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Si riprende la discussione.
(Ripresa discussione congiunta sulle linee generali - A.C. 3256-A e A.C. 3257-A)
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Alessandri. Ne ha facoltà.
ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, in sette minuti è difficile poter dire tutto ciò che bisognerebbe dire di questo disegno di legge finanziaria, perché mi sembra di capire, anche dagli interventi di ieri, che questo Governo, e in particolare la maggioranza, non hanno ben presente cosa sta accadendo fuori da qui, in mezzo alla gente.
La gente in questo momento ha bisogno urgente di una ventata di ottimismo, di sentire uno Stato che sia «meno padrone», meno centralista, meno dispensatore di mance ai soliti furbi e, magari, più vicino alle esigenze reali.
Non basta inventarsi il «mister prezzi» per pensare di risolvere un problema creato da chi ha voluto il passaggio all'euro nel modo in cui si è determinato ed è impensabile, da parte mia, chiederlo a chi ha fatto ciò e, oggi, inoltre, presiede questo Governo.
Ci sono dei problemi che riguardano tutte le categorie: gli sgravi fiscali da 8-12 mila euro espressamente non concessi, guarda caso, ai lavoratori autonomi, che sono una delle categorie trainanti di questo Paese, checché ne pensino questo Governo e questa maggioranza
Basta guardare con che piglio hanno pensato di affrontare la riforma dell'anagrafe tributaria: con l'assunzione, oggi, di tremila «007» (Visco ne aveva preventivati diciassettemila) - io li ho chiamati KGB - alle strette dipendenze del Viceministro delegato e attraverso il controllo telematico con la Sogei, alla ricerca di un'evasione fiscale, che continuate a non capire che non è data, in questo Paese, nella stragrande maggioranza, da chi lavora, da chi già paga le tasse al 90-95 per cento (magari tiene il 5 o il 10 per cento in «nero», se ci riesce, ma paga il 90-95 per cento di tasse), che volete continuare a «massacrare», continuando a non tutelarli, a fare leggi che sono sempre loro ostili, a volerli controllare anche nell'anagrafe dei conti correnti con pagamenti solo telematici, con questa pletora di «007» che dovrebbero, in qualche modo, continuare a «bastonarli».
Nel momento, però, in cui siamo al 60-63 per cento di tasse fra quelle dirette e quelle indirette, comprese quelle locali - è colpa della finanziaria scorsa, che ancora stiamo subendo - questa gente avrà solo due alternative: o riuscirà a mantenere in «nero» una parte maggiore o magari sarà costretta a chiudere, perché nessuno riesce a lavorare così.
Vi invito a riflettere, a uscire fuori dal «palazzo», ad andare in mezzo alla gente, a girare anche fuori dall'Italia in maniera concreta con chi lavora: vi accorgereste che in Irlanda sta decollando l'economia e non è come la crescita prevista dall'OCSE a casa nostra, che potrebbe essere sotto l'1 per cento rispetto al PIL. In Irlanda, dove invece la crescita prevista è al 12 per cento, hanno una flat tax: pagano poco ma pagano tutti. Qui invece volete continuare a far pagare tantissimo ai soliti pochi, mentre vi scordate di incentivare - e la legge finanziaria in esame è molto chiara, ci sono solo le «briciole» - le forze dell'ordine che dovrebbero andare a controllare ogni singola vite che entra nelPag. 61porto franco di Napoli, dove entrano giornalmente migliaia e migliaia di container pieni di merce contraffatta, spesso senza pagare dazi, che vanno in un mercato nel quale non pagano tasse.
Servirebbe una lotta precisa e forte, con investimenti delle forze dell'ordine per andare a recuperare tutti i soldi di evasione vera, totale: droga, prostituzione, malaffare, riciclaggio. Servirebbe un investimento fortissimo, che dovrebbe andare a ricercare gli evasori totali, che spesso non sono quelli che risiedono in un comune ma quelli che vengono da fuori con capitali, perché chi risiede in un comune ha i figli che vanno a scuola, una casa intestata, un'attività, e non può essere evasore totale. Voi, invece, continuate a massacrare quelle categorie che dovrebbero trainare questo Paese. Guardate che queste categorie si stanno davvero stancando: ci sono gli autotrasportatori, e sono solo un esempio, ci sono le forze dell'ordine che non ce la fanno più, ci sono gli artigiani che sono con l'acqua alla gola: gente che deve andare in banca a ipotecare la casa per pagare le tasse! Quando arriviamo a questo punto vuol dire che la cremagliera è finita.
E voi invece continuate a sperperare in «contentini a pioggia» i «tesoretti» che vi siete ritrovati senza nessuna capacità vostra, ma solo perché vi sono arrivati per altri motivi; continuate ad approvare leggi finanziarie che vanno in questo senso, ma di coraggio per andare a snellire questo Paese e fare davvero le riforme neanche l'ombra.
Credo che sia bello parlare e chiacchierare, ma è poi molto più utile andare in mezzo alla gente a spiegare quanto state facendo. Voi state «galleggiando», ma galleggiando portate al disastro l'intero Paese.
Credo che sia opportuno ricordare a chi sta ascoltando in questo momento che ci sono le solite prebende, alla cui distribuzione abbiamo assistito quest'anno tramite diversi voti di fiducia: a me vengono in mente i 3 miliardi di euro per chiudere i buchi derivanti dalle incapacità al sud sulla sanità. Altro che legge finanziaria! Queste sono chiusure di buchi. Uno Stato serio «commissarierebbe» Bassolino e Marrazzo. Invece, voi andate a chiudere i buchi, usando i soldi di Stato, prodotti dall'incapacità - guarda caso - di amministratori che spesso e volentieri sono vicini a voi e continuate ad andare a prelevare nelle tasche della gente. Non ci sono più i trasferimenti agli enti locali, i quali devono aggiungere nuove tasse, raddoppiando o triplicando l'ICI con la revisione degli estimi catastali, aumentando le addizionali, però non vi scordate di dare 10 milioni di euro per celebrare i centocinquant'anni dell'Unità d'Italia. Credo che veramente è uno Stato che non ha capito niente.
Ma dov'è lo Stato italiano? Dov'è? Chi sente più questo Stato italiano nel momento in cui è così lontano dalla gente che lavora, ed è così lontano da noi in Padania? Lì la gente della politica se ne «fregava» fino a qualche anno fa, perché era l'ultimo dei problemi: pensavano a lavorare, a tirar su una famiglia, avere la cultura del lavoro, dell'onestà e non dovevano chiudersi in casa alle otto di sera per la paura. Si sono dovuti interessar di politica, creare, grazie a Umberto Bossi e a noi, un movimento politico che si chiama Lega Nord, per dare voce a un popolo che è veramente stanco; e voi continuate a celebrare inutilmente icone che sono superate e che non hanno più senso, nel momento in cui siete così lontani. Noi siamo sicuramente contrari a questa logica, e ci piace che in questa operazione la gente ci stia appoggiando.
Entro nel merito ora di tre articoli, che riguardano la mia Commissione in particolare. Ancora una volta prevedete procedimenti che consentono di accedere ad aiuti e garanzie finanziari con le banche a categorie che, spesso e volentieri, si trovano in altre zone del Paese, come quelle concesse all'ISMEA. Vi è ancora una volta la solita decisione «sudcentrica» di destinare a Foggia la sede della nostra EFSA. A Parma abbiamo l'authority per la sicurezza alimentare, che peraltro non funziona e dovreste fare ulteriori investimenti in questo senso. Parma era la sede più opportuna e non ci sono, invece, neanchePag. 62i collegamenti aerei con Bruxelles; è veramente una sorta di isola in mezzo al deserto. Ebbene non destiniamo la sede della nostra EFSA a Parma, che avrebbe un senso, vicino a quella europea, né a Verona, che sarebbe un nodo cruciale del nostro territorio dal punto di vista gastronomico, ma a Foggia perché è la città che ha dato i natali al Ministro dell'agricoltura.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANGELO ALESSANDRI. Ci sono i soliti provvedimenti inutili, di cui non si capisce il senso: abbiamo tanto chiacchierato di montagna, per fare in modo che siano i contadini a poter gestire la topizzazione montana, cioè andare loro a curare i fossi, andare a gestire il territorio e, invece, date ai comuni la possibilità di destinare fino a 190 mila euro a chi vi pare: saranno sempre i soliti amici, non esclusivamente i contadini a dover curare la montagna.
Questo è il senso di un disegno di legge finanziaria fatto soltanto a piccoli tasselli ed a pioggia, per accontentare qualcuno, in particolare qualcuno che, al Senato, quel giorno potrebbe avere un mal di pancia.
La nostra gente deve saperlo: avete cercato di accontentare tanti con poco, ma non accontenterete nessuno. Avete scontentato la Padania. Credo che, il 16 dicembre, il calcio nel sedere, oltre a Prodi, occorra darlo a tutto il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Deiana. Ne ha facoltà.
ELETTRA DEIANA. Signor Presidente, desidero qui esprimere il giudizio molto negativo del mio gruppo sulla parte della finanziaria che riguarda le spese militari. Il nostro è un giudizio di merito relativamente ai titoli e alle finalità specifiche del settore ed è un giudizio negativo generale, perché, trattandosi di risorse pubbliche assai significative, ciò caratterizza negativamente l'indirizzo di spese complessive che il Governo ha voluto assumere con questo disegno di legge finanziaria. Insomma, vengono destinate spese ad alcuni settori anziché ad altri, come sarebbe invece auspicabile.
Il nostro giudizio è ancora più negativo, perché si tratta di una scelta che ha già caratterizzato la legge finanziaria per il 2007 e che quest'anno viene confermata in crescita. Vi è, infatti, un incremento ulteriore: il bilancio della difesa per il 2008 presenta uno stanziamento complessivo di 20.928 milioni, con un aumento di 733,70 milioni rispetto alla competenza del 2007, pari in questo momento al 3,63 per cento.
Quindi, l'impatto del disegno di legge finanziaria per il 2008 sulla difesa è particolarmente rilevante, anche se la maggior parte degli interventi sono realizzati al di fuori del bilancio del Ministero della difesa, ossia sono, per così dire, occultati - è il termine più adatto - nel capitolo relativo allo sviluppo economico. Anche in questo caso si tratta di un aspetto che non ha eguali a livello europeo. Non è chiaro alla pubblica opinione e neanche al Parlamento come la spesa per la difesa possa formarsi attraverso canali diversi, che invece esigerebbero di essere centralizzati, per avere una visione di insieme.
Particolarmente negativo e in contraddizione con tutti gli impegni che l'attuale maggioranza aveva assunto è il capitolo di spese relativo agli armamenti. Il giudizio che diamo su questo aspetto è molto pesante, perché non si tratta soltanto di onorare contratti e impegni presi in precedenza, come quello relativo all'F35, su cui personalmente ho chiesto più volte un chiarimento al Governo. Si tratta di una spesa già decisa, che non entra nel disegno di legge finanziaria di quest'anno, ma che riguarderà i prossimi tre anni, su cui non vi è stata mai alcuna possibilità di confronto e di chiarificazione.
Ho chiesto più volte al Governo di prendere visione dell'accordo firmato a febbraio di quest'anno dal sottosegretario Forcieri, ma senza ricevere alcuna risposta. Dunque, non siamo soltanto al livello di onorare spese su cui non vi è mai stato un confronto adeguato in sede parlamentare,Pag. 63prive di trasparenza e di possibilità di informazione, ma siamo oltre, perché il comma 1 dell'articolo 57 stanzia rilevanti contributi per la realizzazione di vari programmi delle Forze armate totalmente nuovi, su cui, ancora una volta, il Parlamento è privato della possibilità di essere informato e di esprimere un orientamento propedeutico alle scelte.
Nel pochissimo tempo che credo mi rimanga a disposizione voglio sottolineare alcuni aspetti che ritengo della massima importanza e che intendo sottoporre all'attenzione dell'Assemblea. Il primo riguarda una leggenda che viene sostenuta dal Ministero della difesa e dagli ambienti militari circa il fatto che il nostro Paese sarebbe il fanalino di coda per quanto concerne le spese militari.
Ciò non è assolutamente vero - e credo che lei, sottosegretario, lo sappia ma, se non lo sapesse, dovrebbe informarsi -, considerato che la spesa per la difesa nel nostro Paese è mediamente pari a quella degli altri Paesi europei. Se mettiamo insieme tutti i settori che riguardano le spese per la difesa (come, ad esempio, tutta la parte relativa alla tecnologia, allo sviluppo, alle attività produttive) e aggiungessimo le spese per le pensioni del personale militare (come fa la Francia nel suo bilancio per le spese militari), se insomma adottassimo un criterio di calcolo che è quello della NATO che mette insieme esattamente tutte le spese, il livello della spesa italiana raggiungerebbe mediamente la spesa degli altri Paesi europei.
La seconda osservazione riguarda una domanda di fondo che poniamo relativamente al tipo di armamenti.
PRESIDENTE. Onorevole Deiana, la invito a concludere.
ELETTRA DEIANA. Mi riferisco ad un tipo di armamenti che corrisponde - e concludo, signor Presidente - a ciò che l'ammiraglio Di Paola in un'intervista di ieri a la Repubblica ha definito «strategia di proiezione», anche se non si capisce bene cosa si intenda per «strategia di proiezione». Sta di fatto che si tratta di sistemi d'arma estremamente costosi la cui funzionalità è del tutto oscura. Quindi, sottolineiamo che il problema del modello di difesa andrebbe sottoposto ad un nuovo esame e ad una nuova discussione pubblica profonda ed articolata.
Infine, vi è la questione del personale civile della difesa che diventa la cenerentola della difesa e prefigura negativamente un modello militare sempre più militarizzato, da cui viene espunto il personale civile con le sue competenze, la sua storia, i suoi sindacati, preannunciando una separazione tra il militare e il civile che noi riteniamo di grandissimo danno per la vita, la democrazia ed anche il ruolo delle Forze armate nel nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gioacchino Alfano. Ne ha facoltà.
GIOACCHINO ALFANO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, veniamo da una settimana di lavoro intenso in Commissione bilancio e quindi, volendo fare una riflessione sul lavoro svolto, sull'impegno del presidente della Commissione, del relatore e dei sottosegretari che si sono susseguiti, possiamo considerarci paradossalmente soddisfatti, perché non ci siamo sottratti al lavoro.
Anzi, dobbiamo aggiungere che è stato un lavoro sicuramente seguito anche al Senato, perché il provvedimento in discussione, già esaminato e approvato dal Senato, ha lasciato molti temi irrisolti e molte questioni sono rimaste aperte.
Ma noi, non solo perché siamo all'opposizione, ma anche per l'ultimo intervento di un parlamentare della maggioranza e per quanto tutti in questi giorni stanno ascoltando, ci sentiamo di formulare una riflessione critica. Poiché, però, siamo in una fase ancora preliminare rispetto alla conclusione dell'esame del disegno di legge finanziaria per il prossimo anno, una fase che richiede una posizione che possa servire a migliorare comunque il testo, credo che non dobbiamo farci prendere dalla routine di tutti gli anni (infatti, ormai si parla della posizione della questione di fiducia) e nel mio interventoPag. 64cercherò, pertanto, di puntualizzare pochissime questioni, per spingere il Governo e la maggioranza a tener conto delle mie riflessioni.
In primo luogo, l'elemento sul quale misurare la scelta del Governo in ordine alla legge finanziaria è in genere rappresentato dalla spesa, e la spesa viene considerata un valore che deve poi tener conto, automaticamente, delle entrate.
Tutti sappiamo che la spesa in questi ultimi anni è aumentata, mentre le entrate - seppure in modo imprevedibile - hanno avuto un andamento altalenante e faccio presente che proprio in questi mesi assistiamo ad un incremento delle entrate fiscali. Qual è la prima denuncia che rivolgo e, quindi, il primo aspetto che ritengo debba essere tenuto presente dalla maggioranza? Il Governo, non nel momento in cui partecipa ai lavori parlamentari, ma allorché risiede nelle «stanze alte», che non coincidono più ormai con la Camera e con il Senato, non ha indicato la politica cui si ispira la finanziaria per il 2008. Quindi, la spesa, se solo si leggono i numerosi articoli contenuti nel provvedimento in esame, in alcuni contesti diminuisce e in altri aumenta. Poiché non vi è stata da parte della maggioranza e del Governo un'indicazione dei criteri di riduzione della spesa, è del tutto normale che poi assistiamo a contestazioni, facilmente strumentalizzabili e anche violente.
Non intendo ora riferirmi in modo diretto alle rivendicazioni di alcune categorie, ma un fatto è certo. Abbiamo assistito, in un primo momento, alla vicenda per cui all'interno del disegno di legge finanziaria il Governo ha ritenuto di proporre la soppressione di alcuni enti autonomi e successivamente, spinto dalle rivendicazioni di piccoli segmenti della maggioranza o di alcune categorie che sicuramente non hanno un'importanza determinante per il Governo, ma che comunque creano dei fastidi, si è ritornati alla situazione precedente e pertanto la spesa, che era stata ridotta, non dopo l'approvazione del Senato ma nei lavori della Commissione di merito, è stata automaticamente considerata un'altra volta.
La seconda riflessione riguarda la valutazione del cosiddetto decreto fiscale, come abbiamo affermato anche durante l'approvazione di tale provvedimento. Più volte - io in particolare, ma anche i miei colleghi - abbiamo cercato di evidenziare i pericoli in ordine alla valutazione e alle motivazioni dell'aumento delle entrate fiscali. Perché non riusciamo a suggerire al Ministro dell'economia e delle finanze e a tutto il Governo i motivi per cui le entrate fiscali, percepite in quest'ultimo anno e subito allocate in finanziamenti estranei agli interessi dei soggetti che si stavano sacrificando per realizzare tali entrate, sono aumentate e come è possibile non chiarire agli italiani per quale motivo si è avuto un aumento delle entrate fiscali? Se gli aumenti fiscali sono il risultato della pressione fiscale è normale ed automatico che il Governo avrebbe dovuto indirizzarsi verso una riduzione della pressione fiscale. Se invece l'aumento delle entrate fiscali era il frutto di una politica di sviluppo che riguardava più settori e che quindi non dipendeva dai contribuenti già sottoposti alla tassazione ma allo sviluppo, è normale e giusto che occorreva intervenire sui consumi e ritengo anche giusto concedere i benefici di tale situazione ad alcuni soggetti, in particolare i lavoratori dipendenti. Invece niente di tutto ciò! Cosa è successo? Siamo costretti, come opposizione, a sostenere concetti che poi diventano ovvi per chi li ascolta. Invece, da una parte chi li ascolta non ne tiene conto perché si aspetta alcune idee, d'altro canto esse non producono l'effetto che noi speriamo. Di quale effetto si tratta? Abbiamo chiesto in più sedi e anche durante lo svolgimento del dibattito in ordine alla legge finanziaria quali erano le motivazioni vere, prese in considerazione dal Governo, e che hanno prodotto maggiori entrate fiscali. Ebbene, solo in tale circostanza in nove minuti - il tempo che mi è concesso è, infatti, di soli nove minuti - posso fornire una valutazione più particolare. Tuttavia, in termini generali, in questo poco tempo posso solo affermare che è grave e pericoloso che la maggioranza non abbia avuto il tempo - ricordoPag. 65che sono trascorsi già due anni e ben due leggi finanziarie - per valutare quali erano le politiche del Governo che hanno portato realmente ad un aumento delle entrate fiscali.
Come ho già detto nella premessa del mio intervento svolgerò una sola riflessione critica, più esplicita, ma che può anche andare in controtendenza, in questo momento. Nel disegno di legge finanziaria, se si presta attenzione, vi è anche il nuovo tentativo di ridurre le spese dello Stato, ma non quelle che sono considerate sprechi, bensì quelle delle istituzioni statali. Pertanto, mi sono ripromesso di affermare in più occasioni, e lo farò anche in questa, che se il Governo - e, in questo caso, anche con la complicità del Presidente della Camera e ritengo anche del Senato -, ma in questa occasione mi riferirò solo a questa Camera - ritiene che per poter «addolcire» lo stato d'animo degli italiani che stanno subendo la maggiore pressione fiscale e i maggiori sprechi sia importante dare l'impressione che ridurre una parte dell'attività o delle spese delle istituzioni tranquillizzi o almeno renda meno sofferente la condizione degli italiani, sia in errore.
E non solo si sbagliano dal punto di vista ideologico (anche se forse queste affermazioni sono incompatibili con la mia posizione di parlamentare), ma anche perché mettono in discussione il senso dello Stato. Molte volte leggiamo sui giornali il paragone fra i politici e i leader delle industrie. Un leader di un'industria di livello, che tra l'altro spende molto per l'immagine sua e dell'azienda (immaginate un leader che non cito, ma ce ne sono tanti, che si dichiara capace di gestire non solo le sue aziende, ma anche eventualmente attività politiche), utilizza molte risorse finanziarie per l'immagine della propria azienda per due obiettivi. In primo luogo, lo fa per l'utile della propria azienda e, in secondo luogo, per dare all'esterno un'immagine positiva dell'azienda stessa.
Lo Stato non è un'azienda e, quindi, sicuramente non deve aumentare la spesa per la promozione della propria immagine, ma sicuramente deve tener conto della sua attività. Quindi, nel disegno di legge finanziaria al nostro esame rivendico il più volte ripetuto tentativo di dimostrare agli italiani che la crisi c'è. Tale crisi è difficile da risolvere, ma si può affrontare dando l'esempio e riducendo le attività delle istituzioni. Paradossalmente, è una situazione simile a quella di un imprenditore che sta facendo fallire la sua azienda e dice ai soci che si riduce le prerogative, peraltro funzionali alla sua attività. Ritengo che un leader di un'azienda ha come unico obiettivo rendere conto del suo mandato, ovvero portare l'azienda a crescere. Quindi, se leggete il testo del disegno di legge finanziaria, in numerosissimi articoli trovate scelte di facciata, che sicuramente possono dare una certa impressione a chi critica molte volte le istituzioni nella loro attività. Tuttavia, badate bene che almeno nella mia esperienza, non solo di parlamentare ma anche di amministratore locale, ho sempre apprezzato valutazioni che riguardavano le mie attività di responsabile dell'amministrazione o di parlamentare, ma non nell'ambito di attività sostenute da funzioni che hanno anche valutazioni economiche.
Quindi, poiché in nove minuti ho voluto sottrarre l'Assemblea a valutazioni di dettaglio, ho ritenuto di denunciare - non sarà la prima volta che lo farò - tale tentativo. Vi è una maggioranza sostenuta da organi alti dello Stato che, anche nel disegno di legge finanziaria per il 2008 (lo avevo già detto con riferimento a quello dello scorso anno, anche se forse in termini un po' più leggeri), compie scelte che comportano una riduzione abbastanza irrisoria in termini di risorse e non servono a rispondere a un momento di crisi e di spreco. Quindi, spero che, poiché siamo in una fase ancora preliminare - si dovrebbe votare il disegno di legge finanziaria nel fine settimana - il Governo ci ripensi e dia agli italiani un messaggio positivo sulle scelte che riguardano gli italiani stessi, le proprie imprese e le proprie realtà.
PRESIDENTE. Onorevole Alfano, dovrebbe concludere.
GIOACCHINO ALFANO. Ho concluso, signor Presidente.
Pag. 66PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baratella. Ne ha facoltà.
FABIO BARATELLA. Signor Presidente, signor rappresentate del Governo, la mia componente politica ha dato il suo contributo alla formulazione del disegno di legge finanziaria, sia al Senato sia in questo ramo del Parlamento, con la presentazione di alcuni documenti e di alcune proposte emendative significativi in campo sociale, economico e finanziario e nel settore della tutela dell'ambiente, da parte mia e dei colleghi Valdo Spini e Franco Grillini. Abbiamo notato che tale sforzo e tale contributo non sono stati adeguatamente apprezzati dal Governo e dalle Commissioni di appartenenza. Ce ne rammarichiamo e nel contempo facciamo presente come si possano certamente recuperare le nostre proposte anche in momenti diversi della vita parlamentare. Tuttavia, abbiamo fatto lo stesso discorso anche in occasione del welfare e del provvedimento collegato al disegno di legge finanziaria. Non vorremmo che, per ottenere più attenzione, ci dovessimo anche noi accodare a chi minaccia di far cadere il Governo ogni santo giorno. Nel merito, dato il pochissimo tempo a disposizione, mi limito a segnalare la necessità, rappresentata con i miei emendamenti, di affrontare l'emergenza idrica del Po, in particolare della risalita del cuneo salino, che ha già prodotto danni pesanti all'ambiente e al territorio e ancora di più all'intero bacino idrografico del delta del Po, tanto da ipotizzare da parte degli esperti la desertificazione dell'intero bacino. Servono risorse da impegnare al più presto, come peraltro sa bene il presidente della Commissione ambiente, Realacci.
Anche su questo punto non mancano proposte; personalmente ho presentato una proposta di legge per affrontare complessivamente il problema della gestione dei fiumi, che mi auguro venga finalmente considerata in sede di Commissione. Per il resto, la manovra appare ben avviata ad affrontare le varie emergenze del Paese. Il nostro gruppo valuta complessivamente in modo positivo l'insieme della manovra, ribadendo ancora una volta come tra le riforme da attuare ci sia anche la necessaria revisione radicale del sistema di presentazione della manovra finanziaria che tiene bloccati per mesi il Governo e il Parlamento, i quali potrebbero impiegare meglio il loro tempo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Galletti. Ne ha facoltà.
GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come abbiamo già fatto in sede del cosiddetto collegato fiscale, desidero motivare il giudizio negativo sul disegno di legge finanziaria che stiamo esaminando. La ragione è molto semplice: a questa finanziaria manca un'anima, non si capisce cosa voglia fare per la politica economica di questo Paese. Viviamo in un Paese anomalo; sono ormai tre mesi che assistiamo ad un dibattito che verte principalmente sull'interrogativo se la finanziaria verrà approvata dal Parlamento o no. Il nodo della questione è dunque se il Governo avrà la maggioranza in Parlamento per sostenere la propria legge finanziaria. Penso che ciò non capiti in alcun altro Paese del mondo. I dibattiti sulla legge finanziaria vertono su altre questioni. Ci si chiede se il disegno di legge finanziaria che stiamo esaminando sia adatto per le necessità economiche del nostro Paese, non se verrà approvata o no. Onorevoli colleghi, incentrando il dibattito sulla prima parte si perde una grande occasione, quella del confronto, non solo all'interno del Parlamento, ma anche con le forze economiche e sociali, con le famiglie del nostro Paese.
L'altra anomalia vera è che tutti conosciamo ciò che occorre fare, ma questa maggioranza non ha il coraggio e la forza politica di farlo. Se leggete il DPEF presentato dal Ministro Padoa Schioppa a luglio, in quest'Aula, vi rendete conto che in tale documento era chiarissimo ciò che il Governo avrebbe dovuto fare per risanare i conti pubblici; era scritto a chiare lettere; il DPEF è un documento molto semplice, alla fine. Si affermava che dobbiamo diminuire le spese, perché il nostroPag. 67Paese spende troppo e male; quindi non dobbiamo aumentare la pressione fiscale, non ce lo possiamo permettere perché abbiamo la pressione fiscale più alta d'Europa; non possiamo aumentare la spesa pubblica, perché abbiamo la spesa pubblica più alta d'Europa; dobbiamo diminuire il debito pubblico, perché è il più alto del mondo. Ciò diceva il DPEF presentato a luglio.
A settembre, quando il Ministro si è presentato con il disegno di legge finanziaria, del DPEF di luglio non c'era neanche un minimo ricordo: la finanziaria disattende completamente il DPEF. Non so davvero dove il Ministro trascorra le sue vacanze, però mi pare che gli facciano male perché gli fanno dimenticare anche quei buoni propositi economici che, invece, aveva dimostrato di conoscere a luglio. A parte le battute, la verità è un'altra: la finanziaria è diventata merce di contrattazione all'interno delle diverse anime della maggioranza e ha perso quei connotati di buona economia che invece aveva il DPEF. Cosa facciamo con questa finanziaria? Con essa si sperpera l'extragettito fiscale. Utilizzo il termine sperpero, perché di fatto non si fa altro. Con la legge finanziaria e con il cosiddetto collegato fiscale si impegnano quasi 15 miliardi di euro di extragettito fiscale. Si presti attenzione alla circostanza che l'extragettito fiscale non è dovuto al recupero di evasione: smettiamola con questa barzelletta! L'extragettito fiscale altro non è che le tasse che hanno pagato in più gli italiani per la finanziaria introdotta da questo Governo l'anno scorso e per l'aumento del PIL, perché l'economia è andata meglio.
