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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 18,45).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Tassone n. 2-00811)
PRESIDENTE. Avverto che, per accordi intercorsi tra il Governo ed il presentatore, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Tassone n. 2-00811 concernente la presunta violazione del segreto sull'identità del collaboratore di giustizia Bruno Piccolo a seguito di un controllo dell'ispettorato del lavoro, è rinviato alla seduta di domani.
(Problematiche relative all'espletamento del servizio di pulizia per il trasporto ferroviario nel centro-nord Italia da parte della Mazzoni Ambiente - n. 2-00822)
PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00822, concernente problematiche relative all'espletamento del servizio di pulizia per il trasporto ferroviario nel centro-nord Italia da parte della Mazzoni Ambiente (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 1).
CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, innanzitutto intendo brevemente segnalare, e me ne lamento, che l'interpellanza in esame ha una storia piuttosto lunga, in quanto è stata presentata un anno fa e arriva in Aula solo adesso, perché solo adesso ho raccolto le firme di trenta colleghi per trasformarla in interpellanza urgente. Oltre tutto, per due volte mi è stata rifiutata dagli uffici, che hanno affermato che non era adeguata nei termini.
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Si tratta di una vicenda un po' particolare, che a mio parere dal punto di vista sociale ed economico danneggia i cittadini e i lavoratori: i cittadini che prendono i treni e i lavoratori che lavorano in servizi che sono connessi all'attività dell'azienda ferroviaria. Quanto alla colorazione politica, mi dicono che vi sia una specie di colorazione bipartisan, una sorta di geometria perfetta, per cui forse l'appaltatore appartiene magari all'area del centrodestra e l'azienda subappaltante ad altra area politica, legata alla sinistra.
Questo permette una copertura totale. Non sono d'accordo con queste geometrie perfette, non mi piacciono, e quindi ho insistito, approdando finalmente ad una risposta del Governo. Sostanzialmente, la vicenda è la seguente: nell'ambito della cosiddetta esternalizzazione, l'azienda Ferrovie dello Stato, poi ripartendo in questo caso la gestione tra Trenitalia e Rete ferroviaria italiana, appalta all'esterno, in ragione di un criterio di risparmi sui costi, i servizi di pulizia del trasporto ferroviario, cioè in sostanza dei vagoni.
La rete ferroviaria italiana è stata trasformata in aree: la gara per quella del centro-nord - a me interessa l'appalto che riguarda la mia regione, le Marche, e che è collegato a quello della regione Umbria - è stata vinta dalla società Mazzoni ambiente, che ha subappalto ad una cooperativa, in questo caso la Coop c.p.s. di Ancona, la fornitura della manodopera, cioè il servizio stesso. Questo meccanismo è, purtroppo, piuttosto diffuso: esso è previsto anche nel contratto della gara d'appalto, ma non deve superare il 15 per cento del valore contrattuale annuo, e quindi sostanzialmente dovrebbe essere limitato a semplici attività relative a stazioni ferroviarie minori o, comunque, ad attività minori che non sarebbero economicamente compatibili, e quindi andrebbero delegate ai subappaltatori.
Invece, anche le grandi stazioni ed i treni vengono subappaltati. Richiamo, a tal proposito, un'interrogazione che fu presentata al consiglio regionale delle Marche - di cui ho fatto parte - da un collega del gruppo di Rifondazione Comunista, nella quale era evidenziato come, nel caso di specie, su un appalto complessivo di 6 milioni 700 mila euro ben due milioni di euro venivano dati in subappalto. Si tratta, dunque, di una misura pari ad oltre il 30 per cento, ben superiore al 15 per cento previsto.
Ma vi sono anche periodi particolari. Nel mese scorso mi è stato addirittura segnalato che il treno 11524, composto da dieci vetture ed operante nell'area adriatica, di colpo è stato completamente affidato a questa cooperativa: il gruppo appaltante impiegava nove unità per pulirlo, mentre la cooperativa occupa un solo lavoratore. Si può immaginare, di conseguenza, quale possa essere la qualità del servizio che viene reso. Ovviamente i cittadini si lamentano dei treni sporchi e maltenuti, ma spesso mancano proprio le condizioni ed i tempi - anche a causa di squadre piuttosto scarse nel numero - per poter svolgere la prestazione non dico a regola d'arte, ma almeno in condizioni decenti.
Riteniamo che né l'ente appaltante - in questo caso le Ferrovie dello Stato, tramite Trenitalia - né, ovviamente, il Ministero dei trasporti, al quale spetterebbero compiti di verifica, dovrebbero permettere una situazione del genere.
Esiste, poi, un meccanismo che riguarda i lavoratori (sono, infatti, i lavoratori che mi hanno segnalato questa situazione, che era addirittura incompatibile). Mi riferisco a salari bassissimi, spesso ai limiti di qualsiasi tipo di tabella sindacale, e ad orari spezzettati (ossia poche ore ripartite in numerosi turni), per cui qualche volta l'intera giornata è a disposizione, considerata l'eventualità di turni di tre ore combinati in più turni in una stessa giornata.
Insomma, vi sono tutta una serie di aspetti che non ritengo opportuni. Il criterio della competizione e il conseguente tentativo di cercare, con ogni mezzo, il contenimento dei costi comporta uno sfruttamento esasperato dei lavoratori e un servizio espletato molto male. Poiché si tratta di un servizio pubblico ritengo sia opportuno porre un tale problema.Pag. 89
Inoltre, aggiungo che nel caso di specie è presente una delega particolare. La cooperativa viene organizzata dalla CGIL e se manca l'adesione alla CGIL non si può entrare nella cooperativa, che è composta al 100 per cento di iscritti alla CGIL, perché in caso contrario non si viene chiamati e sembra paradossale che un sindacato, che si richiama a valori solidaristici, metta in atto tali meccanismi insieme all'azienda principale subappaltante.
In ordine a questo ho insistito per quasi un anno, tramite rapporti epistolari con la Presidenza della Camera per ottenere l'iscrizione e la pubblicazione dell'interrogazione che avevo presentato, sino alla raccolta di 30 firme, per ottenere una risposta. Infine, mi limito ad aggiungere che il mio collega di Rifondazione Comunista, consigliere della regione Marche, sottoposto a pressioni - forse le stesse che ho subito io - ha ritirato la sua interrogazione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Ciccioli e gli altri che hanno sollevato tale problema e affermo immediatamente che il Governo non ha responsabilità per il ritardo, perché l'ufficio del sindacato ispettivo del Servizio Assemblea che effettua l'istruttoria in ordine all'ammissibilità o meno degli strumenti di sindacato ispettivo appartiene alla Camera dei deputati e non al Governo. Il Governo non subisce né condizionamenti né remore derivanti dai colori politici o dall'appartenenza a questo o ad un altro sindacato.
Il problema posto riguarda il contratto di appalto dei servizi di pulizia del materiale rotabile ferroviario impiegato per i servizi regionali delle Marche, stipulato dalla società Trenitalia con la società Mazzoni Ambiente Spa.
A tale riguardo, la società Ferrovie dello Stato ha comunicato che la società per azioni Pietro Mazzoni Ambiente, a seguito di gara a procedura ristretta, ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 158, è risultata aggiudicataria della stessa in ordine al lotto 12, relativo alle regioni Marche e Umbria, per lo svolgimento dei servizi di pulizia del materiale rotabile, degli impianti ed altri servizi connessi a tali prestazioni.
L'articolo 10 dell'accordo quadro sottoscritto dalle parti in data 13 febbraio 2006, fissava la quota massima subappaltabile da parte dell'impresa Mazzoni Ambiente, prevedendo che «le attività e prestazioni subappaltabili non potranno comunque eccedere complessivamente, per ciascun anno di validità contrattuale, il 15 per cento dell'importo annuo presunto».
Successivamente, in data 4 aprile 2006, è stato sottoscritto un atto modificativo dell'accordo quadro relativo al lotto 12, riguardante le regioni Marche e Umbria, che all'articolo 5 conteneva una modifica della predetta quota massima nella misura seguente: il 15 per cento dell'importo annuo delle prestazioni afferenti alla pulizia del materiale rotabile e degli impianti; il 100 per cento dell'importo annuo delle prestazioni afferenti ai cosiddetti servizi accessori.
La modifica apportata, pur comportando un aumento della quota delle prestazioni subappaltabili, con riferimento ai soli servizi accessori, manteneva comunque tale quota ampiamente al di sotto di quella massima prevista dalla normativa allora vigente (articolo 18 della legge n. 55 del 1990) che stabiliva, appunto, una quota massima pari al 30 per cento nella categoria prevalente - nel caso di specie le pulizie - e l'integrale subappaltabilità delle restanti categorie di lavorazioni.
Nel corso di validità del citato accordo quadro, a richiesta dell'impresa appaltatrice Mazzoni Ambiente, in base alla documentazione presentata e agli accertamenti esperiti, è stato autorizzato il subappalto a favore del consorzio nazionale cooperative pluriservizi della Rete ferroviaria italiana società cooperativa a responsabilità limitata, entro i limiti e le condizioni previste dall'accordo quadro stesso.Pag. 90
Infatti, a fronte dell'importo presunto complessivo, riferito al successivo contratto applicativo n. 9187 di rubrica del 25 luglio 2007, nel mese di ottobre 2007 sono state autorizzate prestazioni in subappalto per un totale pari al 20 per cento dell'importo contrattuale. Specificatamente, entro i limiti di legge ed in base a quanto previsto dall'articolo 5 dell'atto modificativo dell'accordo quadro, sono state autorizzate prestazioni in subappalto pari al 15 per cento dell'importo presunto complessivo dei servizi di pulizia di treni ed impianti e prestazioni in subappalto pari al 32 per cento dell'importo presunto complessivo per i servizi accessori.
CARLO CICCIOLI. Scusi, che cosa si intende per servizi accessori?
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Con molta franchezza le dico che non sono il sottosegretario ai trasporti, ma credo che si intendano anche i servizi relativi alle pulizie dei locali, non solo dei treni, ma anche degli uffici e delle stazioni.
CARLO CICCIOLI. Le stazioni!
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sono portato a pensare ciò, perché l'atto non l'ho visto. La nota fornita dall'amministrazione delle Ferrovie non è dettagliata in tal senso. Bisognerebbe leggere il contratto. Comunque, poi le dirò quali sono la volontà e il pensiero del Governo.
La società Ferrovie dello Stato ha precisato, infine, che le prestazioni subappaltate riguardano le attività di micromanutenzione e recupero del decoro (magari qualche scarpata o qualche piccola area intorno alle stazioni), servizi accessori, movimentazione batterie (dei treni), conduzione batterie, pulitore viaggiante, servizi di pulizia del materiale rotabile e degli impianti fissi.
Alle Ferrovie spetta il dovere di vigilare sul rispetto pieno degli obblighi sottoscritti e di adottare, in caso di inadempienza, i provvedimenti di rescissione del contratto. I viaggiatori e gli utenti dei servizi ferroviari hanno diritto ad avere servizi efficienti e adeguati.
A mio avviso non è più tempo né di pigrizie, né di inefficienze. Il nostro Paese, che è grande e moderno, non può assolutamente avere servizi scadenti, che incidono - come noto - sulla qualità della vita ed anche sullo sviluppo economico.
Questa è la volontà del Governo: gli amministratori e i dirigenti delle Ferrovie ne debbono tener conto, senza tolleranza alcuna. In caso di inadempienza, debbono procedere alla rescissione del contratto.
PRESIDENTE. L'onorevole Ciccioli ha facoltà di replicare.
CARLO CICCIOLI. Signor Presidente, debbo dire che sono abbastanza soddisfatto del tono e del contenuto dell'intervento del sottosegretario che mi ha risposto. Spero che questo richiamo del Governo sia ascoltato, da Ferrovie dello Stato, ex ente, ora società per azioni, in particolare dalla società di scopo Trenitalia su cui si trasferisce il problema.
Infatti, in tali disservizi accade che - essendo pochi i lavoratori, molto mal pagati, quindi in genere esclusi da altri tipi di lavoro migliore, con orari molto contratti, con meccanismi dei turni frazionati e via di seguito - i treni partono spesso con pulizie incomplete (sono stati puliti solo alcuni vagoni), ovviamente in condizioni igieniche precarie (ciò è evidente se si considera che spesso vengono semplicemente ripassate le carrozze, tanto per togliere cartacce o altre cose), con i bagni trascurati e anche le stazioni rimangono sporche.
Non so cosa significhi, però l'appalto è stato fatto in un certo modo. Successivamente, con atto successivo all'appalto, si è determinato che il 100 per cento delle cosiddette attività accessorie potesse essere dato in subappalto.
Forse, se ci fosse stata questa clausola esimente in merito ai servizi accessori (ho ascoltato adesso e non so esattamente a cosa ci si riferisca: batterie, decoro della stazione), avrebbe vinto un'altra ditta l'appalto.Pag. 91Se si trattasse, ad esempio, di cancellare i graffiti sui muri e fatti simili, sarebbe ben poca cosa, ma in questo modo diventa una parte importante dell'appalto stesso. Parliamo di milioni di euro: 6,7 milioni di euro in due regioni e un terzo appalto con un importo superiore a due milioni di euro. Io adesso non so cosa significa «accessorie», ma le cifre sono importanti. Tra l'altro sembra che l'utile maggiore si ricavi proprio nell'affidamento di questi subappalti: nell'attività espletata dalla ditta primaria, quella che ha vinto l'appalto, non si ricavano quasi per niente utili che, invece, si producono attraverso queste esternalizzazioni.
Chiedo, pertanto, che si realizzi quanto è stato detto, di cui mi compiaccio: non si possono concedere sconti a nessuno. Adesso saranno coinvolte le ferrovie e la società Trenitalia; occorre procedere alle dovute verifiche.
Ho fatto riferimento a ciò che conosco, l'appalto e i subappalti nell'area delle Marche e dell'Umbria, ma mi dicono che la stessa situazione (si tratta, mi sembra, di dodici o quindici appalti) sia diffusa in tutto il territorio nazionale, magari con società diverse.
Chiedo che ci sia una forte vigilanza e ovviamente, tra qualche tempo, procederemo alla verifica dello stato dell'arte.
PRESIDENTE. Desidero fare presente che l'interpellanza urgente all'ordine del giorno reca l'identico testo della interrogazione a risposta orale n. 3-00048, pubblicata in data 5 dicembre 2006, non ancora svolta. La Presidenza ha proceduto tempestivamente alla pubblicazione sia del primo, sia del secondo atto. Il fatto che non sia stata data risposta alla prima interrogazione a risposta orale, tanto da indurre il presentatore ad utilizzare per la stessa questione il diverso strumento della interpellanza urgente, non è certamente imputabile alla Presidenza della Camera.
