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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 15,02).
(Progetto di realizzazione di una moschea nel comune di Bologna - n. 2-00678)
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00678, concernente il progetto di realizzazione di una moschea nel comune di Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 14).
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, intendo indurre il Governo a riflettere sul fatto che pur essendo l'interpellanza in esame datata - in quanto è stata presentata il 24 luglio scorso e da allora sono sopraggiunti alcuni fatti nuovi, come il rigetto del progetto originario da parte della giunta Cofferati - tutti i problemi sottesi alla medesima permangono allaPag. 89luce di una serie di domande, che la società civile di Bologna ha posto e continua a porre alla giunta comunale.
L'interpellanza ha preso lo spunto dall'arresto dell'imam della moschea di Perugia e di alcuni complici coinvolti in azioni eversive, nonché dalle dichiarazioni che, in occasione di quell'arresto, il Ministro dell'interno Amato ha reso in merito alla presenza in molte moschee - non intendo generalizzare, però il Ministro si è espresso in modo estremamente chiaro - di imam che trasformano le medesime da luogo di culto a luogo di incitamento all'odio razziale e religioso, spesso anche di incitamento ad azioni di terrorismo politico.
Considerato tutto ciò, ho presentato, insieme ad altri colleghi, l'interpellanza in esame perché in quel momento a Bologna si parlava di un progetto di realizzazione di una moschea su un'area di oltre seimila metri quadrati, con annessi centro di cultura islamica e centro coranico. Tale progetto andava oltre le esigenze della comunità islamica locale, che sulla base di indagini demoscopiche si aggira sulle 5-7 mila persone, non di più, di cui il 5-10 per cento praticanti, quindi non giustificava affatto la realizzazione, in presenza peraltro - sono dati tuttora attuali - di incertezza circa il finanziamento, promotori della medesima (i quali risiedono nel milanese a Segrate) e soprattutto in presenza di circostanze, a dir poco anomale, che riguardavano il suddetto luogo di culto.
Questo progetto - si trattava, lo ricordo, di una permuta - è stato ritirato dal sindaco. Non voglio entrare nel merito di tale decisione sulla quale si è espresso il consiglio comunale. Sulla realizzazione di tale progetto si sono tenute assemblee, soprattutto nei quartieri dove è più forte la presenza delle componenti politiche, che hanno appoggiato Cofferati nell'ultime elezioni amministrative e che, a mio avviso, lo hanno costretto a ritirare la delibera, ma si è registrata anche una presa di posizione dell'intera cittadinanza.
Bologna nell'ultimo anno è stata un po' il centro di atti di terrorismo particolarmente significativi. Mi riferisco in primo luogo al tentato attentato, in occasione dell'elezioni politiche del 2006, alla basilica di San Petronio, tuttora protetta costantemente dalle forze dell'ordine ed interdetta al culto per alcune ore della giornata (fatto anomalo); in secondo luogo, all'espulsione da Bologna, nel dicembre 2006, di quattro marocchini per connivenze con il terrorismo internazionale; in terzo luogo, alla recente rogatoria - non richiamata nell'interpellanza, in quanto ho ricevuto gli atti solo adesso - inoltrata dalla procura della Repubblica di Bologna a quella di Parigi al fine di avere informazioni su alcuni terroristi islamici che risiedevano a Castel Sant'Pietro, San Lazzaro di Savena e a Bologna e che attualmente si trovano in Francia, sospettati di collusioni con le cellule più eversive di Al-Qaeda.
Fatte queste premesse, chiedo al Governo di segnalare e di farsi carico non soltanto dei problemi sottesi all'atto di sindacato ispettivo in esame, ma anche delle aspettative dell'opinione pubblica, che è particolarmente preoccupata per la recrudescenza di questi atti criminosi.
