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Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative volte alla promozione della democrazia ed al rispetto dei diritti umani in Myanmar - n. 2-00779)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00779, concernente iniziative volte alla promozione della democrazia ed al rispetto dei diritti umani in Myanmar (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
MARCO BOATO. Signor Presidente, signori rappresentanti del Governo, in particolare onorevole Craxi, colleghi deputati, non è la prima volta che presento, come altri colleghi, un documento di sindacato ispettivo al Governo in riferimento alla drammatica, per alcuni aspetti tragica, situazione che si è verificata e continua a verificarsi in Birmania; dobbiamo dire formalmente nella ex Birmania, oggi denominata Myanmar, ma poiché la denominazione Myanmar è stata imposta dalla giunta militare golpista attualmente al potere il riferimento al nome storico di Birmania credo che sia sempre giusto farlo. Ho detto che non è la prima volta che ci si rivolge al Governo: oltre a strumenti di sindacato ispettivo in Assemblea e in Commissione, che risalgono anche all'anno scorso, cioè al primo dell'attuale legislatura, ho presentato il 12 settembre, nella fase recente di questa drammatica accentuazione delle vicende in Birmania, o Myanmar che dir si voglia, una interrogazione a risposta immediata (quella che si chiama in gergo question-time, in diretta televisiva); in un periodo cioè in cui non si erano ancora intensificate le manifestazioni popolari, in particolare le manifestazioni messe in atto pacificamente dai monaci buddisti in numero sempre maggiore e con una partecipazione amplissima della popolazione birmana, finché è stato possibile, finché non sono state represse nel sangue. Il giorno dopo è stata discussa al Senato una mozione, a prima firma della collega senatrice Soliani, ma sottoscritta da molti parlamentari di entrambi gli schieramenti; ed è stata poi svolta un'interrogazione a risposta immediata della collega Zanella in quest'Aula, riferita in particolare al ruolo della Cina in rapporto alla vicenda birmana. Inoltre, sono state svolte un'informativa urgente del Governo sia nell'Aula del Senato sia in quest'Aula, ed altre iniziative sono state poste in essere in Commissione affari esteri.
Ho voluto ricordare tutto ciò (forse lo farà anche il sottosegretario Craxi) per dare atto che c'è stato, sul piano parlamentare, un dialogo intenso, una pressione molto forte da parte del Parlamento nei confronti del Governo, ma al tempo stesso una disponibilità del Governo sempre tempestiva (anche l'incontro di oggi lo dimostra, credo che questo tema sarà nuovamente affrontato anche in sede di interpellanze ordinarie, nella seduta di domani). Il rischio però - non è una critica, è una preoccupazione quella che voglio manifestare - è che si spengano i riflettori: i riflettori politici, i riflettori istituzionali, i riflettori parlamentari e quelli, più in generale, dell'attenzione dell'opinione pubblica, sulla drammatica situazione in Birmania. Essa è stata per vari giorni sulle prime pagine dei giornali: le immagini rubate a un regime che non permette neppure l'attività giornalistica, che controlla Internet, che uccide persino dei reporter - infatti, un reporter giapponesePag. 8se non ricordo male è stato ucciso - che cerca di impedire in tutti i modi la comunicazione, e trasmesse dai mass-media di tutto il mondo, hanno colpito profondamente l'opinione pubblica.
Al tempo stesso, però, è noto che un evento scaccia un altro evento, e che dunque il rischio della rimozione, del silenzio e dell'assuefazione è terribile e drammatico. Per tali ragioni, pur avendo già presentato altri strumenti di sindacato ispettivo su questa problematica, ho deciso, insieme al mio gruppo, di riproporla oggi come oggetto di una interpellanza urgente. Ciò anche perché, dalla metà di settembre ad oggi, la situazione si è drammaticamente trasformata. Intervenendo in quest'Aula nell'occasione ricordata, ebbi modo di citare vari episodi: la vicenda dei sei sindacalisti condannati a pene incredibili (da 20 a 26 anni) per aver portato avanti iniziative pacifiche di informazione il 1o maggio; la situazione già nota dell'elevato numero di prigionieri politici; la situazione del lavoro forzato più volte denunciata dall'OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) e, in Italia, ripetutamente dalla CISL e da altre organizzazioni sindacali, sociali e culturali; i casi di repressione, il più clamoroso dei quali è quello, conosciuto da tutti, del premio nobel Aung San Suu Kyi, che da circa 17 anni è costretta agli arresti domiciliari.
