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DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI SALVATORE GRECO, FERDINANDO BENITO PIGNATARO, STEFANO ALLASIA E PAOLO AFFRONTI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 1041
SALVATORE GRECO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, annuncio sin d'ora la decisione del gruppo dell'UDC di astenersi nella votazione sul disegno di legge che prevede l'abrogazione delle norme in materia di partecipazioni in società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas naturale. Ciò perché, se questa duplice abrogazione di decreti-legge l'uno del 2001, del Governo Amato, l'altro del 2005 del Governo Berlusconi, è resa necessaria al fine di evitare le pesanti sanzioni europee che attenderebbero l'Italia ove non si adeguasse alla sentenza del 2 giugno 2005 della Corte di giustizia europea, d'altro canto il Governo, pur se è stato ripetutamente richiesto (in X commissionePag. 147e in aula) di far sapere cosa ne sarà della politica energetica del nostro paese all'indomani del varo di questo provvedimento, con particolare riferimento ai rapporti con la Francia, ha puntualmente evitato di rispondere.
Il nostro paese vive una schizofrenia tra la situazione interna, che riguarda per esempio i costi che le famiglie e le aziende sopportano per acquistare energia a tariffe troppe volte doppie rispetto a concorrenti paesi europei, e il contesto continentale dove in tema di privatizzazioni nel settore dell'energia elettrica non abbiamo da prendere lezioni da nessuno, essendo stati zelanti perfino per stessa ammissione della Commissione europea. Se da un lato la privatizzazione non ha avuto un effetto diretto sulla riduzione delle tariffe - nell'immediato perlomeno - dall'altro ci vede con un passo più svelto rispetto ad altri Stati europei che su questo cammino sono più indietro di noi e sono oggetto di messe in mora da parte dell'Unione europea.
Questa schizofrenia - e vengo al motivo per il quale l'UDC si asterrà - è aggravata dall'inerzia che sembra soffocare la politica del Governo Prodi in questo ambito, in particolare. Val la pena di ricordare che le norme che sono oggetto di questa proposta di abrogazione sono nate per garantire non un anacronistico protezionismo nazionale nei confronti dei francesi, quanto condizioni di reciprocità che assicurassero al nostro paese di non perdere in competitività sul mercato europeo per il sol fatto di essere stati zelanti nel cammino delle privatizzazioni. È successo infatti che l'Edf, che Oltralpe è sostanzialmente monopolista dell'energia, abbia acquistato partecipazioni di notevole entità dell'italiana Edison spa, sfruttando - va detto - la posizione di comodo di cui Edf gode nel suo paese: può sfruttare le risorse finanziarie che le vengono dalla rendita monopolista e, non avendo azionariato privato, non ha obblighi di distribuzione dei dividenti tra gli azionisti. È stato questo il motivo di quei due provvedimenti legislativi che si vogliono oggi abrogare: assicurare il rispetto di un accordo bilaterale Italia-Francia volto a favorire l'ingresso di nostre società nel mercato dell'energia francese.
Qual è stato il risultato e qual è il rischio che corriamo se saremo costretti a patire l'inerzia del Governo? Abbiamo visto cos'è successo quando Enel ha tentato l'Opa su Suez: la Francia s'è messa di traverso per il tramite di Gaz de France, facendo fallire l'acquisto. Per converso, abrogando le norme in parola, consentiremo alla Francia di dispiegare tutta la «forza azionaria» che le viene dalle quote di partecipazione nella società.
Per questo, signor Presidente, il centrosinistra voti pure per l'abrogazione di queste norme censurate in sede europea. Ma la nostra astensione sta lì, responsabilmente, a sottolineare che non staremo a guardare mentre il Governo lascerà che il paese perda in competitività senza alcuna garanzia di reciprocità. Non staremo a guardare mentre il Presidente Prodi, distratto da qualche provvedimento di facciata in tema di liberalizzazioni, lascerà che l'Italia venga colonizzata da società estere senza almeno garanzie in ordine alle necessarie condizioni di pari opportunità mercatistiche per le nostre aziende. Perché da questo deriverà ulteriore danno per le famiglie e per il tessuto produttivo italiano. Il ricordo del blackout di due anni fa o la crisi che lo scorso inverno abbiamo vissuto a proposito dell'approvvigionamento del gas è ancora troppo vivo perché si possa fare a meno di tenere presente che l'interesse del nostro paese va oltre il semplice smarcarsi dal rischio di pagare una sanzione.