Non cito in questa sede, ad esempio, i continui tentativi e i collegamenti fra giovani esponenti dell'integralismo islamico e settori dei no global, per quanto riguarda la gestione del CPT di Via Enrico Mattei, che pure ho visitato e che assolutamente non è luogo di detenzione, ma di temporanea sosta, dotato di tutte le strutture che consentono ad una persona di vivere con la propria dignità, in attesa del rimpatrio. Nel rispetto dell'autonomia dell'ente locale, che comunque deve farsi carico dei problemi della propria collettività, chiedo al Governo di esprimersi in merito al rischio potenziale che le moschee diventino, sempre più, non luoghi di culto, ma di propagazione di idee eversive, di incitamento all'odio razziale ed altro. In secondo luogo, chiedo al Governo se disponga di informazioni precise sui reali, anche se occulti finanziatori della moschea, sui promotori e sui problemi che concernono l'utilizzo delle forze dell'ordine per la sorveglianza della medesima.Pag. 90
Il problema - lo ripeto - non è superato se non parzialmente, dal momento che il ritiro del progetto presuppone un altro progetto che la giunta di Bologna ha già dichiarato di voler promuovere. Affermo tutto ciò - e concludo - non all'insegna di una voluta discriminazione da parte mia o di una volontà di non integrazione con la realtà extracomunitaria presente nella mia città, ma all'insegna di fatti e atti significativi, che credo debbano indurre ad un'attenta riflessione non solo l'opposizione, ma anche la maggioranza e il Governo stesso, perché essi sono stati acclarati e dimostrati. Bologna, per la sua configurazione geografica, quale snodo essenziale dal punto di vista ferroviario, aeroportuale e autostradale, è in una condizione di particolare delicatezza, essendo a cavallo delle grandi vie di comunicazione e in grado di congiungere il nord Italia al centro-sud.
Questi sono i motivi della presente interpellanza, che si fa carico di una realtà complessa - lo ripeto - che può essere considerata solo parzialmente superata, ma non lo è, perché se è vero che la delibera per la grande moschea è stata ritirata, ritengo che i motivi di fondo che l'hanno ispirata permangano. Vi è tutto il problema significativo, proposto anche in questa interpellanza, della natura - e in proposito il mio ruolo di componente la Commissione cultura lo rende evidente - di una scuola coranica avulsa dal sistema scolastico italiano o di una scuola islamica o ancora di un centro di cultura. Vi è la necessità che anche tali strutture siano sottoposte, come tutte le scuole paritarie o private, al controllo del Ministero della pubblica istruzione. Sono molti i problemi connessi che sono stati parzialmente disattesi (o ignorati) dalla giunta di Bologna, nonostante i ripetuti avvertimenti dello stesso Ministro dell'interno. Queste sono le ragioni della mia interpellanza, che - mi creda, signor sottosegretario - risponde a esigenze sentite non soltanto dalla mia parte politica, ma da tutta la collettività bolognese: nelle assemblee pubbliche indette dalla giunta comunale, infatti, erano più i cittadini di orientamento di centrosinistra che quelli di centrodestra ad esprimersi contro la pericolosità di un progetto, che di fatto così come configurato - insisto, così come configurato, non in sé e per sé - destabilizzava l'intera convivenza civile.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'onorevole Garagnani richiama l'attenzione - mi riferisco, soprattutto, all'ultima parte del suo intervento - sulla crescita quantitativa delle moschee sul territorio nazionale. Egli esprime una preoccupazione con riferimento alla natura delle attività svolte all'interno di questi luoghi di culto; se, effettivamente, dette attività possano considerarsi o no rispondenti all'esercizio di funzioni religiose e, soprattutto, ritiene necessario che proprio su tali attività vengano attuate incisive azioni di controllo, anche al fine di scongiurare il rischio di possibili attività illecite.
Vorrei rispondere su questo punto all'onorevole Garagnani, dicendo che chiaramente la stessa premura e attenzione che si pone sulla diffusione di questa realtà e sui possibili rischi è già presente nella preoccupazione del Ministero dell'interno, soprattutto per quei profili che possono rappresentare un pericolo per la sicurezza pubblica. D'altra parte, come egli stesso sa, lo stesso Ministero non ha mancato negli anni - proprio nella persona del Ministro dell'interno - di adottare i necessari provvedimenti di espulsione per motivi di ordine e sicurezza dei confronti di soggetti presenti a diverso titolo nelle moschee di Torino, Como, Varese, Reggio Emilia e di recente in quella di Perugia. Il Ministero dell'interno svolge soprattutto un costante monitoraggio di tutte le realtà religiose e non solo di quella islamica, anche per rilevare nelle modalità di espressione del diritto alla libertà religiosa in forma individuale o associata, la capacità e l'intendimento delle comunità di svilupparsi secondoPag. 91principi democratici e integrarsi nel tessuto sociale, pur mantenendo la propria identità religiosa.
