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Allegato B
Seduta n. 132 del 22/3/2007
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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
GIUDITTA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ATO Calore Irpino, nelle sue funzioni di presidio dell'integrità del patrimonio idrico ed ambientale nel territorio di riferimento, si è attivato, anche in rappresentanza di tutti gli enti appartenenti all'ATO stesso - 195 Comuni e due Province -, per ottenere le necessarie informazioni in relazione alla realizzazione della galleria di valico Pavoncelli-bis, dopo essere stato estromesso, come gli altri enti interessati, dai processi decisionali relativi all'opera suddetta e dopo aver impugnato tale estromissione, unitamente a tutti gli atti ad essa conseguenti, davanti al Tribunale Superiore delle Acque pubbliche;
l'opera in questione - come già evidenziato nel corso della Conferenza di servizi poi interrotta dal Commissario Straordinario del Governo, ingegner Roberto Sabatelli - suscita grande e motivata preoccupazione in tutti gli enti territoriali coinvolti, in ragione dell'impatto devastante ed irreparabile che la realizzazione della stessa avrebbe sull'equilibrio idrogeologico ed ambientale dei territori interessati;
in tal senso, il minimo che tali enti possano pretendere è di essere prontamente e compiutamente informati sullo sviluppo delle procedure di realizzazione;
si ritiene pertanto essenziale che l'ATO Calore Irpino - che ha tra le sue funzioni principali quella di programmare l'erogazione del servizio idrico ed è, quindi, direttamente interessato alla tutela e gestione delle risorse idriche del territorio - e gli enti dallo stesso rappresentati, vengano messi a conoscenza di tutti gli atti adottati dal Commissario straordinario in relazione alla realizzazione dell'opera ed a tal fine hanno presentato reiterate richieste di accesso a tali atti;
l'ATO Calore Irpino ha presentato, dopo numerosi atti di diffida, istanza formale di accesso, a cui il Commissario Straordinario ha risposto con un diniego di accesso relativamente a tutti gli atti successivi all'aggiudicazione dell'appalto;
la conoscenza di tutti gli atti, anche conseguenti all'aggiudicazione - impedita dal diniego di accesso del Commissario straordinario - è, tuttavia, indispensabile per la puntuale tutela degli interessi, anche giurisdizionali, del territorio rappresentato;
pertanto, l'ATO Calore Irpino ha presentato ricorso (ex articolo 12 decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184) davanti alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio
dei Ministri. Il ricorso è stato pienamente accolto, avendo la Commissione per l'accesso riconosciuto «un interesse diretto, concreto e attuale dell'istante a conoscere la documentazione e gli atti formulati del Commissario Straordinario di Governo ...»;
nonostante questa ulteriore conferma delle ragioni del territorio rappresentato dall'ATO Calore Irpino, il Commissario Straordinario ha rinnovato, il 9 marzo 2007, il proprio diniego, reiterando le consuete motivazioni dilatorie e pretestuose già implicitamente rigettate dalla Commissione per l'accesso;
a causa di questo atteggiamento ostruzionistico, l'ATO Calore Irpino sarà costretto, ancora una volta, a proporre nuovamente ricorso, incorrendo in un'ulteriore spesa in termini di tempo e denaro;
alla luce della situazione illustrata, risulta incomprensibile che il Commissario Straordinario continui nella sua pervicace opposizione ad ogni richiesta di accesso agli atti dallo stesso adottati, tanto da ignorare il parere della Commissione per l'accesso della Presidenza del Consiglio, nonché le ulteriori richieste di ostensione presentate dal sottoscritto, in qualità di membro del Parlamento, e rivolte - senza alcun esito - anche al Ministro;
se le procedure seguite e gli atti adottati sono regolari ed inattaccabili, non si vede perché le legittime richieste degli enti pubblici locali direttamente interessati - come riconosciuto, ormai, a tutti i livelli -, che, per di più, sono stati estromessi da tutte le decisioni e del cui dissenso non si è minimamente tenuto conto, debbano rimanere tuttora inascoltate;
se il Ministro sia stato preventivamente informato della decisione del Commissario straordinario, di nomina governativa, di opporsi al parere espresso dalla Commissione per l'accesso della Presidenza del Consiglio, in riferimento alle legittime richieste avanzate dagli enti pubblici locali direttamente interessati relativamente all'accesso agli atti adottati per la realizzazione della galleria di valico Pavoncelli-bis -:
quali iniziative urgenti l'On. Ministro interrogato intenda assumere, alla luce di quanto descritto nella presente interrogazione, affinché vengano accolte le legittime richieste degli enti pubblici locali direttamente interessati relativamente all'accesso agli atti adottati per la realizzazione della galleria di valico Pavoncelli-bis.