Nei giorni successivi e nelle settimane successive, però, la situazione si è modificata: in un primo tempo, è esplosa pacificamente la ribellione e la rivolta popolare (guidata prima dai monaci e poi dai monaci e dalle monache buddiste); quindi, si è avuta la violenta repressione. Non conosciamo il numero esatto dei morti, ma gli osservatori concordano nel parlare di varie centinaia, se non di più; sappiamo inoltre con certezza che vi sono stati migliaia di arresti e migliaia di deportazioni, e vi sono testimonianze di cittadini - monaci e non solo - che sono stati sottoposti a tortura. Mentre queste informazioni ci arrivano giorno per giorno, assistiamo intanto alle difficoltà in sede di Nazioni Unite: se infatti possiamo riconoscere con soddisfazione che vi è un'iniziativa (anche a livello di Unione europea) del nostro Governo - che è, fra l'altro, in questo periodo membro a rotazione del Consiglio di sicurezza - purtroppo dobbiamo anche riscontrare la situazione di stallo che si è verificata nel Consiglio stesso, ove per ora permane il veto della Cina nei confronti di qualunque iniziativa più penetrante ed incisiva. Ma non solo: vi è infatti anche l'altra problematica - vi faccio solamente cenno poiché è già stata oggetto di discussione in quest'Aula - ossia quella del ruolo della stessa Cina nei confronti della Birmania. A causa dei suoi interessi di carattere soprattutto energetico, infatti, la Cina tende a tutelare e proteggere la Birmania anche quando si verificano fenomeni che sono totalmente inaccettabili. Peraltro, fra qualche giorno si terrà un importante incontro dell'associazione di amicizia parlamentare fra Italia e Cina, di cui faccio parte: anche in quella occasione avremo dunque modo di parlare con i nostri colleghi cinesi delle riserve fortemente critiche nei riguardi della politica del loro Paese nei confronti della Birmania.
Al tempo stesso, occorre fare riferimento ad una realtà (se ne parla nel testo dell'interpellanza urgente in esame) che è stata resa nota dalla CISL: tale organizzazione ha infatti pubblicato l'elenco delle numerosissime imprese italiane - credo oltre trecento - che presentano investimenti diretti in Birmania, non tendendo dunque in alcun conto le iniziative che l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) sin dall'inizio del 2000 ha messo in campo perché i Paesi che ne fanno parte abbiano contezza della problematicità di tale tipo di collaborazioni imprenditoriali in presenza di una realtà di schiavitù, di sottomissione e di emarginazione nel Paese in cui investono. Addirittura, la CISL sottolinea con i suoi documenti che talune di queste imprese espongono il certificato di conformità FSC per la rintracciabilità di prodotti provenienti da risorse gestite correttamente dal punto di vista ambientale, sociale ed economico (codici etici, ed altro). In realtà, ciò non corrisponde a quel che avviene in Birmania:Pag. 9non è quindi condivisibile fregiarsi di tale certificazione e poi operare in modo opposto.
Ho dovuto esporre questi temi con grande rapidità e sintesi, ma sappiamo che è un argomento che potrebbe portare via molto più tempo, e mi scuso comunque con il Presidente ed i colleghi. Ciò che vogliamo chiedere al Governo - ringrazio il sottosegretario Craxi per la sua attenzione e la sua presenza - conoscendo (ma penso che ciò verrà ricapitolato anche in questa circostanza) l'attività che già il nostro Governo sta svolgendo, è quali ulteriori iniziative esso intenda promuovere rispetto a questa realtà. Ma ciò coinvolge, in qualche modo, anche il Ministro per il commercio internazionale e per le politiche europee, Bonino, in quanto da questo punto di vista i rapporti con i paesi esteri ovviamente sono fondamentali rispetto alla realtà di imprenditorialità italiana che ha rapporti con la Birmania in violazione di direttive internazionali o in violazione anche delle certificazioni che alcune di queste imprese dichiarano.
