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Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge costituzionale Scotto; Bianchi; Boato; Bianco; Zaccaria ed altri; Franco Russo ed altri; Lenzi ed altri; Franco Russo ed altri; D'Alia; Boato; Boato; Casini; Soro; Di Salvo ed altri; Diliberto ed altri: Modificazione di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma del Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l'elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica (A.C. 553-1524-2335-2382-2479-2572-2574-2576-2578-2586-2715-2865-3041-3139-3151-A).
(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 553-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 553 ed abbinate sezione 1).
Osservo che, con riferimento a tutte le proposte emendative presentate dai deputati all'articolo 2, la Commissione e il Governo hanno formulato ai presentatori un invito al ritiro ovvero un parere contrario.
Avverto che, per dare ordine ai nostri lavori, ove i presentatori non manifestassero alla Presidenza l'intenzione di ritirare i propri emendamenti si procederà alla loro votazione.
Spero che i colleghi abbiano ascoltato quanto detto finora.
Passiamo alla votazione dell'emendamento D'Alia 2.121 sul quale vi è il parere contrario della Commissione e del Governo.
ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, poiché si tratta delle prime votazioni della giornata, torno a chiederle se fosse possibile verificare attentamente se le Commissioni siano state sconvocate, perché fino a qualche istante fa la Commissione giustizia, se non erro, era ancora in riunione.
PRESIDENTE. Procederemo immediatamente a tale verifica.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.
GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, prendo la parola in ordine ad un punto che ieri è stato già trattato nel merito, allorché abbiamo votato l'emendamento presentato dall'onorevole Franco Russo. Intendo chiarire un passaggio importante e fondamentale che nel corso del dibattito di ieri l'onorevole D'Alia ha posto all'attenzione dell'Assemblea.
Con il voto di ieri abbiamo chiaramente dimostrato quale sia la volontà del gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo in ordine al tema della circoscrizione Estero, confermando la necessità di garantire la rappresentanza dei 18 eletti, così com'era stata definita dalla riforma costituzionale. Inoltre, abbiamo ribadito che, trattandosi di una riforma che mette mano alla struttura della Camera e alle sue funzioni e poiché la stessa diventa l'unico soggetto titolato del potere di indirizzo politico e quindi del voto di fiducia, era necessario procedere anche ad una proporzionale e conseguente riduzione del numero dei rappresentanti degli italiani all'estero nella Camera politica.
Contestualmente abbiamo ribadito che non potevamo e non volevamo che la rappresentanza complessiva di 18 subisse delle modifiche.
Ciò premesso, abbiamo acceduto, nel corso dei lavori della Commissione, a convergere su un emendamento del collega D'Alia che proponeva di avere sei eletti all'estero alla Camera dei deputati e 12 al Senato. È esattamente ciò che intendiamo fare, al punto tale che la Commissione ha fatto proprio l'emendamento D'Alia e lo ha presentato. Pertanto, la logica vorrebbe che tutti gli emendamenti che affrontano tale tema debbano essere ritirati. Nel caso ciò non dovesse avvenire, confermo il voto contrario del gruppo del Partito Democratico-L'Ulivo.
È molto importante che si chiarisca, anche durante il dibattito parlamentare odierno, come la presenza dei nostri colleghi eletti all'estero sia costituzionalmente garantita e politicamente importante, perché, al di là delle opinioni di ciascuno di noi nel momento in cui abbiamo proceduto alla riforma costituzionale che ha consentito ai nostri cittadini residenti all'estero di scegliersi i propri rappresentanti, la Costituzione deve essere rispettata Pag. 3e a loro deve essere riconosciuta, per intero, la funzione politica che milioni di cittadini residenti all'estero hanno loro conferito.
Pertanto, si tratta di un passaggio estremamente importante in cui i gruppi parlamentari hanno dimostrato ieri un alto senso di responsabilità.
Credo che a questo punto, al fine di non dover replicare ad interventi che hanno tutti lo stesso segno, sia opportuno che i colleghi presentatori delle proposte emendative accedano alla richiesta di ritiro. In caso contrario, confermo nuovamente il voto contrario del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà.
LANFRANCO TENAGLIA. Signor Presidente, i diritti che derivano dalla cittadinanza (il diritto di elettorato attivo e il diritto di elettorato passivo) non possono trovare limitazione e derivano direttamente da principi costituzionali. Quindi, il principio di rappresentanza anche dei cittadini italiani residenti all'estero non può essere in alcun modo limitato, né suddiviso o reso diverso dai principi di rappresentanza che valgono per i cittadini residenti nel territorio nazionale.
Pertanto, la presenza dei rappresentanti eletti all'estero è ormai un principio costituzionale che deriva direttamente dalla Costituzione stessa. Quindi, credo che sia opportuno che tali proposte emendative vengano ritirate, altrimenti bisogna dichiarare con nettezza la contrarietà a proposte emendative che limitano fortemente un principio costituzionale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo e colleghi, stiamo oggi proseguendo una riflessione critica, già ampiamente svolta nella seduta di ieri, con riferimento alla riforma costituzionale al nostro esame sotto il profilo della circoscrizione Estero e la previsione di una rappresentanza dei cittadini italiani residenti all'estero nei due rami del Parlamento della Repubblica. Ho già affermato ieri in sede di dichiarazione di voto in riferimento all'emendamento Mascia 2.61, che il gruppo dei Verdi, come preannunziato (e così è stato nelle votazioni), avrebbe votato contro tutte le proposte emendative volte o alla totale cancellazione di tale rappresentanza, in palese contrasto con il vigente articolo 48 della Costituzione, modificato con la legge costituzionale n. 1 del 2000, o, come nel caso dell'emendamento alla nostra attenzione, addirittura alla modifica dello stesso articolo 48 della Costituzione, prevedendo la rappresentanza dei cittadini italiani residenti all'estero soltanto in uno dei due rami del Parlamento.
Credo che i colleghi che mi hanno preceduto abbiano opportunamente messo in luce il fatto che, trattandosi di cittadini italiani a pieno titolo, sia pure residenti all'estero (ma forse in questo caso dovrei dire a maggior ragione residenti all'estero), non si possa considerare sotto il profilo costituzionale il fatto che i diritti dei cittadini vengano o annullati come nel caso degli emendamenti precedenti, o dimidiati, come nel caso al nostro esame. Non credo si possa immaginare che un cittadino italiano possa godere del diritto dell'elettorato attivo e passivo soltanto con riferimento ad uno dei due rami del Parlamento. Credo che ciò confliggerebbe con il principio di ragionevolezza, ma prima di tutto con il principio di eguaglianza, stabilito solennemente e in modo immutabile dall'articolo 3 della Costituzione.
Pertanto, al di là delle discussioni, già richiamate ieri, svolte nella fase istruttoria della duplice riforma costituzionale approvata nella XIII legislatura (la prima, che ho già ricordato, di modifica dell'articolo 48 della Costituzione e, la successiva, con la legge costituzionale n. 1 del 2001, di modifica degli articoli 56 e 57 della Costituzione), non credo che oggi, pur rispettando legittimamente il dibattito, anche critico, che si svolse in quella fase storica Pag. 4nel corso della XIII legislatura, sia possibile da parte del Parlamento rimettere in discussione quell'impianto costituzionale. Ciò che è possibile fare, ed è ciò che propone di fare la Commissione con una convergenza larghissima - non dico unanime, ma larghissima - che abbiamo verificato anche ieri nel voto sul primo di questi emendamenti (tale emendamento è stato bocciato da una stragrande maggioranza; più della maggioranza assoluta dei componenti della Camera hanno votato ieri quella bocciatura), è modificare i numeri della rappresentanza, perché l'articolo 48 prevede che sia la norma costituzionale a decidere il numero di seggi da assegnare alla circoscrizione Estero nell'elezione delle Camere. Pertanto la Commissione ha proposto l'emendamento 2.250 (che voteremo tra poco) che prevede, in coerenza con l'articolo 48, la definizione del numero dei seggi assegnati che, nella proposta della Commissione, saranno 12 per quanto riguarda l'elezione del Senato federale della Repubblica e 6 per l'elezione della Camera dei deputati.
Questo è il motivo, e concludo signor Presidente e onorevoli colleghi, per cui io - anche se non ne ho titolo - e la relatrice, che lo ha già fatto, invitiamo i presentatori, in primo luogo il collega D'Alia se lo ritiene, a ritirare questo emendamento. Qualora ritenesse di non ritirarlo noi voteremo contro l'emendamento 2.121 e anche contro i successivi di analogo tenore.
PRESIDENTE. Prego i colleghi di far cessare il brusio e di consentire a chi lo desidera di ascoltare con più attenzione la discussione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.
ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, mi associo alla valutazione sull'opportunità che questo emendamento venga ritirato, perché credo che vi siano le condizioni affinché quest'Assemblea oggi faccia un passo avanti decisivo nell'approvazione dell'articolo 2, dando così un segnale importante nella direzione della riduzione del numero dei parlamentari e, nello stesso tempo, della differenziazione delle competenze fra i due rami del Parlamento.
Non può essere di ostacolo rispetto a questo percorso, io credo, il tema della rappresentanza degli italiani all'estero che mi sembra la Commissione abbia analizzato e risolto con grande equilibrio. Si è confermato quel passo avanti importante che l'intero Paese ha compiuto, nel tentativo del recupero dell'identità nazionale che anche con il voto degli italiani all'estero e la loro rappresentanza nei rami del Parlamento del Paese al quale hanno dato tanto, pur vivendo lontano da questi confini, si è materializzato.
Ritengo, pertanto, che sia sicuramente importante arrivare al voto unitario di quanto prevede la proposta del relatore ed invito anch'io al ritiro i colleghi che hanno presentato gli emendamenti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, se ben intendo, l'emendamento D'Alia 2.121 intende diminuire il numero dei parlamentari eletti all'estero, attraverso un comma soppressivo e lo spostamento di 12 parlamentari al Senato. Noi ci asterremo o voteremo contro questo emendamento in quanto, come abbiamo ripetutamente affermato ieri, siamo non solo per la conservazione della presenza dei parlamentari eletti all'estero, ma anche per la conservazione del loro attuale numero di 18.
Per quanto riguarda lo spostamento fra Camera e Senato, vi è stata una lunga discussione, che nasce da una situazione iniziale piuttosto confusa, nel testo unificato adottato dalla Commissione come testo base.