È chiaro che, se il PIL aumenta (quindi, se in un Paese aumenta la produzione di beni e servizi), le aziende guadagnano di più e pagano più imposte, assumono di più e i dipendenti pagano più imposte, le famiglie consumano di più e quindi pagano più IVA: il gettito fiscale per lo Stato, pertanto, aumenta. A dimostrazione di ciò, basti pensare che tutti i Paesi d'Europa hanno avuto un extragettito fiscale e, guarda caso, tutti hanno utilizzato tale extragettito, più forte e consistente di quello italiano, per ridurre la pressione fiscale e il debito pubblico. Al contrario, con il disegno di legge finanziaria in esame si utilizza l'extragettito fiscale per aumentare le imposte. I libri di economia del quarto anno di ragioneria - non parlo di quelli universitari - ci insegnano che le manovre economiche che uno Stato deve effettuare sono anticicliche, vale a dire vanno in senso inverso rispetto all'andamento dell'economia. Quando l'economia va bene - come è avvenuto nel 2007 - i Governi devono adottare una politica di risparmio, perché l'economia da sola dovrebbe assicurare alle famiglie e alle imprese la possibilità di stare un po' meglio. È quello, quindi, il momento di accantonare risparmi e di utilizzare i maggiori gettiti a riduzione del debito pubblico, al fine di prepararsi per il momento in cui la situazione peggiorerà.
Nel 2008 la situazione sarà peggiore: avremo una spesa pubblica consolidata e incrostata nel nostro bilancio, non avremo più l'extragettito fiscale e, per far fronte a quella maggiore spesa pubblica che è già parte integrante del bilancio, dovremo aumentare ancora le imposte. Quando si aumentano le imposte ci rimettono soprattutto i più deboli. Sinceramente, a me potete anche aumentare le imposte; sono in grado di affrontare un aumento di imposte: andrò in vacanza qualche giorno in meno. Non mi preoccupo della mia famiglia e di quelle con il mio reddito, ma di quelle che sempre di più faticano ad arrivare alla fine del mese e, con un ulteriore aumento di imposta, faranno ancora più fatica ad arrivarci. Il prossimo anno, con l'aumento di imposte, a rimetterci di più saranno proprio quegli incapienti ai quali quest'anno abbiamo assegnato il bonus di 150 euro. Non potremo più dar loro il bonus perché non avremo più tali somme; in aggiunta, essi subiranno un aumento dell'imposta e saranno ancora più incapienti di quanto non fossero nel 2007. Questo è il risultato al quale perviene il disegno di legge finanziaria in discussione: di ciò sono molto preoccupato.
Nel disegno di legge in esame vi sono alcuni assenti: uno grandissimo è la famiglia.Pag. 68Nessuno pensi di aver fatto politica familiare con il provvedimento introdotto dalla Commissione bilancio sulle famiglie numerose. Sono attribuiti 1.200 euro alle famiglie con quattro o più figli. Non è sbagliato: servono anche quei soldi, ma tale norma è il contrario di una giusta politica familiare. Se ci pensate, si tratta di una disposizione senza né capo né coda. Riporto un esempio: una famiglia con quattro figli - ad esempio, la mia - è molto più simile a una famiglia con tre figli piuttosto che a una con otto: le mie esigenze, cioè, sono paragonabili maggiormente a quelle di una famiglia che ha tre figli piuttosto che alle esigenze di una famiglia che ne ha otto. Eppure, la mia famiglia avrà gli stessi benefici di una con otto figli e una famiglia con tre figli, invece, non avrà alcun beneficio.
Una politica familiare, credetemi, è un'altra cosa: incide sulla family tax benefit, ossia prende in considerazione le detrazioni familiari per ogni figlio e per ogni componente della medesima. Una famiglia con un figlio, infatti, è diversa da una con due figli e quest'ultima è diversa da una con tre figli, e così via. Artificiosamente, ci siamo inventati una categoria di famiglie, quella delle famiglie numerose. Sia chiaro però, che l'abbiamo inventata noi. La famiglia è una sola: quella composta da padre, madre e uno, due o tre figli. Ognuno ha le proprie esigenze. Nel disegno di legge finanziaria in discussione, per la famiglia tradizionale - che poco fa citavo - non è previsto assolutamente nulla: tutte le altre norme in esso contenute aiutano e agevolano la famiglia alla pari di un single. Con riferimento all'ICI, considerate due appartamenti nello stesso pianerottolo, di uguale dimensione, di centocinquanta metri quadrati, in uno dei quali viva una famiglia con quattro figli e nell'altro un single, con il medesimo reddito della famiglia (40 mila euro annui).
Vi renderete conto che le situazioni sono diverse: in una casa un soggetto vive solo in centocinquanta metri quadrati, con un reddito da quaranta mila euro interamente a sua disposizione, mentre nell'altra vivono sei persone con un reddito di quaranta mila euro da dividere tra loro.
Ebbene, grazie all'ultima manovra finanziaria, queste due famiglie godranno di un uguale beneficio sull'ICI pari a duecento euro: si tratta di un errore clamoroso, perché non tiene in considerazione le condizioni oggettive di chi vive in quella casa, il numero di persone che vi abitano e il loro reddito. È un provvedimento sbagliato.
Va bene, lo ripeto, la detrazione fiscale sull'ICI per la prima casa: ne apprezziamo lo sforzo, ma non le modalità con cui è stato attuato.
Potrei continuare, perché tutti gli esempi vanno nella medesima direzione, dagli incapienti al bonus per i figli: qualcuno mi spieghi quale sia il vantaggio sociale, per la collettività, se mia figlia esce di casa e prende in affitto l'appartamento davanti a casa mia; fatico a capire per quale motivo l'onorevole D'Agrò, attraverso la sua IRPEF, deve pagare parte dello stipendio di mia figlia.
La verità è che la manovra finanziaria sottoposta alla nostra attenzione è senza anima, concede molte mance a pochi e finisce per non soddisfare nessuno [Applausi dei deputati dei gruppi UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Lega Nord Padania].
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zanotti. Ne ha facoltà.
KATIA ZANOTTI. Signor Presidente, a differenza dell'onorevole Galletti, il gruppo Sinistra Democratica Per il Socialismo Europeo, come già sottolineato dall'onorevole Aurisicchio nel suo intervento, esprime un giudizio positivo sulla manovra di bilancio.
Grandi questioni cominciano ad ottenere risposta nel disegno di legge finanziaria sottoposto alla nostra attenzione, questioni che hanno a che vedere con il binomio libertà-equità.
Siamo convinte e convinti che il compito della politica sia quello di assicurare il superamento delle diseguaglianze, di offrire risposte alle fragilità sociali (a propositoPag. 69di diseguaglianze, voglio ricordare all'Assemblea che è scesa di dieci punti, negli ultimi anni, la quota di risorse destinata al lavoro, mentre sono aumentati di ben 10 punti i profitti), di elevare i gradi di libertà delle persone: questo, secondo noi, è il compito delle politiche e della politica.
Ebbene, la manovra finanziaria per il 2008, con i provvedimenti che l'hanno preceduta e con quelli che l'hanno accompagnata nel collegato al disegno di legge finanziaria, contiene una serie di interventi pensati per la parte della società che più si è indebolita negli ultimi anni.
Di grande importanza, quindi, è la scelta di destinare dal 2008 l'extragettito - non solo quello derivante dalla lotta all'evasione fiscale - al lavoro dipendente.
La ricchezza si è spostata verso i più forti, pertanto occorre portare a livello europeo la tassazione delle rendite finanziarie, come noi proponiamo, e restituire il fiscal drag a chi lavora, percorrendo in questo modo anche la via fiscale verso l'equità.
Ci siamo battute e battuti con successo per ridurre la tassazione sul TFR, accresciuta ingiustamente di cinque punti da Tremonti.
Abbiamo contribuito alla scelta di dare stabilizzazione a tanti lavoratori socialmente utili, con riflessi senza dubbio di sicura positività per il sud.
Avremmo voluto un segnale molto più netto a favore dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori atipici: non lo vediamo nella manovra finanziaria sottoposta alla nostra attenzione. Perciò insisteremo affinché la questione si affronti, proprio perché è questione giusta e possibile.
Incapienti, non autosufficienza, giovani e famiglie numerose sono all'attenzione di questa manovra finanziaria, attraverso l'introduzione di misure che consideriamo il segno importante di un potenziamento del sistema del welfare, che tuttavia, a nostro parere, ha ancora bisogno di un sostanzioso irrobustimento, che riguarda anche il piano culturale.
Un grande investimento, anche nell'offerta di servizi, deve infatti, secondo noi, essere fortemente incardinato all'interno di una cultura politica che fa del riconoscimento dei diritti e del sostegno alle libertà sostanziali uno dei punti di fondo per l'aggiornamento del welfare del nostro Paese.
Passa anche di qui il discrimine fra il perpetuarsi di politiche di tipo assistenzialistico e politiche che dotano le persone di mezzi, opportunità e risorse, mettendole in condizioni di scegliere tra opzioni diverse e meglio corrispondenti alla loro organizzazione quotidiana e ai loro progetti di vita.
Da tutto ciò le donne potrebbero trarre grandissimi vantaggi.
Mentre il compito della politica sarebbe quello di aumentare i gradi di libertà togliendo di mezzo le costrizioni pesanti che, al contrario, li riducono, proprio nelle famiglie intese nelle loro diverse forme - ambito da tempo oggetto di potenti incursioni etiche di parte - si rischia l'affievolimento dei diritti dei singoli e, soprattutto, la scomparsa dei diritti delle donne.
La trama politica del centrosinistra dovrebbe contenere e, quindi, offrire alla società italiana un messaggio chiaro di libertà, di costruzione di soggettività all'interno di una più forte coesione sociale, di impegno ad andare più a fondo in un'analisi materiale che ricomprenda le persone e le dinamiche sociali che le riguardano; tutto ciò è troppo importante. In caso contrario, sarà la libertà impiantata sulla materialità del mercato a prevalere con le diseguaglianze enormi, le ingiustizie e le esclusioni che si porta dietro.
Tornando concretamente alle misure di welfare, secondo noi, ad esempio, se si realizzano solo politiche sugli assegni di genitorialità e sui bonus una tantum, si mettono a rischio le libertà e si incentiva l'esclusione sociale. Sono i dati ISTAT che ci mostrano l'aumento del numero delle donne che si licenziano alla nascita del primo figlio. Questo disegno di legge finanziaria si occupa delle donne e del lavoro delle donne attraverso gli aiuti all'imprenditoria femminile che si realizzano con due provvedimenti che accolgonoPag. 70una proposta del gruppo Sinistra Democratica relativamente all'introduzione del bilancio di genere per le amministrazioni statali e all'inserimento delle rilevazioni statistiche di genere nel programma statistico nazionale. Utilizzare una prospettiva di genere significa riscontrare disparità tra uomini e donne nelle loro reciproche relazioni, nell'accesso e nell'uso delle risorse. Anche questo strumento servirà a confermare, ancora una volta, quanto poco le donne ricevono dalla società rispetto a ciò che danno.
Concludo il mio intervento facendo solo un riferimento, dato che il tempo non mi consente di più, alla grande questione, non ancora risolta in questo Paese e forse ancora non adeguatamente affrontata, del sostegno alle persone non autosufficienti e alle loro famiglie.
Proprio in risposta a bisogni sempre più consistenti, che spesso travolgono le famiglie stesse, si conferma la crucialità e la strategicità dell'auto-aiuto e delle reti informali, da quelle familiari a quelle parentali, che affiancano e, soprattutto, suppliscono al sistema pubblico di offerta senza che tra le due realtà si realizzino integrazioni non dico forti, ma almeno un poco più adeguate.
Il Fondo per la non autosufficienza, istituito con la legge finanziaria dello scorso anno e il disegno di legge di delega al Governo a sostegno delle non autosufficienze che esamineremo in Aula - ci auguriamo - tra poco, rappresentano risposte importanti a un diritto che vorremmo diventasse davvero praticabile ed esigibile per tutte le persone in condizioni di non autosufficienza.
Al riguardo, vi è da dire che, oltre ai 100 milioni già previsti da questo disegno di legge finanziaria, sarebbe stato necessario un potenziamento del Fondo con altri 100 milioni di euro. Insistiamo perché il Governo accolga e inserisca come priorità nella sua agenda questa questione che non è più rinviabile; da anni, ormai troppi, le persone non autosufficienti e le loro famiglie aspettano risposte. Sappiamo che è davvero al limite la fiducia delle persone nelle istituzioni e nella politica soprattutto quando la politica e le istituzioni non riescono a costruire legami veri e profondi con le persone e non ne condividono le condizioni di fatica.
Credo che, per ripensare al welfare, la stessa politica abbia bisogno di ripensarsi profondamente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gianfranco Conte. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, il poco tempo che ho a disposizione mi costringerà ad affrontare alcune tematiche relative al disegno di legge di finanziaria in esame, senza entrare nelle norme di dettaglio.
Preliminarmente - mi rivolgo, in particolare, al presidente della V Commissione - devo dire che l'atteggiamento complessivo tenuto dall'opposizione durante l'esame di questo disegno di legge finanziaria è stato responsabile, perché sostanzialmente abbiamo voluto trasmettere al Governo (e - aggiungo una postilla - alle strutture di Governo) il segnale che la Camera è presente e ha l'obbligo di guardare fino in fondo il complesso delle norme e, ove sia possibile, di modificarle. Ne è prova il fatto che tutte le modifiche apportate al testo in termini di emendamenti - in pratica non abbiamo concordato sulle proposte presentate, considerato che ci siamo fermamente opposti a molte di esse - hanno, però, evidenziato una presenza che, invece, è mancata durante l'esame del decreto fiscale.
Naturalmente, non abbiamo apprezzato le ultime fasi dell'esame del dibattito in V Commissione bilancio, poiché in quelle fasi, peraltro molto caotiche, abbiamo visto presentare un complesso di emendamenti di provenienza governativa che ci hanno lasciato molto perplessi e ci hanno costretto ad abbandonare i lavori all'ultimo momento, quello della votazione.
Che cosa dire del complesso di questa manovra finanziaria? Intanto, mi pare evidente che si tratti di una manovra finanziaria palesemente priva di copertura, e si può definire tale per quello chePag. 71riscontreremo durante il prossimo anno. Tale aspetto emerge in modo manifesto già dall'articolo 1 del testo in esame, dove è inserita una previsione che comporta la destinazione di un eventuale extra-gettito (che poi verificheremo non sussistere) alla riduzione del prelievo sul lavoro dipendente. Tuttavia, durante il prosieguo dei lavori della V Commissione bilancio ci è sembrato singolare soprattutto il fatto che il Governo sia dovuto intervenire anzitutto modificando l'importo complessivo destinato al Protocollo sul welfare. Da tale provvedimento sono stati per così dire «pizzicati» 284 milioni di euro da destinare a quello che è stato definito un primo intervento sul TFR.
L'altra decisione, che ha reso necessario un intervento significativo, è stata quella di rinviare sostanzialmente il credito d'imposta per i beni strumentali, previsto per il Mezzogiorno, al 2008 (si tratta di una norma che vale 350 milioni di euro). È da tali misure che sostanzialmente sono provenute le risorse finanziarie, poi spalmate in una serie di interventi di carattere «micro» che hanno occupato gran parte del lavoro della Commissione.
Sono convinto sostanzialmente che quella in esame sia una manovra finanziaria di carattere elettorale, e che il Governo che verrà si troverà in grandi difficoltà perché, di primo acchito, mi sembra di poter rilevare che mancano all'appello circa 8 miliardi di euro.
Si continua a parlare dell'andamento delle risorse che provengono dal fisco, però già si è dato luogo a prenotazioni su risorse di cui mai disporremo. Se si considera già l'intervento che realizzerà il Governo tra il 28 e il 29 dicembre prossimi, si può notare che sarà affrontato con molta probabilità un tema che non è stato assolutamente considerato durante questo dibattito, ovverosia la copertura delle missioni internazionali all'estero.
Vedremo come il Governo vorrà procedere. Ho l'impressione che si tratterà di coprire, se ci saranno le disponibilità, i costi forse di uno o due mesi delle missioni internazionali all'estero.
Infatti, è noto che il Governo, per procedere alla copertura finanziaria di questo disegno di legge finanziaria, è dovuto intervenire prosciugando completamente la tabella A allegata e intervenendo in maniera lineare con una riduzione dello 0,5 per cento su tutta la tabella C, con molti problemi, peraltro, sull'annualità del 2010.
Spero che con un atto di responsabilità il Governo voglia rivedere le proprie posizioni. Certamente il prossimo anno si preannuncia come particolarmente difficile sotto il profilo delle coperture finanziarie.
Detto questo, ho potuto notare dal testo del disegno di legge finanziaria un atteggiamento abbastanza ondivago del Governo. Faccio riferimento soprattutto al manifesto, all'appello del Governo alla riduzione della spesa pubblica, che è stato ribadito recentemente dal Ministro Tommaso Padoa Schioppa, il quale afferma che nei prossimi anni interverremo attraverso una riduzione molto sensibile della spesa pubblica.
Dopo tali annunci, si interviene all'interno del disegno di legge finanziaria, ad esempio, aumentando in deroga il numero dei dirigenti di cui all'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Il Governo si è fatto un «regalino» - mi riferisco al Ministero dell'economia e delle finanze - con un emendamento che forse pensavano non apparisse più di tanto, chiedendo di garantire quattro posizioni di dirigenti esterni che saranno utilizzati in dispregio alla riorganizzazione del Ministero stesso.
Vogliamo parlare del fantomatico comitato internazionale che evidentemente sta molto a cuore al Ministro e per il quale i contribuenti dovranno pagare una tassa sulla registrazione degli atti di impresa per dare soldi ad un organismo internazionale sconosciuto ai più, ma che naturalmente è molto vicino al Ministro dell'economia e delle finanze.
Vogliamo parlare delle ulteriori assunzioni che sono state garantite al CNEL - uno degli enti più bui anche se previsto dalla norma costituzionale - con la nomina di tre dirigenti e sette funzionari.Pag. 72
Vogliamo parlare della norma che è stata prevista sul tetto delle retribuzioni. Si tratta di una norma singolare, per verità, perché, a fronte di un tetto confermato di 25 apicali, si è portato lo stipendio a un massimo di 550 mila euro. Il problema è che tra i 25 apicali, vi sono posizioni di persone che non guadagnano 550 mila euro: quindi, nella disponibilità della norma sarà chiesto un aumento e un adeguamento. In questo modo, riemerge l'argomento principale: siete veramente sicuri di volere intervenire sulla riduzione del costo complessivo della pubblica amministrazione? Infatti, leggendo gli emendamenti, soprattutto quelli dell'ultima ora, non ci sembra che l'intenzione sia questa.
Ci sembra, invece, che, ad esempio, anche la conservazione della legge che voi avete approvato concernente lo spacchettamento dei ministeri, la legge n. 233 del 2006 di conversione del decreto-legge n. 181 del 2006 - se non ricordo male - costituisca una norma che, benché non dovesse costare niente, si è rivelata, invece, fonte di grande spesa per la pubblica amministrazione. A me risulta che quella norma, quello spacchettamento, che doveva essere a costo zero, è costato circa 250 milioni di euro. Sono gli aspetti di cui dovremmo parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Conte, la invito a concludere.
GIANFRANCO CONTE. Signor Presidente, come ho detto, il tempo è tiranno e naturalmente non riuscirò a completare il mio intervento.
Voglio solo dire al Governo di fare attenzione perché ha proposto un disegno di legge finanziaria palesemente scoperto e lascerà una grandissima responsabilità al prossimo Governo e al Paese nel suo complesso [Applausi dei deputati dei gruppi Forza Italia, UDC (Unione dei Democratici Cristiani e dei Democratici di Centro) e Alleanza Nazionale].
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Carta. Ne ha facoltà.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, come diceva il collega che mi ha preceduto, il tempo è tiranno e anch'io dovrò accontentarmi di esporre alcune brevi osservazioni.
Vorrei iniziare il mio intervento affermando che il partito socialdemocratico ritiene questa manovra finanziaria complessivamente soddisfacente, pur con molte perplessità. È una manovra che, in fondo, rispetta anche gli indirizzi del Documento di programmazione economico-finanziaria, anche se sicuramente non è completamente rispettosa di alcune parti. Gli obiettivi posti nel DPEF erano l'innovazione, il riequilibrio, lo sviluppo e l'equità sociale. Quello che possiamo rilevare è che tali principi sono tutti contenuti in questa legge finanziaria, seppur secondo delle priorità che a noi possono anche apparire non adeguate rispetto alle esigenze.
Il collega che mi ha preceduto, l'onorevole Gianfranco Conte, ha affermato, a proposito dell'articolo 1, che esso lascerà scoperta questa enunciazione, questa volontà e, che quindi, il prossimo Governo, per poter rispettare queste scelte, si troverà in grande difficoltà. Io sono convinto, collega Conte, che il prossimo Governo non si troverà in difficoltà maggiori di quelle in cui si è trovato quello attuale, che doveva riassestare la finanza lasciata da quello precedente. Pertanto, ogni Governo dovrà portare la pena o le pene lasciate da quelli che lo hanno preceduto.
Ritengo che l'articolo 1 tenda a riequilibrare i redditi e a ridistribuire le risorse, che connotano la volontà del Governo verso i primi obiettivi di cui il Paese ha necessità: l'equità, la tutela delle parti più deboli e, soprattutto, la salvaguardia del potere d'acquisto dei redditi più bassi.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GIORGIO CARTA. Ho già terminato?
PRESIDENTE. Onorevole Carta, ha tre minuti a disposizione.
GIORGIO CARTA. Grazie, poiché ho sentito il campanello...
Pag. 73PRESIDENTE. Esatto. Ha, quindi, gli ultimi 15 secondi.
GIORGIO CARTA. Signor Presidente, ritengo di non aver impiegato tre minuti. Tuttavia, se devo saltare un'intera parte del mio intervento, è necessario che svolga un'osservazione su una questione che ho già portato all'attenzione di questo Parlamento: in sede di discussione del disegno di legge finanziaria arrivano richieste da parte di tutti gli enti e ne arrivano con maggiore o minore intensità proprio da quelli che dovrebbero svolgere un controllo o dare indicazioni allo Stato.
Mi riferisco all'ISTAT, che anche quest'anno ha richiesto 190 milioni di euro minacciando che avrebbe interrotto il proprio lavoro, non potendolo più esplicare. Signor Presidente, 190 milioni di euro sono la somma che questa settimana la Corte dei conti ha chiesto per danno erariale per le inadempienze dell'ISTAT, che non applica le leggi dello Stato, poiché non sanziona le imprese che non compilano e stracciano i moduli, comportando quest'anno una perdita che va dai 750 milioni di euro ai 7 miliardi e 500 milioni euro. Signor Presidente, si tratta di un altro tesoretto di cui lo Stato avrebbe potuto disporre per dare risposta alle esigenze della sicurezza e delle categorie più deboli. Pertanto, vi è un comportamento omissivo...
PRESIDENTE. Onorevole Carta, per cortesia deve concludere.
GIORGIO CARTA. Concludo, signor Presidente. Anche in sede di manovra finanziaria, mi permetto di richiamare il Governo, perché già la risposta che ha fornito ad un'interrogazione urgente è da considerarsi perlomeno stravagante. In quell'occasione, si disse che l'ISTAT aveva risposto di non poterlo fare perché spesso non si riuscivano a trovare le persone. Io osservai che se questo principio fosse valido per tutti, anche per quanto riguarda il modulo per la denuncia dei redditi, se l'utente non fosse trovato potrebbe esimersi dal pagare le tasse.
Signor Presidente, mi dispiace di non poter proseguire l'intervento, ma in tre minuti è difficile svolgere un discorso minimamente compiuto. Pertanto, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Carta, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Le notifico, comunque, che ha avuto a disposizione più di cinque minuti.
È iscritto a parlare l'onorevole Fugatti. Ne ha facoltà.
MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, da parte nostra, alla fine dell'iter della finanziaria in Commissione, desideriamo esprimere ancora un ringraziamento al presidente, al relatore e a tutti i funzionari delle Commissioni bilancio e finanze che hanno operato per questa manovra finanziaria, della quale condividiamo nulla o poco, se non qualche emendamento interessante della Lega Nord Padania che è stato approvato. Tuttavia, del disegno di legge finanziaria abbiamo una valutazione totalmente negativa.
Per parlare di numeri, partirei dai dati sulle entrate fiscali che sono stati diffusi ieri. Per quanto riguarda il 2007, si è parlato di un aumento dell'8 per cento delle entrate fiscali (pari a 22 miliardi di euro) nei primi dieci mesi del 2007, rispetto al 2006.
Si sta prefigurando, ancora una volta, una particolare forma di falso in bilancio di questo Governo. In altre parole, il Governo predispone provvedimenti dai quali sostiene di incassare «x», mentre nella realtà sa che, da essi, incasserà «x più y». La «y», Signor Presidente, è il «tesoretto», l'extragettito che arriva e che poi viene presentato ai contribuenti, ai cittadini italiani, come il buon lavoro svolto da questo Governo.
L'aumento dell'8 per cento (di cui si è parlato ieri) è questo extragettito che il Governo sostiene essere provvidenziale, mentre in realtà esso è il frutto di unaPag. 74sottostima volutamente effettuata nel corso della finanziaria 2006 per far credere ai cittadini che le tasse non sarebbero aumentate, in modo da poter affermare, qualche mese dopo, che vi è stato un extragettito, un tesoretto!
Si tratta di una particolare forma di falso in bilancio. Quando si predispone un bilancio preventivo (non consuntivo, ma preventivo), si sottostimano volutamente le entrate, per poi poter dire: ecco qui un bel «tesoretto», ecco qui un extragettito!
Di tesoretti ed extragettiti abbiamo parlato per vari periodi: il Viceministro Visco è venuto in Commissione qualche mese fa e ha svolto una relazione sull'extragettito del 2006. Egli ci ha riferito che dell'extragettito del 2006 (che ammonta ad una particolare cifra), solo il 25 per cento - che è poca roba - è dovuto alla lotta all'evasione fiscale.
Il dato del 25 per cento è stato anche smentito in parte dalla Banca d'Italia, la quale ha affermato che, di tutto l'extragettito del 2006, solo il 15 per cento - forse - è dovuto alla lotta all'evasione fiscale. Dobbiamo, quindi, ancora una volta, smentire un'altra affermazione del Governo. Quest'ultimo ci dice di avere un extragettito perché ha fatto la lotta all'evasione fiscale. Poi andiamo a vedere i dati del Governo e risulta che, di questo extragettito, solo il 25 per cento - secondo il Governo - deriva dalla lotta all'evasione fiscale, mentre, secondo la Banca d'Italia, forse nemmeno il 15 per cento!
Questi dati sono importanti, perché vorremmo ricollegarci ad un aspetto fiscale di questo provvedimento, all'interno del quale si interviene sugli interessi passivi. Il Governo dice, con toni pomposi, di ridurre le aliquote IRES e IRAP. Riducendo tali aliquote, si potrebbe pensare: che bello! Le entrate diminuiranno, la pressione fiscale diminuirà e si dovrà pagare meno! Invece no, niente di tutto ciò accade, perché il Governo, a fronte di una riduzione delle aliquote IRES e IRAP, con questo provvedimento rivede la base imponibile.
In pratica, siamo di fronte ad un'operazione di marketing fiscale: da una parte, si dice che si diminuiranno le aliquote, dall'altra parte, si rivede la base imponibile, che viene alzata tramite provvedimenti sugli ammortamenti anticipati e sugli interessi passivi, per cui questi ultimi, ad esempio, non sono più deducibili come lo erano prima.
Questo intervento cosa comporterà? Da una parte vi sarà una riduzione delle aliquote ma, dall'altra parte, aumenterà la base imponibile. Nella relazione tecnica del Governo, con riferimento a questi provvedimenti, si sostiene che, a conti fatti, essi non saranno a gettito pari, anzi, da essi, deriverà un maggior gettito per un miliardo di euro.
Si torna così alla questione dell'extragettito e dei tesoretti: ci troviamo di fronte alle stime del Governo, che sono volutamente sottostimate, e quindi, da questi provvedimenti, non deriverà solo un miliardo di euro in più, ma vi saranno altri tesoretti e un altro extragettito (come quelli che abbiamo visto ieri).
Anche oggi il Governo volutamente sottostima le entrate - non siamo noi a sostenerlo, ma le organizzazioni di categoria, che sentiranno maggiormente gli effetti di questo intervento sugli interessi passivi - per non dire che vi è un aumento della pressione fiscale e per far credere che dalla diminuzione delle aliquote derivi una diminuzione della pressione fiscale.
Invece, il Governo rivede la base imponibile e afferma che incasserà solo un miliardo in più. Poi, da qui a qualche mese, comparirà un altro tesoretto e un altro extragettito. Si tratterà di una maggiore pressione fiscale che verrà venduta come extragettito. In realtà, si cerca volutamente di sottostimare le entrate provenienti da questi provvedimenti.
Nel provvedimento in discussione si verifica, ancora una volta, un fenomeno di questo tipo, ossia una particolare forma di falso in bilancio preventivo, in quanto non ci viene detto quello che questi provvedimenti comporteranno, realmente, in termini di maggior gettito.
I provvedimenti, come quello sugli interessi passivi, peseranno fortemente sulle piccole e medie imprese. Infatti, si trattaPag. 75un provvedimento che va a pesare sulle imprese che sono indebitate, sottocapitalizzate e appena nate. Infatti, quando si crea una società o un'impresa, si compiono degli investimenti e chiaramente ci si indebita, perché si devono acquistare attrezzature, beni strumentali e si deve poter investire per crescere. Oggi il Governo afferma che fino a ieri gli interessi passivi si potevano portare in deduzione, mentre adesso non si può più farlo.
