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Seguito della discussione del disegno di legge: S. 741 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale (Approvato dal Senato) (A.C. 1475) (ore 9,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale.
Ricordo che nella seduta di ieri è iniziata la discussione sulle linee generali.
(Ripresa discussione sulle linee generali - A.C. 1475)
PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione sulle linee generali.
È iscritto a parlare il deputato Marinello. Ne ha facoltà.
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Presidente, onorevoli colleghi, all'inizio dell'estate, l'ultima settimana di giugno, si cominciava a sentire nel paese un'aria nuova. Finalmente gli italiani tornavano a sperare: si parlava di ripresa economica, di misure necessarie a dare nuovo rilancio economico e sociale al nostro paese. Nel contempo, si cominciavano a intravedere misure per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica. C'erano entusiasmi nel mondo dell'economia e del lavoro, nel paese, anche da parte delle forze politiche, sia quelle di maggioranza sia di opposizione. Tuttavia quel sogno - come un sogno di mezza estate che si esaurisce rapidamente, assolutamente effimero - veniva immediatamente smorzato al momento della verifica, quando veniva presentato alle forze politiche, all'opinione pubblica, ai mezzi di informazione il decreto Visco-Bersani. Ci sono delle motivazioni relative al fatto chePag. 2questi entusiasmi si siano immediatamente smorzati, con tutte le conseguenti preoccupazioni che hanno animato il dibattito politico - e a dire la verità non solo quello - in queste ultime settimane.
Signor Presidente, con un minimo di curiosità e spirito critico, io ho voluto toccare con mano e vedere, acquisendo i testi, leggendoli e studiando gli allegati, sia quelli della prima stesura del decreto, sia quelli successivi alla prima lettura al Senato. Intanto, mi è sorto subito un dubbio: cosa c'entra con il rilancio economico e sociale del nostro paese e con la necessità della decretazione, cioè con i criteri di urgenza ed emergenza del paese, una serie di articoli che compongono il titolo I? Questa fondata osservazione viene, ad esempio, leggendo l'articolo 2, che parla delle disposizioni urgenti per la tutela della concorrenza nel settore dei servizi professionali. Forse qui abbiamo difficoltà a capire - io stesso ho difficoltà a capire - cosa c'entrano con il rilancio economico e sociale del paese le tariffe degli ordini professionali, la pubblicità e la possibilità di poter sviluppare attività professionali attraverso lo strumento delle società interprofessionali. Soprattutto, mi sono chiesto se queste misure si sposavano con la decretazione di urgenza che, come tutti sappiamo, la nostra Costituzione e il nostro ordinamento riservano a casi ben specifici.
Per entrare nei termini della questione, ho esaminato l'articolo 2 del provvedimento, sia nel testo originario sia in quello approvato dal Senato: ne risulta un provvedimento assolutamente contraddittorio e a mio avviso, scritto anche male (credo che questo Governo abbia qualche problema nella novellazione e debba affinare la propria tecnica legislativa). Quando parlate di obbligatorietà delle tariffe, fisse o minime, aggredendo di fatto i minimi tariffari degli ordini professionali, compite un madornale errore, frutto probabilmente di sovrastrutture e di pregiudizi ideologici. Avete confuso la quantità con la qualità! La prestazione professionale, signori del Governo e della maggioranza, è un servizio che non va acquistato secondo criteri e concetti di quantità, ma deve essere fornito di un presupposto di qualità intrinseca: questo è il vero interesse della società e anche dei cosiddetti consumatori, che in questo caso sono clienti. Di ciò nel decreto-legge in discussione non vi siete assolutamente occupati! Avete confuso, quindi, la prestazione professionale con un servizio di natura ed entità completamente diverse. Ciò, probabilmente - l'ho detto già precedentemente - deriva da un grosso pregiudizio di natura ideologica che caratterizza gran parte della vostra maggioranza.
Probabilmente, il ministro Bersani si è occupato di cose che non conosce, che non hanno niente a che vedere con il suo vissuto personale e professionale. Non voglio entrare nello specifico, perché ognuno percorre il proprio iter e matura le proprie esperienze di vita. Ma sicuramente il ministro Bersani dimostra notevoli lacune in questo settore.
Uno dei grossi problemi riguardanti il rapporto tra cittadini e professionisti è proprio la definizione del concetto di prestazione, nonché la garanzia della qualità della stessa. Quella è la prima urgenza ed emergenza, che deve essere verificata. Guarda caso, non ci si pone una domanda sostanziale: se lo strumento del minimo professionale, giusto o sbagliato che sia, attuale o obsoleto, possa contribuire a determinare i presupposti di un minimo della qualità della prestazione che, a nostro avviso, è un aspetto inderogabile della medesima. Ma di questo non vi siete occupati!