Chiediamo, inoltre, quali siano le iniziative che il Governo intende assumere a livello di Consiglio di sicurezza dell'ONU, di cui facciamo parte, sia pure come membro temporaneo, e a livello dei Ministri degli esteri dell'Unione europea, dal momento che è in previsione una riunione del Consiglio affari generali e relazioni esterne (CAGRE) il prossimo 15 ottobre e credo che oggi stesso, sottosegretario Craxi, vi sia una riunione preparatoria a livello europeo. Chiediamo, infine, quali misure il Governo intenda adottare affinché effettivamente le risoluzioni dell'OIL riguardanti i rapporti commerciali con la Birmania possano avere pieno adempimento. Spero che non venga utilizzata, anche oggi, l'espressione «dialogo critico» che il Ministro Chiti - il quale ha risposto garbatamente il 12 settembre ad una mia interrogazione a risposta immediata, prima, però, che avvenisse tutto ciò che è successo - ha utilizzato. Rispetto a ciò che sta avvenendo in Birmania - a ciò che è avvenuto e sta avvenendo -, limitarsi a utilizzare l'espressione «dialogo critico» - espressione diplomatica che potrei anche capire in circostanze ordinarie - mi sembrerebbe francamente del tutto inadeguato, pur riconoscendo l'attività intensa che il nostro Governo sta svolgendo rispetto alla drammatica realtà oggetto di questa interpellanza. La ringrazio signor Presidente, ed ascolterò con attenzione la risposta del Governo.
PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori gli studenti di una classe dell'Istituto di istruzione superiore Giorgio Vasari di Figline Valdarno, in provincia di Firenze. La Presidenza e l'Assemblea rivolgono loro un saluto (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Vittorio Craxi, ha facoltà di rispondere.
VITTORIO CRAXI, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. La ringrazio signor Presidente, l'interpellanza dell'onorevole Boato ci da l'opportunità di svolgere qualche considerazione generale e di fornire all'Assemblea un ulteriore aggiornamento sulla situazione, fermo restando che - come lei ha ricordato - il Governo ha già riferito in ben due sedute sia al Senato sia alla Camera sui drammatici sviluppi della questione e della situazione in Myanmar. Comincerò, come richiesto da lei, onorevole Boato, con gli ultimi sviluppi alle Nazioni Unite. Il consigliere speciale del Segretario generale Ban Ki Moon, Ibrahim Gambari, ha concluso il 2 ottobre la sua visita di quattro giorni in Myanmar. Gambari ha incontrato il capo della Giunta militare speciale, Than Shwe, al quale ha manifestato la viva preoccupazione della comunità internazionale per la violenta repressione della protesta, ed ha visto in due occasioni la leader della Lega nazionale per la democrazia, Aung San Suu Kyi. L'inviato speciale ha riferito al Consiglio di sicurezza, il 5 ottobre, sull'esito della sua missione, dichiarandolo positivo sotto il profilo di un possibile dialogo tra le parti e dell'apertura di quella che ha definito una finestra di opportunità, che ha trovato un primo riscontro nell'offerta - seppure condizionataPag. 10- di un incontro tra il leader della Giunta militare ed il leader dell'opposizione Aung San Suu Kyi. Gambari ha proposto alle autorità birmane la costituzione di due commissioni (rispettivamente in materia di riduzione della povertà e revisione della Costituzione) e la nomina di un liasion officer per i contatti con Aung San Suu Kyi. La Giunta non ha respinto la prima ipotesi ed ha recepito la seconda con la designazione del Viceministro del lavoro a ufficiale di collegamento con la leader dell'opposizione.
È stato nuovamente sottolineato il ruolo determinante giocato dai Paesi della regione, in particolare dai Paesi dell'area asiatica, Cina ed India, ma anche Giappone, che è un importante donatore di aiuti al Myanmar. Il mandato di buoni uffici di Gambari resta, al momento, l'iniziativa principe della comunità internazionale sul Myanmar e il principale canale di comunicazione aperto con la Giunta birmana. Anche in vista della sua seconda missione in programma per metà novembre, l'Italia ritiene fondamentale in questa fase esprimere a Gambari il forte, totale, unanime supporto del Consiglio di Sicurezza e della comunità internazionale al suo mandato ed al processo avviato. Inoltre, è in corso di esame, in queste ore, l'adozione di un presidential statement, ossia di una comunicazione, di un ordine del giorno dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla questione birmana e sulla posizione del Consiglio alla luce dell'esito della missione Gambari.