Ciò costituirà un problema per le imprese che sono appena sorte, sottocapitalizzate e indebitate, in un momento in cui, oltretutto, sappiamo che l'economia, sotto il profilo della crescita, non sta andando come un anno fa. Queste imprese ne pagheranno direttamente le conseguenze.
PRESIDENTE. La prego...
MAURIZIO FUGATTI. Pertanto, per quanto riguarda tale aspetto, abbiamo presentato un emendamento molto semplice, proponendo di fare come in Germania, dove esistono norme sugli interessi passivi, ma dove è prevista una franchigia, che arriva fino ad un milione di euro: oltre un milione di euro di interessi passivi si applica tale norma, mentre al disotto di un milione di euro è prevista tale franchigia e la norma non trova applicazione.
Tuttavia, non abbiamo chiesto di fare proprio come avviene in Germania, perché sappiamo che questo Governo non avrebbe mai accettato tale proposta, bensì abbiamo proposto di prevedere una franchigia di 100 mila euro: cioè, fino a 100 mila euro gli interessi passivi possono essere portati in deduzione, invece, oltre 100 mila euro, entrano in vigore le nuove norme.
Il Governo ha bocciato questa proposta. Crediamo che, sotto il profilo fiscale - sul quale mi soffermo - questo sia l'aspetto che peserà maggiormente sulle piccole e medie imprese e sulle società italiane. Signor Presidente, la ringrazio e mi scuso del ritardo nell'esposizione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Patarino. Ne ha facoltà.
CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, il disegno di legge finanziaria al nostro esame finora ha registrato un primato assoluto, conseguendo un'unanime stroncatura da parte di tutte le istituzioni di controllo, nazionali ed internazionali (dal Fondo monetario internazionale all'Unione europea, dalla Banca d'Italia alla Corte dei conti, che in essa non hanno ravvisato la soluzione di uno solo dei problemi del sistema Italia), al tempo stesso accrescendo pesantemente la spesa pubblica, con una serie di interventi demagogici ed assistenzialistici, degni di una fase pre-elettorale e finalizzati, in realtà, a ricomprare al Senato, ad uno ad uno, i risicatissimi voti di maggioranza che tengono in piedi, contro ogni logica, il Governo Prodi e mortificando la crescita economica del Paese, aggravandone le condizioni di scarsa competitività, a cominciare da un'insostenibile pressione fiscale, per passare alla cancellazione delle innovazioni infrastrutturali.
Non sono serviti i tragici eventi delle ultime settimane (dall'orribile assassinio di Tor di Quinto, che ha tristemente messo in luce le condizioni di degrado in cui siamo costretti a vivere per effetto di un certo permissivismo irresponsabile di regime, fino addirittura all'assalto armato alle caserme delle forze dell'ordine da parte dei cosiddetti ultras, alla ricerca folle di un nuovo Raciti) per rimpinguare gli inadeguatissimi capitoli destinati alla sicurezza degli italiani che, evidentemente, è e resta l'ultima preoccupazione di un Governo e di una maggioranza in cui, non a caso, sono determinanti le forze che non hanno mai perso il vizio di criminalizzare e colpire i servitori dello Stato (dal saccheggio di Genova in occasione del G8, sino all'esaltazione vergognosa della strage di Nassirya e dell'attentato terroristico compiuto in Afghanistan da un kamikaze, in cui ha perso eroicamente la vita un nostro soldato, il maresciallo Daniele Paladini).
Dopo aver raccontato a lungo la frottola delle presunte colpe del Governo Berlusconi (come ha fatto anche poco fa l'onorevole Carta), dalle cui politiche ha ereditato, al contrario, tesoretti su tesoretti,Pag. 76puntualmente sprecati, il Governo Prodi si è assunto la pesantissima responsabilità di disperdere l'opportunità della ripresa economica mondiale per rimettere in marcia il Paese, tant'è che la crescita italiana è di gran lunga la meno consistente d'Europa.
Persino il Ministro Padoa Schioppa si è accorto di dover rivedere al ribasso le previsioni di incremento del PIL, su cui pure ha fondato questa finanziaria. Di certo non è il coraggio che vi manca, signori del Governo e della cosiddetta ex maggioranza: mentre, infatti, gli italiani sono sempre più alle corde, mentre i pensionati, le famiglie monoreddito, i precari e i disoccupati (anche con moglie e figli a carico) scivolano con facilità dalla condizione di difficoltà a quella di indigenza, voi presentate un disegno di legge finanziaria che, invece di semplificare, rende più complessi i fenomeni della nostra società; invece di sciogliere rende più intricato il groviglio dei suoi problemi; invece di superare, aggrava le difficoltà delle classi più deboli.
Forse chi occupa le poltrone del Governo non si rende conto che la situazione che viviamo è di assoluta gravità e tra le peggiori da quarant'anni a questa parte. Non c'è più una maggioranza: il centrosinistra, tra una citazione di Flaiano sul «poeta morente» e l'allusione allo scorpione di novantottesca memoria, è stato definitivamente sepolto.
Come scriveva, qualche giorno fa, sul Corriere della sera, Massimo Franco, «frana l'ultima sponda»: ora manca l'atto finale. Stanno saltando i rapporti politici, anche personali; cariche istituzionali dello stesso schieramento arrivano agli insulti politici; tutto sembra congiurare per lo sfascio dell'Unione. Proprio come prevedeva Massimo Franco, l'Unione si è sfasciata, lasciando in piedi una Babele all'interno della quale tutte le forze politiche dell'ormai ex maggioranza continuano a fare a gara, a concorrere (dal latino concurrere che, oltre a voler dire «correre incontro» e «incontrarsi», significa anche «correre all'assalto», «venire alle mani», «azzuffarsi», proprio come state facendo voi con le vostre risse, i vostri contrasti, le vostre contraddizioni, facendo pagare il salatissimo conto alla collettività).
«Che altro può accadere?», scriveva due o tre giorni fa, su la Gazzetta del Mezzogiorno, Giuseppe Giacovazzo, tanto per citare un altro acuto osservatore e politico di lungo corso, che non può neanche lontanamente essere sospettato di simpatia per la destra. Non si era mai visto, nella nostra Repubblica, che la lotta politica debordasse, dirimpettaia, tra Capo del Governo e Presidente della Camera, l'uno e l'altro della stessa coalizione, l'uno e l'altro nella stessa barca.
Allora vi chiediamo, signori del Governo: cos'altro volete che accada per dichiarare ufficialmente fallimento, chiudere bottega e ritirarvi in buon ordine? Gli italiani tutti - di centro, di destra e di sinistra - si sono stancati di ascoltare il solito ritornello: «Cade? Quando cade? Perché non cade?». È il peggior Governo della storia della Repubblica.
Ad esprimere giudizi di questo genere non siamo ormai più noi, ma sono, oltre al Presidente Bertinotti, i più autorevoli esponenti dello stesso Governo e della stessa ex maggioranza. Basta dare uno sguardo ai giornali ed ecco risaltare la notizia dei quattro Ministri «arcobaleno»: Mussi, Ferrero, Bianchi e Pecoraro Scanio, che in una lettera inviata al Presidente Prodi dichiarano che non è più possibile continuare così, oppure quella di Mastella, che ogni giorno minaccia la crisi con i suoi ultimatum (che D'Alema definisce «penultimatum»). Lo stesso dicasi di Di Pietro e di Dini che, considerata di fatto conclusa l'esperienza Prodi, chiede il Governo del pareggio, e via dicendo.
Insomma, se non fossero in gioco gli interessi, i bisogni, i problemi, le difficoltà, le disgrazie, i destini di milioni di italiani, diremmo che quello che offrite, cioè lo spettacolo della vostra fine, assomiglia tanto ad una farsa. Del resto, non c'è da meravigliarsi: solo chi non ha voluto vedere e sentire può oggi stupirsi del fallimento dell'esperienza del centrosinistra.
Scriveva profeticamente, circa due anni fa, Angelo Maria Palmieri, subito dopo lePag. 77primarie: «A primarie fatte, ormai, tocca riscrivere il programma e pare proprio che Romano Prodi si ritrovi a fare i conti con le stesse difficoltà del 1996, ma con in più una zavorra: tenere in considerazione anche le percentuali dei suoi sfidanti». Sempre in quel suo lucido intervento, Palmieri concludeva il suo ragionamento citando un articolo de Il Tempo di Roma di Diego Gabutti, il quale, dopo aver definito il centrosinistra come un gioco di società, il Monopoli, con la sola variante che tutti litigano per chi deve tirare i dadi, così testualmente sosteneva: «Se questo caotico e sconnesso cartello elettorale di passamontagna arcobaleno e Scalfarotti» - questo veniva detto due anni fa - «dovesse davvero governare l'Italia, finirebbe in burletta, insieme al centrosinistra». Palmieri diceva ancora: «Questa Unione è pure condannata a vincere, o meglio, condannati saranno gli italiani».
Ma al di là delle previsioni profetiche, puntualmente avveratesi, tornando all'oggi, onorevoli colleghi, sono molti gli osservatori italiani e stranieri che sono convinti che questa finanziaria, oltre ad essere deludente, perché non affronta i nodi cruciali, manca di strategia e non indica alcuna prospettiva, si rivelerà presto insufficiente, al punto da richiedere manovre aggiuntive nelle quali si può star certi che l'ideologia del «tassa e spendi», su cui si ritrova la sinistra estrema, avrà ancora il sopravvento sui conati pseudoriformisti degli ultimi e sempre più impotenti moderati.
D'altronde, l'occasione per ridurre le tasse, che la passata finanziaria aveva innalzato a livelli obiettivamente insostenibili, sia per le famiglie sia per le imprese, ed il cui peso soffocante e controproducente è stato denunciato anche dai guardiani istituzionali dei nostri conti pubblici, come la Banca d'Italia e la Corte dei conti, è stata volutamente dispersa da questo Governo, che ha preferito destinare il grande surplus di entrate di questi mesi a politiche improduttive quanto antistoriche, quali quelle della controriforma pensionistica e del soddisfacimento delle richieste e dei capricci di quei ministri che alzando la voce, minacciando e ricattando, si sono saputi imporre sugli altri, con la conseguenza di peggiorare strutturalmente i nostri bilanci, scaricando, ancora una volta, sulle nuove generazioni il peso dell'egoismo e dell'imprevidenza del Governo e della ex maggioranza.
E quando si strombazza di avere abbassato le tasse, fingendo di ridurre l'ICI, l'IRAP e l'IRES, in realtà altro non è stato fatto che mettere in atto una volgare truffa ai danni dei presunti beneficiari. I tagli sull'ICI saranno, infatti, rapidamente compensati e superati dalla revisione degli estimi catastali, mentre quelli all'IRAP e all'IRES produrranno, in realtà, un aumento del prelievo di circa 900 milioni di euro per effetto del contestuale ampliamento della base imponibile, risolvendosi, di fatto, in un vantaggio soltanto per le grandi banche, che continuate a coccolare, ed in un danno secco soprattutto per le piccole e medie imprese, che non appartengono, ovviamente, al vostro modo di pensare e di vedere.
A ciò si aggiunga, onorevoli colleghi, che gli ulteriori tagli agli enti locali, già portati ai limiti della sopravvivenza da quelli feroci dello scorso anno, non potranno che produrre nuovi aggravi delle imposte di loro competenza; mentre sono nient'altro che abili truffe i cosiddetti tagli dei costi della politica, a cominciare dalla riduzione del numero dei ministri e dei sottosegretari che scatterebbe dal prossimo Governo invece che da questo, con il furbesco risultato di rafforzare Prodi con l'autodifesa di una sua sterminata «armata Brancaleone».
Infine il Mezzogiorno, praticamente privato di ogni residua politica di sostegno dell'azzeramento di fatto degli ultimi incentivi, mentre incombe l'ombra inquietante di un federalismo fiscale che il Governo di centrodestra aveva saputo sventare e che oggi viene cinicamente rilanciato nell'evidente fine di blandire certo settentrionalismo, con buona pace di tutte le demonizzazioni smaccatamente strumentali degli ultimi anni. Per non parlare - sono notizie di questi giorni, di queste ore - della sorte che sta toccando alla mia regione, la Puglia: la giunta VendolaPag. 78in questa settimana sta per decidere sugli aumenti delle tasse. È quasi certo il rialzo al massimo dell'IRAP ed è da verificare l'aumento dell'accisa sulla benzina. Tutto ciò perché il Governo Prodi non ha accolto la richiesta dell'assessore regionale al bilancio della regione Puglia di spalmare in tre anni il debito di 200 milioni derivanti da un buco di cui la regione, governata dalla sinistra, è responsabile.
Insomma, una legge finanziaria, signori del Governo, onorevoli colleghi dell'ex maggioranza, che non promuove né sviluppo né giustizia, che aggrava la condizione complessiva del Paese e lo squalifica agli occhi del mondo, che serve soltanto a far sopravvivere a tutti i costi il peggior Governo della storia della Repubblica italiana. Un disastro, che potrà essere limitato solo con la sua fine immediata. Un disastro, dal quale noi cercheremo di liberare gli italiani dando concreto seguito, con le forze di cui disponiamo, all'impegno che abbiamo assunto come rappresentanti di Alleanza Nazionale in occasione della recente grande manifestazione di Roma - «Meno tasse più sicurezza» - che rappresenta un sicuro riferimento, un preciso punto di partenza per avviare la grande stagione del cambiamento, del rinnovamento, delle riforme, della ripresa di cui l'Italia dell'Europa e del mondo ha così tanto bisogno.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zanella. Ne ha facoltà.
LUANA ZANELLA. Signor Presidente, siamo in presenza di una manovra che se può considerarsi non troppo pesante dal punto di vista meramente quantitativo, certamente invece lo è sotto l'aspetto dei contenuti specifici e propri. Una manovra, secondo noi, decisiva dal punto di vista della sostenibilità dello sviluppo e con non pochi interventi importanti di redistribuzione sociale.
Una buona legge finanziaria, che si inserisce in un quadro più generale di conti pubblici sostanzialmente in ordine e soprattutto sotto controllo: lo dimostra il fatto che non sia stata accompagnata né preceduta da alcuna manovra correttiva. Anzi, tutt'altro: il disegno di legge finanziaria in esame è stato preceduto, com'è noto, da due decreti-legge, il n. 81 della scorsa estate (del 2 luglio 2007) e il recente n. 159 (del 1 ottobre 2007), che hanno disposto interventi espansivi rispettivamente per lo 0,4 e lo 0,5 per cento del PIL, e che sono stati caratterizzati da interventi per la crescita e soprattutto per la forte equità sociale.
Basti pensare agli interventi sulle pensioni minime e sugli incapienti, nonché al programma di edilizia popolare. Certamente si potevano ottenere ulteriori miglioramenti dei saldi di bilancio - sotto questo profilo, abbiamo molto dibattuto sia in Aula sia in Commissione - destinando solo a questo scopo tutte le risorse e l'extragettito, ma la scelta del Governo, che noi abbiamo sostenuto e sosteniamo ancora convintamente, è stata invece, fin dal primo momento, quella di contemperare l'azione indispensabile di risanamento e di correzione dei conti pubblici con misure di impulso allo sviluppo e di sostegno agli investimenti, nonché con interventi finalizzati alla riduzione delle diseguaglianze sociali, a favore dei redditi più bassi e delle famiglie più disagiate. Credo che siamo riusciti a trovare un punto di equilibrio importante tra queste diverse esigenze, ancorché ovviamente non risolutivo.
La manovra di bilancio per il 2008, come abbiamo visto, si inserisce in un contesto macroeconomico che presenta sensibili miglioramenti della nostra finanza pubblica rispetto agli anni scorsi, ma contestualmente anche segnali di rallentamento dell'economia internazionale. La crescita prevista per l'anno in corso è stata rivista all'1,9 per cento e quella del prossimo anno è prevista all'1,5 per cento. I nostri conti pubblici sono, comunque, decisamente migliorati e sotto controllo, l'indebitamento netto si riduce, così come il debito pubblico. L'avanzo primario si porterà al 2,6 per cento nel 2008, con ulteriori progressi negli anni successivi, dopo essere stato completamente azzerato negli anni passati.Pag. 79
L'esame della manovra economica in Parlamento ha comportato modifiche significative e decisive, sia sotto l'aspetto della giustizia sociale sia sotto quello della sostenibilità ambientale. È una manovra, quindi, convincente, che naturalmente presenta ombre e questioni aperte, che cercherò di illustrare più avanti.
Tra i tanti interventi importanti, contenuti nel disegno di legge finanziaria, desidero ricordare l'eliminazione dei ticket - gli odiosi ticket sulle prestazioni diagnostiche e specialistiche - il bonus per le famiglie più numerose, il credito di imposta automatico per le nuove assunzioni nel Mezzogiorno, l'aumento dei fondi per il funzionamento della sicurezza, del soccorso pubblico e per l'ammodernamento dei mezzi delle forze di polizia e del Corpo dei vigili del fuoco.
Ricordo anche che dalla Camera dei deputati è stata introdotta la previsione dell'acquisto di Canadair e, soprattutto, è stato deciso l'impegno a investire il gettito supplementare rispetto al previsto, frutto della lotta contro l'evasione, nella riduzione del carico fiscale gravante sul lavoro dipendente. Ricordiamo, infatti, la forte perdita di potere d'acquisto di stipendi e salari in questi ultimi anni, continuamente denunciato dalle forze di sinistra e dai sindacati, ma anche più recentemente dallo stesso Governatore della Banca d'Italia. Nel nostro Paese i salari e gli stipendi sono mediamente inferiori rispetto a quelli dei Paesi europei che presentano le nostre medesime o analoghe caratteristiche dal punto di vista dello sviluppo economico, per esempio sono più bassi del 20-25 per cento rispetto a quelli francesi.
Quindi, è molto importante che la finanziaria disponga la destinazione di eventuali future maggiori entrate, eccedenti rispetto agli obiettivi di indebitamento, all'incremento delle detrazioni dei redditi da lavoro dipendente. Vi è dell'altro.
Si è intervenuto sui cosiddetti costi della politica con interventi importanti - certo non risolutivi ma indicativi di una via -, quali il blocco delle indennità dei parlamentari per cinque anni, la riduzione rispetto alla composizione del Governo del 40 per cento, l'inserimento di un tetto agli stipendi dei dirigenti pubblici, la soppressione degli enti inutili, la razionalizzazione - o l'avvio della medesima - del sistema pubblico allargato.
Vi è poi il cosiddetto «pacchetto casa» che comprende l'aumento della detraibilità ICI, le misure di detrazione dell'IRPEF per gli affitti delle famiglie più bisognose e dei giovani, la proroga della detraibilità dei costi di ristrutturazione delle abitazioni ed interventi per l'efficienza energetica.
Il problema casa - credo che ciò vada riconosciuto - torna finalmente al centro delle politiche pubbliche, dopo anni di totale assenza di interventi seri ed efficaci.
Per quanto riguarda la ricerca, si è ottenuto che una quota non inferiore al 10 per cento dello stanziamento complessivo del fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica sia destinata ai progetti di ricerca presentati da ricercatori di età inferiore ai quarant'anni; si è reso permanente il beneficio per i progetti di ricerca nel settore sanitario di giovani ricercatori; si è incrementato l'ammontare dell'assegno del dottorato di ricerca e data quindi una prima risposta all'annoso problema degli specializzandi in medicina.
Nel settore dei trasporti e, in particolare, della mobilità sostenibile, si prevede la compartecipazione delle regioni al gettito dell'accisa sul gasolio per autotrazione, al fine di promuovere lo sviluppo dei servizi del trasporto pubblico locale e la riforma del settore. Vengono altresì stanziati 353 milioni di euro, nel triennio, per il fondo per la promozione del trasporto pubblico locale. Si tratta quindi di una manovra che si caratterizza anche da questo punto di vista. Si stanziano oltre 360 milioni di euro per lo sviluppo del trasporto merci ferroviario ed è confermato l'eco-bonus a sostegno delle autostrade del mare.
Si tratta di obiettivi molto importanti per il riequilibrio modale indispensabile per il rispetto del Protocollo di Kyoto. Per la prima volta, vengono defiscalizzati gli abbonamenti nel trasporto locale, regionale e interregionale come forma di sostegno attivo a chi utilizza mezzi collettivi;Pag. 80una battaglia - voglio sottolinearlo - condotta da anni dai Verdi. Allo stesso modo, è stato istituito un fondo per avviare un programma di valorizzazione e di recupero delle ferrovie dismesse, da destinare a itinerari ciclo-turistici e la loro conversione ad uso ciclabile (anche questa è una richiesta che avevamo avanzato da anni e presentato anche sotto forma di proposta di legge).
Non poche cose, quindi, si stanno muovendo decisamente nella giusta direzione, anche se le risorse finanziarie per gli investimenti sulle reti urbane e metropolitane tranviarie rimangono ancora insufficienti; settori questi che, dal nostro punto di vista, non sono ancora adeguatamente considerati.
Come dicevo prima, vi sono però anche note amare, quali l'introduzione tra le opere strategiche e seppure ai soli fini approvativi dell'asse autostradale Nogara-Mare Adriatico, introdotto nel corso della discussione in Commissione e rispetto al quale abbiamo presentato al vaglio dell'Aula un emendamento soppressivo. Voglio sottolineare, inoltre, l'improprio finanziamento della progettazione ed avvio del passante di Bologna, come più volte abbiamo denunciato nel corso della discussione l'enorme dispendio dovuto ad una politica di spesa militare che non si rinnova ed innova ma segue una pericolosissima scia, la corsa al riarmo e agli armamenti sempre più sofisticati, costosi e mortiferi che sembra travolgere questa scelta, i buoni propositi, le speranze e gli impegni programmatici.
Su tale aspetto credo che la sinistra debba assolutamente imporre una verifica al nostro Governo.
Tra l'altro, partecipiamo al più costoso programma statunitense della storia, relativo allo sviluppo del velivolo Joint Strike Fighter, che comporterà per l'Italia una spesa enorme: 158,2 milioni di euro, dal 2007 al 2011, e oltre 745 milioni di euro dal 2012 al 2036.
La conferenza sulle servitù militari, altro impegno sancito nel programma dell'Unione, deve essere ancora istituita, così come non è stata ancora decisa la moratoria sulla costruzione della nuova base militare americana di Vicenza; al riguardo, una richiesta di moratoria è stata avanzata anche dalle forze appartenenti alla Sinistra-l'Arcobaleno. Ricordo che sabato prossimo vi sarà una manifestazione proprio per ribadire il «no» alla base Dal Molin e confermare con forza la richiesta della moratoria.
Pertanto, ritengo che bisogna assolutamente continuare il confronto iniziato con il dibattito sulla legge finanziaria, ma che deve riguardare nodi che rimangono tutt'altro che risolti.
Signor Presidente, voglio concludere il mio intervento esprimendo soddisfazione per l'accoglimento di proposte emendative dei Verdi in campo ambientale, in materia energetica e di sviluppo delle fonti rinnovabili. In tale ambito siamo dinanzi ad una serie di norme che puntano finalmente e in maniera davvero innovativa, come mai era avvenuto finora, ad una crescita sostenibile del nostro Paese e a realizzare interventi indispensabili di riduzione di CO2 per il conseguimento degli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto.
Ricordiamo che l'Unione europea, nel marzo scorso, ha approvato l'obiettivo - peraltro, vincolante per i Paesi dell'Unione europea - del raggiungimento di una quota del 20 per cento di fonti rinnovabili sul totale, da raggiungere entro il 2020. Mancano veramente pochi anni; sembrano molti, ma se non si imposta una politica davvero innovativa trascorreranno e...
PRESIDENTE. La prego di concludere.
LUANA ZANELLA. ...non si raggiungerà l'obiettivo se non impostando serie politiche. Ebbene, con le norme previste da questa manovra, che si aggiungono a quelle già approvate con la legge finanziaria dello scorso anno, il nostro Paese ha iniziato ad intraprendere un percorso virtuoso, secondo i criteri ambientali.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.
PRESIDENTE. Onorevole Zanella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Giudice. Ne ha facoltà.
GASPARE GIUDICE. Signor Presidente, siamo dinanzi a 2.712 proposte emendative della maggioranza, 3.264 dell'opposizione e a 158 presentate in Commissione da parte del Governo e del relatore. Credo che tali cifre parlino da sole.
Il relatore, onorevole Ventura, ha tentato di valorizzare lo sforzo compiuto quest'anno in Commissione durante l'esame. Indubbiamente le intenzioni sono state buone. Devo dare certamente atto al presidente Duilio e all'onorevole Ventura di avere compiuto, quanto meno, un convinto tentativo di ripristinare la dignità dell'esame parlamentare. Su tale aspetto l'opposizione ha cercato di fare la sua parte, consapevole dell'esigenza istituzionale di agevolare un corretto svolgimento dell'iter parlamentare della legge e di un serrato, ma produttivo, confronto con il Governo e con la stessa maggioranza.
Ma i risultati sono stati mortificanti e dimostrano che siamo oramai giunti a punti di non ritorno e che oramai è impossibile ricondurre ad un minimo di razionalità l'esame della manovra di bilancio nelle attuali condizioni. Le cause sono all'interno di fenomeni di vasta portata, che occorre affrontare alle loro radici. Rispetto alla dimensione delle questioni, ogni sforzo di vera buona volontà è destinato al fallimento e alle maggiori delusioni.
Il primo problema è di ordine politico e riguarda in primo luogo lo stato di questa maggioranza. Nell'ambito della maggioranza che ha condotto il gioco, infatti, la molteplicità dei partiti e la necessità per ciascuno di essi di marcare la loro presenza nella totale mancanza di un disegno politico comune, portano alla frammentazione delle richieste e alla formazione di un elenco incoerente e paradossale di interventi della più varia natura, selezionati sulla esclusiva base delle ragioni di partito e delle esigenze individuali di singoli deputati meglio «piazzati» rispetto ad altri.
Il relatore onorevole Ventura ha avuto il coraggio e l'onestà intellettuale di ammettere le difficoltà che anche quest'anno hanno contraddistinto il percorso parlamentare, conseguente appunto al comportamento della maggioranza e del Governo. Il lavoro in Commissione bilancio si è svolto in un clima surreale di ostruzionismo di maggioranza, caratterizzato da un'attività emendativa alluvionale proveniente non tanto dall'opposizione, come è ovvio e naturale che sia, bensì dalla stessa maggioranza, dal relatore e dal Governo.
In questa situazione politica, vi è un copione già scritto e anche per il seguito dell'esame in Assemblea non vi sarà nessuna sorpresa, quando il Governo procederà all'ormai consueta prassi di presentare uno o più maxi emendamenti con la conseguente posizione della questione di fiducia. È, infatti, del tutto evidente che la maggioranza non è in grado di ripetere l'operazione puramente dimostrativa fatta al Senato, che peraltro è costata moltissimo alle finanze pubbliche e che non poteva non moltiplicarsi esponenzialmente alla Camera.
Non c'entrano inesistenti comportamenti dilatori dell'opposizione. Il problema, come abbiamo visto, riguarda i comportamenti della maggioranza. A seguito di tali comportamenti, le dimensioni assunte dal testo della legge finanziaria sono oramai mostruose. Fin qui faccio una valutazione di ordine politico, ma su questo punto subentra una valutazione anche di carattere istituzionale, che desidero sottoporre all'Assemblea, al Governo e a lei, signor Presidente. Ci troviamo di fronte ad una abnorme preponderanza della legge finanziaria e dei provvedimenti ad essa accessori, rispetto ad ogni altra forma di legislazione. Questo è uno dei fattori più influenti sulla pessima qualità della legislazione.
Nella legge finanziaria si accumulano una molteplicità di norme non sufficientemente meditate e frettolosamente redatte, che molto spesso descrivono esigenze anche legittime e condivisibili, senzaPag. 82però che esse vengano adeguatamente confezionate sul piano normativo. La peggiore conseguenza è che la maggior parte di quelle disposizioni resta inattuata. Una legge fatta di spunti - spesso anche buoni, ma che restano annunci o belle speranze per mancanza di coordinamento con la restante legislazione - non serve a nulla.
Una ricerca del Servizio studi della Camera dei deputati ha dimostrato che più della metà della legge finanziaria per il 2007 è rimasta sulla carta. Bisogna, quindi, porre fine a questo tipo di legge finanziaria per un verso troppo piena e per l'altro per larghe parti incompleta, fino a diventare apparente.
Il secondo problema di fondo riguarda, quindi, la stessa natura dello strumento finanziario. È ormai inconcepibile ed insostenibile la permanenza di una legge omnibus, che pretende vanamente di far fronte ad una infinita molteplicità di esigenze, che oggi si rivolgono, appunto, alla legge finanziaria.
Non so se ciò renda necessario - ma sicuramente non mi parrebbe sufficiente - intervenire sui regolamenti parlamentari, né se occorra modificare semplicemente i comportamenti del Governo, della sua maggioranza o della stessa opposizione. Le Commissioni bilancio delle due Camere hanno condotto lo scorso anno - ma avevano avviato tale riflessione anche nella XIV legislatura - un approfondito studio, rinnovando la tradizione che vede tali Commissioni capaci di riflettere in una modalità istituzionale e condividere le procedure.