Quanto poi all'interpellanza urgente, essa si è svolta nella prima seduta utile, dopo che i presentatori, con il consenso del Governo, ne avevano chiesto il rinvio.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Narducci n. 2-00814)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Narducci n. 2-00814, concernente tassazione delle pensioni dei cittadini italiani residenti in Francia, è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Dionisi n. 2-00826)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Dionisi n. 2-00826, concernente ipotesi di vendita da parte dell'Eni di stazioni di servizio Agip, è rinviato ad altra seduta.
(Applicazione della normativa riguardante la riduzione dei trasferimenti statali in caso di aumento del gettito derivante da imposte locali - n. 2-00839)
PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di illustrare l'interpellanza Volontè n. 2-00839, concernente l'applicazione della normativa riguardante la riduzione dei trasferimenti statali in caso di aumento del gettito derivante da imposte locali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2), di cui è cofirmatario.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, ancorché brevemente ricordo i termini della questione che sottoponiamo al Governo. Riteniamo che essi siano importanti in quanto anche su di essi si gioca la stabilità finanziaria degli enti locali e, in particolar modo, dei comuni di dimensioni medio-piccole.
È noto che la legge finanziaria per il 2007 ha previsto alcune modifiche in merito alla tassazione ai fini delle imposte dirette e dell'ICI, in particolar modo con riferimento a terreni agricoli, ex fabbricati rurali, fabbricati appartenenti alla categoriaPag. 92catastale B, nonché ai locali ad uso commerciale in aeroporti, porti e stazioni ferroviarie.
In buona sostanza, questa disposizione, che ha modificato il decreto-legge n. 262 del 2006, tende ad enunciare un principio ormai consolidato nel nostro ordinamento in forza del quale, quando vi sia una modifica normativa statale che produce una più elevata tassazione a livello locale, e quindi un maggior gettito ai fini dell'imposte dirette e dell'ICI, il maggior gettito derivante dall'imposta locale venga attribuito allo Stato, sotto forma di una corrispondente riduzione del trasferimento statale ai comuni.
Questo principio ha trovato ingresso in maniera stabile nella legge finanziaria dello scorso anno; i commi 39 e 46 dell'articolo 2 del suddetto decreto-legge stabilivano, infatti, che i trasferimenti erariali a favore dei comuni fossero ridotti in misura pari al maggior gettito dell'ICI conseguente all'applicazione della normativa, sopra richiamata, sulla base di una certificazione da parte di ciascun comune interessato.
Per il 2007, l'articolo 3, comma 2, del decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, stabilisce che, fino alla determinazione definitiva del maggior gettito ICI in base alle suddette certificazioni e autocertificazioni dei comuni, la riduzione dei trasferimenti statali è effettuata in misura proporzionale alla maggior base imponibile per singolo ente, comunicata al Ministero dell'interno dall'Agenzia del territorio entro il 30 settembre 2007 e per un importo complessivo di euro 609.400.000. Ciò comporta che la determinazione provvisoria è calcolata sul maggior gettito figurativo in attesa delle certificazioni da parte dei comuni che stabiliscano esattamente quale sia tale maggiore entrata.
Secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'interno sul proprio sito ufficiale risulta che le stime del maggior gettito e la conseguente riduzione dei trasferimenti statali siano notevolmente al di sopra rispetto ai maggiori gettiti effettivi. Poiché il trasferimento da parte dello Stato ai comuni è stato effettuato sulla scorta del maggior gettito presunto, non su quello effettivo, derivante dalle certificazione dei comuni, è avvenuto e avviene che la decurtazione del trasferimento statale è stata superiore a ciò che realmente sarà il maggior gettito.
Per fare un caso specifico, ad esempio, al comune di Verona viene imputato un maggior gettito figurativo, e conseguentemente una riduzione di trasferimenti statali pari a 3.869.236,30 euro, mentre dai conteggi effettuati dallo stesso comune risulta che il maggior gettito dovuto in forza di tale norma corrisponde a non più di 200.000 o 300.000 euro. Una situazione analoga si presenta per tutti gli altri comuni.
Se analizziamo il caso di Verona, che è un comune di dimensioni medie e ricco, si registra un danno economico che in qualche modo nel tempo potrà essere riparato, anche se certamente non per l'esercizio finanziario in corso, considerato che ci troviamo a novembre. Se, però, consideriamo tutto ciò con riferimento ai comuni di piccole dimensioni, che hanno un reddito pro capite inferiore e per i quali il gettito ICI diventa la fonte prevalente, se non esclusiva, del loro mantenimento, ci rendiamo conto del danno che tali piccoli comuni subiscono dall'applicazione in questi termini della norma in discussione.
Questa riduzione del gettito statale è effettivamente sproporzionata, a maggior ragione nel momento in cui i comuni si trovano a chiudere il proprio esercizio finanziario (a novembre), quando la loro attività di spesa si è conclusa e tutto ciò produce significative difficoltà finanziarie e oggettive situazioni di squilibrio che non sono facilmente riparabili, lo ripeto, soprattutto in quelle realtà municipali di piccole dimensioni, che trovano nel gettito ICI la loro principale fonte di finanziamento.
Per tali ragioni, e poiché credo che la questione oggetto dell'interpellanza sia molto seria, chiediamo al Governo, e in particolar modo al Ministro dell'economia e delle finanze, come intenda procedere e se vi siano misure che possano in qualche modo sospendere l'applicazione dei tagli aiPag. 93trasferimenti statali che, in effetti, prevedono uno sbilancio rispetto all'effettiva determinazione della consistenza del maggior gettito ICI per i comuni - che sarà quantificato mediante le autocertificazioni - e se, quindi, si possa porre un'inversione di rotta immediata, pena l'ulteriore danneggiamento della finanza degli enti locali.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Mario Lettieri, ha facoltà di rispondere.
MARIO LETTIERI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con l'interpellanza in discussione si chiede di indicare quali iniziative si intendano adottare al fine di sospendere l'applicazione dei tagli ai trasferimenti erariali ai comuni, operati in attuazione del disposto dei commi 39 e 46 dell'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, in attesa di procedere alla quantificazione effettiva del maggior gettito derivante dall'ICI mediante autocertificazione dei comuni, eventualmente modificando il previsto importo complessivo di 609 milioni 400 mila euro.
Gli onorevoli interpellanti ricordano le disposizioni alla base del predetto taglio ai trasferimenti statali ai comuni e, in particolare, il contenuto dell'articolo 3, comma 2, del decreto-legge del 2 luglio 2007, n. 81, convertito dalla legge n. 127 del 2007, che prevede - sino alla definitiva determinazione del maggior gettito ICI in base alla certificazione dei comuni - la riduzione dei trasferimenti in misura proporzionale alla maggiore base imponibile, comunicata al Ministero dell'interno dall'Agenzia del territorio entro il 30 settembre 2007.
Gli onorevoli interpellanti, a tal proposito, fanno rilevare, a titolo esemplificativo, come per il comune di Verona, a fronte di una riduzione dei trasferimenti di euro 3.869.236,30, corrisponderebbe, da conteggi effettuati dallo stesso comune, un maggior gettito effettivo e non superiore ai 200-300 mila euro.
A tale riguardo si rappresenta che in data 28 settembre 2007, in virtù del citato articolo 3, comma 2, del decreto-legge n. 81 del 2007, l'Agenzia del territorio ha fornito al Ministero dell'interno, competente in materia, comune per comune i dati relativi all'incremento di base imponibile verificatosi nei primi otto mesi del 2007. È appena il caso di sottolineare che, sulla base dei dati forniti, per il comune di Verona l'incremento di base imponibile risulta di oltre 650 milioni di euro, consuntivato al 31 agosto 2007, con un incremento del potenziale gettito ICI che dovrebbe risultare significativamente superiore ai 200-300 mila euro indicati nell'interpellanza.
Quindi, in base ai dati forniti dall'Agenzia del territorio di riferimento, nel caso specifico al comune di Verona, non vi è proprio una rispondenza al dato effettivo e verificato dall'agenzia fiscale competente.
In considerazione, poi, del fatto che la ripartizione tra i singoli comuni dei previsti 609,4 milioni di euro - sulla base dell'estensione dell'incremento di base imponibile al 31 agosto, ovvero in relazione alle potenzialità delle differenti realtà immobiliari locali - può effettivamente presentare, in talune fattispecie, caratteri di arbitrarietà, l'Agenzia del territorio ha ritenuto di condividere l'indirizzo del Ministero dell'interno di ricercare metodi alternativi per detta ripartizione. Quindi, non vi è una chiusura, ma si stanno effettuando delle verifiche, perché questi dati riguardano non solo, nel caso specifico, il comune di Verona, ma, evidentemente, altre realtà sulla base della nuova base imponibile e, quindi, sui nuovi catasti accertati dall'Agenzia del territorio.
Sembrerebbe al Ministero dell'interno - vedo che è presente anche la collega Lucidi - che, per certi versi, la riduzione fatta «a pioggia», relativamente a tutti i trasferimenti, sarebbe nell'ordine del 10 per cento, anche se è stata attuata in maniera un po' generalizzata.
Per quanto riguarda il Ministero dell'economia e delle finanze si fa presente che non si può accettare la richiesta diPag. 94sospensione, così come formulata nell'interpellanza, della riduzione dei trasferimenti di cui trattasi, in quanto i saldi di finanza pubblica con i quali dobbiamo fare tutti i conti - e oggi lo abbiamo fatto con il decreto-legge in materia fiscale e lo faremo nei prossimi giorni con il disegno di legge finanziaria - già scontano il predetto taglio di 609,4 milioni di euro. Pertanto, non è possibile, per il momento, accedere a tale richiesta.
Inoltre, il Ministero dell'interno ha fatto presente che la riduzione in misura proporzionale del contributo ordinario annuale spettante a ciascun comune, fino alla concorrenza della somma di 609,4 milioni di euro, non determina alcuna conseguenza sugli equilibri di bilancio e sul rispetto del patto di stabilità interno, in quanto l'articolo 3 del citato decreto-legge n. 81 del 2007 prevede la possibilità di operare maggiori accertamenti in entrata per l'ICI, per le somme corrispondenti alla riduzione dei trasferimenti subita e, limitatamente agli enti soggetti al patto, autorizza a considerare incassato il medesimo importo (in altri termini, è come se il comune fosse già autorizzato a ritenere incassato l'importo in questione).
Il Ministero dell'interno ha evidenziato, altresì, che, in caso di ricorso ad anticipazioni di cassa, gli eventuali maggiori oneri per interessi passivi dovuti sono posti a carico dello Stato, nei limiti di 6 milioni di euro, in base al comma 5 di detto articolo 3: è sostanzialmente una forma di ristoro per i comuni costretti a fare ricorso alle anticipazioni di cassa.
Si tratta, comunque, di un problema che merita un ulteriore approfondimento, perché sicuramente la questione non riguarda soltanto le realtà come la città di Verona, ma anche, credo, altre città.
Onorevole D'Alia, lei si rende conto che la rivisitazione del catasto sta determinando, soprattutto nelle grandi città, da un lato una maggiore giustizia - vi erano, infatti, aree ed edifici non classificati adeguatamente, considerata la loro allocazione - e, dall'altro, un riequilibrio anche a fini fiscali.
PRESIDENTE. L'onorevole D'Alia ha facoltà di replicare.
GIANPIERO D'ALIA. Signor Presidente, nonostante il garbo e la cortesia del sottosegretario Lettieri, non posso che ritenermi insoddisfatto e, devo aggiungere, anche molto preoccupato. Ritengo che, dopo la risposta del sottosegretario, anche i comuni italiani dovranno essere particolarmente preoccupati.
Procedo per ordine e in maniera sintetica. Se non avete affrontato il problema nella legge finanziaria per il 2007, è chiaro che lei mi consentirà di svolgere anche un'altra riflessione, al di là del meccanismo virtuale e dell'espediente contabile in forza del quale si dà per incassata una somma che non è realmente incassata (espediente che, comunque, determina uno squilibrio di bilancio e che - con riferimento agli enti che si trovano al limite del dissesto o comunque al limite, pur nel rispetto del patto di stabilità - nel tempo produce un danno assolutamente non imputabile agli enti stessi) e al di là, altresì, del «miracolo» della norma prevista, per l'anno in corso, nell'ultima legge finanziaria, che riguardava - mi rivolgo anche ai colleghi della Lega Nord - il federalismo fiscale (e che si è tradotta in un maggior debito per interessi passivi a carico dello Stato: lo affermo per dimostrare quanto possa essere creativa la finanza, non solo quella dello Stato, ma anche quella degli enti locali).
Può anche darsi che il dato di 200-300 milioni di euro per il comune di Verona non sia attendibile. Ma anche ipotizzando che il dato reale sia quello citato dall'Agenzia del territorio (ossia 650 milioni di euro), a fronte della decurtazione di 3.869.236,30 (somma assolutamente sproporzionata e che, pertanto, certifica l'assoluta inattendibilità dei dati catastali e dell'attività che è stata svolta dalle Agenzie del territorio), ciò produce un effetto che, considerato su scala nazionale con riferimento a tutti i comuni di grandi, medie e piccole dimensioni, determina oggettivamente uno sconquasso nei bilanci. Altro che federalismo fiscale! Abbiamo a chePag. 95fare con una norma - una delle tante norme trabocchetto contenute nella vostra legge finanziaria - che induce i comuni ad aumentare il gettito fiscale (e, in particolar modo, l'imposizione diretta e l'ICI, in danno delle famiglie italiane) e calcola questa attività in maniera arbitraria (così come, peraltro riconosciuto dagli uffici e, correttamente dal Ministero dell'interno).
Il risultato finale di tale manovra e dell'operazione non costituisce neanche un beneficio per le casse dello Stato: se lo Stato stesso, ad oggi, si farà carico, attraverso un'interpretazione brillante della normativa della finanza degli enti locali da parte del Ministero dell'interno (ossia facendosi carico, ad oggi, fino a sei milioni di euro, che però non basteranno), degli interessi passivi relativi a debiti che i comuni devono contrarre per far fronte a un buco creato dallo Stato nei loro confronti, ci si renderà conto di ciò che avete messo in moto.