Il nostro Governo, come lei ha riconosciuto, onorevole Boato, si è mosso sin da subito con determinazione a fronte della crisi birmana. Voglio riepilogare brevemente le tappe successive che hanno condotto il nostro Paese ad assumere, progressivamente diverse iniziative, tutte orientate a riaprire un dialogo al fine di scongiurare ulteriori, drammatici sviluppi degli eventi. All'inizio di settembre avevamo effettuato un passo con l'ambasciata del Myanmar a Roma, per manifestare il nostro rammarico per il sostanziale fallimento della Convenzione nazionale in Myanmar, che era nata con l'obiettivo di dare un avvio reale al processo di riconciliazione nazionale. Al tempo stesso avevamo espresso condanna per le repressioni allora attuate dalla giunta militare al potere, deplorando gli arresti di cittadini birmani avvenuti nel corso delle dimostrazioni pacifiche effettuate dopo il 15 agosto in tutto il Paese, nonché la perdurante detenzione del leader della lega democratica, Aung San Suu Kyi. Il 25 settembre il Ministro degli affari esteri, D'Alema, a New York per l'Assemblea generale dell'ONU, ha dichiarato che l'Italia è solidale con le manifestazioni per la democrazia e ha chiesto alla giunta militare di rispettare il diritto del suo popolo di esprimersi e di protestare. Nella stessa giornata, il sottosegretario agli affari esteri Vernetti, ha convocato l'incaricato d'affari dell'ambasciata di Myanmar a Roma, al quale, a nome del Governo, ha chiesto di trasmettere alla giunta militare al potere in Birmania la richiesta di aprire un dialogo immediato con i monaci, con i membri della National League for Democracy e con tutta l'opposizione birmana, di non fare ricorso ad alcuna forma di violenza, stigmatizzando tutti gli episodi di repressione che avevano portato all'arresto di decine di manifestanti e condannato arbitrariamente numerosi sindacalisti oppositori del regime, e reiterando la richiesta di libertà immediata per il premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi. Inoltre, l'incaricato d'affari birmano è stato informato della grande attenzione con cui il Parlamento italiano - ma anche l'opinione pubblica italiana - segue le vicende birmane, con la presentazione di diversi atti di sindacato ispettivo e l'approvazione di precisi atti di indirizzo.
Il 28 settembre il Presidente del Consiglio ha avuto una conversazione telefonica con il Primo ministro portoghese Socrates, Presidente di turno dell'Unione europea, discutendo di un'eventuale missione della stessa Unione europea nell'area a seguito di quella dell'inviato dell'ONU Gambari. Entrambi hanno condiviso la valutazione e la preoccupazione che sia necessario tenere mobilitata la comunità internazionale. In tale prospettiva, il PresidentePag. 11Prodi ha inviato i propri messaggi al Primo ministro cinese e al Primo ministro indiano, per rappresentare la nostra viva preoccupazione sulla evoluzione della situazione in Myanmar, esortando i due Primi ministri citati a continuare ad usare tutta la loro autorevole influenza per convincere il Governo di Yangon a tornare a ragionare ed a ricondurre il Paese ad una condizione di umana dignità. Il consiglio dei diritti umani, di cui l'Italia fa parte, ha dedicato una sessione speciale, il 2 ottobre, e ha adottato, per consenso, una risoluzione nella quale si esprime forte deplorazione per le repressioni attuate dal regime, sollecitando le autorità birmane ad assicurare il pieno rispetto dei diritti umani. In sede europea, l'Italia ritiene che debba essere inviato alla giunta Birmana un forte segnale e si sta adoperando in tal senso in vista del Consiglio affari generali che si terrà il 15 ottobre, la prossima settimana, per un rafforzamento della posizione comune dell'Unione europea sul Myanmar e per l'adozione di idonee misure restrittive.
Proprio in queste ore, mentre stiamo discutendo, il Comitato dei Rappresentanti Permanenti sta esaminando le nuove misure sanzionatorie da adottare nei confronti della giunta birmana. Allo stato attuale, permangono alcune reticenze da parte di alcuni partners circa l'opportunità di un inasprimento delle sanzioni a causa dei possibili effetti indiretti sulla popolazione civile, ma pare assai probabile che, prima di lunedì, si possa trovare un approccio comune.