In esso, come ha ricordato il collega Boato, si proponeva di modificare il terzo comma dell'articolo 48 della Costituzione, laddove si prevede: «A tale fine è istituita una circoscrizione Estero per l'elezione Pag. 5delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale».
Nel primo testo unificato adottato dalla Commissione come testo base, la parola «Camere», che ovviamente si riferisce a Camera e Senato, fu sostituita dalle parole «Camera dei deputati», nel senso che si intendeva far sì che i parlamentari della circoscrizione Estero entrassero tutti a far parte della Camera dei deputati. Ciò, tuttavia, si collegava con la previsione, contenuta nel testo, del suffragio universale per l'elezione dei senatori, con la possibilità, per un numero limitato di essi, di venire eletti dai consigli regionali e dei consigli delle autonomie.
Improvvisamente, in seguito, la Commissione - o meglio, la maggioranza - ha votato un emendamento che porta i senatori a non essere più eletti con elezione generale da parte di tutti i cittadini, ma ad essere eletti in via indiretta dai consigli regionali al loro interno e dai consigli delle autonomie locali. A quel punto, si è creata una situazione in cui la posizione dei parlamentari della circoscrizione Estero, eletti a suffragio universale, veniva equiparata a quella dei deputati, che sono anch'essi eletti a suffragio universale, mentre si trovava e si trova in una situazione non equiparata ai senatori, che sono eletti attraverso le elezioni indirette di secondo o di terzo grado. Tutto ciò ha comportato un «tira e molla» sui numeri, per cui oggi, anche attraverso il successivo emendamento della Commissione, alla Camera vi sono sei deputati e al Senato dodici senatori, poiché i parlamentari della circoscrizione Estero sono stati divisi in questo modo.
Pur tuttavia, avremo senatori di «serie A» (i senatori eletti all'estero a suffragio diretto e universale), senatori di «serie B» (quelli eletti dai consigli regionali) e senatori di «serie C» (quelli eletti dai consigli delle autonomie, poiché in sostanza si caratterizzano per un'elezione di terzo grado). Tutto ciò porta a pensare, per i senatori della circoscrizione Estero, di realizzare una possibile organizzazione intermedia, in modo da far sì che sia tale organizzazione ad eleggere i senatori, creando, anche in questo modo, un'elezione indiretta.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
GABRIELE BOSCETTO. Siamo contrari a questo filtro, che ci sembra molto pericoloso, ma illustrerò la nostra posizione successivamente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, perdonateci se anche stamani richiamiamo la vostra attenzione, ma il passaggio è di tale delicatezza che lo impone.
Spero di riuscire sinteticamente ad esprimere i vari concetti che vorrei illustrare sull'emendamento D'Alia 2.121, altrimenti cercherò di utilizzare anche il tempo dei successivi interventi. L'emendamento in esame, se non viene ritirato, cosa che anche io auspico, non potrà purtroppo ricevere un voto favorevole; finirà anzi per ricevere un voto contrario, per due ragioni essenziali. La prima, di una certa dirompente delicatezza, consiste nel fatto che l'emendamento D'Alia 2.121 porterebbe in primo luogo alla riduzione dei complessivi diciotto parlamentari eletti dagli italiani all'estero, non tenendo conto che al termine di un lungo e non facile dibattito e confronto, svolto anche in Commissione, si è arrivati alla risoluzione di mantenere inalterato il numero complessivo dei parlamentari eletti dagli italiani all'estero. Da questo punto di vista mi permetto di esprimere un apprezzamento - anche se poi aggiungerò delle critiche sull'attuazione pratica - per lo sforzo che hanno compiuto i due relatori di mettere insieme, in un modo o nell'altro, razionale o meno, molte esigenze diverse, pur di mantenere i diciotto seggi complessivi, tra Camera e Senato, eletti degli italiani all'estero. Voglio, quindi, manifestare un apprezzamento per il loro sforzo, e la piena comprensione per aver forse anche sacrificato Pag. 6delle pulsioni individuali per arrivare ad una soluzione. Siccome, invece, l'emendamento D'Alia 2.121 andrebbe a comprimere questo numero, mi sembra che ciò rappresenti già una ragione sufficiente affinché il gruppo di Alleanza Nazionale, qualora non venga ritirato, esprima voto contrario.
La seconda considerazione, anch'essa di una certa dirompente delicatezza, consiste nel fatto che l'emendamento in esame, nella parte in cui prevede di aggiungere, dopo l'articolo 2, l'articolo 2-bis, andrebbe a ipotecare proprio l'articolo 1, che abbiamo accantonato, e che riguarda la denominazione del Senato. L'emendamento D'Alia 2.121, infatti, propone di sostituire le parole «delle Camere» con le parole «del Senato federale della Repubblica», ma dal momento che abbiamo accantonato l'articolo 1, sarebbe una contraddizione se adesso ci sbarrassimo la strada facendo questa scelta.
Inoltre, onorevoli colleghi, richiamo la vostra attenzione sul fatto che la Corte costituzionale - non due amici al bar, non un gruppo di pericolosi sovversivi, di liberi pensatori, ma la Corte costituzionale - con la sentenza n. 365 del 2007, depositata l'altro ieri e riportata dalla stampa, ha affermato che non è né lecito né congruo nel nostro ordinamento costituzionale usare l'espressione «federale», poiché la nostra non è una Repubblica federale: questo è stato affermato dalla Corte costituzionale, come riportato con grande risalto da tutti i giornali di ieri. La Corte costituzionale ci dice chiaro e tondo: fate quello che volete sul piano delle articolazioni, ma il nostro ordinamento è improntato al regionalismo e non al federalismo. La Consulta ha bocciato un provvedimento legislativo della regione Sardegna che invece ipotecava esattamente, nella denominazione e nel contenuto, questa ormai antica querelle. Lo voglio ripetere: stiamo parlando della Corte costituzionale e della sentenza n. 365, depositata l'altro ieri.
Se non vogliamo dar luogo a un potenziale, anzi attuale, conflitto di decisioni e di poteri ed allo scardinamento di un principio e della conseguente definizione della nostra vigente, e non rinnegata, Costituzione, secondo i suoi autorevoli interpreti, gli unici deputati all'interpretazione, vale a dire i giudici della Corte costituzionale, dobbiamo prendere atto che questa espressione non è lecita né congrua nel nostro ordinamento.
MARCO BOATO. A Costituzione vigente, ma se cambia la Costituzione...
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Aggiungo che io stesso ho ringraziato sinceramente i relatori per questo sforzo di mantenimento dei diciotto seggi, ma la soluzione adottata mi sembra sconcertante. Onorevoli colleghi, facendo eleggere sei deputati alla Camera con il voto degli italiani all'estero e facendo diventare dodici quelli presenti al Sanato otterremmo diverse incongruenze.
La prima incongruenza è che si stabilisce un numero doppio di rappresentanti...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Mi riservo di svolgere ulteriori considerazioni intervenendo sui successivi emendamenti. Credo peraltro di aver già motivato il voto contrario sull'emendamento in esame, dell'ottimo collega D'Alia.
PRESIDENTE. Prendo atto che l'emendamento D'Alia 2.121 non è stato ritirato.
Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento D'Alia 2.121, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 444
Votanti 439
Astenuti 5
Maggioranza 220
Hanno votato sì 72
Hanno votato no 367).
Prendo atto che i deputati Adolfo e Pisacane hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che i deputati Galletti e Compagnon hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto favorevole.
Prendo altresì atto che i deputati Romele, Lovelli e Zanella hanno segnalato che avrebbero voluto esprimere voto contrario e che i deputati Vacca e De Angelis hanno erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbero voluto esprimere voto contrario.
Avverto che sono stati ritirati gli emendamenti Zeller 2.104, Zeller 2.103 e Zeller 3.105.
Passiamo agli identici emendamenti Capezzone 2.111, D'Alia 2.120 e Buemi 2.63.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buemi. Ne ha facoltà.
ENRICO BUEMI. Signor Presidente, confermiamo la nostra posizione a sostegno di una revisione dell'attuale impostazione che prevede la presenza di una rappresentanza degli Italiani all'estero, non perché non riteniamo che quella parte di cittadini non debba avere influenza nel nostro Paese, ma perché riteniamo che gli interessi che essi rappresentano sono principalmente collocati nei Paesi dove vivono, hanno le loro attività, pagano le tasse, frequentano le scuola, cioè dove svolgono attività di relazione sociale, culturale e politica permanente. Quindi, le politiche volte a consentire a quei concittadini un'influenza nel nostro Paese devono passare attraverso altri meccanismi: non crediamo che con una rappresentanza contraddittoria e anche molto limitata quegli interessi possano essere rappresentati nel nostro Parlamento. In particolare, sussiste la contraddizione costituita dal fatto che nel Senato, così come configurato dalla proposta di legge in esame, la rappresentanza è in funzione di una nomina di secondo grado da parte degli enti locali e delle regioni: mi chiedo che rapporto possa avere tutto ciò con gli Italiani all'estero, che sono espressioni di realtà completamente diverse e certamente non commensurabili. Tutto questo ci rende indisponibili ad un «pasticcio» che, per quanto riguarda le Camere fondamentali del nostro Paese, dovrebbe essere evitato.
Pertanto, insistiamo per la votazione dell'emendamento in esame e chiediamo all'Assemblea un voto favorevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, intendo proseguire le considerazioni precedentemente svolte, facendo presente, onorevoli colleghi, che la soluzione di cui stiamo discutendo di per sé è contraddistinta da una forte criticità.
Infatti, come ho già osservato, se si assegnano sei parlamentari alla Camera dei deputati e dodici al Senato, provenienti dall'estero, prima di tutto si realizza una proporzione inversa, cioè si farebbero gravare su un ristretto collegio, composto da neppur duecento elementi, quale sarebbe il Senato, dodici rappresentanti degli italiani all'estero, mentre all'Assemblea composta da cinquecento deputati parteciperebbero sei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero. Pertanto si verificherebbe una proporzione assolutamente inversa, e ciò rappresenta una prima illogicità.
La seconda illogicità è costituita dal fatto che parlamentari eletti dal popolo, quali sono i senatori votati dagli italiani all'estero, verrebbero a fa parte di un organismo, non eletto dal popolo, ma con un'elezione di secondo o addirittura di terzo grado.
I senatori eletti dagli italiani all'estero sarebbero dei «supersenatori», senatori di «serie A», perché eletti sovranamente dal popolo, e affogati in un collegio di consiglieri regionali o di rispettabilissimi consiglieri comunali o provinciali, che svolgono il ruolo di delegati nella seconda Pag. 8Camera. Tutto questo crea una discrasia che penso non sfugga alla vostra considerazione di legislatori, e anche di democratici fedeli al principio della rappresentanza e della sovranità popolare.
