una volta, il Governo prosegue nel legiferare in modo errato. La prova è data da questo provvedimento del Ministro Fioroni, nel quale vi possono essere due o tre norme che hanno il requisito della straordinaria necessità ed urgenza, ma ve ne sono tante altre che non possiedono tali requisiti.
Perché ciò accade? Perché parlando di un intervento immediato sulla scuola dotato dei requisiti di necessità e di urgenza (sui quali continuo ad insistere), si è deciso di inserirvi altre questioni - addirittura la regolamentazione dei ricercatori universitari - che non avevano alcunché da condividere con questo provvedimento.
Perché lo si è fatto? Perché, come sempre, questo Governo ha tardato a mettere in essere le opportune riforme. È già stato detto, ma giova ripeterlo: quando il nuovo Parlamento, con quella risicata maggioranza, ha deciso di attuare il programma, si è rivolto anche alla modifica della legge Moratti. Sappiamo quali e quante positività avesse tale legge; è legittimo pensarla in modo diverso.
Pertanto, ci aspettavamo che da parte della maggioranza di centrosinistra e del Ministro Fioroni provenisse un progetto di riforma della legge Moratti che permettesse di «non buttare il bambino insieme all'acqua sporca».
Sin dal primo giorno sarebbe stato necessario iniziare a farlo. Non vi era segnale più preciso di una riforma scolastica in difformità dalla legge Moratti. Invece - come sempre accade nel comportamento del Governo e della maggioranza - i tempi si sono allungati e vi è stata una discussione lenta. Inoltre, si è cercato di trovare il consenso dell'opposizione, il quale su alcuni punti è stato manifestato, analogamente a quanto è avvenuto per alcuni aspetti del provvedimento in discussione.
Morale della favola: dopo un anno e mezzo di governo, è stato necessario ricorrere allo strumento della decretazione d'urgenza, perché - ahimè, era assolutamente imprevedibile! - doveva iniziare l'anno scolastico. Non si può continuare a comportarsi così! Mi dispiace che un Ministro serio come Fioroni finisca per adeguarsi a quello che non suona offensivo definire un «andazzo» negativo.Pag. 20
Per evitare tale provvedimento, che sto criticando sotto il profilo costituzionale, era necessario proseguire il lavoro che si stava svolgendo in Commissione, selezionare le poche norme ritenute indispensabili e, mediante un canale preferenziale, presentare per la discussione, prima alla Camera e successivamente al Senato, un disegno di legge che avrebbe fatto venire meno la necessità del decreto-legge che, invece, è stato emanato.
Ciò non è stato fatto sia per pura incapacità, sia perché non si è compreso che, per poter legiferare con la buona predisposizione dell'opposizione, sono necessarie iniziative legislative ordinarie, anziché la decretazione d'urgenza.
Invece, il lavoro in Commissione è stato abbandonato e ci si è mossi verso questa strada, fra l'altro, creando una situazione tipica della legislazione scolastica. Come ha detto ieri, giustamente, l'onorevole Aprea, negli anni vi sono state così tante leggi e leggine, che hanno comportato la frammentazione degli atti normativi, regolamentari e di esecuzione delle norme di rango superiore, che la scuola è entrata completamente nel caos. Con la riforma Moratti, invece, era stata stabilita una normativa caratterizzata da congruità e sufficienza.
Adesso, con tale sistema, si sta tornando a sconvolgere il quadro normativo. Dobbiamo pensare che le leggi non devono essere fatte per i parlamentari o per gli addetti ai lavori bensì, come è ovvio, per i cittadini e devono permettere a questi ultimi di orientarsi.
Capisco quale e quanta sia la difficoltà di quegli eroi che sono i professori della scuola, i maestri e i direttori didattici e di istituto, che si trovano non solo dinanzi a problemi urgenti e immediati di carattere sostanziale, ma che devono anche interpretare tale coacervo normativo - che non è neanche chiarito dalle circolari - e trascorrere ore della propria giornata non a dare il pane della sapienza ai propri allievi, bensì a cercare di interpretare la scarsa sapienza dei redattori di leggi, regolamenti, circolari e altri provvedimenti.
Ci auguravamo che, pur nel contrasto, ci fosse un intervento legislativo ampio e soddisfacente almeno in questi termini: di non creare confusione per gli utenti del servizio istruzione. Questo Governo, però, non ha neppure questo dono in quanto, oltre a caratterizzarsi per la lentezza, manca di razionalità e di capacità di porre in essere provvedimenti congrui ed omogenei: è ciò che sta accadendo in materia di immigrazione.
Giungerà domani all'esame della I Commissione (Affari costituzionali) la riforma della cosiddetta legge Bossi-Fini, intervento annunciato dal centrosinistra molte volte, fin dal programma. Intanto, anziché seguire la strada maestra della riforma della cosiddetta legge Bossi-Fini, per un anno e mezzo sono stati varati provvedimenti parziali, tentando di utilizzare strumenti quali le direttive dell'Unione europea - ma interpretandole male - e determinando delle lacune che fanno sì che, già oggi, il tema dell' immigrazione - sia regolare, sia clandestina - sia diventato scottante al punto che nei servizi televisivi vediamo che aumentano ogni giorno file di immigrati che non sanno bene cosa fare.
Bisognava mettere mano subito alla riforma organica della cosiddetta legge Bossi-Fini (che noi contrasteremo): a quest'ora avremmo avuto già una nuova legge in vigore e avremmo evitato di creare quei «buchi» che, non solo creano problemi a livello di integrazione e clandestinità, ma sono di difficile interpretazione anche per coloro che ne sono i fruitori ossia gli immigrati.
Se ricordiamo che vi è stata una regolarizzazione dovuta al fatto che non si era capito quale fosse la linea da seguire con riferimento all'accesso alle poste volto a dare contezza di alcune situazioni, comprendiamo come anche nel settore della scuola la confusione regni sovrana a causa dell'inerzia legislativa.
Talvolta mi chiedo se, in persone certamente stimabili per il loro livello intellettuale, tutto ciò sia dovuto alla mancanza della capacità di realizzazione pratica o piuttosto a quell'operazione che il collega Della Vedova chiamava operazione di marketing e che è volta a rendere evidente il proprio comportamento in momenti topici per la politica.Pag. 21
Se il Ministro Fioroni ha ritenuto di adottare un decreto-legge in questo momento delicato, tra la costituzione del Partito Democratico e la possibile caduta del Governo - e chi più ne ha, più ne metta! -, ciò (si può pensare) potrebbe essere dovuto al fatto che un tale provvedimento, a differenza di uno più meditato e diluito nei mesi, gli dà particolare visibilità. Se così è, noi allarghiamo le braccia e ci chiediamo: dove viviamo? Dove andrà a finire questo Paese?
C'è una bellissima pagina di Gadda, in Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, che...
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, concluda.
GABRIELE BOSCETTO. Concludo, Presidente. Ebbene, ricorda, nella sua storia, le grida dei venditori di porchetta su una piazza di Roma. Si tratta di due o tre pagine meravigliose: ognuno strilla nel modo più vario e fantasioso...
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, dovrebbe concludere.
GABRIELE BOSCETTO. ...per pubblicizzare la propria porchetta. Non vorrei che i Ministri facessero come questi porchettari del libro di Gadda per pubblicizzare il proprio operato!
PRESIDENTE. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30 con ulteriori interventi sul complesso degli emendamenti presentati.
La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 15,40.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI