Menu di navigazione principale
Vai al menu di sezioneInizio contenuto
Svolgimento di interpellanze urgenti.
(Iniziative per inserire i settori scientifico-disciplinari definiti «affini» nel computo dei requisiti minimi per l'attivazione di corsi di laurea - n. 2-00829)
PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00829, concernente iniziative per inserire i settori scientifico-disciplinari definiti «affini» nel computo dei requisiti minimi per l'attivazione di corsi di laurea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 7).
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, non mi avvarrò dell'intero tempo a mia disposizione, ma alcune questioni, evidentemente, vanno rappresentate.
Mi rivolgo, signor Presidente, proprio alla persona del ministro Mussi, rappresentato qui degnamente dal sottosegretario Modica, e mi riferisco a un aspetto particolare, che sollevo nella mia interpellanza, vale a dire se l'articolo 33 della Costituzione debba ancora ritenersi in essere, debba ancora ritenersi valido, debba ancora ritenersi attuale.
Questa domanda che mi pongo, ma a dire la verità se la pongono oggi centinaia di migliaia di interessati alla questione, viene nella mia interpellanza girata, tale e quale, al Ministro e, ovviamente, al sottosegretario qui presente. Sappiamo che l'articolo 33 della Costituzione prevede, nei suoi punti essenziali, che l'arte e la scienza debbano essere considerate libere e libero ne debba essere considerato l'insegnamento. L'articolo 33 si conclude affermando che gli atenei hanno diritto di darsi degli ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti solo dalle leggi dello Stato.
La materia, a dire la verità, nel tempo è stata regolamentata da una serie di interventi del legislatore: mi riferisco, in maniera particolare, alla legge n. 168 del 1989, che riconosce, in effetti, in coerenza e attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, l'autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e, tra l'altro, la possibilità che le università si diano ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti.
Devo poi dire che anche il decreto ministeriale n. 509 del 1999, che ha evidentemente anch'esso un'intrinseca coerenza, sancisce la realizzazione dell'autonomia didattica.
Abbiamo invece l'impressione che le linee-guida per l'attuazione della riforma, che sono state pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 246 del 22 ottobre 2007, denotino una tendenza assolutamente contraria a quanto previsto dalle precedenti leggi che, ripeto, nascono da un'interpretazione, un'attuazione giurisprudenziale dell'articolo 33 della Costituzione. In particolare, abbiamo l'impressione che i requisiti che si ritengono indispensabili in quelle linee-guida di attuazione limitino notevolmente quella libertà e quella autonomia che dovrebbero essere garantite e sono garantite costituzionalmente alle università.
Noi siamo fortemente preoccupati che queste linee-guida vogliano creare un sistema assolutamente rigido, che risponde a una logica statalista e abbastanza vetusta, che sta predominando oggi nell'università italiana guidata, almeno per quanto Pag. 58riguarda l'aspetto politico, dall'attuale Ministro, e siamo fondamentalmente convinti che tutto questo arrecherà una serie di guasti al nostro Paese. Arreca una serie di guasti perché mette in seria difficoltà gli atenei, soprattutto quelli più piccoli; mette in una serie di difficoltà e di contraddittorietà un sistema che a nostro avviso dovrebbe creare delle condizioni attrattive soprattutto per i giovani, per quei ricercatori che soltanto a parole si vuole trattenere e attirare in Italia, con un nocumento non soltanto alla funzione didattica dell'università ma all'intero sistema della ricerca scientifica che rappresenta, a nostro parere, una delle condizioni fondamentali per la crescita e lo sviluppo di un Paese non soltanto dal punto di vista culturale ma anche da quello sociale ed economico.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,40)
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Siamo convinti che questo provvedimento debba essere ripensato dal Ministro; e siamo qui per chiedere, proprio con questa interpellanza, la ratio di tutto questo e per chiedere risposta a tutta un'altra serie di questioni. Siamo fondamentalmente convinti che delle norme così rigide non possono far altro che continuare a sclerotizzare un sistema, il sistema universitario, profondamente malato, che proprio negli ultimi mesi non ha dato assolutamente prove positive: le notizie di cronaca sono ampiamente conosciute e sono all'attenzione di tutti, non soltanto della magistratura ma soprattutto dell'opinione pubblica.