Il nuovo impianto sanzionatorio dovrebbe prevedere: un rafforzamento di alcune delle misure già in vigore (ulteriore estensione della lista dei già quasi 400 esponenti del regime per cui vale il divieto di visto, l'ampliamento delle entità per cui è previsto il congelamento di fondi); una conferma delle restanti misure, come l'embargo sulle armi, la sospensione di una parte dei programmi di sviluppo, nonché la sospensione delle visite bilaterali di alto livello; l'introduzione di misure addizionali, quali il blocco delle importazioni provenienti dalla Birmania di legname, di prodotti minerari, di metalli e di pietre preziose. Parallelamente, dovrebbero essere proibite le attività di investimento, nonché il trasferimento di tecnologie e risorse che si riferiscono a tali settori merceologici.
Ritornando al sistema delle Nazioni Unite, l'Italia ha rinnovato il suo sostegno al segretario generale e al suo consigliere Gambari, la cui iniziativa deve poter contare sul pieno e forte appoggio della comunità internazionale. Da parte italiana si condividono l'approccio dell'inviato speciale e le linee cui si è ispirato e si intende continuare ad operare anche all'interno del Consiglio per rafforzare la sua posizione, anche di fronte alle autorità birmane e sostenere, quindi, i suoi prossimi passi a cominciare dalla sua seconda missione in Myanmar.
È importante sfruttare l'opportunità, costituita dal particolare momento offerto dalla prima visita di Gambari, e ribadisco il nostro impegno affinché l'Assemblea generale adotti un presidential statement che consenta così al Consiglio di sicurezza di esprimere una presa di posizione comune sulla crisi birmana, assumendo iniziative tempestive.
Sempre nell'ambito del sistema delle Nazioni Unite, per rispondere allo specifico quesito che lei ha posto, onorevole Boato, il Governo non mancherà naturalmente di tenere delle posizioni coerenti con questa impostazione di fondo anche all'interno dell'OIL. Il nostro Paese è, d'altronde, membro permanente del Consiglio di amministrazione e, fin dal 2000, è particolarmente impegnato a sostenere l'efficacia delle risoluzioni dell'OIL in ordine alla questione Myanmar.
Vorrei aggiungere, infine, un rilievo di carattere politico in relazione ai Paesi dell'area vicini, i quali possono svolgere un ruolo chiave sulla questione Myanmar-Birmania. Da questo punto di vista, sono apparse significative le iniziative assunte dall'ASEAN (Organizzazione dei Paesi del Sud-est Asiatico). Per la prima volta, con la dichiarazione del 27 settembre, hanno condannato in termini inequivocabili la violenta repressione delle dimostrazioniPag. 12antigovernative in Birmania, ed altrettanto è stato fatto nella lettera del Presidente di turno, il Premier di Singapore Lee Hsien Loong, successivamente inviata al generale Than Shwe, leader della giunta militare.
Per sensibilizzare i Paesi vicini l'Unione europea ha compiuto una serie di passi a Pechino e Nuova Delhi a livello di locale troika. A sostegno di questa azione della Presidenza, in occasione del suo viaggio in Vietnam ed in India, il Ministro degli esteri, Massimo D'Alema, ha richiamato l'attenzione dei suoi interlocutori vietnamiti ed indiani sulla questione birmana, invitandoli ad esercitare tutta la loro influenza e ad utilizzare i loro canali di comunicazione con la giunta militare per favorire la pacificazione e l'avvio di un processo di dialogo e di riconciliazione nazionale.
Nel corso della sua visita in India, ancora in corso, il Ministro ha invitato i suoi interlocutori a cooperare per porre fine all'uccisione di civili ed avviare il processo democratico in Birmania. L'Italia - ha dichiarato il Ministro D'Alema - è convinta che l'obiettivo per raggiungere un mondo più democratico sarà raggiunto solo se avremo la capacità di combinare i due approcci (quello realistico indiano e quello più etico da noi propugnato), fondendoli nell'unico concetto di realismo etico.