FERDINANDO BENITO PIGNATARO. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, i Comunisti Italiani voteranno a favore del disegno di legge n. 1041, presentato dal Governo, che prevede l'abrogazione di due provvedimenti normativi in tema di partecipazioni a società operanti nel mercato dell'energia elettrica e del gas.
Si tratta di un atto, a nostro avviso dovuto, in quanto i provvedimenti da cancellare sono stati ritenuti illegittimi dallaPag. 148Corte di giustizia della Comunità europea, che nel giugno 2005 con propria sentenza n. 54 ha dichiarato la violazione dell'articolo 56 del Trattato europeo, riguardo al primo provvedimento, ovvero la legge n. 301 del 2001; successivamente il 4 aprile 2006 la Commissione europea ha chiesto allo Stato italiano di conformarsi alla sentenza n. 54 della Corte, pena l'applicazione di pesanti sanzioni pecuniarie, non ritenendo sufficiente la nuova disciplina adottata dal Governo con il decreto-legge n. 81 del 2005 a superare il contrasto con i principi richiamati dalla stessa sentenza in relazione alla violazione dell'articolo 56 del Trattato in materia di libera circolazione di capitali.
Il 4 giugno scorso sono scaduti i termini per l'adempimento dell'Italia agli obblighi comunitari; ha fatto bene il Governo, per evitare la comminatoria di una pesante sanzione pecuniaria, a norma dell'articolo 228 del Trattato della Comunità europea, ad adottare le procedure d'urgenza, da noi ritenute necessarie e che abbiamo immediatamente condiviso.
Detto questo, non vi è dubbio che si sente la necessità di una discussione più approfondita sulle questioni che riguardano l'energia.
Avremo modo di farla quando affronteremo il disegno di legge più vasto del ministro delle attività produttive, già approvato dal Consiglio dei ministri, dal quale, tra l'altro, è stato stralciato, per i motivi d'urgenza già detti, il provvedimento che discutiamo oggi.
Però, già il dibattito in merito al disegno di legge n. 1041 ci consegna alcune riflessioni sui processi di liberalizzazione del mercato energetico e sulle ricadute sul mercato nazionale.
La prima consiste nel fatto che non c'è alcun dubbio che il processo di liberalizzazione nel settore energetico in Italia è stato molto più forte e pesante, a differenza di altri paesi europei, come la Francia, che hanno chiaramente dimostrato nei fatti di non gradire interventi di compagnie non nazionali e si sono mosse e si muovono in senso protezionistico.
Certo questo si è reso possibile da una situazione di minore indebitamento pubblico di questi paesi europei, che hanno, quindi, potuto proteggere meglio le imprese nazionali, non essendo costretti a pesanti dismissioni delle imprese pubbliche.
In Italia non è stato così, per l'assenza totale in questi anni di governo delle destre di adeguate politiche industriali e di sostegno al sistema di imprese, soprattutto nei settori strategici.
Questa situazione ci fa correre un rischio serio: l'assalto alle imprese italiane, che invece di un mercato liberalizzato ci darebbe un quadro della produzione e del mercato dell'energia consegnato nelle mani di oligopoli stranieri.
Occorre, ma lo esamineremo prossimamente, una politica energetica più adeguata e convinta, che faccia del ruolo della reciprocità un elemento fondamentale per la salvaguardia dell'interesse nazionale.