Così come non vi siete posti il problema di capire che non è possibile assimilare gli ordini professionali e le professioni liberali e intellettuali a beni o servizi che possono essere affidati all'intelligenza e alla capacità di un pubblicitario o a investimenti necessari per supportare una politica pubblicitaria. Ma, forse, non sapete queste cose perché non ve ne siete mai occupati.
A dire la verità, qualche resipiscenza l'avete avuta. Infatti, quando avete corretto il testo al Senato, avete introdotto una sorta di freno a mano, una sorta di attenuazione della norma: avete introdottoPag. 3il concetto dei criteri di trasparenza e veridicità del messaggio, il cui rispetto è verificato dall'ordine. Allora, questi ordini professionali sono strumenti che servono a garantire le lobby, oppure tali istituti servono essenzialmente a garantire i cittadini fruitori, i clienti e, in definitiva, la società tutta? Questi problemi ve li siete posti, oppure no?
Inoltre, guarda caso, abolite i minimi tariffari in tutto e per tutto, tranne in alcuni casi: ad esempio, quando parlate di tariffe giudiziarie. Allora, perché questo doppio binario, perché questa doppia moralità? Quando è lo Stato che deve comunque pagare, esiste un minimo tariffario (peraltro, non si sa da chi e come debba essere stabilito), mentre, allorquando esiste un mercato privato, si va avanti verso una sorta di far west.
La verità è che avete risposto, alla vostra maniera, ad un'esigenza multifattoriale che proviene da un vostro pregiudizio culturale, dalla vostra tendenza a proletarizzare la società italiana con una sorta di livellamento verso il basso; avete, invece, dato una risposta ai poteri forti. Poteri che un domani egemonizzeranno le grandi società di capitali - pronte ad intervenire nel mercato delle professioni -, nonché le grandi strutture cooperative, che rappresentano uno dei presupposti del vostro potere e che il vostro potere alimentano non sempre in maniera trasparente. Ciò avete compiuto, peraltro con la complicità dei grandi mezzi di informazione, che liberi non sono in questo paese, posto che non esiste, in Italia, la figura dell'editore puro e posto, altresì, che i grandi mezzi di informazione rispondono a logiche economiche ed imprenditoriali ben precise.
Ma avete fatto di più. Ad esempio, non vi siete posti il problema di cosa succederà nel settore dei lavori e degli appalti pubblici a seguito della diffusione degli appalti integrati. Non avete rispettato la caratteristica tradizionale della figura del professionista, che finora ha espresso anche un ruolo di terzietà fondamentale per garantire il rispetto delle norme e delle leggi, nonché la tutela della sicurezza, specie in alcuni lavori socialmente rilevanti.
La verità è che voi non avete chiarito tali questioni e siete incappati in errori madornali che rappresentano spesso anche una contraddizione in termini; infatti, quando, con riferimento alla liquidazione giudiziale, fate ricorso all'espressione «gratuito patrocinio», di fatto introducete un termine sicuramente assunto nell'uso comune della parola, ma che non risponde a verità. Infatti, il gratuito patrocinio non esiste: esiste piuttosto un patrocinio a carico dello Stato. Come giustificate, dunque, l'adozione di una tariffa minima solo in questi casi, e non in tutti gli altri?
Ancora, cosa significa aprire la strada con la cosiddetta liberalizzazione del patto di quota lite? Invero, quella è una strada pericolosissima, che può portare ad una deriva affaristica, ad una visione affaristica della professione che invece, a nostro avviso, deve essere fortemente ancorata a valori assolutamente etici. Voi sostanzialmente non avete capito che le prestazioni devono rispondere a principi etici, a principi intrinseci di qualità e ad un decoro. Ebbene, molto spesso il sistema tariffario rappresentava, e rappresenta, un meccanismo di tutela del decoro professionale. Inteso, quest'ultimo, con riferimento non al tenore di vita del professionista, bensì all'insieme di rapporti che regolano le due parti: il professionista ed il cliente. Voi, questi aspetti, non li avete considerati e non è un caso che oggi vi troviate contro tutto il mondo delle professioni, non soltanto una piccola lobby. Sono centinaia di migliaia gli studi professionali scesi sul piede di guerra: avvocati, ingegneri, architetti, dottori commercialisti, analisti contabili e via dicendo. Ma non vi siete posti la domanda se la vostra posizione sia giusta o sbagliata? Non vi siete chiesti cosa spinga tutti gli ordini professionali a protestare e ad essere allertati su tali temi?