Al suo omologo Pranab Mukherjee, il Ministro ha ribadito che non si possono tollerare le continue uccisioni di civili ed è necessario fare il possibile per fermare la violenza. Da Nuova Delhi, secondo quanto dichiarato dal Ministro degli esteri indiano, sono stati inviati a Yangoon messaggi molto forti. Egli ha aggiunto che, come più grande democrazia del mondo, l'India è pienamente impegnata nel convincere la giunta militare a seguire la posizione espressa al recente vertice dei Paesi del sud-est asiatico. Nell'ottica di una progressiva apertura del sistema, il Ministro degli esteri indiano ha dichiarato che è un auspicio condiviso da tutti i Paesi dell'area che il Myanmar possa andare verso le elezioni entro il 2008.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, ringrazio in modo particolare il Sottosegretario Bobo Craxi per l'ampia, dettagliata ed importante risposta che ha fornito alla mia e nostra interpellanza. Del resto, credo sia opportuno, oltre all'attività ordinaria della competente Commissione affari esteri, che sul tema, periodicamente (è ciò che sta accadendo), l'Assemblea della Camera e, se lo ritiene, anche quella del Senato abbiano un rapporto diretto e stretto con il Governo. Tutto ciò, sia al fine di seguire da vicino, come è stato puntualmente ricostruito poco fa, l'iniziativa del Governo italiano in campo europeo ed internazionale sotto un profilo più generale e con riferimento specifico all'ambito dell'ONU, ma anche per far sentire al Governo (ciò poi aiuta l'Esecutivo) la pressione del Parlamento, attraverso atti di sindacato ispettivo come in questo caso ed atti di indirizzo come nel caso della mozione votata al Senato il 13 settembre. Tale pressione deve provenire sia dalla propria maggioranza che dall'opposizione, perché su tali tematiche ci dovrebbe essere una convergenza pressoché unanime.
La nostra attività parlamentare - anche noi siamo il tramite di un'opinione pubblica esterna al Parlamento - aiuta ed incalza il Governo al fine di rendere sempre più incisiva, determinante e anche determinata la sua attività.
Se il Presidente mi domanda se sono o meno soddisfatto della risposta del Governo non ho alcuna esitazione a dichiarare che sono soddisfatto. Sono insoddisfatto dell'inadeguata capacità del nostro Governo, ma anche degli altri Governi delle democrazie occidentali, in particolare dell'ONU, di riuscire ad incidere in modo sufficientemente determinante per creare una svolta nella situazione birmana. Pertanto, la mia insoddisfazione non è nei confronti della risposta che il Governo, con molta puntualità e con molti dettagli, ci ha reso, ma dell'inadeguatezzaPag. 13di tutto ciò che fino ad ora sta avvenendo sul piano internazionale, rispetto alla tragicità della situazione birmana.
Non è che non stia accadendo nulla. Vi è stato un seguito alle vicende terribili e tragiche della repressione violenta, dell'uccisione di centinaia di monaci e cittadini, delle torture, delle incarcerazioni, della situazione di spaventosa emergenza che la giunta militare ha imposto in Birmania per soffocare la pacifica e nonviolenta rivolta popolare, sociale, culturale e civile e anche religiosa. L'indignazione suscitata in tutto il mondo ha sicuramente prodotto, per esempio, l'importante pronuncia, citata dal Sottosegretario Craxi, dell'Organizzazione dei Paesi del sud-est asiatico, che, in passato non aveva assunto posizioni di tal genere.
L'iniziativa del Premier di Singapore, che lei ha citato, ha comportato questo lieve spostamento di atteggiamento che si sta verificando, con enorme prudenza, da parte della Cina, ma anche di quella che si autoconsidera, con un po' di pomposità (con il massimo rispetto da parte mia), come la più grande democrazia del mondo, vale a dire l'India. Lo è dal punto di vista numerico, ma, come si evidenzia nei suoi scritti pubblicati ad agosto, anche il premio Nobel indiano, Amartya Sen, è stato fortemente critico nei confronti del proprio Paese, dal momento che, se si considerano gli atti concreti che vengono compiuti, è inadeguata la definizione in termini di più grande democrazia del mondo.