In quella sede abbiamo convenuto sulla necessità di un drastico ridimensionamento dei contenuti della legge finanziaria, attraverso riforme strutturali del sistema della finanza pubblica. Occorre infatti modificare il rapporto tra legislazione sostanziale e legge di bilancio, ampliando la capacità decisionale di quest'ultima. Occorre inoltre, colleghi, assestare in via stabile con leggi permanenti, come il federalismo fiscale e la legge di coordinamento della finanza pubblica, i rapporti tra Stato e autonomie.
Infine, per decongestionare la legge finanziaria, occorre assicurare la piena funzionalità delle procedure legislative ordinarie, ormai scomparse da questo Parlamento. Nella paralisi dell'attività normativa ordinaria, ogni anno si assiste a questo assalto all'arma bianca all'unico treno che arriverà sicuramente a destinazione. In un nuovo quadro strutturale diviene possibile articolare la manovra finanziaria in una pluralità di strumenti legislativi collegati e anche superare la complessità e farraginosità della procedura di esame parlamentare. Si potrà finalmente eliminare alla fonte il fenomeno della indiscriminata presentazione e votazione di una mole immensa di emendamenti, di maggioranza e di opposizione, che inevitabilmente produce gravissime conseguenze procedurali in quanto non vi è alcun filtro, né differenziazione relativamente al loro reale peso e significato politico ed economico. Personalmente, dopo le ultime 48 ore di esame della legge finanziaria mi chiedevo che cosa avevo votato, cosa era «passato», cosa si era visto: sicuramente molte norme proposte dai colleghi erano di grande valore, ma non abbiamo avuto l'opportunità di esaminarle, di mediarle, di meditarle e di affrontarle.
In questo modo si potrebbe riportare la legge finanziaria alla sua funzione di strumento congiunturale di politica di bilancio volto alla selezione delle scelte allocative annuali. Infine, resta un nodo squisitamente politico. La prima esigenza riguarda l'esistenza di un Esecutivo in grado di svolgere il proprio ruolo di guida, senza subire indebiti ricatti da forze politiche di modestissimo peso elettorale, ma fondamentali per la tenuta della maggioranza. La riforma delle procedure di bilancio verso un potenziamento delle funzioni parlamentari si salda dunque con la capacità del sistema politico di esprimere maggioranze coese e non frammentate in componenti sempre in rotta di collisione, come avviene attualmente.
Questi sono i motivi fondamentali, signor Presidente, onorevoli colleghi, per cui Forza Italia ritiene questa finanziaria irPag. 83ricevibile e per questo esprimerà il suo voto contrario (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Leddi Maiola. Ne ha facoltà.
MARIA LEDDI MAIOLA. Signor Presidente, colleghi, nell'ascoltare con attenzione il dibattito che si è svolto finora ho condiviso le riflessioni di maggioranza e di minoranza. Mi richiamo ad un interrogativo dell'onorevole Galletti, perché l'incipit del suo intervento è stato esattamente quello che avrei dato al mio, se non mi avesse preceduto. Il collega Galletti si è chiesto: questa finanziaria è la più adatta a rispondere ai problemi del Paese in questo momento? Personalmente, credo di essermi data delle risposte che ritengo corrette, perché ritengo che il legislatore abbia un imperativo etico assolutamente rilevante e quindi debba dare risposte non formali ad una domanda determinante come questa.
Pertanto cercherò di fornire le tre risposte che mi sono data, cercando in questo modo di rispondere ai colleghi ed all'onorevole Galletti in particolare. A mio avviso, questa finanziaria oggettivamente reca interventi strutturali, rilevanti e positivi; ritengo che si diano segnali importanti - non strutturali, ma importanti - e che manchino, invece, misure che avremmo potuto adottare e che non abbiamo adottato. Del resto, la nostra attività di legislatori non termina con la finanziaria, anche se - e mi collego a quanto osservato dal collega Giudice poc'anzi - è evidente come essa corrisponda più o meno a venti interventi legislativi e costituisca un momento di palingenesi in cui l'intera Camera cerca di dare il proprio contributo migliorativo. Voglio appunto ricordare che l'attività normativa prosegue e questo mi dà fiducia nella possibilità che avremo di compiere, con l'adozione di norme successive, ciò che non è stato possibile introdurre in questa finanziaria.
Torno al primo punto, riguardante gli interventi che ritengo oggettivamente strutturali, importanti e positivi. Ritengo importanti, ad esempio, l'istituzione di un Fondo per la riduzione della pressione fiscale, la razionalizzazione degli obblighi in materia di IRES e di IVA, la semplificazione per i contribuenti minimi e marginali e l'intervento sul trasporto pubblico locale. Pur sintetizzando al massimo il mio intervento per contenerlo nei limiti temporali stabiliti ho voluto tuttavia richiamare in particolare tali misure. Ritengo, infatti, che il Fondo per la riduzione della pressione fiscale sia, in questo momento, la risposta migliore per un problema che tutti abbiamo comunemente rilevato. La nostra società, infatti, presenta sicuramente, tra gli altri, un punto estremamente critico e debole, ossia la necessità di mettere a disposizione più risorse per le famiglie. Dare a chi lavora la sensazione di avere a disposizione più risorse per affrontare con maggiore tranquillità gli obblighi che la quotidianità della vita gli impone significa ridare fiducia e fare ripartire i consumi: credo che tutti siamo assolutamente consapevoli che alla ripresa dei consumi interni sia conseguentemente connessa la possibilità di far ripartire l'economia del Paese; di tutto ciò abbiamo assolutamente bisogno.
Richiamo anche il tema della semplificazione, a me particolarmente caro; ritengo che la semplificazione in ordine agli adempimenti fiscali - introdotta in particolare nei confronti di circa un milione di imprese, quelle con ricavi al di sotto dei trentamila euro - costituisca un segnale strutturale importante; anch'esso va nella direzione di ridare fiducia nelle istituzioni e nella funzionalità complessiva dello Stato.
Altrettanto importanti sono i segnali rispetto alle funzioni strutturali introdotte: ritengo, ad esempio, che i risultati raggiunti in materia di riduzione dei cosiddetti «costi della politica» (titolo generale che dovrebbe comprendere contenuti da decodificare in maniera diversa) rappresentino un segnale della volontà di ridurre alcuni fenomeni che hanno esasperato la gente che ci guarda e ci osserva mentre deve affrontare i problemi della propria quotidianità. Ritengo che a tuttoPag. 84ciò andrebbe aggiunta - e questa, sì, sarebbe una vera riduzione dei costi della politica - una maggiore efficienza dell'attività della vita pubblica. Questa è la risposta strutturale che compendierà quanto si è iniziato a realizzare in merito ai costi della politica.
Lo stesso discorso vale per quanto si è iniziato a realizzare in tema di innovazione e di ricerca, anche con il contributo che su alcuni temi fondamentali ha fornito la minoranza (credo si tratti di segnali del tutto significativi).
Avrei voluto che alcune previsioni fossero inserite già nel disegno di legge finanziaria in esame, che dà un segnale forte al Paese; ovviamente, però, ciò non è stato possibile, perché non tutto può essere contenuto nella legge finanziaria. Mi ero ripromessa di presentare solo emendamenti di semplificazione: sono depositati e spero potranno essere considerati. Aggiungerei che, dovendo «forzare» l'esame per introdurre in corso di approvazione norme all'interno del disegno di legge finanziaria, più che alla class action avrei forse guardato al provvedimento di semplificazione della pubblica amministrazione, il cui iter parlamentare ormai compie un anno di vita. Avrei voluto - spero si possa fare successivamente - che vi fossero segnali per la classe media, che sta cambiando strutturalmente e che noi stiamo guardando ancora con occhi «vecchi»; essa, invece, aspetta da noi risposte complessivamente diverse. Ricordo che una classe media che resta in questo clima di incertezza non può che generare risposte populiste: credo non sia questo ciò di cui abbiamo bisogno.
Infine, una considerazione sul merito. Vi saranno altre occasioni per discuterne, ma il disegno di legge finanziaria in esame sarebbe stato, forse, il momento più opportuno per dare un segnale in tal senso e per ricordare che sul merito si fondano l'innovazione e il futuro del nostro Paese. Quando una società non riconosce più le sue menti, non si tratta di un problema di principio: a risentirne è direttamente l'economia. Ricordo solo che Crotone non riconobbe l'intelligenza di Pitagora - la sua mente migliore - e lo costrinse a rifugiarsi a Metaponto: quello fu l'inizio del declino della Magna Grecia. Il merito, pertanto, non è un problema di principio, ma economico (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico-L'Ulivo e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Armosino. Ne ha facoltà.
MARIA TERESA ARMOSINO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor relatore e colleghi, nel formulare talune osservazioni sulla manovra finanziaria che è ora al nostro esame partirò da quanto è stato dichiarato dal relatore, l'onorevole Ventura.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 17,30)
MARIA TERESA ARMOSINO. A differenza, forse, di altri colleghi dell'opposizione, concordo con l'onorevole Ventura su quanto egli ha affermato - ed è agli atti - riguardo ai lavori in Commissione.
Sono d'accordo sul fatto che in Commissione la maggioranza abbia svolto una grande attività per trovare al suo interno una sintesi e che l'opposizione, considerata la grande difficoltà della maggioranza a realizzare tale obiettivo, non abbia infierito, per così dire, e comunque abbia voluto e concorso a far sì che il disegno di legge finanziaria uscisse dalla Commissione con un mandato al relatore su un testo che, sia pure per parti e in modo sommario, era stato esaminato nella stessa Commissione.
Su un dato non posso concordare con l'analisi del relatore: si tratta del dato relativo al fatto che l'opposizione non abbia indicato, come egli sostiene, una vera politica alternativa.
È evidente che non è possibile, nei tempi che ci sono concessi, approfondire tale argomento. Mi soffermerò solo su taluni aspetti, assolutamente minoritari, per affermare che una politica alternativa, nei limiti della proposizione emendativaPag. 85alla manovra finanziaria, financo chi vi parla ha tentato di indicarla. E possiamo esaminarla, per affermare che, invece, è alternativa a quanto la maggioranza, in Commissione, e il Governo, nella parte che aveva redatto e nella parte che era già stata oggetto di approvazione al Senato, avevano sottoposto al nostro esame.
Citerò pochissimi casi. Le azioni collettive risarcitorie: è ben vero che, all'interno della Camera dei deputati, si è tentato di porre un filtro ad un'azione assolutamente indiscriminata, che poteva essere proposta da non meglio qualificate o accertate associazioni portatrici di interessi, demandando al tribunale tale verifica.
Però, onorevoli colleghi, le azioni collettive risarcitorie, al di là della questione relativa alla loro congenialità rispetto alla situazione del nostro Paese, nel momento in cui vengono decise e stabilite, richiederebbero quell'atto di coraggio in più che so che molti, nella maggioranza, avrebbero voluto: avrebbero dovuto essere dichiarate non retroattive.
Ma se, in occasione dell'approvazione della legge finanziaria dello scorso anno, la maggioranza subì l'emendamento del senatore Pallaro (che, in assenza di fondi, rifiutava di votarla), allo stesso modo quest'anno ha subìto il veto del senatore Manzione, che si è stracciato le vesti e ha pensato bene di affermare, sulle TV e nei giornali, il giorno stesso della votazione in Assemblea, che, laddove fosse stata dichiarata l'irretroattività di tale norma, egli non l'avrebbe votata.
Credo che, anche su questo punto, la maggioranza debba un po' interrogarsi, perché non sta offrendo lezioni di stile.
Riguardo alla casa e alla valorizzazione del patrimonio pubblico, l'attuale Governo afferma di volere e di aver varato provvedimenti importanti per dotare di una casa coloro che più ne hanno diritto e non la possiedono.
Non credo, purtroppo, che le misure introdotte nel presente disegno di legge finanziaria, mirando tutte al settore pubblico, possano offrire concrete risposte a tale problema.
Leggevo oggi, proprio sul Corriere della sera, un dato che viene pubblicato adesso, ma che era a conoscenza da molto tempo: si afferma che gli immobili ex IACP (ora ATC, ATER, ALER, variamente denominati in relazione alle zone territoriali) per un quinto sarebbero occupati da persone che non ne hanno titolo.
Si tratta di una situazione pressoché inesistente nel mio Piemonte e nella mia Torino, ma che rappresenta più di un quinto dei casi, circa il 30 o il 40 per cento, nella città di Roma e in altre zone. L'intervento previsto nel disegno di legge finanziaria sulle agevolazioni sull'ICI nei confronti di coloro che daranno gli immobili in locazione per 25 anni ha certo dietro di sé un nome e un cognome che non riesco oggi a prefigurare, ma che sicuramente non riguarda l'intervento dei privati nella loro genericità.
Venendo alle differenze di visione politica, vorrei ricordare che avevamo proposto - lo voglio sottolineare in Aula - un emendamento con il quale, senza «scassare» i conti pubblici e non incidendo sul bilancio, si prevedeva di applicare per gli immobili di nuova costruzione, realizzati entro il 2010, e che venivano ceduti in locazione per la durata di dieci anni una tassazione fiscale separata del 20 per cento. Questo avrebbe significato incentivare di nuovo qualche privato ad acquistare un certo numero di alloggi da immettere nel settore delle locazioni pagando una tassazione del 20 per cento. Una tale misura avrebbe consentito con l'intervento del privato di avere di nuovo a disposizione un volano costituito da case idonee per dimensioni e caratteristiche alle esigenze abitative della società odierna, dei single, delle giovani coppie e di coloro che si trasferiscono per lavoro. Questa misura, trovando attuazione dal momento in cui queste abitazioni sarebbero state costruite e immesse sul mercato, non avrebbe avuto dei costi e non avrebbe potuto sottrarre risorse perché avrebbe avuto una decorrenza futura; ma malgrado ciò non è stata accolta.
Avevamo anche provato a ipotizzare una copertura finanziaria di 5,4 milioni diPag. 86euro, un'inezia! Questa proposta non è stata accettata perché, onorevole Ventura, su questi temi siamo diversi: noi non crediamo allo Stato che drena risorse per risolvere i problemi esistenti, ma crediamo in uno Stato che lascia al privato la possibilità di concorrere alla soluzione dei problemi. Questa è una differenza che, purtroppo, si vede e che permea questo disegno di legge finanziaria sul quale oggi chiedete un voto favorevole.
Voglio sottolineare un altro aspetto sul quale siamo diversi: vi riempite la bocca con interventi a favore delle donne tanto da costituire fondi per la creazione di un bilancio di statistiche di genere; tutto ciò è ridicolo! Le donne non hanno bisogno di bilanci e statistiche di genere: siamo di fronte alla retroguardia del pensiero involuto! Le donne hanno bisogno di screening per l'osteoporosi, hanno bisogno di ridurre l'età nella quale sono ammessi gli screening per il tumore della mammella. A fronte di queste esigenze concrete abbiamo ottenuto la vostra risposta negativa.
Avete, inoltre, assunto i precari di Palermo dimenticando che siete stati in grado di fornire per questa misura una copertura per il solo 2008 e non anche per gli anni 2010 e 2011. Non stiamo parlando di interventi strutturali, ma della presenza massiva di uno Stato che ritiene di poter risolvere i problemi. A noi piace uno Stato più amico che, in primo luogo, non ci impedisca di esistere (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Siniscalchi. Ne ha facoltà.
SABINA SINISCALCHI. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, signor relatore, avremmo voluto che la legge finanziaria riflettesse fino in fondo l'impegno del nostro Paese in politica estera.
Con il nuovo Governo l'Italia ha decisamente rilanciato la sua politica internazionale, sa svolgere un ruolo politico autonomo nel contesto mondiale, ha saputo convincere altri Governi a seguire la via diplomatica in situazioni di tensione e di conflitto, e ha avuto l'autorevolezza di includere importanti questioni, come la moratoria della pena di morte, nell'agenda politica internazionale.
Non possiamo che essere soddisfatti di questo nuovo corso. Tuttavia, la strada da fare è ancora tanta e riguarda soprattutto la cooperazione allo sviluppo. Con gli Obiettivi di sviluppo del millennio la comunità mondiale si è data un puntuale programma di azione, e per la prima volta ha raggiunto un accordo su obiettivi precisi, misurabili e con una scadenza predefinita: il 2015.
L'Italia ha firmato questo Accordo e ha dato, per così dire, la sua parola d'onore di Paese donatore, di Paese ricco, di Paese che fa parte del G8. Il Governo lo ha riconosciuto nel Documento di programmazione economico-finanziaria, nella parte in cui si è previsto che gli impegni internazionali, pur non avendo forza di legge, sono vincolanti nei confronti della comunità internazionale, e - più avanti nel testo - che i ritardi accumulati nel far fronte agli impegni presi si traducono in una perdita di credibilità del Paese.
Per ovviare a questa perdita di credibilità, anche grazie alla forte pressione del Parlamento e della società civile, con il collegato alla finanziaria ci siamo messi in pari. Abbiamo finalmente versato i nostri contributi alle Nazioni Unite, alle banche e ai fondi internazionali e al Fondo globale di lotta all'AIDS. Tuttavia restiamo fortemente indietro per quanto riguarda l'aiuto pubblico allo sviluppo.
Ci siamo impegnati, insieme agli altri componenti dell'Unione europea, a versare, entro il 2015, lo 0,51 per cento del prodotto interno lordo, in cooperazione. Per adempiere a tale impegno, entro il prossimo anno, come peraltro si diceva nel DPEF, avremmo dovuto raggiungere una quota pari allo 0,33 per cento. Con questa manovra finanziaria non ci siamo, in quanto al massimo arriveremo allo 0,29 per cento, e tale dato non ci soddisfa.
Giustamente nel DPEF il Governo colloca la cooperazione sotto il capitolo dell'equità sociale, e noi concordiamo con questa classificazione perché mai comePag. 87oggi abbiamo bisogno di cooperazione per contribuire a ristabilire condizioni di uguaglianza e pari opportunità.
La globalizzazione ha mancato gli obiettivi che molti gli attribuivano, ovverosia l'idea che potesse diffondere, attraverso il mercato, ricchezza e benessere. In realtà, oggi abbiamo sotto gli occhi un mondo sempre più diviso, e le stesse istituzioni internazionali, dalla Banca mondiale al Fondo monetario internazionale all'OCSE, riconoscono che il fenomeno delle diseguaglianze si è polarizzato. Si tratta di un mondo sempre più diviso, dove, anche a causa della crescente ingiustizia e dell'impossibilità per intere popolazioni di uscire dalla spirale della miseria, si acuiscono le tensioni, scoppiano nuove emergenze sociali e si scatenano altri conflitti.
Un mondo così ha bisogno, secondo noi, più di cooperazione e di diplomazia che di interventi militari, ma questo disegno di legge finanziaria ancora non riflette questa convinzione.
Rimane stridente la sproporzione tra la percentuale del bilancio dello Stato destinata al Ministero degli affari esteri, che non supera lo 0,5 per cento, e quella destinata alla difesa, che è quasi del 4 per cento. Noi pensiamo che questo sia sbagliato, moralmente ma anche politicamente.
Un'ulteriore nostra preoccupazione riguarda anche una maggiore razionalizzazione nell'utilizzo delle risorse. L'Italia versa una quota sostanziosa ai fondi e alle banche internazionali dove è rappresentata dal Ministero dell'economia e delle finanze, ma manca una concertazione tra questo Ministero e quello degli affari esteri.
Quando si è approvato il provvedimento sulle missioni militari vi si sono incluse iniziative di cooperazione, con un'evidente confusione tra l'intervento militare e quello civile. Addirittura, con la manovra finanziaria la funzione della cooperazione è stata attribuita ad altre amministrazioni. È successo l'anno scorso con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e succede quest'anno con il Comitato nazionale sul microcredito.
Abbiamo cercato di ovviare a questa frammentazione con emendamenti parlamentari, ma resta il problema di fondo: la cooperazione richiede competenze specifiche, linee d'intervento coerenti, una delega politica chiara e la massima trasparenza nell'assegnazione e nell'utilizzo dei fondi.
Ci auguriamo che vada rapidamente in porto la riforma della cooperazione, che è davvero urgente, ma nel frattempo riteniamo che occorra utilizzare le poche risorse disponibili con maggiore razionalità.
Infine, per il futuro vorremmo evitare che l'Italia, dopo aver sottoscritto solennemente impegni internazionali, non li rispetti a causa del mancato stanziamento delle relative risorse. È successo con il Fondo globale per la lotta all'AIDS, alla tubercolosi e alla malaria...
PRESIDENTE. Onorevole Siniscalchi, la invito a concludere.
SABINA SINISCALCHI. Per questo motivo, avremmo voluto che si cominciassero ad accantonare risorse in un fondo speciale per consentire al nostro Paese di rispettare gli impegni presi. L'emendamento, pur approvato quasi all'unanimità dalla Commissione affari esteri da maggioranza e opposizione, non è andato in porto, ma rilanceremo la proposta con un'iniziativa legislativa.
In Commissione abbiamo lavorato bene, vi è stato molto consenso e sintonia tra maggioranza e opposizione, perché partiamo da un'idea: che la cooperazione sia utile a creare un mondo meno ingiusto e più sicuro.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cassola. Ne ha facoltà.
ARNOLD CASSOLA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor sottosegretario, come deputato del gruppo dei Verdi non posso che essere soddisfatto per l'andamento della legge finanziaria dello scorso anno, nonostante la sua durezza e la suaPag. 88impopolarità. Infatti, grazie alla spinta dei Verdi, lo scorso anno si è registrato un record per quanto riguarda l'installazione degli impianti fotovoltaici in Italia.
Anche quest'anno nel disegno di legge al nostro esame le misure verdi a favore delle fonti di energia rinnovabili ed alternative dovrebbero offrire un forte contributo non solo per diminuire l'emissione di CO2 da parte dell'Italia, ma anche per ridurre gradualmente i costi delle bollette di ogni italiano.
Per quanto riguarda, invece, gli italiani residenti all'estero dai quali sono stato eletto, la mia soddisfazione è molto minore. È positivo che il disegno di legge finanziaria stanzi maggiori risorse per gli imprenditori italiani all'estero e per l'insegnamento della lingua italiana nel mondo. Però, poi, rimane ben poco.
Lo scorso anno avevo proposto, insieme ad altri colleghi eletti all'estero, oltre al rilascio della carta di identità direttamente presso il consolato nel Paese di residenza, anche la riduzione dell'ICI e della tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU) per gli italiani all'estero. Che fine hanno fatto questi suggerimenti? È giusto far pagare la quota intera di 12 mesi su ICI e TARSU agli emigrati che non usano la loro casa e, quindi, non producono rifiuti solidi tranne che per due mesi all'anno, al massimo?
Detto questo, vorrei riprendere il discorso sulla legge finanziaria da dove lo avevamo lasciato lo scorso anno e, quindi, dalla grande insoddisfazione per il modo in cui l'iter della legge finanziaria viene portato avanti anno dopo anno. Infatti, dopo l'approvazione della legge finanziaria per il 2007, tutti avevamo concordato sul fatto che il metodo con cui viene approvata la legge finanziaria in Parlamento è ormai obsoleto e assolutamente inappropriato.
Tutti chiedevano una riforma del metodo. Lo scorso anno io, come tanti altri, nel mio intervento in Aula avevo dichiarato che urgeva una riforma della procedura di approvazione della legge finanziaria e che non si poteva continuare ad approvarla in questo modo. Mi sembra, invece, che siamo sempre alle solite. Perciò anche proposte concernenti la legge finanziaria del tutto ragionevoli e legittime vengono respinte quasi in maniera automatica.
Vorrei portare qualche esempio in ordine a quanto successo la settimana scorsa in Commissione. Lo scorso anno, dopo fatica e pena, finalmente avevamo convinto il Governo ad estendere le detrazioni per carichi di famiglia anche agli impiegati del Ministero degli affari esteri all'estero. Il Governo, però, aveva limitato questa misura esclusivamente fino all'anno 2009. Quest'anno, io ed altri colleghi eletti all'estero abbiamo chiesto, ritenendolo costituzionalmente doveroso, che questo limite temporale del 2009 venga abrogato. Cosa ha risposto la Commissione bilancio? Ha dichiarato la proposta inammissibile a causa di una copertura insufficiente. Mi chiedo se sia possibile creare discriminazioni tra italiani in loco e italiani all'estero, che vanno apertamente contro la Costituzione italiana. Ebbene, la Commissione bilancio ha risposto che, se non ci sono le risorse necessarie, è giustificabile ricorrere ad una specie di mini apartheid anticostituzionale.
Il secondo emendamento da noi proposto era il seguente: al personale delle rappresentanze diplomatiche e consolari e degli istituti di cultura assunti all'estero si applichino gli accordi collettivi concernenti la costituzione e il funzionamento delle rappresentanze sindacali unitarie e i diritti e le prerogative sindacali sul posto di lavoro, nonché 90 giorni di malattia (non 45), come appunto spetta ai loro colleghi in Italia. Risposta della Commissione bilancio: proposta inammissibile per insufficiente copertura. Quindi, il risultato sono diritti sindacali e di malattia minori per questa sottospecie di italiani, in quanto residenti all'estero.
La terza richiesta, già accettata dalla I Commissione e dal sottosegretario Marcella Lucidi nel testo sulla cittadinanza, è stata poi stralciata per mancanza di copertura finanziaria, con l'impegno del Governo di reperire la copertura in questa legge finanziaria. Si tratta della possibilità di riacquistare la cittadinanza italiana per i figli, anche se nati prima del 1o gennaio 1948,Pag. 89delle donne che erano state obbligate a rinunciare alla cittadinanza. È la richiesta naturale per l'eliminazione di una discriminazione per motivi di età, di sesso e di genere nettamente anticostituzionale.
Cosa risponde questa volta la Commissione bilancio? Risponde che non è ammissibile per estraneità di materia. Ma siamo matti? Prima il Governo stralcia un articolo con l'impegno di reperire i soldi in questa legge finanziaria, poi, quando si arriva al suo esame, si dice che è una materia estranea. Per favore, non prendiamoci per i «fondelli»! Non si può continuare così! È necessario arrivare ad un modo logico e razionale di predisporre la legge finanziaria. Se viene proposta una misura positiva, è necessario accogliere gli emendamenti sensati, indistintamente da chi li abbia proposti. Non possiamo continuare con la logica di soddisfare chi ha più potere contrattuale - ergo, di ricatto -, perché rappresentati da un numero più ampio di deputati, e di ignorare quelli poco rappresentati. Spero che il prossimo anno non saremo qui a ripetere le stesse cose.
Infine, esprimo il grande disappunto per quanto riguarda il progressivo indebolimento del sistema diplomatico e consolare all'estero. Sono anni che assistiamo al progressivo smantellamento di questa rete, con l'attribuzione nella legge finanziaria di risorse sempre minori. Inoltre, tutte le decisioni riguardo alla cosiddetta razionalizzazione e al potenziamento vengono prese all'interno del Ministero degli affari esteri, senza coinvolgere il CGIE (il Comitato generale degli italiani all'estero), né i Comites, né i parlamentari eletti all'estero. Quali sono i risultati di tali decisioni unilaterali, chiuse e non trasparenti? Sono delle grandi «frittate», come la chiusura dei consolati di Edimburgo o di Edmonton in Canada, decisioni che il Governo è costretto a rimangiarsi dopo qualche giorno. Vi sono, inoltre, molte dicerie e gossip in Svizzera, in Francia e in Germania su quali consolati verranno declassati o chiusi.
Spero, in conclusione, che il Ministero degli affari esteri si ravveda una volta per sempre e che inizi a coinvolgere attivamente tutti se veramente vuole arrivare ad una razionalizzazione e ad un potenziamento, piuttosto che ad un indebolimento effettivo, di tutta la rete diplomatica e consolare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole D'Agrò. Ne ha facoltà.
LUIGI D'AGRÒ. Signor Presidente, il rituale della legge finanziaria si svolge stancamente, come al solito, ma forse con un accenno superiore in questa tornata, sapendo perfettamente ciò che capiterà o potrà capitare a distanza di ore e che in qualche modo vanificherà tutto il dibattito che i parlamentari svolgono ora in questa sede.
Sarebbe estremamente interessante ripercorrere alcune note che riguardano il dibattito della legge finanziaria precedente. Vi sono due elementi che contraddistinguono, in linea retta, quella e questa legge finanziaria: lo sviluppo e l'equità sociale. Sarebbe importante considerare se effettivamente le due parole hanno avuto significato quest'anno e se, pertanto, anche quanto previsto nella legge finanziaria in discussione non sia una pura e semplice illusione.
Quando si parla di sviluppo, varrebbe la pena di ricordare alcuni giudizi che sono stati dati dalle società internazionali di rating. Una società afferma che mancano gli interventi strutturali a sostenere l'extragettito che è pervenuto nel 2007 nelle casse del Tesoro; poche e prive di coraggio sono le operazioni a sostegno dell'economia, incapace di tenere il passo del resto dell'Europa e colpevole di un'arretratezza competitiva che ha raggiunto livelli imbarazzanti. Non lo dice l'opposizione.
Un'altra società di rating afferma che il Governo italiano aveva 11 miliardi di euro disponibili per eventuali riduzioni di deficit e di debito, grazie alla forza del gettito e ad alcuni risparmi di spesa.
