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Allegato A
Seduta n. 145 del 17/4/2007
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(A.C. 1638 - Sezione 29)
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame, all'articolo 21, recante modifiche al codice penale, non ha apportato alcun inasprimento né delle pene detentive né delle disposizioni sanzionatorie a carico di chi viola l'articolo 684 del codice penale, recante pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale (articolo 114, divieto di pubblicazione di atti o immagini; articolo 329, obbligo del segreto di atti di indagine compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria sino a quando l'imputato non ne possa avere conoscenza, del codice di procedura penale) né ha introdotta apposita fattispecie di reato a carico dell'editore che pubblica atti o documenti di cui è vietata la pubblicazione (per legge e ai sensi degli articoli 114 e 329, comma 3, lettera b), del codice di procedura penale);
il disegno di legge in esame, all'articolo 23, modifica il decreto-legge 22 settembre 2006, n. 259, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 novembre 2006, n. 281, in tema di intercettazioni anonime ed illegali, che non possono essere acquisite né in alcun modo utilizzate: in particolare, il nuovo testo dell'articolo 4 del citato decreto-legge n. 259 del 2006, convertito dalla legge n. 281 del 2006, prevede che, a titolo di riparazione, può essere richiesta all'autore della pubblicazione o della diffusione degli atti o documenti relativi ad intercettazioni e raccolte
di dati illecitamente formate ed acquisite - articolo 240-bis del codice di procedura penale - al direttore responsabile o all'editore, in solido tra loro, di una somma da euro 50.000 a euro 1.000.000, secondo l'entità del bacino di utenza ove la diffusione sia avvenuta con mezzo radiofonico, televisivo o telematico. In ogni caso, l'entità della riparazione non può essere inferiore a euro 10.000. Al comma 2 del medesimo articolo 4, le modifiche apportate dall'articolo 23 del disegno di legge in esame consistono nell'introduzione di dette intercettazioni nella previsione del rito camerale (articoli da 737 a 742 del codice di procedura penale) in caso di azione proposta da parte di coloro cui detti atti o documenti fanno riferimento;
in base agli articoli 21 e 23 del disegno di legge in esame si viene a creare una differenziazione tra l'inflizione di pene pecuniarie - a titolo di riparazione - relative alla pubblicazione illecita di atti o documenti relativi ad intercettazioni e raccolte di dati illecite (queste particolari intercettazioni sono regolate dall'articolo 4 del citato decreto-legge n. 259 del 2006, convertito dalla legge n. 281 del 2006, come modificato dal presente provvedimento) con le pene, anche pecuniarie, relative alla pubblicazione delle intercettazioni formate legalmente e illecitamente diffuse, che allo stato delle cose risultano non sufficientemente sanzionate;
nel disegno di legge in esame, all'articolo 22, nella norma che introduce gli «illeciti per finalità giornalistiche», aggiungendo l'articolo 164-bis al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, (codice della privacy), sono stati eliminati importanti elementi sotto il profilo sanzionatorio, previsti nel testo base poi emendato:
a) la sanzione amministrativa a carico dell'autore della violazione con lo stralcio del passo «all'autore della violazione si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da tremila a diciottomila euro o, se si tratta di dati sensibili o riguardanti minori o se la violazione è reiterata o comunque di particolare gravità, da diecimila a sessantamila euro», prevedendo solo la sanzione amministrativa della pubblicazione in uno o più giornali, dell'ordinanza-ingiunzione che accerta l'illecito, a spese dei responsabili della violazione, sanzione che, invece, dovrebbe essere derubricata a sanzione accessoria;
b) la responsabilità del direttore o vice-direttore per omesso controllo, in ossequio alle prescrizioni del Garante della privacy;
per tutto quanto sopra, risulta sia che è insufficiente la sanzionabilità della violazione dell'articolo 684 del codice penale sia che è mal raccordata la previsione sanzionatoria delle intercettazioni diffuse e pubblicate illegalmente, con riferimento sia a quelle formate illegalmente che a quelle formate legalmente;
è importante raccordare questa fattispecie di punibilità che non può non esistere nell'ordinamento, all'articolo 115 del codice di procedura penale (violazione del divieto di pubblicazione) che prevede che, salve le sanzioni previste dalla legge penale (articolo 684 del codice penale), la violazione del divieto di pubblicazione previsto dagli articoli 114 e 329 del codice di procedura penale costituisce illecito disciplinare quando il fatto sia commesso da impiegati dello Stato o di altri enti pubblici, ovvero da persone esercenti una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato (e quindi i giornalisti);
è impensabile che il testo del disegno di legge in esame, all'articolo 19, preveda una remunerazione per chi esegue le intercettazioni e non preveda, poi, sufficienti sanzioni che puniscano chi pubblica atti vietati o secretati. Per non parlare del profilo della risarcibilità che verrebbe malauguratamente omesso, a favore dei danneggiati, dall'editore, in caso di non previsione del reato e della pena edittale a carico dello stesso, con gravi conseguenze in punto di diritto a carico della collettività,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
prevedere un basilare elemento mancante nell'impianto normativo e nel codice penale, e cioè un deterrente alla commissione di reati che violano la privacy con la pubblicazione dì documenti vietati o secretati e, cioè, di pene edittali - principali e non solo accessorie - pecuniarie nel codice penale e sanzioni amministrative nel decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, codice della privacy, (non solo la sanzione della pubblicazione dell'ordinanza-ingiunzione del Garante della privacy) e l'inasprimento di pene detentive già previste;
revisionare il sistema sanzionatorio per la punibilità della violazione del divieto di pubblicazione (apportando le necessarie disposizioni sia nel codice penale e di rito sia nel codice della privacy) da parte degli autori delle illecite pubblicazioni, con particolare riguardo per l'editore, in quanto nel bilanciamento degli interessi, il bene giuridico del rispetto della privacy e dell'inviolabilità del segreto è ancor più importante del diritto di cronaca per l'ordinamento giuridico e, pertanto, dovrebbe essere salvaguardato con più appropriate sanzioni.