A tal proposito, come ha dichiarato lo stesso Ministro Amato, la chiusura delle moschee non farebbe altro che creare le premesse per accentuare un'ulteriore radicalizzazione e separatezza degli islamici. Negare ad una minoranza i propri luoghi di culto significherebbe negare il diritto di esistere e quindi spingerla alla ricerca di una esasperata identità alternativa, in alternativa, in forma di reazione. Per quanto riguarda il problema dei finanziamenti - da lei stesso posto nell'interpellanza urgente in esame - sicuramente il tema si inserisce in un quadro più ampio già da tempo all'attenzione del Ministero dell'interno. Si tratta da un lato di evitare che finanziamenti provenienti dall'estero possano condizionare impropriamente l'attività dei suddetti centri, dall'altro di vigilare affinché nei luoghi di culto islamici non si proceda a raccolte di fondi in parte o totalmente destinati a fini illeciti. A tal proposito, le ricordo che dal mese di agosto del 2005 la guardia di finanza, nel quadro di una iniziative interforze attivata nell'ambito del Comitato di analisi strategica antiterrorismo, ha in corso sull'intero territorio nazionale uno specifico piano di intervento, volto al monitoraggio del settore del money transfer, attraverso l'esecuzione dei controlli di natura amministrativa nei confronti degli stranieri operanti nel settore, anche allo scopo di verificare l'osservanza della disciplina antiriciclaggio e la regolarità delle operazioni di trasferimento dei fondi per accertare l'utilizzo eventuale per finanziare il terrorismo internazionale o altri illeciti.
Questi interventi si inquadrano in una costante attività di prevenzione, che viene condotta dalle forze dell'ordine verso i luoghi di aggregazione delle comunità musulmane: call center, internet point, money transfer - come ho già detto - in cui sia possibile riscontrare l'eventuale presenza di stranieri gravitanti nell'area dell'integralismo islamico. Solo nel 2006, tramite tale azione, sono stati controllati oltre 10 mila obiettivi, identificati circa 40 mila stranieri, di cui 927 denunciati per l'inosservanza delle norme in materia di soggiorno e 386 arrestati per vari reati. Sono state inoltre avviate 1.088 procedure di allontanamento dal territorio nazionale ed eseguiti 20 provvedimenti di espulsione per motivi di ordine e sicurezza pubblica.
Dal 1o gennaio al 15 agosto 2007 sono stati controllati 2.600 obiettivi, identificati 10.259 stranieri - di cui 252 denunciati e 60 arrestati - e avviate 236 procedure di espulsione. Inoltre, sono state irrogate 231 contravvenzioni per irregolarità amministrative, nei confronti di gestori di call center, internet point, money transfer. Le diverse azioni giudiziarie, condotte negli anni in Italia e quelle recentemente avviate a Perugia, hanno permesso di accertare come nell'ambito di taluni centri culturali islamici, ubicati principalmente nel nord Italia, alcuni Imam abbiano, nei loro sermoni, veicolati sentimenti anti-occidentali, diffondendo anche materiale audiovisivo di matrice jihadista.
Si tratta tuttavia di una minoranza rispetto ad un orientamento generalmente moderato dei luoghi di culto islamico presenti sul territorio nazionale. Nel caso di Bologna, l'attenzione sul tema di infiltrazioni e possibili progettualità terroristiche è particolarmente alta; ciò anche in considerazione dell'attenzione particolare e specifica che lei ricordava essere data alla basilica di San Petronio. Proprio con riferimento all'attività investigativa che ha riguardato tale basilica, coordinata dalla procura della Repubblica del capoluogo, sono emersi concreti elementi in ordine all'esistenza di una progettualità terroristica di matrice islamica. I successivi sviluppi investigativi hanno portato all'arresto, da parte degli organismi di sicurezza marocchini, di uno dei principali ispiratori del progetto, nonché all'identificazione e localizzazione, in territorio italiano, di alcuni presunti componenti della cellula potenzialmente coinvolta, che, anche in ragione dell'urgenza, sono stati raggiunti da provvedimenti espulsivi emessi dal Ministro dell'Interno.