Lo dico perché c'è poco da stare allegri. Credo che su questo tema l'ANCI, in particolare, anziché crogiolarsi con le «mancette» che gli state concedendo con la legge finanziaria, dovrebbe porsi seriamente il problema. Non basta, infatti, una piccola norma, che è un atto dovuto e corregge il patto di stabilità, nella parte in cui prevede la premialità per i comuni virtuosi, ma bisogna affrontare questi argomenti, che determinano non il federalismo fiscale, ma la spoliazione dell'autonomia fiscale e l'impoverimento dei comuni italiani.
(Rinvio dell' interpellanza urgente Aurisicchio n. 2-00833)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Aurisicchio n. 2-00833, concernente problematiche relative alla diffusione della «banda larga» sul territorio nazionale, è rinviato ad altra seduta.
(Gestione del Centro di permanenza temporanea e prima accoglienza di Gradisca di Isonzo - n. 2-00841)
PRESIDENTE. La deputata Siniscalchi ha facoltà di illustrare l'interpellanza Migliore n. 2-00841, concernente gestione del Centro di permanenza temporanea e prima accoglienza di Gradisca di Isonzo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 3), di cui è cofirmataria.
SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, questa interpellanza riguarda il Centro di permanenza temporanea di Gradisca di Isonzo. Immagino che mi risponda la sottosegretaria Lucidi, che suppongo conosca questa struttura, che è stata ricavata dall'ex caserma Polonio ed è stata concepita come un carcere di massima sicurezza.
Quando l'ho visitata la prima volta, nel luglio 2006, esisteva ancora la struttura originaria, mentre oggi alcune gabbie sono state rimosse. L'ho trovata veramente inquietante, minacciosa e lugubre, nonostante la cooperativa Minerva - l'unica realtà cooperativa offertasi di occuparsi della gestione - avesse ridipinto le pareti del primo corridoio con i colori dell'arcobaleno. Parlo di unica offerta da parte della cooperativa Minerva, perché il Centro di permanenza temporanea di Gradisca, che è stato - voglio sottolinearlo - ideato, progettato e realizzato dal precedente Governo, ha da subito incontrato la ferma opposizione delle amministrazioni territoriali, regionali, provinciali e comunali, e di tutte le realtà associative, sia laiche che cattoliche, che si occupano di immigrazione nel Friuli-Venezia Giulia.
Ciò che mi aveva colpito durante la prima visita era stata proprio la mancanza non di un albero, ma persino di un filo d'erba. Gli ospiti erano pochi: c'erano signore che provenivano dall'est europeo, che svolgevano il compito di badanti nelle famiglie del territorio, prive del permesso di soggiorno o con il permesso scaduto. Il posto, però, era pulito e gli ospiti eranoPag. 96tranquilli. Era sicuramente un posto triste, ma non vi erano né tensione né violenza.
Quando ci sono tornata il mese scorso, questa tensione era palpabile, perché negli ultimi mesi si è verificato un aumento del numero delle persone, fino ad arrivare al massimo della capienza, pari a 252 posti, con volumi consistenti di persone extracomunitarie, approdate nel sud del nostro Paese.
Questo sovraffollamento ha provocato momenti di tensione, che si sono ripetuti negli ultimi mesi, con sommosse, tentativi di fuga e il ferimento di alcuni ospiti. Vi sono state colluttazioni e anche il caso di una bambina di pochi mesi rimasta intossicata dai gas lacrimogeni.
Gli interventi delle forze dell'ordine sono stati giudicati eccessivi sia dall'ente gestore, sia dal viceprefetto, il dottor Scarabino, presente durante la mia visita. A mio giudizio, a fronte dell'aumento esponenziale del numero degli ospiti, l'ente gestore è inadeguato e non attrezzato per affrontare la situazione, che dura ormai da vari mesi.
A tutto ciò si aggiunge il fatto che viene avvertito con pochissimo preavviso dell'arrivo dei nuovi ospiti: hanno parlato addirittura di mezza giornata.
Il numero degli operatori, a quanto mi risulta, è rimasto invariato rispetto ad un anno fa, e ciò provoca necessariamente un superlavoro degli operatori stessi, situazione non auspicabile in una struttura di tale genere.
Come dicevo, gli immigrati provengono soprattutto dal centro di Lampedusa, che non è in grado di accoglierli; quindi, sono persone che arrivano nella costa meridionale della Sicilia.
Ciò ha comportato, di fatto, una conversione della struttura da CPT in CPT più CPA (centro di accoglienza) e questo provoca una promiscuità, una situazione di oggettiva confusione e assimila il centro di accoglienza al CPT.
Oggi si stanno effettuando lavori di ampliamento della struttura per destinarla ai richiedenti asilo, fino a centocinquanta ospiti.
Molti spazi rimangono comuni, con un'inaccettabile sovrapposizione tra lo spazio destinato ad accogliere e quello destinato a trattenere: ad esempio, sono comuni l'area di ingresso e di controllo dell'entrata e dell'uscita e, cosa forse più grave, sono in comune alcuni servizi, come il servizio sanitario, gli uffici e la direzione dei due centri. Voglio sottolineare che tali servizi vengono utilizzati da donne, magari con bambini, da richiedenti asilo e anche da ex detenuti, con i rischi che possiamo immaginare.
Ho parlato dell'inadeguatezza dell'ente gestore: a mio parere tale inadeguatezza è evidente per quanto riguarda l'assistenza sanitaria. Quando ho visitato il CPT l'interprete, una signora egiziana, mi ha segnalato il caso di un giovane egiziano, arrivato in Italia perché voleva curare un distacco di retina, un problema grave alla vista. Ho segnalato la situazione al medico responsabile del servizio sanitario, ma ho saputo che, dopo alcuni giorni, l'ospite non è stato portato in ospedale, non ha ricevuto una visita oculistica ed è stato rimpatriato.
Molti ospiti lamentano di non aver ricevuto un'adeguata assistenza legale, di non aver incontrato gli avvocati e, quindi, di non essere informati dei diritti che la legislazione italiana riconosce loro.
Alla luce di tutti questi fatti, la nostra interpellanza urgente mira a sollecitare il Governo su alcuni punti specifici. Innanzitutto, chiediamo se non si ritenga necessario chiudere tale struttura, tanto più che con l'ingresso della Slovenia nell'area Schengen cesserà la sua funzione frontaliera, o se si intende, al contrario, continuare a prevedere una variazione nella destinazione d'uso, in maniera un po' surrettizia.
Ci chiediamo se il Governo non intenda procedere ad una valutazione della relazione con l'ente gestore, anche perché è prossima la scadenza della convenzione che regola tale rapporto, e se ritenga proporzionale l'investimento rispetto alla qualità del servizio. Chiediamo se non intenda coinvolgere in tale valutazione sulle condizioni di vita all'interno del CPTPag. 97gli enti locali e le realtà della società civile; se non ritenga necessario, dopo il rapporto della commissione De Mistura, stabilire un'indagine supplementare, al fine di verificare le modalità di trattenimento ma anche di accoglienza e, soprattutto, la garanzia dei diritti fondamentali. Infine, chiediamo se non ritenga necessario assicurare la possibilità di consentire la visita del centro a soggetti quali consiglieri regionali e provinciali e rappresentanti delle associazioni più attive nel campo dell'immigrazione, che quindi potrebbero essere utili a migliorare le condizioni di vita all'interno del centro.
Voglio sottolineare che oggi la stampa ha accesso al centro, mentre fino a un anno fa, in base alle disposizioni precedenti, ciò non era consentito.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, nell'illustrazione dell'interpellanza urgente in esame ho colto un punto sul quale voglio subito soffermarmi e che riguarda l'eventualità che, rispetto all'attività svolta dalla commissione De Mistura, si possa pensare da parte del Ministero dell'interno a svolgere indagini supplementari.
L'interpellante ovviamente fa riferimento al Centro di permanenza temporanea e prima accoglienza di Gradisca d'Isonzo, ma la richiesta per quanto ci riguarda può interessare tutti i Centri esistenti nel nostro territorio. Rispetto a tale tema voglio affermare che l'attenzione del Ministero verso tali Centri è costante. Nel periodo iniziale, di avvio, abbiamo affidato alla commissione De Mistura la valutazione della situazione affinché ci proponesse, come poi è avvenuto, in un apposita relazione alcuna proposte. Al termine di quel lavoro la nostra azione conseguente è stata quella di tener conto delle indicazioni fornite dalla stessa commissione sia per i profili normativi sia per quelli amministrativi e, al tempo stesso, siamo stati attenti in particolare alle sollecitazioni che ci giungevano da ogni singola esperienza.
Posso dirle anche che all'incirca dieci giorni fa con il Ministro dell'interno abbiamo incontrato presso il Ministero tutti i rappresentanti degli enti di gestione dei Centri nonché i prefetti e i questori dei territori in cui si trovano i Centri proprio per sviluppare una necessaria collegialità nella valutazione delle dinamiche e delle strutture. Si sono valutate, infatti, le dinamiche che si verificano nei Centri proprio per lavorare nella direzione di una omogeneità sempre maggiore delle attività di gestione dei Centri stessi.
Per quanto riguarda specificamente Gradisca d'Isonzo lei ricordava che questo Centro istituito nel 2000 è affidato alla cooperativa Minerva di Savogna d'Isonzo attraverso una convenzione stipulata con la prefettura di Gorizia e valida fino al 15 dicembre 2007. I servizi che vengono assicurati agli ospiti consistono fondamentalmente in attività di assistenza che comprendono il servizio generico della persona, l'assistenza sanitaria, l'assistenza psico-sociale, la mediazione linguistico-culturale, la fornitura di effetti personali, la ristorazione, la pulizia e l'igiene ambientale. L'assistenza sanitaria viene garantita attraverso un presidio medico attivo nell'arco delle ventiquattro ore che prevede l'impiego di otto infermieri, otto medici e la disponibilità di un'ambulanza. La mediazione socio-culturale è assicurata per 108 ore alla settimana, l'interpretariato per 144 ore e l'assistenza sociale per 72 ore. L'ente gestore offre anche l'assistenza legale insieme al Centro italiani rifugiati, che mette a disposizione il proprio qualificato personale. Gli ospiti, inoltre, possono scegliere di farsi assistere sia da avvocati di propria fiducia che da quelli iscritti all'albo professionale dell'ordine forense di Gorizia.
Sulla regolarità della gestione e sul rispetto degli standard di qualità, economicità ed efficienza vengono svolte frequenti ispezioni da parte dell'apposita commissione di vigilanza istituita dal prefetto, dall'azienda sanitaria locale e dalla direzione provinciale del lavoro. UlterioriPag. 98verifiche vengono settimanalmente eseguite dal funzionario della struttura, nominato secondo quanto disposto con circolare del 22 dicembre 2002 dal Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno. Controlli sulla diretta gestione del Centro vengono anche svolti dalla direzione provinciale del lavoro e dall'azienda per i servizi sanitari.
L'attività gestionale della cooperativa risulta essere rispondente alle «Linee guida per la gestione dei Centri», approvate in data 8 gennaio 2003 con direttiva del Ministro dell'interno, ed è conforme ai principi sanciti dalla cosiddetta «direttiva Bianco».
Per quanto riguarda il Centro di identificazione, con una capienza di 150 posti, segnalo, per un verso, che i lavori saranno ultimati alla fine di gennaio 2008, per altro verso, ricordo anche l'adozione da parte del Consiglio dei ministri di due decreti legislativi, presentati alle Camere per il rispettivo parere; in particolare, il decreto legislativo sulle procedure, che, quando entrerà in vigore, produrrà un sostanziale cambiamento nell'organizzazione e nella gestione dei Centri destinati ad ospitare i richiedenti asilo, che diverranno Centri di accoglienza, con modifica anche del target delle persone che potranno essere ospitate e accolte all'interno di queste strutture. Si tratta di un dato molto importante per capire anche qual è l'evoluzione che, rispetto alle strutture di cui disponiamo, stiamo compiendo.
In linea con le direttive impartite dal Ministro dell'interno in data 24 aprile 2007, nel corso degli ultimi mesi sono stati effettuati numerosi interventi di riqualificazione ambientale della struttura, proprio per eliminare quell'immagine davvero pesante che l'interpellante ricordava. Questi interventi sono terminati nello scorso mese di luglio ed hanno migliorato le condizioni di vivibilità all'interno del Centro.
Ricordo, inoltre, che in relazione agli ingenti flussi di stranieri extracomunitari irregolari che negli scorsi mesi estivi hanno raggiunto il nostro Paese - si tratta ormai di un dato costante nella statistica degli sbarchi - dal 26 luglio il Centro di permanenza temporanea e assistenza viene utilizzato anche quale centro di accoglienza. È un fatto che ha ricordato anche l'interpellante.
A tal riguardo sono state fornite precise indicazioni affinché le due tipologie di ospiti siano tenute separate. Poiché credo - come l'interpellante mi ha riferito - che vi possano ancora essere delle promiscuità nell'offerta dei servizi, mi premurerò, anche all'esito di questo scambio, che l'interpellanza ha consentito, di ribadire questa necessità. La prefettura di Gorizia, sentito il Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, ha dedicato un'area specifica all'accoglienza riservando 112 posti per gli immigrati, di cui 44 per donne e nuclei familiari e 68 per gli uomini.
Ad oggi la struttura, che ha una capienza massima di 248 posti, ospita complessivamente 157 immigrati extracomunitari, di cui 108 sono nell'area riservata al Centro di accoglienza, 49 nel Centro di permanenza temporanea e di assistenza.
Inoltre, con riferimento a questo, vorrei dire che quello di Lampedusa è oggi un centro in grado di ricevere gli immigrati che sbarcano sulla nostra penisola. Quindi, osservo che non è una struttura che non sia in grado di ricevere. Però, è una struttura che ha continuamente necessità di essere liberata per consentire l'intervento umanitario verso persone che si trovassero a sbarcare sulle nostre coste. Tale ragione ha comportato la necessità di potenziare davvero il servizio di accoglienza umanitaria su tutta la penisola. Vi sono stati Centri che erano Centri di permanenza temporanea e che sono stati chiusi - penso a Crotone e a Brindisi - e sono stati trasformati in vere e proprie strutture di accoglienza umanitaria per gli immigrati.
Per quanto riguarda la richiesta di chiudere il Centro di permanenza temporanea di Gorizia e l'annesso realizzando Centro per richiedenti asilo, voglio evidenziare che il complesso è collocato in una posizione geograficamente strategica per tutto il settore nord-est del Paese, in cui laPag. 99pressione migratoria dei cittadini non comunitari, alle frontiere terrestri, è sempre molto forte.
