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Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 12,38).
(Progetto di realizzazione di una moschea nella zona di Colle Val d'Elsa in provincia di Siena - nn. 2-00254 e 2-00270) .
PRESIDENTE. Avverto che le interpellanze Paoletti Tangheroni n. 2-00254 e Ceccuzzi n. 2-00270, che vertono sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti sezione 2).
L'onorevole Paoletti Tangheroni ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00254.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Un minareto svetterà sul colle: un minareto di 8,30 metri, con una cupola alta 6, da realizzarsi su 3.200 metri quadrati di terreno edificabile, di cui circa 600 di costruzioni. Sarà il più imponente edificio di culto islamico, dopo la moschea di Roma. Questa è la presentazione entusiasta sul sito www.mondoarabo.it.
Sta di fatto che non si tratta di un semplice edificio di culto. Lo si capisce dalle parole dello stesso Feras Jabareen, imam di Colle Val d'Elsa: nuovo centro islamico con annesso luogo di culto, non luogo di culto con annesso centro islamico.
L'intera superficie, prima della delibera del comune, era adibita a parco pubblico: il parco di San Lazzero. La superficie coperta sarà, per la precisione, di 576 metri quadrati e l'edificio sorgerà a ridosso di abitazioni civili, in una zona molto densamente popolata.
Esiste, dunque, un primo problema evidente: quello della scelta di una ubicazione fatta a detrimento di un parco pubblico. Questa scelta dell'amministrazione locale ha suscitato la reazione di almeno 4 mila dei 14 mila abitanti di Colle Val d'Elsa, i quali hanno chiesto, a varie riprese, addirittura un referendum, peraltro negato dall'amministrazione locale. A Colle Val d'Elsa - questo aspetto è veramente importante -, signor Presidente, esiste già una moschea, in piazza Bartolomeo Scala, utilizzata come luogo di culto, largamente sufficiente per l'esiguo numero di musulmani presenti a Colle Val d'Elsa (meno di 200) e, oltretutto, più che sufficiente per le poche decine di fedeli che frequentano abitualmente la moschea. Nel corso di una trasmissione televisiva, è stato possibile riscontrare che alla preghiera del venerdì, che corrisponde alla messa della domenica per i cattolici, c'era una decina di persone o poco più. Ciononostante, il nuovo centro culturale islamico costituirà un'imponente megastruttura.Pag. 6
Il comune, di fatto, finanzia, seppur indirettamente, la moschea, accollandosi tutti i lavori di sistemazione dell'area circostante: ben 250 mila euro, approvati con delibera del 10 maggio 2005, n. 94, di cui 200 mila elargiti dal Monte dei Paschi di Siena. Soprattutto, il comune cederà, per 99 anni, la superficie su cui sorgerà il centro islamico, a un canone di affitto annuo, simbolico, di 11.908 euro per 3.200 metri quadrati di area.
I cittadini di Colle Val d'Elsa, organizzatisi in un comitato promotore del referendum, temono che, a causa di tale iniziativa, il loro quartiere diventerà una zona utilizzata esclusivamente dalla comunità musulmana (così come è avvenuto a Porta Palazzo a Torino, a Sassuolo e in altre località: è un dejà-vu che conosciamo tutti) in quanto la moschea sarà un centro di attrazione per altri musulmani.
Sia chiaro che la questione per i cittadini non ha certo una rilevanza religiosa: la tolleranza è delicatissima tra le popolazioni ed è storicamente scontata in quei luoghi. La questione, invece, ha una forte importanza dal punto di vista sociale e dell'ordine pubblico. La collocazione del condendo centro islamico lo rende un elemento estraneo all'interno del quartiere colligiano della Badia e, per questo, viene percepito come una decurtazione imposta dall'alto alla comunità stessa. La moschea, infatti, è imposta ai colligiani, i quali, tuttavia, dopo aver tentato di fermare i lavori con un referendum e dopo aver vanamente cercato di trovare un accordo con le amministrazioni, non si arrendono ancora. Sa perché, Presidente? Perché sono di cultura occidentale e sperano, per la loro tradizione, che esista un giudice a Berlino e, quindi, continuano a sperare che questo obbrobrio non si realizzi, per posizioni falsamente assunte.
I problemi di ordine pubblico sono dunque concreti e sentiti dalla popolazione, che paventa il pericolo che il quartiere Badia si trasformi in una casbah del tutto avulsa dal contesto locale, abbandonata dai cittadini italiani o sostituita con una realtà diversa, come è successo a Porta Palazzo a Torino.
Esiste però - e ciò è interessante, Presidente - una significativa opposizione anche sul versante islamico, ad esempio da parte di Yassin Belkassem, vicepresidente della Federazione delle associazioni della comunità marocchina in Italia, nonché membro della consulta comunale di Poggibonsi in provincia di Siena, il quale considera la costruzione della moschea un errore per due ragioni.
In primo luogo, egli disconosce la rappresentatività della sedicente Comunità dei musulmani di Siena e provincia - alla quale, infatti, è estraneo -, affiliata all'Unione delle comunità ed organizzazioni islamiche italiane (UCOII), un gruppo legato, come tutti ormai sappiamo benissimo, ai Fratelli Musulmani. Questi ultimi non rappresentano oggi, come non hanno mai rappresentato in passato, posizioni di moderazione.
In secondo luogo, Belkassem è contrario perché sostiene che vi siano per i musulmani priorità più importanti della costruzione di una mega-moschea, priorità quali la casa, il lavoro, la scuola, una sana integrazione.