(5-00873)
Interrogazioni a risposta scritta:
COSENZA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Bonito si sta consumando un vero e proprio oltraggio alle bellezze storiche e naturalistiche dell'Irpinia in quanto l'amministrazione comunale sta alienando un'area che rappresenta un bene fondamentale per l'intera comunità e destinarla ad insediamenti industriali;
in particolare, in località Palatina, è situato un bene demaniale di oltre 5.300 metri quadrati denominato «Triggio», dal valore storico e paesaggistico inestimabile ed in quest'area è localizzata una fontana di acqua sorgiva, costruita molti secoli fa, la cui importanza storica è ampiamente documentata;
tutto questo avviene mentre, grazie alla tenacia della popolazione locale, sono in corso verifiche da parte del ministero per i beni culturali e nonostante l'amministrazione provinciale di Avellino abbia diffidato l'amministrazione comunale di Bonito a procedere all'alienazione in quanto si «tratta di area pubblica vincolata e non alienabile fino a quando il ministero dei beni culturali non avrà effettuato la verifica degli interessi»;
non si può trascurare il fatto che a qualche chilometro di distanza dall'area in
questione, è in fase di realizzazione uno dei più grandi piani di insediamento produttivi della provincia di Avellino;
i cittadini di Bonito hanno costituito un comitato che ha già raccolto centinaia di firme e sostengono pienamente questa battaglia, convinta che la zona e la fontana, una sorgente di ineguagliabile bellezza, sono beni preziosi da tutelare ad ogni costo -:
quali interventi urgenti intendano adottare al fine di impedire l'alienazione un'area che rappresenta un bene fondamentale per l'intera comunità e destinarla ad insediamenti industriali.
(4-03020)
PELLEGRINO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Montaguto, in provincia di Avellino, è in atto un movimento franoso eccezionale che costituisce un grave pericolo per la pubblica e privata incolumità;
la Giunta Regionale della Campania, con atto deliberativo del 2 maggio 2006, richiedeva al Consiglio dei Ministri la dichiarazione dello stato di emergenza;
il Presidente del Consiglio dei ministri, in data 12 maggio 2006, con proprio decreto pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 113 del 17 maggio 2006, dichiarava lo stato di emergenza in relazione al grave movimento franoso;
la Provincia di Avellino, con deliberazione del Consiglio provinciale n. 23 del 6 giugno 2006, formulava la richiesta al Presidente del Consiglio dei ministri di estendere il riconoscimento dei danni economici e l'accesso alle agevolazioni fiscali a tutte le attività commerciali del territorio indirettamente danneggiate dall'evento franoso;
il Presidente del Consiglio dei ministri con propria ordinanza n. 3532 del 13 luglio 2006, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 170 del 24 luglio 2006, nominava il Presidente della Regione Campania in qualità di Commissario delegato per fronteggiare il grave movimento franoso in atto nel comune di Montaguto e per provvedere alla realizzazione dei primi interventi urgenti;
alla data odierna si registra un allarmante ritardo nelle operazioni finalizzate alla realizzazione degli interventi per il contenimento del dissesto idrogeologico in atto, con molti disagi per la cittadinanza, con gravi conseguenze per l'economia di un vasto territorio e con rilevanti ripercussioni sulla rete dei collegamenti che dovrebbe garantire la Strada Statale 90 «delle Puglie»;
l'interruzione della Strada Statale 90 «delle Puglie», causata dall'evento calamitoso, ha avuto innumerevoli effetti negativi sul tessuto economico e sociale di una vasta area geografica ricadente nella Valle del Cervaro, una ridente zona a cavallo tra l'Irpinia e il Tavoliere pugliese. È opportuno sottolineare che la Strada Statale 90 «delle Puglie» rappresenta una via di comunicazione di grande importanza nei collegamenti tra l'Irpinia e la vicina Capitanata, in quanto è l'unica alternativa all'Autostrada Napoli-Bari in caso d'interruzione di quest'ultima;
lo stato di emergenza, dichiarato fino al 31 maggio 2007, non è stato ancora superato ma soprattutto non sono stati resi noti gli interventi programmati e i tempi di realizzazione degli stessi. Il Commissario delegato avrebbe dovuto definire, d'intesa con l'Anas e Rfi (Rete Ferroviaria Italiana), un apposito piano per il ripristino della viabilità relativa alla S.S. 90 «delle Puglie» e l'individuazione di un tracciato alternativo della tratta ferroviaria Napoli-Foggia o altre soluzioni sostenibili. Alla data odierna nulla di tutto ciò è stato realizzato né risulta essere progettato. Il perdurante stato di difficoltà in cui versano sia il comune di Montaguto che il territorio della Valle del Cervaro, a circa 8 mesi dalla data della dichiarazione dello stato di emergenza, rischia di aggravarsi ulteriormente;