Quindi, e concludo, una nuova politica dell'energia del nostro paese dovrà fondarsi su scelte e principi condivisi: rispetto pieno degli obiettivi del Protocollo di Kyoto; approvazione del Piano energetico nazionale; aumento e salvaguardia della produzione di energia italiana; sviluppo della rete delle fonti energetiche alternative; un ruolo più forte del nostro paese in Europa; affermazione del «bene comune», quindi la scelta che le reti restino di proprietà pubblica.
Insomma, una nuova strategia di salvaguardia dell'interesse nazionale nel rispetto delle normative comunitarie, di un posizionamento più adeguato dell'Italia in un settore strategico per lo sviluppo, in una logica migliore e più lungimirante della sostenibilità.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente e onorevoli colleghi, il presente disegno di legge in materia di mercato dell'energia elettrica e del gas non risolve i problemi del settore energetico italiano: la curva dei consumi continuerà a crescere e gli interventi programmati rischiano di non fornire sufficienti garanzie in relazione alla disponibilità delle quantità di energia necessariaPag. 149per coprire il fabbisogno; occorre, inoltre, creare le condizioni per permettere alle nostre imprese di partecipare con successo alle iniziative di collaborazione che dovessero presentarsi in altri paesi, soprattutto in riferimento all'ambito europeo.
Il decreto-legge, ora abrogato, si collocava in tale contesto. In particolare, esso era finalizzato a rimuovere, in presenza di determinate garanzie e condizioni, i limiti all'esercizio del diritto di voto e dei diritti d'acquisto o sottoscrizione introdotti con il decreto-legge n. 192 del 2001 per i soggetti controllati direttamente o indirettamente da uno Stato membro dell'Unione Europea che assumessero partecipazioni superiori al 2 per cento nel capitale di società operanti nel settore dell'energia elettrica e del gas.
Come si ricorderà, si trattava di una misura finalizzata a predisporre meccanismi che garantissero il mercato dell'energia italiana dal rischio di abuso di posizioni dominanti e da comportamenti predatori di imprese estere.
La Commissione europea ha aperto una procedura d'infrazione nei confronti dello Stato italiano per violazione delle norme comunitarie in materia di circolazione dei capitali, ma indubbiamente nel momento di adozione del provvedimento la scarsa omogeneità nei processi di liberalizzazione in corso nei singoli Stati europei e la presenza di forti asimmetrie nei mercati interni di riferimento avevano pienamente giustificato l'adozione di misure di tutela.
Nella situazione attuale sembravano maturate le condizioni per modificare tale impostazione. Il decreto in esame proponeva pertanto che i limiti non fossero applicati alle imprese controllate direttamente o indirettamente da Stati dell'Unione europea per le quali fossero già state avviate le procedure di privatizzazione e quotazione nei mercati finanziari regolamentati, nel caso in cui vi fossero intese tra il Governo italiano e il Governo dello Stato membro interessato.
Tali accordi avrebbero dovuto garantire la sicurezza degli approvvigionamenti energetici e la piena realizzazione di condizioni di reciprocità nell'accesso ai rispettivi mercati.
Le restrizioni avrebbero continuato ad essere applicate alle imprese controllate da Stati non appartenenti all'Unione europea e comunque nel caso in cui non ricorressero le condizioni sopra indicate.
Dal punto di vista concreto, la predisposizione di un quadro normativo condiviso e la definizione di garanzie simmetriche dovrebbero facilitare la partecipazione delle imprese italiane ai programmi esteri e creare le condizioni per un loro riposizionamento competitivo sui mercati internazionali, con evidenti ricadute positive in termini di sicurezza degli approvvigionamenti e di contenimento dei costi energetici.
Come già accennato in precedenza, tali problematiche non sembrano ancora risolte. Sicuramente un impulso positivo verrà dalla piena applicazione della legge di riforma del settore energetico, per la quale sono ancora in via di definizione le norme attuative.
In relazione poi al problema della forte dipendenza dall'estero del nostro sistema energetico rispetto agli idrocarburi, appare indispensabile proseguire e intensificare gli sforzi per la diversificazione delle fonti energetiche. È necessario pertanto continuare a favorire l'aumento del consumo di elettricità prodotta da fonti energetiche rinnovabili e, parallelamente, compiere una riflessione sull'utilizzazione del nucleare.