Oltre all'attività investigativa, la città di Bologna, in particolare l'area della basilicaPag. 92di San Petronio, è da sempre oggetto di accurata opera di prevenzione. A riprova di ciò sono gli innumerevoli controlli effettuati nei confronti di tutti quei cittadini stranieri, che in forme diverse manifestano particolare interesse all'affresco contenuto nella basilica: l'affresco di Giovanni da Modena. Detto questo, comunque, allo stato non risulta alcun elemento che porti a collegare l'azione progettata contro San Petronio con la comunità islamica locale o la vicenda relativa alla realizzazione della moschea. Non sussistono, al momento, neppure elementi significativi che facciano emergere collegamenti strutturati e/o sinergie operative tra esponenti dell'integralismo islamico e militanti dell'antagonismo di sinistra o dell'area anarchica.
Passando alla costruzione della moschea - sorrido perché credo che di ciò, onorevole Garagnani, abbiamo parlato proprio in occasione di un precedente atto di sindacato ispettivo, quindi mi veniva in mente che già ci eravamo confrontati su tale punto - inizialmente, l'8 maggio 2007, il consiglio comunale di Bologna ha deliberato di cedere all'ente di gestione dei beni islamici in Italia, in permuta di un terreno di 6.800 metri quadri, un'area di 52 mila metri quadri presso la zona ex CAAB del quartiere San Donato, al fine di costruire sulla stessa un complesso di circa seimila metri quadrati idoneo ad ospitare il «Centro di cultura islamica», luogo di culto e aggregazione culturale ora provvisoriamente collocato in uno stabile di via Pallavicini 13.
Con la medesima delibera venivano approvati l'accordo infraprocedimentale ex articolo 11 della legge n. 241 del 1990, relativo alla permuta, e lo schema di protocollo d'intesa tra comune e Centro di cultura islamica inerente alle modalità di utilizzazione dell'edificio e alla gestione delle attività dell'erigendo centro di culto. Il protocollo contemplava l'istituzione di un comitato di garanzia a composizione paritetica mista comune-centro, chiamato a vigilare sulla regolarità della raccolta dei fondi e sulle iniziative assunte. Attualmente né l'accordo né il protocollo sono stati stipulati, probabilmente in ragione delle polemiche seguite alla vicenda. Il progetto ha difatti registrato, fin da subito - lei, onorevole Garagnani, lo ricordava - prese di posizione critiche, da parte sia di alcuni partiti, sia della curia. Le perplessità della curia si incentravano principalmente sull'assenza di una preventiva consultazione popolare e sul pericolo che, all'ombra dei luoghi di preghiera, si svolgessero attività di proselitismo per il jihad militare o si educasse a valori confliggenti con la libertà religiosa. La permuta invece è stata oggetto di ricorso alla Corte dei conti, il 3 agosto, nel quale si recepiva la mancanza di congruità tra il valore dei terreni e un conseguente danno erariale.
Inoltre si è avviata una raccolta di firme per l'indizione di un referendum contro la costruzione della moschea; sull'ammissibilità del quesito referendario, formalizzato il 20 giugno e integrato nelle motivazioni a inizio settembre, si dovrebbe pronunciare prossimamente il comitato dei garanti. Gli stessi firmatari hanno poi comunicato che sull'area destinata alla costruzione della moschea insiste un oleodotto militare sotterraneo della rete NATO-POL, che fornisce le basi dell'Alleanza atlantica del nord Italia, per cui sarebbe stato necessario anche un nulla osta dell'autorità militare. In risposta a tali critiche, l'amministrazione comunale ha sottolineato la necessità primaria, in un contesto di pluralismo etnico e religioso, di garantire un luogo di culto agli appartenenti a qualsiasi professione religiosa, fermo restando l'ineludibile obbligo, in capo agli amministratori, di curare che esso mantenga rigorosamente la propria funzione e che non ospiti attività di altro genere, aspetto che avrebbe dovuto essere assicurato dal comitato di garanzia paritetico previsto nello stipulando protocollo di intesa tra comune e centro di cultura islamica.