Il Governo Prodi, invece, ha scelto di destinare le maggiori entrate a tagli di imposte sulle imprese (più avanti vedremoPag. 90quali) e sulla casa (vedremo anche di che tipo) e ad un aumento della spesa per welfare. Sappiamo perfettamente che dallo scalone si è passati allo «scalino», ma ciò comporta, probabilmente, un aggravio per le casse dello Stato di 10 miliardi di euro, fatte salve alcune rivisitazioni a seguito della definizione di «lavori usuranti» ed occupazione.
In sostanza, questo è un Paese che cresce poco e nell'ultimo anno non vi è stata alcuna inversione di tendenza. È vero: vi è stata la possibilità - grazie anche alle maggiori entrate, ma soprattutto ad un prelievo fiscale esagerato - di sistemare i conti di questo Paese. Ve ne diamo atto. Tuttavia, il problema è un altro: in questo momento voi utilizzate le maggiori entrate non per risistemare strutturalmente la spesa di questo Paese, ma per aggiungere spesa a spesa.
In altri termini, avete raggiunto certamente l'obiettivo di far scendere sotto il 3 per cento l'indebitamento del nostro Paese, ma nel contempo avete prodotto spese ripetitive, che porteranno il Paese, già dal prossimo anno, a superare il 3 per cento. Non l'ho detto io, l'ha affermato il presidente Dini ieri sera nella trasmissione Porta a porta.
Mi domando come farete, ma non lo so! Il dramma è che questo Paese, continuamente, ad azioni magari positive, immediatamente abbina anche azioni negative, che in qualche modo ricadono - assolutamente e in maniera preoccupante - sulle future generazioni.
Quando parliamo, per esempio, di sviluppo e, quindi, di dotazione di risorse alle imprese, è vero che cercate in qualche misura di superare aspetti che anche per noi sono stati di peso tagliando IRES e IRAP. Sì, è vero, le tagliate, ma - è inutile che ce lo diciamo - a favore di chi e contro chi? Infatti, se questo tipo di operazione di taglio ha costo zero, qualcuno ci perde, ossia le piccole e medie aziende.
Voi potete anche dire che fate un'altra operazione, ossia quella sulla deduzione degli interessi passivi, introducendo un nuovo corso. Affermate infatti che, da questo punto di vista, vi è la necessità di capitalizzare meglio il sistema delle imprese nel nostro Paese. Giusto! Ma ritenete che questo strumento sia valido? Oppure non ritenete che costituisca un colpo mortale - assieme all'aumento della base imponibile fatta per IRES e IRAP - che va a colpire effettivamente le piccole e medie aziende di questo Paese, le quali costituiscono l'ossatura e la struttura portante del sistema economico?
Io sono favorevole all'ampliamento dimensionale delle imprese, ma dobbiamo aiutare quelle che abbiamo a crescere, non a farle morire!
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO LEONI (ore 18)
LUIGI D'AGRÒ. Ho la netta sensazione che, con questo tipo di provvedimenti, vi sia più la voglia di penalizzare il sistema imprenditoriale italiano, piuttosto che di dare effettivamente un sostegno allo sviluppo nel nostro Paese. Pertanto, sotto questo aspetto, ritengo che il Governo sia fortemente contraddittorio o, peggio, non dica la verità.
Quando in questa finanziaria vengono fatte altre operazioni (che, per esempio, riguardano un dibattito aperto nel Paese da parecchio tempo, come la class action), mi domando se un'operazione di questo genere, buttata dentro all'improvviso, non valesse altrettanto quanto la liberalizzazione dei servizi pubblici. Quando si compie un'operazione sulla class action, addirittura con un'azione di rivalsa retroattiva (l'istituto della retroattività, ormai, è in uso nel nostro Paese per ogni norma che ritengo penalizzante del diritto naturale), se questa è entrata nel nostro ordinamento, si sarebbe potuto far entrare nel nostro ordinamento anche la liberalizzazione dei servizi pubblici.
Si tratta di una riforma molto attesa dall'insieme dei cittadini italiani e dalle associazioni di categoria, che è utile per non rendere ingessato un settore che penalizza molto anche le risorse a disposizione del singolo cittadino, le quali siPag. 91afferma che, in qualche misura, secondo una logica di equità sociale, vengano aumentate attraverso il taglio dell'ICI.
Rivolgo una domanda al Governo per sapere se ritenga che l'operazione del taglio dell'ICI, che è avvenuta presumibilmente nella misura di circa 70 euro in media per famiglia, possa competere con il previsto aumento delle tariffe di 1.350 euro, ipotizzato per l'anno 2008.
Anche da questo punto di vista, basta esclusivamente creare mister prezzo per fornire una soluzione di facciata al problema dell'aumento del costo della vita, senza guardare effettivamente su cosa incidere e, mediante un'azione di facciata di questo genere, sostenere che si è intervenuto fortemente sul tema della casa?
Vi è anche un altro aspetto che vorrei ricordare al Governo. Ogni tanto, in ogni provvedimento - è capitato con il decreto fiscale e capita anche con la legge finanziaria - sono previste azioni che riguardano il sistema elettrico nazionale. Si tratta di un altro problema che attiene alla tariffe e che pesa molto sul bilancio familiare.
Anche in questa occasione vi sono interventi che non si comprendono. Il più delle volte si tratta di interventi a favore di qualcuno, ma non sono certamente a favore di una rideterminazione della tariffa energetica del nostro Paese, che sarebbe giusto vedere realizzata anche in un disegno di razionalizzazione delle accise, previste dal Governo, le quali sono eterne e ormai hanno superato ed esaurito la propria valenza nel tempo.
Se vogliamo iniziare effettivamente a dare sostegno alle famiglie, non credo che vi debbano essere azioni come queste, compiute nel corso dell'esame del disegno di legge finanziaria relativamente al sistema elettrico italiano, senza toccare minimamente il sistema tariffario. Invece, ciò capita sistematicamente e la tanto vantata riforma del sistema elettrico rimane nel cassetto.
Inoltre, vi è un altro tema importante che riguarda lo sviluppo: la dotazione di risorse per la ricerca. Si tratta di un intervento positivo. Vorrei ricordare al Governo che, anche l'anno scorso se ne è parlato, ma, successivamente ci si è accorti che le risorse non sono state spese, perché la dotazione delle risorse finanziarie a favore della ricerca in un unico capitolo ha causato la mancanza di regolamenti attuativi per poterle spendere. Signor sottosegretario, non vorrei che, anche in questa occasione, risorse importanti per lo sviluppo del Paese rimanessero ferme nel cassetto per far quadrare i conti.
Infine, mi consenta di parlare di un ultimo aspetto, relativo alla realizzazione di infrastrutture nel nostro Paese.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
LUIGI D'AGRÒ. Concludo, Presidente. Fa bene il Ministro Di Pietro ad affermare che è necessario chiudere le opere e i cantieri aperti, ma ho la sensazione che, invece, delle società siano state dotate di risorse per ripianare i debiti anziché per compiere gli investimenti strutturali nel nostro Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Borghesi. Ne ha facoltà.
ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, vorrei iniziare il mio intervento mettendo in luce le azioni che sono presenti nel disegno di legge finanziaria anche o principalmente per volontà dell'Italia dei valori.
Si tratta di interventi svariati, che vorrei ricordare cominciando da quelli riguardanti le politiche sociali. Ricordo, in particolare, l'estensione degli stessi benefici previsti per i danneggiati dai vaccini ai focomelici (i quali, come noto, negli anni Sessanta sono nati a causa di un farmaco che si chiama talidomide) e che da cinquant'anni aspettavano un indennizzo che hanno ricevuto in tutti gli altri Paesi.
Con riferimento alle politiche abitative, un nostro intervento permette oggi il trasferimento, a titolo gratuito, ai comuni di edifici sottoposti ad un vincolo per i profughi dell'ultima guerra, profughi che in questo momento non ci sono più o il cuiPag. 92numero si è enormemente ridotto, con il risultato che questi edifici non erano disponibili per essere ristrutturati e rimessi nel circuito, soprattutto a vantaggio delle famiglie a basso reddito.
In relazione alle politiche per l'informazione, abbiamo lavorato perché venissero riconosciuti alle emittenti locali i fondi necessari, perché riteniamo che in un sistema di duopolio televisivo (noi volevamo addirittura che si intervenisse per dare finalmente attuazione ad una sentenza della Corte costituzionale che da troppi anni attende di essere attuata e volevamo una norma transitoria che desse immediatamente luogo all'esecuzione di tale sentenza), l'unica protezione dell'informazione libera proviene dalle televisioni locali e per tale motivo abbiamo ritenuto di intervenire a loro favore.
Nelle politiche dei servizi di riscossione abbiamo agito affinché fosse mantenuta la concorrenza e non si arrivasse al monopolio di Equitalia: la nostra tradizione liberaldemocratica ci impedisce di immaginare monopoli anche in questo settore.
Siamo intervenuti direttamente, inoltre, nelle politiche della sicurezza: avevamo certamente chiesto di più per la sicurezza e per le forze dell'ordine, però dobbiamo pure rilevare che, nel passaggio alla Camera, i fondi destinati al rinnovo dei mezzi delle forze dell'ordine si sono incrementati grazie ad una nostra precisa richiesta, anche per permettere di pagare, alle forze dell'ordine, le ore di straordinario, al di là dei tetti fissati in precedenza.
Il nostro intervento rilevante, però, ha riguardato soprattutto i costi della politica. Ebbene, rileviamo che in questo disegno di legge finanziaria finalmente si dà avvio a più azioni che intervengono sui costi della politica e sugli sprechi della pubblica amministrazione, a partire da un'iniziativa, forse simbolica, ma che per noi è molto importante, ossia l'abrogazione della legge nota come «legge mancia» voluta dal Governo Berlusconi e che solamente nell'ultima manovra finanziaria che ne ha previsto il finanziamento - quella per il 2006 - ha determinato un intervento di 222 milioni di euro. Siamo lieti che questo provvedimento sparisca dal panorama delle leggi italiane: si trattava di una legge solamente ed esclusivamente clientelare.
Siamo lieti degli interventi sulle comunità montane che, anche se rimodulati in modo diverso, non potranno che portare, in definitiva, ad una loro rilevante riduzione. Non possiamo non ricordare qualche cosa di nuovo, come gli interventi tesi all'abolizione dei consorzi di bonifica o comunque alla riduzione dei loro amministratori e alla riduzione degli amministratori dei consorzi BIM, ossia i consorzi dei bacini imbriferi montani. Stiamo parlando di materie che sono già di competenza regionale e per le quali vi è stata una serie di duplicazioni di funzioni che non ha più senso. Noi siamo intervenuti in modo rilevante perché alcune questioni cambino.
Un altro nostro emendamento che, seppure riformulato dal relatore, ha prodotto una rimodulazione, con un intervento sostanziale, è quello che riguarda le circoscrizioni: esse non esisteranno più nelle città con meno di centomila abitanti, mentre oggi, spesso, esistono anche in cittadine di 30 mila abitanti ed è chiaro che non possono che avere il senso di uno spreco di denaro pubblico. Per le città il cui numero di abitanti è compreso tra 100 mila e 250 mila, le circoscrizioni saranno possibili, ma comunque in numero ridotto, perché complessivamente la media degli abitanti per circoscrizione dovrà essere almeno di trentamila.
Abbiamo approvato con convinzione le norme relative alla razionalizzazione degli uffici locali all'estero; abbiamo approvato con convinzione e appoggiato le norme sulla limitazione a compensi e consulenze in capo alla stessa persona. Questi sono interventi dei quali ci sentiamo, in qualche modo, attori e lo rileviamo con grande soddisfazione. Naturalmente, si può sempre fare di più, ciò anche in relazione a quanto ha dichiarato recentemente il Ministro dell'economia e delle finanze, e cioè che nei prossimi anni dobbiamo immaginare che le manovre saranno di 10 miliardi di euro all'anno e che non potrannoPag. 93essere certamente effettuate attraverso nuove tasse; per cui, per forza di cose, esse dovranno incidere sui costi della pubblica amministrazione e sulle spese correnti. Non c'è dubbio che abbiamo tante proposte ancora da fare perché si vada in questa direzione.
Complessivamente, questo disegno di legge finanziaria inizia anche a restituire i proventi delle tasse ai cittadini. Ci sono una serie di interventi che giudichiamo significativi in tal senso e che vorrei in questa sede riassumere, che ci fanno anche dire che, complessivamente, siamo in presenza di una finanziaria che giudichiamo positivamente, perché avrà sicuramente l'effetto di liberare risorse per i consumi.
In questo momento abbiamo certamente un problema di competitività, anche internazionale, ma il problema più rilevante per noi è la stagnazione dei consumi interni. Ci sono, quindi, tanti interventi che vanno anche in questa direzione. Voglio ricordarne rapidamente qualcuno: ci sono interventi che riguardano i lavoratori, la riduzione dell'ICI, l'intervento sui contratti di locazione, l'intervento per i giovani, per le famiglie numerose, il fondo per i disabili, il fondo per i mutui, la stabilizzazione degli LSU e anche dei Cococo, l'intervento sul trattamento di fine rapporto.
Tutti questi interventi libereranno anche nuove risorse, oltre ad andare incontro ai bisogni delle classi più deboli del nostro Paese. Ma ci sono anche interventi che riguardano i cittadini consumatori: penso alla sterilizzazione dell'IVA sull'aumento del prezzo dei carburanti, ad una vera e reale portabilità dei mutui senza oneri per chi vuole rinegoziare il suo mutuo, alla class action. Certo, avremmo preferito nella class action delle norme ancora più tese ad allargare la platea dei beneficiari, ma ci accontentiamo che non sia stata inserita una previsione che impedisca la retroattività di questa norma. Ascoltavo prima un collega: può darsi che i miei studi giuridici, essendo laureato in economia, non siano stati così approfonditi, ma posso ricordare che si parlasse di irretroattività della norma penale, mentre non ho mai sentito che esista un qualche diritto ad una irretroattività della norma civile (d'altronde gli Stati Uniti, sotto questo profilo, ci hanno abituato a diversi aspetti). Ciò che interessa è la tutela di chi è stato danneggiato, del consumatore, e quindi, in questo senso, anche se con qualche limitazione, ritengo che la class action sia uno strumento importantissimo per il futuro.
Allo stesso modo, per quanto riguarda l'estensione dei benefici alle vittime del dovere, della criminalità organizzata. Ma questa finanziaria contiene norme importanti per le imprese per quanto riguarda l'IRES e l'IRAP, soprattutto per la semplificazione che segue alla riduzione di IRES ed IRAP, con correttivi, introdotti proprio a seguito dell'esame svolto qui alla Camera, che sono serviti a salvaguardare le piccole e medie imprese più sottocapitalizzate e, ad esempio, anche a salvaguardare le imprese di primo avviamento, di start-up, come si dice, grazie al rinvio senza termini della differenza non deducibile; faccio riferimento anche ai contributi per le piccole imprese per la videosorveglianza, ad interventi che abbattono le aliquote, perché qualcuno se ne è dimenticato, ma c'è tutta una serie di imposte sostitutive che colpiscono con aliquote molto più basse della normale aliquota.
Ad esempio, per rendere disponibili le riserve in sospensione d'imposta, che in una situazione normale avrebbero dovuto scontare il 35 per cento di imposte, è sufficiente un'imposta sostitutiva dell'1 per cento. Per non parlare delle imposte sostitutive relative alle plusvalenze da conferimento, e così via.
C'è poi la questione delle imprese minime: forse non ci rendiamo conto che dall'anno prossimo un milione di contribuenti avrà una situazione di semplificazione tale per la quale dovrà solo conservare i documenti, avendo un'imposta fissa del 20 per cento; a seguito di ciò credo che tali contribuenti potranno rinunciare persino a pagare i consulenti.Pag. 94
Vi sono poi le norme che riguardano gli enti locali: dai piani di valorizzazione dei beni demaniali, che i comuni dovranno essere capaci di sfruttare, al recupero dei centri storici; le modifiche al Patto di stabilità interno. Si opera anche un intervento sui derivati: anche qui noi avremmo voluto un intervento più stringente, però credo che quello previsto sia un avvio particolarmente importante. Vi sono, altresì, gli interventi destinati alla ristrutturazione delle reti idriche e al ripristino del paesaggio.
C'è ancora l'emergenza terremoti, a proposito della quale si vuole porre fine al problema Noi del gruppo dell'Italia dei Valori lamentiamo il fatto che purtroppo in Italia non tutti i terremotati sono uguali, in qualche area hanno dei benefici, in qualche altra non ce l'hanno: lamentiamo, ad esempio, che i terremotati del Molise non godono dello stesso tipo di benefici che sono stati riservati agli altri.
Interventi nel campo della cultura. Penso alle risorse per gli enti lirici e per le fondazioni degli enti lirici. Interventi per le infrastrutture: c'è un intervento importante che permetterà all'alta velocità, alta capacità, di andare avanti anziché rimanere bloccata.
Penso anche agli interventi per l'ambiente: incentivi per le energie rinnovabili, impianti fotovoltaici, la concorrenza nel settore del gas e gli interventi in materia di clima. Penso anche alle politiche di genere: sostegno all'imprenditoria femminile. Ho già ha detto delle televisioni locali, perché l'informazione sia più libera e non limitata al duopolio RAI-Mediaset; e, infine, gli interventi, come ho detto, per la sicurezza.
Credo di aver delineato un panorama complessivo della manovra economica, che porta a noi dell'Italia dei Valori ad esprimere un giudizio sostanzialmente positivo sul disegno di legge finanziaria in esame. Il nostro voto sarà sicuramente favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Frigato. Ne ha facoltà.
GABRIELE FRIGATO. Signor Presidente, la legge finanziaria è un documento di grande importanza e rilevanza. Sappiamo che riguarda il bilancio dello Stato ed incide nella vita del Paese, nella vita reale delle nostre famiglie e dei nostri cittadini.
Con riferimento ai temi della produzione, dello sviluppo, della competitività altri colleghi prima di me si sono soffermati, sono intervenuti in maniera ampia e completa: non mi voglio esercitare in questa direzione, anche perché ho molto apprezzato l'intervento e la relazione del collega Michele Ventura. Voglio solo lasciare agli atti tre riflessioni, che trovo già presenti nella manovra di bilancio ma a mio avviso necessitano di un più grande impegno, di una decisione maggiore, di una dotazione finanziaria più consistente.
Signor Presidente e colleghi, in questi giorni abbiamo tutti pianto i quattro giovani morti sul lavoro a Torino. Purtroppo, dobbiamo dire che si tratta dell'ennesimo incidente sul lavoro. Non voglio unire parole a parole: in questi casi le parole credo davvero non bastino, servono poco; credo che sicuramente l'impegno del Governo è già stato forte, ed è ulteriormente annunciato, ma una particolare attenzione la dobbiamo prestare al riordino delle competenze anche in questa materia, alla semplificazione delle procedure e al rafforzamento degli organici.
In tante regioni italiane, anche nella regione nella quale vivo, i controlli nelle aziende avvengono quasi casualmente, non perché non ci sia la volontà, non perché manchi la normativa, ma perché mancano gli ispettori.
Vorrei formulare davvero un appello. Si tratta oggi di rafforzare gli organici di talune parti dello Stato: ebbene, io credo che la priorità sia quella di rafforzare il comparto che attiene ai controlli della sicurezza e per la sicurezza nel mondo del lavoro.
PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Frigato. I colleghi seduti al banco del Comitato dei nove dovrebbero evitare di dare le spalle alla Presidenza; inoltre, sePag. 95debbono tenere una riunione, dovrebbero farlo senza disturbare il collega che parla e quelli che lo ascoltano.
GABRIELE FRIGATO. La ringrazio, signor Presidente. Una seconda riflessione che desidero svolgere concerne una tematica attuale. Anche qui siamo stati tutti aggiornati - ove ve ne fosse stato bisogno - su quanto il potere d'acquisto degli stipendi e dei salari nel nostro Paese sia regredito negli ultimi cinque anni (io credo sia anche da più tempo, ma fermiamoci pure agli ultimi cinque anni). Non lo dicono solo i sindacati: lo dicono gli istituti di ricerca europei, lo dice Confindustria, lo dice il Governatore della Banca d'Italia. Ebbene, credo che a noi non spetti soltanto ascoltarlo o ripeterlo: noi dobbiamo formulare politiche di intervento che riguardino i prezzi e le tariffe e che siano finalizzate a garantire un maggiore compenso a chi lavora e a chi produce in questo Paese. D'altronde, mi sia consentito di ricordare, soprattutto ai colleghi del centrosinistra, che in campagna elettorale, nel chiedere il voto, ci siamo impegnati insieme affermando che volevamo - e io credo vogliamo ancora - privilegiare chi produce e non già chi specula in termini finanziari. Vi è un Paese reale che lavora e che produce: ecco, io credo che dobbiamo prestare maggiore attenzione a questo Paese e maggiore attenzione alle persone che ogni giorno contribuiscono alla crescita e all'avanzamento della nostra comunità.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GABRIELE FRIGATO. Infine, desidero ricordare che in questi giorni si è conclusa la Conferenza internazionale sui cambiamenti climatici di Bali. Non voglio certamente fare sintesi che non sono possibili: desidero solamente evidenziare un elemento, signor Presidente, e con questo concludo. Certamente nel produrre inquinamento l'industria fa la sua parte e così anche il riscaldamento civile, ma il comparto dei trasporti è, per quanto riguarda le economie occidentali, il maggior indiziato: in Italia, poi, lo è in maniera ancor maggiore. Credo che nel nostro Paese, che è attorniato dall'acqua ed ha qualche via navigabile, sia indispensabile ed inderogabile cambiare le politiche del trasporto: ciò significa rafforzare il treno ed iniziare a utilizzare le cosiddette «vie azzurre», le autostrade azzurre e le vie navigabili. In questo senso, sono davvero dispiaciuto perché mi sembra che un emendamento, firmato anche dal sottoscritto, che chiedeva maggiore attenzione per quel grande fiume che è il Po non abbia avuto la considerazione che dal mio punto di vista necessitava.
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.
GABRIELE FRIGATO. Concludo, signor Presidente. Voglio comunque augurarmi che si possa recuperare ciò nel corso dell'esame del provvedimento in Assemblea; mi auguro, altresì, che il Governo possa dimostrare che su questi temi vi sono non solo le conferenze internazionali ma anche le azioni politiche concrete.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Tranfaglia. Ne ha facoltà.
NICOLA TRANFAGLIA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, cari colleghi, desidero richiamare l'attenzione mia e dell'Aula su due particolari aspetti che riguardano il settore dell'istruzione e in particolare scuola ed università.
Per quanto riguarda la scuola, da una parte sono contento che il Governo abbia stabilito di aumentare i contributi per il funzionamento delle scuole; dall'altra, però, sono assai preoccupato per quel che riguarda il reclutamento degli insegnanti.
Questo ritorno ai maxiconcorsi periodici - addirittura dopo soli tre anni di laurea - per gli insegnanti che vogliono lavorare nella scuola rappresenta un passo indietro decisivo rispetto a ragionamenti ed elaborazioni che avevano percorso tutti gli anni Novanta e che, sulla base di ciò che era avvenuto nei principali Paesi europei, erano giunti a stabilire che vi fosseroPag. 96dopo la laurea - non dopo la prima laurea, bensì dopo il secondo livello di laurea - corsi universitari per accedere all'insegnamento. Su questo aspetto vi erano state negli anni Novanta una serie di decisioni da parte dei Governi che avevano condotto ad un paragone ed un confronto fruttuoso con quanto avviene in Francia, Germania ed in altri Paesi.
È come se ora avessimo rinunciato alla possibilità di una migliore preparazione e di un corso teorico-pratico per arrivare all'insegnamento e fossimo tornati, senza controllare una preparazione adeguata, a maxiconcorsi che durano anni e spesso non conseguono risultati positivi neppure per la selezione degli insegnanti. Ciò mi sembra una sorta di rinuncia, da parte del Governo, a normare in maniera adeguata un punto fondamentale, quello dell'ingresso di insegnanti che abbiano le caratteristiche necessarie affinché le nuove generazioni possano essere abbastanza preparate di fronte alle sfide ed alla complessità del mondo in cui viviamo. Questa sorta di rinuncia mi sembra molto grave, perché ci porta immediatamente al livello di altri Paesi che non hanno provveduto alla preparazione degli insegnanti e scontano conseguenze sempre più negative per quanto riguarda l'arrivo al mondo del lavoro da parte dei giovani.
Francamente sono rimasto sorpreso da tale norma del disegno di legge finanziaria, anche perché all'inizio di questa legislatura sia il Ministro Fioroni sia il Viceministro Bastico avevano assicurato che avrebbero formato delle commissioni per decidere le forme di reclutamento degli insegnanti. Nel provvedimento in esame si parla soltanto, invece, di un regolamento ministeriale che dovrebbe regolare l'accesso ai concorsi, ma - ripeto - lo strumento dei maxiconcorsi ha dato nell'esperienza scolastica degli ultimi vent'anni (fin a quando si sono fatti) risultati non positivi: la durata di tali concorsi, le modalità con cui essi venivano svolti e spesso errori addirittura nella formulazione dei concorsi medesimi avevano determinato una sorta di abbandono di questo metodo, e sembrava che fossimo tutti d'accordo per delineare, in realtà, forme di preparazione specialistica per il reclutamento degli insegnanti.
Vi era stata una discussione molto forte circa il fatto che fossero direttamente le università, in collaborazione con la scuola, a dover curare la preparazione e in ordine alla durata della preparazione, ma a questo punto tutta quella discussione viene lasciata da parte e si ritorna a qualcosa che aveva dominato i decenni precedenti e si era rivelata non efficace. La scuola è stata uno dei punti fondamentali del nostro programma anche elettorale e trovare soluzioni di questo genere che comportano passi indietro mi sembra un grande errore.
Il secondo aspetto riguarda l'università: mi aspettavo infatti, che dopo la legge finanziaria dell'anno scorso, in cui il problema è stato quello dei tagli per le difficoltà dei conti, si intervenisse in tema di università. Noi abbiamo un sistema universitario che negli ultimi quindici anni è cresciuto a dismisura sulla base di pressioni di gruppi parlamentari o di territori. Di conseguenza abbiamo un sistema molto ampio, a mio avviso anche eccessivo, che invece di portare gli studenti all'università porta l'università dagli studenti, con il risultato che nella fase di attuazione della riforma abbiamo moltissime università, soprattutto nel Mezzogiorno e nelle isole, che sono lontane dal poter avere i requisiti stabiliti dalle precedenti leggi per poter mantenere in piedi corsi di laurea e facoltà.
Pertanto, siamo in una situazione difficilissima in cui le università protestano, ma in molti casi si tratta di istituti la cui attività è partita all'improvviso, senza disporre né di docenti né di strutture didattiche. Quindi, quanto sta avvenendo rappresenta, in qualche modo, l'espressione di una situazione che non ha funzionato.
A mio avviso, i Governi che hanno permesso l'apertura di nuove università senza che neppure lontanamente sussistessero determinati requisiti ovviamente si trovano ora in difficoltà a chiedere a tali università l'osservanza di tali requisiti. MaPag. 97cosa facciamo? Sarebbe stato necessario un intervento strutturale che effettivamente razionalizzasse in qualche modo il sistema universitario italiano; sia l'università, sia la scuola, sono istituzioni centrali nella politica economica - e non solo - del Governo e devono essere considerate risorse preziose per il Paese e non soltanto motori di spesa.
Da tale punto di vista, nonostante dia complessivamente un giudizio positivo sulle caratteristiche della politica di bilancio del Governo, ho dovuto notare che tutti gli emendamenti presentati dai vari gruppi in ordine ai problemi relativi alla scuola e all'università sono stati, di fatto, respinti dalla V Commissione e che le soluzioni trovate e le norme che sono state predisposte sono effettivamente preoccupanti per il futuro del Paese.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.
PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, siamo dinanzi a un provvedimento di buona fattura. Si poteva fare di meglio? Certamente, sempre si può fare di meglio. Tuttavia, i numeri sono tali e allorché vi è uno stretto margine di manovra è necessario compiere delle scelte e ovviamente accade - come in questa occasione - che qualche aspetto (o forse qualcosa in più) non venga considerato.
Tuttavia, il giudizio resta complessivamente positivo, con luci e ombre che anche la relazione svolta dal relatore, il collega Michele Ventura, ha sottolineato. Una relazione concreta, perché la legge finanziaria, se non è concretezza - e spesso negli anni passati non lo è stata - non è niente. La legge finanziaria è un'indicazione che fa i conti con le disponibilità del Paese e individua in quale direzione si vuole procedere.
Nel mio breve intervento affronterò alcuni aspetti che riguardano il mondo della giustizia. Anche per tale settore vi sono aspetti sia positivi sia negativi in ordine alle norme contenute nel disegno di legge finanziaria. Sicuramente assistiamo ad un'inversione di tendenza sul versante degli investimenti anche se nel disegno di legge finanziaria i fondi a disposizione per la giustizia rimangono comunque pochi.
Renderemmo un cattivo servizio al Paese se non sottolineassimo gli aspetti negativi e anche la maggioranza deve evidenziare tali aspetti. A fronte di impegni che il provvedimento in esame contiene - mi riferisco, tra gli altri, alla class action e alle norme che stiamo varando in ordine alla sicurezza - sarebbero stati necessari fondi di maggiore entità.