La quiete del colle, comunque, è già stata notevolmente turbata se è vero, come è vero, che, il 24 novembre ultimo scorso, l'incontro con il giornalista Magdi Allam, in occasione della presentazione del libro Io amo l'Italia ma gli italiani la amano?, si è potuto effettivamente realizzare perché il luogo è stato presidiato dalle forze dell'ordine.
Si consideri che ciò potrebbe essere solo l'inizio; a Torino, in certe zone, gli immigrati provenienti dai paesi del Maghreb sono ormai padroni ed hanno imposto il loro stile di vita, con il risultato che le case di quei quartieri, oltre ad avere perso completamente il loro valore, sono state abbandonate dai cittadini italiani. Inoltre, gli scontri con le forze dell'ordine, come saprà sicuramente il rappresentante del Governo, sono abbastanza frequenti in quella zona perché l'assenza di controlli - anche del mero controllo sociale operato dagli abitanti - trasforma tali ambiti in luoghi dove si annidano malavitosi.Pag. 7
Mi permetta, Presidente, di svolgere qualche breve considerazione; le chiederei prima, però, se ho il tempo sufficiente per poterlo fare...
PRESIDENTE. Ha a disposizione ancora 7 minuti dei 15 concessi per illustrare l'interpellanza.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Mi consenta allora, Presidente, di svolgere qualche breve considerazione sui processi di integrazione e sulla predisposizione sistematica e - sembrerebbe di poter aggiungere - scientifica delle condizioni perché si formino anche da noi, in Italia, focolai destinati a produrre nuove banlieu.
Il ruolo della pubblica amministrazione diventa cruciale per la gestione dell'immigrazione; che esso abbia qualche cosa a che fare anche con le dispute sul conflitto di civiltà è apparso improvvisamente chiarissimo a tutti quando, nel novembre del 2005, le periferie parigine hanno preso a bruciare. Tarik Ramadan, nipote del fondatore del più importante movimento fondamentalista moderno, quello dei Fratelli Musulmani, è stato chiamato in causa perché lui predicava nelle banlieu parigine. Certo, non incitava alla violenza, ma noi conosciamo benissimo come agiscono i cattivi maestri, che sono abituati a lanciare il sasso ed a nascondere la mano. Quindi, Ramadan ha sicuramente predicato ed ha fatto comizi nelle banlieu; ma si obietta che quanto accaduto non riguarda l'Islam ed ha altre cause. Anzi, coloro che stabiliscono un nesso tra l'Islam e quanto accaduto nelle banlieu parigine farebbero un regalo ai terroristi perché una rivolta sociale diventerebbe una rivolta religiosa.
Ebbene, ciò sarebbe giusto se tutti avessero detto che esiste solo ed esclusivamente quella causa; non si possono disconoscere tante concause perché un'analisi seria di una situazione presuppone che si guardino vari elementi, come certamente la crescente disoccupazione, il disagio economico, anche il tracollo del sistema scolastico dei servizi francesi della Francia di Chirac, spesso troppo occupata a criticare la politica dei suoi vicini anziché a guardare il tracollo ed i fallimenti in casa propria. Il fallimento - mi rivolgo al Governo - è derivato dal fatto che, in questo caso, è stata utilizzata una strategia «del bastone e della carota» sicuramente fallimentare. Altrimenti non sarebbero arrivati a questo modello.
Tuttavia, se il metodo francese è fallito, è fallito anche il sistema multiculturalista degli inglesi, i quali avevano applicato alla politica interna il loro modo di gestire le colonie. Mi riferisco alla cosiddetta indirect rule, in base alla quale non si gestiva direttamente il cittadino ma lo si faceva gestire dal capo tradizionale. Se poi questi capi - che fossero i maharaja o i capi tribù - erano feroci e sanguinari o persone equanimi poco importava, bastava che l'interesse dell'Inghilterra fosse salvo. Nei nuovi quartieri degli immigrati, gli inglesi hanno adottato questo stesso sistema, cioè si è lasciata la gestione dell'ordine e dell'organizzazione ai capi tradizionali. Il risultato lo abbiamo visto: o questi capi erano fondamentalisti, oppure non erano in grado di gestire i fondamentalisti.
Tornando al modello francese, esso era basato sulla imposizione della laïcité ai musulmani, agli ebrei e ai cristiani. Si tratta di una laicità di tipo giacobino, per così dire, secondo la quale si deve andare assolutamente d'accordo con le istituzioni laiche. Se questo non avviene, ci pensa il gendarme. Il grave problema è che i gendarmi sono divenuti 100 per 10 mila musulmani. Quindi, questo sistema, che richiede che il gendarme controlli, ad esempio, se la bambina indossi o meno il velo - in quanto la laïcité si spinge fino a questo punto -, esplode e non funziona più.
Dunque, i due sistemi, quello inglese e quello francese, si dimostrano, come ripeto, assolutamente fallimentari. Allora - mi rivolgo ai membri del Governo - dovremmo forse rispolverare il nostro sistema, che non era del tutto impraticabile. Quanto meno, proviamolo! Diversamente da quelle inglese e francese, la soluzione italiana non è una soluzione all'italianaPag. 8che mescola, con buonsenso, «bastone e carota» ma un'offerta di integrazione diretta, anzitutto, ai singoli musulmani. Questa soluzione privilegia la loro integrazione per via politica, attraverso percorsi che portano alla cittadinanza e passano - come nell'esperienza canadese - attraverso corsi accelerati di educazione civica. La chiave è nella ricerca di soluzioni che si rivolgano direttamente al singolo musulmano aggirando l'ostacolo contro il quale si sono scontrati, registrando il fallimento, i modelli precedentemente citati, cioè le associazioni musulmane.
