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TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO DEL DEPUTATO ELENA EMMA CORDONI SULLA MOZIONE BONDI ED ALTRI N. 1-00005 (Nuova formulazione)
ELENA EMMA CORDONI. Ho deciso di intervenire - a titolo personale - per dichiarare il mio voto contrario alla mozione del centrodestra.
Perché lo faccio, visto che la mia posizione è analoga a quella del gruppo de L'Ulivo come annunciato poco fa dall'onorevole Bressa?
Lo faccio perché ho provato, in queste settimane, sul piano politico, ad interloquire con l'onorevole D'Elia.
Lo faccio perché in quella lettera gli chiedevo e gli chiedo ancora un passo indietro dall'Ufficio di Presidenza, glielo chiedevo sul piano dell'opportunità, non certo con un atto di legge, certo senza voler comprimere diritti costituzionali; e quindi sento la necessità di spiegarlo a quest'aula, per affermare le ragioni sulla base delle quali ero e sono arrivata a queste conclusioni.
Penso, altresì, che la speculazione politica che il centrodestra ha orchestrato - mettendo insieme tra l'altro vicende, profondamente diverse - sia da respingere.
Questa speculazione politica ci impedisce anche oggi di fare un approfondimento sereno, però io non voglio rinunciarvi, continuo a provarci, pur comprendendo che l'impostazione dato a questo problema lascia margini stretti per evitare strumentalizzazioni.
Un passo indietro.
E lo dico forte della mia personale esperienza: Nessuno tocchi Caino, l'associazione che D'Elia ha fondato per lavorare contro la pena di morte, ha rappresentatoPag. 150il mio personale punto d'incontro più significativo con le campagne radicali e tuttora la considero una delle iniziative politiche più condivisibili degli ultimi anni.
Dico questo, perché voglio che sia chiaro che ciò che D'Elia è diventato, ciò che ha fatto della sua vita a partire dalla fine degli anni '80 è senz'altro apprezzabile e risponde alle migliori aspettative possibili di chi, come me, continua ad affidare alla pena una irrinunciabile funzione di recupero, malgrado i limiti evidenti del nostro sistema penitenziario.
Lui e il suo partito, però, dopo aver creato, consapevolmente o meno, un caso con la sua elezione alla segreteria della Camera, hanno scelto di fare della sua figura un simbolo capace di aiutare il paese a misurarsi collettivamente con gli anni di piombo.
Ed è proprio rispetto a quegli anni che D'Elia, ma anche questo dibattito non aiutano a fare un passo avanti al paese.
Quel passato non riguarda solo l'onorevole D'Elia ma appartiene a tutta la nostra generazione.
Io appartengo a quella parte del paese che per trasformare la società ha scelto, allora, la via della partecipazione democratica ed ha combattuto il terrorismo insieme a tanti milioni di persone sapendo valutare il contesto politico e le concrete opportunità di farle valere in altro modo, sapendo riconoscere il terrorismo, ogni terrorismo, come un nemico della democrazia.
Lo sforzo di questo dibattito avrebbe dovuto aiutarci proprio sul piano simbolico, perché simbolo si diventa anche quando non lo si desidera: le vittime del terrorismo, per esempio, sono morte perché qualcuno le ha considerate simboli credibili del cuore dello Stato. Chi sceglie una carriera pubblica, si espone più degli altri ad assumere questo tipo di ruolo, più o meno rispondente alla realtà; chi poi ha alle spalle una storia forte quanto quella di D'Elia deve aspettarselo più di chiunque.
Ad ogni modo è accaduto: i familiari delle vittime del terrorismo lo considerano un simbolo di un'ingiusta disparità di attenzione pubblica, mentre Don Gallo lo considera un simbolo ideale della riabilitazione.
Su un piano personale io capisco che D'Elia non voglia «rimanere ostaggio perpetuo della memoria», ma se può farlo come privato, non può permetterselo come personaggio pubblico.
Molti altri italiani, per non restare ostaggio della loro memoria, hanno bisogno di fare politicamente i conti con gli anni di piombo.
Io apprezzo il suo percorso personale, ma non lo considero simbolicamente valido né utile, almeno per il modo in cui lui stesso ha scelto di presentarlo.
Pensavo e penso che un passo indietro, oggi, lo aiuterebbe a restare senza ambiguità l'uomo che è diventato, così come aiuterebbe il paese a misurarsi in modo più ragionato con gli anni '70. Con o senza il suo contributo.
È un nostro problema, è un suo problema soprattutto oggi che, come me, è chiamato a rappresentare il popolo italiano.
Ed il centrodestra, con questa mozione, con quel dispositivo ci ha impedito di fare tutto questo.