Anche la CGIL di Bologna, in un comunicato del 16 settembre, esprimeva solidarietà alla comunità musulmana, chiedendo che fosse riaffermata con forza la libertà di culto e il diritto costituzionale diPag. 93poterla esprimere in sedi a ciò deputate. Da ultimo, il 18 settembre, l'esecutivo ha revocato la delibera di giunta sulla costruzione della moschea per avviare un iter di confronto partecipato con i cittadini e le associazioni del quartiere San Donato. La nuova delibera da un lato ribadisce la necessità e la volontà di costruire un nuovo luogo di culto islamico, perché la libertà di culto è un diritto e perché l'attuale collocazione della moschea in via Pallavicini è oberata da problemi logistici e di traffico, dall'altro dà un'indicazione precisa circa la collocazione della stessa nel quartiere San Donato, nell'area ex CAAB. Il provvedimento avvierà un iter di partecipazione che sarà gestito dal quartiere San Donato, cui prenderanno parte il comitato di cittadini residenti, i rappresentanti del centro islamico e le associazioni di quartiere, dal centro sociale alle categorie economiche. La comunità islamica dovrà presentare uno schema progettuale di massima che indichi gli usi e le attività del nuovo centro di culto, col vincolo che ci sarà spazio solo per le attività strettamente connesse al luogo di culto. Tale iter si concluderà entro il 18 ottobre e la giunta comunale adotterà entro il 30 ottobre la nuova proposta di delibera che sottoporrà poi al voto del consiglio.
PRESIDENTE. L'onorevole Garagnani ha facoltà di replicare.
FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario per la sua risposta abbastanza comprensiva di alcuni interrogativi posti dal sottoscritto e, in genere, dall'opinione pubblica bolognese, ma non mi posso dichiarare soddisfatto per la genericità di alcune riflessioni. In particolare, avevo chiesto se fossero stati monitorati adeguatamente i collegamenti e soprattutto le fonti finanziarie che hanno dato luogo alla progettata moschea, dal momento che questo progetto di 6 mila metri quadrati, con annesso centro commerciale, centro coranico e centro di cultura, è estremamente costoso e significativamente rilevante nel contesto del nord Italia. Si parlava della seconda moschea in Italia dopo quella di Roma per dimensione, per profusione di materiale impiegato ed altro.
Ora, di fronte a ciò, credo sia doveroso da parte di un Governo, in presenza dei ricordati collegamenti, di elementi di turbativa dell'ordine pubblico sui quali si è soffermato anche il sottosegretario recentemente, avere informazioni precise sui finanziamenti, sulla fonte dei finanziamenti, sulle caratteristiche dei promotori dell'iniziativa, che non risiedono a Bologna, uno dei quali è stato a suo tempo indagato (doveva svolgere un'iniziativa a Bologna nel periodo pasquale ed è stato trattenuto dalla DIGOS a Milano).
Siamo quindi in presenza di alcuni elementi preoccupanti, tant'è che lo stesso vicedirettore del Corriere della Sera, Magdi Allam, in un'intervista a un locale quotidiano, Il Resto del Carlino, che è il quotidiano di Bologna, ha dichiarato la sua personale perplessità, se non contrarietà alla definizione del progetto di questa moschea, per come è configurato, alla luce proprio degli elementi ambigui della medesima, e soprattutto alla luce della pericolosità di alcuni dei promotori: pericolosità sociale, pericolosità politica, pericolosità per le affermazioni svolte dai medesimi in favore di attività potenzialmente eversive. In considerazione di tali elementi, anche un musulmano, una persona stimata ovunque, ha dichiarato che il progetto di moschea, come configurato, confliggeva sicuramente con ragioni di tutela dell'ordine pubblico non giustificandosi peraltro con ragioni di rispetto della fede religiosa.