alle note problematiche relative alla lentezza degli interventi, si aggiungono i potenziali pericoli derivanti dai numerosi cumuli di materiale rimosso dal piede della frana e stoccato nelle immediate vicinanze di un importante corso d'acqua: il torrente Cervaro. Centinaia di tonnellate di terreno argilloso, di massi e detriti di varia natura sono state incautamente depositate in prossimità dell'alveo del predetto torrente. Tutto questo materiale, in caso di abbondanti precipitazioni, potrebbe scivolare nel corso d'acqua ostruendone il naturale scorrimento o essere trascinato via da eventuali esondazioni dello stesso e causare un nuovo disastro ambientale -:
se il Governo intenda assumere provvedimenti per verificare la sussistenza di quanto anzi premesso e se confermato, ritenga opportuno disporre quanto necessario alla risoluzione.
(4-03028)
LION, CAMILLO PIAZZA, PELLEGRINO e FUNDARÒ. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con atto di sindacato ispettivo n. 00358, relativo allo stato di criticità della discarica di Ca' Mascio, sita nel Comune di Montecalvo in Foglia (Pesaro-Urbino), l'interrogante segnalava la grave situazione di pericolosità ambientale e di precarietà delle condizioni di sicurezza del sito in oggetto. In tale circostanza si indicava, tra l'altro, come da uno studio condotto nel 2005 da un gruppo di ingegneri e di geologi per valutare lo stato di vigenza dell'impianto ed eventualmente individuare soluzioni alternative alle operazioni di abbancamento dei rifiuti, emergesse con evidenza come la discarica non fosse più nelle condizioni idonee per poter continuare a svolgere la sua funzione di raccolta, ma anzi andava urgentemente dismessa e sottoposta ad interventi di consolidamento, anche in vista di una auspicata e definitiva bonifica;
come allo scopo riferito, la discarica è ubicata in un calanco interessato da pericolosi fenomeni di instabilità idrogeologica e da un evidente ed inarrestabile processo franoso che ha già imposto la realizzazione di imponenti misure di contenimento, che comunque, in presenza dell'elevata instabilità dell'area, queste sono risultate assolutamente vane ed inefficaci;
anche la gestione della discarica desta grandi perplessità in ordine al rispetto delle norme in materia di tutela ambientale e di corretto esercizio dei siti per lo smaltimento dei rifiuti;
è utile ricordare che la disciplina sugli impianti atti al deposito, in modo non selezionato, dei rifiuti solidi urbani e di tutti i rifiuti provenienti dalle attività umane (detriti di costruzioni, scarti industriali, eccetera) che non è possibile riciclare, fa sì che, se la progettazione di tali impianti sia importante, soprattutto al fine di limitare le emissioni nocive e non diventare sorgente di inquinamento per il suolo o per l'idrosfera, non meno lo sia la sua gestione. Infatti ogni discarica deve essere progettata per accogliere determinati rifiuti (RSU) e quindi dovrà accogliere sempre quel tipo di rifiuti. Inoltre, ogni discarica deve essere progettata per accogliere un determinato volume di rifiuti e quindi ha una vita limitata che non può essere protratta indefinitamente. Infine, per quanto attiene alle procedure di trattamento e di messa a dimora dei rifiuti, queste richiedono di essere eseguite in modo da non compromettere la sicurezza per chi vi opera e per non favorire fenomeni di inquinamento;
in riferimento alla discarica di Cà Mascio, si evincerebbe che in ragione della citata interrogazione parlamentare n. 00358, il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare abbia provveduto a fare in modo che la società che gestisce l'impianto, la SIS S.p.a., trasmettesse allo stesso ministero taluni certificati analitici relativi a prelievi da pozzi effettuati negli anni 2005-2006, da cui si sarebbe riscontrato il superamento allarmante delle concentrazioni soglia da contaminazione
nelle acque sotterranee, con particolare riguardo al Nichel, con valore superiore al doppio del limite legale, all'Arsenico, con concentrazione tripla rispetto al limite soglia, ed al Manganese, con valore addirittura cinquanta volte superiore al limite previsto dalla legge;
