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TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI SABINA SINISCALCHI, TERESIO DELFINO, ANTONIO BUONFIGLIO E MARCO LION SULLA PROPOSTA DI LEGGE N. 2197-A.
SABINA SINISCALCHI. L'approvazione del provvedimento oggi in esame è urgente nella misura in cui serve a colmare un vuoto prodotto dal Governo precedente, ancora una volta siamo in debito verso un fondo istituito con un accordo internazionale (La convenzione di Londra sull'aiuto alimentare) e non abbiamo rispettato un impegno preso davanti alla comunità mondiale.
L'oggetto del provvedimento è l'aiuto alimentare, vale a dire l'aiuto a popolazioni che devono affrontare una grave penuria di cibo.
La FAO calcola che nel mondo ci siano 854 milioni di persone gravemente malnutrite o sottonutrite, purtroppo questo numero non è variato negli anni e siamo ancora lontani dal raggiungimento di uno degli obiettivi del millennio, che prevede il dimezzamento degli affamati entro il 2015.
L'aspetto paradossale è che i milioni di affamati vivono in paesi a vocazione agricola, che sarebbero in grado di sfamarli.
Occorre ricordare che la produzione alimentare mondiale è oggi sufficiente a dare da mangiare a tutti gli abitanti del pianeta: infatti, come viene dimostrato dalla FAO, essa è cresciuta più della crescita demografica.
Ci sarebbe dunque cibo per tutti se il mercato alimentare non fosse fortemente distorto e non servisse a soddisfare, per il 70 per cento, i consumi della parte ricca del mondo.
A causa di questo mercato distorto gran parte della produzione agricola anche nei paesi del sud del mondo viene destinata non al fabbisogno alimentare interno, ma all'esportazione.
È impressionante vedere come persino nei paesi africani della fascia saheliana a rischio di desertificazione, vasti appezzamenti di terra siano destinati a produrre ortaggi per le tavole europee o fiori per abbellire le nostre case.
Oltre a sottrarre risorse al fabbisogno di cibo interno, l'agricoltura per l'esportazione viene praticata su larga scala da grandi imprese che grazie alla loro forza economica sottraggono terre, acqua e altre risorse ai piccoli produttori e alle famiglie contadine.
Come se non bastasse, l'Unione Europea e gli Stati Uniti, grazie agli enormi sussidi versati all'agricoltura, riescono ad esportare prodotti come il cotone e lo zucchero a prezzi inferiori al costo di produzione, praticando un dumping gravemente dannoso per i produttori dell'Africa, dell'Asia e dell'America latina.
Anche la cooperazione ha le sue colpe perché di tutto l'aiuto pubblico allo sviluppo solo una piccola quota (si calcola non più del 4 per cento) va all'agricoltura, anche se nelle aree rurali vive ancora la maggioranza dei poveri. Sono questi i dati contenuti nel World Development Report della Banca Mondiale pubblicato venerdì scorso.
Così succede che i paesi in via di sviluppo che fino a 20 anni fa erano esportatori di cibo oggi sono diventati importatori.
Questa condizione quasi endemica di scarsità alimentare (lo ripeto, non giustificata dalla mancanza di risorse, ma da un mercato che soddisfa i consumatori più abbienti) fa sì che in caso di calamità naturali, conflitti o altre emergenze, si diffondano rapidamente la fame e la morte.
In questi casi gli aiuti alimentari sono indispensabili, proprio per salvare la vita di milioni di persone, inclusi donne e bambini.
Solo in questi casi estremi - che purtroppo rimangono numerosi e gravi - l'aiuto alimentare aiuta davvero.
In condizioni per così dire normali può arrivare a fare danni, scoraggiando i produttori locali e introducendo nel mercato beni estranei ai consumi tradizionali (famoso fu negli anni ottanta il caso della margarina donata dall'Europa all'Africa dove i frigoriferi praticamente non esistevano).Pag. 63Ecco perché la FAO e ÌUE hanno promosso la convenzione di Londra e hanno stabilito, anche di concerto con la società civile, dei criteri importantissimi per l'erogazione dell'aiuto alimentare, che non deve servire a piazzare le eccedenze agricole dei paesi donatori, ma a soccorrere persone e comunità in stato di grave penuria.
Alla luce di queste considerazioni, confermo il voto favorevole del mio gruppo PRC-SE purché si rispettino le indicazioni della FAO riprese nell'ordine del giorno che accompagna il provvedimento, in cui si chiede che l'AGEA provveda all'acquisto di alimenti in loco o in aree limitrofe.
TERESIO DELFINO. Onorevoli colleghi, ci accingiamo ad approvare un provvedimento su uno di quei temi, quale quello relativo alla lotta alla fame nel mondo, su cui è fondamentale registrare un'ampia convergenza bipartisan.
Sono convinto che oggi si confermi, con l'approvazione di questa legge, la volontà del Parlamento e del Paese di onorare gli impegni assunti dall'Italia nell'attuazione del programma di aiuto alimentare dell'Unione Europea in favore dei Paesi in via di sviluppo.