Quanto avviene a Colle Val d'Elsa, invece è un misto tra buonismo inglese verso i musulmani che devono gestirsi attraverso un'imprecisata autorità, non riconosciuta neppure dagli stessi musulmani, e una rigidità alla francese, una rigidità che, però, è rivolta verso i non musulmani, ai quali si chiede una laïcité che impone la rinuncia alla propria identità culturale, per sostituire le nostre campane con i moezzin.
Credo si debba fare molta attenzione a non innescare fenomeni di xenofobia - mi rivolgo al Governo - che poi è difficile controllare, signor Presidente. Gli italiani non sono assolutamente razzisti, ma occorre essere molto attenti alla xenofobia, che è altra cosa e nasce quando si percepisce una minaccia non ad una presunta superiorità biologica, ma semplicemente al proprio stile di vita o alla propria cultura. Io vivo in Toscana, a Pisa, ed ho una figlia che, nei suoi sogni di ventenne, vorrebbe percorrere la carriera diplomatica. Si tratta di una ragazza, quindi, predisposta all'apertura ed al confronto. Eppure, recentemente ho riscontrato in lei alcuni tratti di xenofobia che mi hanno molto preoccupato, in particolare perché si tratta di una ragazza adottata, di origini ruandesi, che vive in Italia, da italiana, ed è naturalmente pronta ad accogliere il diverso. Si deve stare molto attenti - rivolgo un appello accorato al Governo - perché la xenofobia è pericolosissima.
PRESIDENTE. Onorevole Paoletti Tangheroni...
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente.
C'è una sorta di emblematica violenza nello scempio ambientale che la costruzione della moschea provocherà. È una violenza che potrebbe compromettere per sempre la possibilità di una reale e progressiva integrazione, che in primo luogo vuol dire rispetto reciproco.
PRESIDENTE. L'onorevole Ceccuzzi ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00270.
FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, mi corre innanzitutto l'obbligo di illustrare la mia interpellanza perché, come lei spero potrà apprezzare, nel corso del mio intervento sarò in grado anche di fornire elementi di chiarezza, di ulteriore conoscenza e di precisazione rispetto all'esposizione di chi mi ha preceduto, che ha introdotto diverse imprecisioni, sulle quali, data la delicatezza della materia, mi vorrei soffermare.
Vorrei ringraziare l'onorevole sottosegretario per la sua presenza e la sua attenzione. Infine, mi corre l'obbligo di rivolgere un ultimo ma non meno sentito ringraziamento a ciascuno dei colleghi deputati dei diversi gruppi della maggioranza - L'Ulivo, Rifondazione Comunista, Popolari-Udeur e Italia dei Valori - che hanno sottoscritto questa interpellanza, consentendo così di discuterla con l'urgenza che essa merita.
Abbiamo ritenuto molto importante e, ad un certo punto, imprescindibile il pronunciamento odierno del Governo - l'esposizione distruttiva di chi mi ha preceduto conferma questa necessità, non certo per responsabilità dello stesso Governo o degli interpellanti - proprio nel luogo più solenne dell'aula parlamentare. Infatti, la vicenda della quale ci stiamo occupando e che mi accingo ad illustrare presenta dei risvolti tutt'altro che locali, per quanto sia ambientata in una tranquilla e gradevolissima - e tale rimarrà, probabilmente, per sempre - cittadina di oltre 20 mila abitanti (non 14 mila, comePag. 9diceva l'onorevole Paoletti Tangheroni) della provincia di Siena, cioè Colle Val D'Elsa. Colle Val D'Elsa è una città molto dinamica dal punto di vista demografico, che non risente certamente di quello che lei diceva, anzi gli abitanti continuano ad aumentare. Proprio a Colle Val D'Elsa sono iniziati da poche settimane i lavori per la costruzione di un nuovo centro culturale islamico, che comprenderà anche l'edificazione di un luogo di culto; un intervento conosciuto e volgarizzato nella pubblicistica come la nascita di una nuova moschea, ma che sarebbe del tutto limitativo descrivere così come in seguito avrò modo di argomentare.
La delimitazione del terreno dove si insedierà il cantiere - a compimento di un percorso trasparente, di garanzia e, peraltro, innovativo - ha provocato reazioni scomposte di diversi esponenti politici del centrodestra financo stamattina. In taluni casi, si è trattato di prese di posizione del tutto legittime, per quanto non assolutamente condivisibili sul piano politico e culturale; in altri casi, purtroppo - lo dico con rammarico - abbiamo ascoltato parole troppo forti ed obiettivamente pronunciate per alzare il livello dello scontro sino al «muro contro muro» tra uomini e donne di diversa etnia, religione e cultura.
Scaturisce da qui l'urgenza dell'interpellanza, motivata soprattutto dalle continue e ripetute strumentalizzazioni mediatiche e dagli incitamenti allo scontro tra civiltà e religioni, che non possono lasciare indifferente nessuna coscienza e tanto meno chi, come noi, ha l'onore di rappresentare la nazione. In questo contesto sono persino maturati atti vandalici inopportuni, come l'abbattimento nei giorni scorsi di alcuni pali di recinzione del cantiere appena aperto ed il tentativo, miseramente fallito, di far sollevare la popolazione locale contro la comunità islamica, facendo leva sui sentimenti di insicurezza e di diffidenza che ormai troppo spesso caratterizzano la scena internazionale a causa di tutti gli attentati terroristici che si sono verificati nel mondo dopo l'11 settembre 2001 e che hanno fatto migliaia di vittime innocenti, alle quali va il nostro pensiero commosso.