9/1638/1. Craxi.
La Camera,
premesso che:
il problema delle intercettazioni telefoniche continua a riproporsi all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica, in quanto si tratta di un fenomeno che incide direttamente sulla dignità dei cittadini, con un totale disprezzo per la loro privacy;
vi sono stati numerosi casi di fughe di notizie che, quasi mai, si sono risolte con l'individuazione dei responsabili;
molto spesso le intercettazioni coinvolgono soggetti che nulla hanno a che vedere con le inchieste giudiziarie, per cui il fenomeno si può trasformare in una gogna mediatica, con danni gravi e spesso irreparabili per l'onorabilità e la reputazione dei cittadini che, nella maggior parte dei casi, sono del tutto innocenti;
tutto ciò lede la privacy e la dignità delle persone, la cui sfera privata viene invasa arbitrariamente,
impegna il Governo
ad adottare, per quanto di competenza, ogni misura utile a far sì che la situazione descritta in premessa non si verifichi in futuro accentuando i controlli a carico di chi, per i propri compiti istituzionali o di ufficio, venga in possesso delle intercettazioni e sia in grado di diffonderle.
9/1638/2. Garagnani.
La Camera,
considerato che:
le più recenti vicende relative alla divulgazione dei contenuti dell'attività di intercettazione telefonica svolta nell'ambito delle attività processuali presso le Procure della Repubblica evidenzia l'esigenza di garantire - sul piano tecnico - la segretezza degli aspetti operativi e funzionali degli apparati in uso nei centri di intercettazione telefonica;
l'esigenza di segretezza riguardante i dati e gli atti concerne anche il supporto informatico degli stessi ed i relativi programmi, come risultante anche dalla equiparazione in materia di falsità di atti (articolo 491-bis del codice penale) e di rivelazione di documenti dichiarati segreti (articolo 621 del codice penale);
la conoscenza del software di gestione della base dati, di criptografia degli stessi e delle modalità di trasmissione, implica la possibilità di accedere alle suddette informazioni coperte dal segreto e
per tale motivo, occorre evitare la diffusione di tale conoscenza oltre i limiti dello stretto necessario;
pertanto, sussistono per le ragioni esposte, le condizioni per dichiarare segrete le attività necessarie per la realizzazione del sistema informativo dei centri di intercettazione telefonica, dei sistemi e del software di gestione in dotazione agli stessi,
impegna il Governo
ad adottare, con urgenza, i provvedimenti necessari ed idonei a dichiarare la segretezza di tutte le attività necessarie alla realizzazione del sistema informativo dei centri di intercettazione telefonica, dei sistemi e del software di gestione in dotazione agli stessi.
9/1638/3.Gambescia, Maran, Suppa.
La Camera,
considerato che l'introduzione nell'ordinamento del divieto di pubblicazione e diffusione sui mezzi di informazione del nome del pubblico ministero durante le indagini preliminari ridurrebbe sensibilmente il rischio di abuso e strumentalizzazione delle intercettazioni telefoniche, riducendo sensibilmente il fenomeno della «personalizzazione» delle indagini giudiziarie, che ha rappresentato più di una volta la causa dell'eccessiva utilizzazione dello strumento delle intercettazioni telefoniche,
impegna il Governo
a monitorare l'attuazione della presente legge e ad adottare ogni iniziativa di propria competenza, anche di natura normativa, volta a ridurre il rischio dell'abuso dello strumento delle intercettazioni telefoniche, eventualmente prevedendo anche il divieto di pubblicazione e diffusione sui mezzi di informazione del nome del pubblico ministero durante le indagini preliminari.
9/1638/4.Mario Pepe.