Tuttavia, come già ho affermato, la legge finanziaria è una linea che si traccia. Pertanto, affrontando tali importanti novità, che sono corpose nel panorama giudiziario italiano, il Parlamento dovrà trovare le risorse necessarie perché esse non rimangano sulla carta.
Proseguo velocemente nell'esposizione del mio intervento.
Nel disegno di legge finanziaria al nostro esame sono previsti, pur nelle ristrettezze del bilancio, 1,5 milioni di euro per il 2008, 5 milioni di euro per il 2009, 10 milioni di euro per gli anni a seguire dal 2010 per le assunzioni nelle amministrazioni penitenziarie. È un primo segnale dato su un tema, come tutti sappiamo, molto delicato, quello del carcere e del trattamento dei detenuti, ma anche di chi si impegna per la rieducazione e la custodia degli stessi.
Nel disegno di legge finanziaria si interviene per ridurre a ventuno le sezioni della commissione tributaria centrale. Tale provvedimento va nella direzione del risparmio e della razionalizzazione. Proseguendo nel portare esempi di misure positive recate dal provvedimento in esame, si interviene per il recupero dei crediti dell'amministrazione giudiziaria e anche questo va nella direzione di riacquisire alle casse dello Stato somme che spesso si perdono, in quanto nessuno fino ad ora le chiedeva a chi doveva darle.
Vengo così al problema delle intercettazioni telefoniche. Nel provvedimento in esame si affronta il tema del centro unico di ascolto e di trattamento delle intercettazioni telefoniche. A tal proposito, debboPag. 98fare una considerazione che ho già svolto più volte su questo, ma anche su altri temi. Il Parlamento aveva già fatto un percorso ampio ed era giunto a certe conclusioni largamente condivise, anche da una parte cospicua dell'opposizione. Il disegno di legge finanziaria ha scavalcato questo lavoro; non mi sembra un modo corretto di procedere.
PRESIDENTE. Onorevole Gambescia, dovrebbe concludere.
PAOLO GAMBESCIA. Concludo, signor Presidente. Infine, vi è la class action, che introduce finalmente in Italia una vera riforma a difesa dei cittadini e dei consumatori. Si può discutere se sia buona o meno, se si poteva fare meglio, se fosse per esempio stato migliore il testo elaborato in questo ramo del Parlamento. Tuttavia, introduciamo finalmente un principio civile, da Paese democratico.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Frassinetti. Ne ha facoltà.
PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole rappresentante del Governo, è preoccupante iniziare questa discussione sul disegno di legge finanziaria per il 2008 per constatare come ancora una volta non vengano affrontati i problemi reali e strutturali del Paese. La maggioranza ha dissipato alcune migliaia di miliardi di euro in spesa pubblica aggiuntiva peggiorando i conti dello Stato. Un'altra considerazione necessaria, sostanziale e non solamente procedurale, è che la manovra sta assumendo una veste di provvedimento omnibus. Questo è un vizio emerso anche su altri provvedimenti importanti, come ad esempio quelli concernenti la scuola adottati negli scorsi mesi.
Abbiamo quasi cento emendamenti del Governo e della maggioranza ed oltre duecento articoli. Mi pare che siamo in presenza di una violazione delle norme costituzionali di bilancio. Abbiamo, quindi, centinaia di norme evidentemente frutto di equilibri interni; per poter affrontare e risanare i dissidi della maggioranza si determina un danno ai cittadini. Questa è una premessa fondamentale e mi sembrava doveroso effettuarla.
Quindi, abbiamo un aumento complessivo del prelievo fiscale, un'assenza di sostegno alle imprese che possa spingere lo sviluppo ed una immutata condizione di difficoltà per i soggetti deboli. Queste sono, a mio avviso, le più gravi criticità. Per risolvere tali problemi, il gruppo di Alleanza Nazionale ha effettuato richieste importanti, di portata strategica, soprattutto su tre rilevanti questioni: la famiglia, l'impresa e la crisi dei mutui.
Per la famiglia si chiede un fondo che avvii in modo sperimentale per il 2008 l'istituzione del quoziente familiare. Per le imprese, il gruppo di Alleanza Nazionale chiede che gli studi di settore abbiano valenza di semplice ricognizione e non siano uno strumento di determinazione dell'imponibile fiscale. Si chiede, inoltre, di varare una normativa che aiuti le famiglie a superare la crisi dei mutui. Ecco tre interventi sostanziali, che cambierebbero la vita di tanti cittadini italiani.
D'altronde che questa manovra non fosse soddisfacente lo si poteva già intuire anche dall'intervento che il Governatore della Banca d'Italia Draghi aveva svolto in sede di Commissioni riunite bilancio di Senato e Camera, affermando che la manovra del 2008 «non sfrutta il favorevole andamento delle entrate per accelerare la riduzione del debito e non restituisce ai contribuenti una quota significativa degli aumenti di gettito». Constatiamo quindi che la manovra di bilancio varata dal Senato non ha raccolto queste criticità che venivano evidenziate da tutti gli ambienti più autorevoli. Anzi, abbiamo di fronte una finanziaria in cui il 10 per cento dell'intera manovra è stato pagato, come dicevo nella mia introduzione, come prezzo del consenso per conservare una maggioranza costantemente fragile.
La spesa ha continuato ad essere inattaccabile, non tenendo conto che nel prossimo futuro sarà difficile trovare condizioni così favorevoli, con il salvagente di una extra-gettito di quasi 13 miliardi. DiPag. 99tagli alla spesa ce ne sono stati pochi e quei pochi sono stati sacrificati sempre per un discorso politico di maggioranza e di consenso. Pertanto i costi pubblici sono aumentati e le coperture sono state così complesse e convulse da far registrare, forse per la prima volta, un conflitto tra la Ragioneria generale dello Stato e il Ministero dell'economia e delle finanze.
Siamo in presenza di una legge finanziaria dove la struttura della spesa non cambia, quella corrente cresce ancora e la pressione fiscale rimane al record storico del 43 per cento, mentre il Senato ha varato una serie di norme che hanno un carattere talmente settoriale e localistico da risultare incoerenti addirittura con il profilo complessivo che dovrebbe avere una manovra finanziaria seria e costruttiva. Ne cito ad esempio solo qualcuna: due milioni di euro per sostenere l'apicoltura; 400 mila euro per i Giochi del Mediterraneo di Pescara; un milione e mezzo di euro per il Festival Pucciniano a Torre del Lago. Si è fatto ciò lesinando, invece, i finanziamenti da assegnare a interventi di natura strutturale che sarebbero serviti, in qualche modo, per rilanciare lo sviluppo del Paese.
Un altro elemento grave, a mio avviso, è che non vi è traccia, neanche con l'adozione di misure fiscali, dei presupposti per l'impostazione seria di un piano di interventi per la famiglia, come dicevo nella mia premessa. La famiglia oggi costituisce l'unico ammortizzatore sociale che funziona perché unisce in sé tutte le principali problematiche del Paese, dal mantenimento dei figli al precariato; sostenere la famiglia significa dare sostegno a sanità, istruzione e occupazione nello stesso momento.
In maniera altrettanto grave emerge, come denunciato dalle organizzazioni sindacali e dalle rappresentanze militari del comparto difesa e sicurezza, una decisa carenza di risorse destinate a garantire il raggiungimento dei più elevati standard di sicurezza e di difesa, per migliorare la qualità della vita dei cittadini. La sicurezza serve a migliorare la qualità della vita, non costituisce soltanto un dato repressivo ma anche preventivo e di qualità, per consentire un maggiore ed equilibrato sviluppo socio-economico, soprattutto nelle aree d'Italia più esposte ai fenomeni criminali.
Mancano pertanto, a mio avviso, politiche di ampio respiro perché il Governo, che dovrebbe essere il luogo della direzione dei processi, svolge invece la funzione di amministratore di condominio. L'unico fine in questo momento è quello di tenere insieme la coalizione, invece di perseguire il bene al servizio del Paese. Ciò è visibile in un settore che mi interessa particolarmente, quello dell'istruzione, caratterizzato fin troppo spesso da provvedimenti spot, senza alcuna organicità, spesso solo con il risultato della furia iconoclastica contro la riforma Moratti, come abbiamo già denunciato in occasione dell'esame di altri provvedimenti sottoposti alla nostra attenzione in quest'autunno. Sostanzialmente manca uno spirito migliorativo rispetto ad un quadro normativo complesso già esistente.
La finanziaria per il 2008 ancora una volta penalizza la scuola. Si parla di scuola solo come elemento astratto, senza prevedere le risorse necessarie al suo funzionamento in maniera organica. Cito ad esempio l'edilizia scolastica. Sarebbe stato indispensabile prevedere maggiori fondi per mettere a norma gli istituti scolastici; si evidenzia che la maggior parte delle scuole è ancora lontana dall'adeguamento a quanto prevede il decreto legislativo n. 626 del 1994.
Nonostante gli edifici scolastici, come sappiamo, siano di proprietà degli enti locali (quelli degli istituti superiori in primis della provincia), è evidente che un maggiore e adeguato stanziamento di risorse avrebbe posto le stesse scuole nelle condizioni di programmare il lavoro necessario per la sicurezza dei nostri giovani.
Un altro aspetto critico nel campo della scuola riguarda il fatto che, in Italia, è urgente realizzare finalmente le condizioni per la libera scelta educativa delle famiglie. Sarebbe stato necessario approntare risorse adeguate: in tal modo, si sarebbe sicuramente fatto un passo verso la qualitàPag. 100della scuola e si sarebbe potuto dare un segnale concreto e coerente con quanto indicato dal Libro verde sulla spesa pubblica, almeno nel settore fondamentale dell'istruzione, senza pregiudiziali di tipo ideologico o politico.
Con l'articolo 94 - che cito perché sostanzialmente declina gli argomenti dell'istruzione in maniera più completa e chiara - è stato compiuto sicuramente un passo indietro in Commissione bilancio del Senato, rinviando sine die il reclutamento dei docenti, che si sostanzia nei vecchi concorsi biennali, contraddicendo così il Quaderno bianco sulla scuola (presentato in pompa magna il 20 settembre a Roma, congiuntamente dal Ministero della pubblica istruzione e da quello dell'economia e delle finanze), nel quale si individuava come necessaria l'applicazione di un nuovo modello di reclutamento.
Siamo abituati a questo tipo di contraddizioni: ancora una volta, a farne le spese è la formazione iniziale degli insegnanti, che non hanno gli strumenti per poter affrontare una differenziazione professionale. Si tratta, quindi, di un ennesimo capitolo sbiadito nel libro delle promesse non mantenute. Non è cosa responsabile, certo, un patto corporativo tra politica e sindacati, come dimostra il recente contratto collettivo nazionale, che, relativamente ai docenti, adegua giustamente gli stipendi ma rinvia l'aggancio della progressione salariale a valutazioni di merito. Siamo di nuovo, quindi, di fronte a un sistema in cui fare o non fare produce sostanzialmente gli stessi risultati, con la mortificazione del merito: gli insegnanti che dovrebbero essere i veri formatori della classe dirigente futura del Paese, sono pertanto indotti ad assumere un atteggiamento impiegatizio.
Bisogna riflettere - è di questi giorni il risultato delle analisi OCSE - sul fatto che l'Unione europea, nel suo recentissimo rapporto, colloca il nostro sistema di istruzione in coda alla graduatoria dei 27 Paesi che la compongono. È ora che le riforme pongano al centro il merito, così come i contratti sindacali e le forme di reclutamento, non essendo evidentemente sufficienti i vari annunci di un rinnovato rigore contro i docenti fannulloni. È urgente, invece, che l'azione politica e quella sindacale si indirizzino verso una forma di serio reclutamento dei docenti, che appaiono come l'anello debole del sistema educativo italiano.
Per quanto riguarda la cultura, segnalo brevemente che nella manovra finanziaria manca una visione di insieme, sia sui temi della cultura sia riguardo ai beni culturali, così importanti per l'economia del nostro Paese e per il turismo, perché costituiscono veramente una risorsa dell'Italia. Si pensi, ad esempio, al fatto che non sono stati affrontati a fondo i problemi riguardanti le fondazioni liriche, che costituiscono un altro aspetto rilevante nella tradizione italiana.
Sempre con riferimento ad argomenti propri della Commissione alla quale appartengo, svolgo un breve accenno a quanto contenuto nei primi due commi nell'articolo 125 con riferimento allo sport: una norma apparentemente innocua, che a mio avviso nasconde un disegno ben preciso, con il quale si sottrae alla competenza del CONI tutta la parte relativa allo sport non agonistico e amatoriale per affidarla alla politica attraverso enti locali ed enti di promozione attiva.
A mio avviso, in tal caso si mina gravemente il principio dell'autonomia dello sport; segnalo peraltro che non vi è contrarietà rispetto all'intenzione del Governo di destinare fondi alla promozione sportiva. Si tratta di un altro passo indietro in un aspetto importante della vita del Paese, quello degli sport minori, che sono formativi, ma anche fonte di tanta passione per molti italiani.
In conclusione, torno ad evidenziare uno degli argomenti più importanti, per quanto riguarda l'attività, anche emendativa, svolta da Alleanza Nazionale relativamente all'attuale manovra finanziaria: mi riferisco al pacchetto che riguarda le proposte formulate dalle donne dell'opposizione, in primis dalle donne di Alleanza Nazionale, che hanno suggerito interventi strutturali a supporto dei redditi delle famiglie, per ogni figlio nato o adottato dalPag. 1011o gennaio 2008, ad integrazione di spese importantissime per la famiglia (per l'acquisto di prodotti per la prima infanzia, per l'impiego della baby sitter per accudire il bambino, per l'iscrizione all'asilo nido e l'acquisto dei libri di testo: tutti servizi necessari e fondamentali).
In più, chiediamo l'introduzione del quoziente familiare, l'esenzione dall'ICI dell'unità immobiliare destinata ad abitazione principale, per le tre annualità successive alla nascita o all'adozione di ciascun figlio e, passaggio importantissimo, l'istituzione di un fondo di garanzia sui mutui per l'acquisto della prima casa, nonché l'equiparazione della maternità adottiva a quella naturale, dal punto di vista della fruibilità dei congedi parentali.
Poi, ancora, con il ricordato pacchetto di proposte emendative volte ad aiutare la famiglia, si richiede la possibilità per i padri di poter usufruire di un permesso retribuito dopo la nascita dei figli.
Sono proposte concrete, che dovrebbero essere sottoscritte da tutti, senza alcuna differenza di schieramento; si tratta, infatti, di proposte positive, che cambiano in maniera sostanziale la vita del cittadino e della famiglia. Sono proposte che imprimono una strategia a una manovra finanziaria e che, a mio avviso, purtroppo, forse, non potranno nemmeno essere discusse.
In questi giorni, infatti, dovrebbe svolgersi un dibattito e sarebbe bello avere l'opportunità anche di confrontarsi sulle diverse concezioni di Stato sociale presenti negli schieramenti, ma temo - e il pessimismo è d'obbligo - che, ancora una volta, la fine del film sia sempre la stessa.
Già l'anno scorso, davanti a questa Assemblea, in occasione della manovra finanziaria, è stata posta la questione di fiducia. È di oggi una notizia ANSA secondo cui il Ministro Chiti ha dichiarato che il Governo ha già deciso e, quindi, verrà posta la questione di fiducia.
Se ciò avverrà, sarà un'altra occasione mancata di confronto, un'altra occasione nella quale il Parlamento avrebbe potuto veramente incidere, migliorando e modificando una manovra finanziaria che soltanto all'apparenza può sembrare meno penalizzante di quella dello scorso anno, ma che è insidiosa e ha privilegiato una sorta di redistribuzione demagogica, senza in realtà prevedere interventi concreti e migliorativi per la vita degli italiani.
Se davvero nei prossimi giorni il dibattito parlamentare sarà strozzato, mediante l'ennesima posizione della questione di fiducia, faremo un passo indietro, ma si tratterà soltanto di una parentesi, per così dire. Infatti, da qui potrà ripartire l'evidenziazione di una contraddizione, a causa della quale l'attuale Governo non ha la possibilità di affrontare un dibattito parlamentare, perché è un Governo che dispone solo di una maggioranza numerica e che difetta, invece, della maggioranza più importante: una maggioranza politica, che servirebbe per governare questo Paese.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Sasso. Ne ha facoltà.
ALBA SASSO. Signor Presidente, la manovra finanziaria per il 2008 è indubbiamente, come già hanno sottolineato molti colleghi della maggioranza che mi hanno preceduto, una manovra che si avvia sulla strada della redistribuzione, del risarcimento sociale e del recupero dell'efficienza.
Lo scorso anno, nella VII Commissione auspicavamo, per il futuro, nelle materie di nostra competenza (cultura, scuola, università, ricerca e informazione) una politica diversa, che permettesse all'Italia di «volare alto», come si dice in tutti i discorsi ufficiali, puntando sul valore strategico dell'innovazione, della ricerca, dell'istruzione e della cultura, come motore di una riforma civile della convivenza, volano di quel nuovo slancio del Paese di cui si sente con urgenza il bisogno.
Quanta innovazione, quanta conoscenza incorporano oggi i sistemi produttivi del nostro Paese sul terreno dell'economia? Il possesso per tutti di saperi e competenze rafforza o meno i singoli e i loro profili di cittadinanza sul terreno della democrazia? Sono o meno questi gli anticorpi per un tessuto sociale sfilacciatoPag. 102e parcellizzato come ci ha indicato da ultimo il rapporto del Censis? Mai come oggi cultura e sapere possono rappresentare la trincea e il senso del vivere sociale, il baluardo della Repubblica come idea dello stare insieme e della costruzione di valori condivisi.
Nonostante tanti interventi importanti rivolti a questi settori (di cui dirò in seguito), credo che questi temi non siano ancora centrali nell'azione di questo Governo. Il Governo di un Paese come l'Italia deve fare di più sul terreno della cultura, dell'istruzione, della ricerca e dell'innovazione, perché queste continuano ad essere politiche di settore su cui vi è una continua contrattazione per strappare qualcosa in più o qualcosa in meno.
Si sente continuamente ripetere che in Italia, a differenza degli altri Paesi europei, si spende troppo per l'istruzione, anche in relazione ai risultati, ma si dimentica però che i rapporti europei sono comparativi, non indicano un'unica strada da seguire e riflettono, per quanto riguarda l'Italia, la realtà di un Paese che ha cominciato da pochi anni a spendere qualcosa di più; e, in queste materie, si sa che i risultati si vedono nel lungo periodo. Quarant'anni fa, certo, avremmo potuto vincere la gara del risparmio, ma non si tratta di questo.
Volendo analizzare i singoli segmenti del settore scuola vi è da segnalare il fatto che ancora persiste una logica di contenimento del sistema, in particolare nel rapporto insegnanti-studenti. Il Quaderno bianco sull'istruzione preparato dal Ministero della pubblica istruzione e da quello dell'economia e delle finanze, tuttavia, chiarisce che non sono troppi gli insegnanti rispetto al numero degli alunni, ma sono mal distribuiti. Sarebbe necessario, perciò, ripristinare l'organico funzionale presente nelle scuole stesse.
Nel disegno di legge finanziaria di quest'anno è previsto, inoltre, un aumento di organico degli insegnanti di sostegno che, però, non è ancora sufficiente perché, onorevoli colleghi, dietro i numeri ci sono le persone, i bambini in carne ed ossa, come testimonia la lettera indirizzata al Presidente della Repubblica da parte della mamma di un bambino diversamente abile di Napoli. Le questioni concernenti gli insegnanti di sostegno guardano solo al reclutamento o sono investimenti che riguardano l'inclusione e la coesione sociale? Su tale questione credo si debba fare di più. È vero che vengono stanziati 33 milioni di euro per i servizi generali a partire dal sistema di valutazione e che vi è un aumento, anche se non ancora sufficiente, del personale ATA, ma rimangono sul terreno della scuola tante difficoltà, tante questioni irrisolte come la palese ingiustizia perpetrata ai danni del personale ATA degli enti locali che è transitato per legge - e non per scelta - nei ruoli dello Stato.
Vi è la necessità di risolvere l'annoso problema degli insegnanti inidonei tenuto conto del ruolo svolto, la questione dei bilanci in sofferenza della scuole e quella dei docenti abilitati con riserva perché l'università non ha concluso i corsi; tale ultimo problema auspichiamo possa essere affrontato per via amministrativa.
Per l'università e la ricerca abbiamo salutato positivamente l'aumento del Fondo di funzionamento ordinario e l'ulteriore incremento del Fondo per aumentare gli assegni ai dottori di ricerca per i quali già il decreto-legge n. 81 del 2007 aggiungeva 10 milioni di euro. Si tratta, nello spirito del Patto per l'università e la ricerca sottoscritta nell'agosto scorso, di un cambio di passo non solo per l'aumento del contributo, ma per le modalità di assegnazione, mirate su obiettivi e su piani di programma cui le università stesse sono tenute.
Grazie a ulteriori emendamenti approvati in Commissione bilancio si prevedono dieci milioni di euro aggiuntivi per l'alta formazione artistica e musicale. Anche su questo tema, però, occorre fare di più: il Paese Italia non può essere l'ultimo sul terreno dell'istruzione artistica e musicale.
In Commissione bilancio sono state approvate norme importanti. Una di esse definisce la questione dell'accesso alle scuole di specializzazione per gli studenti di medicina, mentre un'altra dispone laPag. 103riduzione progressiva della durata del collocamento fuori ruolo per i docenti universitari, una misura, quest'ultima, di risparmio.
Sul terreno della ricerca e dell'innovazione sono state approvate norme importanti come la disposizione in favore dei giovani ricercatori (si tratta di un emendamento introdotto al Senato) sia a valere sul FIRS, sia per la ricerca sanitaria. È stato, poi, introdotto durante l'esame presso la V Commissione della Camera, un Fondo di promozione della ricerca di base di 10 milioni di euro. Anche a tal proposito intendo segnalare che bisogna fare di più, in quanto, nonostante queste misure, l'Italia continua a spendere troppo poco per l'università, la ricerca e l'alta formazione, che sono elementi che permettono di valutare l'indice di sviluppo umano di un Paese.
Naturalmente, stiamo parlando di una manovra finanziaria e tale manovra funziona se poi sussistono ulteriori leggi che vanno avanti di pari passo sul terreno dell'università: mi riferisco a quelle per l'assunzione dei ricercatori, per la stabilizzazione degli stessi negli enti di ricerca, per la risoluzione del problema dei concorsi, ormai bloccati da molti anni.
Tuttavia rimane nell'università, nella ricerca e anche nel mondo della scuola, il tema del precariato. Non si fa istruzione di qualità senza un personale stabile e capace, e non si fa buona formazione se i giovani che entrano nelle università continuano ad avere uno stipendio al di sotto dei mille euro mensili.
Si tratta veramente di una questione che non fa onore all'Italia; tale questione fa sì che i migliori cervelli lascino l'Italia e non vi facciano più ritorno. Finanziamenti, qualità del personale e valutazione del sistema sono le tre condizioni necessarie per garantire qualità degli studi e per assicurare quel diritto allo studio che dovrebbe rappresentare l'obiettivo centrale del sistema di formazione e di alta formazione.
Intendo velocemente richiamare le altre questioni, come quella relativa ai contributi all'editoria. Anche su tale versante vi è ancora qualcosa da fare perché - attenzione - non si tratta di assistere i giornali, ma di garantire il pluralismo dell'informazione.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ALBA SASSO. Per quanto riguarda tale materia - concludo Presidente - è necessario che siano portate contemporaneamente avanti, nel rispettivo iter parlamentare, sia il disegno di legge Gentiloni sia quello sull'editoria. Non posso dire molto per quanto riguarda la cultura, ma sicuramente occorre fare di più.
Intendo concludere il mio intervento con una citazione. Il Commissario europeo Almunia ha recentemente sottolineato che la scarsa crescita italiana ha cause sostanzialmente strutturali, e questo dimostra che la via delle riforme strutturali, per migliorare la capacità di crescita, è quella giusta. Allora, voglio porre questa domanda: il sistema pubblico dell'istruzione, dalla scuola dell'infanzia all'università, una rete diffusa di luoghi e strumenti per produrre e fruire cultura, sono costi o sono investimenti? Rappresentano, inoltre, quella riforma strutturale di cui il Paese ha bisogno?
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crosetto. Ne ha facoltà.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, diventa difficile commentare il disegno di legge finanziaria in esame, anzi la complessiva azione finanziaria composta da provvedimenti, come quello sul welfare, e da tutto ciò che compone la manovra prevista dal Governo per affrontare il 2008. Infatti, il disegno di legge finanziaria in esame, come in qualche modo anche gli atti precedentemente citati, si pone in conflitto con le dichiarazioni dello stesso Ministro dell'economia e delle finanze e dello stesso Presidente del Consiglio negli ultimi mesi.
Noi abbiamo parlato, negli ultimi mesi, del tentativo di contenimento della spesa pubblica che doveva essere compiuto sia dal Governo sia dalla politica nella suaPag. 104interezza. Siamo nel mondo il Paese con la più alta spesa pubblica in relazione agli abitanti, e siamo un Paese indebolito, dal punto di vista della concorrenza internazionale, da questa spesa pubblica; nonostante ciò, ci troviamo oggi ad intervenire, tutti, su un disegno di legge finanziaria che aumenta la spesa pubblica di 25 miliardi.
Basterebbe questa prima affermazione per lanciare su tutto il provvedimento, che dovremo esaminare in Assemblea, un'ombra negativa. Ma vi è qualcosa in più. Tale provvedimento non sarebbe accettabile e non sarebbe comprensibile se questi 25 miliardi avessero una copertura finanziaria.
Il dramma del disegno di legge finanziaria - lo sa benissimo la politica: non svelo segreti; non lo si ammette, ma lo sanno benissimo il Ministero e la Ragioneria - risiede nel fatto che manca in parte di copertura finanziaria: ha sovrastimato le entrate e ha sottostimato le uscite.
Spero che tale assenza di copertura degli oneri finanziari riguardi soltanto una cifra intorno agli 8 miliardi di euro, perché a questi 8 miliardi di euro aggiungerei altri impegni che il Governo ha preso: penso alle missioni internazionali di pace. Penso ai nostri soldati che il 1o gennaio non avranno coperture assicurative e non percepiranno neanche lo stipendio. Sappiamo che le missioni internazionali valgono circa un miliardo e 400 milioni da aggiungere agli 8 miliardi citati. Sappiamo che agli 8 miliardi di questo disegno di legge finanziaria andranno aggiunti per il prossimo anno gli effetti di due famigerati decreti sull'utilizzo dei tesoretti. Vanno, poi, aggiunte le ipotesi di spesa concernenti il welfare che sono state sottostimate per l'impatto sui conti pubblici.
A mio avviso, dobbiamo, purtroppo, programmare per il prossimo anno un buco nella finanza pubblica di oltre 15 miliardi di euro. Questa conclusione verrà negata dal Governo e dalla maggioranza, ma è la mia impressione.
Ritengo che, poiché tale situazione è a conoscenza del Ministro, del Governo e della Ragioneria, tutto sia affidato alla capacità del Ministro dell'economia e delle finanze di incassare 15 miliardi di euro in più. Infatti, non penso che il Ministro dell'economia o questo Governo pensino di poter affrontare il prossimo anno, trovandosi nel mese di giugno a porre in essere una manovra correttiva, dichiarando agli italiani di aver sbagliato i conti. Si tratterebbe di fare una manovra correttiva di 15-20 miliardi, perché altrimenti i conti pubblici sforeranno.
Può darsi che, visto l'andamento delle entrate dell'anno in corso (che non dipende - lo ribadisco - dalla lotta all'evasione fiscale e dalla capacità di Visco come Viceministro dell'economia e delle finanze, ma da uno stato di grazia dell'economia), se si registrasse lo stesso andamento, probabilmente anche nel prossimo anno sarebbero ipotizzabili entrate fiscali superiori, dell'ordine anche di 10-15 miliardi di euro.
Ciò che il Governo non ha calcolato in questa manovra è che l'economia nel corso di quest'anno ha subìto, immediatamente dopo l'estate, un bruschissimo rallentamento dovuto all'impatto sui mercati internazionali e nazionali di quanto è successo negli Stati Uniti, ma anche all'aumento del prezzo del petrolio, all'aumento di tutte le tariffe, e dovuto al fatto che il nostro Paese si trova in difficoltà rispetto a tutti gli altri Paesi del mondo, all'interno di una competizione internazionale sempre più difficile.
Perciò il rallentamento non è solo italiano, ma europeo; però, all'interno del rallentamento europeo, il nostro è maggiore. Allo stesso modo anche la crescita quando si verifica, da noi è inferiore.
Il Governo, anche se il Ministro Padoa Schioppa ha riconosciuto in ampie interviste in Italia e all'estero le sue preoccupazioni sull'economia del prossimo anno, non ha ritenuto di dover prendere atto di tali preoccupazioni trasferendole nel disegno di legge finanziaria. Il Governo come può prendere atto di preoccupazioni di questo tipo da trasferire nella legge finanziaria? Elaborando una finanziaria di contenimento della spesa pubblica, che tenga - perdonatemi il termine molto campagnolo - il fieno in cascina, e non una finanziaria fatta da cicale.Pag. 105
Avremmo preferito un Governo che predisponesse una finanziaria da formiche, pensando che sta arrivando l'inverno e che il prossimo anno sarà duro dal punto di vista economico.