Anche in questa occasione, però, la popolazione di Colle Val D'Elsa ha dato l'ennesimo segnale di maturità democratica ed ha dimostrato di saper affrontare le sfide dell'integrazione, forte della sua identità di città aperta e solidale. Oggi in questa città fondata da sempre sui valori di civiltà, solidarietà, dialogo e democrazia risiedono più di mille immigrati, senza che si sia mai verificato alcun problema. Il percorso di conoscenza e di integrazione si è costruito ed arricchito nel corso degli anni con azioni quotidiane, fra cui l'attivazione di uno sportello di consulenza e di supporto ai cittadini stranieri, con la presenza di mediatori linguistico-culturali, il sostegno ai minori inseriti nelle scuole dell'obbligo per l'apprendimento della nostra lingua, la collaborazione dell'amministrazione comunale con associazioni di volontariato per l'attivazione di corsi di lingua e di cultura italiana per adulti. Questi, Presidente, sono solo alcuni degli atti che l'amministrazione comunale di Colle Val D'Elsa ha sostenuto e continua a sostenere per favorire la conoscenza e la consapevolezza della nostra cultura e delle nostre regole.
La principale convinzione alla base di tutto ciò, infatti, è che si possa combattere l'ignoranza, la paura del diverso e di ciò che non si conosce solo garantendo a tutti il diritto di espressione, attraverso un cammino di integrazione capace di produrre maggiore sicurezza e fiducia reciproca. È su queste basi che l'amministrazione comunale ha sempre promosso il dialogo verso popoli di cultura e origini diverse e, dunque, non solo, ma anche nei confronti della comunità islamica locale, presente da oltre dieci anni nella città di Colle Val d'Elsa, che ha condiviso e promosso sin dall'inizio un percorso fatto di iniziative culturali e religiose volte a favorire la conoscenza reciproca.
Sempre per conoscenza, tale comunità si costituisce in associazione con atto notarile del 10 marzo del 1999. Da alcuni anni questa comunità islamica locale aveva a disposizione un piccolo locale nelPag. 10centro della città, quindi non una moschea, ma una stanza in cui svolge quotidianamente le proprie attività, culturali e religiose, e dove, sempre più spesso, ha accolto scolaresche da zone diverse della provincia di Siena, studenti, ma anche semplici cittadini desiderosi di conoscere la cultura araba.
Nel 1999 la comunità chiese al comune un terreno per poter costruire una nuova struttura che fosse più adeguata al crescente numero di persone e che permettesse di ampliare le attività culturali svolte, promuovendo altre iniziative di conoscenza e di integrazione della loro cultura con quella occidentale. Questo delicato processo di dialogo e di collaborazione è divenuto, però, indubbiamente più complesso dopo l'11 settembre del 2001. La situazione internazionale creatasi dopo quei tragici attentati terroristici e la diffusione di sentimenti di insicurezza e di diffidenza verso popoli di cultura e religione diversa, in particolare islamica, hanno infatti reso molto difficile la vita di questo laboratorio di integrazione avviato a Colle Val d'Elsa. Tuttavia, nel 2003, con coerenza e coraggio, l'amministrazione comunale ha individuato e concesso in diritto di superficie per 99 anni un terreno in un quartiere alla periferia della città, su cui poter edificare la nuova sede del centro culturale islamico.
La proposta della nuova sede del centro culturale islamico ha anche animato la campagna elettorale; quindi il tutto non è stato fatto assolutamente di nascosto né è calato dall'alto, in vista delle amministrative del 2004, e ha visto tutti i candidati a sindaco di tutti gli schieramenti dichiararsi d'accordo sulla realizzazione di una simile struttura, pur restando dei distinguo sulla localizzazione stabilita in un parco adiacente ad un quartiere residenziale.
Per iniziativa soprattutto dei residenti di quel quartiere nacque una lista civica che elesse propri rappresentanti nel consiglio comunale e che ha continuato la sua legittima battaglia contro il centro culturale islamico, proponendo un referendum popolare che l'amministrazione comunale non ritenne pertinente per diverse e motivate ragioni, squisitamente giuridiche, peraltro ricorse senza esito, e non di merito politico.
In questo parco di San Lazzaro - e non di San Lazzero, come diceva prima l'onorevole Paoletti Tangheroni - il comune peraltro ha messo in campo un progetto di riqualificazione che ne rafforzerà la destinazione urbanistica e non la stravolgerà certamente. L'amministrazione comunale e la comunità islamica hanno quindi proseguito nel percorso, maturando l'idea - ed è qui la vera innovazione - di giungere alla stipula di una convenzione come una occasione per diventare attori comuni del processo di gestione della nuova struttura, condividendo così le regole di funzionamento, con la possibilità di farne un luogo aperto, quasi pubblico, cosa che non sarebbe stata possibile se il centro culturale islamico fosse stato realizzato con un'iniziativa spontanea e delocalizzata in una zona periferica della città. La comunità islamica di Colle Val d'Elsa, infatti (questo lo dobbiamo sottolineare) avrebbe potuto benissimo acquistare un terreno e realizzare una propria sede come una qualsiasi altra associazione del territorio, ma ha scelto di condividere la gestione della nuova struttura con l'amministrazione comunale. Questo importante elemento, inoltre, ha evitato una possibile e, io ritengo, pericolosa ghettizzazione ed emarginazione della stessa comunità islamica locale dal resto della società colligiana.
È proprio su questi elementi che si basa il protocollo d'intesa tra l'amministrazione comunale colligiana e la comunità islamica locale che fu firmato il 20 dicembre del 2004 alla presenza, tra gli altri, del presidente della regione Toscana, Claudio Martini. L'atto, unico nel suo genere in Italia, è stato stipulato dopo sei mesi di approfondite riflessioni e trova le sue radici nei valori fondanti di una società civile e democratica, quali dialogo, solidarietà, uguaglianza e libertà.