trattandosi di una discarica di rifiuti solidi urbani, RSU, appare certamente singolare che vi sia una tale presenza di metalli pericolosi nelle relative acque sotterranee e non sarebbe irragionevole domandarsi se l'origine degli stessi non derivi dal deposito di altre tipologie di rifiuti, magari appartenenti al settore di quelli speciali;
risulterebbe altresì che ultimamente, nel periodo tra la fine del mese di febbraio e l'inizio del mese di marzo 2007, in maniera celerissima e quasi sospetta, sia stata apportata una variazione alla capacità di accumulo della discarica, allo scopo realizzando una nuova vasca di oltre 60.000 metri cubi a monte del sito originario e che in tale frangente siano stati ricoperti i pozzi da cui sono state prelevate le acque risultate inquinate. Inoltre è stata anche realizzata una strada sopra la vecchia discarica e si è proceduto ad accumulare nuovi rifiuti sull'impianto già chiuso. Se tali operazioni risultassero confermate, ci si troverebbe di fronte ad atti presumibilmente irregolari, certamente contrari alle norme sulla gestione delle discariche, sia perché si starebbe operando a monte di un sito indicato a rischio di smottamento, sia perché si starebbe surrettiziamente ampliando la vecchia discarica tramite interventi scadenzati, al fine di raggiungere in maniera occulta il valore di 160.000 metri cubi di RSU, come già segnalato nel precedente atto di sindacato ispettivo n. 00358, necessari per meri scopi economici, ma che altrimenti non sarebbe possibile alla luce del vigente Piano provinciale dei rifiuti;
secondo l'interrogante le circostanze che interessano la discarica di Cà Mascio soddisfano pienamente tutte le condizioni che prevedono il realizzarsi della fattispecie del danno ambientale e, vista la rischiosità di pericolo imminente per l'ambiente, per il territorio e per l'incolumità pubblica, l'immediata adozione di misure speciali in capo al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, volte alla prevenzione del danno ed al ripristino in sicurezza degli elementi danneggiati;
nel merito, si segnala che nello stato attuale, ove si confermassero le circostanze incriminate sopra richiamate, sarebbero applicabili, in particolare, le disposizioni recate dalla legge 8 luglio 1986, n. 349, relativa alla istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale, e quelle previste dal decreto legislativo 3 marzo 2006, n. 152, sulle norme in materia ambientale;
con riferimento alla legge n. 349/1986, sarebbe configurabile e soprattutto necessario, prevedere l'applicazione del relativo articolo 8, segnatamente i commi 2 e 3, secondo cui, ai sensi del comma 2, il Ministro dell'ambiente può disporre verifiche tecniche sullo stato di inquinamento dell'atmosfera, delle acque e del suolo e sullo stato di conservazione di ambienti naturali, e, conseguentemente, come si potrebbe presumere nel caso in oggetto, ai sensi del comma 3, in caso di mancata attuazione o di inosservanza da parte delle regioni, delle province o dei comuni, delle disposizioni di legge relative alla tutela dell'ambiente, e qualora possa derivarne un grave danno ecologico, il Ministro dell'ambiente, previa diffida ad adempiere entro congruo termine da indicarsi nella diffida medesima, può adottare con ordinanza cautelare le necessarie misure provvisorie di salvaguardia, anche a carattere inibitorio di opere, di lavoro o di attività antropiche, dandone comunicazione preventiva alle amministrazioni competenti. Per la vigilanza, la prevenzione e la repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, infine, il Ministro dell'ambiente può avvalersi del nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabinieri, che per lo scopo è posto alla dipendenza funzionale del Ministro stesso,
nonché del Corpo forestale dello Stato, con particolare riguardo alla tutela del patrimonio naturalistico nazionale;
si citano tali disposizioni in quanto, dopo quanto sembra stia accadendo in maniera frettolosa e distruttiva di eventuali elementi strutturali comprovanti un comportamento contrario alla tutela ambientale ed alla sicurezza territoriale, sarebbe urgente una verifica ispettiva da parte delle autorità ministeriali competenti, che accertassero lo stato reale dei fatti e l'eventuale estensione di possibili fatti irregolari o illegittimi;
in merito al decreto legislativo n. 152/2006, nelle stesse ipotesi di cui trattasi, sarebbe legittimo chiedere l'applicazione della corrispondente Parte Quarta, relativa alla gestione dei rifiuti, con particolare riguardo all'articolo 242, nonché della Parte Sesta, in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente, con particolare riguardo agli articoli da 299 a 314;