Va anche evidenziato che la struttura di Gradisca d'Isonzo consente, inoltre, in caso di ingenti afflussi di immigrati regolari sulle coste italiane, di aumentare la ricettività di tutto il sistema dei centri, con indubbio beneficio per le condizioni di vivibilità e di sicurezza degli immigrati.
Per quanto riguarda l'asserita insufficienza di trasparenza amministrativa sulla gestione del Centro, la locale prefettura ha autorizzato, in ossequio alla direttiva del Ministro dell'interno del 24 aprile 2007, n. 1305, tutte le richieste di accesso provenienti dai soggetti legittimati ai sensi della richiamata normativa, tra cui i consiglieri regionali se delegati dai presidenti dei consigli regionali.
Ad oggi hanno visitato il centro di Gradisca d'Isonzo trenta persone, tra parlamentari, consiglieri, assessori regionali ed amministratori locali; diciannove esponenti degli organi di informazione e i rappresentanti di sette associazioni di volontariato laiche e religiose. Per quanto riguarda il rinnovo della convenzione con la quale verrà affidata la gestione del Centro, in vista della scadenza del mandato - non rinnovabile - conferito alla cooperativa Minerva, la prefettura di Gorizia ha avviato la procedura concorsuale il 19 ottobre ultimo scorso, sulla scorta di un nuovo capitolato approvato dal Ministero dell'interno, chiedendo alla regione Friuli Venezia Giulia, alla Camera di commercio, alla provincia, ai comuni di Gorizia, Montefalcone, Gradisca d'Isonzo e all'Assindustria, l'indicazione di società, ditte, associazioni, consorzi, preferibilmente locali, che abbiano maturato esperienza nel settore, nell'ambito di servizi di gestione dei Centri di permanenza temporanea e dei Centri di accoglienza.
Sulla base delle indicazioni pervenute la prefettura sta individuando i soggetti in possesso dei requisiti richiesti dal capitolato, per diramare gli inviti a partecipare alla procedura ristretta, secondo quanto previsto dall'articolo 27 del decreto legislativo n. 163 del 2006.
PRESIDENTE. L'onorevole Siniscalchi ha facoltà di replicare.
SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, mi dichiaro parzialmente insoddisfatta non, tuttavia, per il fatto che non riconosca, in particolare al sottosegretario Lucidi, un'autentica sensibilità e una sincera attenzione verso il problema in generale dell'immigrazione e soprattutto dell'accoglienza che viene offerta ai cittadini extracomunitari nei CPT e nei Centri di accoglienza.
Devo dire che dai dati che ci sono stati forniti, il CPT di Gradisca d'Isonzo sembrerebbe quasi un Centro modello. In realtà, come peraltro afferma la relazione della commissione De Mistura, i CPT sono luoghi inadatti a garantire accoglienza umanitaria. In particolare, quello di Gradisca d'Isonzo, a mio parere, è inadatto proprio perché vi è il rischio di promiscuità.
Pertanto, mi fa piacere sapere che si arriverà ad una modifica della normativa - il sottosegretario parlava appunto di un decreto-legge che porterà ad una più chiara identificazione della tipologia di ospiti - perché non si possono tenere, ripeto, donne con bambini o signore di mezza età, insieme ad ex detenuti.
Mi auguro che l'interpellanza urgente Migliore ed altri n. 2-00841 - che, peraltro, ho voluto presentare su sollecitazione delle amministrazioni territoriali e delle associazioni - serva a tenere alta la tensione anche verso la realtà di Gradisca d'Isonzo, perché, al di là del fatto che è una realtà che ha degli standard certamente superiori ad altri Centri, a mio parere, rimane una realtà a rischio.
Ringrazio il sottosegretario anche per il rilievo che ha fatto sulla mia definizione del CPT di Lampedusa: è vero, è necessario garantire un turnover per poter accogliere nuove persone, le quali fuggono, appunto, da situazioni di conflitto, povertà e violazione dei diritti umani.
Ritengo che sia valido quello che dice la relazione De Mistura, sostanzialmente, ossia che se procedessimo ad un progressivo svuotamento dei CPT, potremmo liberarePag. 100risorse - anche ingenti - da destinare ad un'accoglienza vera, reale e a nuove misure, diverse dell'espulsione. Sono certa che il Governo continuerà su questa strada, tuttavia la mia preoccupazione su Gradisca d'Isonzo rimane alta.
(Orientamenti del Governo sull'opportunità di sospendere per motivi di ordine pubblico la costruzione di nuovi edifici da adibire al culto islamico - n. 2-00842)
PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00842, concernente orientamenti del Governo sull'opportunità di sospendere per motivi di ordine pubblico la costruzione di nuovi edifici da adibire al culto islamico (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 4).
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, signor sottosegretario, oggi, in via eccezionale, la questione non riguarda i nomadi e gli zingari, ma vi è un altro problema spinoso che riguarda Reggio Emilia.
Si tratta di un problema assurto alle cronache e alla conoscenza della città di Reggio Emilia, il 6 novembre scorso, quando, a seguito di un'operazione ben svolta da parte delle forze dell'ordine, si è arrivati all'arresto di circa venti personaggi in tutta Italia, di cui ben quattro nella sola provincia di Reggio Emilia. Si tratta di quattro personaggi gravitanti all'interno delle moschee provinciali, in particolare, maggiormente in quelle di Reggio città e di Novellara e residenti sia della città sia del comune, poco distante, di Cavriago.
Nei primi giorni i giornali hanno parlato dell'episodio, ma su di esso non si sono posti quegli interrogativi che, a mio avviso, un avvenimento di questo genere avrebbe dovuto, giustamente, suscitare. Esso, infatti, fa seguito ad un altro episodio, molto simile, accaduto qualche anno fa, che riguardava alcuni personaggi, in particolare il famoso Daki che la Forleo, per certi versi, paragonò ad un guerrigliero. In seguito, una seconda sentenza rimise a posto le cose definendolo, comunque, un personaggio legato al terrorismo islamico, il quale reclutava (in questo caso erano i passaporti) persone che dovevano recarsi in Paesi come l'Iraq con funzioni di kamikaze.
Oggi, a Reggio Emilia, ci troviamo nella stessa situazione: la cosa è gravissima perché, dall'episodio Daki ad oggi, credo che avremmo dovuto agire con una maggiore fermezza, effettuare maggiori controlli e porci degli interrogativi. Noi della Lega Nord Padania avevamo detto che queste cose sarebbero accadute, ed esse sono talmente accadute che, un paio di anni dopo - a seguito delle famose vignette della Danimarca - vi fu, nel centro di Reggio Emilia, una marcia di qualche migliaio di islamici, i quali, passando anche di fronte ad una chiesa locale, inneggiavano ad Allah. Noi della Lega chiamammo a raccolta i cittadini nella piazza Prampolini che si riempì piena di gente, nonostante molti avessero paura, quel giorno, a farsi vedere; tuttavia, riempimmo comunque la piazza, proprio per dimostrare e testimoniare che i reggiani non accettavano - da parte di queste persone, che sono comunque ospiti a casa nostra - atteggiamenti di questo genere.
I due episodi, messi insieme, avrebbero dovuto far alzare le antenne, farle oscillare, vibrare e dirci di prestare attenzione. A Reggio Emilia, forse, di fronte a questo buonismo imperante nel quale ogni volta che si verificano questi episodi, si fa sempre finta che non siano accaduti e si cerca sempre di dire che è importante cercare l'integrazione, anche quando qualcuno ti dimostra che di integrazione non ne vuole assolutamente sapere, si sarebbe potuto agire per tempo e, forse, evitare che si arrivasse alla identificazione di altri quattro personaggi, più altri che sono inquisiti.
Ricordo che, fino a poco tempo prima, era a Reggio Emilia l'attuale imam di Parma, che è quello che sta promuovendo e cercando di ottenere una grossa moschea a via Campanini. Anche lui gravitava aPag. 101Reggio Emilia, ed è inquisito perché conosceva o frequentava questi personaggi.
Il vero problema, di fronte a ciò, è che non possiamo far finta che si tratti di un arresto normale di qualcuno ha rubato caramelle in un supermercato o che sia un episodio di micro o macrocriminalità da mettere semplicemente nelle statistiche: si tratta di un episodio gravissimo. I terroristi islamici sono a casa nostra, usano quelle che voi concedete come luoghi islamici di culto - le moschee - che, a volte, vengono fatte passare, inizialmente, come circoli culturali islamici e poi, in qualche modo, si trasformano in moschee, tenendo conto che la moschea non è obbligatoria per l'Islam.
Si tratta di un problema su cui dovreste interrogarvi. Noi l'abbiamo fatto per tempo, perché studiamo l'Islam da parecchi anni e non siamo ignoranti in materia: anzi, purtroppo, lo conosciamo bene. Lo sto studiando da quasi 17 anni, confrontandomi con esperti, con gente che vive nei Paesi islamici, con i copti egiziani con cui mi rapporto frequentemente, con persone vicine al patriarcato di Antiochia, vale a dire con coloro che mi possono spiegare bene - non per sentito dire, non per un convegno buonista, ma perché vivono sulla loro pelle ciò che l'Islam è veramente - quello che ci siamo portati in casa. Essi sanno qual è il fondamento integrativo di una religione come l'Islam che, a detta di chi lo conosce bene, non è integrante ma spesso prevaricante, non è includente, ma escludente; si tratta di una religione che ha come fondamento quello di far prevalere l'Islam, distruggendo gli infedeli. Nonostante tutti questi interrogativi, stiamo costruendo moschee che, peraltro, non sono obbligatorie: un buon musulmano ha solo l'obbligo di pregare rivolto verso la Mecca. La moschea, spesso, viene richiesta da sedicenti organizzazioni rappresentative del mondo islamico per poi diventare spesso luogo di attività politica; anche il sermone del venerdì, infatti, è una consuetudine non obbligatoria.
Questi luoghi di culto non sono come la chiesa per la fede cattolica: la moschea per l'Islam è un'altra cosa, non è dovuta, non è obbligatoria - certo se gliela date la prendono, ma non è obbligatoria - e diventa spesso ricettacolo di attività illecite, soprattutto nel momento attuale, dopo l'11 settembre 2001, dopo Madrid, Londra e tanti altri episodi, anche in Italia, di arresti e indagini legati a terroristi che stavano preparando attentati. In questo caso, le registrazioni telefoniche fanno rilevare che stavano addirittura preparando un attentato all'aeroporto di Bologna.
Ciò dovrebbe farci quanto meno mettere le mani nei capelli. e credo che uno Stato serio, di fronte al pubblico interesse, alla sicurezza pubblica e alle leggi sul terrorismo, dovrebbe cominciare a fare una cosa molto semplice. Ci sono nuove moschee in previsione, senza controllo. A Bologna c'è addirittura l'UCOII: gli interrogativi ai quali tale associazione ha risposto negli ultimi anni sull'affidabilità e sul dialogo istituzionale credo siano pochissimi, e ancora nessuno mi ha mai dimostrato cosa l'UCOII rappresenti nel mondo islamico. Essi si atteggiano a rappresentare una comunità islamica che, spesso, invece, andando a verificare, non rappresentano, ma si muovono molto da un punto di vista politico per ottenere questi cosiddetti luoghi di culto. Tali luoghi poi diventano, come in questo caso, problemi enormi, sui quali credo che nessuno possa più chiudere un occhio. Su tutto ciò dobbiamo interrogarci, prendendo atto che il terrorismo sta affondando radici in casa nostra e in determinate zone come Reggio Emilia e che nell'arco degli anni i terroristi non sono spariti, ma anzi, continuano ad esistere e preparano attentati, kamikaze ed azioni contro questo Stato e contro la nostra gente.
Ciò che la gente si aspetta è un atto di serietà ed una presa di coscienza del fatto che così non si può andare avanti. Non ci siamo dimenticati, già il giorno dopo, di ciò che è accaduto perché, purtroppo, molto probabilmente sta accadendo ancora, se non a Reggio Emilia, nei comuni vicini. A Bologna esiste una moschea, che, secondo le loro intenzioni, dovrebbe forsePag. 102diventare la più grande d'Europa, richiesta proprio dall'UCOII, e ce n'è una a Parma, e colui che la richiede è indagato nello stesso procedimento (oggi mi riferiscono che ha dichiarato alla stampa che vuole andare avanti con il progetto della moschea di via Campanini).
Credo che un'azione ferma che i sindaci, che hanno speso parole ed hanno preso impegni, non hanno il coraggio di intraprendere, possa essere intrapresa dal Governo, perché le leggi lo possono prevedere per motivi di ordine pubblico, anche internazionale, e per la sicurezza dei nostri cittadini. Questi ultimi si aspettano una risposta seria da uno Stato che, purtroppo, negli ultimi mesi è stato molto poco serio. Risolvere le situazioni di Parma e Bologna significherebbe già lanciare un bel messaggio.
Inoltre, chiedo - come ho già fatto personalmente col prefetto di Reggio Emilia - di verificare cosa avviene all'interno delle moschee esistenti. Mi fa piacere che ci siano anche le firme di deputati di Forza Italia, Alleanza Nazionale e dell'UDC, in questo caso, perché si tratta di un tema importante.
Quello che chiedo, intanto, è di non rilasciare ulteriori concessioni per altre moschee; ma anche in quelle attuali, credo che dopo quello che è successo non si possa far finta di niente, ma sia necessario indagare. Voglio sapere, quando fanno il «predicozzo» del venerdì, quello santo, cosa dicono; chiedo che quello che dicono sia sottoposto a un vaglio, che sia sempre presente la DIGOS e parlino solo in italiano. A questo punto, non possiamo più concedergli quello che vogliono, perché c'è veramente un enorme problema di ordine pubblico.
Qualcuno ha proposto di prendere le impronte digitali - lo ha proposto anche uno di voi, tra l'altro, non è che lo abbiamo proposto noi - a chi frequenta i centri islamici. Non so se sia sufficiente, ma sicuramente va compiuto un attento, accurato e approfondito controllo, a 360 gradi. Non apriamone più e, se sarà il caso, ci vuole anche il coraggio di intervenire, laddove ci siano delle situazioni poco chiare. Ricordo che quelli di Perugia, Torino, Cremona, viale Jenner, Varese sono episodi allucinanti, che abbiamo scoperto, spesso, quasi per puro caso.
Quanti ancora ce ne sono in giro? Questo è un Paese dove si è aperta una moschea ogni cinque giorni. Credo che uno Stato serio, di fronte a quello che è già accaduto in passato e a quello che purtroppo - faccio il facile profeta - accadrà anche nel prossimo futuro, dovrebbe dire: fermi tutti, le moschee non si aprono più e cominciamo a chiuderne qualcuna.