Un'ulteriore illogicità è l'inaccettabile motivazione che anche ieri ho sentito fornire in quest'Assemblea: vi sarebbe il pericolo che i dodici, qualora rimanessero nella Camera dei deputati, verrebbero a inquinare le logiche e gli equilibri politici di quella Camera; addirittura, si è parlato della possibilità di non abilitarli a partecipare al voto di fiducia nei confronti del Governo e del Presidente del Consiglio, perché verrebbero ad alterare gli equilibri politici.
A questo punto, rischiamo di fare di questi senatori dei «superparlamentari», perché sono gli unici eletti dal popolo, ma contemporaneamente li stiamo vilipendendo e deprezzando, perché stiamo dicendo che costoro vengono ad alterare gli equilibri politici, come se non fossero eletti su liste politicamente libere e qualificate e non li avessimo facoltizzati a dare luogo a questo agone democratico e rappresentativo, e dovessero invece essere parlamentari minoris iuris. Tale contraddizione è insanabile, e anche fastidiosa e insultante dal punto di vista della legittimazione democratica: i nostri rappresentanti in carica, e quelli che lo diventeranno, dovrebbero ribellarsi.
Dunque, i relatori hanno compiuto lo sforzo, che apprezzo sinceramente, di lasciare i diciotto parlamentari della circoscrizione Estero, e da parte nostra ci opponiamo a tutto ciò che cancella i rappresentanti degli Italiani all'estero o che ne ridimensiona il numero. Io stesso, che avevo presentato emendamenti tecnici volti a superare tale discrasia, credo che mi indurrò a ritirarli, perché altrimenti l'equivoco sarebbe evidente, e lo riconoscerei spontaneamente. Tuttavia, spero che non vi sfuggiranno le criticità che ho evidenziato.
Quanto al tema che ho sollevato precedentemente, relativo al carattere federale o meno del Senato, rispondo rapidamente alle obiezioni che mi venivano fatte, ma non parlo con le mie troppo modeste e inadeguate parole, ma con quelle del collegio della Corte costituzionale, che non lascia spazio a dubbi. Secondo la sentenza n. 365 del 2007 «(...) è ben noto che il dibattito costituente, che pure introdusse per la prima volta l'autonomia regionale nel nostro ordinamento dopo lunghi e vivaci confronti, fu assolutamente fermo nell'escludere concezioni che potessero anche solo apparire latamente riconducibili a modelli di tipo federalistico o addirittura di tipo confederale. Questa stessa scelta riguardò la stessa speciale autonomia delle regioni a regime differenziato, malgrado i particolari contesti sociali, economici e anche internazionali esistenti (...)». Pretendere ora, concludono i giudici costituzionali...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, risparmierò tempo dopo, se non le dispiace.
PRESIDENTE. I tempi sono previsti per ogni intervento, non si possono accumulare successivamente.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, però non mi pare che stessi dicendo una facezia o una cosa voluttuaria...
PRESIDENTE. Non spetta alla Presidenza giudicare il merito dell'intervento.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. La Corte costituzionale denega, non perché dia gli ordini di caserma ma per un principio di custodia dell'ordinamento costituzionale e della sua logica informatrice, sia la denominazione sia la sostanza, che altererebbe il tipo di Repubblica che tuttora vige nel nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.
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ELIAS VACCA. Signor Presidente, il gruppo dei Comunisti Italiani voterà contro gli identici emendamenti Capezzone 2.111, D'Alia 2.120 e Buemi 2.63, per le ragioni che più diffusamente ho spiegato in occasione di un precedente intervento.
Gli emendamenti in esame contengono in sostanza contemporaneamente tre opzioni. La prima è relativa alla riduzione a cinquecento del numero dei parlamentari: ci siamo già pronunciati al riguardo in difesa del nostro emendamento che, nell'ottica di un sistema monocamerale, proponeva di portare a cinquecentocinquanta il numero dei parlamentari eletti a suffragio diretto universale e, quindi, la nostra obiezione sul numero di cinquecento non ha bisogno di ulteriori spiegazioni.
Per quello che riguarda invece l'eliminazione della circoscrizione Estero, implicita nel testo, è nota da tempo la posizione del partito e del gruppo dei Comunisti Italiani sull'argomento.
Vorrei ulteriormente soffermarmi - proseguendo così, in parte, l'intervento svolto poc'anzi dal collega Benedetti Valentini - su quanto ho affermato, in linea generale, sul progetto di riforma costituzionale. Essendo approdati alla votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 2, dopo aver accantonato l'articolo 1, ci troviamo di fronte a qualche problema nell'incedere: gli emendamenti in esame, infatti, contengono anche, sia pure soltanto come conseguenza e come richiamo, la denominazione di «federale» riferita al Senato.
Mi interrogo ed interrogo i colleghi su quale sarebbe la conseguenza nell'ipotesi in cui gli identici emendamenti, non auspicabilmente, venissero approvati e, quindi, fosse accolta anche la parte in cui si dà la denominazione di «federale» al Senato, e poi, ad esempio, nella votazione sull'articolo 1, non venisse accolta la dizione del Senato come «Senato federale». Si avrebbe un automatico adeguamento anche del testo degli emendamenti in esame? È così sicuro che ciò accadrebbe? Credo che vi sarebbe una clamorosa contraddizione fra una proposta che dovrebbe essere soltanto incidentale rispetto alla definizione del Senato e la definizione propria che deriverebbe dall'approvazione dell'articolo 1 e dei relativi emendamenti.
Per tutte queste ragioni, che in parte sono di sostanza e in parte ribadiscono un ulteriore rilievo di confusione nel procedere, noi voteremo contro gli identici emendamenti in esame (Applausi dei deputati del gruppo Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cassola. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, mi riferisco a quanto affermato dall'onorevole Buemi, le cui argomentazioni mi convincono proprio dell'opposto, ossia dell'utilità che vi siano deputati eletti all'estero. L'onorevole Buemi, come altri colleghi, parla come se vivessimo nel 1945 o prima della caduta del muro di Berlino: sembra che non si ci si accorga del fatto che oggi vi sia una mobilità e che andiamo verso un mondo in cui vi saranno molte più persone che usciranno dai loro Paesi: il 10-15 per cento della popolazione, non solo italiana, si recherà all'estero.
Per questo motivo, è importante che si tenga conto della nuova realtà che si sta verificando e che è necessario, pertanto, allacciare i ponti con la gente che vive all'estero...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ARNOLD CASSOLA. ...perché, altrimenti, ci troveremo nella situazione assurda per cui oggi le persone che vivono all'estero sono quattro milioni, fra dieci anni saranno sei milioni, ma resteranno senza il diritto di voto, sia in Italia sia all'estero, nelle elezioni nazionali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, come si suol dire «la toppa rischia di essere peggiore del buco». Non mi dilungo e richiamo le argomentazioni che ho già Pag. 10sviluppato ieri per sostenere il principio secondo cui i deputati eletti all'estero non sono necessari e costituiscono un corpo estraneo rispetto al nostro meccanismo di rappresentanza.
Capisco anche che qualcuno cerchi di contenere i danni e, quindi, pensi a qualche marchingegno che limiti la loro presenza all'interno del Parlamento. Collocarli, tuttavia, al Senato rappresenta una toppa peggiore del buco, perché il Senato dovrebbe essere proprio la Camera rappresentativa dei territori e i senatori, quindi, dovrebbero essere, tra i parlamentari, coloro che hanno un legame e un collegamento con il territorio più stretto. Gli eletti nella circoscrizione Estero, invece, sono proprio quelli che, per definizione, non hanno questo tipo di collegamento.
Per tali motivi, ho affermato che «la toppa è peggio del buco» e non condividiamo gli emendamenti in esame.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ronconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO RONCONI. Signor Presidente, a me pare che si continui ancora nell'equivoco di definire prima la composizione delle Camere rispetto alle competenze. È evidente che ci troviamo di fronte ad un pasticcio serio, in modo particolare quando facciamo riferimento al Senato: non so se chiamarlo ancora Senato, Camera delle autonomie o Senato federale, ma, per capirci, definiamolo ancora «Senato».
Il pasticcio è ancora più grande quando ci riferiamo ai parlamentari eletti all'estero. Ha, infatti, ragione chi dice che appare assolutamente improbabile immaginare una Camera - il Senato - in cui siano presenti, contemporaneamente, senatori eletti in secondo grado dalle autonomie locali e dalle regioni, e senatori, invece, eletti all'estero con scrutinio universale. È evidente che ciò andrà a compromettere il lavoro del Senato, così come appare difficile immaginare l'inserimento di parlamentari eletti all'estero, al Senato, quando ancora non sappiamo quali saranno le competenze di questo Senato! Con alta probabilità - e qui ha ragione il rappresentante della Lega Nord Padania - il Senato (se sarà federale), non avrà competenze che riguardano gli italiani all'estero e noi inseriamo, in questo caso, un corpo che sarà assolutamente estraneo a quella Camera!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, vorrei confermare il voto contrario del gruppo dei Verdi - come è stato poc'anzi ribadito opportunamente anche dal collega Cassola - sugli identici emendamenti Capezzone 2.111, D'Alia 2.120 e Buemi 2.63.
Desidero, altresì, segnalare con soddisfazione e ringraziare anche i colleghi del gruppo Misto-Minoranze linguistiche, i quali hanno accettato l'invito della relatrice di ritirare l'emendamento Zeller 2.104.
Inoltre, vorrei ricordare in questo dibattito che - a mio parere, ovviamente - non ha senso continuare a dire che prima dobbiamo decidere una cosa, poi un'altra, poi un'altra ancora, e così via. È ovvio che il numero dei componenti della Camera e del Senato, la struttura che quest'ultimo assumerà e il procedimento legislativo che prevederemo all'articolo 7 in riferimento al nuovo articolo 70 della Costituzione, sono aspetti tra di loro strettamente connessi. Tuttavia, è altrettanto ovvio che dobbiamo procedere con una logica istituzionale che il presidente Violante all'inizio della scorsa seduta aveva giustamente ricordato.