Ancora, vorremmo dal Governo una risposta sulla seguente questione. Aleggia, dietro questa destrutturazione delle professioni e degli ordini professionali, unPag. 4tentativo, da più parti della maggioranza auspicato che mira ad aggredire le casse autonome previdenziali. Casse che rappresentano, tra l'altro, uno strumento fondamentale e importantissimo per le professioni e per gli ordini professionali! È su tali temi che noi dobbiamo confrontarci.
Andando avanti, anche sull'articolo 3, che regola la concorrenza nel settore della distribuzione commerciale, non vi siete posti la domanda se questa sorta di esaltazione della concorrenza sfrenata alla fine determini una specie di far west, di legge del più forte, che potrà penalizzare centinaia di migliaia di piccoli esercenti, che rappresentano un tessuto connettivo assolutamente vitale e sono diventati anche identificativi di alcuni quartieri e di alcuni centri storici? Non vi siete posti la domanda di come tutto ciò possa rapidamente cambiare la vita economica di tutti questi piccoli esercenti, ma anche l'aspetto stesso di innumerevoli quartieri e centri storici?
Andando ancora avanti, chissà perché la liberalizzazione, il progresso, lo sviluppo economico e sociale del nostro paese dovevano passare proprio dalle disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell'attività di produzione del pane! Non riesco veramente a capire se ci siete o ci fate (Applausi dei deputati del gruppo di Forza Italia), perché vi state occupando di questioni che, ancora una volta, non conoscete. Il problema panificatori, infatti, non esiste, mentre al paese dovreste dire che in questi anni il settore è cresciuto di circa l'8 per cento, aumentando notevolmente i punti vendita. È questo un settore fortemente vitale, esistono più di 30 mila aziende artigiane, che rappresentano un settore estremamente importante, che ha a che fare non solo con la nostra tradizione, la nostra cultura ed il nostro costume, ma anche con la qualità intrinseca dei prodotti alimentari.
Alla ricerca delle motivazioni che hanno spinto questa sorta di vostro intervento urgente, voi vi ponete tutti i problemi tranne uno fondamentale: con il decreto-legge viene consentito, a tutti coloro i quali propongono una dichiarazione di inizio attività, di aprire un esercizio commerciale in un settore così delicato senza prima prevedere una formazione del personale adatto a questo tipo di lavorazione: vi siete posti il problema di cosa può accadere nel nostro paese? Sono convinto che ve lo siete posti perfettamente, ma siete stati anche sfortunati, perché proprio in questi giorni una rivista di settore ha pubblicato un articolo veramente illuminante sul destino che interesserà questo comparto.
La verità è che in questo caso avete fatto attività lobbistica, favorendo le associazioni degli industriali panificatori italiani. La verità è che avete voluto tracciare un nuovo percorso: più «bauletto», più «filoni» per tutti. Avete voluto dare un segnale non nell'interesse del cittadino, non nell'interesse dei piccoli commercianti e dei piccoli imprenditori, ma nell'interesse delle società della grande distribuzione che sono già entrate nel settore, che hanno creato prodotti nuovi e sono pronte ad intervenire pesantemente sul mercato della pubblicità per portare avanti questo genere di prodotti. Avete voluto aprire la strada a grandi società straniere, che sono pronte ad entrare nel nostro mercato con una serie di accordi in franchising, svuotando di fatto i concetti tradizionali di panificio, di pane fresco e di pane conservato. È vero, al Senato è stata inserita una norma di salvaguardia, ma, guarda caso, essa sarà pienamente operativa nell'arco di dodici mesi. In questo lasso di tempo già importanti fasce di mercato saranno occupate da altri.
Mi sia consentito un mio personale dubbio. Nella scorsa legislatura, allorquando si pose il problema di specificare la definizione di latte, da latte fresco a latte sterilizzato o a latte pastorizzato - problema che andava di pari passo con l'interesse commerciale di una grande azienda del settore -, anche se alcuni soggetti della mia parte politica spingevano verso questa direzione e noi avevamo fondati dubbi, abbiamo visto come non si giunse a definire l'intera questione. Ancora oggi sul tema dei panifici e della panificazione abbiamo dei fondati dubbi ePag. 5vi prego di porre attenzione, amici della maggioranza e del Governo, a questo settore così delicato.