Tra gli elementi che rendono questo atto di notevole rilievo mi preme ricordare, in particolare, la costituzione di un comitato paritetico scientifico di garanzia che sarà composto da otto membri, di cuiPag. 11quattro scelti dall'amministrazione comunale tra personalità di comprovata esperienza dal punto di vista degli studi sociali, religiosi e culturali, e quattro dalla comunità islamica locale, individuati anch'essi tra alte personalità. Questo importante organismo avrà il compito di coordinare l'attività del centro, verificare l'attuazione del programma, ma anche verificare il bilancio economico del centro culturale islamico; inoltre, secondo il protocollo, all'interno del centro è previsto l'obbligo dell'adozione della lingua italiana.
Nel corso di questi anni, inoltre, la comunità islamica locale ha sempre condannato in maniera ferma e netta l'estremismo religioso, la violenza e il terrorismo. Il suo imam Feras Jabareen è stato uno dei promotori del manifesto per la vita e contro il terrorismo, molto noto a livello nazionale, firmato nel settembre del 2004 dagli islamici moderati e, con il passare del tempo, ha sempre confermato questa propensione verso un Islam moderato ed italiano, aperto al dialogo con le altre culture.
È in questo contesto che la comunità islamica colligiana ha promosso iniziative culturali e religiose volte a favorire l'incontro tra culture, come ad esempio una serata di preghiera con la comunità cattolica in nome della pace e due concerti di musica araba promossi in collaborazione con il consolato degli Stati Uniti a Firenze, che hanno coinvolto numerosi cittadini di Colle Val d'Elsa. A questo vorrei aggiungere che nella scorsa estate la comunità islamica colligiana ha preso immediatamente le distanze dal manifesto dell'UCOII contro Israele, condannando i toni e i contenuti, ribadendo il proprio «no» alla guerra e al terrorismo e lanciando, per tutta risposta, l'idea di una preghiera comune rivolta a cristiani, ebrei e musulmani. Se ciò un giorno verrà realizzato, sarà sicuramente un ulteriore segnale di rafforzamento del percorso di integrazione promosso a Colle Val D'Elsa.
La struttura sorgerà su un terreno pubblico, concesso in diritto di superficie per 99 anni alla comunità islamica dietro il pagamento di un canone annuo di 11 mila euro (che per quanto mi riguarda non è simbolico; non so per le altre possibilità economiche, ma per me 11 mila euro non sarebbero simbolici). Questo è un elemento che certamente non si rileva in un qualsiasi altro rapporto tra un'amministrazione comunale - penso non solo di Colle - ed una associazione che occupa un suolo pubblico; infatti, non sarebbe stato così per una associazione di volontariato o di qualsiasi altro tipo.
La realizzazione di un nuovo centro culturale islamico sarà finanziata, in misura largamente maggioritaria (circa il 70 per cento), con mezzi propri reperiti dalla comunità islamica locale attraverso sottoscrizione e con i fondi erogati dalla fondazione Monte dei Paschi di Siena, che ha valutato piena corrispondenza - essendo un soggetto di diritto privato - tra i propri fini istituzionali e la domanda di finanziamento ed ha stanziato una cifra che coprirà circa il 30 per cento dell'intervento.
Il percorso di integrazione avviato a Colle Val d'Elsa con la comunità islamica si fonda quindi su basi ormai consolidate e ci risulta che l'amministrazione comunale abbia informato puntualmente, nel corso di questi anni, il Ministero dell'interno sullo sviluppo di tali rapporti e sulla questione legata alla realizzazione di una nuova sede per il centro culturale islamico; comunque, per fugare ogni dubbio in proposito - e prima di tutto a noi stessi - chiediamo cortesemente conferma all'onorevole sottosegretario di quanto andiamo affermando relativamente ai rapporti tra il comune di Colle Val d'Elsa ed il Ministero dell'interno, naturalmente dall'anno 2001 in poi, quindi anche durante i due Governi Berlusconi.
Alla luce di tutto ciò emerge, con maggiore forza, l'unicità di questo percorso di integrazione e di dialogo; quindi, è sulla base di questi elementi che abbiamo ritenuto opportuno presentare questa interpellanza per sapere quali sono stati e quali sono adesso i rapporti formali intercorsi tra il comune di Colle e lo stesso Ministero dell'interno.Pag. 12
Il programma dell'attuale Governo ha dedicato inoltre una grande attenzione alle politiche di integrazione e di dialogo - di questo diamo atto del lavoro svolto dal sottosegretario, onorevole Marcella Lucidi - ed ha scelto di investire in questo settore, cercando di regolarizzare l'emigrazione esterna e di garantire il rispetto delle norme italiane con gli stessi diritti e doveri che hanno i cittadini italiani. Il percorso promosso a Colle Val d'Elsa rappresenta certamente un esempio anche per altre realtà.
Pertanto, attraverso questa interpellanza chiediamo al Ministero dell'interno come si collochi questo stesso processo nell'ambito delle politiche portate avanti dall'esecutivo in questa materia, ribadendo che l'interpellanza è volta a conoscere l'orientamento del Governo e non certo, come hanno scritto oggi taluni commentatori, a richiedere alcun sostegno pubblico che non c'è mai stato e che siamo certi non ci sarà.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Marcella Lucidi, ha facoltà di rispondere.