Ci sono invece altre sfere, a nostro avviso, che potrebbero attirare l'attenzione del Ministero: altre possibilità di verifica, altre possibilità di controllo; ci riferiamo soprattutto ad attività di controllo che riguardano i bilanci di alcune università statali, che molto spesso dimenticano che stanno utilizzando fondi pubblici, denaro pubblico. L'utilizzo di esso in modo assolutamente disinvolto da parte di chi, in quel momento, le guida, i rettori o comunque di una serie di personaggi ben presenti in alcune università italiane, non consente di migliorare il sistema formativo, il sistema universitario in genere, ma crea invece delle condizioni di patologia.
Queste sono le questioni principali che ci hanno indotto ad interpellare il Ministro: siamo qui ad aspettare una puntuale risposta alle questioni da me succintamente esposte, ma più ampiamente riportate nell'interpellanza.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca, Luciano Modica, ha facoltà di rispondere.
LUCIANO MODICA, Sottosegretario di Stato per l'università e la ricerca. Con riferimento all'interpellanza in oggetto, si fa presente che l'articolo 33 della Costituzione prevede, come ha ricordato l'onorevole Marinello, che le università hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.
In attuazione di una legge dello Stato - l'articolo 17, comma 95, della legge n. 127 del 1997 - è stato così adottato il decreto ministeriale n. 270 del 2004 (che ha sostituito il precedente decreto ministeriale n. 509 del 1999, citato dall'interpellante). Tale decreto, all'articolo 9, comma 2, dispone che le università attivano i corsi di studio nel rispetto dei requisiti strutturali, organizzativi e di qualificazione dei docenti dei corsi, determinati con decreto del Ministro.
In attuazione del predetto articolo 9, comma 2, - e in relazione a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 386 del 2007, citato dall'interpellante con il giusto titolo di «linee guida» per l'istituzione e l'attivazione da parte delle università dei corsi di laurea e di laurea magistrale, in attuazione dei decreti sulle classi - è stato adottato un ulteriore decreto ministeriale, il n. 544 del 2007. Quest'ultimo decreto prevede fra l'altro che, per ciascun corso di studio, deve essere assicurata la copertura con docenti di ruolo universitari dei settori scientifico-disciplinari da attivare relativi alle attività formative Pag. 59di base e caratterizzanti, così come definiti nel regolamento didattico d'ateneo, in percentuale almeno pari al 50 per cento per i corsi di laurea, di laurea magistrale e di laurea magistrale a ciclo unico.
Si ritiene pertanto che non sussista alcuna violazione dei principi di autonomia didattica degli atenei, ma che sia stata data attuazione proprio a quanto previsto dalla legge. Certamente le università sono e rimangono autonome nel definire la propria offerta formativa in tutti i dettagli: nell'interesse pubblico e in particolare degli studenti, però, devono assicurare - come converrà, credo, anche l'interpellante - quel numero minimo di docenti di ruolo, nei settori caratterizzanti il corso di laurea, che è necessario per consentire il corretto funzionamento dei corsi di studio.
Oltre a tali considerazioni, va comunque evidenziato che tale livello minimo nel numero dei docenti di ruolo va garantito in relazione ai settori di base e caratterizzanti così come definiti dall'ateneo stesso, non dal Ministero. Ciò significa - entro così un po' nel dettaglio tecnico - che, nel proprio regolamento didattico, ciascun ateneo potrà indicare e utilizzare oltre i settori di base e caratterizzanti, ai fini del computo dei docenti di ruolo, anche settori ulteriori rispetto a quelli obbligatori previsti a livello nazionale, prendendo pertanto in considerazione anche, se lo si ritenga opportuno, i settori affini e integrativi. In questo senso debbo dunque rispondere positivamente alla domanda dell'interpellante.
Si fa infine presente che, in attuazione dell'articolo 1-ter del decreto-legge n. 7 del 2005, sono stati adottati il decreto ministeriale del 3 luglio 2007, n. 362, con il quale sono state definite le linee generali di indirizzo della programmazione delle università per il triennio 2007-2009, e il decreto ministeriale n. 506 del 2007, con il quale sono stati definiti i criteri e i parametri per la valutazione dei risultati dell'attuazione dei predetti programmi.
In relazione a tale normativa, le università devono programmare il complesso delle loro attività nel triennio in questione in coerenza con le linee generali di indirizzo predisposte del Ministero; il Ministero, a sua volta, valuterà, solo ex post, non ex ante, e quindi con un forte richiamo all'autonomia, i risultati dell'attuazione di tali programmi sulla base di indicatori quantitativi già specificati, ai fini dell'attribuzione delle risorse (anzitutto quelle del piano triennale, ma non solo).