Dovrebbe essere un approfondimento pacato, lontano da impostazioni ideologiche, che consenta di valutare gli aspetti positivi del ricorso all'energia nucleare in termini di efficienza e riduzione dei costi, senza trascurare le problematiche relative alla sicurezza, alla salvaguardia ambientale, allo smaltimento delle scorie.
In tale ottica, deve essere valutata positivamente la notizia dell'accordo, sottoscritto ieri, tra ENEL ed EDF per la partecipazione dell'azienda italiana al programma francese per la realizzazione di reattori nucleari di nuova generazione. Si tratta di un evento importante, che potràPag. 150costituire il presupposto per il pieno inserimento dell'ENEL nel mercato energetico francese, con ricadute estremamente positive in termini di avanzamento tecnologico, competitività internazionale, contenimento dei costi energetici.
Appare superfluo aggiungere che la conclusione di tale accordo non pregiudica lo svolgimento di un dibattito serio ed equilibrato sul nucleare come scelta strategica nazionale. Come già evidenziato, si tratta di un problema complesso, da valutare in tutte le sue implicazioni, non solo in termini di capacità di produzione energetica, ma anche di sostenibilità ambientale e finanziaria.
La preoccupazione massima è quella che deriva dall'atteggiamento sempre subalterno alle decisioni che arrivano da Bruxelles; mentre gli altri Stati europei, consci dell'importanza di salvaguardare la massa critica delle loro aziende che si occupano di energia, agevolano fenomeni aggregativi, l'Italia reputa essere fondamentale spezzettare l'unico campione nazionale nel settore energetico, aprendo la porta alla colonizzazione straniera di un settore strategico per l'economia.
PAOLO AFFRONTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, i Popolari-Udeur ribadiscono quanto già espresso in sede di discussione sulle linee generali del disegno di legge ed in particolare auspicano che tale provvedimento possa essere la premessa di un dibattito che affronti in modo sistematico ed organico la questione del riordino delle politiche energetiche nazionali. Ridiscuteremo presto di tale questione nell'ambito più complessivo del disegno di legge a firma del ministro Bersani, già deliberato dal Consiglio dei ministri.
Durante il dibattito di ieri si è determinato sempre più un clima di adesione, ma, nello stesso tempo, di riserva. Anche gli interventi che si sono succeduti da parte dei rappresentanti della minoranza hanno lasciato intravedere una serie di problematiche che si possono determinare in riferimento a questa materia.
A noi non sfugge la delicatezza dell'argomento e l'importanza del tema. Questo provvedimento nasce dall'esigenza di rispondere al giudizio di non compatibilità comunitaria espresso in sede europea nei confronti della normativa esistente che ci apprestiamo ad abrogare. Non sfugge tanto da poter ritenere che le norme da abrogare erano state introdotte con una volontà, come si usa dire, bipartisan, per impedire una posizione dominante e, quindi, che le stesse non sono riducibile ad un atteggiamento di carattere protezionistico.
Daremo un voto convinto, anche perché dobbiamo al più presto agire nel settore dell'energia per calmierare il mercato che proprio in queste ore ha raggiunto nuovi record in rialzo: basti pensare al livello raggiunto dal prezzo della benzina, per farci dire che dobbiamo agire in fretta e con soluzioni strategiche. Per consentire alle tariffe di scendere occorre quindi un'apertura del mercato. Ecco, anche questo segnale importante, significativo, ovviamente ci fa alzare l'attenzione sul tema, ma nello stesso tempo ci fa e ci deve far favorire un processo di liberalizzazione, che va attuato con prudenza, garantita da norme ancora in vigore.
Ecco il motivo per il quale i Popolari-Udeur voteranno in modo favorevole, certi e convinti che questa normativa determinerà non un punto d'arrivo, ma un passaggio di grande attenzione su un tema che riguarda un settore molto delicato della nostra economia.