MARCELLA LUCIDI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, ringrazio i due interpellanti, che nella presentazione dei loro atti di sindacato ispettivo hanno comunque sviluppato riflessioni che giudico importanti.
Esse sono già all'attenzione del Parlamento in un confronto comune che interessa un tema epocale come quello dell'immigrazione e si sviluppano in sede di Commissione Affari costituzionali di questa Camera nell'esame di due progetti di legge, quello sulla libertà religiosa e quello sulla cittadinanza. È evidente che la riflessione e il confronto, anche su posizioni e punti di vista diversi, appartengono fortemente alla dimensione più profonda, consapevole e responsabile che ciascuna parte politica intende sviluppare su tali materie.
Per quanto riguarda l'oggetto delle interpellanze - e quindi la costruzione del nuovo centro islamico di Colle Val d'Elsa - ricordo che la realizzazione di nuovi luoghi di aggregazione e di preghiera islamica deve essere considerata sotto un doppio punto di vista: sotto il profilo della libertà di culto, come più generale espressione del diritto di libertà religiosa, garantito dall'articolo 19 della Costituzione, e sotto il profilo dell'integrazione sociale degli immigrati, nella misura in cui il soddisfacimento della dimensione spirituale delle persone e delle comunità organizzate si inserisce in un quadro di ordinata e civile convivenza nella diversità, che implica ovviamente l'esercizio di diritti, ma anche l'assunzione di doveri.
Nel caso di Colle Val d'Elsa, il progetto cui fanno riferimento le due interpellanze riguarda la realizzazione, in località Badia, di un centro culturale islamico destinato a prendere il posto dell'attuale sede della comunità dei musulmani di Siena e provincia, risultata nel tempo angusta ed insufficiente a contenere i credenti islamici che in essa si ritrovano, provenienti perlopiù dalla Val d'Elsa e, in misura minore, dalla Val di Chiana e dal certaldese.
Vale la pena di ricordare che il territorio di Colle Val d'Elsa, come l'intera provincia di Siena, è interessato ormai da anni da flussi di immigrazione che hanno sollecitato l'amministrazione locale ad adottare specifici interventi tesi a favorire l'integrazione e la coesione sociale. La presenza sul territorio di quel comune di immigrati di religione islamica e di un centro culturale islamico risale ai primi anni Novanta. La costruzione del nuovo centro - come è stato già ricordato in sede di illustrazione - è prevista all'interno di un'area di circa 3.200 metri quadrati, concessa a titolo oneroso per 99 anni in diritto di superficie dal comune. L'edificio, che sarà collocato in un'ampia zona verde, consisterà in un unico blocco con percorsi pavimentati, destinati sia alla preghiera che ad altre finalità culturali. Il costo della sua realizzazione - oggetto dell'interpellanza a prima firma dell'onorevole Paoletti Tangheroni - verrà sostenuto dalla comunità, in parte con un finanziamento concesso dalla Fondazione Monte dei PaschiPag. 13di Siena, pari a 300 mila euro, in parte attraverso l'autofinanziamento degli stessi associati che versano a tal fine una somma di 516 euro l'anno.
La peculiarità dell'esperienza di Colle Val d'Elsa risiede peraltro nei contenuti dello strumento convenzionale che l'amministrazione comunale ha sottoscritto con la comunità dei musulmani di Siena e provincia per regolare i reciproci rapporti per tutta la durata del contratto di concessione. Il protocollo d'intesa, sottoscritto il 20 dicembre 2004, prevede tra l'altro che nel caso di violazione delle previsioni contenute nello stesso documento, di condotte illegali direttamente o indirettamente legate all'attività del centro culturale o di eventuali condanne penali a carico dei componenti l'organo direttivo della comunità, l'amministrazione comunale si riserva il diritto di risolvere il contratto di concessione, con conseguente acquisizione al patrimonio comunale di tutti i beni immobili realizzati.
Nel protocollo è specificato che le aree concesse dal comune di Colle Val d'Elsa per la realizzazione del centro culturale, oltre che tutte le opere strutturali ed infrastrutturali sulle stesse realizzate, saranno e rimarranno per tutta la durata della concessione di esclusivo uso pubblico e, compatibilmente con la pratica religiosa, resteranno sempre accessibili da parte di chiunque vi abbia interesse quale punto di riferimento e di dialogo tra culture e religioni.
Altro punto da sottolineare è l'impegno assunto dalla comunità musulmana, già in sede di statuto, a svolgere tutta la propria attività in lingua italiana, comprese periodiche predicazioni delle figure religiose di riferimento. Ricordava l'onorevole Ceccuzzi come sia prevista, inoltre, la costituzione di un organo paritetico di garanzia, che sarà scelto tra persone di comprovata esperienza nelle tematiche culturali e religiose, nominato per metà dal comune e per metà dalla stessa comunità, cui saranno demandati, tra l'altro, compiti di controllo sul programma delle attività e sui bilanci del centro. In tal modo, l'amministrazione comunale ha inteso porre più solide e regolamentate basi per un percorso di dialogo e confronto tra la comunità locale e quella islamica, finalizzato alla pacifica convivenza ed alla prevenzione di ogni possibile elemento di intolleranza e di insicurezza.