Sappiamo che i bilanci delle aziende già quest'anno non conterranno gli stessi utili registrati lo scorso anno. Avremmo, probabilmente, non un aumento delle entrate fiscali, ma una contrazione di queste ultime che si innescano in un periodo di decrescita economica.
Un Governo che si fosse comportato nei confronti del proprio Paese come un padre si comporta nei confronti della propria famiglia avrebbe tenuto conto di questi scenari e ci avrebbe sottoposto, probabilmente, un altro disegno di legge finanziaria. Esso non avrebbe soddisfatto una grossa parte della maggioranza: una legge finanziaria che riduce la spesa pubblica va contro l'impostazione ideologica di Rifondazione Comunista, Comunisti italiani e Verdi. Esso avrebbe, probabilmente, trovato critici anche i rappresentanti dell'opposizione, perché purtroppo viviamo in un Paese in cui l'opposizione è critica pregiudizialmente (io cerco sempre di non esserlo). Ma avrebbe probabilmente reso un servizio al Paese.
Invece, l'impressione che si ha è quella di un Governo che, consapevole di tutto questo, va avanti per una strada incomprensibile.
Una logica però c'è. Ho troppa stima dell'intelligenza del Ministro e dello stesso Presidente del Consiglio per pensare che non vi sia una logica. Essa è chiara: si predispone una legge finanziaria elettorale, con cui si avvelenano i pozzi, pensando che tanto questi problemi non saranno più gestiti dall'attuale Ministro dell'economia né dall'attuale Presidente del Consiglio.
La logica secondo cui «muoia Sansone con tutti i Filistei» si evidenzia, in tutte le sue forme, nel disegno di legge finanziaria in discussione, in cui si spendono più soldi, si aumentano i dipendenti della pubblica amministrazione, si accontentano singoli senatori e singoli deputati e in cui non si negano brandelli di spesa pubblica ad alcuno, pur di mantenere intatto ed in vita il corpo di un Governo che dal punto di vista politico non lo è più. Tutto ciò avviene a spese dei cittadini.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PIERLUIGI CASTAGNETTI (ore 19,10)
GUIDO CROSETTO. Ritengo che la legge finanziaria in discussione contenga alcuni spiragli di luce. Non critico tutta la manovra finanziaria: penso che l'intervento sull'IRAP fosse dovuto e doveroso. Critico il fatto che la riduzione dell'aliquota dell'IRES sia stata formale, perché, avendo aumentato la platea, non ha avuto un sostanziale impatto sui bilanci delle aziende; critico il modo con cui sono stati trattati gli interessi passivi: significa che il Ministro dell'economia ed i rappresentanti del Ministero non conoscono la situazione delle aziende italiane. Molte aziende italiane, infatti, sono sottocapitalizzate non perché l'imprenditore non voglia capitalizzarle, ma perché non ha soldi per farlo. Basterebbe girare in una qualunque provincia, di quelle produttive, per capire che una manovra che punisce chi è indebitato con le banche, non tiene conto della situazione vera del Paese.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
GUIDO CROSETTO. Signor Presidente, il tempo vola!
Come dicevo, è questo che contesto nel disegno di legge finanziaria in discussione, che - lo ripeto - contiene articoli e parti di articoli che io voterei tranquillamente. Contesto, tuttavia - cioè, il 95 per cento del resto del provvedimento - il fatto che sia una legge finanziaria che non tiene in assoluto conto - e concludo - le sue previsioni per il futuro, signor Ministro, gli indicatori di tutti gli osservatori economici internazionali, né tiene conto del futuro del Paese.
Ho l'impressione - vorrei essere smentito nei fatti, ma purtroppo non lo sarò - che, come ho affermato in precedenza, sia una legge finanziaria che un GovernoPag. 106prepara, perché il prossimo futuro sia gestito da un altro Governo: una legge finanziaria che si potrebbe definire una «polpetta avvelenata», lasciata a chi, di centrodestra o di centrosinistra, seguirà l'attuale Governo. Questo non mi sembra un atteggiamento istituzionalmente corretto (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.
PIETRO RAO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, gli italiani non meritano la legge finanziaria di cui stiamo discutendo in questa Assemblea. Si tratta di un provvedimento che appare inadeguato e privo di una seria prospettiva di sviluppo: inadeguato non solo a risolvere i problemi, ma financo ad affrontarli; diretta emanazione di un Governo incapace di governare e di tracciare una rotta per il nostro Paese. Infatti, al di sopra dei singoli capitoli, quello che emerge da una lettura complessiva del documento finanziario è la totale assenza di una prospettiva e la totale sottovalutazione dei grandi problemi strutturali del nostro Paese e della nostra economia.
La Banca d'Italia ha affermato che la manovra accresce l'indebitamento, che la spesa corrente è aumentata, che la spesa pubblica supera il 50 per cento del PIL. Per capirlo non è necessario essere la Banca d'Italia né esperti economisti: basta mettere in fila i numeri.
Se il Governo avesse avuto un piano strategico di politica economica, visto e considerato che lo scorso anno ha movimentato 42 miliardi di euro e quest'anno 27 miliardi di euro, li avrebbe destinati a cinque o sei capitoli strategici: strutture, riduzione della pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese, investimenti sulla scuola, sull'innovazione e sulla ricerca e, chiaramente, sul Mezzogiorno per incidere positivamente su quel dualismo, sempre più marcato, che pesa come un macigno sullo sviluppo dell'intero Paese.
Ovviamente non vi è nulla di tutto ciò o, nella migliore delle ipotesi, vi è pochissimo di qualcosa. Ma ciò che è ancora più grave è che questa finanziaria sacrifica il bene del nostro Paese sull'altare dell'interesse di questa o quell'altra componente politica della vostra variegata compagine. Ogni capitolo di spesa, ogni singolo articolo o comma di questa finanziaria è facilmente riconducibile a questo o a quell'altro partito: porta il nome e il cognome di una specifica componente della vostra maggioranza.
Il Governo sta comprando la sua stessa sopravvivenza con i soldi degli italiani, cui si continuano a chiedere sacrifici in nome di non si sa bene cosa. Credo che in molti siano giunti alla conclusione sconfortante che l'Esecutivo appesantisce la pressione fiscale per foraggiare le categorie sociali amiche in una perenne campagna elettorale e che questo documento informe e indigeribile sia, alla fine, la somma di tutte le misure pretese dalle componenti della maggioranza per non staccare la spina a questo malato terminale.
L'Italia ha bisogno di ben altro: in primo luogo, ha bisogno di un Governo capace di affrontare il problema delle aree deboli del nostro Paese. Ovviamente, mi riferisco al Mezzogiorno, dove cresce in modo preoccupante il tasso di disoccupazione, dove l'emigrazione dei giovani ha raggiunto cifre e percentuali paragonabili a quelle del dopoguerra e dove vi è la più assoluta carenza di infrastrutture.
Il Movimento per l'Autonomia si è battuto e continua a battersi, in quest'Aula e in tutte le sedi, affinché al Mezzogiorno sia data una possibilità concreta di crescita e di riscatto, non nell'ottica di un interesse particolare, perché siamo fermamente convinti che alla crescita del sud sia legata la crescita di tutta l'Italia.
Il Mezzogiorno, invece, continua a soffrire della latitanza dello Stato in un momento particolarmente delicato. Ai segnali positivi che provengono, in particolare, da certe aree del Mezzogiorno, lo Stato deve dare delle risposte.
Ci riferiamo, per esempio, alla rivolta in atto nell'imprenditoria siciliana contro il racket delle estorsioni, attuata da uomini e donne che mettono a repentaglio nonPag. 107solo la propria attività economica, ma la loro stessa sicurezza personale e quella dei loro cari. Questi uomini e queste donne, oggi, meriterebbero di essere incoraggiati e sostenuti.
Infatti, se la finanziaria in discussione ha previsto un importante riconoscimento per i parenti delle vittime della mafia, ci saremmo attesi anche un segnale forte in favore degli imprenditori che negli ultimi mesi hanno iniziato questa coraggiosa battaglia.
Uno dei nostri emendamenti - che non si è ritenuto di accogliere - andava proprio in questa direzione: si voleva dotare gli imprenditori, i commercianti e gli artigiani di uno strumento in più contro la criminalità, ovvero della possibilità di accedere in tempi rapidissimi ai fondi già esistenti.
Uno dei problemi degli operatori economici, infatti, è quello di non dover sospendere, a seguito di attentati, la propria attività per lunghi periodi. Se nessun cittadino italiano si può permettere il lusso di perdere giorni della propria vita e del proprio lavoro a causa delle lungaggini burocratiche, questo vale, a maggior ragione, per quei soggetti che hanno subito le ritorsioni della criminalità organizzata. Non possiamo aggiungere al danno anche la beffa.
In termini più generali, il Movimento per l'Autonomia ha ovviamente presentato una serie di proposte emendative in favore del Mezzogiorno, con lo scopo di riequilibrare un disegno di legge finanziaria ancora una volta sbilanciato a favore del nord.
Come era stato voluto, infatti, non mancano nel provvedimento in esame numerose norme che prevedono, per le aree forti del Paese, ingenti finanziamenti per le infrastrutture, come le linee metropolitane di Torino, Bologna e Firenze, gli immancabili finanziamenti per Venezia e misure a sostegno dell'economia. Viceversa, non vi è traccia di significativi provvedimenti per il Mezzogiorno. Anzi, mi correggo, qualche traccia c'è ed è lì - nero su bianco - a testimoniare emblematicamente l'atteggiamento che questo Governo e questa maggioranza hanno nei confronti del sud. Ci riferiamo al finanziamento per le strade provinciali della Sicilia e della Calabria.
A questo punto sarebbe legittimo che qualche collega presente in aula - oggi, per la verità, sono veramente pochi - si chiedesse come mai vi sia un altro finanziamento sempre per le strade provinciali di Sicilia e Calabria. Ebbene, no! Chiariamo subito l'equivoco: di quel piccolo contentino promesso a suo tempo, con la legge finanziaria 2007, a calabresi e siciliani fino ad oggi non è arrivato un solo centesimo!
Oggi, proprio per rendere chiaro l'imbroglio dello scorso anno, quando si è concesso un finanziamento senza copertura, ci si riprova con l'individuazione di una copertura diversa. Quanto ciò sia grave non sfugge a nessuno.
D'altro canto, sempre nel disegno di legge finanziaria in discussione, un'altra norma, che riguarda questa volta le zone franche urbane, è emblematica della politica di questo Governo nei confronti del sud. Anche in tal caso, qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una misura che istituisce ulteriori zone franche urbane rispetto a quelle già istituite nella scorsa legge finanziaria. Ma anche in quest'ultimo caso ci troviamo in presenza di una modifica alla legge finanziaria dello scorso anno.
Ricapitolando, il meccanismo è questo: il Governo, in un primo tempo, annuncia interventi a favore del sud, successivamente, in maniera frettolosa ed errata, li traduce in norme inserite nella legge finanziaria, nel corso dell'anno non vi dà attuazione (perché mancano i fondi o perché le norme sono sbagliate) e le riscrive l'anno successivo, magari sbagliando nuovamente.
In questa sede, vogliamo denunciare con forza che, non soltanto ci troviamo in presenza di un Governo e di una maggioranza che non ha mai inserito seriamente il Mezzogiorno nella propria agenda politica, ma che dobbiamo confrontarci con un Esecutivo che, fino a qui, ha fatto grandissimi pasticci, scrivendo norme, riscrivendole e modificandole spesso per ben tre volte in meno di un anno.Pag. 108
La nostra ferma opposizione al provvedimento e, più in generale, alla politica di questo Governo nasce dal fatto che non si è mai inteso avviare un serio confronto sui temi come la fiscalità di vantaggio (indicata dalla stessa Unione europea come uno strumento per compensare il deficit infrastrutturale di regioni come quelle del Mezzogiorno d'Italia) o come la dotazione di infrastrutture adeguate per il rilancio economico del sud, cui sempre si sono contrapposte posizioni meramente ideologiche.
Il fallimento della politica di questo Governo deriva principalmente dalla sua incapacità di legare lo sviluppo del nostro Paese al rilancio del Mezzogiorno e di non essere riuscito a far decollare neanche quelle poche norme che aveva previsto.
Il Movimento per l'Autonomia è qui in Parlamento proprio per ricordare che una parte sempre più significativa dell'elettorato ha inteso negare la propria fiducia ad una politica centralistica e tradizionalmente distante dalle esigenze del Mezzogiorno. Le forze politiche che sostengono questo Governo potranno continuare a disinteressarsi del sud ma, presto o tardi, dovranno fare i conti con gli elettori (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marras. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARRAS. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi, quest'anno ci troviamo di fronte ad un problema solito - credo ne abbiano già parlato molti colleghi, sia oggi che nella giornata di ieri, in cui si è svolta la discussione sulle linee generali del disegno di legge finanziaria - che si sta perpetrando in Parlamento e che, ormai da due anni, è sempre lo stesso: quello di lunghe maratone in Commissione bilancio, che servono esclusivamente a far passare il tempo.
Successivamente, appare lo spettro della questione di fiducia, la quale si è addirittura chiarito che verrà sviluppata in tre tempi. Si discute esclusivamente se la stessa dovrà essere discussa e votata in un giorno, ma lo deciderà la Conferenza dei presidenti di gruppo.
Nuovamente, continuamente e costantemente, in un momento in cui il Paese protesta, le imprese soffrono ed esiste un fortissimo contrasto e una fortissima distanza fra le istituzioni e i cittadini e, come ha affermato il Censis l'altro giorno, in maniera molto chiara, storicamente i cittadini hanno meno fiducia nelle istituzioni, cosa facciamo?
Stiamo eliminando di fatto una Camera ponendo la questione di fiducia su tutto, costantemente; il Parlamento ormai non ha più nessun ruolo, ma si lavora esclusivamente con il voto di fiducia, escludendo completamente gli eletti del popolo. Il tutto avviene per approvare una legge finanziaria che prevede una pressione fiscale che rimane a livelli elevatissimi (43 per cento) un debito pubblico che diminuirà assolutamente meno del previsto ed una spesa corrente che aumenterà del 2,3 per cento.
Ritengo che i conti potranno veramente quadrare esclusivamente con il mantenimento di questa altissima pressione fiscale che sta creando una serie di difficoltà a catena nel Paese. La diminuzione dell'IRES, dell'IRAP e delle aliquote (che scenderebbero dal 33 al 26,5 per cento) da voi dichiarata, avviene per il Governo a costo zero, perché avete allargato la base imponibile dell'IRPEF. Il tutto è avvenuto a danno delle piccole e medie imprese, che costituiscono il tessuto sociale della nostra società italiana (lo sappiamo tutti, anche se le guardiamo con vero disinteresse e lo vedremo anche più avanti, sotto ben altri profili) in quanto è stata diminuita la deducibilità degli interessi passivi.
In questo passaggio non mi vorrei soffermare sull'intero provvedimento, del quale hanno parlato ampiamente i colleghi, ma vorrei ricordare due articoli che stanno a cuore a me personalmente perché sono un parlamentare, ma anche perché sono stato eletto in Sardegna e credo di avere il dovere di aiutare, per quello che posso, una regione in ritardo nello sviluppo e con un governo regionale che è l'esatta fotocopia diPag. 109quello nazionale. Il leader del governo regionale, il presidente Soru, viene molto spesso preso ad esempio dal Governo nazionale; di lui si parla come esempio di sviluppo di alcune regioni, anche se non capisco di quale sviluppo, visto che tutti i giorni vi sono numerose aziende accampate sotto il palazzo di viale Trento, sede del governo regionale.
Soprattutto credo che la cosa più grave è che la parola «Sardegna», se ricercata su Internet, non si trova in tutto il disegno di legge finanziaria. So bene che esiste addirittura un intervento che sposta i termini per quanto riguarda l'indebitamento di alcune imprese agricole - per l'esattezza, 7.500 -, un danno gravissimo che, in quest'Aula, insieme all'onorevole Cicu abbiamo più volte denunziato in occasione di un question time e con dei progetti di legge. Siamo riusciti a far accettare, da pochissimo, un ordine del giorno con cui il Governo si impegna a dividere le rate in 14 anni. Lo speriamo in quanto nel disegno di legge finanziaria non è previsto nulla, quindi quell'ordine del giorno è stato assolutamente disatteso. Non conta, però, l'ordine del giorno, ma che 7.500 aziende hanno i beni pignorati e che domani saranno qui, in Commissione agricoltura, a parlare di questi problemi.
Credo, pertanto, che vi sia realmente bisogno di una grande attenzione verso questi problemi. Non si doveva chiaramente porre la questione di fiducia, ma piuttosto svolgere una forte discussione dove avremmo potuto intervenire tutti e far capire all'Assemblea la gravità della situazione e, magari, rinunciare ad interventi (importantissimi, per carità, ma per altri aspetti) che riguardano l'articolo 64, in cui è previsto di tutto e di più: logistica, infrastrutture pubbliche, interventi di tutti i tipi che spaziano dalla sanità ai fondi per i giochi del Mediterraneo a Pescara, cui vengono erogate delle cifre importanti. Rispettiamo moltissimo Pescara, che sarebbe il centro del Mediterraneo, ma a noi non risulta, perché crediamo che il centro del Mediterraneo siano altre regioni e che esistano anche altre regioni ed altre città meritevoli.
Forse ci vorrebbe uno studio diverso: non si capisce perché si sia scelto Pescara, o meglio lo capiamo: sicuramente riguarda qualche parlamentare - forse anche dell'altro ramo del Parlamento, non voglio dire che appartenga a questo - che dovrà votare e quindi si è trovata la soluzione. Leggendo il disegno di legge finanziaria ci si accorge che in certi punti mancano solo i nomi di coloro che hanno proposto gli interventi. Credo si tratti di un gravissimo segnale perché non è questo il modo di amministrare: si amministra per lo sviluppo generale di tutti.
È addirittura previsto un altro finanziamento che devo dire è veramente interessante: quello che autorizza una spesa, per quattordici anni, a decorrere dal 2008, per la prosecuzione di interventi infrastrutturali previsti per i campionati mondiali di nuoto di Roma del 2009.
Si autorizza una spesa di 0,4 milioni di euro, spalmata in quattordici anni, per un intervento per il campionato mondiale di nuoto. Quattordici anni di spese: c'è qualcosa che non torna nel meccanismo! Mi sembra che sia realmente, forse, un intervento ad personam, ma non capisco chi lo abbia fatto. Ci sarà un senatore che si interessa di nuoto e, quindi, credo che bisogna andare a vedere chi sia. Per carità, tutti gli sport, come la pallavolo, che è prevista, sono importanti e siamo tutti d'accordo e vicinissimi al mondo dello sport, ma un'altra cosa è arrivare a quattordici anni di contribuzione.
Non posso, tra l'altro, fare a meno di ribadire quanto è stato detto in precedenza dai colleghi, compreso l'amico Crosetto, ma anche oggi dall'amico Gianfranco Conte: vi è un sospetto relativo a questi 8 miliardi di euro, che realmente rendono questa finanziaria, probabilmente, scoperta e con i quali si fanno delle coperture, alla fine, sperate.
Non capiamo bene se questo è un atteggiamento, un comportamento tenuto perché l'Italia abbia nuove difficoltà e vi sia davvero già oggi la consapevolezza che si cadrà come Governo e si andrà a nuove elezioni. Voi lascerete, qualunque Governo si avrà, che non sarà certo quello inPag. 110carica, perché gli italiani non vi rivoteranno più (non c'è dubbio), l'eredità pesantissima di amministrare in condizioni di estrema difficoltà. Quest'ultima diventerà anche difficoltà sociale, perché, alla fine, non si vedono interventi reali per quello che è lo stato reale del Paese, che oggi è quello delle imprese che se ne vanno in Irlanda, dove c'è meno pressione fiscale, o addirittura in Romania.
I giovani del sud, mi dispiace dirlo, in questa Italia a due marce, nord e sud, che purtroppo è molto diversa...
PRESIDENTE. Onorevole Marras, concluda.
GIOVANNI MARRAS. ...si trovano in gravi difficoltà perché è iniziata di nuovo una vera emigrazione.
Infine, devo ricordare l'articolo 102, relativo alla Sardegna, della manovra economica dell'anno scorso. Si tratta di un intervento in tema di IRPEF. Sulla base di quell'accordo il denaro, proveniente dal pagamento dell'IRPEF, sarà distribuito alla regione Sardegna a partire dall'anno 2013. I soldi provenienti dall'IRPEF pagata dai sardi oggi però vengono utilizzati da non so chi, ma comunque dal Governo e sono in questo bilancio. Credo che questo sia un fatto di illegittimità e di incostituzionalità. Il fatto che il Governo abbia impugnato quanto accordato al presidente Soru dal ministro Lanzillotta la dice lunga su quello su quell'accordo e su quelle che saranno le realtà che riceveranno quelle risorse.
Credo che ci debba essere un chiarimento: lo chiederemo anche con gli ordini del giorno per capire quale sarà la reale situazione (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Margiotta. Ne ha facoltà.
SALVATORE MARGIOTTA. Signor Presidente, colleghi deputati, nel poco tempo a mia disposizione mi limiterò a considerare alcuni aspetti della finanziaria, in maniera particolare quelli relativi alle infrastrutture e all'ambiente, per i quali pure sono stato relatore presso l'VIII Commissione. Darò, anzi, solo un flash sulle infrastrutture per poi soffermarmi sui temi ambientali, che sono parte qualificante del disegno di legge finanziaria per il 2008.
Sulle infrastrutture dirò soltanto che, a fronte di un incremento di stanziamenti rispetto all'anno precedente di 72,7 milioni di euro, con un dato complessivo pari a 4.158,6 milioni di euro, il dato più interessante è compreso nel rifinanziamento della legge obiettivo, cioè nel rifinanziamento delle infrastrutture di preminente interesse nazionale. Devo dire che all'articolo 63, comma 1, si prevedono contributi quindicennali a decorrere dal 2008, 2009 e 2010 di 99,6 milioni di euro, il che significa che sarà possibile attivare una somma di 3,29 miliardi di euro; una somma importante, pure dimezzata rispetto al DPEF che abbiamo approvato quest'anno.
Ciò fa nascere qualche timore e qualche perplessità sull'effettiva possibilità di portare a termine il programma compreso nella legge obiettivo; da meridionale mi preoccupa il rischio, dovendo necessariamente completare le opere già cantierizzate, che sono in maggior parte condensate nell'area settentrionale del Paese, di non potere mettere a regime opere nel Mezzogiorno, mettendo così in forse la possibilità di ridurre la forbice, che invece tenderà ad aumentare, relativa al deficit infrastrutturale esistente nel Paese.
Vi è un elemento qualificante, sempre sulle infrastrutture, che è quello del cosiddetto federalismo infrastrutturale: all'articolo 68 si prevede la possibilità che l'ANAS Spa con le regioni, in società, tutte pubbliche anche a maggioranza regionale, possano realizzare alcune importanti opere; ciò mi sembra un fatto rilevante. Così come sottolineo, e non per mero campanilismo, il dato che in Commissione bilancio - ringrazio peraltro il presidente Duilio per il lavoro svolto nella settimana scorsa - sia stato possibile anche recuperarePag. 111un emendamento relativo al completamento della ricostruzione post-terremoto in Basilicata ed Irpinia.
Interessa di più, dicevo, soffermarmi sui temi ambientali. Un vero punto di svolta vi è nel disegno di legge finanziaria in esame. Ve n'era bisogno. È infatti della settimana scorsa la notizia che nella Conferenza di Bali sono stati resi noti i dati elaborati dal German Watch che evidenziano che, tra i cinquantasei Paesi maggiormente responsabili delle emissioni di anidride carbonica, l'Italia, in quanto a politiche ambientali, è messa male: è al quarantaduesimo posto su cinquantasei, ben al di sotto di Germania, Francia e Regno Unito.
Vi era bisogno di una finanziaria che segnasse, come questa, una reale inversione di tendenza; ciò anche grazie al lavoro compiuto nei mesi precedenti dall'VIII Commissione, che ha prodotto una relazione sui cambiamenti climatici poi approvata in Aula. Certo anche in questo caso si potrebbe fare di più, ma il passo è davvero importante, e si va nella direzione giusta. Ricordo soltanto alcuni dei provvedimenti più importanti: l'incentivazione e la promozione delle energie rinnovabili, lo sviluppo delle tecnologie per il riciclo dei rifiuti, la forestazione e la riforestazione delle aree incolte con riduzione delle emissioni di anidride carbonica, gli articoli da 50 a 56 tutti dedicati alle energie rinnovabili; si superano in termini procedurali tutte le lungaggini e anche gli ostruzionismi che spesso sono messi in atto sul nostro territorio.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
SALVATORE MARGIOTTA. Anche qui sono stati recepiti tutta una serie di importanti emendamenti, soprattutto in materia di minieolico, di eolico, di ruolo dell'Autorità di bacino che l'VIII Commissione aveva predisposto e che sono stati appunto approvati in V Commissione.
Ribadendo che si tratta di un punto di svolta, concludo citando un proverbio cinese che dice che quando soffiano i venti del cambiamento c'è chi corre a nascondersi e chi fa muovere i mulini a vento. Noi del Partito Democratico siamo quelli che vogliamo costruire i mulini a vento.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Ravetto. Ne ha facoltà.
LAURA RAVETTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Commissario europeo Almunia ha affermato: «Si tratta di una finanziaria poco ambiziosa e che disattende gli impegni assunti durante Ecofin dell'aprile scorso, ossia l'obiettivo del pareggio deficit-PIL che viene rinviato al 2011 rispetto al 2010, nonché l'aggiustamento dei conti dello 0,5 per cento annuo che non andrà, in realtà, oltre lo 0,2 per cento. Questo rappresenta per Bruxelles una violazione dei patti». Sempre Almunia: «Le entrate fiscali straordinarie andavano utilizzate per un ulteriore consolidamento del bilancio pubblico e non per alimentare la spesa». La Commissione europea: «L'Italia continua a crescere meno dell'Europa: la stima per il 2008 è pari all'1,4 per cento. Si tratta della peggiore performance di crescita dell'area euro». La BCE: «L'Italia doveva rispettare il patto di un taglio dello 0,5 per cento, e l'extragettito doveva andare a ridurre il deficit. In diversi Paesi si prevedono per il 2008 manovre procicliche ed un rilassamento degli sforzi». Il riferimento all'Italia in quest'ultimo caso non è esplicito, ma a me sembra ovvio.
Bini Smaghi: «Sui conti pubblici il Governo ha perso un'occasione, con una linea troppo morbida che ha rinviato gli interventi decisivi». Draghi parlando di rallentamento nel processo di risanamento dei conti ha affernato: «La finanziaria consentirà progressi modesti. Le recenti decisioni di bilancio non frenano la dinamica della spesa e non sfruttano il favorevole andamento delle entrate per accelerare la riduzione del debito». Il Fondo monetario internazionale prevede per l'anno prossimo una crescita dell'1,3 per cento, che è stata definita deludente rispetto all'aggiustamento dei conti pubblici, poiché «la maggior parte dell'extragettito fiscale è stata utilizzata per nuova spesa pubblica»Pag. 112laddove andava utilizzata per ridurre il deficit e il debito.
L'OCSE ha parlato di occasione sprecata, ed ha rivisto al ribasso la previsione sulla crescita italiana per il 2008 all'1,3 per cento a causa del rallentamento nell'aggiustamento dei conti; ha poi affermato che «la revisione al rialzo dei piani di spesa non è certo la migliore risposta ad un imprevisto e forse temporaneo vigore del gettito», ed ha aggiunto che «sarebbe stato prudente destinare l'intero ammontare dell'extragettito alla riduzione del debito e delle tasse nel 2008».
Potrei terminare qui il mio intervento, senza spendere una parola in più rispetto a quelle pronunciate da tutti gli organismi europei e internazionali che si sono espressi su questo disegno di legge finanziaria. La sintesi di questi interventi è infatti semplice. In un momento di favorevole congiuntura economica globale, da cui è derivato un surplus di entrate, si sarebbero potute prendere tre strade: ridurre il rapporto deficit-PIL e il debito pubblico e dare così sollievo all'Europa; ridurre le tasse e dare così sollievo agli italiani; oppure - non mi sarei trovata d'accordo, ma si sarebbe potuto fare - spenderlo in maniera strutturale. Nulla di tutto questo è stato fatto: con le entrate fiscali al massimo, non si è stati in grado di riqualificare ed aggredire la spesa, che anzi è stata aumentata in mille rivoli elettoralistici.
In quest'Aula abbiamo parlato assai spesso dell'inadeguatezza dello strumento della legge finanziaria: abbiamo ormai preso tutti atto che la finanziaria è una manovra che incide solo superficialmente nella composizione della spesa; abbiamo ormai assunto che la doppia lettura fra Camera e Senato ne rende farraginoso l'iter di approvazione; abbiamo infine accertato che una sessione di bilancio che dura quattro mesi non può essere in sintonia con un'economia che va decisamente più veloce. Quest'anno, però, vi è qualcosa in più: quest'anno è emerso infatti che, quando non vi è una costrizione esterna (e in questo caso è stata disattesa, poiché sono stati violati i patti con l'Europa), è necessario un disegno politico forte per gestire tutti questi passaggi nell'iter della legge finanziaria. Con questo Governo, però, il disegno politico non c'è e così la relativa maggiore discrezionalità nell'utilizzo delle risorse pubbliche si è trasformata in spesa che io chiamo «clientelare».