Inoltre, guarda caso, ancora una volta il progresso sociale ed economico del nostro paese passa attraverso gli interventi urgenti nel campo della distribuzione dei farmaci. Prima avevamo detto più «bauletto» e più «filone» per tutti, adesso la felicità che Prodi e il centrosinistra avevano promesso al paese passa da «più farmaco per tutti». Anche in questo caso commettete un errore, errore frutto del vostro pregiudizio e della vostra impostazione culturale. Voi non avete capito che il farmaco non è un prodotto di consumo come tutti gli altri, ma risponde alle caratteristiche di un prodotto solo ed esclusivamente etico. Questo pregiudizio non fa parte di un vostro retropensiero, ma avete detto perché: allorquando il ministro Bersani, da me sollecitato in Commissione, dichiara che i titolari di farmacie non sono operatori sanitari ma prima di tutto operatori economici, commette un errore sostanziale che, probabilmente, è frutto di un pregiudizio o di un complesso.
La verità, cari amici, è che vi state occupando con una leggerezza estrema di materie che non potevano assolutamente essere affrontate con questa disinvoltura e, quindi, con lo strumento della decretazione. Queste cose non le stiamo dicendo noi, ma ieri le abbiamo ascoltate proprio in quest'aula dagli interventi della maggioranza, perché sul tema dei farmaci e della liberalizzazione della vendita di alcune linee di farmaci, attraverso il sistema della grande distribuzione, sono uscite una serie di voci dissonanti, anche dalla vostra stessa maggioranza. Infatti, è stata sottolineata più volte la funzione strategica e storica che da sempre hanno avuto e continuano ad avere nel nostro paese le 16 mila farmacie, che rappresentano un presidio a tutela della sanità e della salute pubblica laddove anche nei piccoli centri, nei piccoli quartieri e nelle zone rurali costituiscono un segnale tangibile del sistema sanitario nazionale. Non è neppure fondata l'osservazione che è stata fatta ieri da qualche parlamentare e, talvolta, anche dal Governo, di farmacie oggi trasformate in una sorta di bazar. Semmai quella è un'altra vicenda ed abbiamo altri strumenti per intervenire e per riportare la farmacia ad essere quella che è, cioè essenzialmente un presidio sanitario a tutela della salute del cittadino.
Non era questa la maniera di intervenire e di andare avanti; evidentemente, anche lì ci sono spinte e logiche diverse, che non aggrediscono i grossi interessi del mondo dei farmaci, non intervengono sui grandi interessi della produzione e della grande distribuzione, anzi, sembrano che vadano verso la direzione di favorirli. In Commissione avevamo chiesto al ministro una cosa specifica: quale fosse la sua opinione e il suo punto di vista sulla filiera produzione, grande distribuzione e distribuzione al dettaglio. Non ha dato alcuna risposta, ma la dà la norma che consentirà l'ingresso in Italia delle grandi multinazionali, che avranno la possibilità di impadronirsi completamente o quasi completamente non soltanto della distribuzione dei farmaci, ma addirittura della proprietà delle farmacie. Questo già è accaduto con le farmacie comunali e, guarda caso, quello che in taluni paesi esteri ed europei è vietato, in Italia viene consentito e, addirittura, incoraggiato. In quel caso avete anche una doppia morale: quando vi fa comodo ed è di vostro vantaggio e a supporto delle vostre tesi, parlate di quello che avviene nei paesi esteri, ma quando in paesi come la Germania ci sono comportamenti esplicitamente vietati che voi, invece, favorite ed incoraggiate poiché fa comodo alle vostre strategie, state buoni, state zitti, non ne parlate e non date nemmeno le opportune risposte.
Nell'articolo 6, inoltre, vi siete occupati della famosa questione dei taxi, con riferimento alla quale avete avuto un problema, avete «toppato». In seguito ad una protesta popolare che vi ha fatto paura siete, pertanto, arretrati, dimostrando di non prestare un minimo di attenzione nei confronti delle categorie che vogliono discutere e parlare perché favorevoli alla consultazione, alla concertazione, mentrePag. 6nei confronti della piazza, che avete blandito ed incoraggiato per anni e che adesso temete, siete acquiescenti e fate una marcia indietro!
Adesso, si sblocca il fenomeno della licenza dei taxi, utilizzando uno strumento già previsto: è stato messo tutto nelle mani degli enti locali, dei sindaci, delle amministrazioni. Quando però vi siete occupati di taxi o, con riferimento agli articoli successivi, di trasporto pubblico locale, non siete entrati nella materia molto delicata della regolamentazione del noleggio con conducente. Si tratta di un settore molto delicato su cui non avete voluto influire, perché avete sicuramente qualche altra lobby da garantire!