Sulla vicenda si è sviluppato un dibattito - lo avete ricordato - che ha avuto risonanza sulla stampa locale e nazionale ed ha avuto la sua espressione anche in iniziative politiche di dissenso al progetto. In ambito cittadino, il 20 agosto 2005 è stata presentata al comune di Colle Val d'Elsa, da parte del comitato promotore denominato «Per la salvaguardia del parco di San Lazzaro», istanza di referendum consultivo finalizzato alla revoca della deliberazione consiliare di concessione dell'area per la costruzione del centro. La stessa è stata dichiarata inammissibile dal collegio di garanzia e, successivamente, dal consiglio comunale. Nel marzo 2006 il comitato cittadino ha presentato presso il comune un nuovo quesito referendario contro la costruzione della moschea, dichiarato inammissibile dal collegio di garanzia di tale comune e, successivamente, per la seconda volta, dal consiglio comunale, il 27 aprile 2006. Nel mese di luglio 2006 il comitato ha presentato ricorso in tribunale contro il comune, attraverso una procedura d'urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile, per chiedere la disapplicazione e la sospensione della delibera comunale. Il tribunale di Siena ha peraltro rigettato il ricorso, con la conseguente motivazione: «La scelta del comune di venire incontro alle legittime istanze di una minoranza religiosa non può definirsi un progetto, bensì una realtà. Gli atti posti in essere dalla pubblica amministrazione hanno generato per la comunità di Siena e provincia un diritto soggettivo, che non può più essere disatteso dall'amministrazione comunale».
Tanto nella scorsa legislatura quanto in quella attuale, il sindaco di Colle Val D'Elsa ha scritto ai ministri dell'interno pro tempore per informarli sulle iniziative avviate da tale amministrazione e, in risposta, i titolari del dicastero hanno ribaditoPag. 14talune linee generali, peraltro ben note, cui hanno rispettivamente inteso orientare la loro attività di governo in tema di dialogo con l'Islam e di edilizia di culto, tema questo che rientra tra le aree di interesse della Consulta per l'Islam italiano, che fu costituita presso il Ministero. Non di rapporti formali in senso stretto può parlarsi, bensì di una corrispondenza di cortesia avente ad oggetto progetti, iniziative e deliberazioni amministrative ricadenti nella competenza propria dell'ente locale.
Ciò precisato, ritengo peraltro che l'esperienza di Colle Val d'Elsa, così come altre analoghe perseguite in altre aree del territorio nazionale, possa costituire una testimonianza ed un utile contributo di conoscenze e di approfondimento per individuare possibili vie e strumenti di integrazione e pacifica coesistenza, nel rispetto della legalità e dei diritti delle persone. Per quanto riguarda le preoccupazioni espresse dall'onorevole Paoletti Tangheroni, per le possibili ricadute della vicenda sull'ordine e la sicurezza pubblica, assicuro che la situazione viene attentamente e costantemente monitorata e che al momento non sussistono motivi di particolare allarme.
In data 20 novembre è avvenuta l'apertura del cantiere per l'inizio dei lavori di costruzione del centro, di fatto consistente nella sola recinzione della zona, con apposizione della cartellonistica, e nella predisposizione dell'impianto di videosorveglianza.
In concomitanza con l'inizio dei lavori per la costruzione del centro, ignoti, nella notte, hanno divelto parte della rete di recinzione in plastica che delimita l'area del cantiere. Da allora, però, non si sono più verificati ulteriori atti di vandalismo, tenuto anche conto dei continui controlli effettuati dalle forze dell'ordine.
Resta, peraltro, aperto - ciò è importante - il dialogo con quella parte della cittadinanza contraria alla realizzazione dell'opera, tant'è vero che il prefetto di Siena ha accolto una richiesta di incontro avanzata dai rappresentanti del comitato a La Badia per esprimere le loro preoccupazioni.
Non potendo escludere che la realizzazione del centro islamico possa in futuro richiamare nella zona un maggiore afflusso di stranieri, è all'esame anche la possibilità di elevare a tenenza l'attuale stazione dei carabinieri di Colle Val d'Elsa.
PRESIDENTE. L'onorevole Paoletti Tangheroni ha facoltà di replicare.
PATRIZIA PAOLETTI TANGHERONI. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Lucidi per la consueta cortesia usata nella sua risposta, che del resto conoscevo. Tuttavia, non sarà lei quel «giudice a Berlino» nel quale sperano gli abitanti di Colle Val d'Elsa.
Mi preme anche dire, signor Presidente, che, se avessi tenuto atteggiamenti scomposti, forse lei mi avrebbe richiamato. Il nostro collega si era preparato un compitino, come me del resto: tra l'altro ho scritto San Lazzaro e non San Lazzero (potrà verificarlo); sapendo di doversi confrontare con una persona di centrodestra, quest'ultima doveva necessariamente essere scomposta e ignorante: fare confusione fra San Lazzaro e San Lazzero e tenere un atteggiamento scomposto. Non è così, mi dispiace per lei! Non accetto che lei mi dica che ho tenuto atteggiamenti scomposti, perché ciò non appartiene alla mia cultura. Quindi, signor Presidente, vorrei che fossero rivolte delle scuse: non è questo il piano, non è questo il tono, né il senso di tali confronti, come bene diceva l'onorevole Lucidi.
Pertanto, ci deve essere un confronto, ed io rappresento le persone cui non fa piacere vedere la moschea, considerandola come una violenza inflitta al proprio territorio.
Mi rivolgo al Governo: l'integrazione non si impone, si pratica. E si pratica con prudenza, con attenzione e, soprattutto, con la volontà di trovare punti di incontro e non momenti di scontro.
Soprattutto, una struttura di quelle dimensioni può divenire psicologicamentePag. 15ingombrante per molte persone. Quindi, credo che tale progetto debba essere praticato con tutta la prudenza necessaria.