Da ultimo, vorrei segnalare al collega Benedetti Valentini - con il massimo rispetto che, come lui sa, nutro nei suoi confronti ed i cui interventi ascolto sempre con attenzione - che il richiamo ad una sentenza della Corte costituzionale, sotto questo profilo, non ha valore perché essa si riferisce alla Costituzione vigente. Quando saranno introdotte nuove norme Pag. 11(in particolare quella relativa all'assetto del Senato federale con l'articolo 3) e sarà finalmente definito l'iter legislativo di questa revisione costituzionale, è evidente che quella diventerà la norma di riferimento (in quanto costituisce fonte primaria) anche per la Corte costituzionale, la quale, da quel momento in poi, dovrà adottare una giurisprudenza costituzionale coerente e conseguente al nuovo assetto ordinamentale, deciso sovranamente dal Parlamento della Repubblica.
Pertanto, non muovo obiezioni alle sollecitazioni del collega Benedetti Valentini relative alla giurisprudenza costituzionale a Costituzione vigente, ma desidero sottolineare il fatto che stiamo revisionando la Costituzione sotto un profilo di cui la successiva giurisprudenza costituzionale non potrà non tener conto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boscetto. Ne ha facoltà.
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, certamente questa discussione viene resa legittima dai problemi che sono emersi e che sono stati ben evidenziati anche in quest'Aula. Infatti, il Senato - che nella struttura prospettata diventa rappresentativo strettamente delle regioni, attraverso l'elezione indiretta da parte dei consigli regionali e dei consigli delle autonomie locali - sembrerebbe adattarsi poco all'ingresso dei senatori parlamentari eletti all'estero, i quali sono lontani da questi territori per la loro collocazione in territori di ogni parte del mondo. Ci si chiede, quindi, se questa Camera regionale non sarà snaturata dall'ingresso di questi senatori eletti all'estero, che sono portatori di istanze del tutto diversificate.
Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che per esempio, in Francia, il Senato accoglie, come membri, anche i parlamentari (nel qual caso, i senatori) eletti oltremare.
Ciò vuol dire che, come i francesi, anche noi possiamo comprendere l'utilità o, perlomeno, la «neutralità» di tale collocazione. Certo è che la posizione dei dodici senatori sarà diversificata rispetto a quella dei sei deputati, in quanto i deputati potranno esprimersi sulla fiducia al Governo e avere, quindi, una veste politica attiva, mentre i senatori, non pronunciandosi sulla fiducia, avranno una veste che noi riteniamo pressoché consultiva e che nasce da questa formula di elezione del Senato, non diretta, non a suffragio universale, bensì indiretta, di secondo o terzo grado.
Tuttavia, la nostra posizione - che comporta il voto contrario agli identici emendamenti in discussione - è quella di mantenere il più possibile la situazione attuale, che vede la presenza di parlamentari eletti all'estero sia alla Camera che al Senato.
Pertanto, tale soluzione ci impedisce di votare a favore degli emendamenti in esame, secondo i quali tutti i parlamentari eletti all'estero dovrebbero trovarsi esclusivamente al Senato.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Romagnoli. Ne ha facoltà.
MASSIMO ROMAGNOLI. Signor Presidente, colleghe e colleghi, penso che in questa legislatura, con l'apporto di diciotto parlamentari eletti all'estero, per la prima volta sono state affrontate problematiche relative a quegli italiani che, per vari motivi, si sono recati all'estero.
Attraverso la presentazione di emendamenti, ordini del giorno e progetti di legge sono state affrontate tutte quelle problematiche che, fino ad ora, per mancanza di volontà, non erano mai state considerate.
Ritengo che la presenza dei parlamentari all'estero, in un certo qual modo, abbia aiutato ad affrontare quelle problematiche che sono sempre rimaste nei cassetti delle aule parlamentari.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici Pag. 12emendamenti Capezzone 2.111, D'Alia 2.120 e Buemi 2.63, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 457
Votanti 452
Astenuti 5
Maggioranza 227
Hanno votato sì 65
Hanno votato no 387).
Prendo atto che i deputati Grassi e Luciano Rossi hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che la deputata Zanella ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto contrario.
Passiamo agli identici emendamenti Benedetti Valentini 2.110 e Boscetto 2.112.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dal relatore.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, anche in considerazione di quanto ho già detto poc'anzi nel corso dei due precedenti interventi, annuncio l'intenzione di ritirare l'emendamento in discussione e, verosimilmente, anche quelli successivi a mia firma inerenti la questione del numero dei parlamentari.
Infatti, come ho già spiegato, si trattava di emendamenti prevalentemente tecnici, per adattare la diminuzione del numero dei parlamentari alla logica del nostro approccio rispetto a tale argomento che, come vedete, è delicatissimo.
Mantenendo la dicitura «ai» deputati, anziché il riferimento ad un numero preciso (in questo caso, dodici), ad un momento successivo, si lascerebbe la determinazione di tale numero all'arbitrio di una legge ordinaria e quindi, anche delle maggioranze mutevoli che, di legislatura in legislatura, possono determinarsi, creando decisioni non costituzionalmente degne, bensì dovute al comodo episodico di questa o quella maggioranza.
La logica che governa le norme costituzionali non deve essere questa. Pertanto, è evidente che tale tipo di modifica, che io stesso ed altri avevamo proposto - di per sé logica, se vista ex ante - non appare più opportuna.
Quindi, nonostante tutti i problemi che rimangono aperti - avete sentito che razza di problemi siano, non lievi -, per quanto concerne la ripartizione tra Camera e Senato e la presenza degli italiani all'estero, ribadita e ribadenda - a nostro avviso -, ritiro l'emendamento 2.110.
PRESIDENTE. Onorevole Boscetto, ritira il suo emendamento?
GABRIELE BOSCETTO. Signor Presidente, anche io ritiro l'emendamento 2.112 in quanto si trattava di una proposta emendativa di carattere tecnico, il cui scopo era quello di lasciare all'Assemblea la possibilità di stabilire quali dovessero essere i numeri dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero.
Noi avevamo proposto la sostituzione della parola «dodici» con la parola «ai» nella prospettiva che poi si dovesse discutere in Assemblea il problema riguardante i numeri. Tale proposta emendativa non trova più giustificazione e, pertanto, il ritiro della medesima è la conseguenza necessaria.
ANTONIO LEONE. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANTONIO LEONE. Signor Presidente vorrei fare solo una richiesta che a me sembra sensata e che le sottopongo.
Come lei può verificare, la parte principale del prossimo emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione si riferisce al numero dei deputati, mentre la parte consequenziale riguarda anche il numero dei senatori eletti nella circoscrizione Estero.
Dal momento che il Senato è disciplinato nel successivo articolo 3, chiederei di votare per parti separate la parte principale Pag. 13dalla parte consequenziale dell'emendamento della Commissione, che andrebbe votata nel momento in cui tratteremo l'articolo successivo. Ciò anche per salvare le proposte emendative ad esso connesse, che conseguentemente verrebbero precluse dal voto dell'Assemblea se si votasse in questo momento e senza operare una votazione per parti separate.
PRESIDENTE. Penso che i colleghi abbiano compreso. È stata chiesta, ai sensi dell'articolo 87, comma 4, del Regolamento, la votazione per parti separate dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione, nel senso di votare separatamente la prima parte, che incide sul numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero, da quella consequenziale, concernente il numero dei senatori eletti nella circoscrizione Estero, accantonando quest'ultima al fine di esaminarla contestualmente alle proposte emendative riferite all'articolo 3.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente I Commissione. Signor Presidente, non c'è ragione di accantonare la parte consequenziale; se il collega Leone chiede di votare l'emendamento della Commissione per parti separate, si può fare perché ciò non incide sul numero dei senatori. Quest'ultimo, infatti, è stabilito nell'articolo 3, mentre l'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione stabilisce solamente quanti senatori sono eletti nella circoscrizione Estero e ciò è stato oggetto di grande discussione tra noi.
Abbiamo deciso che il punto di equilibrio tra le varie posizioni fosse che sei deputati (qualunque sarà il loro numero complessivo) e dodici senatori (qualunque sarà il loro numero complessivo) saranno eletti all'estero. Pertanto, ciò non incide sul numero complessivo previsto per la circoscrizione Estero. Se il collega Leone insiste per votare per parti separate va bene, purché si voti adesso.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, il senso della nostra richiesta non è di manifestare contrarietà rispetto alla prima o alla seconda parte dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione, ma proprio di consentire che, quando esamineremo l'articolo 3, si esamini anche il numero dei senatori eletti nella circoscrizione Estero. Quindi, la nostra richiesta è proprio di accantonare la seconda parte e di definirla in quella sede. Non è che ci debba essere necessariamente una relazione tra il numero dei senatori complessivo e il numero di quelli eletti nella circoscrizione Estero, però l'articolo 2 riguarda i deputati e noi non abbiamo presentato a tale articolo delle proposte emendative che conseguentemente avrebbero inciso sull'articolo 3.
Ci pare corretto riservare questa parte a quando voteremo le altre proposte emendative - che pure sono state da noi presentate - sul numero dei senatori eletti nella circoscrizione Estero e che incidono sull'articolo 3.
Quindi, credo che accantonare la seconda parte dell'emendamento 2.250 della Commissione sia un atto di assoluto buonsenso.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente I Commissione. Signor Presidente, chiedo scusa se prendo di nuovo la parola, ma il punto è questo: abbiamo stabilito che la rappresentanza della circoscrizione Estero sia di diciotto parlamentari, come quella attuale. Pertanto, se vogliamo tenere fermo questo principio e stabiliamo che sei parlamentari vengano eletti alla Camera, è chiaro che dodici saranno eletti al Senato: non esiste, infatti, una terza Camera cui Pag. 14assegnare quei senatori. Mi permetto, quindi, di insistere sul «no» all'accantonamento...
ELIO VITO. Votiamoli come subemendamenti.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente I Commissione. ... affinché si voti in modo che si sappia con chiarezza qual è la posizione della Camera in ordine agli eletti nella circoscrizione Estero. Questo è il tema politico.
ELIO VITO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Signor Presidente, se il presidente Violante insiste, per correttezza dobbiamo trasformare in subemendamenti all'emendamento 2.250 della Commissione gli emendamenti da noi presentati all'articolo 3 sui senatori eletti nella circoscrizione Estero.
Se la Presidenza ci autorizza, va bene. In caso contrario, votando ora, faremmo decadere tutte le proposte emendative relative ai senatori eletti alla circoscrizione Estero che abbiamo presentato all'articolo 3.