L'islamico, se si vuole integrare, deve anche darci un segnale. Personalmente ritengo che, a questo punto, visto che il Corano prevede anche la menzogna nei nostri confronti (anzi, è una «medaglietta» per il buon musulmano), sia possibile cercare di imporre le regole, come dovrebbe fare un qualsiasi Stato serio, anziché lasciarcele imporre da loro.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, l'interpellanza muove da un'operazione che è stata condotta il 6 novembre scorso: in varie località del Paese è stata data esecuzione ad un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Milano nei confronti di 11 di 20 soggetti indagati, di cui 9 localizzati all'estero, per i reati di associazione sovversiva con finalità di terrorismo, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ricettazione e traffico di documenti falsi.
Le indagini, condotte anche in Gran Bretagna e Francia, hanno permesso di delineare l'esistenza di una cellula jihadista attiva in Lombardia per la pianificazione di attività terroristiche ed il reclutamento di nuovi militanti, avente un importante ruolo di raccordo tra le cellule dislocate sul territorio nazionale, precisamente a Milano, Varese, Reggio Emilia, Perugia e in Sicilia, e quelle operantiPag. 103all'estero, in Europa, Nord Africa e Medio Oriente.
Quattro degli 11 arrestati - lo ricordava l'onorevole interpellante - sono cittadini tunisini residenti a Reggio Emilia e provincia; altri quattro risiedevano nel milanese; uno in provincia di Bergamo; uno in provincia di Sanremo; infine, uno era già detenuto per altra causa presso la casa circondariale di Palmi. Sempre nell'ambito della stessa operazione, sono state effettuate anche diverse perquisizioni, cinque delle quali hanno riguardato quattro tunisini e un palestinese abitanti nella provincia di Reggio Emilia.
Gli sviluppi dell'inchiesta, da un lato, dimostrano la qualità e l'efficacia dell'azione investigativa e di contrasto relative a fenomeni terroristici di matrice islamica, e dall'altro ci confermano anche la necessità di porre la massima attenzione alle dinamiche in atto in determinati ambienti del radicalismo ed integralismo islamico, presenti anche nel nostro Paese.
Quanto alla rilevanza che tali indagini, peraltro ancora in corso, possono avere sulla preannunciata apertura o costruzione di nuovi luoghi di preghiera o di ritrovo islamici - è questo il nesso causale su cui si sofferma l'interpellante - ritengo utile sviluppare alcune riflessioni.
La conoscenza approfondita che l'onorevole interpellante ha in materia di Islam mi porta soltanto brevemente a ricordare che la definizione di «moschea» può essere correttamente data, da un punto di vista tecnico, soltanto alle moschee di Roma e di Segrate; gli altri edifici sono invece semplici luoghi di ritrovo, pure se sono comunemente denominati moschee, o sale di preghiera aperte, in genere su iniziativa di comunità, associazioni islamiche, centri culturali col fine principale di conservare la propria cultura ed identità religiosa.
Al di là delle improprie definizioni di moschea, si tratta quindi di sedi e luoghi cui non può essere riconosciuta solo una finalità religiosa, essendo di norma destinati al soddisfacimento di diversi scopi previsti dai rispettivi statuti associativi: luoghi la cui esistenza deve essere valutata anche alla luce dei principi costituzionali in materia di libertà di associazione e di riunione. Questi principi in qualche modo costituiscono la cornice entro la quale dobbiamo fare valutazioni e prendere decisioni.
In considerazione dell'attuale momento della sicurezza interna e internazionale, il proliferare di luoghi di aggregazione islamica che svolgerebbero solo in minima parte funzioni religiosa ha peraltro suggerito l'esigenza di incisive azioni di controllo delle molteplici realtà islamiche presenti sul territorio nazionale, finalizzate a scongiurare il rischio di possibili attività illecite.
Le situazioni di potenziale pericolo per la sicurezza pubblica sono già all'attenzione del Ministero dell'interno, che in questi anni non ha mancato di adottare i necessari provvedimenti di espulsione per motivi di ordine e sicurezza nei confronti di soggetti presenti a diverso titolo nei luoghi di preghiera di Torino, Como, Varese, Trino Vercellese, Carmagnola e anche di Reggio Emilia.
Più in generale, il Ministero dell'interno svolge un costante monitoraggio su tutte le realtà religiose, non solo su quella islamica, nell'intento anche di verificare, nelle modalità di espressione del diritto alla libertà religiosa in forma individuale o associata, l'intendimento delle comunità di svilupparsi secondo principi democratici e di integrarsi nel tessuto sociale, pur mantenendo la propria identità religiosa.
A tale proposito si ritiene che, come dichiarato dal Ministro Amato, una eventuale chiusura delle cosiddette moschee, o anche - aggiungo io - impedire la costruzione di nuovi edifici di culto, non farebbe altro che creare le premesse per accentuare un'ulteriore radicalizzazione degli islamici, in quanto negare ad una minoranza, ad una realtà i propri luoghi di culto significa negarle il proprio diritto di esistere, e quindi spingerla alla ricerca di una esasperata identità alternativa; né, d'altra parte (questo mi sembra un punto importante per rispondere a ciò che lei chiedeva), la deriva delittuosa di una minoranza può giustificare la compressionePag. 104della libertà di culto o dei diritti di una maggioranza di cittadini islamici che vivono la loro identità culturale nel rispetto delle leggi e del Paese che li ospita.
Lei sa che il Ministero dell'interno ha redatto, proprio attraverso un lavoro di confronto con comunità di immigrati, con comunità con minoranze religiose e con rappresentanti della comunità islamica, una carta dei valori.... onorevole Alessandri, gliela richiamo ogni volta perché lei mi presenta sempre interpellanze sulla stessa materia...scusi, signor Presidente, l'onorevole Alessandri stava sorridendo: spero che nel frattempo l'abbia letta. Tale carta esprime e riconosce, alla luce della nostra Costituzione, valori ma anche regole e comportamenti che credo siano la conferma del fatto che c'è una parte di quel mondo che è effettivamente interessata a rispettare le leggi del Paese in cui vive.
Ciò non toglie, ovviamente, che laddove - come è il caso dell'indagine di Milano - emergano elementi di rilievo per la sicurezza pubblica, vengano azionate tutte le verifiche e gli approfondimenti necessari a fini di prevenzione e di tutela della legalità. Su questo voglio dire - e l'indagine di Milano lo conferma - che più in generale le forze dell'ordine svolgono una costante attività di prevenzione verso tutti i luoghi di aggregazione delle comunità musulmane, quali i call center, gli internet point, i money transfer ed altri, in cui è possibile ipotizzare l'eventuale presenza di stranieri gravitanti nell'area dell'integralismo islamico.
PRESIDENTE. L'onorevole Alessandri ha facoltà di replicare.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, avendo il sottosegretario detto di non essere d'accordo con me sulla richiesta non posso essere soddisfatto della risposta. Vorrei svolgere, però, alcune brevi considerazioni, in modo molto pacato.
Ritengo che il vero problema sia quello di partire sempre dal presupposto che vi sia una maggioranza degli islamici che rispettano la nostra cultura e la nostra religione a casa nostra, e che quella dei cosiddetti terroristi, fondamentalisti, criminali, delittuosi - come li ha chiamati - sia invece sempre una minoranza trascurabile. Credo che questo sia un grande errore che stiamo commettendo noi occidentali - in particolare noi italiani - nel nostro approccio all'Islam.
Secondo alcuni sondaggi, compiuti a Londra all'indomani degli attentati nella metropolitana, ma i cui risultati possono riscontrarsi anche nei Paesi islamici, solo che si vada a svolgere un'indagine, come qualcuno ha anche fatto, presumibilmente quelli che dicono che per combattere e prevaricare l'infedele - giacché questo prevede il Corano - bisogna utilizzare la forza (e, quindi, le bombe, il terrorismo, l'omicidio, i kalashnikov) rappresentano il 5-10 per cento.
Il problema vero è che se voi andate a chiedere a quattr'occhi e senza telecamere al restante 90-95 per cento se Bin Laden è un criminale, risponderanno di reputare Bin Laden un buon musulmano che attua ciò che il Corano prevede, che è poi lo scopo fondamentale di ogni buon musulmano. Ma il Corano prevede anche di prevaricare sugli occidentali usando il ventre delle loro mogli, governando la casa d'altri, occupando un ruolo politico, diventando maggioranza e facendo diventare il Paese in cui si recano un Paese di matrice islamica. Ciò è quanto avvenuto in altri Paesi, e il nostro non sarebbe certo il primo: occorrono parecchi anni, ma questo è lo scopo fondamentale dell'Islam.
Se non partiamo da tale considerazione e dal fatto che quel 90-95 per cento non considera criminali quel 5-10 per cento che usa la violenza, non capiamo con che cosa abbiamo a che fare e rischiamo di fargli credere, come spesso mi sono sentito dire da alcuni loro rappresentanti, che tanto hanno già vinto, perché noi siamo gente che sta abbassando le braghe, camminando a quattro zampe e che non è più in grado di difendere le proprie prerogative, la propria religione, storia e cultura. Ciò che ci dovrebbe unire ci sta, invece, dividendo. Su questioni riconducibili alPag. 105buonismo politico non stiamo cercando di porci nei loro confronti come coloro che chiedono a chi entra di rispettare alcune regole. Dico ciò perché basterebbe andare nei Paesi islamici (chi ci è andato è tornato indietro di solito abbastanza allucinato, ma qualcosa ha compreso ed ha cominciato ad indagare).
L'Egitto è, in assoluto, il più moderato dei Paesi islamici. Come è noto, i copti sono i pochi cristiani nati in Egitto: essi vengono marchiati all'età di cinque anni con la croce copta, non possono rivestire uffici pubblici, non hanno chiese perché non gli è concesso di costruirle se non a dieci chilometri da una moschea Il Cairo è piena di moschee, mentre i copti devono andare a pregare da soli in mezzo al deserto. E questo è il Paese più moderato dell'Islam! Vi sono Paesi dove ancora oggi i cristiani vengono impiccati e fucilati in piazza solo perché hanno avuto il coraggio di girare con un crocifisso al collo, e trattati veramente peggio degli schiavi.
Queste persone a dodici anni imparano tali precetti all'interno delle scuole coraniche, e a venti vengono a casa nostra: si tratta delle stesse persone. Credo che se non comprendiamo tale rischio enorme ed incredibile, allora non capiremo con chi abbiamo a che fare. L'integrazione si può realizzare, ma dobbiamo cominciare a dire che chi entra a casa nostra deve rispettare determinate regole. Non accetto e non accetterò mai che una ragazzina a dodici anni venga infibulata; eppure ciò avviene a casa nostra - non chiudiamo gli occhi - perché il loro precetto religioso prevede che la bambina è una donna e come tale non può provare piacere nella vita, ma deve essere menomata con la mutilazione del sesso (proprio come un oggetto a disposizione dell'uomo).
Siamo disposti a tollerare ciò? Sono persone che credono in un'altra religione che vengono a casa nostra. Integrare vuol dire che, se le nostre regole non lo prevedono, il musulmano che arriva da noi non si comporta più così. Purtroppo, se non chiediamo il rispetto delle regole, faranno ciò che vogliono.
Dobbiamo chiedere loro di non odiare gli occidentali e rinnegare tutto ciò che hanno imparato da giovani, dato che, purtroppo, quando giungono in Italia hanno già la testa imbottita di odio nei nostri confronti. Mi è personalmente accaduto di incontrare due di loro che parlavano contro di noi, sul modo con cui ucciderci, e che un giorno avrebbero comunque vinto loro. È sufficiente che qualcuno traduca le loro conversazioni riservate. Inoltre, hanno ammesso nel Corano una «medaglietta», lo affermavo prima, che consiste nel mentirci. Mentire all'infedele è una sorta di medaglietta che possono appuntarsi al petto e questo fatto è richiamato anche dalle stesse intercettazioni di Reggio Emilia, in cui dicevano «Tanto noi dobbiamo mentire a questi cani. Tagliatevi la barba, fingete di essere commessi viaggiatori, tanto loro credono a tutto».
Si tratta di gente la cui pericolosità deriva dal loro fondamento religioso. Da questo punto di vista vi è una distanza abissale tra noi e loro e ci troviamo, purtroppo, nella situazione più debole. Di questo sono coscienti.
Credo che un Paese serio dovrebbe stabilire le regole che, a casa propria, devono rispettare. Ad esempio, la poligamia non è ammessa, ma ve ne sono altre non compatibili con il loro credo religioso. Un Paese serio dovrebbe stabilire che la scelta spetta a loro e se vogliono venire in Italia devono adeguarsi alle nostre regole e non viceversa, altrimenti ci troveremo in una situazione a rischio.
Voi che amministrate avete questo dovere, cominciando dal sindaco di Reggio Emilia, passando per gli amministratori regionali e concludendo con il Governo nazionale. È probabile che fra cinque o dieci anni dovrete prendere atto di aver sbagliato tutto, che vi hanno messo i piedi in testa e vi faccio presente che la gente non è più così ignorante in materia, perché comincia a percepire e capire. Dico questo perché la Lega, dieci anni fa, sosteneva argomenti simili in ordine ai nomadi e ai rumeni e questi fatti si sono puntualmente realizzati. Però, abbiamoPag. 106sprecato dieci anni. Avevamo sostenuto delle tesi in ordine al problema dell'emigrazione in generale e abbiamo perso dieci anni.
Vorrei che domattina, e non fra dieci anni, il Governo, che ha una grande responsabilità nei confronti dei cittadini, non debba prendere atto - e magari nei prossimi mesi ne arrestiamo altri venti se la polizia sarà in grado - dello scoppio di una bomba islamica e a quel punto cosa diciamo alla gente? Non ce ne eravamo avveduti, non avevamo compreso l'entità del pericolo, non avevamo pensato che nelle moschee forse organizzavano queste cose, o che se ne parlava, o che le stavamo concretamente realizzando. Invece lo sappiamo. È sufficiente leggere i verbali degli arresti compiuti in Italia nell'ultimo anno e mezzo.
Purtroppo, gli islamici sono presenti e sono supportati dall'altro 90-95 per cento e un «fondo» di Magdi Allam in ordine alla situazione di Reggio Emilia affermava, due o tre anni fa, che in città, il venerdì sera, a causa della mancanza di un controllo vero e serio, all'interno della moschea si inneggiava a Bin Laden.