A mio avviso, vi è un passo indispensabile: se davvero - come ha affermato il collega e come in parte ha ribadito con maggiore prudenza il Governo - c'è il grande desiderio di accogliere questa moschea, perché rifiutare per due volte il referendum, sulla base di cavilli, signor Presidente, che si possono superare? Di cosa si ha paura? Se sono poche le persone contrarie e tutti sono pronti ad accogliere questi paladini della pace nel mondo, che si faccia un referendum! In tal caso, sarei la prima a venire in questa sede (e mi impegno a farlo, se il referendum avrà esito positivo) per dire che avevate ragione e che, in quel luogo, l'integrazione non si può ma si deve attuare, poiché la maggioranza dei cittadini ha già la volontà di accogliere questa moschea fra gli ulivi. Ci sono le condizioni per poterlo fare: allora, facciamolo! Perché non si indice il referendum? Signor Presidente, vorrei concludere il mio intervento con questo interrogativo. Credo che il referendum si dovrebbe fare, perché, in tal modo, si darebbe la parola ai cittadini su questioni così delicate.
Lo ripeto: l'integrazione non si impone, ma si pratica.
Mi sarei aspettata - e con ciò concludo il mio intervento - che il Governo assicurasse la attuazione di un referendum per svolgere le dovute verifiche prima di procedere in questa direzione - in una situazione, comunque, montata -, senza strumentalizzazioni, perché la gente avverte questo problema (proprio per questo motivo è stata redatta una lista civica).
Facciamo un referendum e tagliamo - come si dice in Toscana, brutalmente, forse in maniera scomposta - la testa al toro!
PRESIDENTE. Non ho difficoltà, onorevole Paoletti Tangheroni, a darle atto di avere esposto le sue posizioni in modo assolutamente corretto.
L'onorevole Ceccuzzi ha facoltà di replicare.
FRANCO CECCUZZI. Signor Presidente, vorrei ringraziare l'onorevole sottosegretario Marcella Lucidi, perché la risposta mi trova completamente soddisfatto per ciò che riguarda sia l'attenzione con la quale il Governo sta seguendo questo percorso di integrazione sia il riferimento dell'onorevole Lucidi ai rapporti, non formali, ma di cortese corrispondenza - come la stessa ha ricordato - tra i ministri dell'interno, che si sono succeduti, e l'amministrazione comunale di Colle Val d'Elsa.
Infatti, vorrei ricordare a lei, signor Presidente, e a tutti noi, che qualche anno fa, nel corso del consiglio comunale, quindi in una sede assolutamente pubblica, il sindaco Polo Brogioni ebbe pregio di poter leggere ai consiglieri comunali e alla cittadinanza di Colle Val d'Elsa una lettera molto cortese del ministro, senatore Giuseppe Pisanu, con la quale si incoraggiava l'amministrazione comunale a proseguire, con grande attenzione, in questo percorso di integrazione.
In quella lettera non vi erano prese di posizione e dichiarazioni scomposte che abbiamo letto sulla stampa nazionale e toscana, con le quali, purtroppo, a mio parere (e questa è un'opinione della quale l'onorevole Paoletti Tangheroni non mi potrà privare, né in quest'aula né fuori), in maniera pericolosa si tende a ricercare lo scontro.
Ritengo che ciò non faccia giustizia nemmeno del lavoro molto importante che sta svolgendo il Parlamento e, in particolare, la I Commissione affari costituzionali (come ci ha ricordato il sottosegretario Lucidi) che sta cercando di approvare nuove norme sulle libertà religiose per sostituire la vecchia legge del 1929.
Ho avuto modo di leggere il resoconto dei lavori della Commissione e ho trovato molto interessanti alcuni spunti e riferimenti, tra cui un riferimento ad una sentenza della Corte costituzionale che, nel 2003, ha annullato una legge della regione Lombardia. Con questa legge la regione Lombardia intendeva ammettere ad agevolazioni solo quegli edifici di culto provenienti da associazioni che avessero stipulato una convenzione con lo Stato sulla base dell'articolo 8 della Costituzione.Pag. 16
Ebbene, la Corte costituzionale ha annullato quella legge. Quindi, come si vede, sulla base anche di una pronuncia della Consulta, l'associazione della comunità islamica della provincia di Siena avrebbe avuto diritto a costruirsi un proprio luogo di culto anche senza la stipula di una convenzione, come invece è stato fatto.
Per ciò che attiene al referendum, nel 2004 si è svolto un vero e proprio referendum sulla costruzione del centro islamico, perché è nata una lista civica che si è fatta promotrice di una netta opposizione a questo intervento ed ha chiesto ai cittadini di Colle Val d'Elsa un giudizio durante le elezioni comunali. Questo giudizio ha portato la maggioranza a perdere 5 punti percentuali pur prendendo il 64 per cento, con il quale è stato eletto il sindaco di Colle Val d'Elsa, Paolo Brogioni.
Mi sarei aspettato, infine, che entrambi avessimo preso le distanze da alcuni atteggiamenti, come quelli dell'onorevole Borghezio, che recentemente ha incitato la popolazione ad insorgere, a far sì che il cantiere non prendesse avvio (tant'è che, dopo qualche giorno, in questo contesto, certamente non per sua diretta responsabilità, i paletti del cantiere sono stati divelti).
Questa richiesta di sollevazione, mi dispiace, non ha trovato accoglimento, perché quella sera stessa abbiamo avuto l'impressione che, più che con manifestanti locali, avessimo a che fare con gitanti trasportati dall'onorevole Borghezio, perché la popolazione del posto era più interessata ad assistere ad una partita di basket a Siena che a quella manifestazione.
La ringrazio, Presidente, ringrazio il sottosegretario ed il Governo per l'attenzione con la quale si sta seguendo questa delicata vicenda, assolutamente positiva nel percorso dell'integrazione.