La verifica dei risultati è dunque uno strumento di governo del sistema universitario coerente con il regime di autonomia, quel regime che l'interpellante stesso ha ricordato nella prima parte dell'interpellanza.
Quella stessa autonomia - insieme alla legge che si occupa della materia, cioè la legge n. 168 del 1989 - non consente invece l'adozione di controlli dei bilanci delle università statali da parte del Ministero, come è auspicato dall'interpellante. Tali controlli spettano infatti per legge ad organismi specifici: il collegio dei revisori dei conti che, com'è noto, è presieduto per legge da un magistrato della Corte dei conti ovvero da un dirigente del Ministero dell'economia e delle finanze; e la Corte dei conti, com'è per tutte le amministrazioni pubbliche. In questo senso, dunque, la riflessione che l'interpellante svolge a proposito dei controlli dei bilanci delle università va ricondotta alle vigenti disposizioni di legge.
PRESIDENTE. Il deputato Marinello ha facoltà di replicare.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, posso dichiararmi parzialmente soddisfatto perché, in effetti, debbo sicuramente interpretare in maniera positiva la risposta resa dal rappresentante del Governo almeno in merito ad una delle questioni che ponevo, ossia alla possibilità di aprire le maglie e dare quindi la possibilità agli atenei, nella piena facoltà ed autonomia degli stessi, di consentire - per quanto riguarda l'offerta didattica - la presenza dei cosiddetti settori affini, riconoscendo Pag. 60così la possibilità di una maggiore libertà di insegnamento e, di conseguenza, di una pluralità di insegnamento medesimo. Ma per quanto riguarda il resto, signor sottosegretario, siamo fortemente preoccupati, perché l'università italiana - come evidenziato nella premessa della nostra interpellanza - è assolutamente malata. Vi è una serie di atenei che, giorno dopo giorno, non solo non fanno altro che riempire le pagine dei giornali e le cronache giudiziarie, ma richiamano anche aspetti più intrinseci e, dunque, più importanti, poiché non fanno altro che condizionare, nell'esperienza e nella coscienza di decine di migliaia di tanti giovani, cattivi e pessimi esempi.
Da questo punto di vista, a mio avviso, quegli atenei e quelle università (in particolare quegli istituti dove avvengono determinati fatti, e talvolta misfatti) falliscono nel loro compito principale, quello di contribuire in maniera positiva alla formazione della futura classe dirigente di questo Paese. Lei, sottosegretario, sa meglio di me ciò che accade in parecchi atenei, le cosiddette «parentopoli». Vi sono addirittura atenei, ad esempio quello presente in Basilicata, che riempiono davvero le pagine delle cronache giudiziarie. Di fronte a tutto ciò noi ci aspettiamo dal Ministro responsabile un atteggiamento molto più consapevole ed anche una presenza assolutamente più coerente. Non è possibile continuare in questa maniera e poi, viceversa, piangere o piangersi addosso quando si evidenziano discrepanze tra il nostro sistema universitario, il nostro sistema formativo, la nostra ricerca scientifica e quanto accade negli altri Paesi (mi riferisco in particolare agli altri Paesi europei e a quelli del nord America).
Di fronte a tutto ciò, ovviamente il Paese - ma in piccola parte anche noi - non può più continuare ad aspettare o ad accontentarsi di risposte burocratiche, ma ha bisogno di una politica complessiva e determinata. Questa politica complessiva ad oggi non è assolutamente visibile nell'azione di questo Governo, né è visibile nell'azione del Ministro competente che, a dire la verità, finora ha caratterizzato la sua azione prevalentemente per una serie di enunciazioni e di tentativi (in verità alcuni andati a male) orientati, invece, a condizionare politicamente il futuro dell'università italiana.
Noi, evidentemente, continueremo a vigilare e a porre le questioni di interesse collettivo e generale, e ritengo che su tali temi ci confronteremo nuovamente.
PRESIDENTE. Salutiamo, anche a nome dell'intera Assemblea, il presidente e alcuni membri della Commissione esteri e sicurezza nazionale dell'Assemblea nazionale iraniana, insieme all'ambasciatore e ad alcuni funzionari (Applausi).