Queste situazioni vanno percepite, non si possono leggere sul Corriere della Sera e, una volta chiuso il quotidiano, essere dimenticate. Sono fatti gravissimi.
È scoppiato il «pasticcio» con i rumeni perché è avvenuto un omicidio; con gli albanesi è successo lo stesso perché erano avvenuti altri decessi. Aspettiamo che vi siano i morti anche con l'Islam? Vorrei vedere il Governo che, a fronte di un vero pericolo, per tutelare l'incolumità e la sicurezza dei propri concittadini, decide prontamente di intervenire ed in tal modo non si tratta più di un nostro problema, ma degli islamici. Infatti, questi si dimostrano, allorché partecipano alle trasmissioni televisive, bravi, belli, buoni ed integrati; ebbene, siano essi a permettere l'arresto dei loro connazionali che delinquono.
Purtroppo, sono un facile profeta e vedrà che non sbaglio. Infatti, ci troveremo di fronte ad episodi delittuosi dei quali loro non sapevano né avevano visto niente e tutto procederà come se non fosse avvenuto nulla.
Credo che se questa situazione si verificherà, essa costituirà la grande sconfitta della politica e, in particolare, del centrosinistra che ha delle grandi colpe e anche del disegno di legge Amato-Ferrero sull'immigrazione, stando ai messaggi che vengono da tutto il mondo (e loro sono informati giornalmente, tramite Internet, su tutto ciò che viene promesso). Addirittura giungere in Italia, senza cittadinanza, e usare il loro voto in cambio di prebende (è questa la voce che gira nelle loro comunità), credo che costituisca un messaggio molto negativo di cui qualcuno dovrebbe assumersi, prima o poi, la responsabilità. Ma soprattutto le frange estremiste dell'Islam sanno che qui, da noi, troveranno sempre terreno fertile, perché nessuno ha il coraggio, in questo momento e con l'attuale Governo, di intervenire prontamente.
Vi dico solo questo: fuori la gente si aspetta il vostro tempestivo intervento. Di questo ve ne dovrete rendere conto. A me rimane il dispiacere come cittadino reggiano, togliendomi i panni di parlamentare, di essere qui, a sostenere argomenti talmente lampanti, da metterci tutti d'accordo nell'intervenire subito, e sentirmi replicare che la moschea è un luogo di integrazione.
Fino ad ora, i terroristi sono stati tutti arrestati dentro le moschee.
(Sfruttamento delle cave di marmo di Covelano e relativi problemi legati al trasporto dei blocchi di marmo a valle attraverso l'utilizzo di una strada forestale - n. 2-00836)
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00836, concernente lo sfruttamento delle cave di marmo di Covelano e relativi problemi legati al trasporto dei blocchi di marmo a valle attraverso l'utilizzo di una strada forestale (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti - sezione 5).
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MARCO BOATO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, sottosegretario Gianni Piatti, colleghi deputati, è la seconda volta nel giro di pochi mesi che abbiamo occasione su nostra iniziativa di affrontare in quest'Aula, in sede di sindacato ispettivo, un problema delicato, che riguarda la piena tutela sia dell'ambiente, che della salute dei cittadini, in un territorio rientrante nella competenza del parco nazionale dello Stelvio nel versante della provincia autonoma di Bolzano, l'Alto Adige-Südtirol.
La collega Francescato ed io avevamo presentato la prima interpellanza il 13 luglio 2006, segnalando tempestivamente tale problema concernente l'utilizzo da parte di una cava di marmo, sia pure con l'autorizzazione provvisoria, di una strada forestale anziché di altri strumenti alternativi per il trasporto a valle del marmo. Si tratta di una cava sita nel comune di Silandro, la cosiddetta cava di Covelano.
In quell'occasione abbiamo avuto una risposta attenta e puntuale, ma ancora interlocutoria da parte del Governo, anche in quella circostanza - lo ringrazio - rappresentato dal sottosegretario Gianni Piatti. Oggi, invece, ci troviamo in sede di interpellanza urgente: la prima interpellanza, presentata il 13 luglio 2006, è stata discussa troppi mesi dopo, il 13 febbraio 2007.
In questo caso abbiamo presentato un'interpellanza urgente, questa volta sottoscritta anche da altri trentasei deputati appartenenti a quasi tutti i gruppi del centrosinistra (deputate e colleghi che ringrazio, oltre ai colleghi Verdi che l'hanno tutti sottoscritta), perché le problematiche discusse il 13 febbraio di quest'anno stanno ovviamente maturando e potrebbero maturare in senso positivo o negativo, a seconda delle scelte che verranno fatte sia dall'autorità preposta al parco nazionale dello Stelvio e, per quanto riguarda le proprie competenze, dalla provincia autonoma di Bolzano e dai comuni direttamente interessati (non soltanto il comune di Silandro, ma anche il comune di Lasa).
Come si capisce dai riferimenti istituzionali che ho svolto, si tratta di una materia delicata e complessa che chiama in causa sia la responsabilità, per quanto di competenza, del Governo nazionale, in particolare del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, oggi qui rappresentato, sia le responsabilità dell'autonomia provinciale sudtirolese e degli enti locali. Di ciò siamo pienamente consapevoli, tanto che in questi giorni anche in consiglio provinciale di Bolzano, da parte del gruppo consiliare trilingue Verdi-Grüne-Vërc, rappresentato dai consiglieri Cristina Kury, Hans Heiss e Riccardo Dello Sbarba (quest'ultimo è anche presidente del consiglio provinciale di Bolzano), sono state presentate due distinte interrogazioni per interpellare la giunta provinciale di Bolzano per quanto di propria competenza.
Il fatto che noi abbiamo deciso di riproporre - infatti, vi sono elementi di novità, che poniamo al Governo per quanto di sua competenza - la questione della tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini nel territorio del parco nazionale dello Stelvio, che insiste in particolare in questi comuni della Val Venosta, ha già avuto in questi giorni una notevole eco giornalistica e mediatica, che dà il segno di quanto l'opinione pubblica locale di qualunque orientamento politico (l'ambiente e la tutela della salute dei cittadini sono beni che riguardano tutti) sia interessata a tale problema. Sono usciti articoli sul quotidiano di lingua tedesca Tageszeitung, sull'altro quotidiano in lingua tedesca Dolomiten, sul quotidiano in lingua italiana Alto Adige. Ne ha parlato in questi giorni anche l'edizione in lingua tedesca della Rai, la RAI-Sender Bozen dell'Alto Adige, nella rubrica Mittagsmagazin.
Ne ha parlato qualche giorno fa il periodico Vinschger Wind. Cito i casi che conosco per far capire al rappresentante del Governo quale eco, non a livello nazionale ma a livello locale, abbia questa vicenda che oggi discutiamo in sede parlamentare.
Debbo anche dare atto del lavoro di sensibilizzazione che su questo tema ha fatto e sta facendo il professore FrancoPag. 108Bernard, che è il portavoce provinciale dei Verdi-Grüne-Vërc dell'Alto Adige Südtirol.
Ci sono anche iniziative da parte della società civile (mi riferisco in particolare alla lettera aperta rivolta in questi giorni al presidente del parco nazionale dello Stelvio, dottor Ferruccio Tomasi e al direttore del parco, dottor Wolfgang Platter) ai quali è stata indirizzata su questa tematica una lettera aperta da parte dell'associazione Amici della funivia del piano inclinato, che ha un nome più complesso in tedesco, Freunde der Schrägbahn, il cui presidente è Peter Unterholzner.
Ho voluto citare questi aspetti proprio per far capire l'importanza, l'attenzione e la sensibilità che c'è sulla questione, sulla quale si era diffuso ampiamente, devo dire, il 13 febbraio scorso il sottosegretario Gianni Piatti, a nome del Governo.
Abbiamo voluto, in questa nuova interpellanza, anche per correttezza nei confronti del Governo, citare largamente la risposta che avevamo ottenuto all'epoca. Era una risposta interlocutoria, che si concludeva per noi in modo significativamente positivo. Il sottosegretario Piatti diceva il 13 febbraio scorso: «Anche in sintonia con le sollecitazioni degli interroganti, sarà cura del Ministero che rappresento seguire attentamente la vicenda, anche per le implicazioni e le responsabilità nazionali relative al parco nazionale dello Stelvio, in modo che, nelle scelte da operare da parte dei soggetti competenti, venga privilegiata la strada dell'utilizzo del trasporto su fune, anziché su gomma, in modo da raggiungere una maggiore salvaguardia dell'ambiente».
Noi condividevamo queste conclusioni ed avevo, nella mia replica già allora, sollecitato il Governo ad essere consapevole, per quanto di propria competenza, dei gravi problemi ambientali ma anche di inquinamento, sia in termini di polvere, sia in termini di inquinamento acustico, che si stavano ponendo con questa autorizzazione provvisoria al transito su strada forestale del trasporto del marmo, anziché dell'utilizzo degli impianti funiviari e della ferrovia a scartamento ridotto.
Per questo avevo auspicato nella mia risposta di allora che, né il consorzio del parco nazionale dello Stelvio, né la provincia autonoma di Bolzano, avrebbero dovuto dare alcuna proroga all'utilizzazione di una strada all'interno del parco dello Stelvio ed avevo detto che noi non chiediamo di chiudere o sopprimere questa attività imprenditoriale, ma di renderla compatibile con il rispetto dell'ambiente e della salute dei cittadini tramite impianti a fune, o con quelli già esistenti e potenziati, oppure con uno nuovo utilizzabile da tutte e tre le cave interessate.
Le cave interessate, infatti, sono tre; erano già citate nell'interpellanza di allora, in quella di oggi e anche nella risposta che il rappresentante del Governo ci aveva dato. La prima è la cava Acqua bianca, gestita nel comune di Lasa dalla Lasa marmo, la quale già utilizza il trasporto su teleferica e su ferrovia a scartamento ridotto (a piano inclinato). La cava Jennwand della Lechner Marmor non è attiva, poiché non è in grado di utilizzare questi strumenti di trasporto. La terza cava è quella di Covelano, nel comune di Silandro, ed è stata riaperta nel 2005 dalla Tiroler Marmorwerke, azienda che aveva ottenuto, a mio parere incautamente, l'autorizzazione, seppure provvisoria, per tre anni ad utilizzare una strada forestale per un trasporto che, invece, si sarebbe dovuto fare attraverso gli strumenti che ho poco fa citato.
Tra le novità verificatesi successivamente, ve n'è una, a mio giudizio molto positiva, relativa al fatto che, il 17 maggio 2007, l'amministrazione separata dei beni e usi civici, in sigla Buc Lasa/centro, ha adottato una delibera preliminare (n. 25 del 2007) avente ad oggetto la stipulazione del contratto per l'acquisto della struttura per il trasporto del marmo della Lasa marmo Spa, in modo che, quando sarà realizzato l'acquisto di tale struttura - mi auguro che ciò avvenga tra pochi giorni - renda possibile l'utilizzo del piano inclinato anche da parte di altri operatori economici del settore marmifero a causa della diretta disponibilità della struttura che, dopo l'acquisto, non sarebbe più proprietàPag. 109della Lasa marmo Spa, ma diventerebbe proprietà dell'amministrazione separata dei beni e usi civici di Lasa/centro.
Il 31 maggio 2007 vi è stata una riunione, credo tra il presidente del Parco nazionale, il presidente della provincia autonoma di Bolzano Luis Durnwalder e i rappresentanti delle tre ditte che ho citato - Tiroler Marmor, Lasa marmo e Lechner - per individuare la possibilità di utilizzare la tradizionale struttura funicolare da parte di tutte e tre le aziende e non soltanto da parte di una, come accade attualmente. Di questo incontro ha riferito anche la rivista Der Vinschger che ha riportato anche le proposte del presidente Durnwalder alle imprese che ho menzionato.
Pochi giorni dopo, il 14 giugno 2007, vi è stato anche un sopralluogo promosso dal titolare della ditta Lechner con vari soggetti, tecnici e amministratori, per verificare la possibilità di modernizzare la tradizionale struttura a fune. Il 26 giugno 2007, nuovamente l'amministrazione separata dei beni e usi civici, Buc Lasa/centro, ha deliberato (delibera n. 35 del 2007) la proroga del contratto di affitto per la fine dell'acquisto della struttura per il trasporto del marmo della Lasa marmo stessa, in modo da rendere possibile l'accesso all'utilizzo della struttura anche alle altre due ditte ricordate, la Tiroler Marmor e la Lechner.
Tuttavia, nel frattempo, il 27 luglio del 2007 - queste sono le novità che sto indicando dopo la discussione che abbiamo svolto a febbraio - la Tiroler Marmor è stata acquistata dall'ingegner Burkhard Polh di Castelbello (Kastelbell in tedesco), che è subentrato ai precedenti proprietari della Tiroler Marmor diventandone il proprietario e cambiandone la denominazione in Göflaner Marmor gmbH. Questo passaggio di proprietà ha portato anche a qualche forma di pressione e di incentivazione, non volta a trovare la soluzione caldeggiata, anche in termini di tutela ambientale, di utilizzazione della struttura funicolare da parte di tutte le tre aziende, tra le quali, la terza, nel frattempo, come ho già ricordato, ha cambiato denominazione e proprietario, ma è quella che ha ottenuto l'autorizzazione provvisoria al transito attraverso la strada forestale. Sembra che sia in atto una forte spinta per un'ulteriore proroga, da noi considerata assolutamente inaccettabile, del trasporto su gomma attraverso la strada forestale, con tutti gli impatti ambientali e sulla salute dei cittadini che ho già citato.
Il 25 ottobre (quindi pochi giorni fa), il quotidiano Dolomiten ha riferito - non so se la notizia abbia fondamento o meno, ma mi auguro che non ce l'abbia - che il presidente del parco nazionale dello Stelvio, Ferruccio Tomasi, avrebbe dichiarato di essere disposto a prorogare i termini del trasporto del marmo su strada e di averne anche parlato col sindaco di Silandro, Johann Wallnöfer.
Crediamo che non sia assolutamente necessario adottare ulteriori proroghe perché, proprio per le deliberazioni assunte dall'amministrazione separata della Buc Lasa/centro, che ho più volte citato, e che possono essere realizzate nel giro di pochi giorni, sarà possibile utilizzare la struttura dell'impianto a fune con gli altri elementi connessi, a disposizione delle tre aziende menzionate, compresa la nuova Göflaner Marmor gmbH, succeduta alla Tiroler Marmor.