Lei, Sottosegretario Craxi, con molto garbo, citando il Ministro D'Alema, che si trova tuttora in India credo, ha affermato che il Ministro intende affiancare all'approccio cosiddetto realistico - e quando in politica internazionale si utilizza tale termine si sottintende la realpolitik degli affari, degli interessi, dei rapporti economici, finanziari, energetici e così via - quello etico dell'Italia: ciò ha spinto, se ho capito bene, il Ministro a suggerire all'India una seconda sintesi in termini di realismo etico, abbandonando la contrapposizione fra realismo e dimensione etica. Sono finora, purtroppo, solo parole, anche se hanno un nobile significato. Sta di fatto che, come molte organizzazioni hanno evidenziato, il nostro Paese esporta verso «la più grande democrazia del mondo», lo dico tra virgolette, l'India, materiale bellico che, aggirando l'embargo che lei ha citato giustamente, viene poi consegnato in parte alla ex Birmania, Myanmar. Ci troviamo in una situazione, anche sotto questo profilo, a dir poco imbarazzante.
Lei giustamente ha parlato della conferma dell'embargo sulle armi e della riunione del Comitato dei rappresentanti permanenti che sta discutendo, in queste ore, ulteriori misure sanzionatorie, confermando quelle esistenti e ipotizzando misure addizionali, anche se lei stesso ha riferito che esistono alcune resistenze al riguardo.
Per concludere, signor rappresentante del Governo, rinnovo il ringraziamento per l'attenzione e per la puntualità della risposta ed esprimo l'augurio per un ruolo sempre più incisivo da parte del nostro Paese rispetto alle problematiche individuate. Devo però ricordare che tutto ciò deve diventare un po' più determinato e stringente. So che non è facile e nessuno possiede la bacchetta magica. Però, quando lei giustamente richiama l'impegno dell'Italia rispetto all'OIL, fornisce una risposta solo indiretta a quanto ho scritto nella mia e nostra interpellanza, con riferimento alle inadempienza che anche numerose imprese italiane hanno nei confronti delle deliberazioni dell'OIL.
Devo anche prendere atto che l'espressione: «dialogo critico» oggi non è stata utilizzata. Io ho detto che mi auguravo che non si utilizzasse più questa formula ipocrita e mi ha fatto piacere notare che lei non lo ha fatto, mentre rispondeva alla mia interpellanza, mentre in quest'Aula il Ministro Chiti, per conto del Ministero degli affari esteri, ha adoperato questa espressione ritualmente, stare per dire, il 12 settembre. Pertanto, presso il Ministero degli affari esteri, in cui vi sono politici come lei e come il Ministro, nonché diplomatici di grande sensibilità e competenza, forse ci si è resi conto che laPag. 14formula del «dialogo critico», che può essere un'espressione ordinaria, in un contesto di rapporti ordinari, quando ci sono riserve e critiche rispetto ad un Paese può anche essere comprensibile ed utilizzabile. Tuttavia, quando ci sono le stragi, la repressione, gli arresti di massa, il lavoro forzato, le torture, l'emarginazione, il leader principale dell'opposizione da 17 anni agli arresti domiciliari e così via, quell'espressione suonerebbe beffarda e inadeguata. Prendo atto con soddisfazione che oggi non è stata utilizzata.
Concludo, preannunziando al rappresentante del Governo e tramite lui al Governo che nelle prossime settimane vi saranno ancora delle iniziative come queste, probabilmente da parte mia e di altri colleghi, non per criticare il Governo, perché sta compiendo un buon lavoro su questo terreno, ma per sottoporlo a pressione.
Ciò, affinché anche nelle sedi europee, nelle sedi internazionali, e soprattutto, nei rapporti diretti con i rappresentanti politici e diplomatici della ex Birmania, oggi Myanmar, il Governo possa far comprendere che il Parlamento italiano non abbasserà la guardia e continuerà ad avere un'attenzione assolutamente determinata su tali questioni anche per far in modo che nelle Assemblee legislative e nei confronti del Governo si rifletta l'allarme e la preoccupazione di gran parte dell'opinione pubblica, che mi auguro continui ad essere adeguatamente informata. Molte organizzazioni sindacali - ho citato prima la CISL perché fra i sindacati è quello più attivo al riguardo ma mi riferisco anche agli altri sindacati - e non, come altre organizzazioni a carattere di volontariato, di cooperazione internazionale, di ambientalismo e solidarietà, continuano a portare avanti, in prima persona e autonomamente, nella società civile ma anche, per il nostro tramite, nelle aule parlamentari il sostegno alla causa birmana.
Esprimo un augurio di buon al Governo italiano per quanto riguarda questa drammatica vicenda.