sull'articolo 242 del decreto legislativo n. 152/2006, la sua applicazione si renderebbe indispensabile al fine di accertare la sussistenza del superamento dei parametri concernenti le concentrazioni soglia di contaminazione nelle acque sotterranee, segnatamente per ciò che riguarda gli elementi Arsenico, Ferro, Nichel, e Manganese, e nell'ipotesi dell'esistenza di tali circostanze, sarebbe indispensabile chiarire come mai non sia stato applicato quanto prescritto dalla norma in oggetto, secondo cui, al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento deve mettere in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne deve dare immediata comunicazione ai sensi delle pertinenti procedure legali. Inoltre, la medesima procedura si applica all'atto di individuazione di contaminazioni storiche che possano ancora comportare rischi di aggravamento della situazione di contaminazione. Di seguito, sempre nelle condizioni iniziali, il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, deve svolgere, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, deve provvedere al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui trattasi, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni. Nel caso in cui l'inquinamento non sia riconducibile ad un singolo evento, i parametri da valutare devono essere individuati, caso per caso, sulla base della storia del sito e delle attività ivi svolte nel tempo;
l'articolo in esame prevede, altresì, che qualora l'indagine preliminare allo scopo eseguita accerti l'avvenuto superamento delle CSC anche per un solo parametro, il responsabile dell'inquinamento ne debba dare immediata notizia al comune ed alle province competenti per territorio con la descrizione delle misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza adottate. Nei successivi trenta giorni, debba presentare alle predette amministrazioni, nonché alla regione territorialmente competente il piano di caratterizzazione con i requisiti in tal senso previsti. Segue l'applicazione dell'analisi del rischio, dai cui esiti, ove dimostrassero che la concentrazione dei contaminanti presenti nel sito è superiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR), il soggetto responsabile dovrebbe sottoporre alla regione, nei successivi sei mesi dall'approvazione del relativo documento di analisi di rischio, il progetto operativo degli interventi di bonifica o di messa in sicurezza, operativa o permanente, e, ove necessario, le ulteriori misure di riparazione e di ripristino ambientale, al fine di minimizzare e ricondurre ad accettabilità il rischio derivante dallo stato di contaminazione presente nel sito;
alla luce di queste prescrizioni e dei presunti vizi che attengono alla gestione della discarica di Cà Mascio, come riferito, appare inderogabile chiedere il perché non siano state applicate le misure di cui al citato articolo 242, con le relative procedure sostitutive da parte del Ministero dell'ambiente e l'interdizione delle attività di gestione della discarica;
ulteriormente alla citata norma, sarebbe anche indifferibile valutare la necessità di decretare la tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente. Si tratterebbe quindi di adottare i provvedimenti relativi al danno ambientale (ex articolo 300, decreto legislativo n. 152/2006), all'attuazione del principio di precauzione (ex articolo 301), all'azione di prevenzione (ex articolo 304), al ripristino ambientale (ex articolo 305), nonché, tralasciando le ulteriori misure di accertamento, le specifiche misure relative all'azione risarcitoria in forma specifica e per equivalente patrimoniale (ex articolo 311);
nelle circostanze di cui si discute, il ministero dell'ambiente, potrebbe ritenere adeguato e commisurato al danno ambientale in atto, la richiesta di chiusura della discarica e la corrispondente attivazione delle attività di bonifica -:
se in presenza delle circostanze indicate in premessa non intenda adottare le necessarie iniziative atte a fare chiarezza sui profili problematici che attualmente interessano la gestione della discarica di Cà Mascio, e conseguentemente, in caso di riscontro delle relative, presunte, inadempienze, ove sussistano gli elementi comprovanti il danno ambientale ed i pericoli per il territorio e per la collettività, non intenda applicare i poteri sostitutivi che le norme vigenti gli riconoscono, allo scopo procedendo alla chiusura dell'impianto e alla sua successiva bonifica.
(4-03041)