Votiamo allora tali proposte riferite all'articolo 3 come subemendamenti all'emendamento 2.250 della Commissione e affrontiamo adesso una discussione, che però, a mio avviso, potremmo più agevolmente condurre martedì, limitandoci ora solo a decidere il numero dei deputati eletti all'estero.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Signor Presidente, avendo seguito abbastanza intensamente la discussione su questo argomento, mi sembra che si abbia ragione, onestamente, da entrambe le parti.
I colleghi di Forza Italia sollevano una questione ineccepibile: sostengono che stiamo ipotecando qualcosa che attiene.... scusi, signor Presidente...
PRESIDENTE. L'ascolto.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. ...capisco che la consultazione con gli uffici è preziosa.
PRESIDENTE. È finalizzata alla conduzione dei nostri lavori.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Non c'è dubbio, mi permetto tuttavia di richiamare la sua attenzione. Dicevo che, tutto sommato, non per voler fare il mediatore, mi pare che si abbia ragione da entrambe le parti. I colleghi di Forza Italia portano un argomento di per sé ineccepibile quando sostengono che stiamo ipotecando la decisione in ordine a questioni affrontate nell'articolo 3 e nelle proposte emendative ad esso riferite.
Non dovremmo, quindi, votare adesso su una proposta che ipotecherebbe quella decisione. È correttissimo! Non solo, ma le precedenti decisioni sarebbero in contraddizione con quella che assumeremmo ora. Peraltro, il presidente Violante obietta, non certo casualmente, che se abbiamo trovato un accordo sul numero di diciotto dovremmo confermare tale numero e non rischiare - accantonando la parte consequenziale - di votare adesso soltanto sulla prima parte dell'emendamento diminuendo, in sostanza, la rappresentanza degli eletti alla Camera dei deputati nella circoscrizione Estero da dodici a sei e ipotecando così, politicamente e istituzionalmente, la decisione sulla seconda parte dell'emendamento.
Il mio modesto suggerimento sarebbe, oggettivamente, quello di accantonare l'esame dell'emendamento 2.250 della Commissione e del relativo subemendamento.
Addirittura, potremmo auspicare una riunione del Comitato dei nove o della Commissione per sciogliere la questione, tutt'altro che marginale. Io stesso ho ringraziatoPag. 15 di tutto cuore i relatori perché si sono sforzati di trovare le soluzioni mantenendosi all'interno del perimetro rappresentato dal numero di diciotto. La soluzione, però, è incongrua e l'ho detto anche dianzi, in un momento non sospetto.
Le possibilità sono due: o portiamo l'argomento in Comitato dei nove o in Commissione e rinviamo la decisione sull'emendamento 2.250 della Commissione, oppure, pur dando tutte le ragioni ai colleghi di Forza Italia, sinceramente, una votazione distinta per parti separate - in tal caso devo dare ragione all'onorevole Violante - non sarebbe congrua e potrebbe essere financo rischiosa.
Il mio modestissimo suggerimento è di non votare ora su questo emendamento e sui relativi subemendamenti, ma accantonarne l'esame o, addirittura, rinviare l'approfondimento delle questioni relative a questo emendamento ed ai relativi subemendamenti alla Commissione o al Comitato dei nove.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, non vi è dubbio che la richiesta sollevata sia fondata.
Anzitutto, l'emendamento 2.250 della Commissione è inammissibile; avrebbe dovuto essere collocato in un altro momento della discussione.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE GIULIO TREMONTI (ore 12,05)
ROBERTO COTA. Infatti, la discussione della prima parte dell'emendamento avrebbe dovuto essere riferita all'articolo 2 mentre la seconda parte, ovviamente, all'articolo 3. Chiedo alla Presidenza della Camera di compiere questa verifica, perché, con tutto il rispetto nei confronti dei colleghi, gli emendamenti della Commissione devono comunque rispettare le regole parlamentari, anche se, appunto, provengono dalla Commissione.
Inoltre, se dovessimo votare su questo emendamento in sede di discussione dell'articolo 2, l'eventuale approvazione di questo emendamento farebbe decadere tutti gli altri emendamenti presentati all'articolo 3 e quindi impedirebbe, di fatto, la discussione dell'articolo 3. Ma, francamente, una tale interpretazione non starebbe né in cielo né in terra!
Chiedo alla Presidenza di valutare, anche se è già stato fatto, l'ammissibilità all'origine di questo emendamento e, evidentemente, collocare la seconda parte dell'emendamento stesso come emendamento all'articolo 3. Non può essere diversamente!
MARCO BOATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, credo che il dibattito procedurale in corso sia, francamente, alquanto discutibile, per non usare un'espressione più forte. Stiamo discutendo da due sedute, ieri e oggi, per ore (giustamente, perché è un tema di grande rilevanza) complessivamente di questo argomento.
In Commissione non la maggioranza politica, ma un'amplissima maggioranza (come del resto il collega Boscetto, il collega Benedetti Valentini, ieri il collega D'Alia hanno riconosciuto) ha trovato un punto di equilibrio nell'affrontare la questione circoscrizione Estero, come ricordava poco fa il presidente Violante, prevedendo una riduzione a sei dei deputati eletti alla Camera e un conseguente aumento a dodici dei senatori eletti nell'altro ramo del Parlamento. È chiaro quindi che si tratta di una decisione unitaria, che la Commissione ha formulato in modo tecnicamente corretto con l'emendamento 2.250 all'articolo 2, comma 1, e conseguentemente all'articolo 3, comma 1, capoverso, primo comma. Non c'è ombra di dubbio - del resto, la Presidenza l'ha dichiarato ammissibile - sulla correttezza di questo emendamento.
Il problema si apre semmai per quanto riguarda i possibili subemendamenti all'emendamento Pag. 162.250 della Commissione; l'ha già rilevato il collega Vito, e vorrei suggerire alla Presidenza un'apertura al riguardo. Dal punto di vista procedurale la Presidenza della Camera, una volta che ha dichiarato ammissibile l'emendamento 2.250, ha fissato il termine per la presentazione dei relativi subemendamenti: quindi, non solo l'opposizione, ma chiunque di noi poteva presentarli. Tanto è vero che il collega Boscetto e il gruppo di Forza Italia l'hanno fatto: nel fascicolo degli emendamenti, signor Presidente, troverà il subemendamento 0.2.250.1 del collega Boscetto, sul quale adesso voteremo. D'altro canto, sempre nel fascicolo, in relazione all'articolo 3, troverà sul tema specifico (perché di questo stiamo parlando, degli eletti nella circoscrizione Estero) l'emendamento 3.137 del collega Boscetto, pressoché identico al subemendamento che ho citato, che sopprime l'espressione «secondo modalità stabilite dalla legge» (lo voteremo fra poco); l'ulteriore emendamento 3.136 del collega Boscetto, che sulla base di discussioni precedenti prevede sei senatori (ma Boscetto ha poco fa ripetutamente dichiarato che il suo gruppo condivide l'orientamento emerso in Commissione di sei deputati e dodici senatori eletti nella circoscrizione Estero, quindi suppongo che, qualora esso non fosse precluso, dovrebbe ritirarlo); gli identici emendamenti Buemi 3.103, Zeller 3.105 (peraltro ritirato), Maroni 3.112 e Contento 3.132 che invece ne propongono la soppressione (ma abbiamo visto che l'Aula a stragrande maggioranza, ben oltre la maggioranza assoluta dei componenti, è contraria a questa posizione). Anche Benedetti Valentini, firmatario dei successivi emendamenti, peraltro, ha dato atto dell'accordo intervenuto. I colleghi insomma si sono pronunciati ripetutamente - e, devo dire, lealmente - su questa materia. Ma, se la Presidenza volesse chiedere ai presentatori degli emendamenti indicati alle pagine diciannove e venti del fascicolo n. 5 degli emendamenti di tramutarli automaticamente (se lo ritengono, ma dubito che lo ritengano, almeno non tutti) in subemendamenti all'emendamento 2.250 della Commissione, manifesto in proposito una disponibilità; mia ovviamente, non parlando a nome della Commissione.
Ma ripeto: quando è stato presentato l'emendamento 2.250 della Commissione, si è automaticamente fissato un termine per la presentazione dei subemendamenti, tanto è vero che il collega Boscetto ne ha presentato uno. Chiunque altro avrebbe potuto farlo: se non lo si è fatto vuol dire che si riteneva accettabile l'accordo raggiunto in sede di Commissione. Che esso sia accettabile, poi, lo si vede dalle ripetute votazioni con le quali gli altri emendamenti in materia sono stati respinti con 367 voti: 51 in più della maggioranza assoluta della Camera. La volontà dell'Aula si è dunque già ripetutamente manifestata fra ieri e oggi.
Per queste ragioni, signor Presidente, se il collega Vito insiste sulla votazione per parti separate, come ha già detto il presidente Violante, nulla quaestio: ma le parti vanno votate in sequenza. Se la Presidenza ritiene, poi, riferisca come subemendamenti all'emendamento della Commissione gli emendamenti che sono stati presentati all'articolo 3: ma dubito che i proponenti lo vogliano.
PRESIDENTE. Considerata la relativa complessità della questione, la Presidenza ritiene opportuna - anche sulla base della richiesta venuta dal gruppo di Forza Italia, e date talune differenze di visione all'interno del Comitato dei nove - una sospensione di alcuni minuti per consentire un chiarimento all'interno del Comitato stesso. Pertanto, sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 12,10, è ripresa alle 12,20.
PRESIDENTE. Invito il presidente Violante ad indicare all'Assemblea le conclusioni raggiunte.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, abbiamo discusso brevemente. Proponiamo di votare ora la prima parte dell'emendamentoPag. 17 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione - che riguarda il numero dei deputati eletti nella circoscrizione Estero - e di votare la parte consequenziale successivamente, quando affronteremo l'esame dell'articolo 3. Informo altresì - questo è un punto politico - che tutta la maggioranza, il gruppo di Alleanza Nazionale, quello di Forza Italia e - mi dicono - quello dell'UDC sono del parere che complessivamente gli eletti all'estero debbano essere diciotto.
PRESIDENTE. Sta bene. Si intende, pertanto, che il subemendamento Boscetto 0.2.250.1 verrà votato successivamente, in riferimento alla parte consequenziale dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione.
Passiamo dunque alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente solo per confermare - l'ho dichiarato già molte volte - che il gruppo dei Verdi (come del resto moltissimi altri gruppi, come ha ricordato poco fa il presidente Violante) è favorevole a mantenere il numero di diciotto parlamentari assegnati alla circoscrizione Estero, con una previsione di sei assegnati alla Camera dei deputati e di dodici assegnati al Senato federale della Repubblica.