Dunque, la ragione per cui interpelliamo il Governo è perché chiediamo, rispettosamente ma fermissimamente, che lo stesso, per quanto di sua competenza - visto che è in ballo il parco nazionale dello Stelvio - si adoperi affinché, come già era stato prospettato il 13 febbraio, sia realizzata non un'ipotesi di proroga dell'autorizzazione provvisoria ad uso della strada forestale, ma, invece, la soluzione dell'impianto a fune da utilizzare da parte di tutte le tre aziende interessate.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, Gianni Piatti, ha facoltà di rispondere.
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GIANNI PIATTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, in merito a quanto indicato nell'interpellanza urgente illustrata dall'onorevole Boato - che ringrazio per la segnalazione - e concernente l'uso della strada forestale di Monte Tramontana, comune di Silandro, in provincia di Bolzano, si rappresenta quanto segue.
La Direzione per la protezione della natura del Ministero che rappresento, ha confermato quanto riferito in sede di risposta ad altra interpellanza resa in data 13 febbraio 2007, ove si precisava che le competenze autorizzatorie sono a carico della provincia autonoma di Bolzano, dei comuni di Lasa e Silandro, del parco nazionale dello Stelvio e veniva assicurata l'attenzione dell'amministrazione in modo che le scelte dei soggetti competenti potessero indirizzarsi verso l'utilizzo del trasporto dei blocchi di marmo su fune anziché su gomma.
Detto ciò, risulta che in data 31 maggio 2007 il presidente del parco nazionale dello Stelvio ha convocato presso la sede della presidenza della provincia Bolzano - come ricordava anche l'onorevole Boato - i rappresentanti legali delle tre imprese che gestiscono e lavorano le cave di marmo bianco nei comuni di Lasa e Silandro, attingendo ai giacimenti marmiferi della Croda Jenn (Lasa Marmi per la Cava Acqua Bianca, Tiroler Marmorwerke per la Cava di Covelano e Lechner Marmor per la Cava Jenn), i sindaci dei comuni di Lasa e Silandro, i presidenti delle amministrazioni Beni e usi civici di Lasa e Covelano, nonchè il presidente della provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige, Luis Durnwalder.
L'obiettivo principale della riunione era quello di fissare una tempistica e un piano di finanziamento per il risanamento della struttura esistente per il trasporto dei blocchi di marmo di tutte le cave in uso, ossia la ristrutturazione della ferrovia esistente a monte e a valle del piano inclinato, come strutture di trasporto ecocompatibili da preferire a qualsiasi altro metodo di trasporto, come quello su gomma.
La riunione era stata convocata anche per fare presente l'imminente scadenza dell'autorizzazione provvisoria e limitata nel tempo (tre anni con scadenza l'8 marzo 2008) all'uso della strada forestale esistente sul Monte Tramontana, in comune di Silandro, per l'asporto temporaneo dei blocchi di marmo dalla cava di Covelano.
A conclusione della citata riunione, i sindaci di Lasa e Silandro ed i presidenti delle amministrazioni Beni e usi civici di Lasa e Covelano si erano impegnati a consegnare, entro il termine di un mese dalla data della riunione, un progetto di risanamento e sull'uso comune della struttura ferroviaria esistente (comprendente anche il piano inclinato) per il trasporto dei blocchi di marmo di tutte e tre le cave e presentando, oltre ad un preciso cronoprogramma sulla progettazione, la richiesta di istruttoria per il rilascio di tutti i pareri ed autorizzazioni necessari, con l'indicazione dei tempi di esecuzione dei lavori di risanamento e di ristrutturazione di detto impianto ferroviario, tuttora funzionante ed in uso. Inoltre, venivano richieste precise indicazioni sui costi ed il finanziamento dell'intervento.
Trascorso il predetto termine senza ricevere alcuna risposta, con nota del 6 settembre 2007 n. 3809, il presidente del parco sollecitava l'invio delle informazioni concordate.
Hanno provveduto a dare risposta il sindaco di Silandro ed il presidente dell'amministrazione Beni e usi civici di Covelano, con la quale segnalavano i ritardi nella trattativa causati, a loro parere, dal comune di Lasa e dall'amministrazioni Beni e usi civici di Lasa e chiedevano una proroga di tre anni per l'uso della strada forestale di Monte Tramontana per il trasporto dei blocchi di marmo dalla Cava di Covelano situata in comune di Silandro.
Il presidente del parco al momento non ha concesso la proroga richiesta e ha confermato che il consorzio del parco nazionale dello Stelvio privilegia il risanamento del sistema ferroviario esistente rispetto a soluzioni di trasporto su gomma. Questo perché il sistema ferroviarioPag. 111esistente è maggiormente rispettoso di un ambiente sensibile, del paesaggio ricompreso nel perimetro del parco nazionale dello Stelvio e perché evita passaggi attraverso paesi abitati.
Riguardo alla prospettata proroga dell'autorizzazione per l'uso provvisorio della strada forestale di Covelano, il presidente del Parco ha rappresentato che la relativa citazione sul quotidiano Dolomiten del 25 ottobre è inesatta e incompleta, essendo vero, invece, che il presidente ha più volte dichiarato, anche nei confronti dei diretti interessati in incontri ufficiali, di essere disposto a prorogare l'uso della strada solo sulla scorta di un progetto di risanamento della struttura ferroviaria avviato in istruttoria e corredato da un cronoprogramma e da un piano di finanziamento.
Tale amministrazione, in sintonia con il presidente del Parco, anche in considerazione della preoccupazione manifestata dagli onorevoli interpellanti - che ringraziamo per la nuova e puntuale segnalazione - condivide la possibilità di proroga unicamente nel caso si giungesse alla definizione del progetto di risanamento della linea di trasporto su fune entro il marzo 2008 (termine di scadenza dell'autorizzazione già rilasciata) e, comunque, solo e unicamente per consentirne l'ultimazione. In tal senso, il Ministero si attiverà e vigilerà con attenzione, producendo le iniziative conseguenti.
PRESIDENTE. L'onorevole Boato ha facoltà di replicare.
MARCO BOATO. Signor Presidente, rinnovo il ringraziamento al sottosegretario Piatti e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - che lo stesso sottosegretario rappresenta - per la risposta fornita, che conferma, da una parte, le nostre preoccupazioni e, dall'altra, che al tempo stesso vi è la possibilità di praticare, in tempi rapidissimi, la soluzione alternativa all'uso della strada forestale per il trasporto dei blocchi di marmo dalla cava di Covelano. La risposta medesima fa riferimento, direttamente e indirettamente, alla responsabilità - per quanto appunto di competenza del Parco nazionale dello Stelvio - del suo presidente e del suo direttore, nel senso che essi avrebbero privilegiato il risanamento del sistema ferroviario e funiviario del piano inclinato esistente - che è integrato e complesso - rispetto a qualunque altra soluzione di trasporto su gomma.
Devo anche segnalare, in sede di replica, che la risposta puntuale fornita dal sottosegretario conferma la riunione del 31 maggio scorso tra il vertice del Parco dello Stelvio, il presidente della provincia di Bolzano, le diverse autorità istituzionali e le varie imprese coinvolte, che ho già più volte citato. Mi fa molto piacere che si dichiari pubblicamente e solennemente che l'obiettivo principale di quella riunione era quello di fissare una tempistica e un piano di finanziamento per il risanamento della struttura esistente per il trasporto dei blocchi di marmo di tutte le cave in uso, ossia per la ristrutturazione della ferrovia esistente a monte e a valle del piano inclinato (come strutture di trasporto ecocompatibili da preferire a qualsiasi altro mezzo di trasporto, come quello su gomma). Si tratta di finalità e di obiettivi che condividiamo pienamente: per tale motivo, però, riteniamo che non siano e non sarebbero in alcun modo accettabili ulteriori proroghe all'uso della strada nei confronti della cava di Covelano e del suo titolare, che, attualmente utilizza un'autorizzazione che scadrà, come mi sembra lei abbia detto, l'8 marzo 2008, ossia fra pochissimi mesi.
Mi resta qualche perplessità, non riferita al Governo, ma alla sua risposta, riguardante il fatto che gli impegni dovevano essere realizzati a un mese dalla data del 31 maggio (quindi il 30 giugno o il 1o luglio) e, invece, si è aspettato il 6 settembre per sollecitare l'invio delle informazioni concordate che non erano arrivate.
Ancora maggiore perplessità mi suscita il fatto che, secondo quanto il Governo ha correttamente riferito in modo condizionale, secondo il sindaco di Silandro e il presidente dell'amministrazione Beni usi civici di Covelano, la responsabilità starebbe nei ritardi causati, a loro parere -Pag. 112come lei ha giustamente affermato - dal comune di Lasa e dall'amministrazione Beni usi civici di Lasa.
Il comune di Silandro e l'amministrazione Buc di Covelano avrebbero chiesto un'ulteriore proroga di tre anni: ciò sarebbe totalmente inaccettabile. Ho già citato - se il Governo lo ritiene posso fornirgliene una copia - le deliberazioni del comitato di amministrazione dell'amministrazione separata Buc Lasa/centro, quella del 17 maggio, e quella del 26 giugno 2007, che, nel giro di pochi giorni, potrebbero essere perfezionate con il contratto di acquisto degli impianti attualmente in proprietà della Lasa Marmo Spa. Sono deliberazioni che l'amministrazione Buc Lasa/centro ha adottato proprio per consentire l'utilizzo del piano inclinato anche ad altri operatori economici del settore marmifero, a causa della diretta disponibilità della struttura, che verrebbe assunta dalla Buc Lasa/centro.
In questo modo, ci sarebbe un impedimento alla manomissione della natura del territorio tramite vie di trasporto alternative per la salvaguardia dell'ambiente e ci sarebbe la garanzia del trasporto del marmo tramite il piano inclinato, nonché l'esclusione dell'utilizzo della strada da Lasa a Tarnello e viceversa, che è la strada di cui stiamo parlando.
Quindi, il comune, che sta chiedendo un'ulteriore proroga di tre anni, contesta all'amministrazione Beni usi civici di Lasa l'inadempienza, quando quest'ultima è l'unica che si è attivata per acquisire addirittura pubblicamente quell'impianto di trasporto a fune, in modo da renderlo disponibile a tutte le tre cave di marmo.
Siccome credo che dovessero passare quattro mesi dalle deliberazioni di maggio e giugno per completare il contratto di acquisto, considerato che i quattro mesi scadono fra pochi giorni, credo che sia assolutamente necessario che da parte sia del Parco nazionale dello Stelvio sia della provincia autonoma di Bolzano si vada a sostenere questa soluzione, che è la più logica e razionale, come lei, signor sottosegretario, ha del resto affermato.
Mi fa anche piacere che sia smentita come inesatta e incompleta la citazione del 25 ottobre del quotidiano Dolomiten, che avevo riportato qui in modo problematico, che avrebbe attribuito al presidente del Parco un'intenzione di proroga. Mi fa anche piacere ascoltare che il presidente del Parco sarebbe disposto a prorogare l'uso della strada solo sulla scorta di un progetto di risanamento della struttura ferroviaria, avviato in istruttoria e corredato da un cronoprogramma, ossia da una scansione temporale e da un piano di finanziamento.
Il fatto che il Ministero dell'ambiente, in sintonia con il presidente del Parco e in risposta alle nostre preoccupazioni, condivida la possibilità di proroga unicamente nel caso si giungesse alla definizione del progetto di risanamento della linea di trasporto su fune entro marzo 2008, cioè entro pochi mesi, corrispondente al termine di scadenza dell'autorizzazione provvisoria già rilasciata, e comunque solo e unicamente per consentirne l'ultimazione, ci conferma la giustezza delle preoccupazioni che abbiano manifestato - perché noi siamo per risolvere il problema e non per bloccare - e del percorso che noi e la stessa Buc Lasa/centro abbiamo indicato. Si tratta cioè di utilizzare l'impianto a fune esistente, riammodernato e potenziato, per metterlo a disposizione di tutte le tre aziende.
Bisogna assolutamente rispondere negativamente all'ingegnere Burkhard Pohl, rappresentante della nuova Göflaner Marmor, che è succeduta alla precedente Tiroler Marmor, che vorrebbe, invece, assieme al comune di Silandro, ulteriori tre anni di proroga per l'utilizzo della strada. Ciò sarebbe totalmente inaccettabile.
Ci conforta ciò che il Governo ha affermato e ci auguriamo, come del resto il sottosegretario Piatti ha correttamente assicurato, che esso svolga tutta la sua azione di persuasione e di corresponsabilità nei confronti del presidente del Parco nazionale dello Stelvio, affinché non si giunga in alcun modo a ulteriori proroghe di questo tipo, ma semmai a una proroga limitata di alcuni mesi, finalizzata esclusivamentePag. 113alla possibilità di utilizzo dell'impianto a fune, con gli aspetti connessi che abbiamo più volte citato, messo a disposizione di tutte le tre aziende interessate.
Rinnovo il ringraziamento al rappresentante del Governo e al Presidente, che sta presiedendo anche oggi fino a ora tarda, come nella notte scorsa.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Ruvolo n. 2-00840)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta del presentatore e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Ruvolo n. 2-00840, concernente problematiche inerenti al Centro Mediterraneo di attività di informazione e comunicazione ambientali, è rinviato ad altra seduta.
(Rinvio dell'interpellanza urgente Frigato n. 2-00806)
PRESIDENTE. Avverto che, su richiesta dei presentatori e con il consenso del Governo, lo svolgimento dell'interpellanza urgente Frigato n. 2-00806, concernente ipotesi di soppressione della fermata nelle stazioni di Rovigo e Ferrara, di alcuni treni Eurostar, è rinviato ad altra seduta.
(Iniziative per garantire il diritto all'assistenza sanitaria in Sicilia - n. 2-00828)
PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00828, concernente iniziative per garantire il diritto all'assistenza sanitaria in Sicilia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 6).
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, ci rivolgiamo con urgenza al Governo manifestando una notevole preoccupazione per quanto sta accadendo nel settore della sanità regionale siciliana.
È a tutti noto - innanzitutto al Governo, perché il tema è affrontato nel disegno di legge finanziaria per il 2008 in corso di approvazione da parte del Parlamento - che il bilancio della sanità regionale in Sicilia presenta un deficit spaventoso. Quest'ultimo è il prodotto di anni e anni di pessimo governo regionale, che ovviamente ha favorito sempre più una situazione di crisi, che oggi sembra mostrare segni assai preoccupanti, quasi di irreversibilità, se non si interviene immediatamente e con assoluta determinazione, e che ha comportato una sempre maggiore compressione dell'assistenza sanitaria per i siciliani.