Infatti, con questo provvedimento non facciamo che approvare un differimento del termine di scadenza dell'incarico affidato all'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) sulla base degli impegni presi dal nostro Paese nell'ambito della Convenzione sull'aiuto alimentare, fatta a Londra il 13 aprile 1999, resa esecutiva dalla legge 29 dicembre 2000, n. 413. L'Italia ha sempre posto la solidarietà tra i popoli e la piena realizzazione dei diritti fondamentali dell'uomo, come sanciti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, tra gli obiettivi principali della sua politica estera. Era pertanto necessario, quanto prima, garantire il finanziamento occorrente all'attuazione della proroga del precedente differimento, reso operante dalla legge 17 giugno 2004, n. 155.
Ci rendiamo conto che l'impegno stanziato non è quello che avremmo sperato per assicurare le risorse per tutti gli anni di vigenza della Convenzione sull'aiuto alimentare, ad oggi prorogata fino al 30 giungo 2008.
Noi siamo convinti che occorra intervenire con maggiore forza e con strumenti più efficaci per far fronte alla tragica emergenza della fame nel mondo che quotidianamente è sotto i nostri occhi.
Il tema della fame nel mondo interpella in profondità la nostra coscienza e la responsabilità dei Paesi industrializzati e più ricchi del mondo per fronteggiare un'emergenza che, ogni anno, provoca milioni di morti e di malati a causa della denutrizione.
Noi crediamo che la lotta alla fame debba riprendere vigore a livello nazionale e a livello europeo per riconoscere, in primo luogo, il diritto alla vita di milioni di persone e per la consapevolezza che riducendo e/o sconfiggendo la fame si opera concretamente per affermare la pace, per superare immani tragedie di popoli costretti a migrazioni assurde e dolorosissime e per salvare milioni di bambini dalla morte o da un futuro vissuto con gravi malformazioni.
È un impegno civile, politico e morale ineludibile se vogliamo dare una vera e forte speranza di sviluppo a tutte quelle aree del mondo che oggi vivono una prospettiva di terribile emarginazione.
La Convenzione in parola rappresenta pertanto un intervento concreto per salvare vite umane, soprattutto nelle situazioni più drammatiche presenti in diversi Paesi. È uno strumento certamente parziale, insufficiente ma comunque in grado di segnalare la volontà di riprendere con decisione la lotta alla fame.
L'Italia, come ha ricordato il relatore onorevole Forlani, ha, nel passato, sviluppato su questa tematica una presenza e delle iniziative rilevanti, contribuendo a definire, a livello europeo, politiche di aiuto incisive per la lotta alla povertà, che costituisce una delle priorità del millennio adottate dalle Nazioni Unite nell'anno 2000.
L'approvazione di questo provvedimento dà continuità a tale impegno e costituisce, noi lo sottolineiamo, il primoPag. 64passo per arrivare, nel più breve tempo possibile, alla piena attuazione degli accordi sottoscritti con la adesione alla Convenzione sull'aiuto alimentare. A questo fine noi sollecitiamo fin d'ora il Governo e il Parlamento a prevedere nella legge finanziaria 2008 le risorse necessarie che consentano all'Italia di essere pienamente adempiente.
Con questa convinzione e per le ragioni che ho sinteticamente esposto, dichiaro il voto favorevole del gruppo dell'UDC.
ANTONIO BUONFIGLIO. Con riferimento al provvedimento che l'Assemblea si accinge a votare si ritiene corretto porre in evidenza i positivi effetti, prodotti dallo stesso, nel contesto di riferimento.
Il differimento, infatti, potrà favorire il rilancio degli interventi di aiuto alimentari, consentendo il riposizionamento dell'Italia nella graduatoria dei Paesi donatori.
L'estensione del programma risulta, inoltre, così strutturato, meglio allineato all'entità delle richieste avanzate dai Paesi in via di sviluppo.
L'incarico, oltre a soddisfare la precipua finalità di intervento umanitario, offre la possibilità di gestire le temporanee eccedenze produttive che possono verificarsi a danno del mercato.
MARCO LION. Egregi colleghi, intervengo sia come primo proponente del progetto di legge che ha rappresentato la base di merito e di contenuto per l'avvio del presente procedimento, sia come presidente della XIII Commissione (Agricoltura) della Camera, dal momento che la materia che trattiamo ha anche un importantissimo rilievo di carattere agricolo.
Faccio un breve riferimento all'iter di questa nuova legge evidenziando che il provvedimento risulta dall'unificazione di due analoghe proposte di legge, di cui quella iniziale è stata da me presentata, a ragion veduta, il 14 giugno 2006.
Sottolineo questo elemento di dettaglio perché già dall'inizio di questa legislatura ero consapevole della necessità di garantire una proroga all'attuazione della Convenzione di Londra in ambito nazionale, e che ciò si poteva realizzare solo con una specifica legge.