Formalmente, come ha spiegato il presidente Violante, voteremo oggi solo la prima parte dell'emendamento, ma con una dichiarazione politica - che io considero impegnativa per l'Aula, considerate anche le votazioni precedenti - nel senso che in ordine al successivo esame dell'articolo 3 vi è sin d'ora una larghissima convergenza dell'Aula sull'approvazione dell'elevazione a dodici del numero dei senatori eletti nella circoscrizione Estero. In questo quadro complessivo, annuncio il voto favorevole sulla prima parte dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 417
Votanti 223
Astenuti 194
Maggioranza 112
Hanno votato sì 208
Hanno votato no 15).
Prendo atto che i deputati Dato, Fincato, Zanella e Simeoni hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che il deputato Mellano ha segnalato che avrebbe voluto esprimere voto favorevole e che il deputato Burgio ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Avverto che, a seguito dell'approvazione della prima parte dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione riferita all'articolo 2, risultano assorbiti la parte dispositiva dell'emendamento D'Alia 2.122, nonché gli identici emendamenti Zeller 2.102 e Benedetti Valentini 2.108. Risulta altresì precluso l'emendamento Benedetti Valentini 2.109.
Comunico che assistono ai nostri lavori due classi, rispettivamente del liceo classico Genovesi di Napoli e del liceo scientifico Giuseppe Peano di Monterotondo (Roma). La Presidenza e l'Assemblea rivolgono loro un saluto (Applausi).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Dato 2.65.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dato. Ne ha facolta.
CINZIA DATO. Signor Presidente, l'emendamento in esame è giustificato dall'importanza di porsi il problema della rappresentatività delle nostre istituzioni. È inutile che io sottolinei quanto la scarsa Pag. 18partecipazione delle donne alle istituzioni decisionali - e, in particolare, a quelle dette «rappresentative» malgrado l'evidente assenza della componente femminile della società - costituisca un problema, prima ancora che per le donne, come sappiamo, per la democrazia e l'esercizio stesso dell'attività decisionale e politica.
Pertanto, stiamo ridisegnando la concezione del Parlamento, perché stiamo fissando il nuovo numero dei suoi componenti e l'età necessaria per l'elettorato attivo e passivo. Sarebbe opportuno fissare non un criterio di quote, ma una norma di garanzia contro l'eccessivo squilibrio che nel nostro Paese è, come voi ben sapete, imbarazzante. Ricordo, per esempio, che siamo tra gli ultimi in Europa.
È vero che nel nostro Paese è stato novellato l'articolo 51 della Costituzione, ma purtroppo, si tratta di una formulazione assolutamente inefficace. Infatti, diversamente da quanto è avvenuto per il Titolo V della Costituzione in ordine alle regioni, che è stato recepito dagli statuti regionali acquistando così efficacia, la formulazione dell'articolo 51 della Costituzione è intesa ad abbattere un ipotetico muro sulla via di scelte normative di riforma che in realtà non sono mai state praticate.
L'abbattimento dell'ipotetico muro, con l'attuale formulazione dell'articolo 51 della Costituzione, risulta inefficace. Vogliamo delle prove? Ve ne sono numerose. Ne cito solo due: dopo la novella dell'articolo 51 si svolsero le prime elezioni provinciali e il numero di donne candidate alla presidenza delle province fu inferiore a quello delle donne elette uscenti. Riflettete, dunque, sull'efficacia di tale articolo.
In seguito, come sapete, è stata varata la riforma elettorale senza minimamente tenere conto della riformulazione dell'articolo 51 della Carta fondamentale. Perciò, è evidente come tale rivisitazione a poco serva o abbia bisogno di essere fortemente rafforzata, sia in ordine alle istituzioni elettive, sia in ordine alle istituzioni di nomina.
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, a fronte di tale grave problema del nostro Paese invito tutti coloro che non l'avessero ancora fatto a riflettere sugli obiettivi della strategia di Lisbona, dove l'Europa sembra avvertire che l'Italia ha un grave problema, la cui soluzione richiede un'azione nei tre momenti decisionali necessariamente congiunti, se si vuole affrontare questa grande falla del nostro sistema e della scarsa partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Inoltre, rammento un insoddisfacente welfare di cui la donna stessa, pur avendo bisogno di aiuto, costituisce la colonna portante, considerato anche il grado della partecipazione delle donne italiane alle istituzioni decisionali del Paese. Come pensiamo di affrontare tale problema? Signor Presidente, credo che una preoccupazione di tale natura, alla fine, alleggerisca in sede di decisione e discussione di riforma elettorale e fa ricadere sui partiti la necessaria, dovuta responsabilità nell'espressione della rappresentanza politica da sottoporre all'elettorato, imponendo loro una norma di garanzia contro lo squilibrio.
Questa è la ragione per cui ho presentato l'emendamento in esame che mi dicono essere condiviso da altri colleghi del mio e di altri partiti.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mascia. Ne ha facoltà.
GRAZIELLA MASCIA. Signor Presidente, intervengo per esprimere il nostro parere contrario in ordine all'emendamento in esame. La collega Dato si chiedeva in che modo affrontare il problema della rappresentanza di genere ed io rispondo prima di tutto con un conflitto all'interno di ogni partito, ognuno nel proprio partito.
Infatti, l'ultima legge elettorale, pur con tutti i suoi difetti, così come si può comprendere anche dai banchi del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, offriva l'opportunità ai partiti che lo volessero, prevedendo liste bloccate, di rappresentare adeguatamente e con uno squilibrio minore nelle sedi istituzionali i generi.Pag. 19 C'erano tutte le condizioni tecniche per poterlo fare.
Detto ciò, il problema politico enorme che riguarda le istituzioni, i partiti e la politica va anche affrontato probabilmente attraverso misure legislative. A tale proposito, la copertura costituzionale è sicuramente offerta dall'articolo 51 della Costituzione, che a suo tempo avevamo considerato un po' troppo tenue, ma che invece ha superato il vaglio di costituzionalità.
Il problema della proposta emendativa in esame è che scrivere ciò in Costituzione non porta nulla in più all'articolo 51, ma anzi qualcosa in meno. Infatti, non mi pare che la linea sostenuta dalle donne e da molti movimenti né in Italia né in Europa sia di costituzionalizzare che il recupero dello squilibrio avvenga attraverso la garanzia dei «due terzi e un terzo». Se si vuole affrontare la norma sul piano legislativo - penso all'ambito normativo delle leggi elettorali -, tenendo aperta la presente norma di principio generale di copertura in Costituzione e inserendo nelle leggi elettorali una norma antidiscriminatoria, tale norma non può prevedere il principio dei «due terzi e un terzo», ma almeno quello del cinquanta per cento, perché altrimenti andiamo a sancire in Costituzione le riserve indiane per le donne. Aggiungo che, se qualcuno volesse attribuire efficacia ad un'eventuale legge elettorale che contenesse la norma antidiscriminatoria, noi proponiamo che si stabilisca la regola del «cinquanta e cinquanta», senza possibilità di trattativa, perché non siamo al mercato.
Inoltre, sono necessarie le sanzioni e l'unica efficace consiste nell'inaccettabilità delle liste che non rispettino quei requisiti. Tutto il resto sono chiacchiere, propaganda e demagogia e noi donne siamo un po' stufe che si facciano propaganda e demagogia senza alcuna efficacia.
SESA AMICI, Relatore. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SESA AMICI, Relatore. Signor Presidente, in veste di relatrice, ma anche a nome della Commissione, cercando di tenere insieme le due funzioni, continuo a rivolgere alla collega Dato un invito al ritiro della proposta emendativa in esame. La discussione è troppo seria; riguarda gli effetti e la qualità della democrazia, ma anche e soprattutto il rigore che dobbiamo assumere nel momento in cui ci si accinge a revisionare alcuni principi di ordine costituzionale.
È del tutto evidente che la proposta emendativa nasce da un'esigenza politica da tempo avvertita, le cui soluzioni ci vedono anche discordi nella collocazione degli strumenti per arrivare a tale punto e che appartiene ad una tipica materia elettorale. Proprio per questo, è convincimento della Commissione che, pur cogliendone il senso, la valenza politica e il valore, dovremmo riassumere la presente proposta emendativa in un impegno di ordine politico, che questa stessa Assemblea potrebbe proporre attraverso un ordine del giorno, perché su questo terreno vi sia un impegno di discussione forte e di merito al momento della discussione della legge elettorale.
La questione non è semplicemente simbolica a proposito di affermare la superiorità di un terzo o di un altro, ma è legata fondamentalmente - nello strumento della legge elettorale - alle sanzioni per garantire un'effettiva rappresentanza delle donne. Questi sono i motivi per i quali invito la collega Dato a ritirare l'emendamento, per evitare una discussione che non ci permetterebbe in questa sede di assumerne pienamente il valore, ma assumerebbe semplicemente un tono di un politicismo che vorrei evitare avvenisse ancora una volta solo e sempre sulle donne (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Chiedo all'onorevole Dato se accede alla proposta di invito al ritiro.
CINZIA DATO. Signor Presidente, mi permetto di essere assolutamente in disaccordo Pag. 20con le affermazioni dell'onorevole Mascia per una serie di ragioni. Prima di tutto, non sono d'accordo con questo atteggiamento culturale per cui «il bene è nemico del meglio» che ci porta a rifiutare sempre «il bene», perché ci può essere «un meglio». Poi l'idea che si possa addirittura imporre per legge una composizione della rappresentanza di cinquanta e cinquanta è davvero inammissibile.
Desidero aggiungere che io non mi riferisco mai alle donne, né nelle mie proposte di legge, né nei miei emendamenti, ma al genere: nessun genere può superare i due terzi. Quindi non si tratta di riserve indiane, né di minoranze, né di null'altro.
Chiedo se vi sia la disponibilità a sostenere un ordine del giorno che impegni realmente il Governo in sede di discussione sulla legge elettorale, perché altrimenti riproporremo un'impostazione assolutamente miope che ci impedirà...
PRESIDENTE. Onorevole Dato, l'ipotesi dell'ordine del giorno è già stata formulata. Prendo atto che lei ritira il suo emendamento 2.65.
Passiamo all'emendamento Turco 2.118.
Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro formulato dai relatori.
Passiamo all'emendamento Lenzi 2.100, sul quale è stato formulato un invito al ritiro.