In proposito, devo dire che sono rimasta bensì sconcertata nell'aver assistito ad una corsa all'emendamento microsettoriale ed elettoralistico, ma ancora più sconcertata sono rimasta del fatto che simili emendamenti hanno trovato campo libero nel vuoto di un disegno generale. Mi pare che siano stati chiesti soldi alla collettività in nome di un interesse generale per poi veicolarli per una spesa che risponde invece ad interessi particolari: e tutto questo - mi spiace dirlo, sottosegretario - dietro un manto di ipocrisia che si è avuto anche nei quattro giorni di discussione in Commissione bilancio, ove si è tentato di attribuire dignità politica a quello che a me è parso soltanto il più banale dei mercati. È la giusta posizione di provvedimenti che parlavano ad interessi piccoli, talvolta piccolissimi.
Anche l'apparente civiltà dei rapporti in Commissione non può nascondere il fatto che si è trattato di una pratica che ha condotto allo spreco di risorse collettive: la nostra attenzione si è infatti rivolta al finanziamento di questa o quella manifestazione folcloristica, ma non è stata spesa una parola su temi come la class action o i derivati, di cui dobbiamo aspettare il passaggio in Aula.
Nonostante questo andamento generale, devo dire che vi sono stati colleghi che hanno condotto iniziative finalizzate ad interventi effettivamente riformisti: ne do atto anche ai colleghi della maggioranza, oltre che a quelli dell'opposizione. Essi, però, mi sono parsi costretti a farlo quasi in maniera clandestina: quasi che sottrarre risorse per il bene collettivo, di fronte a questo disegno di legge finanziaria, fosse in realtà una colpa.
Non dimentico tuttavia che ci troviamo di fronte ad un quadro sovraordinato. E dunque, mi domando: in nome di qualePag. 113disegno generale si poteva chiedere ai singoli deputati e ai singoli partiti di ritirare anche un solo emendamento? La risposta sta in una domanda: che fine ha fatto il libro verde del Ministro Tommaso Padoa Schioppa? Perché Tommaso Padoa Schioppa utilizza gli strumenti europei che gli danno una patina internazionale, ma non quelli che inevitabilmente lo metterebbero in contraddizione con le sue «lezioni di economia politica» sui giornali?
Ministro - mi rivolgo a lei - certamente lei sapeva che il Libro verde quando è stato redatto andava discusso con le categorie destinatarie, come sa che i suoi omologhi in Europa a un Libro verde fanno seguire un Libro bianco di soluzioni ed azioni. Questa finanziaria non sarà né verde né bianca ma sarà incolore, e come tutte le cose incolori non verrà ricordata né nel bene né nel male, come tutte le occasioni perdute. Però, l'occasione che oggi l'Italia perde la allontana sempre di più dall'economia moderna, e quindi di questa finanziaria qualcuno tra qualche anno purtroppo si ricorderà.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO DEL BUE. Signor Presidente, siamo daccapo ancora impantanati in un iter lungo, complicato, faticoso ed incerto dell'approvazione del disegno di legge finanziaria per il 2008. L'ottimo relatore Ventura lo ha da par suo detto nella sua relazione: egli ha infatti dichiarato che l'iter ha messo in luce i consueti problemi di funzionamento. Citiamo alcuni dati per comprendere la difficoltà per un parlamentare e per un gruppo parlamentare di entrare nel merito del disegno di legge al nostro esame.
Il testo licenziato dal Senato constava di 151 articoli (inizialmente il Governo aveva proposto un disegno di legge composto di 97 articoli): siamo adesso arrivati a 213 articoli, con molti bis, ter e quater. Certo, alcuni degli emendamenti introdotti - non certo i più significativi, i più rilevanti, i più intelligenti - sono stati anche oggetto di qualche ironia da parte di qualche giornale di stamani.
Mi pare che quelli sul randagismo e l'ostacolismo per celebrare un anniversario dell'ippodromo di Merano non siano certamente tra i più esaltanti. Per di più, non conosciamo ancora il testo su cui il Governo intende porre la questione di fiducia, dato che è inimmaginabile votare 6.000 emendamenti, dei quali 2.700 proposti dalla maggioranza.
Leggiamo dalla stampa di stamani che il Governo avrebbe intenzione di porre la questione di fiducia su tre maxiemendamenti ed apprendiamo anche che nel Consiglio dei ministri - non so se sia ultimato o tuttora in corso - forse verrebbe licenziato anche il disegno di legge cosiddetto «Lanzillotta» sui servizi pubblici locali, e ciò sarebbe un fatto estremamente positivo, a mio giudizio, dopo un iter così difficoltoso e turbolento.
In occasione del dibattito sulla legge finanziaria dello scorso anno si era preso l'impegno in quest'aula - lo aveva sottolineato, in particolare, il Presidente Bertinotti - di andare avanti verso una via di riforma della struttura della legge finanziaria. Io ho depositato una proposta di legge il 14 marzo di quest'anno per riformare strutturalmente le procedure dell'approvazione dei documenti di bilancio. La riforma da me proposta è ispirata a snellimento delle procedure, a velocità dell'approvazione e alla definizione di poteri netti e chiari del Governo e del Parlamento.
È necessario, signor Presidente e signor sottosegretario, un forte snellimento di questo assurdo, dispersivo, stressante ed anche, tutto sommato, inutile esercizio collettivo di tuttologia. Si tratta di un rito iniziatico dell'attività parlamentare che si compone di dibattito generale, dell'esame di migliaia di emendamenti per centinaia di articoli, di continue modifiche e di scambi di spesa, di una maratona alla quale quasi sempre si deve rispondere con il voto di fiducia cui corrisponde una protesta formale dell'opposizione che, in realtà, tira anch'essa un sospiro di sollievo.
Perché, signor Presidente e signori del Governo, tra le tante riforme di cui si parla siamo tutti concentrati su quella elettorale, come se fosse l'unica indispensabilePag. 114per questo Paese, mentre non si è iniziato l'iter della riforma della legge finanziaria e della sessione di bilancio? Il Governo deve essere messo in condizione di decidere - qualsiasi Governo - e il Parlamento di controllare.
Adesso il Governo non decide e il Parlamento non controlla. Il Governo non decide, ma recepisce e spesso modifica; il Parlamento non controlla, ma agisce con un rapporto spesso mercantile nei confronti del Governo. Tra le tante riforme, questa è lasciata ammuffire nei cassetti della Camera dei deputati.
Peraltro, vi è anche una qualche preoccupazione in ordine alla definitiva approvazione del disegno di legge finanziaria. Ho ascoltato, proprio ieri, nella ormai quasi quotidiana seduta politica della trasmissione Porta a porta, l'ex presidente Dini affermare che il suo voto e quello del suo gruppo non è scontato, neppure sul disegno di legge finanziaria, qualora fossero intervenuti ulteriori emendamenti di spesa. L'ex presidente Dini ha peraltro dichiarato, in occasione del voto in ordine al disegno di legge finanziaria in prima lettura al Senato, che il Governo e la maggioranza della quale egli stesso è parte avrebbero esaurito il proprio compito e che a gennaio si sarebbe politicamente dissociato.
È strano notare come nella rappresentazione del dibattito di un finto bipolarismo, come quello di ieri sera nella trasmissione Porta a porta, su quattro esponenti politici (due della minoranza e due della maggioranza) non ve ne fosse uno solo che difendesse il Governo: non quelli dell'opposizione - credo che sia legittimo e naturale -, ma neppure quelli della maggioranza; un esponente politico, Ministro del Governo e rappresentante del gruppo che ormai va definendosi come la Sinistra-l'Arcobaleno, il Ministro Ferrero, che ritiene il disegno di legge finanziaria insufficiente e la manovra economico-finanziaria non esauriente e non completamente soddisfacente, ma passibile di ulteriori modifiche nel segno di una maggiore equità; e l'ex presidente Dini, che, al contrario, era preoccupato del rigore, delle necessità del contenimento del disavanzo e della spesa e, quindi, guardava alla finanziaria con preoccupazione e con un segno opposto rispetto a quello del Ministro Ferrero.
Certamente, in una situazione politica di questo tipo e in un quadro politico così precario una manovra economica che si affida al futuro deve certamente fare affidamento su un alto grado di ottimismo.
Voglio brevemente entrare, signor Presidente, nel merito del disegno di legge finanziaria con un paio di osservazioni. Innanzitutto vorrei ottenere un chiarimento, che ritengo opportuno alla luce dei dati che ho personalmente esaminato. Cominciamo dalla situazione delle entrate.
Dobbiamo conoscere l'esattezza dei conti. Si parla di un nuovo «tesoretto» - lo si è definito così -, cioè un maggior livello di entrate fiscali, ma non sappiamo a quanto ammontano. È possibile conoscere esattamente l'entità di queste nuove entrate fiscali che non erano state calcolate?
In secondo luogo, Il Sole 24 Ore di oggi parla di un buco di oltre un miliardo di euro, non so se dovuto agli ulteriori emendamenti approvati o se insito già nella manovra, come approvata dal Senato. Credo che, nonostante le assicurazioni del sottosegretario Alfiero Grandi, restino alcuni punti interrogativi in ordine alle coperture. Anche su tale aspetto chiedo al Governo un chiarimento. Con i numeri non si gioca, né con la spesa, né con le coperture finanziarie. Dobbiamo essere chiari e tutti consapevoli che la manovra ha una sua reale copertura.
Il provvedimento sul welfare collegato alla legge finanziaria presenta una manovra sul piano previdenziale e pensionistico tendente ad abolire, come è avvenuto, il cosiddetto scalone in funzione di «scalini». Se mettiamo insieme la spesa per quest'ultima operazione e quella per il disegno di legge finanziaria, la manovra, secondo i dati che mi sono stati forniti da autorevoli rappresentanti della V Commissione bilancio, ammonterebbe ad oltre 22 miliardi. Una parte consistente (10 miliardi, ma non in un solo anno, perché per il prossimo anno saranno molti meno)Pag. 115sono dovuti proprio alla spesa per eliminare lo scalone e introdurre gli scalini.
A mio avviso, questo è un punto di fondo che va chiarito. Infatti, una politica riformista deve saper individuare un'emergenza e su quella concentrare il massimo degli sforzi. L'emergenza, signori del Governo, signori della Commissione, signor Presidente, è, per questo Paese e in questo momento, lo scalone o la precarietà dei giovani, che non trovano lavoro o ne trovano uno saltuario? Riteniamo che l'emergenza nazionale sia costituita dai giovani precari, che non trovano lavoro e che debbono «saltare» periodicamente da un lavoro all'altro senza avere né sussidi né coperture previdenziali nei passaggi da una attività di lavoro ad un'altra.
Ecco perché riteniamo che la spesa sociale italiana vada fortemente riequilibrata e che tale riequilibrio debba andare verso il soddisfacimento delle istanze primarie delle nuove generazioni. Negli altri Paesi europei, da ultimo in Germania e in primis in Danimarca, tale riequilibrio è avvenuto; in Italia, no. La legge Biagi è stata demonizzata, ma non ha prodotto maggiore precarietà. Il professor Ichino lo ha scritto sul Corriere della sera, sfidando ad un dibattito pubblico il comico Grillo (che si è ben guardato dall'accettare) e, cifre alla mano, ha dimostrato che, dopo l'approvazione di questa legge, non sono diminuiti, ma invece aumentati, i contratti a tempo indeterminato. Il problema vero è riempire questa legge di maggiori garanzie per quanto riguarda i sussidi di disoccupazione e la previdenza assicurata per coloro che passano da un lavoro precario ad un altro.
Non dobbiamo sfidare la flessibilità, che esiste in tutta Europa e in tutto il mondo. Dobbiamo abbinare la sicurezza sociale alla flessibilità. D'altronde, lo slogan del Partito Socialista Europeo, di cui mi onoro di far parte, è proprio quello della flexicurity. Non possiamo eliminare il tempo in cui viviamo e rimpiangere un tempo che non c'è più, quando un giovane poteva avere un lavoro a 17-18 anni e mantenerlo fino alla pensione. La sfida di una moderna sinistra riformista è saper unire l'accettazione della flessibilità ad un orientamento della spesa sociale e degli interventi dello Stato a favore di coloro i quali debbono operare all'interno di un mercato del lavoro sempre più flessibile e sempre meno garantito.
Un grande riequilibrio deve esserci, perché l'Italia per spesa in sussidi ai giovani precari è sotto il livello del Paese che spende meno. Per questo spendiamo meno del 2 per cento della spesa sociale, mentre la media europea è attorno al 6,5 per cento. Mi fa piacere che l'emendamento che i socialisti sul punto hanno già presentato in occasione dell'esame del disegno di legge finanziaria presso il Senato, che non era stato recepito in un primo momento dal Governo, sia stato recepito oggi dalla Commissione bilancio e dal Governo stesso, tanto che dovrebbe costituire parte integrante del testo licenziato. È una proposta emendativa che non costa un euro allo Stato italiano, in quanto attinge risorse al Fondo sociale europeo, e che garantisce una quota di reddito minimo per tre anni per i giovani a contratto precari, cioè i giovani ex Cococo e oggi Cocopro. Ritengo sia un fatto di civiltà e di giustizia e vada salutato con soddisfazione.
Il disegno di legge finanziaria per il 2008 non è pesante come quello dello scorso anno, tanto che è stato diverso l'atteggiamento delle forze sociali che l'anno scorso hanno protestato e quest'anno hanno dialogato con la maggioranza e con il Governo. Resta però un punto fondamentale, che voglio citare a conclusione di questo mio intervento e che ritengo al pari della necessità del riequilibrio della spesa sociale fondamentale per un Governo ed una maggioranza riformisti. È necessario fare in modo che l'Italia colmi il differenziale negativo sul piano della crescita economica che la separa dagli altri Paesi europei. Sono anni che abbiamo una crescita sotto la media europea. Siamo ad un differenziale di crescita negativo da molti anni. Durante il Governo Berlusconi, quando la crescita era praticamente pari a zero e negli altri Paesi europei andava pure male, ma eraPag. 116superiore dello 0,7-0,8 per cento, e anche durante questi anni perché siamo, infatti, all'1,8 per cento nel 2007 e abbiamo una previsione di crescita dell'1,3 per cento per il 2008.
Ciò, a fronte di una crescita media europea del 2,5 per cento nel 2007 e del 2 per cento nel 2008; manteniamo dunque un differenziale negativo che credo debba essere colmato perché la crescita è importante per garantire maggiore equità e per assicurare una lotta efficace all'indebitamento pubblico del Paese.
Abbiamo appreso con piacere - e concludo, signor Presidente - di alcune manovre che riguardano la riduzione dell'IRES e dell'IRAP, anche se qualcuno ha rilevato (e anche su questo chiediamo un chiarimento al Governo) che, soprattutto per quanto riguarda l'IRES, la riduzione dal 33 al 27,5 potrebbe essere vanificata dal recupero di risorse che si realizza con riferimento alla deducibilità degli interessi passivi. Questo è uno dei punti, ad esempio, che le associazioni produttive hanno richiamato per verificare l'efficacia di una manovra che intende diminuire la tassazione sulle imprese. Diminuire le tassazione sulle imprese, rilanciare le grandi opere in Italia, una maggiore e più efficace opera di investimento...
PRESIDENTE. Onorevole Del Bue, la pregherei di concludere.
MAURO DEL BUE. ...di risorse pubbliche per le grandi infrastrutture, la possibilità attraverso una maggiore tassazione di rilanciare gli investimenti privati. In questo modo, e solo in questo modo, si può arrivare a colmare il differenziale a cui facevo riferimento.
Volevo trattare anche un ultimo punto, ma non posso perché sono forse oltre i tempi. Anche se i tempi che mi sono stati concessi sono strani: poiché sono l'unico a parlare del mio gruppo, dovrei avere tutto intero il tempo...
PRESIDENTE. Abbiamo tenuto conto di tutto. Onorevole Del Bue, lei sa che la Presidenza è magnanima.
MAURO DEL BUE. Accetto soprattutto da lei, onorevole Castagnetti, questo richiamo. Non posso non accogliere il suo invito.
Volevo solo citare il punto che riguarda i bassi stipendi e i bassi salari, non lo posso fare non perché non sia sensibile a questo tema, ma perché non ne ho il tempo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mario Ricci. Ne ha facoltà.
MARIO RICCI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, colleghi relatori, i documenti di bilancio e la legge finanziaria per il 2008 probabilmente, anzi certamente, non rappresentano quella svolta di cui avrebbe bisogno il nostro Paese, ma in essi, credo, vi sono dei segni inconfutabili di novità, soprattutto in termini di modalità, di metodologia. Credo di individuare chiaramente in questi atti il superamento della tradizionale logica incrementale della spesa, una snellezza e trasparenza attraverso la ristrutturazione in missioni degli atti di bilancio, un tentativo di contenimento e di risanamento della spesa pubblica attraverso l'avvio di un processo di rivisitazione e di riqualificazione della spesa. Si tratta di un'impresa estremamente ardua e difficile. Il contenimento, a differenza che nel passato, attraverso i processi di rivisitazione e ristrutturazione della spesa non produce e non dovrebbe produrre quei «massacri» sociali che anche di recente abbiamo conosciuto nel nostro Paese.
Vorrei ricordare, fra l'altro, all'onorevole Crosetto che la spesa pubblica è rappresentata anche dagli incentivi al sistema delle imprese nel nostro Paese e non solo dalla spesa sociale che alcuni settori degli ambienti politici e istituzionali del nostro Paese vorrebbero «tagliare» e far pagare sulla pelle dei lavoratori e delle lavoratrici.
Dicevo che la ristrutturazione e la rivisitazione della spesa pubblica non è un'impresa facile, perché questo obiettivo richiede la scelta di alcune grandi opzioni. Ad esempio, per affrontare in concretoPag. 117questa necessaria rivisitazione e ristrutturazione della spesa pubblica, utilizzo un settore come quello dei trasporti e delle infrastrutture che sono stati anche al centro della discussione svoltasi in sede di IX Commissione e molto spesso anche in quest'Aula.
Ricordo, ad esempio, la risoluzione di accompagnamento all'approvazione del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2010, che, appunto, poneva l'accento sulla necessità di una selezione e di una priorità nella scelta di investimenti nelle opere infrastrutturali nel nostro Paese.
Parto da tale settore, che gli atti di bilancio e il disegno di legge finanziaria per il 2008 probabilmente privilegiano; esprimiamo, pertanto, anche un grande apprezzamento (non è ancora una svolta, ma un processo di svolta si potrebbe avviare) perché notevoli risorse sono state poste a disposizione soprattutto del rilancio del trasporto pubblico locale.
In questi giorni, signor Presidente, rappresentanti del Governo, assistiamo a una prova di forza di una categoria che, dobbiamo dirlo, ha una forza di contrattazione notevole, dovuta ad un fenomeno molto preciso: nel nostro Paese l'85 per cento delle merci è trasportato su gomma. Quando parlavo di una ristrutturazione della spesa del bilancio dello Stato, quindi, chiedevo in questo senso un rovesciamento e un riequilibrio delle modalità di trasporto nel nostro Paese, che privilegino, ovviamente, il trasporto pubblico locale collettivo: non si può continuare ad aumentare i tassi di inquinamento e delle emissioni dei gas serra nel nostro Paese, soprattutto nelle grandi aree urbane, perché bisogna combattere la logica dell'incremento progressivo dell'uso del mezzo privato. Quarantadue milioni di auto private viaggiano quotidianamente nel nostro Paese, con tutti gli sconquassi dal punto di vista ambientale e di consumo irrazionale del territorio. Si tratta, quindi, di una scelta precisa, avviata anche da tali elementi introdotti con la legge finanziaria per il 2008.
Vi sono, certo, talune contraddizioni: da una parte, si compie un intervento consistente, stanziando risorse, addirittura con una scelta strutturale negli anni, trasferendo alle regioni - attraverso meccanismi di partecipazione alla riscossione di accise - la possibilità di darsi un programma di promozione e di sviluppo del trasporto pubblico locale; dall'altra, però, non siamo ancora a livelli tali da spostare a favore del trasporto su ferro, del trasporto via mare e del trasporto innovativo e collettivo nelle grandi aree urbane, una modalità di trasporto che nel nostro Paese si è ulteriormente orientata verso la strada e la gomma.
È inoltre avviato - concludo, signor Presidente - almeno il tentativo di riportare lo strumento della legge finanziaria alle sue finalità originarie. Anche nel disegno di legge finanziaria in esame vi sono storture incredibili. Cito due elementi, che probabilmente riprenderò durante l'esame degli ordini del giorno. Ebbene, nell'uso di tale strumento vi sono forzature da parte del Governo, anche in maniera impropria. L'articolo 73, ad esempio, interferisce nei rapporti tra lo Stato e il fornitore dei servizi postali, imponendo determinate soluzioni; con l'articolo 111 si dà addirittura un'interpretazione autentica di norme vigenti, con riferimento agli incentivi ai lavoratori e a figure ormai in via di superamento e di esaurimento, come quella dei combattenti e dei partigiani...
PRESIDENTE. Onorevole Mario Ricci, concluda.
MARIO RICCI. ...che, lavorando nel settore privato, sono state discriminate per quindici anni. La legge finanziaria non può essere piegata a tali usi: dovremmo invece, in qualche modo, riportarla alla sua finalità originaria.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nannicini. Ne ha facoltà.
ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, signor Ministro, signori rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, per illustrare al meglio le misure recate dalPag. 118disegno di legge finanziaria per il 2008 quale risulta dal testo presentato dal Governo, dalla lettura svolta dal Senato e, quindi, dalle novità introdotte durante l'esame in sede referente della Commissione bilancio della Camera dei deputati, ritengo indispensabili alcune premesse.
Leggiamo sulla stampa che il Governo era partito con novantasette articoli, divenuti circa centocinquanta al Senato e, dopo la discussione in Commissione bilancio, duecentotredici: una legge finanziaria non si misura né in chili né in numero di articoli, ma dai contenuti che essa introduce nel bilancio dello Stato. Due esempi su tutti: la nuova formulazione dell'articolo 1, che, al comma 4, istituisce il Fondo a sostegno dei redditi da lavoro dipendente e il nuovo articolo 9-bis (Misure a favore dei consumatori in materia di prodotti energetici).
La domanda da porsi è la seguente: sarebbe migliore o peggiore per i lavoratori e per i cittadini italiani una legge finanziaria senza tali articoli? Ritengo che questi nuovi articoli abbiano migliorato il testo nell'interesse generale del Paese.
Il comma 4 dell'articolo 1 istituisce un fondo, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, finalizzato al conseguimento dell'obiettivo di incrementare le detrazioni d'imposta per i redditi da lavoro dipendente, a sostegno del salario dei lavoratori. Tale fondo è costituito dalle maggiori entrate tributarie che si realizzano nel 2008, nel rispetto degli indici di indebitamento pubblico previsti dal Documento di programmazione economico-finanziaria, dagli extragettito e dalle entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale.
Tale articolo, richiamando l'articolo 17, comma 1, della legge 468 del 1978, la cosiddetta riforma Stammati, prevede che, entro il mese di giugno, il Ministro del Tesoro presenti al Parlamento un apposito disegno di legge ai fini dell'assestamento e quindi, per quella data del 2008, avremo una prima consistenza finanziaria del fondo per la riduzione fiscale nei confronti dei lavoratori.
Inoltre, l'articolato richiama il comma 3 dell'articolo 11 della citata legge Stammati, che recita: «La legge finanziaria contiene esclusivamente norme tese a realizzare effetti finanziari, con decorrenza dal primo anno considerato nel bilancio pluriennale, e in particolare: (...) le variazioni delle aliquote, delle detrazioni e degli scaglioni (...) con effetto di norma dal primo gennaio dell'anno cui essa si riferisce, nonché le correzioni delle imposte conseguenti all'andamento dell'inflazione» e rende ancora più forte la norma stabilendo che la misura dell'incremento di tali detrazioni, in ogni caso, non deve essere inferiore al 20 per cento per le fasce di reddito più basse, elevando ovviamente le detrazioni, che adesso sono pari a 1.840 euro per i redditi complessivi che non superano gli 8.000 euro e decrescono fino a zero per i redditi complessivi di 55.000 euro.
Questa misura si accompagna alle altre già previste dalla legge n. 222 del 2007 all'articolo 44, con il riconoscimento dell'imposta negativa di 150 euro per ciascun familiare a carico per i contribuenti per i quali, nell'anno 2006, l'imposta netta risulti pari a zero (cioè per i redditi superiori a 7.500 euro per i lavoratori dipendenti, 7.000 euro per i pensionati e 4.200 euro per i lavoratori autonomi) e dalla legge n. 127 del 2007, che all'articolo 5 prevede un incremento medio di 302 euro delle pensioni minime per quasi tre milioni di pensionati.
Altri colleghi si sono soffermati a rappresentare le forti novità introdotte in questa manovra finanziaria con riferimento alla tassazione relativa al lavoro autonomo e alle imprese; per carenza di tempo non mi soffermerò su tale punto.
Prima di concludere, vorrei rappresentare al meglio la norma contenuta nell'articolo 9-bis, che è una sintesi di una proposta emendativa da me presentata, con altri colleghi del mio gruppo parlamentare, ed inserita nel decreto-legge Bersani, oggi in discussione al Senato, e quella presentata dal deputato Cirino Pomicino, al fine di ridurre le accise sui carburanti.
Ringrazio il Governo e il relatore, che con la proposta emendativa n. 9.040 ha sintetizzato tale materia, accogliendo la nostra sollecitazione.Pag. 119
Il meccanismo inserito con tale norma prevede che le misure delle aliquote di accisa su prodotti energetici usati come carburanti ovvero come combustibili per riscaldamento per usi civili siano diminuite, al fine di compensare le maggiori entrate dell'imposta sul valore aggiunto derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale, espresse in euro, del petrolio.
Il primo decreto di attuazione di tale norma viene adottato entro il 28 febbraio del 2008 e successivamente con decorrenza trimestrale, se il prezzo del greggio registra una variazione del 2 per cento rispetto al valore medio previsto dal Documento di programmazione economico-finanziaria e all'ultimo rilevato nelle varie scadenze.
Ricordo che i valori medi previsti dal Documento di programmazione economico-finanziaria per il prezzo del petrolio sono di 65 dollari al barile, il cambio l'euro-dollaro è di 1 euro per 1,34 dollari, il prezzo del petrolio al barile è di 48,75 euro.
Facciamo una simulazione, assumendo il prezzo del petrolio al cambio del 6 dicembre - stando al testo dell'emendamento - coincidente con quello alla data del 28 febbraio. Il prezzo del petrolio, in data 6 dicembre, era di 86,73 dollari al barile, il cambio era di 1,46 e il prezzo del petrolio al barile era di 58,98 euro. Variazioni: una variazione del 21 per cento in euro; una variazione in dollari del 33 per cento.
Dai dati sopra citati emerge da questa simulazione che avremmo un aumento del prezzo della petrolio a barile del 21 per cento (in euro) che permetterà di far scattare la norma della compensazione dell'accisa, mentre in dollari l'aumento sarebbe del 33 per cento. Dobbiamo quindi ringraziare il tanto vituperato euro per la differenza di 12 punti percentuali. Ma volendo rimanere alla sostanza, ipotizzando un aumento di dieci euro a barile con l'aliquota IVA del 20 per cento avremmo due euro a barile per l'IVA da sterilizzare e da mettere a disposizione per la diminuzione dell'accisa. È chiaro che in questi calcoli non godendo di un regime agevolato vi rientra anche l'autotrasporto: è questa una prima risposta anche allo sciopero degli autotrasportatori. Se ci riferiamo a un consumo nazionale annuo di 630 milioni di barili ovvero di 100 milioni di barile a bimestre possiamo affermare che tale provvedimento ridistribuirà a febbraio con questi prezzi simulati un risparmio di circa 200 milioni di euro. Avremo, quindi, un effetto benefico sull'inflazione e sull'andamento competitivo della nostra economia.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROLANDO NANNICINI. Ho voluto citare, forse con eccessiva attenzione, le nuove agevolazioni previste dall'articolo 1 a sostegno dei salari e dal nuovo articolo 9-bis sulla sterilizzazione dell'IVA sui prodotti petroliferi perché nei Paesi occidentali dove lo Stato sociale funziona, i meccanismi di entrata sono legati anche ad eventuali eventi negativi per le tasche dei cittadini. L'aumento dell'inflazione e quello del prezzo del petrolio rappresentano una specie di scala mobile inversa e sono eventi che non devono trasformarsi automaticamente in un aumento delle entrate per lo Stato. I cittadini se ne rendono conto, è bene che anche il legislatore se ne renda conto nel suo operato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-L'Ulivo).
PRESIDENTE. Lei ha beneficiato del premio riconosciuto all'ultimo intervento della discussione sulle linee generali.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione congiunta sulle linee generali.