Nelle proroghe che hanno preceduto quella prevista dalla legge che ci accingiamo ad approvare, i Governi pro tempore, hanno sempre assicurato il loro impegno a rendere permanenti i finanziamenti necessari all'esercizio interno della Convenzione sull'aiuto alimentare, ma dietro le rassicurazioni offerte dagli Esecutivi non sono mai seguiti degli atti efficaci: ne deriva quindi che ancora una volta bisogna intervenire per vie parlamentari.
Ritengo di notevole importanza l'accordo firmato a Londra il 13 aprile 1999 sull'aiuto alimentare ai Paesi in via di sviluppo o con popolazioni in particolari stati di indigenza o di carenze alimentari. Quest'accordo infatti ha una spiccata valenza di carattere solidaristico-umanitario e serve a rafforzare la cooperazione internazionale per sconfiggere la fame nel mondo.
L'Italia da sempre si è fatta carico della necessità di aiutare i Paesi più poveri e le popolazioni più vulnerabili e spesso è intervenuta, oltre che con le forniture delle derrate, anche con interventi in loco volti a sostenere lo sviluppo dell'agricoltura dei Paesi beneficiari.
In questo caso l'aiuto italiano si concretizza, come voluto dalla Convenzione e più in particolare dal Consiglio Internazionale dei Cereali (IGC International Grains Council), tramite la fornitura in seno al WTO di cereali, o doni monetari di importo equivalente, finalizzati all'acquisto di percentuali di prodotti alimentari o presso i Paesi beneficiari, o presso altri Paesi in via di sviluppo.
Partecipare a questo strumento di solidarietà internazionale è un atto molto significativo per un Paese sviluppato come l'Italia che può essere da traino per i Governi degli altri Paesi firmatari della Convenzione affinché s'impegnino ancora di più per combattere il grave flagello della fame nel mondo. Purtroppo però, pur partecipando attivamente all'attivazione politico-amministrativa della Convenzione, il nostro Stato non fa altrettantoPag. 65in termini di esecuzione degli interventi per via della mancanza di copertura finanziaria occorrente agli oneri richiesti dalle proroghe che periodicamente la Convenzione subisce.
Faccio notare che la Convenzione è entrata in vigore in Italia ai sensi della legge n. 413 del 2000 con cui è stata ratificata nel nostro ordinamento, ed in sede internazionale ha subito una prima proroga fino al giugno 2003, poi fino al 30 giugno 2005 e poi ancora al 30 giugno 2007. Da ultimo, con la decisione del Comitato per l'aiuto alimentare dell' 11 giugno 2007, è stata prorogata fino al 30 giugno 2008.
Come già riferito in seno a questo dibattito, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), rappresenta l'ente incaricato a provvedere alle forniture della quota di partecipazione italiana, in attuazione delle norme comunitarie di riferimento.
L'AGEA svolge, secondo i programmi stabiliti dal Ministero degli affari esteri, i compiti di esecuzione delle forniture dei prodotti agricoli e alimentari, delle operazioni di provvista e di acquisto sui mercati interni e internazionali delle derrate alimentari atte alla formazione delle scorte necessarie e, ove più confacente, di procedere ad acquisti in loco nei Paesi in via di sviluppo, oppure avvalendosi di organizzazioni internazionali.
In presenza delle proroghe decise in seno alla Convenzione, l'Italia è in regola solo con quelle che arrivano al 31 dicembre 2003, come ha previsto l'articolo 5-bis del decreto legge n. 182 del 2005. Come si vede mancano all'appello le coperture per gli anni dal 2004 al 2008 che corrispondono a 36,2 milioni di euro per ogni biennio.
Ritornando alla valenza agricola della Convenzione, ricordo che il meccanismo che essa utilizza è un formidabile strumento per la circolazione secondo fini utili dei prodotti agricoli italiani e un buon tonificatore per l'intero sistema agricolo del nostro Paese.
Ricordo infatti come sia stato utile fornire a molti Paesi afflitti dalla fame, periodiche quantità di ottimo riso o di equivalenti cereali italiani, soprattutto nei momenti in cui in Italia vi erano crisi di mercato per queste produzioni.
Vi è stata in queste circostanze una pregevole collaborazione tra il sistema politico italiano, le autorità governative ed il sistema agricolo, in quanto i nostri Ministri degli esteri hanno potuto intrecciare importanti relazioni diplomatiche con questi Stati più poveri, anche grazie al fatto che hanno sempre potuto garantire loro cibo ed aiuti equivalenti.
In conclusione, nel dichiarare il mio voto favorevole all'approvazione del presente provvedimento, concludo auspicando che lo stesso sia approvato celermente anche dall'altro ramo del Parlamento e che il Governo provveda definitivamente a rendere permanenti i finanziamenti che servono sia per mettere in regola il nostro Paese con le proroghe già decise in seno alla Convenzione, sia per proseguire negli anni futuri le forniture alimentari ai Paesi più bisognosi.