Mi sembra di capire che l'onorevole Lenzi insista per la votazione. Ha chiesto, quindi, di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Gerardo Bianco. Ne ha facoltà.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, per cortesia, può l'onorevole Lenzi dire se accede o meno all'invito al ritiro?
PRESIDENTE. Onorevole Lenzi?
DONATA LENZI. Signor Presidente, prima vorrei sentire l'onorevole Gerardo Bianco.
PRESIDENTE. D'accordo. Prego onorevole Bianco.
GERARDO BIANCO. Signor Presidente, confesso che dinanzi a questo emendamento mi sono interrogato sulla sua fonte culturale ed ispirazione giuridica. Devo dire che, pur senza essere un giurista, ho immaginato che l'ispirazione fosse sostanzialmente il diritto canonico, perché si tratta di una norma che praticamente assimila i settantacinquenni ai cardinali ultraottantenni: quindi non vi sarebbe più diritto di voto per l'elezione del Papa. Devo dire che, come clericale, dovrei essere favorevole a questa norma. Tuttavia, poiché sono membro del Parlamento e quindi rispondo come rappresentante della nazione, ritengo che in sostanza la lettura della Costituzione sia cominciata dopo l'articolo 4: infatti, gli articoli 2, 3 e 4 creerebbero un forte contrasto con questa norma, decapitando i poveri ultrasettantacinquenni di diritti che sono garantiti dagli articoli 2, 3 e 4 della Costituzione.
Tuttavia, se mi viene consentito, questo emendamento ripropone un'antica questione che risale nientemeno che al VII secolo A.C., vale a dire il problema del rapporto tra gli anziani e la politica. È vero che siamo in tempi nuovi, e devo dire che sempre di più il nuovo incalza, nel senso che si vuole proporre il nuovo come politica, perfino i partiti propongono esclusivamente il nuovo come politica. Ma, in realtà, tale questione si pose a partire dal VII secolo: lo fece Omero, lo fece Solone, lo fece Plutarco, e anche altri avveduti personaggi, peraltro cari in modo particolare al nostro Walter Veltroni, come Norberto Bobbio nel suo libro De Senectute.
Ma voglio riferirmi soltanto ad una citazione: essendo un po' esperto di latinorum, voglio fare una citazione che viene tratta da un celebre volume scritto da Cicerone, il quale osservava che, in realtà - tralascio la citazione in latino: non viribus (...) res magnae geruntur (...) e via seguitando - le grandi cose non hanno bisogno né di velocità, né di sveltezza del corpo, né di rapidità, ma soprattutto della Pag. 21mente, del consiglio, della saggezza, capacità che si accrescono con la vecchiaia, invece che diminuire.
Concludendo, signor Presidente, senza voler riprendere citazioni illustri (a cominciare da quella di Agamennone che invoca sei consiglieri che possano fornirgli buoni consigli fra gli anziani), vorrei però citare l'esperienza di un nostro parlamentare della cosiddetta prima Repubblica, persona estremamente amabile. Egli osservava che, in realtà, signor Presidente, quando l'aurea Afrodite non guarda più la persona anziana, costei perde tutti i sensi, dopodiché le rimane un solo senso: quello dello Stato.
L'emendamento sottoposto alla nostra attenzione vorrebbe impedire di esercitare il senso dello Stato (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevole Bianco, nutro qualche dubbio in ordine al fatto che la fissazione di quei limiti sia propriamente definibile come diritto canonico, ma lo verificheremo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.
DOMENICO BENEDETTI VALENTINI. Onorevole Presidente, è di tutta evidenza che la trattazione dell'argomento in esame non permetta a tutti di mantenere il mirabile equilibrio tra il serio ed il faceto che Gerardo Bianco offre alla nostra attenzione.
Rischiamo - in un'epoca in cui la politica è macinata dal «quarto potere» e finisce per risolversi in ciò che domani o questa sera, a battuta di agenzia, si ripercuote fuori dai nostri ambienti e anche al di là e al di sotto delle nostre parole - che l'argomento sia trattato dai mezzi di informazione in chiave caricaturale e quindi deve essere affrontato in maniera politicamente corretta o scorretta.
Vorrei sottolineare che vi è una collega parlamentare che non risulta aver ritirato l'emendamento in esame: pertanto, il suo emendamento è un atto politico e la collega assume una corresponsabilità politica nel presentarlo e insistendo per la sua votazione, e non è argomento di facezie, ma di voto e di discussione.
Confesso che dalla cortese collega avrei gradito un sintetico o diffuso intervento che ci illustrasse la ratio dell'emendamento in esame, perché è giusto che, prima di approvarlo o respingerlo, più o meno con sdegno o qualcuno anche con disposizione al sorriso sulle labbra, si ascoltino anche le ragioni per le quali un parlamentare - che sicuramente non è in vena di facezie - ci sottopone un emendamento e insiste per la sua votazione.
Abbiamo discusso prima e abbiamo dedicato giustamente vari minuti all'esame di un emendamento che auspicava una non discriminazione o una presunta non discriminazione fra un sesso e l'altro, fra un genere e l'altro (per non parlare, oltre ai due tradizionali generi, di qualche altro che chiede diritto di cittadinanza), ma in questo momento liquidiamo con il sorriso un atto politico, con assunzione di responsabilità, di chi, come afferma il collega Bianco, intenderebbe ritenere sussistenti le condizioni per inibire a taluni dei nostri concittadini - molti dei quali ci stanno ascoltando e non sono in vena di ilarità sull'argomento - un diritto. Si vorrebbe negare tale diritto a coloro che sono in età avanzata, mentre numerosi gruppi parlamentari e deputati sostengono l'opportunità di abbassare drasticamente l'età, fino a ricomprendere i giovanissimi concittadini, per l'esercizio dei diritti politici e dell'elettorato attivo e passivo; ciò al punto che non sono mancate proposte che si spingono fino ad abbassare a sedici anni l'esercizio militante ed effettivo di alcuni diritti politici, anche in materia elettorale.
Se me lo consentono l'onorevole Gerardo Bianco e l'onorevole Lenzi, vorrei sottolineare come non sia aliena la presenza di qualche battuta goliardica, anche di troppo, durante la discussione di questi argomenti seri. Vorrei altresì affermare che in una società che vede protratti, per fortuna, la sorte, i tempi, le facoltà degli uomini e delle donne, le loro attività sentimentali, fisiche, intellettuali, produttive e culturali di ogni genere, pensare che negli atti del nostro Parlamento, in una Pag. 22riforma costituzionale, si sia approfondita una discussione volta a inibire ai cittadini che hanno superato certi traguardi anagrafici il pieno e illimitato esercizio delle loro facoltà politiche è una pagina che suscita qualche sconcerto.
Alla luce di ciò, riteniamo vada tutelata la posizione di colui che, pur avendo una certa età, mantiene in pieno le sue facoltà e i suoi diritti, e lo facciamo anche dopo aver respinto l'umorismo gratuito di chi dileggia coloro che nell'altro ramo del Parlamento stanno sostenendo un Governo contro il risultato elettorale delle urne democratiche. Non recepiamo questo spirito a senso unico, e non considerandolo una burla respingiamo fermamente questo emendamento. Rivendichiamo non solo i pieni diritti dei singoli cittadini e cittadine di età più avanzata, ma anche il prezioso contributo che essi ancora, e più che in passato, sono chiamati a dare alle nostre vicende democratiche e parlamentari.
PRESIDENTE. Segnalo che hanno chiesto di parlare l'onorevole Giachetti, l'onorevole Boscetto e l'onorevole Lenzi. Prego, onorevole Giachetti, ha facoltà di parlare.
ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ricordare che stiamo discutendo un provvedimento che riguarda la modifica della Costituzione, la legge fondamentale, e che siamo in un Parlamento. Su questioni importanti è utile che si discuta e che ci si confronti sulla base di alcune proposte che, a mio avviso, hanno un obiettivo principale: rappresentano una sollecitazione di dibattito. È forse anche utile che, dopo aver discusso gli emendamenti che riguardavano il tema della rappresentanza femminile, dei generi, delle discriminazioni che, come è noto, sono state perpetrate per anni, si affronti una tale questione.
Posso affermare che qualcosa si sta muovendo, dal momento che rappresento un partito che ha compiuto uno sforzo proprio per cercare di compiere una svolta sotto questo punto di vista, anche a partire dalla sua composizione. Ritengo che l'onorevole Lenzi abbia fatto bene ad imporre all'Assemblea una riflessione su questo argomento. Se è vero, infatti, che ancora esiste e non è risolto un problema di generi, il Parlamento - e non solo, anche il Paese in tutte le sue articolazioni - presenta un enorme questione di ricambio, e basta guardarci intorno per capire qual è l'età media (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
È ovvio che questo problema non si risolve impedendo a chi ha una certa età di entrare in Parlamento o di svolgere un determinato ruolo, ma dobbiamo cominciare - magari noi che abbiamo cinquant'anni, e con l'aiuto di chi ne ha sessanta o settanta - a porci il problema se questo Paese è un Paese bloccato anche perché non è in grado di garantire e di provocare un minimo di ricambio, di inserimento di energie nuove, di passione e di intelletti.
Per tale motivo, ringrazio l'onorevole Lenzi, che sono sicuro troverà le forme per riproporre il problema in altri provvedimenti e forse in altri modi. Ho chiesto personalmente all'onorevole Lenzi di non ritirare subito il suo emendamento, perché il fatto che si sia discusso per qualche minuto in Assemblea anche di questo argomento è vitale per il Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Ricordo che in base ad un'intesa intercorsa sospenderemo i nostri lavori alle ore 13.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.
DONATA LENZI. Signor Presidente, spero di poter dar conto delle ragioni serie che stanno alla base della mia proposta emendativa. Con la proposta di legge costituzionale in esame stiamo riducendo il numero dei parlamentari, e anche abbassando l'età per l'eleggibilità, perché la portiamo ai diciotto anni. Nessuno ha sottolineato negli ultimi giorni, anche sui mezzi di comunicazione, che la riforma in esame determina anche questo grande e importante cambiamento, cioè - lo ripeto - l'abbassamento ai diciotto anni dell'età Pag. 23per l'elettorato passivo, come peraltro avviene nei consigli comunali, nei consigli regionali, e per le cariche di sindaco e di presidente della regione: si riduce l'età.
Ritengo che a volte si debba porre in essere anche qualche azione positiva, come le donne hanno imparato in questi anni, perché guardandosi attorno non può non nascere la preoccupazione che in un Paese in cui le conoscenze valgono più della conoscenza, le esperienze valgono più della creatività, la conservazione vale molto di più dell'innovazione, questa riduzione di numero di parlamentari tolga ogni seria possibilità di rappresentanza alla fascia di età al di sotto non dei trenta, ma dei quarant'anni.