Nell'articolo 9 avete previsto le misure per il sistema informativo sui prezzi dei prodotti agroalimentari. Si tratta di una norma che ci trova concordi, ma non produce nessun effetto, perché già di fatto esiste il monitoraggio dei prezzi. Esistono degli istituti pubblici che in Italia si occupano di ciò, come, ad esempio, l'ISMEA. Allora, tutto sommato, state portando avanti un'iniziativa messa in piedi dal Governo precedente, ma non è questo che risolve il problema della discrepanza dei prezzi tra produttore e consumatore. La strategia doveva essere un'altra! Occorre creare quelle grandi piattaformi commerciali per favorire finalmente l'incontro tra offerta e domanda.
L'articolo 18 - mi fa piacere che vi sia una presenza nutrita dei rappresentanti del Governo - prevede l'integrazione del Fondo nazionale per il servizio civile. Vi siete accorti che il Governo Berlusconi aveva fatto bene e voi, chiaramente, intervenendo in questo settore, attribuendo le competenze sul servizio civile al Ministero per la solidarietà sociale, avete commesso un errore e ve ne accorgerete, anche con riferimento all'utilizzo dei 30 milioni di euro previsti a copertura di questo articolo. Guarda caso, infatti, il ministro Ferrero su questa materia ha delle idee che sono molto orientate, perché, stranamente, anziché continuare a finanziare quei progetti che sono stati approvati e ritenuti validi e che oggi non trovano copertura, vuole utilizzare quella copertura assolutamente per altre finalità, tant'è vero che, su tale materia, siete in disaccordo. Vi è disaccordo tra il ministro Ferrero e, addirittura, i suoi sottosegretari (comunque questa è una vicenda di cui ci occuperemo successivamente, poiché a tale riguardo presenteremo delle specifiche interrogazioni).
Vi siete anche occupati della razionalizzazione della spesa pubblica. Noto con piacere a tal proposito - mi fa piacere che sia presente il ministro Visco - che, ad esempio, all'articolo 20, al comma 3-ter, per razionalizzare la spesa pubblica, avete stabilito che il requisito della rappresentanza parlamentare non è più richiesto per le imprese editrici di quotidiani o periodici che si occupano di politica e che fanno capo a partiti o movimenti politici, purché abbiano maturato il diritto alla contribuzione alla data del 31 dicembre 2005. Stranamente, per razionalizzare la spesa pubblica avete fatto una «marchetta» non si sa bene a favore di chi o a favore di cosa! Questo è un esempio, ministro Visco, di chiara razionalizzazione!
Occupiamoci adesso del titolo III del provvedimento in esame. Questo titolo rappresenta veramente il massimo della fantasia: più tasse per tutti, più controlli per tutti, più conti correnti per tutti, più bancomat per tutti, maggiore pressione e più controllo da parte dello Stato per tutti e, infine, più «Grande fratello» per tutti! Questo è il senso della vostra libertà, questa è la strada della felicità che voi volete assicurare agli italiani!
In effetti, ci sono anche norme che possiamo condividere, come quelle previste dall'articolo 36-bis, che reca misure urgenti per il contrasto del lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Certamente, questo è un tema fondamentale. Però, su una materia così delicata non si può intervenire soltanto inasprendo le sanzioni e comminando sanzioni a tutti, cioè non soltanto agli imprenditori, ma anche, talvolta, alla committenza, rendendola responsabile anche di comportamenti non leciti o illegali degli imprenditori e creando, di fatto, unaPag. 7serie di problemi che possono determinare, in intere zone del paese, il blocco dell'imprenditoria. Non si possono inserire norme così gravi e così vessatorie. Probabilmente, in questa materia avrebbe dovuto essere svolto un ragionamento molto più vasto, un ragionamento complessivo che avrebbe dovuto riguardare anche un altro aspetto, vale a dire la concessione di una dilazione di pagamento agli imprenditori per i crediti INPS vantati da decine di anni e che, oggi, tendono a rendere assolutamente asfittico il mercato del lavoro e dell'impresa.
PRESIDENTE. Deputato Marinello...
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Ancora tre minuti e concludo, signor Presidente.
PRESIDENTE. Deputato Marinello, la prego, ha già superato il tempo a sua disposizione; sia gentile...
GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Allora, solo un minuto per concludere, signor Presidente.
Il ministro Visco, sicuramente, conosce queste problematiche perché, in occasione della edificazione della sua costruzione abusiva, a Pantelleria, probabilmente avrà avuto a che fare con il lavoro nero, con l'evasione della contribuzione.
Concludo, affermando semplicemente che non siamo soltanto noi ad opporci, ma sono intere categorie, ordini professionali e l'intera nazione. A rendersi conto degli effetti che state determinando e della restrizione, di fatto, delle libertà individuali saranno, infatti, milioni di italiani. In quel momento, non saremo noi a mandarvi a casa, ma saranno loro (Applausi dei deputati dei gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania - Congratulazioni)!