Il Governo nazionale si è fatto carico di tale situazione, che non esito a definire una vera e propria emergenza - causata dal presidente della regione Cuffaro e dagli assessori regionali alla sanità che si sono succeduti negli ultimi anni - attraverso l'apertura di una linea di credito per colmare il deficit, imponendo però una condizione: l'adozione di un piano di rientro, di contenimento e di riqualificazione del servizio sanitario regionale.
Tale linea è stata apparentemente fatta propria dal Governo regionale fin dall'agosto scorso, cercando di adempiere a quella condizione e a quell'obbligo posto dal Governo nazionale, di contenere la spesa sanitaria. Personalmente, ritengo che tale contenimento debba essere declinato attraverso una razionalizzazione della spesa pubblica. Ma aggiungerei anche un altro elemento di qualificazione: una moralizzazione della spesa nella sanità regionale.
Ebbene, affermavo che tale linea è stata attuata solo apparentemente perché, in realtà, si sta andando in direzione assolutamente opposta, signor sottosegretario: piuttosto che ridurre sprechi e inefficienze, piuttosto che intervenire in quelle sacche di parassitismo e di clientelismo, si sta colpendo fino in fondo al cuore l'assistenza sanitaria per i siciliani.
Credo che sia già in atto - e che esploderà drammaticamente - un'emergenza sanità in Sicilia, perché questo presunto piano di contenimento e di qualificazione in realtà sta comprimendo semprePag. 114più l'assistenza sanitaria che i siciliani pagano una, anzi due volte, e che poi si vedono concretamente negata.
Noi prevediamo, infatti, che ciò esploderà con drammatica virulenza e coinvolgerà fino in fondo le strutture sanitarie pubbliche dell'isola con la chiusura di reparti considerati anche poli di eccellenza che servono interi bacini territoriali, con la riduzione forte, drastica dei posti letto, dei costi per beni e servizi, delle guardie mediche, con l'accorpamento e la chiusura di strutture ospedaliere. Vi sono inoltre da considerare le ulteriori ricadute che si avranno sulla gestione del personale, sulla sicurezza dei posti di lavoro e sulla somministrazione delle cure, delle terapie e dei farmaci per i pazienti che mostrano gravissime patologie.
Voglio indicare al Governo un caso emblematico ed eclatante già esploso, di cui ne è perfettamente a conoscenza l'intera opinione pubblica siciliana e, soprattutto, coloro che pagano sulla propria pelle il cosiddetto piano di contenimento e di qualificazione del sistema sanitario regionale. L'esempio che voglio richiamare riguarda l'azienda mista ospedaliero-universitaria del policlinico di Catania dove vi è una gestione intollerabile del personale con il 90 per cento del personale medico non universitario, signor sottosegretario, che è a contratto e, vede in questi giorni, nei prossimi mesi, scadere il proprio contratto.
Non stiamo parlando di semplici precari, impiegati di concetto che hanno pure una loro utilità e dignità, ma si tratta spesso di medici, di anestesisti, di personale ausiliario, ospedaliero e di infermieri. Vi è una situazione di precarietà che, davvero, va oltre ogni limite di sopportazione con una ricaduta evidente e pesante sulle prestazioni, sui servizi e sulle strutture.
Non mi trattengo ulteriormente nell'esposizione di ciò che è stato messo per iscritto nell'interpellanza ma questa gestione è davvero intollerabile ed è davvero inaccettabile che un Governo nazionale, la collettività nazionale che si fa carico giustamente di un'emergenza attinente ad un diritto importantissimo e insopprimibile come il diritto costituzionale alla salute venga poi così mortificata e vanificata.
Tengo a dichiarare in quest'Aula che, nonostante l'impegno della maggioranza e del Governo di coprire gli effetti e le conseguenze di anni e anni di pessima amministrazione, vi è una fortissima propaganda del governo regionale presso i malati, i cittadini e l'opinione pubblica volta a mistificare ed a far credere che i disagi, gli effetti negativi, i tagli dei posti letto, la soppressione di interi reparti, come quello di oncologia pediatrica, punto di eccellenza che serve tutto il bacino della Sicilia orientale sia frutto delle politiche economiche del Governo Prodi. Oltre al danno, le beffe; è insopportabile tutto ciò! Continuano invece sprechi, clientele e si mantengono strutture inutili a danno dei cittadini.
Dunque noi chiediamo che il Governo, che interviene distribuendo, poi, su tutta la popolazione nazionale un danno e un deficit economico prodotto da una classe di governo imbelle e inetta, almeno raggiunga l'obiettivo di garantire i livelli essenziali del diritto alla salute, che fortunatamente la nostra Costituzione riconosce e tutela.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del mare e del territorio, Gianni Piatti, ha facoltà di rispondere.
GIANNI PIATTI, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, sostituisco il senatore Gaglione, sottosegretario di Stato per la salute, per un impegno improvviso.
In risposta all'interpellanza urgente dell'onorevole Licandro va preliminarmente precisato che lo strumento dei piani di rientro è previsto dalla legge 30 dicembre 2004, n. 311 (la finanziaria per il 2005), qualora la regione interessata non abbia adottato, ai fini del rispetto dell'equilibrio economico, i provvedimenti necessari a ripianare il disavanzo di gestione o gli stessi siano risultati inadeguati. La regione deve pertanto procedere ad unaPag. 115verifica delle relative cause con l'elaborazione, inoltre, di un programma di riorganizzazione e di riqualificazione del proprio sistema sanitario di durata non superiore a tre anni.
I Ministri della salute e dell'economia e delle finanze e la singola regione provvedono, quindi, alla stipula di un accordo che definisce gli interventi necessari al raggiungimento dell'equilibrio economico, garantendo comunque i livelli essenziali di assistenza.
La legge finanziaria per il 2007 ha integrato la normativa sopra citata, istituendo per il triennio 2007-2009 un Fondo transitorio, di mille milioni di euro per l'anno 2007, di ottocentocinquanta milioni di euro per l'anno 2008, e di settecento milioni di euro per l'anno 2009, la cui ripartizione tra le regioni interessate da elevati disavanzi di gestione è disposta con decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'economia delle finanze, e d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
L'accesso alle risorse del Fondo è subordinato alla sottoscrizione di un accordo, ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, comprensivo di un piano di rientro che deve contenere sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, per renderlo conforme a quello desumibile dal vigente piano sanitario nazionale e dal vigente decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri di determinazione degli stessi, sia le misure necessarie all'azzeramento del disavanzo entro il 2010, sia gli obblighi e le procedure previste dall'articolo 8 dell'intesa 23 marzo 2005, sancita dalla citata Conferenza.
Tale accesso presuppone che sia scattata formalmente in modo automatico o che sia stato attivato l'innalzamento ai livelli massimi dell'addizionale regionale per l'IRPEF o dell'aliquota dell'IRAP. Con riferimento alle paventate negative ricadute in termini di prestazioni sanitarie nei confronti dei cittadini siciliani conseguenti all'adozione del piano di rientro, di cui all'accordo siglato il 31 luglio 2007 tra le amministrazioni citate e la regione Sicilia, il Ministero della salute auspica che, come previsto dalla vigente legge finanziaria, l'attività di affiancamento della regione possa consentire un efficace monitoraggio del piano e dei relativi provvedimenti regionali di attuazione.
Al riguardo si precisa che ad oggi sono all'esame delle competenti amministrazioni gli interventi attuativi del piano ritenuti prioritari, presentati dalla regione il 20 settembre ultimo scorso. Pertanto, non si può che rinviare alla conclusione di questa prima verifica la valutazione dell'efficacia e della congruità dei suddetti provvedimenti in relazione agli obiettivi definiti dal piano di rientro. Relativamente in particolare alla riduzione dei posti letto, si evidenzia che la regione Sicilia si è impegnata per l'anno 2007 a riallineare il numero dei posti letto per acuti, sia nelle strutture pubbliche sia in quelle private preaccreditate, in conformità a quanto definito dal precedente decreto assessorile n. 810 del 2003.
Peraltro va considerato che da questa operazione di riallineamento sono state escluse le aziende universitarie-policlinici.
In merito a quanto rappresentato sulla situazione gestionale e sanitaria dell'azienda ospedaliera universitaria Gaspare Rodolico di Catania, si deve ricordare in questa sede l'esclusiva competenza a riguardo degli organi aziendali e del servizio sanitario regionale. In proposito, la regione ha comunicato che, relativamente al reparto di oncologia pediatrica, con deliberazione n. 510 del 23 ottobre ultimo scorso, il direttore generale dell'azienda ha indetto una selezione per il reclutamento delle figure professionali indicate nell'atto parlamentare.
Inoltre, l'assessorato ha precisato di non essere a conoscenza di circolari emanate dalla direzione generale universitaria finalizzate alla riduzione degli interventi chirurgici da effettuare con cadenza settimanale, nonché alla riduzione delle forniture di protesi, pace maker e stent.
Peraltro a seguito di questa interpellanza, l'assessorato ha confermato di avere inoltrato una richiesta di elementi di conoscenza al suddetto direttore generalePag. 116dell'azienda e il Ministero della salute si riserva di acquisire, appena possibile, quanto richiesto all'organo di vertice aziendale.
PRESIDENTE. L'onorevole Licandro ha facoltà di replicare.
ORAZIO ANTONIO LICANDRO. Signor Presidente, dichiaro la mia parziale soddisfazione. Apprezzo la buona volontà del Governo, ma ho il timore che il Governo nazionale non abbia la reale percezione della gravità della situazione che oggi si sta determinando in Sicilia. Ritengo che abbia in qualche misura sottovalutato la portata dell'interpellanza.
Signor sottosegretario, capisco che lei sostituisce il sottosegretario competente, ma basterebbe leggere le relazioni della Corte dei conti che definiscono - le ultime in maniera univoca - la sanità regionale come terreno di scorribanda della politica, di sprechi, di inefficienze, di clientelismo, lottizzazioni selvagge che non hanno nulla a che vedere con il merito e, semmai, con talune, precise e ben individuate segreterie politiche.
Anche per tale ragione, il gruppo dei Comunisti Italiani cui appartengo ha avanzato una proposta di legge che, nel quadro della riduzione degli sprechi e dei cosiddetti tagli alla politica, modifica la disciplina di nomina dei manager delle aziende sanitarie, per sottrarli alla famelica lottizzazione di alcune forze politiche.
In Sicilia - il Governo dovrebbe averne la piena consapevolezza - si sta recando un colpo mortale alla sanità pubblica. Cito un dato: sono oltre mille le convenzioni con strutture private in Sicilia, stipulate dal Governo regionale di centrodestra a fronte delle semplici ottanta della regione Lombardia. Si capisce bene il tipo di rapporto. Non voglio soffermarmi oltre su un dato che la cronaca giudiziaria consegna a tutti noi, all'opinione pubblica, circa alcune di queste strutture legate strettamente e organicamente a esponenti di spicco della criminalità organizzata.
Occorre dunque un'attenzione seria, rigorosa e determinata da parte del Governo. È in gioco un diritto essenziale, fondamentale del cittadino, lo ripeto, il diritto alla salute.
Gli elementi che il Governo ha assunto attraverso l'assessorato regionale ovviamente non rispondono a verità. Infatti, ho portato con me queste circolari ed è singolare che un cittadino o un parlamentare ne possa facilmente venire in possesso mentre l'assessorato regionale, dietro la sollecitazione del Governo, non ne abbia conoscenza.
Una circolare, per esempio, afferma che, per ciascuna unità operativa, è prevista una sola seduta antimeridiana per interventi chirurgici. Un'altra è una circolare pubblica (consultabile sul sito del policlinico dell'azienda) ed in essa è scritto che i prelievi giornalieri, che fino a qualche settimana fa erano in media ottanta, si riducono a quindici. In un'altra circolare, dell'8 maggio 2007, il direttore sanitario autorizza soltanto alcuni interventi che appaiono economicamente compatibili: una frase gelida e al tempo stesso feroce, che mette profondamente in discussione il rispetto concreto del diritto alla salute.
Sono fatti concreti che noi stiamo denunciando, signor sottosegretario, e mi auguro che lei riferisca con puntualità al Governo e al Ministro competente.
Vi sono ricadute formidabili anche sul piano universitario; lei giustamente ha ricordato che, da quel piano di contenimento e di riqualificazione, vengono tenute fuori le strutture universitarie e i policlinici. La struttura di cui stiamo parlando è esattamente una di queste, tuttavia è profondamente colpita da un piano di contenimento che dev'essere fatto, praticato e realizzato, ma non a scapito dei livelli dell'assistenza sanitaria.
Vi sono ricadute formidabili anche sul piano universitario, alla luce dell'impossibilità di mantenere i parametri di legge, e dunque soppressione e ridimensionamento dei corsi di laurea, delle professioni sanitarie e dei corsi specializzazione, e ancora in generale una riduzione dell'offerta formativa. Tuttavia, a fronte di questo vulnus formidabile, restano intatte appunto quellePag. 117sacche di parassitismo, gli sprechi, le inefficienze e le strutture sanitarie inutili: insomma, è un disastro!
Io ho effettuato una visita, un'ispezione, proprio venerdì scorso. Ho appreso di pazienti con patologie gravissime, in condizioni molto critiche, rispetto ai quali si invocava, appunto, la compatibilità economica. Ho appreso di pazienti con la colonna vertebrale spezzata, in attesa degli interventi chirurgici, e di pazienti affetti da forme tumorali cerebrali, il cui intervento viene procrastinato di settimana in settimana.
Ho constatato una situazione di illegalità diffusa, nel senso della violazione di qualunque norma e regola, da quelle relative alla sicurezza sul posto di lavoro (le compatibilità e le strutture) allo sfruttamento del personale, alla qualità pessima dei servizi.
Noi non ci fermeremo perché tutto ciò è evidente agli occhi degli stessi cittadini, dei siciliani perché - lo ripeto - è un diritto fondamentale della persona ad essere stato messo in discussione e quello dell'assistenza sanitaria è un servizio che viene pagato dai siciliani una, due volte e poi concretamente negato.
Noi continueremo, aspetteremo che il Governo assuma altre informazioni, ma continueremo ad incalzarlo perché il Governo nazionale ha il dovere istituzionale, di legge e anche morale, di vigilare sul mantenimento dei livelli essenziali - come ha detto lei - dell'assistenza sanitaria.
Anche per questa ragione porteremo all'attenzione dell'altro ramo del Parlamento, al Senato, questi problemi, questa emergenza perché ne sia investita sino in fondo la Commissione di inchiesta.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.