È paradossale che si sottolinei l'incostituzionalità dell'emendamento in esame e per sessant'anni il Parlamento abbia negato a 19 milioni di elettori, cioè a quei cittadini con età tra i venti e i quarant'anni, la possibilità di essere rappresentati in una ramo del Parlamento, perché facendo parte di tale fascia di età non si poteva entrare al Senato (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo e del deputato Baldelli), e nessuno abbia mai detto che 19 milioni di elettori avevano la rappresentanza a metà e contavano la metà. Chi ha un'età sotto i quarant'anni fino a questo momento nel nostro Paese conta la metà, perché non può essere eletto al Senato.
Abbiamo il bicameralismo perfetto. Dove sta la differenza tra le due Camere? L'unica differenza era tenere i giovani e la popolazione attiva fuori dal Senato. Sulla differenza di età noi abbiamo costruito il bicameralismo, e adesso lo stiamo rimettendo in discussione, ipotizzando un Senato diverso con una rappresentanza diversa. Dunque, ritengo sia giunto il momento di rimettere in discussione anche la rappresentanza giovanile degli uomini e delle donne tra i venti e i quarant'anni in questo Paese (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Onorevole Lenzi, dunque non intende ritirare l'emendamento in esame?
DONATA LENZI. Accolgo la sollecitazione da parte dell'onorevole Giachetti, e mi auguro che nelle sedi di discussione della legge elettorale si possa affrontare l'argomento. Pertanto, ritiro l'emendamento a mia firma 2.100.
ROBERTO COTA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. L'emendamento Lenzi 2.100 è stato ritirato.
ROBERTO COTA. Ma il dibattito non può svolgersi a loro piacimento!
PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Turco 2.119.
Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro formulato dalla Commissione.
MARCO BELTRANDI. Signor Presidente, non accedo all'invito al ritiro e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARCO BELTRANDI. L'emendamento in esame presenta un aspetto fondamentale. Mi riferisco al fatto che, indipendentemente dal sistema elettorale che si vuole adottare, la proposta emendativa prevede il collegio uninominale, vale a dire il collegio di dimensione minima, e ciò ha una serie di effetti importanti e positivi.
In primo luogo, se una porzione del territorio è rappresentata da una sola persona, invece che da molte persone, si ha un rapporto diretto e un vero e proprio senso di responsabilità della rappresentanza. Infatti è evidente che se una porzione di territorio è rappresentata, ad esempio, da dieci persone diverse, elette in cinque partiti diversi, nessuno sarà veramente responsabile e gli elettori non potranno far valere questa responsabilità. Se invece è una sola persona a rappresentare una porzione di territorio, questo principio di responsabilità sarà possibile.
Quindi, mi riferisco ad una rappresentanza molto stretta del territorio, su cui - Pag. 24credo - anche gli amici della Lega Nord dovrebbero essere molto attenti (ma non solo loro, anche tutti gli altri partiti che hanno insediamenti in particolari zone del nostro Paese).
L'emendamento in esame non ha nulla a che vedere con il sistema elettorale che viene poi adottato per la traduzione dei voti in seggi, ma riguarda la dimensione del collegio, che è una dimensione minima. Un ulteriore aspetto positivo è dato dal fatto che gli elettori scelgono una persona piuttosto che scegliere liste anonime di candidati decise dai vertici dei partiti. Quindi, la proposta risponde alla necessità di personalizzazione, di espressione di un voto diretto alla persona, che è insita nella politica moderna, e porta esattamente in questa direzione, vale a dire verso la scelta delle persone, a cui si appassionano i cittadini quando vanno a votare alle primarie.
Pertanto, non accediamo all'invito al ritiro dell'emendamento in esame. Rilevo peraltro che siamo eventualmente disponibili a che sia posta in votazione solo l'ultima frase di questo emendamento, perché è quello il concetto che ci interessa: il collegio uninominale. Tutto quello che precede ha minore importanza.
PRESIDENTE. Vi sono tre richieste di intervento, ma vi è anche anche un'intesa per sospendere la seduta alle 13. Invito pertanto gli oratori a contenere la durata degli interventi.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boato. Ne ha facoltà.
MARCO BOATO. Se l'emendamento Turco 2.119 non sarà ritirato, il gruppo dei Verdi voterà contro di esso. Personalmente sono favorevole ai collegi uninominali nella legge elettorale, ma credo che vada confermata la scelta dei costituenti di non inserire mai in Costituzione uno specifico sistema elettorale. Per tale ragione voteremo contro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cota. Ne ha facoltà.
ROBERTO COTA. Signor Presidente, è accaduto un episodio che, a mio avviso, va stigmatizzato. Un emendamento è stato utilizzato come pretesto per imbastire una sceneggiata. Infatti, chi presenta l'emendamento dovrebbe dire all'inizio del dibattito se intende ritirarlo, e non dovrebbe ritirarlo ad uso e consumo degli interventi previsti su questo argomento: è un fatto che voglio denunciare (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo)!
Ciò premesso, signor Presidente, cari colleghi, il problema è soprattutto vostro, all'interno dei vostri partiti, dove non è presente una cultura che porta avanti i giovani. Il gruppo della Lega - potete vederlo - è composto per la maggior parte di infraquarantenni. Vi è una cultura, soprattutto in alcuni partiti, che non svecchia le istituzioni.
Aggiungo un'ulteriore considerazione. Tra poco discuteremo dei senatori a vita: ritengo scandaloso che il Governo sia tenuto in piedi da senatori a vita che hanno più di novant'anni e che vengono portati in barella in Parlamento per poter votare! Alla faccia dello svecchiamento della politica e delle istituzioni! Negli ultimi mandati i Presidenti della Repubblica hanno sempre avuto più di ottant'anni! Dunque, siate coerenti, e discutete i nostri emendamenti, che propongono di eliminare la figura del senatore a vita e di non attribuirgli un voto determinante [Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Forza Italia, Alleanza Nazionale e UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro)]!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vacca. Ne ha facoltà.
ELIAS VACCA. Signor Presidente, annunzio il voto contrario del gruppo dei Comunisti Italiani sull'emendamento Turco 2.119, perché credo che, mentre l'altro ramo del Parlamento, in Commissione affari costituzionali, valuta la legge elettorale, tutto possiamo fare tranne che prefigurare schemi e paletti entro i quali Pag. 25la legge elettorale si debba muovere. La legge elettorale non dovrebbe influenzare un processo di revisione della Costituzione, anzi la Costituzione dovrebbe essere in un certo senso impermeabile ai meccanismi della legge elettorale.
Segnalo, inoltre, la bizzarria che è sottesa all'emendamento in esame. La motivazione con la quale esso è proposto, quella di restituire alle persone un potere di individuazione di un mandato che diventa intuitu personae, riferito ad un collegio più o meno ristretto, stride con la previsione, contenuta nel progetto di riforma, che il Senato venga eletto con elezione di secondo grado e, quindi, sottratto al suffragio universale diretto. Mi sembra una contraddizione di non poco momento.
Segnalo, altresì, che i cittadini ci chiedono di poter eleggere i loro rappresentanti, ad esempio, ripristinando il sistema della preferenza, all'interno di un meccanismo di individuazione dell'opinione politica e delle scelte programmatiche di ciascun candidato.
Non vorrei che, attraverso l'introduzione surrettizia di paletti elettorali, si estrapolasse completamente il candidato dal contesto dell'opinione politica e programmatica per farne un indistinto mandatario di un territorio. Mi sembra una promozione un po' eccessiva del processo di federalizzazione della Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo dei Comunisti Italiani).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franco Russo. Ne ha facoltà.
FRANCO RUSSO. Signor Presidente, intervengo solo per lasciare agli atti che il gruppo di Rifondazione Comunista-Sinistra Europea voterà contro l'emendamento Turco 2.119, per due motivi fondamentali. Il primo è stato esposto molto bene dal collega Vacca: la Costituzione non può essere la sede in cui si decide un sistema elettorale. Ricordo all'onorevole Boato, che peraltro è espertissimo in questa materia, che solo per un disguido non venne costituzionalizzato il principio di rappresentanza proporzionale; tutti i quorum indicati in Costituzione, infatti, dipendono da questa scelta materiale operata dai costituenti. Tuttavia, concordo anche con l'onorevole Boato che la Costituzione, a questo punto, non può assolutamente contenere indicazioni relative a metodi elettorali.
La seconda considerazione, signor Presidente, è che quando si sostiene che è necessario personalizzare la politica si avalla il progetto di degenerazione che in questi anni la politica ha avuto: non ci si batte, non ci si confronta, non ci si impegna più per ideali, valori, progetti di società, ma ci si confronta sulla battuta, sulla persona che più fa spettacolo, che più fa audience in televisione. Ritengo che si tratti di un aspetto di degenerazione, e per questo motivo Rifondazione Comunista sarà sempre contro i processi di personalizzazione della politica, dai deputati fino al Presidente del Consiglio.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Turco 2.119, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 431
Votanti 426
Astenuti 5
Maggioranza 214
Hanno votato sì 19
Hanno votato no 407).
Prendo atto che la deputata Dato ha segnalato che non è riuscito a votare.
LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
Pag. 26LUCIANO VIOLANTE, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, vorrei chiederle, cortesemente, in relazione agli emendamenti presentati dai colleghi dell'opposizione all'articolo 3 (inizieremo alla ripresa pomeridiana gli interventi sul complesso degli emendamenti relativi a tale articolo), laddove si parla di sei senatori eletti all'estero, di ritenere che in luogo di sei debba intendersi dodici, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.250 (Nuova formulazione) della Commissione. Nel caso contrario, gli emendamenti presentati sarebbero preclusi, e ciò sarebbe una scorrettezza.
PRESIDENTE. La Presidenza ne farà oggetto di valutazione.
Come in precedenza convenuto, non procederemo alla votazione dell'articolo 2. La seduta riprenderà alle 14,30 con lo svolgimento degli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 3.
Per dare ordine ai nostri lavori, avverto che non avranno luogo ulteriori votazioni su questo provvedimento. Successivamente, avrà luogo la deliberazione sul trasferimento in sede legislativa di cui al punto n. 2 dell'ordine del giorno, per la quale non è necessaria la votazione qualificata.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 14,30.
La seduta, sospesa alle 13,05, è ripresa alle 14,40.