Vede, sottosegretario, non è in discussione la libertà religiosa - ci mancherebbe! - o il diritto di ogni comunità, nel rispetto delle leggi dello Stato, a edificare un luogo di culto. Occorre però tenere presente una considerazione che viene ripetuta molto spesso in questa Assemblea, soprattutto da esponenti dell'attuale maggioranza: lo Stato è laico e non deve favorire alcuna confessione religiosa. In questo caso, si è avuta l'impressione di un atteggiamento di sostanzialePag. 94favoreggiamento, per non dire oltre, verso la minuscola comunità islamica. Personalmente ritengo invece che lo Stato debba essere neutrale rispetto alle problematiche religiose; ho anzi dichiarato ieri che esso - intendo anche le sue emanazioni periferiche (come regioni, comuni e province) - ha un dovere: il nostro popolo ha una propria tradizione culturale e spirituale che deve essere valorizzata e difesa, non per comprimere altre tradizioni ma per meglio favorire quel processo di integrazione al quale tutti ci dichiariamo favorevoli. Se non correttamente inteso, tale processo di integrazione determina infatti quei rischi di xenofobia e razzismo che, caro sottosegretario, ho visto personalmente in alcune assemblee nelle aree più vicine alla sua parte politica. Le proteste venivano proprio da lavoratori dipendenti, da lavoratori che si collocano sicuramente in un alveo politico diverso dal mio e alternativo al mio. E questo dovrebbe indurre a riflettere sulla facilità con cui molto spesso certi enti locali e certe giunte difendono a parole una presunta libertà religiosa che nessuno mette in discussione, però nei fatti tradendo così una loro sostanziale abdicazione nei confronti del diritto-dovere di difendere la collettività nella sua storia e nella sua identità venendo incontro alle istanze che essa pone.
Connesso a ciò è l'assenza di qualsiasi verifica sull'oleodotto militare, sul quale si è soffermato il sottosegretario, nonché il fatto che gli enti di gestione dei beni islamici in Italia non hanno chiarito fino in fondo la loro posizione in merito a questo progetto che, ripeto, come configurato, era assolutamente sproporzionato - ripeto: assolutamente sproporzionato - alle esigenze della comunità islamica, molto più piccola nelle sue dimensioni rispetto al progetto medesimo.
Vorrei svolgere un'ultima considerazione. Mi è parsa fuori luogo l'attestazione della CGIL sulla libertà di culto. Chi la nega? Nessuno! Tutto deve solo svolgersi nel rispetto della legge. E in questo senso ho colto positivamente l'accenno al fatto che, se viene chiesto il permesso per la costruzione della moschea, ciò deve essere per l'esercizio di un culto, non per l'edificazione di una scuola islamica o di un centro coranico. In tali casi credo debbano valere le leggi che regolamentano le istituzioni scolastiche ovvero l'ordinamento scolastico italiano, il cui rispetto deve imporsi a tutte le principali istituzioni scolastiche; i valori della nostra Costituzione debbono inderogabilmente essere trasmessi nelle scuole, che devono essere sottoposte alla vigilanza delle direzioni scolastiche regionali o provinciali per gli adempimenti che caratterizzano tutte le scuole presenti nel nostro Paese, siano esse pubbliche, paritarie o meramente private.
In conclusione, inviterei il Governo a prestare maggiore attenzione sia al rischio che corre permanentemente la basilica di San Petronio, sia ai collegamenti fra settori marginali - non voglio colpevolizzare un'intera collettività, sia ben chiaro - dell'estremismo islamico e settori dei no global.
Aggiungo inoltre che - anche se ciò non costituisce oggetto della presente interpellanza (ma riguarda lo stesso argomento) - in una recente perquisizione presso il CPT di via Enrico Mattei nella tasca di un immigrato extracomunitario irregolare sono stati trovati i numeri di cellulari di esponenti no global fra cui anche alcuni esponenti politici italiani e bolognesi in particolare. Ciò a dimostrare - non faccio nomi in Assemblea per non intralciare le indagini e per un dovere di riservatezza, ma sicuramente la DIGOS e il Ministero dell'interno ne hanno notizia - come tali collegamenti esistano; ma la materia, come dicevo, è oggetto di una differente interpellanza che ho presentato e sulla quale ci confronteremo.
Concludo pertanto manifestando ancora la mia preoccupazione e la mia insoddisfazione. Do atto di una certa serietà nella risposta che mi è stata data: essa però non ha esaurito tutti i quesiti che avevo posto. Auspico infine che il Governo si faccia carico di questi problemi senza indulgere ad una facile demagogia e ad un facile populismo che caratterizzanoPag. 95talune forze di questa maggioranza, le quali - in nome del presunto recupero del dialogo e di una omologazione fra tutte le culture - di fatto penalizzano lo stato di diritto e le istanze ultime della nostra popolazione.